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Forum Pubblico => Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. => Discussione aperta da: Admin - Giugno 06, 2009, 05:45:38 pm



Titolo: Philippe Daverio. Condominio Milano
Inserito da: Admin - Giugno 06, 2009, 05:45:38 pm
Condominio Milano

di Francesco Bonazzi


L'Expo? Un danno. La Moratti? Dimostra che il Comune non serve. Berlusconi e Ligresti? Gente che mangia in tinello. I milanesi? Affettano il salame. La capitale morale vista da un grande dissacratore.

Colloquio con Philippe Daverio 

Prima di parlare di Milano dobbiamo ammettere che il Paese fa schifo e che in Europa ormai ci trattano da barboni. Philippe Daverio, natali alsaziani, doppio passaporto, vita e amori artistici a Milano, è uno dei pochi che sotto la Madonnina si può permettere di dire quello che vuole. Senza risparmiare critiche alla Moratti, a Formigoni, a Berlusconi, a Bossi, a Ligresti e agli altri profeti del 'tinello'. Dopo aver buttato il suo papillon nella mischia della giunta Formentini, Daverio torna in politica guidando la lista Penati alle provinciali. Lo fa alla sua maniera, ovvero da situazionista, come i video su YouTube in cui promette l'abolizione della Provincia o in cui ricorda che, grazie a Dio, Milano non l'hanno fatta i milanesi.

Allora, lei non parla di Milano se prima non le si fa dire cosa pensa dell'Italia?
"Esatto. Per inquadrare tutto devo cominciare ricordando che questo Paese fa schifo. Due mesi fa lo 'Spiegel', ben prima del caso Noemi, ha dedicato sei pagine a Berlusconi e le donne. La verità è che l'Italia ha funzionato solo dopo le guerre civili, come quella del 1848-1861 e quella del '45".

Ma rinascere senza spargimenti di sangue?
"Oggi siamo in una guerra civile parodistica. Berlusconi è un incrocio tra la parodia di Mao e quella di Mussolini e l'opposizione è una parodia, roba da avanspettacolo".

E Milano ne è la degna capitale morale.
"Milano è complicata. È tutt'ora il luogo dove nascono le tendenze che trascinano l'Italia e qui sono nati i fenomeni di Craxi, Berlusconi, Di Pietro e della Lega. È qui che Mussolini ha sbattuto la porta. Ecco perché Milano può trascinare il Paese verso il riscatto o la definitiva liquidazione".

Se a sua volta Milano cerca il riscatto nell'Expo del 2015, siamo a posto...
"L'Expo è la tecnologia dell'idiota, inutile a se stesso e dannoso per gli altri. Vincendo l'Expo abbiamo fatto un danno all'Europa, perché con Smirne si sarebbero aperti nuovi mercati e si sarebbe rafforzata la Turchia laica. Qui a Milano si litiga e si perde tempo perché non c'è ancora un progetto definitivo e così i vari Zunino, Ligresti, Cabassi giocano ognuno la propria partita e nessuno fischia la fine".


Il progetto non sarà chiaro, ma gli appetiti sono robusti.
"Le pressioni per appalti e subappalti sono fortissime. Il gioco è: si prende un'area, la si dà a un costruttore per farci i baracconi, gliela si urbanizza gratis e poi, finita l'Expo, il costruttore tira giù i baracconi e realizza la sua cubatura già ben collegata e sistemata a spese del contribuente".

A proposito di mani sull'Expo. A Milano la commissione antimafia è scomparsa. La mafia non esiste e il solo problema è il traffico?
"Ha presente la storiella di quello di Sciacca che dice che la mafia semmai è ad Agrigento e di quello di Agrigento che sostiene che semmai è a Sciacca? Qui è uguale. Solo che Letizia Moratti dice che qui la mafia non c'è senza accento siculo, per cui la barzelletta fa meno ridere".

Ecco, la Moratti. L'arbitro che dovrebbe fischiare la fine di baruffe e veleni sarebbe lei.
"Ma la Moratti è senza energia. La spinge solo l'ambizione personale ed è nelle mani delle lobby. Non conosce la città, non è mai stata nei quartieri, non sa nulla della gente normale. Deve gestire un contenitore come Milano, dove votano in meno di 900 mila persone, ma dove lavorano e vivono in quattro milioni. E questa città è un contenitore esplosivo, sotto pressione, senza più tanti prosciutti da affettare".

Prosciutti?
"Sì, a parte il mattone, c'è poco. L'Aem se la sono già affettata. Restano gli aeroporti della Sea e le acque. Sono grato alla Moratti per aver dimostrato che il Comune non serve a nulla. Dobbiamo creare l'area metropolitana e affidarla a Penati, che guida un esperimento pratico e trasversale".

E Roberto Formigoni, il governatore in eterno procinto di succedere a Berlusconi?
"Non ha capito che i presidenti di Regione da nessuna parte sono divenuti dei politici. Hanno assunto poteri di spesa, ma non sono personaggi nazionali. Pensi a Bassolino: da sindaco era un re, da governatore."

Ma Formigoni è il campione della sanità privatizzata e l'idolo della Compagnia delle Opere.
"Sì, ma la sua lobby, la Compagnia delle Opere, ormai mostra segni di debolezza perfino qui. Non è mai diventata un centro di potere su scala nazionale e Formigoni non è diventato un leader nazionale".

Qui però qualcuno con il vento in poppa c'è: la Lega di Umberto Bossi.
"Sì, come la Malpensa. Ma andiamo! Malpensa è il simbolo di superficialità e arroganza della Lega. Se gli affidi l'Italia, te la trasformano in una gigantesca Malpensa".

Però avanzano a ogni elezione e ora possono anche sventolare il federalismo fiscale.
"Avanzano, ma restano una forza di contado. E poi secondo me Bossi odia Milano. Non ci viene volentieri. Quando ero assessore nella giunta Albertini, è venuto qui a cena con noi una sola volta: la sera delle bombe di mafia del '93. Quanto al federalismo fiscale, è una vittoria che durerà poco. Giusto il tempo che impiegheranno i siciliani a trovare la soluzione per riprendersi i soldi".

Poteri deboli e banche milanesi in mano agli 'stranieri': il romano Cesare Geronzi che guida Mediobanca e il bolognese Massimo Ponzellini alla presidenza della Popolare di Milano. Siete in ginocchio?
"Non la metterei così. Milano è il luogo dove le cose avvengono, ma non le fanno i milanesi. Pensi alla Comit fondata da un tedesco. Il milanese guarda e affetta il salame brontolando".

E Milano capitale culturale?
"Ma per carità. Qui c'è solo la Scala, ben diretta da Stéphane Lissner che infatti non è un milanese, e vedo qualche segno di vita a Brera e intorno alla Triennale. Il resto è solo un gigantesco happy hour".

Va bene, ma allora chi comanda in città?
"Milano è terra di conquista. Alcune orde sono quelle immobiliari. Sul mattone regnano cinque o sei tycoon che non si scansano facilmente. La città è circondata da una catena claustrofobica. Il vero rischio è che altri non siano più tentati di scendere quaggiù. Poi c'è un problema anagrafico che mi preoccupa molto".

Sarebbe?
"Nel 2015 non so in che condizioni di salute saranno due vecchietti come Salvatore Ligresti e Silvio Berlusconi. Ma come si può lasciar immaginare la metropoli del futuro a gente che va per i novant'anni e, nonostante abbia fatto miliardi a palate, mangia ancora nel tinello?".

Ma milioni di italiani mangiano in tinello e non è colpa loro.
"Ma certo, però il tinello porta all'happy hour e alla palude attuale. La borghesia ottocentesca milanese mangiava in sala da pranzo: viveva e pensava in grande. Oggi i miliardari di questa città mangiano in tinello. Non solo il tinello è una tristezza infinita: è il segno di mancanza di progettualità".

Veramente il Cavaliere ha la passione per le ville e le feste regali, com'è noto.
"Le tante ville del Berlusca sono solo un sogno puerile. La realtà è il tinello. Qui vogliono continuare a fare i soldi vendendo alloggetti senza corridoi e senza sale da pranzo a 4-5 mila euro al metro quadro. La gente si svena per comprarli e poi, per vedere gli amici, è costretta a vivere in strada con il bicchiere dell'aperitivo in mano. Ecco: stare fermi con l'aperitivo in mano, in fuga da palazzi e strade senza negozi, è il simbolo di dove siamo arrivati".

Bene, dopo aver demolito la degna capitale morale di un Paese "che fa schifo", le tocca qualcosa di costruttivo.
"Certo che si può rinascere. Perfino con l'Expo. Qualche tempo fa guardavo il panorama della città dalla vecchia Fiera e immaginavo come sarebbe bella una strada dove tutte le 20 città gemellate con Milano, da Osaka a Chicago, costruissero il loro palazzo. Perché tre grattacieli fanno tristezza, 20 fanno New York. E poi se abbiamo già tante fabbriche a Nord, allora buttiamo giù tutti i capannoni a Sud, rilanciamo il parco agricolo e creiamo la città dove il verde non è quello finto dei parchi e dove si mangia a 'chilometri zero'"

(04 giugno 2009)
da repubblica.it