Titolo: A sinistra si riode il nuovismo Inserito da: Admin - Giugno 29, 2009, 05:59:25 pm 28/6/2009
A sinistra si riode il nuovismo FABRIZIO RONDOLINO Il nuovo Pci in Italia e in Europa»: con questo slogan Achille Occhetto convocò a Roma nel marzo del 1989 il XVIII congresso del partito. Era segretario da meno di un anno; un mese dopo quel congresso cominciarono le manifestazioni sulla Tienanmen, e a novembre il Muro crollò. Il «nuovo» Pci fu messo in liquidazione in meno di otto mesi. Ma il virus linguistico introdotto da Occhetto - quel «nuovo» preso dalla pubblicità che per incanto lava ogni peccato e resetta la storia - si diffuse con rapidità estrema, e il contagio divenne incontrollabile. Era nato il «nuovismo», e la sinistra italiana, dopo quindici anni di Berlusconi, ancora ne professa il culto. In realtà, Occhetto non fa che rinverdire un aggettivo ben noto ai progressisti d’ogni parte del mondo, almeno a partire da quell’«uomo nuovo» predicato da Marx, che lo aveva ripreso dai giacobini. Nella terminologia marxista, tuttavia, il «nuovo» indica una rottura radicale, un mutamento oggettivo nella società e persino nella storia; con Occhetto, invece, il «nuovo» diventa «novità», proprio come nel marketing: ciò che viene dopo, per la sola ragione di venire dopo, è nuovo e in quanto tale ha valore. Non solo: il «nuovo» così reinterpretato come categoria politica assolve da ogni responsabilità pregressa e consente di ricominciare senza debiti né cambiali. Lo scioglimento del Pci diventa dunque il «nuovo inizio», e tanto basta. L’ubriacatura nuovista attraversò il tormentato parto del Pds: e «nuovista» fu in effetti l’insulto coniato dalla sinistra interna e dal manifesto per bollare l’iniziativa di Occhetto. Michele Serra, che pure appoggiava la «svolta», diede a suomodo il colpo di grazia: per il suo esordio letterario scelse come titolo Il nuovo che avanza, dove per «nuovo», però, s’intendeva il peggio che gli Anni 80 avevano lasciato in eredità al Paese. Il primo racconto, che dà il titolo al libro, è narrato da Giuseppe Biancosarti Genghini: «Sono tra quelli che quando passò la legge sullo sponsor individuale obbligatorio scelse di chiamarsi come una cosa da bere...». Insomma, «nuovo» era il craxismo: e «nuovo», naturalmente, sarà il berlusconismo. Per un po’ di tempo a sinistra convissero i due significati, positivo e negativo; poi vennero i referendum elettorali di Segni, cavalcati dai nuovisti di ogni ceto e razza, e infine scoppiò la bomba di Tangentopoli. «Nuovo», a quel punto, fu una questione di vita o di morte. Chi era nuovo godeva di un salvacondotto; chi non lo era prima o poi finiva, se non in galera o in esilio, nel retrobottega o in cantina. Il Pds cavalcò la tigre nuovista fino a identificarsi totalmente con essa: per questo fu tanto brusco il risveglio del ’94, quando Berlusconi - lui sì, almeno tecnicamente, nuovo alla politica - stravinse le elezioni (e a sinistra, per una curiosa ironia linguistica, qualcuno parlò con sufficienza di «homines novi», riesumando il disprezzo dei senatori di Roma antica per chi veniva dal nulla e ne insidiava il potere). Nel quindicennio berlusconiano, «nuovo» è rimasto a sinistra un termine evocativo e salvifico nella forma, un autentico toccasana; nella sostanza ha continuato però a significare «successivo», e poco più. Dal Pci è nato il «nuovo Pci», dal «nuovo Pci» il Pds, dal Pds i Ds, dai Ds il Partito democratico: eppure stiamo ancora discutendo di D’Alema e di Veltroni. Il quale intitolò «La nuova stagione» il famoso discorso del Lingotto, poi divenuto un sito internet e un libro pubblicato all’indomani delle primarie. Ora è Franceschini a invocare «una fase nuova», di cui sarà il garante e la guida; e proprio al Lingotto si sono riuniti ieri i nuovi nuovisti del Pd, che vorrebbero un «terzo uomo». «Può venire il nuovo che volete - ha detto loro Pierluigi Bersani - ma noi alle spalle abbiamo 150 anni di responsabilità.Èquestione di 150 anni di storia, di gente che ha fatto sacrifici e che ha pagato ben più di noi». da lastampa.it |