Titolo: MARRAZZO... Inserito da: Admin - Ottobre 25, 2009, 06:03:47 pm 25/10/2009 (7:31) - REPORTAGE
Marrazzo, la moglie disperata: "Ora rispettate il nostro dolore" GUGLIELMO BUCCHERI ROMA Vi chiedo rispetto, non fatemi dire altro, potete capire come mi sento», sussurra al telefonino Roberta Serdoz. Dopo lo choc di due sere fa, quando il marito pochi attimi prima della diretta tv per «Linea notte», le anticipa al telefono la tempesta che sta arrivando, la moglie di Piero Marrazzo si chiude a riccio. E con lei tutta la sua famiglia. «Se cercano la famiglia Marrazzo dire che non c’è nessuno...», è il passaparola alla sbarra che apre sul complesso, ville e piscina, a due passi da Roma. L’ormai ex governatore del Lazio e la moglie Roberta vivono qui, sulla collina di Colleromano, via Tiberina, zona nord della Capitale. Vivono, o meglio, vivevano perché fino a sera inoltrata della scorta di Marrazzo nessuna traccia. In casa, cancello numero 25, c’è rabbia, amarezza, voglia di staccare l’interruttore con il mondo. Stesso corto circuito di emozioni pochi metri più in là, cancello 26, la villetta dei genitori di Roberta, giornalista del Tg3 e mamma di una bambina piccola. La famiglia Serdoz appare come un muro invalicabile, agli estranei e, adesso, anche a chi è finito travolto da un’onda troppo alta per non trascinare con sè gli affetti. La sbarra all’ingresso si alza e si abbassa senza soluzione di continuità. Oltre cinquecento persone vivono all’interno del parco di Colleromano e, adesso, gli sguardi, discreti, cercano di interrogare le prossime mosse di una famiglia «ferita». Lei, Roberta, risponde al cellulare, ma lo fa con tono basso e sofferente: «Rispetto, per favore, vi chiedo rispetto». Più rumorosa la reazione del papà che usa la voce grossa e rabbiosa e punta l’indice contro il genero. «E’ arrabbiato, furioso, fuori di sè...», racconta chi ne ha raccolto l’umore. La famiglia Marrazzo è spezzata, quella Serdoz unita e granitica. Poco importano alla moglie del Governatore parole come perdono o comprensione. Adesso, è il momento di difendere la propria dignità. «Roberta, domani, sarà al suo posto di lavoro, scrupolosa e professionale come sempre», fanno sapere i colleghi della redazione Rai, gli stessi che ne hanno raccolto lo stupore quando, giovedì sera, pochi attimi prima della diretta tv per «Linea notte» la telefonata del marito le annunciava la tempesta. A Colleromano, il traffico all’ingresso della zona immersa nel verde è intenso. «Di solito Marrazzo torna a casa verso le dieci», assicura un signore. Le dieci sono passate da un pezzo, ma dell’auto blu nessun segnale e, così, sarà per tutta la notte perché Marrazzo non farà rientro al numero 25. Roma si interroga, lo stesso fanno gli abitanti del piccolo borgo a nord della Capitale. Al bar di Riano, zona Belvedere, c’è chi continua a non credere a quanto letto sui giornali o ascoltato alla radio. «Lo vedo qua da dieci anni, trovatemi una persona più garbata di lui. E, poi, quando è in compagnia della moglie e della figlia: un quadretto perfetto», racconta un passante. Dal caffè alla guardiola di Colleromano, lo spartito è lo stesso. «Non passa Natale che non ci preceda negli auguri. Non ricordo un suo gesto fuori dalle righe o una parola fuori posto», così una signora di mezza età. Lui, Marrazzo, è lontano. Il tempo sembra non passargli mai, le ore lo inseguono come macigni. A Villa Piccolomini, di prima mattina, ha aspettato il verdetto del vertice della sua maggioranza, la svolta che lo porterà nel primo pomeriggio ad annunciare il passo indietro. Poi, lo stress, le vertigini, i lievi sintomi di piccoli malori (le indiscrezioni si sprecano): la vita di Marrazzo è capovolta. «E pensare che era tornato da un viaggio ai tropici in estate molto rilassato e carico», raccontano dal suo staff. Un’estate che, documenti alla mano, era stata già segnata dai ricatti. «A luglio in realtà si era lamentato per un clima politico fin troppo arroventato e aveva cominciato a dire che forse non voleva ricandidarsi», raccontano voci di palazzo. Ma queste riflessioni le faceva tre mesi fa. Adesso a Colleromano è sera inoltrata. «Rispettattemi», così la signora Marrazzo. Con lei, il padre e la madre e la bambina. Due villette vicine, confinanti, una casa sola. «Non ci posso credere, quello che è accaduto è incredibile...», è la voce dei vicini. da lastampa.it Titolo: "Dimenticare Marrazzo" (non si può, non si deve, prima di sapere e capire). Inserito da: Admin - Novembre 22, 2009, 10:42:53 am "Dimenticare Marrazzo"
di Maria Grazia Gerina "Dimenticare Marrazzo", dice proprio così, come se fosse un film, China, l’amica inseparabile di Brenda, mentre apre la porta: «Da quando quell’uomo è entrato nella nostra vita è successo di tutto...». Alle sue spalle una stanzetta con le tende rosa. E un altarino con le statuette dei santi e i ceri accesi pensando alla sua amica morta. «Aveva il volto tutto annerito nella foto che mi hanno fatto vedere in questura, stiamo facendo una colletta per rispedire il corpo in Brasile, lì tutte le tv parlano di lei, ma che gli diciamo alla madre e al fratello? Arriveranno domani, forse», dice rivolta all’altarino. «Brenda mi aveva promesso che mi avrebbe dato la sua statuetta di Padre Pio, deve essere ancora a casa sua». Stava dando via tutto, prima di andarsene dal tugurio da cui era stata sfrattata. Uno dei tanti anfratti scavati per far spazio alla miseria tra le case abitate da personaggi dello spettacolo e della Roma bene. Vivono così sepolti nella collinetta che un tempo si chiamava delle rose i trans di via Due Ponti 180. «Per arrivare a casa di Brenda, nessuno lo sa, ma le strade sono due», fa da guida China. La prima si arrampica su per la scala F e calpestando una chiocciola di maioliche verdi e blu incrostate di sporco arriva al portoncino rosso di ferro, da cui adesso si intravede il materasso bruciato con sopra tre bottiglie vuote, una valigia, lo schermo al plasma, unico lusso, una presa della corrente divelta. Le confezioni di Minias, che Brenda aveva comprato prima di tornare a casa, le ha portate via la scientifica. La scala che porta al soppalco dove l’hanno trovata morta è a sinistra. Dalle altre porte si sentono rumori di piatti e di bambini. Raffaella, sopracciglia delineate, labbra gonfie, apre l’uscio di un appartamento identico a quello di Brenda: 16 metri quadri con il soppalco. «Ottocento euro al mese». Per raggiungere l’altro ingresso del locale sigillato bisogna girare attorno alla palazzina e cercare tra i cunicoli che da via Stasi scendono ai locali un tempo adibiti cantina. «È venuta anche la Asl, non credo nemmeno che abbiano l’abitabilità», racconta un’inquilina del piano di sopra, dove ci sono gli appartamenti più grandi. «Ci viviamo io, un avvocato, una giornalista...». Immigrati e trans invece vivono nei monolocali ricavati a forza ai piani bassi, dove, scesi gli scalini, si arriva a un corridoio a cielo aperto, dove ci sono panni stesi ad asciugare, vecchi scaffali, un triclo. In fondo, un cancelletto legato con una corda lascia intraverdere il resto del tugurio in cui viveva Brenda: uno scaffale, il tavolo del cucinino con sopra i detersivi, due ombrelli appesi. «Io entro sempre da questo lato, Brenda entrava dall’altro, non ci incontravamo mai», racconta una ragazza bionda che viene dalla Romania e vive anche lei in un fazzoletto d’appartamento. «Io però di lavoro faccio le pulizie e pago 390 euro al mese». «I trans, ovviamente, pagano di più e gli italiani li sfruttano», spiega un signore che ha uno sguardo di compassione mentra parla di loro: «Sono passati dalle loro favelas a questa vita, triste e solitaria. E chi come Brenda si ritrova in un gioco più grande finisce pure per perderla». 22 novembre 2009 da unita.it |