Titolo: Barbara Veronese «Prodi ha risanato, ma oltre al bastone serviva la carota» Inserito da: Admin - Maggio 29, 2009, 03:39:00 pm «Prodi ha risanato, ma oltre al bastone serviva la carota»
di Paola Natalicchio Fino a un anno fa, di lei avremmo detto: cervello in fuga. Perché Barbara Veronese, economista 35enne originaria di Montagnana, nel padovano, aveva scelto l’estero per coltivare i suoi talenti. Una laurea in economia e commercio alla Ca’ Foscari di Venezia, poi - a 25 anni - l’aereo verso Londra. Prima un master e un dottorato in Economia alla London School of Economics (allora diretta da sir Anthony Giddens), dove ha anche insegnato. Poi il percorso di economista, sia nel settore pubblico che in quello privato, specializzandosi in particolare in antitrust e regolamentazione. In Italia è tornata da una manciata di mesi. Si occupa degli stessi temi, da un ufficio di Milano. Tecnicamente, un cervello rientrato? «Sì, anche se nel mio lavoro continuo a mantenere stretti rapporti con l’Inghilterra e l’Europa». Vicina al Pd? «Elettrice, non tesserata». Il Pd in economia: proviamo a partire dall’ultimo governo Prodi. La teoria di fondo fu la “politica dei due tempi”. Prima risanamento, poi sviluppo e welfare. Il secondo non è mai arrivato. Quanto è costato in termini di consenso? «Molto, non perché sia sbagliato mettere i conti in ordine prima piuttosto che dopo: è come estinguere un debito prima, si pagano meno interessi. Ma perché non si è creato consenso. Oltre al bastone, serviva la carota». Il risanamento, però, c’è stato veramente. «Certo. Dovuto a un boom delle entrate e alla minore evasione fiscale. Ma c’era qualche margine in più per aumentare il reddito disponibile delle famiglie nelle fasce di reddito basso e medio». E il “le tasse sono bellissime” di Padoa Schioppa? Fu un autogol? «Le tasse sono ciò che mi hanno permesso di andare a scuola, dalle elementari fino all’università, con costi minimi. Di avere accesso a servizi sanitari migliori di quelli del Regno Unito con costi bassissimi. Sono quelle che fanno della Svezia un paese con ottimi servizi sociali». Quindi: non saranno bellissime, ma utili a costruire meccanismi di solidarietà. «Sì. A costruire una scuole e ospedali pubblici, sistemi di ammortizzatori sociali che tutelano i lavoratori. Senza tasse manca lo Stato, manca la democrazia. Certo, vanno spese con giudizio e senza che la pressione fiscale opprima i ceti medio-bassi». Sintetizziamo la politica economica del Pd. «Mea culpa ma, da una lettura giornaliera dei maggiori quotidiani italiani, la linea economica del partito non è chiarissima. Forse mancano gli spazi per proporla organicamente». Su quali temi bisognerebbe alzare un po’ il volume? «Primo: maggiore attenzione alla piccola e media impresa, che se la cava anche nei periodi di difficoltà con meno aiuti della grande industria, ma che è spesso abbandonata a sé stessa nonostante i meriti di innovazione, capacità di export. Il Pd non può parlare sempre e solo dell’industria automobilistica, delle grandi fabbriche. Così dimentica una gran parte della realtà produttiva del Paese. Secondo: serve una maggiore convinzione dei benefici di breve e lungo periodo di mercati più aperti alla concorrenza, nel rispetto delle regole». Eppure si è lavorato molto sulle liberalizzazioni. «Ma senza andare fino in fondo. Un tema che è sceso di molte posizioni, ad esempio, nel dibattito interno al partito, è quello della riforma sull’accesso alle professioni. Servono scelte più coraggiose». Ad esempio? «Serve un meccanismo per cui gli albi e i regolamenti professionali non siano uno strumento a tutela di pochi. Il rischio è che vengano negati sbocchi di professione ad altri che hanno qualifiche e competenze. Ma mi sembra che questo sia un tema che a sinistra non appassiona». La riforma “di sinistra” che non può più aspettare? «Togliere certe tutele a chi è già nei settori più protetti e rappresentati (anche dai sindacati) per estendere protezione e garanzie. Per esempio a chi ancora nel mercato del lavoro c’è troppo poco, le donne, o non ci è ancora entrato a pieno titolo. Penso ai giovani e chi ha conosciuto solo contratti a singhiozzo». 29 maggio 2009 da unita.it |