Titolo: «IL SISTEMA é MARCIO» (tutto il sistema Italia ndr). Inserito da: Admin - Aprile 12, 2009, 10:57:46 am «IL SISTEMA é MARCIO»
E ora i costruttori fanno autocritica: avventurieri tra di noi «Un terzo degli impresari qui ha lavorato senza scrupoli, attratti dalla febbre del mattone» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L'AQUILA - È stato l'appello del presidente della Repubblica, l'altro giorno, a fargli cambiare idea, a convincerlo a parlare. Il costruttore Giovanni Frattale, 60 anni, occhi chiari e Mercedes nera, ha deciso che è il momento di alzare il sipario sul sacco di L'Aquila e i barbari del mattone: «Napolitano ha ragione. I costruttori aquilani dovrebbero mettersi tutti una mano sulla coscienza. E parlo anche per me». Finora lui ha taciuto — spiega — ma finora non c'erano stati 293 morti e quarantamila sfollati. La categoria, insomma, per anni ha chiuso gli occhi. Invece di denunciare pubblicamente le gravi anomalie, ha preferito tirare avanti in nome del profitto e del quieto vivere. «Dopo il disastro — racconta Frattale — ho fatto un giro della città: Pettino, Torrione, Porta Napoli, XX Settembre, Campo di Fossa. Gli edifici crollati sono la prova regina che il sistema è marcio». Che vuol dire? «Il 90% delle case private di L'Aquila — continua — è stato costruito da "palazzinari". Niente di strano, accade dappertutto. Ma, qui da noi, almeno un terzo è gente senza scrupoli, io li chiamo avventurieri, pirati dell'edilizia. Attratti solo dalla bolla speculativa, dalla febbre del mattone, ex macellai, falegnami, agricoltori, si sono improvvisati costruttori pagando 10 mila euro alla Camera di Commercio e poi con una Srl qualunque si son messi a tirar su palazzi, affidandosi però a semplici cottimisti, muratori e carpentieri dai capelli bianchi che in nome di una non meglio precisata competenza hanno realizzato le opere. Ma le case non si costruiscono con i capelli bianchi... Andate a Pettino, andate a vedere, davanti alla macerie trovate i cartelli "Vendesi"...». Ora tutti, a L'Aquila, si riempiono la bocca parlando di calcestruzzo armato, analisi geologiche, nodi strutturali, curve granulometriche degli impasti. Ma la Casa dello Studente... «La Casa dello Studente, dove sono morti tutti quei ragazzi — dice Frattale — è un'altra storia strana». La costruì Antonio Miconi che oggi è morto (progettisti Botta e Portelli) e l'affittò alla Farmaceutica Angelini, che poi comprò la struttura per trasformarla in residenza convenzionata con la Regione. Insomma, un discreto affare. "Un deposito di medicinali che diventa albergo? — si chiede ora perplesso il costruttore —. Saranno state fatte le giuste prove di carico sui solai? Spesso i collaudi qui avvengono sulla carta, non serve la bustarella, basta un perito amico...». Frattale è un nome che conta, nell'edilizia locale. Suo padre costruì il primo condominio di L'Aquila del Dopoguerra, nel '46: sorge in via Campo di Fossa, dove un altro palazzo lunedì è crollato, facendo 26 vittime. Quello di suo padre, invece, è ancora là. «Perché negli anni '80 arrivarono i pirati — aggiunge —. E per armare i calcestruzzi importavano gli acciai stellari dalla Grecia al posto di quelli ad aderenza migliorata che costavano il doppio ma erano sicuri. Per questo tanti pilastri hanno ceduto. Non c'entra la sabbia del mare. La sabbia dei pilastri viene tutta dalle cave qua intorno. Ne siamo pieni». Anche Aldo Irti, che oggi ha 80 anni, figlio del cavaliere Iniseo che ricostruì l'Abruzzo dopo il terremoto-monstre del 1915, punta l'indice sui nuovi improvvisatori. È dello stesso parere il geometra Giuseppe Barattelli, ottantenne anche lui, che a L'Aquila nella sua lunga carriera di appaltatore costruì parecchio, dalla Banca d'Italia alla caserma dei carabinieri (lesionata oggi dalla faglia). Suo figlio Ettore, 42 anni, vicepresidente dell'Ance provinciale, l'associazione dei costruttori, conclude amaro: «Ha ragione il presidente Napolitano e ha ragione anche Frattale. Ma l'esame di coscienza sono molti a doverlo fare. È tutta la filiera. Dove stavano il Genio Civile, gli ispettorati, la Asl, quando venivano su queste case di burro? Perché la verità è che se non ci sono i controlli, ecco poi che succede: comprare la casa è sempre stato il sogno di tante persone. Ma la gente comune bada al colore delle piastrelle, sceglie le porte, gl'infissi. Non si preoccupa di cosa c'è sotto terra. Non lo dovrebbe fare». Fabrizio Caccia 12 aprile 2009 da corriere.it Titolo: Unità, fiducia, realismo: le 15 lezioni del terremoto abruzzese alla politica Inserito da: Admin - Aprile 13, 2009, 03:03:47 pm Unità, fiducia, realismo: le 15 lezioni del terremoto abruzzese alla politica
di Mario Ajello ROMA (13 aprile) - Il terremoto sta terremotando la politica. Ma non nel senso catastrofico del termine. Tutt’altro. E’ come se un effetto politicamente positivo sia stato sprigionato da questa immane tragedia. Il sisma sta dando ai leader, alle istituzioni, ai partiti, una quindicina di lezioni. Grazie alle quali, la vita pubblica potrebbe risorgere, dopo Pasqua, con un’immagine migliore. LEZIONE NUMERO 1. Il terremoto insegna, al governo e all’opposizione, la virtù della moderazione. Ovvero, li sta spingendo ad approdare a una dimensione del confronto non esasperata, non divisiva e non conflittuale. Ciò che gli italiani chiedono, invano, da oltre un decennio. LEZIONE NUMERO 2. E’ la coda della precedente. Perché siamo di fatto, da lunedì scorso, in piena fase di governo (o di sub-governo) di solidarietà nazionale. Simboleggiata, fra l’altro, dalla stretta di mano tra Franceschini e Berlusconi, ai funerali di Stato. LEZIONE NUMERO 3. L’anti-berlusconismo, che è stato l’alfa e l’omega della sinistra da oltre quindici anni, è superabile. E non è detto che questa guarigione dalla sindrome dell’Orco di Arcore non possa durare anche oltre l’emergenza terremoto ed estendersi in altri campi. LEZIONE NUMERO 4. Il coraggio delle emozioni. Il Fattore Umano, come direbbe Graham Green, esplode a reti unificate. Le lacrime dei leader. La commozione di Stato. Per gli abruzzesi, gente sobria, le emozioni dei politici vanno bene ma non devono essere guastate dalla volontarietà della lacrima. L’equilibrio fra dolore vero e dolore esibito è assai sottile, ma finora è stato rispettato. LEZIONE NUMERO 5. Sta nella riscoperta della lezione di Norberto Bobbio. Il quale diceva che la democrazia è quel sistema che permette il maggior avvicinamento possibile fra le ragioni della morale e le ragioni della politica. Per essere forte, infatti, la democrazia ha bisogno del più largo rapporto di fiducia reciproca fra cittadini e Stato. LEZIONE NUMERO 6. Fiducia, appunto. Chiedere fiducia, dare fiducia. La fiducia come legame che accorcia lo spazio fra Paese e Palazzo. LEZIONE NUMERO 7. Il terremoto insegna alla politica a fare un bagno di realtà e a prestare attenzione (anche attraverso la presenza fisica dei leader) al territorio. Da questo punto di vista Berlusconi, è super-edotto e ha passato la Pasqua fra gli sfollati. LEZIONE NUMERO 8. Nelle calamità naturali si forgiano le leadership e si decide la sorte positiva o negativa degli uomini di Stato. Pio XII, se non fosse immediatamente andato nel quartiere di San Lorenzo dopo il famoso bombardamento, la sua immagine storica sarebbe stata molto meno viva e positiva. LEZIONE NUMERO 9. La ”politica del fare”. La concretezza al posto del bla bla. Le cartine topografiche (qui ricostruiamo in questo modo e lì ricostruiamo in quell’altro) al posto delle dispute. E le decisioni che superano le mediazioni a vanvera. Siamo finiti su Marte? LEZIONE NUMERO 10. Lo Stato c’è. LEZIONE NUMERO 11. Il terremoto può spingere a una maggiore virtuosità finanziaria. Cioè a gestire meglio le risorse, e a trovare quelle necessarie per rimettere in piedi la vita e l’economia abruzzese così ridotta: il Pil dell’Aquila è tornato ai valori di 15 anni fa, ferme 12.000 imprese e 30.000 dipendenti rischiano il posto. LEZIONE NUMERO 12. Il sisma insegna il legame fra cristianesimo e populismo. Che in quella parte dell’Abruzzo è fortissimo. E fa capire alla politica che le famose radici cristiane non significano soltanto ossequio alle gerarchie della Chiesa ma anche condivisione di un’etica del sacrificio e di una fede di tipo popolare che sono assai ramificate in questa gente di montagna, molto devota nel senso bellissimo della parola. LEZIONE NUMERO 13. L’anti-politica non va più. LEZIONE NUMERO 14. Che, come diceva l’abruzzese Ignazio Silone, parlando dei suoi ”cafoni”, «siamo sempre al venerdì santo». Cioè alla via crucis sociale e politica. Questa immagine è sbattuta addosso ai rappresentanti del governo e dell’opposizione, e li sta facendo crescere. LEZIONE NUMERO 15. Sapere che tutte queste belle lezioni, finora applicate, possono essere vanificate. Ma non sia mai. da ilmessaggero.it Titolo: Ricostruzione, l'allarme di Grasso: «Attenzione agli appalti pubblici» Inserito da: Admin - Aprile 13, 2009, 11:37:50 pm IN ABRUZZO
Ricostruzione, l'allarme di Grasso: «Attenzione agli appalti pubblici» Il procuratore nazionale antimafia e il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata ROMA - «L'esperienza del passato per le ricostruzioni del dopo terremoto nell'Irpinia ci serve da esperienza per valutare e prevenire quello che può accadere in Abruzzo». Lo dice il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, sul rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata nelle operazioni di ricostruzione nelle zone colpite dal terremoto. «Occorre considerare che l'Abruzzo - spiega Grasso - non è certo la Campania, dove vi è una presenza massiccia della criminalità organizzata, e il territorio è controllato dalle cosche. In Abruzzo la presenza delle mafie non è rilevante». «L'esperienza - aggiunge il procuratore nazionale - impone di rendere più trasparenti gli appalti del dopo-terremoto, facendo anche attenzione a come vengono gestiti i fondi milionari e a quali imprese vengono affidati i lavori con trattativa privata». 13 aprile 2009 da corriere.it Titolo: GUIDO RUOTOLO. In un capannone i reperti che si sono sbriciolati. Inserito da: Admin - Aprile 14, 2009, 02:59:42 pm 14/4/2009 (7:23) - L'INCHIESTA
Al setaccio le gare d'appalto Dieci consulenti e 18 poliziotti per gli accertamenti In un capannone i reperti che si sono sbriciolati. Appalti e capitolati nel mirino della procura GUIDO RUOTOLO INVIATO A L’AQUILA Nonostante tutto l’inchiesta giudiziaria decolla. I primi reperti, i campioni dei resti degli edifici crollati o danneggiati, quelli «assassini», sono stati prelevati e messi al sicuro, in un capannone della periferia dell’Aquila. E’ un primo passo. Quei campioni dovranno adesso essere analizzati. Lo spiega il procuratore capo, Alfredo Rossini: «Stiamo facendo un lavoro serio. I campioni dei materiali prelevati saranno analizzati. Siamo agli inizi. Ma noi dovremo ricostruire l’intera filiera delle responsabilità. Visionare le gare d’appalto, i capitolati, i progetti, la documentazione sui materiali scelti, i risultati dei collaudi effettuati. E verificare se si sono determinate delle falle, per poi capire se siamo di fronte a responsabilità penali. Dolose o colpose». Il capo della squadra mobile, Salvatore Gava, è accampato con la sua tenda sul prato di fronte la questura. Anche i carabinieri non sono da meno. E la procura è «volante», nel senso che gli uffici sono inagibili e il procuratore Alfredo Rossini e il pm Fabio Picuti lavorano all’aperto, anche se nelle prossime ore avranno i loro uffici provvisori nella Scuola della Finanza di Coppito. Ci vorrà del tempo, diverse settimane almeno, prima che l’inchiesta giudiziaria possa avere una prima accelerazione, con le prime iscrizioni sul registro degli indagati. Almeno a sentire gli inquirenti e gli investigatori abruzzesi. Dodici consulenti - dagli ingegneri ai geologi, dagli esperti in materiali ai chimici - e diciotto poliziotti. E’ questa la squadra messa in campo in questa prima fase delle indagini coordinate dal procuratore della repubblica Alfredo Rossini e dal sostituto Picuti, che ipotizzano i reati di omicidio e disastro colposo plurimo. Naturalmente, in questa fase, si sta procedendo con una provvisoria scala di priorità: analizzare quegli edifici che, crollando, hanno provocato vittime. La Casa dello Studente, innanzitutto. Ma non solo. Stiamo parlando di quelle strutture che a una prima analisi superficiale presentano «anomalie gravi». Il procuratore Rossini non si sbilancia sulle presunte anomalie, «che sono tutte da accertare»: la qualità del cemento utilizzato, il cemento allungato con l’acqua, impastato con la sabbia marina, la presenza nelle strutture portanti degli edifici di ferro, secondo quanto previsto dalle normative. Il procuratore Rossini precisa: «La priorità va data all’analisi di quegli edifici che dovevano rispettare le norme antisismiche introdotte dalla nostra legislazione a partire dagli anni Sessanta». Insomma, edifici «assassini», edifici che di antisismico avevano ben poco. Che a l’Aquila sono crollati in via Luigi Sturzo, in Via XX Settembre, in via Andrea Rossi. Edifici pubblici fortemente danneggiati, come la Prefettura, la Procura, lo stesso Catasto, l’ospedale. Edifici antichi e recenti, inaugurati anche nel 2000. Un investigatore scommette che alla fine le responsabilità saranno individuate: «Per un crollo di un palazzo (in una città diversa dall’Aquila, ndr), abbiamo individuato tutta la filiera di responsabilità. E oggi si sta celebrando il processo con diversi imputati». In queste ore, genitori delle vittime ma anche cittadini miracolati raccontano e denunciano i mille indizi che dovevano portare a interventi preventivi, a dichiarare inagibili quegli edifici. Il procuratore Rossini promette: «Arriveremo a capire se ci sono state responsabilità nei crolli degli edifici. I tempi non saranno brevi. Dovremo controllare migliaia di edifici e ricostruire la loro storia». Anche se il Catasto è stato danneggiato, gli investigatori stanno già lavorando sulle prime carte. da lastampa.it Titolo: IL SISTEMA é MARCIO (ma silvio non vuole inchieste... deve edificare). Inserito da: Admin - Aprile 19, 2009, 04:31:32 pm Due ragazze confermano: «c'erano crepe nella casa dello studente»
Il premier: sì inchieste ma costruiamo Il procuratore: non siamo di ostacolo Settima visita del premier in Abruzzo. Il Papa tra i terremotati il 28 aprile. Prime nozze tra due sfollati L'AQUILA - Prima di tutto la ricostruzione. A dodici giorni da sisma che ha sconvolto l'Abruzzo, è proprio "ricostruzione" la parola d'ordine del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, alla sua settima visita all'Aquila. «Ben vengano le inchieste - sostiene il premier, in conferenza stampa con Bertolaso dopo aver visitato il campo di Pianola -, ma per favore - è l'invito del Cavaliere - non perdiamo tempo, impieghiamo il nostro tempo nella ricostruzione e non dietro a cose che ormai sono successe. Se qualcuno è colpevole pagherà. Ma per favore non riempiano le pagine dei giornali di inchieste». «Un costruttore che realizza una casa in una zona sismica e risparmia su ferro e cemento può essere solo un pazzo o un delinquente - aggiunge Berlusconi, parlando dei possibili responsabili. Mio padre diceva una cosa: se uno nasce col piacere di fare del male ha tre scelte: può fare il delinquente, il pm o il dentista. I dentisti si sono emancipati e adesso esiste l'anestesia». LA REPLICA - Alle dichiarazioni del premier risponde il procuratore della Repubblica presso il tribunale dell'Aquila, Alfredo Rossini: l'inchiesta condotta dalla procura sui crolli, spiega il pm, «non è una perdita di tempo» né è di intralcio alla ricostruzione: «Non vedo - afferma Rossini - che nesso possa esserci tra la ricostruzione e l'accertamento delle eventuali responsabilità penali». Il presidente del Consiglio, aggiunge Rossini, «forse è stato frainteso, perché ci ha sempre dichiarato stima. Noi facciamo solo il nostro lavoro». L'ANM E L'OPPOSIZIONE - Le dichiarazioni del premier però hanno scatenano la dura reazione dell'Anm e dell'opposizione: «Sono inaccettabili gli insulti e le denigrazioni, soprattutto se provengono da chi riveste una delle massime cariche istituzionali» ha detto il presidente del sindagato delle toghe Luca Palamara. E di «insulto» parla anche il leader del Pd dario Franceschini: per il leader del Pd è offensivo «dire che sono un intralcio all'emergenza e alla ricostruzione quelle inchieste che sono invece dovute in base alla legge e che cercano di accertare le responsabilità di abusi e violazioni di norme nelle costruzione di edifici che, con il loro crollo, hanno causato la morte di tante persone». «Berlusconi - ha sottolineato il segretario dei democratici - la smetta anche di giocare a scaricabarile, tentando di coinvolgere l'attuale gestione degli enti locali in responsabilità che, se accertate, vanno indietro negli anni e coinvolgono molti livelli dello Stato». E contesta le frasi del presidente del Consiglio anche il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro: «Per Berlusconi - è l'attacco dell'ex pm - sono criminali coloro che indagano su chi commette i reati e non chi li commette». «TRE CASE SU 4 AGIBILI IN 30 GIORNI» Quanto alla ricostruzione, Berlusconi promette che «lo Stato ricostruirà il 100% delle case che sono state distrutte o lesionate dal terremoto». «Tre case su quattro saranno agibili in 30 giorni». «Se qualche cittadino poi volesse costruire per se stesso la casa altrove - ha aggiunto - lo Stato ricostruirà ovunque la sua casa distrutta ma farà anche di più: darà a quel cittadino un contributo tra il 33 e il 50% e la possibilità di coprire la restante parte con un mutuo trentennale». Berlusconi ha inoltre detto che non ci sarà una tassa per la ricostruzione delle aree terremotate e nei comuni colpiti le elezioni amministrative saranno rinviate. La situazione delle case danneggiate in Abruzzo è «più favorevole, più positiva di quello che avevamo immaginato» ha detto il premier, spiegando che sono stati fatti 4.659 sopralluoghi e che il 57% delle abitazioni è agibile, mentre il 19% lo potrà essere in un periodo «da qualche giorno a un mese». «Quindi - ha concluso Berlusconi - abbiamo la bella sorpresa che il 76% delle case sono agibili entro 30 giorni. Il restante 30% è inagibile». NESSUNA TASSA - «I finanziamenti li abbiamo - ha assicurato il premier -. C'è la sicurezza che i soldi necessari ci sono e che non si trasformeranno in nuove tasse per i cittadini. Ho voluto io decidere, visto che la filosofia del governo è diminuire e non aumentare la tassazione». Il Consiglio dei Ministri si terrà a L'Aquila venerdì 24 aprile. I cittadini, continua il premier, potranno fare donazioni e «ci sarà un'attenzione spasmodica alla contabilizzazione di tutte queste cifre e a un rendiconto di come saranno spese». Saranno adottati, ha detto, «interventi che saranno in sintonia con l'ambiente». «Costruiremo delle case tecnologicamente molto avanzate, essere pronte in 5 o 6 mesi. Quando le lasceranno non ci ritroveremo delle mostruosità o delle baraccopoli che poi costerebbe ancor di più smantellare, ma delle case sismicamente sicure che potranno essere trasformate in campus universitari». «ORGANIZZAZIONE EFFICACE» - «Andiamo avanti bene - ha detto ancora il premier -. L'organizzazione è molto efficace, naturalmente non si può essere perfetti al cento per cento. Abbiamo 60mila persone fuori dalle proprie case. Sono i numeri più elevati riguardo a cose di questo genere per quanto riguarda l'occidente». Abbiamo 20mila persone allocate in alberghi e case private, 40mila persone sistemate nelle tende, i campi sono 120, tutti hanno riscaldamento, luce, assistenza sanitaria». Per le famiglie sfollate, ha detto anche il premier, «abbiamo reperito 1.500 appartamenti liberi per locazioni o acquisti e stiamo trattando con i proprietari per acquisirli». Al momento sono distribuiti in una «città diffusa», formata da 161 campi e 373 hotel. TELEGRAMMA DEL SINDACO - Commentando la notizia di un telegramma inviato alla Protezione civile, al prefetto e al governo dal Comune de L’Aquila alcuni giorni prima del sisma e in cui si chiedeva lo stato di emergenza per le aree sottoposte da mesi a movimenti tellurici, ha detto: «Ho letto anch’io questa cosa, ne ho parlato con Bertolaso e mi ha fatto vedere che la Protezione civile riceve ogni giorno decine di telegrammi di tanti Comuni che chiedono l’emergenza per una cosa o un’altra. Ma l’emergenza si dichiara solo dopo l’accadimento». Alla domanda se il clima di unità nazionale seguito al sisma in Abruzzo possa rappresentare un modello per i futuri rapporti con l’opposizione, Berlusconi ha risposto «speriamo». da corriere.it Titolo: Fini: «Sul terremoto giusto chiedere l'accertamento delle responsabilità» Inserito da: Admin - Aprile 19, 2009, 04:37:18 pm Sisma in abruzzo
Fini: «Sul terremoto giusto chiedere l'accertamento delle responsabilità» Il presidente della Camera: «Non transigere nella prevenzione e nel rispetto delle regole» GROSSETO - Dopo le dure parole di Napolitano («Bilancio del sisma aggravato dallo sprezzo delle regole») e le dichiarazioni di Berlusconi da L'Aquila («Ben vengano le inchieste, ma non perdiamo tempo»), Gianfranco Fini torna sulle responsabilità della strage causata dal terremoto in Abruzzo e definisce «giusto il sentimento che si accertino eventuali responsabilità» dei danni provocati dal sisma. «La vicenda abruzzese - spiega il presidente della Camera intervenendo alla festa nazionale dei piccoli comuni - deve massimamente indurre gli amministratori, chi governa e i parlamentari a non transigere nella prevenzione e nel rispetto delle regole. Se ciò non avviene, le conseguenze le vediamo tutti. Sono angoscianti e provocano il giusto sentimento di chiedere l'accertamento di eventuali responsabilità». APPLICARE LE REGOLE - «Ognuno ha la responsabilità di rispettare e di fare davvero rispettare le regole che il Parlamento dà alla comunità nazionale, magari dopo un grande dibattito e un aspro confronto - ha aggiunto Fini -. Le vicende come quella dell'Abruzzo, anche se tragiche, devono insegnare qualcosa. Le regole date dal Parlamento perché le costruzioni vengano realizzate nel rispetto dell'ambiente ma soprattutto in modo da limitare riducendolo quasi allo zero i rischi presenti in un paese con un assetto idrogeologico come l'Italia vanno applicate». «PASSERELLE IN ABRUZZO, NON È SERIO» - Intanto, non si placa la polemica sulle visite in Abruzzo del presidente del Consiglio. Ad attaccare è Pier Ferdinando Casini: «Subito dopo il terremoto, il premier aveva invitato i politici a non recarsi nelle zone colpite per non intralciare i soccorsi ma da allora abbiamo assistito solo a passerelle - è l'affondo del leader dell'Udc - e questo non credo sia serio». «Noi abbiamo rispettato - ha aggiunto Casini, in occasione dell'apertura, al Palazzo dei Congressi all'Eur, della campagna elettorale per le europee - la richiesta del presidente del Consiglio, e questa è una prova che nonostante non concediamo sconti quando non si fanno gli interessi degli italiani, non contrastiamo ideologicamente il governo. Ora chi ha di più deve contribuire alla solidarietà per l'Abruzzo in modo che la nostra società si basi sul principio della sussidiarietà». 19 aprile 2009 da corriere.it Titolo: Monsignor Bertolaso, arruola i parroci per i miracoli ai terremotati Inserito da: Admin - Maggio 14, 2009, 11:43:46 am Monsignor Bertolaso, arruola i parroci per i miracoli ai terremotati
di Marco Bucciantini Sembra il ‘48. Si arruolano i preti, con circolari ministeriali travestite da lettere accorate. «Diffondete il buonumore, dobbiamo fare bella figura». Una volta chiedevano direttamente il voto giusto, per lo scudocrociato. E c’è anche il ciclista del popolo che si prende la maglia di leader, ed è un sussulto condiviso, «nazionale», con il vecchio compagno Alfredo che tormenta la tivù per sentire meglio e il giovane frate Michele che solleva i pugni quando Di Luca trova un buon finale sulla vetta dolomitica e si prende la maglia rosa, per il suo Abruzzo. Nel ‘48 fu Bartali al Tour, salvatore della patria dopo le pallottole a Togliatti. Allora fece storia, questa volta fa almeno calore. La maglia rosa e le tuniche nere Guido Bertolaso ha chiamato il vescovo, «basta, me ne vado, troppe lamentele» Aveva appena letto l'editoriale del Centro, il quotidiano degli abruzzesi. Si chiedeva di superare in fretta – prima che l’afa soffochi le tendopoli – questa prima fase, e sistemare gli sfollati in prefabbricati più consoni, intimi. Non era un richiamo demagogico: Assolegno ha già fatto sapere che le casette si possono fare in pochi giorni. Qualcosa di simile fa intuire anche l’assessore friulano Vanni Lenna, giunto ieri all’Aquila per ricordare i tempi e i modi di una rinascita felice, governata dal territorio, senza new town. «Porteremo la nostra esperienza sui moduli abitativi possibili prima della ricostruzione stabile». Le necessità quotidiane tornano a occupare la vita e manca il modo di soddisfarle, e questo crea un logico malumore che il governo ha dato ordine di celare. È arrivato il caldo, 30 gradi umidi, e se è vero che la protezione civile ha promesso l'arrivo dei condizionatori intanto mancano anche i semplici ventilatori. Farebbero comodo alla famiglia Bran, peruviani di Lima, che vivono in undici nei 14 metri quadrati della tenda numero 106 nel campo di Piazza d'Armi. Sono due nuclei, gli uomini furono i primi a venire in Italia. Fanno i camerieri al ristorante Le Fiaccole, in centro. Le donne sono badanti, poi c'è il ragazzo che fa il muratore e le bambine che vanno a scuola. Adesso sono qui a invecchiare di noia: il ristorante è franato, la ditta edile è ferma, le famiglie da badare sono poche tende più in là, le scuole sono chiuse. I Bran hanno nomi italiani, o così li hanno “adattati”: Anita torna dai lavatoi con la tinozza piena di magliette e asciugamani di spugna, e stende tutto al sole gentile del tardo pomeriggio. Mario è sulla branda e si strofina i piedi fra loro e fissa il soffitto di stoffa. Manca l’aria. I letti sono sei: tre matrimoniali, tre singoli. Loro – ripetiamo – sono 11 e agitano un periodico che si stampa a Roma per le comunità sudamericane, “Expreso Latino”, dove sono fotografati, sopravvissuti e sorridenti. “Caro Arcivescovo” Non bisogna sapere della famiglia Bran. Non bisogna sapere dei dodici casi di dissenteria dell'ultima settimana. E nemmeno del caso di tubercolosi a Pizzoli. Si deve far sapere che va tutto bene, che l’Abruzzo rifiorisce miracolosamente. Bertolaso ha chiesto al vescovo Giuseppe Molinari il sostegno della Curia: «Tenete la gente tranquilla, rassicuratela che va tutto bene». Così, dopo l’articolo del Centro e la successiva presa di posizione del presidente della provincia Stefania Pezzopane, che bazzica continuamente i campi per verificare di persona lo stato delle cose, il vescovo si è mosso con zelo. Dapprima ha radunato i parroci, chiedendo loro un lavoro «tenda a tenda» per consolare gli sfollati. Ogni campo ha una chiesetta, e sono attivi (fin da subito) preti delle diocesi del centro Italia. Monsignor Molinari ha poi scritto alla stessa Pezzopane, rimproverandola di «fare politica», e di fomentare i malumori delle persone che vivono questa situazione di disagio. Le ha rinfacciato lo scoramento di Bertolaso. La Pezzopane ha risposto: «Caro Arcivescovo, per me indimenticato don Giuseppe (Molinari fu suo insegnante di religione, ndr), proprio lei mi ha insegnato a privilegiare chi è in difficoltà. Sollecitando più attenzione per le persone nelle tende e chiedendo per loro una migliore sistemazione, ho assecondato una necessità di rispetto per le loro vite già provate, non una ricerca di polemica». Alle 18 e 39 frate Oreste Renzetti conclude la messa nella tenda bianca e saluta una ventina di convenuti, «andate in pace». «Noi facciamo sempre il solito lavoro, di sostegno, di conforto. Parliamo, non avevamo bisogno di questi ordini». Dopo 40 giorni dal terremoto ci sono 35.852 persone sfollate in 178 aree, circa 800 sono rientrate nelle case, molte famiglie hanno ottenuto l'agibilità per l'abitazione, ma manca la verifica sull'impianto del gas, e ci vorranno settimane. Intanto i poliziotti, dimenticati al vescovo, si lamentano e scrivono al ministro Maroni: «Non ci pagano gli straordinari, è scandalosao». Ma non lo fate sapere in giro. 14 maggio 2009 da unita.it Titolo: Il Times dalla parte di Repubblica "Berlusconi vuole intimidire il dissenso" Inserito da: Admin - Maggio 19, 2009, 10:04:56 am L'EDITORIALE
Il Times dalla parte di Repubblica "Berlusconi vuole intimidire il dissenso" ROMA - Il Times di Londra dedica oggi un editoriale non firmato, come è tradizione della stampa anglosassone quando l'articolo riflette l'opinione della direzione del giornale, sulla questione delle dieci domande poste da "Repubblica" a Silvio Berlusconi. L'editoriale del giornale, di cui è proprietario Rupert Murdoch, è intitolato "Public Duty and Private Vendetta" (Dovere pubblico e vendetta privata"), con questo sommario: "L'attacco di Silvio Berlusconi contro un giornale italiano è una campagna per intimidire il dissenso". Ecco il testo dell'editoriale: "Silvio Berlusconi, il primo ministro italiano, si lamenta di essere vittima di una diffamazione. Egli ha attaccato la Repubblica dopo che il giornale lo ha sfidato a spiegare la sua relazione con un'aspirante modella di 18 anni, Noemi Letizia, che si rivolge a lui chiamandolo 'Papi'. Secondo il signor Berlusconi, questo è un complotto della sinistra per minare la sua autorità. La lamentela del signor Berlusconi è sfrontatamente insensata. Egli ha invitato a deriderlo promuovendo come candidati per le elezioni europee delle giovani donne il cui glamour personale supera la conoscenza politica. Questa ultima impresa ha spinto sua moglie, che soffre da lungo tempo, a chiedere il divorzio. Le domande poste da la Repubblica - sul coinvolgimento del signor Berlusconi nella selezione delle candidate, e sul fatto se egli abbia promesso di aiutare la signorina Letizia a perseguire una carriera in politica o nello spettacolo - non sono intrusioni nella vita privata. Esse si collegano al ruolo pubblico del signor Berlusconi come uomo politico e come magnate dei media. I contorti affari politici del signor Berlusconi sono ulteriormente confusi dal suo dominio dei media. Egli controlla tre canali televisivi nazionali. La sua campagna contro la Repubblica sembra un sinistro tentativo di intimidire il dissenso per proteggere una reputazione privata. E' particolarmente di cattivo gusto che egli abbia usato la propria posizione nei media per criticare la propria moglie, insinuando che ella è mentalmente instabile. Queste sono le azioni di un uomo ricco e potente che tratta la politica e i media come feudi. Il signor Berlusconi ha apparentemente scarsa comprensione delle divisioni tra interesse privato e dovere pubblico. Il giornale che lo critica sta facendo un'opera di pubblico servizio per una popolazione malamente governata". (18 maggio 2009) da repubblica.it Titolo: Processo Mills, dall'ammissione dell'avvocato al Lodo Alfano che salva... Inserito da: Admin - Maggio 19, 2009, 03:36:25 pm LA SCHEDA
Processo Mills, dall'ammissione dell'avvocato al Lodo Alfano che salva Berlusconi di GIOVANNI GAGLIARDI MILANO - David Mills è un avvocato d'affari inglese. Secondo l'accusa, ricevette 600 mila dollari da Berlusconi (per "bramosia di denaro", ma anche per una sorta di "sudditanza professionale ed economica" nei confronti del principale azionista del gruppo Fininvest). Soldi che servirono per tacere quanto sapeva nei processi, celebrati alla fine degli anni Novanta, per le mazzette alle Fiamme Gialle e All Iberian. In particolare, sempre secondo l'accusa, l'avvocato avrebbe taciuto il reale assetto societario di due società off-shore attraverso le quali sarebbe stata realizzata l'appropriazione indebita oggetto del processo principale. Ma, paradossalmente, furono proprio le sue parole ad aprire il filone d'inchiesta sulla corruzione giudiziaria. Mills, in veste di testimone, fu così riconvocato il 18 luglio del 2004, quando al pm De Pasquale disse (a verbale) di aver ricevuto i 600mila dollari per aver "tenuto mister B. (Silvio Berlusconi, ndr) fuori dal mare di guai in cui l'avrei buttato se avessi detto tutta la verità". Una dichiarazione che l'interessato, però, cercò di ritrattare poco dopo, forse rendendosi conto del reale peso delle sue parole. Con una lettera inviata alla procura milanese, il legale inglese infatti si rimangiò tutto, sostenendo questa volta di aver fornito la prima versione perché pressato dalle domande dei magistrati milanesi. Nella sua nuova verità indicava l'armatore napoletano Diego Attanasio - e non più il Cavaliere - come il reale mittente di quella somma. De Pasquale, però, aveva nel frattempo raccolto altre prove che mise in tavola durante il processo. Come le confidenze che Mills aveva lasciato al suo consulente, Bob Drennan, al quale si era rivolto per evitare di finire nelle grinfie del severissimo fisco inglese. A Drennan, nel febbraio di 5 anni fa, Mills aveva infatti scritto una lettera in cui dava la stessa versione sull'origine dei 600mila dollari, ovvero che erano soldi del gruppo Fininvest. Il resto si svolge tutto nelle aule giudiziarie. La decisione di rinviare a giudizio il premier fu presa il 30 ottobre del 2006 dal gup Fabio Paparella che, con la stessa accusa, mandò a giudizio anche Mills. Si trattò, in sintesi, di un'inchiesta stralcio rispetto al filone principale relativo alle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi da parte di Mediaset. Il 5 aprile 2007, la Cassazione bocciò il ricorso della difesa di Berlusconi per la ricusazione del gup milanese. E a giugno anche il ricorso di Mills per la ricusazione fu giudicato inammissibile dagli stessi giudici. Dopo altri ricorsi respinti, la posizione del premier è stata stralciata il 4 ottobre 2008, in attesa che la Corte costituzionale decida sulla legittimità del lodo Alfano, la legge che garantisce l'immunità alle massime cariche dello Stato, fra le quali il presidente del Consiglio. L'intera vicenda andrà in prescrizione nel febbraio del 2010. Una volta depositate le motivazioni inizierà una vera e propria corsa contro il tempo per arrivare alla sentenza definitiva della Cassazione entro quella data. Le possibilità che il fatto non si prescriva prima appaiono minime. (19 maggio 2009) da repubblica.it Titolo: "Mentì per salvare Berlusconi"... Inserito da: Admin - Maggio 19, 2009, 03:38:03 pm Secondo i pm l'avvocato inglese agì "da falso testimone" e consentì al premier e alla Fininvest "l'impunità dalle accuse di corruzione"
"Mentì per salvare Berlusconi" Le motivazioni della condanna di Mills La posizione del presidente del Consiglio è stata stralciata grazie al Lodo Alfano Il Cavaliere poco dopo la notizia: "Riferirò sulla vicenda in Parlamento" "Mentì per salvare Berlusconi" Le motivazioni della condanna di Mills MILANO - "Mentì per salvare Berlusconi" Per questo l'avvocato inglese David Mills è stato condannato a Milano a 4 anni e 6 mesi dai giudici milanesi. Il legale, condannato per corruzione in atti giudiziari agì "da falso testimone "per consentire a Berlusconi e alla Fininvest l'impunità dalle accuse, o almeno, il mantenimento degli ingenti profitti realizzati". E' questo uno dei passaggi delle motivazioni (leggi il documento completo), circa 400 pagine, della sentenza con la quale il tribunale di Milano ha motivato la condanna del legale inglese. Motivazioni delle quali si parlerà anche in Parlamento: il premier ha annunciato che riferirà sulla vicenda alle Camere. Mills, scrivono i giudici nelle motivazioni, "ha agito certamente da falso testimone da un lato per consentire a Silvio Berlusconi e al gruppo Fininvest l'impunità dalle accuse, o, almeno, il mantenimento degli ingenti profitti realizzati attraverso il compimento delle operazioni societarie e finanziarie illecite compiute sino a quella data, dall'altro ha contemporaneamente perseguito il proprio ingente vantaggio economico". I giudici scrivono inoltre che "la condotta di Mills era dettata dalla necessità di distanziare la persona di Silvio Berlusconi dalle società off shore, al fine di eludere il fisco e la normativa anticoncentrazione, consentendo anche, in tal modo, il mantenimento della proprietà di ingenti profitti illecitamente conseguiti all'estero, la destinazione di una parte degli stessi a Marina e Piersilvio Berlusconi". In sostanza, per i giudici, "il fulcro della reticenza di Mills, in ciascuna delle sue deposizioni, sta nel fatto che egli aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest, e non alla persona di Silvio Berlusconi la proprietà delle società off shore, in tal modo favorendolo in quanto imputato in quei procedimenti". La condanna per l'avvocato inglese era arriva nel febbraio di quest'anno. A conclusione di un'inchiesta che tirava in ballo il premier e che aveva visto una prima ammissione di colpa di Mills. Il legale nel luglio del 2004 aveva raccontato ai pm di aver ricevuto 600mila dollari dal gruppo Fininvest per dire il falso nei processi in cui era coinvolto Berlusconi: le tangenti alla Guardia di finanza e All Iberian. Poi, nel gennaio 2009, la ritrattazione e il tentativo di discolpare il presidente del Consiglio (la cui posizione è stata stralciata in seguito all'approvazione del "Lodo Alfano" che garantisce l'imminutà alle alta cariche dello Stato). Una svolta che permise al premier di evitare il rinvio a giudizio per corruzione chiesto dia giudici nel 2006. Per giustificare la retromarcia Mills disse di aver temuto guai con il fisco inglese ("temevo che scoprisse dei miei versamenti non dichiarati"). Poi le scuse a Berlusconi. Una ricostruzione che, però, non ha convinto i giudici. Le reazioni. "La sentenza dice che Berlusconi ha fatto operazioni illecite e che quindi Berlusconi, se non ci fosse stato il lodo Alfano, sarebbe stato condannato anche lui per questi reati" attacca Antonio Di Pietro. "E' un gesto di responsabilità istituzionale importante che il presidente del Consiglio abbia annunciato l'intenzione di riferire in Parlamento a proposito della sentenza Mills" dice il leader dell'Udc Pierferdinando Casini. "Le motivazioni della condanna dell'avvocato Mills confermano ancora di più che il presidente del Consiglio ha evitato una condanna per gravi reati solo grazie all'immunità garantitagli dal lodo Alfano che oramai può essere definito come il padre di tutte le leggi ad personam" commenta Lanfranco Tenaglia, responsabile giustizia del Pd. (19 maggio 2009) da repubblica.it Titolo: Il Pd: «Berlusconi rinunci al Lodo Alfano e si lasci processare» Inserito da: Admin - Maggio 20, 2009, 10:38:31 am Il Pd: «Berlusconi rinunci al Lodo Alfano e si lasci processare»
È un pò come qualcuno fosse entrato nell'aula di un tribunale a staccare dal muro la scritta «la legge è uguale per tutti», attaca il segretario del Pd Dario Franceschini, che, dopo la sentenza Mills, spara a zero sul lodo Alfano. «L'unico modo per riattaccare quel cartello è che Berlusconi venga in Parlamento a dire “rinuncio ai privilegi del Lodo Alfano”», dice Franceschini. Il Pd chiede dunque al premier di presentarsi in parlamento, rinunciare al lodo Alfano e lasciarsi processare. La sentenza - incalza il segretario del Pd - «dimostra in modo purtroppo incontestabile il coinvolgimento del presidente del Consiglio e dimostra allo stesso modo che la legge Alfano è stata fatta apposta per sottrarlo al giudizio a cui sono sottoposti tutti gli italiani». Ancora più tranchant D'Alema. «Non capisco perchè Berlusconi abbia scelto di replicare in Parlamento», attacca l'esponente del Pd: «Io credo che sarebbe dovuto andare in tribunale per accettare di essere processato e chiarire le accuse che gli vengono rivolte». Il suo timore tra l'altro è che «la seduta in Parlamento diventi una gazzarra contro la magistratura». «Questo sarebbe intollerabile», avverte D'Alema: «Il Parlamento è stato nominato in gran parte da Berlusconi e sono certo che in molti plaudiranno ai suoi attacchi alla magistratura», osserva. «E tutto ciò lede il principio della divisione dei poteri». Proprio quello che dice Di Pietro: «Non accettiamo che Berlusconi venga in Parlamento solo per offendere la dignità dei magistrati che hanno fatto solo il loro lavoro», attacca il leader dell'Italia dei Valori. «Insistiamo affinchè Berlusconi presenti le dimissioni o si vada avanti con una richiesta di impeachment», incalza Di Pietro: «Invece di prendersela con i giudici, Berlusconi - gli suggerisce l'ex pm di Mani Pulite - vada a farsi processare e, al riguardo, gli ricordo che dopo la separazione processuale da Mills, saranno altri giudici a doverlo giudicare e, quindi, altri ai quali dovrà sottoporre le sue ragioni». 19 maggio 2009 da unita.it Titolo: Gawronski: «Nessun danno all'estero Ma chi nega i problemi sbaglia» (disse Jago) Inserito da: Admin - Giugno 23, 2009, 10:02:45 am L'intervista
Gawronski: «Nessun danno all'estero Ma chi nega i problemi sbaglia» L'ex eurodeputato: Berlusconi ha abituato il mondo alla sua anomalia, avrebbe dovuto rispondere "cavoli miei" ROMA - «Berlusconi per ora non subisce un danno d’immagine internazionale, ha abituato il mondo alla sua 'anomalia'. Ma dovrà far attenzione, come scrisse l’Economist a proposito del conflitto di interessi, che i problemi non lo rendano 'inadatto a governare'. Per questo certi suoi stretti amici che negano l’esistenza di qualsiasi problema, non gli fanno un favore. E lui dovrebbe capirlo». Jas Gawronski, europarlamentare dal 1980 a quest’anno, conosce bene sia Berlusconi che il mondo politico internazionale. L’immagine del Cavaliere, rispetto ai leader europei e del resto del mondo, è danneggiata dalle «ragazze squillo»? «Berlusconi ha abituato il mondo alla sua 'anomalia' di politico-non politico, leader di un Paese a sua volta 'diverso': mafia, sentimentalismo, Napoli... Perciò, nei riguardi di Berlusconi, magari ci sono critiche, sfottò, ironie. Ma sempre nel contesto della famosa 'anomalia'». Quindi, lei dice che il problema non c’è... «Non dico questo. Penso anzi che fanno male certi sostenitori un po’ fanatici, alcuni suoi cari amici a negare che il problema ci sia. Non lo aiutano e non gli fanno un favore. Bisogna forse discutere sulla vastità del problema». Allora il problema c’è... «Certo. Ed è stato gestito male dall’inizio». Un suggerimento al Cavaliere? «Avrebbe dovuto rispondere subito: 'Sono cavoli miei, affari privati'. Gli elettori italiani e gli interlocutori internazionali lo avrebbero stra-capito. Invece è entrato in una spirale di spiegazioni e chiarimenti difficile da contenere. Ma l’arma di non rispondere può ancora funzionare». Comunque qui parliamo di un giro di ragazze che ruota intorno a un imprenditore indagato per induzione alla prostituzione. «Le serate dal Cavaliere? Mi sembrano cose molto lontane dalla realtà. Se si invitano trenta ragazze insieme, non credo si progetti di fare qualcosa che non sia innocuo. Se uno vuole avere una storia di sesso con una ragazza non ne invita venti perché ci sarà sempre una pronta a raccontare i dettagli». Ma non crede che, in campo internazionale, tutta questa storia di ragazze invitate dal presidente del Consiglio, di compensi versati, finisca col creare un «caso Berlusconi»? «Nessuno pretende dai politici una vita privata irreprensibile. Perché la politica è un’ambizione, un obiettivo. L’unico pericolo è che nei vertici internazionali ci possano essere ironie. Ma lo stile Berlusconi lo ha portato, per esempio, a raggiungere un’ottima intesa con Putin, quindi con la Russia. Magari Obama non lo prende sul serio come fa con Sarkozy ma è sincero quando dice: Silvio mi può consigliare nei rapporti con Mosca. Verissimo». La politica estera italiana non le sembra in crisi? «Non vedo problemi seri. Vedo invece quasi l’invidia di quei politici che si sognano di avere lo stesso appoggio elettorale di Berlusconi. Andrà bene finché questi suoi comportamenti non avranno influenza sulla sua capacità di governare». Cosa intendere dire, Gawronski? «L’unica incognita è quella immaginata anni fa da l’Economist a proposito del conflitto di interessi. Cioè andrà tutto bene finché il problema, in questo caso delle ragazze, non lo dovesse 'rendere inadatto a governare'. Per questo ha bisogno di sincerità e chiarezza». Chi ha in simpatia Berlusconi, in Europa? «Sembra strano a dirsi. Ma Hans-Gert Poettering, presidente dell’Europarlamento, quando si trova a tu per tu con Berlusconi non riesce a dissimulare una forte simpatia personale. E magari lascia trapelare, lui così rigido e formale, un pizzico di invidia per il successo personale del Cavaliere. Ma in pubblico deve tenere le distanze...». Un vero nemico, invece? «Il socialdemocratico tedesco Martin Schulz, che Berlusconi chiamò kapò. Lo disprezza. Eppure dovrebbe ringraziarlo. Perché se ora si ritrova presidente del gruppo socialista lo deve alla popolarità ottenuta con quella lite...». Paolo Conti 22 giugno 2009 da corriere.it Titolo: «IL SISTEMA é MARCIO» e Minzolini è messo a rai1 per nascondere la puzza... Inserito da: Admin - Giugno 23, 2009, 10:40:03 pm L'INCHIESTA DI BARI
Minzolini: «La prudenza sul caso Bari? Non si può privilegiare il gossip» Tg1, scontro maggioranza-opposizione. E Garimberti convoca il direttore ROMA - Un incontro di 20 minuti tra il presidente della Rai, Paolo Garimberti, e il nuovo direttore del Tg1, Augusto Minzolini, per parlare di «completezza e trasparenza dell'informazione»: il faccia a faccia si è tenuto dopo le polemiche sulla copertura riservata dalla testata ammiraglia della Rai all'inchiesta della Procura di Bari (i magistrati, occupandosi di presunte corruzioni nelle forniture sanitarie, sono incappati in un giro di ragazze che avrebbero partecipato, a pagamento, a feste e cene con il premier Silvio Berlusconi). L'argomento, dopo giorni di polemiche, sarà probabilmente oggetto di discussione nel Cda di mercoledì e proprio in quest'ottica Garimberti avrebbe convocato Minzolini. Tra i due c'era già stato un colloquio telefonico informale venerdì scorso sull'argomento. Lo stesso direttore è poi intervenuto in video nel corso dell'edizione principale del Tg1 di lunedì, quella delle 20: nel suo mini editoriale ha spiegato che la scelta di tenere «bassa» la vicenda delle feste con ragazze nella residenza del premier è una scelta di prudenza non essendovi reati o imputazioni a carico di Silvio Berlusconi e non essendovi a suo dire «alcuna notizia certa. «Di fronte a quanto sta accadendo nel mondo, dal piano economico di Obama alle vicende dell'Iran - ha sottolineato sostanzialmente il direttore - sarebbe stata una scelta incomprensibile privilegiare polemiche basate sul gossip». SCONTRO - Sul tema intanto è scontro tra maggioranza e opposizione. Il Pdl difende Minzolini: «Finalmente abbiamo capito chi vuole mettere le mani su viale Mazzini - afferma Maurizio Lupi, vicepresidente Pdl della Camera. - Gli attacchi al Tg1 e al suo direttore, le cui professionalità ed esperienza nessuno ha mai messo in discussione, sono la testimonianza di un vecchio vizio del centrosinistra italiano: considerare la Rai come casa propria». Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, aggiunge: «È indegna la fatwa del Pd contro Augusto Minzolini e il suo Tg1. È evidente il tentativo di creargli problemi anche in redazione. Si tratta di un comportamento incivile nei confronti di un professionista e anche nei confronti di un'azienda rispetto alla quale il Pd continua ad avere un atteggiamento padronale». Il Partito democratico, invece, accusa il nuovo direttore per la scarsa informazione fornita dal suo telegiornale sull'inchiesta di Bari. Era stato proprio il capogruppo del Pd in Commissione Telecomunicazioni alla Camera, Michele Meta, a chiedere a Garimberti di convocare Minzolini: «Dopo giorni di ripetuti oscuramenti da parte del Tg1, principale telegiornale del servizio pubblico, sul filone dell'inchiesta di Bari che vedrebbe coinvolto il presidente del Consiglio, chiediamo che il presidente di garanzia della Rai, Paolo Garimberti, convochi il consiglio di amministrazione per audire il direttore del Tg1 e per affrontare in maniera approfondita il tema dell'informazione e del pluralismo nei telegiornali Rai, i cui principi di obiettività, trasparenza e imparzialità sono chiaramente indicati nel codice etico dell’azienda». Duro anche il commento del senatore dell'Italia dei Valori Francesco Pardi, membro della Commissione di Vigilanza radiotelevisiva: «Neanche una parola sulle novità nell'inchiesta di Bari: per due giorni il Tg1 è stato reticente su quest'argomento. Uno scandalo, ridurre il servizio pubblico al silenzio stampa significa calpestare la Costituzione e il diritto dei cittadini di essere informati». L'EDITORIALE - «Voglio spiegarvi perchè - ha detto in serata Minzolini in un video registrato mentre stava alla sua scrivania - il Tg1 ha assunto una posizione prudente sull'ultimo gossip, l'ultimo pettegolezzo del momento, le famose cene o feste nelle residenze private del premier Berlusconi, Palazzo Grazioli e Villa Certosa. Dentro questa storia piena di allusioni, rancori personali, non c'è ancora una notizia certa nè un'ipotesi di reato che riguardi il premier e i suoi collaboratori». Casi che a suo avviso vengono strumentalizzati, come quello che coinvolse l'allora presidente del Consiglio Romano Prodi per «la vicenda della foto di un suo collaboratore ripreso in una situazione scabrosa». Minzolini ha spiegato: «Ho visto celebri mangiapreti nelle vesti di novelli Savonarola». Per il direttore del Tg1 «queste strumentalizzazioni, questi processi mediatici, non hanno nulla a che vedere con l'informazione del servizio pubblico. Questa è la linea che vi ho promesso fin dal primo giorno e che continuerò a garantirvi». 22 giugno 2009 (ultima modifica: 23 giugno 2009) da corriere.it Titolo: Tentato colpo di spugna sulla concussione Ue. Inserito da: Admin - Giugno 25, 2009, 11:03:32 am Tentato colpo di spugna sulla concussione Ue.
Li Gotti: "Quale eurodeputato state cercando di graziare?" L'Osce: "Il ddl sugli ascolti non rispetta gli standard internazionali sulla libertà di stampa" Prostituzione, la legge slitta a ottobre Sicurezza e intercettazioni, ingorgo al Senato di LIANA MILELLA ROMA - Rinviato a dopo l'estate. Doveva essere uno dei fiori all'occhiello del governo Berlusconi, sicuramente del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna, che in questi mesi ne ha chiesto a gran voce una celere approvazione. Ma ora il ddl sulla prostituzione, che prevede il carcere per il cliente che va con una lucciola in luoghi pubblici, è divenuto fonte di profondo imbarazzo per la maggioranza, al punto da dovergli staccare l'etichetta "urgente" e sostituirla con un bel rinvio. Tutta colpa dell'ormai famosa (e infelice) definizione di Niccolò Ghedini su Berlusconi "utilizzatore finale" delle escort baresi. Dunque un cliente anche lui, seppure in luoghi chiusi, quindi non punibile. Ma come si fa a discutere di un simile tema giusto in questi giorni? E mentre l'ex pm, e ora esponente Pd Felice Cassonm, preannuncia emendamenti sull'utilizzatore? Alla commissione Giustizia del Senato pure il presidente Filippo Berselli, che un anno fa voleva introdurre il foglio di via obbligatorio per le squillo, deve soprassedere. Mentre tra i banchi si svolge un ameno siparietto. Un senatore Pdl, con un sorriso sornione, dice a uno dell'opposizione: "Ma ti pare che adesso possiamo discutere delle norme della Carfagna?". Ufficialmente è colpa dell'ingorgo in commissione dove si ritrovano assieme ddl prostituzione, ddl sicurezza, ddl intercettazioni, ddl processo penale. A Berselli il presidente del Senato Schifani ed emissari del governo hanno chiesto di dare corsia preferenziale a sicurezza e ascolti, in coda il resto, a partire dalle norme anti-utilizzatori. Con due risultati. Via dibattiti a rischio per i facili doppi sensi, subito la sicurezza (in aula la prossima settimana forse con la fiducia) perché la Lega scalpita; a seguire gli ascolti, col governo che segue gli sviluppi del Bari-gate pronto a emendare il testo. Che comunque, lo confermano i senatori ex magistrati, sarà subito applicabile, ad esempio trasferendo un pm che parla del processo o che viene denunciato da un indagato, o bloccando l'uso delle telefonate di un'inchiesta per aprirne un'altra. Una legge bavaglio, che taglia le unghie ai pm (anche se il Guardasiglli Alfano lo nega), che fa dire a Miklos Haraszti, relatore per i media dell'Osce: "Non corrisponde agli standard internazionali sulla libertà si stampa". Tra giustizia e sicurezza sarà un luglio di fuoco. E se n'è avuta un'anticipazione ieri quando il governo, con l'ennesimo colpo di mano, ha cercato di emendare pure la legge (presentata da Casson e Luigi Li Gotti dell'Idv) che ratifica la convenzione Onu sulla corruzione vecchia del 2003. Sorpresa: ecco la richiesta di approvare una nuova versione dell'articolo 322bis del codice penale che disciplina corruzione, concussione, peculato commessi da europarlamentari o funzionari Ue, cancellando la concussione. Martedì sera se ne accorge Casson che subemenda il testo, in aula grida Li Gotti: "Quale eurodeputato state cercando di graziare?". Casson non ha dubbi: "Per il principio del favor rei la legge si applica ai reati precedenti". E Li Gotti: "È un colpo di spugna". Il centrista Gianpiero D'Alia: "Come si può pensare che, per lo stesso reato di concussione, un funzionario di Regione venga imputato e uno di Stasburgo no?". Il governo tenta la prova di forza, boccia la modifica di Casson che risponde con la richiesta di voto segreto. Seduta sospesa. Alla ripresa la maggioranza ritira l'emendamento. "Tutto è bene quel che finisce bene" chiosa la capogruppo Pd Anna Finocchiaro. (25 giugno 2009) da repubblica.it Titolo: L’amico del Cavaliere: molti altri fanno le cose imputate a Berlusconi (quindi?) Inserito da: Admin - Giugno 25, 2009, 11:22:50 am L’amico del Cavaliere: molti altri fanno le cose imputate a Berlusconi
«Un complotto, Silvio reagisca È come la vicenda Montesi» Angelo Rizzoli: alle feste romane anche leader di sinistra con ragazze di poca virtù ROMA — «Questa storia me ne ricorda un’altra, di cui mi sono occupato molto tempo fa, quand’ero ragazzo. Facevo uno stage alla McGraw-Hill, la grande casa editrice americana, e mi affidarono l’editing del libro dell’ex ambasciatore inglese a Roma, in cui si ricostruiva il caso Montesi. Una vicenda di cui serbavo memoria personale: anche se avevo solo dieci anni, ricordo bene i memoriali che i rotocalchi, compresi quelli di mio padre come Oggi, pubblicavano pagando profumatamente ragazze sconosciute: Anna Maria Caglio detta il cigno nero, Adriana Bisaccia... Tempo dopo, ebbi modo di conoscere i protagonisti della vicenda, Piero Piccioni e Alida Valli, che me ne raccontò i dettagli quando la incontrai in America. Le analogie sono impressionanti». Angelo Rizzoli ne è convinto: «Sotto certi aspetti, la vicenda di Palazzo Grazioli è la fotocopia del caso Montesi. Non c’è un cadavere, per fortuna. Ma ci sono i festini. Ci sono le ragazze che raccontano. C’è un leader politico da colpire: ieri Attilio Piccioni, oggi Berlusconi. E c’è un disegno, diciamo pure un complotto. Lei ricorda il caso Montesi? Wilma Montesi, la ragazza trovata morta sulla spiaggia di Torvaianica. Le indagini sono nelle mani della polizia, quindi del ministero dell’Interno, quindi di Amintore Fanfani, il grande rivale di Piccioni. Al resto provvede l’ufficio affari riservati del Viminale. Nascono leggende secondo cui la Montesi ha partecipato a un festino, allora si diceva a un’orgia, ed è morta per overdose, il corpo gettato in mare. Il festino sarebbe stato organizzato nella villa del sedicente marchese Montagna, e vi avrebbe partecipato Piero Piccioni, figlio di Attilio. Che in realtà era a Positano con Alida Valli; ma, da galantuomo, tacque per non inguaiare la donna che amava. Un errore imperdonabile, in un Paese dove i gentiluomini non sono apprezzati. Anni dopo, ottenuto il divorzio, la Valli ristabilì la verità. Il processo di Venezia smontò tutto. Ma ormai Attilio Piccioni si era dimesso e aveva lasciato la politica». Accadrà anche a Berlusconi? «Dipende da lui. Se avrà uno scatto, se saprà reagire come ad esempio nella campagna elettorale del 2006, ne uscirà. Silvio deve dare risposte. Ma non sulla vicenda D’Addario. Di questa storia meno parla, meglio è. È stato imprudente a esporsi in prima persona: un presidente del Consiglio non si occupa della spazzatura, del fango. È inutile che precisi di non aver mai pagato una donna: chi può immaginare Berlusconi con un mazzo di euro in mano che retribuisce la D’Addario? Il presidente del Consiglio ha dei portavoce: affidi a loro il compito di dire poche, scarne e definitive parole che chiudano il caso. Sia più attento in futuro a chi invita a casa sua. E dia le risposte che il Paese attende davvero. Sulla crisi economica, e non solo: l’Italia è vecchia, lenta, burocratica, incartapecorita. Il peggio verrà in autunno; ma Berlusconi può ancora rimetterla in moto. Può essere che mi faccia velo l’amicizia, però ne sono convinto ». L’amicizia tra Angelo Rizzoli e Silvio Berlusconi nacque nel 1974. «Arrivò in via Solferino con le carte e i piani per Milano2, a protestare per un articolo del Corriere di Informazione secondo cui su quell’area doveva sorgere un cimitero. 'Meglio pensare ai vivi che ai morti, no?', mi disse. Aveva ragione lui. Fu Berlusconi a riavvicinarmi a Montanelli. Indro era venuto da mio padre e da me a chiedere aiuto per il suo Giornale; ma noi avevamo appena preso il Corriere. Tempo dopo, Silvio mi invitò a pranzo con Montanelli in via Rovani. Alla fine Indro disse: 'Ti perdono, ma non potrò mai perdonare tuo padre'». Erano gli anni della P2. «Per me la P2 è una lista di nomi fatti trovare da Gelli a Castiglion Fibocchi — risponde Rizzoli —. Cosa fosse davvero, io non l’ho mai saputo. Non ho mai partecipato a una riunione, al processo non sono stato chiamato neppure come teste. Ho avuto sei processi per altri motivi, e sono stato sempre assolto. E mentre ero ingiustamente in carcere, in isolamento, tre sole persone mi hanno scritto: Montanelli, Lina Sotis, e Berlusconi, che offriva di far intervenire Craxi per rendere il mio regime carcerario meno duro. Quando uscii, a Milano tutti facevano finta di non conoscermi. Mi diedero pure lo sfratto. Berlusconi mi chiamò e mi disse: se tu produci dei film, io te li compro. Fu di parola ». Ma chi è oggi a tramare contro di lui? «Non lo so. Certo in Italia si era creata un’anomalia: nessun uomo ha avuto tanto potere come Berlusconi tra il 2008 e il 2009. Agnelli aveva potere economico, non politico. Craxi aveva una forte personalità ma era minoritario nel Paese. Prodi, Ciampi, Amato erano grands commis senza partito. Berlusconi sommava in sé finanza, politica e un consenso altissimo. Ora che è stato trovato il suo tallone d’Achille nella vita privata, Silvio paga il fatto di aver infranto un equilibrio consolidato». Davvero lei crede che qualcuno possa aver pagato la D’Addario? «Non occorrono soldi; ci sono altre gratificazioni. Per una donna di 42 anni, che ha provato in ogni modo a sfondare senza riuscirci, che nella logica dell’industria dello spettacolo è quasi una vecchia signora, le copertine sono un richiamo irresistibile». E Veronica? «Veronica vive in un castello dorato, si sposta con aerei privati, non frequenta nessuno tranne quattro amiche milanesi che vanno bene giusto per lo shopping ma se chiedi chi è Obama non lo sanno. Veronica è condizionabile; e probabilmente è stata condizionata. Dicendo che il marito non sta bene ed è inaffidabile, non si è accorta di far male ai suoi figli, di destabilizzarli. Soprattutto il più piccolo, Luigi, che andrebbe invece sostenuto: a volte ci si ritira nella religione come fuga dal mondo». Berlusconi non ha proprio nulla da rimproverarsi? «Ha avuto uno stile di vita imprudente. Del resto lui è come mio nonno, che adorava le donne, e in età matura amava circondarsi di ragazze giovani: l’ultimo soffio prima del tempo in cui, come diceva Turgeniev, i ricordi diventano rimpianti, e le speranze illusioni. Ma Berlusconi non deve giustificarsi di nulla. Mia moglie Melania e io riceviamo spesso, qui in casa. E spesso gli ospiti portano qualcuno. Mica possiamo chiedergli i documenti?». «Roma — racconta Rizzoli — non cambia con il cambiare dei regimi. La più grande industria, con l’edilizia, è lo spettacolo. A Roma arrivano migliaia di ragazze e anche di ragazzi disponibili a ogni genere di esperienza. E arrivano politici, imprenditori, finanzieri, che lontano dalle famiglie si sentono come in vacanza, e la sera vogliono divertirsi. Le cose imputate a Berlusconi sono state fatte da molti altri. Ne ho visti tanti, di ministri e anche di presidenti del Consiglio, girare con ragazze di poche virtù. Ho visto anche leader di sinistra fare lo stesso. Ho ricevuto telefonate di un ex magistrato che raccomandava una bionda conduttrice televisiva. Su due sole persone a Roma non ho mai sentito un pettegolezzo: Gianni Letta e suo nipote Enrico. Per questo nessuno dovrebbe atteggiarsi a moralista. Chi può permettersi di fissare, e a qualche altezza, l’asticella della moralità? ». Aldo Cazzullo 25 giugno 2009 da corriere.it Titolo: Veronica Berlusconi risponde ad Angelo Rizzoli e sua moglie in merito ... Inserito da: Admin - Giugno 27, 2009, 10:41:02 am La lettera
Come mai tante persone giudicano senza sapere? Veronica Berlusconi risponde ad Angelo Rizzoli e sua moglie in merito alla propria vicenda Egregio Direttore, evidentemente il fermo proposito mio e del mio avvocato, di mantenere la vicenda della separazione da mio marito sul piano della compostezza, infastidisce (non capisco perché) persone che non dovrebbero avere alcun interesse per la questione, e che certamente non hanno alcun titolo per esprimere pubblicamente giudizi al riguardo. Constato, leggendo il Corriere della Sera del 25 giugno (pagina 15), che questo è ora il caso del signor Angelo Rizzoli, persona che non ho mai conosciuto, la cui moglie Melania, che pure non ho mai conosciuto, era già stata prodiga nei miei confronti, qualche tempo fa, di consigli non richiesti né graditi (Corriere della Sera del 23 maggio). Che queste persone—non si sa da quale cattedra o pulpito — insultino quattro mie «amiche milanesi», non meglio identificate, tacciandole di crassa ignoranza, è increscioso ma anche ridicolo. È grave e intollerabile, invece, che il signor Rizzoli mi accusi, dalle colonne del Suo giornale, di «destabilizzare» i miei figli, e in particolare «il più piccolo, Luigi, che andrebbe invece sostenuto: a volte ci si ritira nella religione come fuga dal mondo»: così mostrando, oltre a tutto, di considerare i sentimenti religiosi di mio figlio, che riguardano solo lui e che non sono certo nati in queste settimane, come un fenomeno anomalo e patologico; cosa forse naturale, purtroppo, per chi non riesce nemmeno a immaginare che possano esistere valori diversi da quelli materiali. Per buona fortuna, Luigi non è affatto in fuga dal mondo, e ha sufficiente forza morale per valutare lo squallore di quelle parole. Ma vorrei ugualmente che venisse lasciato in pace, come me e le mie figlie. E possibilmente anche le mie amiche. Grata per l’attenzione Le invio i miei saluti. Veronica Berlusconi 27 giugno 2009 da corriere.it Titolo: Silvio e Patrizia, tutte le intercettazioni Inserito da: Admin - Luglio 20, 2009, 03:14:22 pm Silvio e Patrizia, tutte le intercettazioni
Gli uffici dove gli uomini di Silvio Berlusconi provano a riscrivere la storia sono in via Marroncelli, in un cortile della vecchia Milano. Qui ormai da un anno lavorano a pieno ritmo e nel segreto quasi assoluto una quarantina di persone. Sono i dipendenti e i collaboratori di Ovo, una srl partecipata al 47 per cento da Trefinace, una società lussemburghese che fa capo alla Fininvest. Ovo ha un obiettivo, anzi una missione, creare Ovopedia la prima enciclopedia in videoclip del mondo: un'opera colossale da migliaia e migliaia di voci che tra qualche mese entrerà nelle case degli italiani via satellite, e forse sul digitale terrestre, e sul Web. Responsabile del progetto, molto apprezzato dall'ideatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri, è un ragazzo simpatico e carino di 35 anni: l'ex vj Andrea Pezzi che presiede la società e la controlla al 53 per cento attraverso Nova Fronda, un'altra srl il cui nome si richiama direttamente al singolare credo psico-filosofico di Antonio Meneghetti, un ex frate francescano dal burrascoso passato giudiziario che negli anni '70 ha fondato l'ontopsicologia, una disciplina che ha come scopo la "formazione del leader, inteso come intuizione attiva di soluzioni per il collettivo". Nel febbraio del 1998 l'Associazione di Ontopsicologia si è guadagnata quasi una pagina in un corposo rapporto del ministero dell'Interno su "sette religiose e i nuovi movimenti magici in Italia". Ma all'ex frate sentir dipingere la propria organizzazione come una psicosetta nella quale "verrebbero attuate metodologie dirette a modificare il carattere e la personalità dell'adepto, al punto di ottenere il totale condizionamento e devozione nei confronti del fondatore", proprio non andava giù. Così Meneghetti ha intentato causa al Viminale ed è riuscito a ottenere un risarcimento civile per danni d'immagine di alcune decine di milioni di lire. In quella dedicata 'All'ascesa del nazismo', accanto a un montaggio incalzante tipico dei video musicali, accompagnato da una colonna sonora decisamente furba e coivolgente, la storia della presa del potere da parte delle croci uncinate è presentata senza indugiare in alcun tipo di giudizio storico, etico o morale. Hitler diventa così solo un leader dal fortissimo "carisma personale e dalle straordinarie virtù di oratore", mentre la questione del 'Mein Kampf', ovvero della Bibbia del nazismo, viene liquidata senza far cenno al razzismo e limitandosi a dire che nella sua opera il Führer "afferma che l'attuale declino della Germania dipende da un complotto dei comunisti e degli ebrei volto a seminare discordia e indebolire l'economia del paese". È un po' quello che sostiene Meneghetti riferendosi all'Italia. Già nel 1997, l'ex frate scriveva: "Gli Stati Uniti - con l'appoggio del denaro ebraico (la stampa, ndr) - attraverso la 'demonizzazione' del leader hanno determinato il frammentarismo del potere del leader naturale della nostra nazione". E poi continuava dicendo che, se papa Wojtyla "va a pregare nella Sinagoga, ciò succede perché gli ebrei hanno aiutato una situazione bancaria (i debiti dello Ior, ndr)". Insomma, viste le posizioni del 'professore', non stupisce che Hitler, stando a quanto riferiscono una serie di fonti interne a Ovo, nella biografia a lui dedicata secondo i vertici della società dovesse essere definito "un personaggio controverso", ovvero con la stessa frase che chiude il video su Stalin. Anche in questo caso viene messa in evidenza "la forza d'animo" del dittatore comunista e dopo un passaggio sui milioni di morti da lui causati "per mantenere l'ordine", la clip si conclude con queste parole: "Figura controversa del '900, l'uomo d'acciaio lascia dietro di sé un impero". Non è un caso. Agli autori dei testi di Ovopedia, in gran parte giovani con pochissima o nessuna esperienza nel campo dell'informazione storica e scientifica, viene fornito un format preciso, che ha come comune denominatore: "La volontà". In Ovobio, la sezione dell'enciclopedia interattiva in videoclip dedicata agli uomini che nel loro campo hanno lasciato il segno, si ordina di "mettere in luce la volontà del personaggio di raggiungere i suoi obiettivi e l'intelligenza nel saper applicare questa volontà". Mentre nel piano dell'opera Meneghetti compare tra gli "intellettuali e i mistici" cui dedicare una videoclip, accanto a figure come Aristotele, Freud, Sartre e Sant'Agostino. E poi lui stesso mi ha chiesto del cantiere, gli ho detto qua lo sto portando avanti da sola, però non è facile giù al sud, una ragazza da sola, anche perché è una cosa abbastanza grossa e lui mi ha detto ti manderò io qualcuno, mi auguro che sia vera Subito dopo, Berlusconi chiama Patrizia. Commentano la serata, poi lui parte per Mosca PD: Pronto? SB: Come stai questa mattina? PD: Come stai? SB: Questa mattina PD: Bene SB: Tutto bene? PD: Si..tu? SB: Io si, ho lavorato tanto, questa mattina sono andato a inaugurare questa mostra, ho fatto un bellissimo discorso, con applauso e non sembravo stanco PD: Eh infatti come me, io non ho sonno non ho dormito, è andata via solo la mia voce SB: Beh come mai? Non abbiamo gridato PD: Eh eppure non ho urlato, chissà perché è andata via la voce, sai perché? Perché ho fatto la doccia, 10 volte con l'acqua ghiacciata perché avevo caldo SB: Va bene senti, tutto bene? PD: Si tutto bene SB: Hanno consumato, io sto partendo adesso per Mosca PD: Va bene SB: Ti chiamo domani quando torno eh?! PD: Ok, un bacione forte anche a te SB: ciao PD: ciao SB: ciao tesoro DONNA: ciao un bacio 20/07/2009 da espresso.repubblica.it Titolo: Berlusconi incarna i vizi del maschio italiano. Inserito da: Admin - Luglio 24, 2009, 11:12:11 pm Fa il re e anche il giullare
di Enrico Arosio Berlusconi incarna i vizi del maschio italiano. E usa il suo carisma per far dimenticare i suoi errori colloquio con Umberto Galimberti Berlusconi si difende confondendo le acque. "Gli italiani mi vogliono così", ruggisce. Così come? Che cosa hanno capito gli italiani del Papigate? I nudi fatti indicano un uomo anziano prigioniero di un vitalismo innaturale, che si circonda di un harem di donne, ripagandole a volte con la carriera televisiva o politica. Ricattabile, costretto a mentire, mal protetto dai servizi di sicurezza. Umberto Galimberti, tra i più noti filosofi e psicoanalisti italiani, offre a 'L'espresso' una sua lettura originale. Professore, con una figura cara alla psicologia junghiana Berlusconi appare in piena confusione tra il Senex e il Puer. Nel Puer troviamo: il volare alto, l'estetismo, l'amoralità, il fallicismo, il sentirsi invulnerabili al passare del tempo. "L'interpretazione può essere suggestiva. Il Puer invecchia mantenendo le cifre dell'adolescente: irruenza, pulsionalità, sessualità, senza mai giungere al pieno controllo di sé. Ma la civiltà matura attraverso il governo delle pulsioni. Il problema è che, se il leader Berlusconi non ha raggiunto la maturità psicologica, poiché al governo di sé si aggiunge il governo della nazione, questo ci inquieta, e non poco". Berlusconi dice: gli italiani mi vogliono così come sono. È un'autoassoluzione? "Sì. Qui si parla di un leader carismatico. E l'essenza del carisma consiste nella capacità di coinvolgere una folla su basi erotiche È una capacità di fascinazione pre-razionale. Non tutti ce l'hanno". In politica può contare molto. "Certo. Ma è molto pericolosa. Tutti, a scuola, abbiamo incontrato professori affascinanti. Ma il fascino, che funziona bene nei processi educativi, funziona male nei processi di gestione di uno Stato. Un consenso incondizionato di tipo erotico autorizza a un esercizio del libero arbitrio sempre più spinto". Berlusconi reagisce agli scandali negandoli e, insieme, scherzandoci sopra. Come quando dice agli operai di un cantiere: domani vi porto le veline. È una tecnica di rimozione? "Berlusconi ha capito che il discorso razionale non appartiene più al politico ma all'economico; se non al tecnologico. La razionalità non è più essenziale. Gli antichi re, per farsi narrare i propri difetti, chiamavano il giullare. Lui interpreta il doppio ruolo di re e giullare, neutralizzando la satira". Giovanni Sartori parla di sultanato. Stride la contraddizione tra harem e pretesi valori famigliari. "Ai leader le contraddizioni non interessano. Il circondarsi di un numero abnorme di donne mi fa pensare a un disturbo psicologico cui uno psichiatra di Boston, Peter Sifneos, ha dato il nome di alessitimia". Alessitimia? Che significa? "In due parole: il non riuscire a godere di una relazione su base sentimentale. Per goderne ho bisogno di compiere azioni, azioni su donne, perché il mio sentimento è sostanzialmente atrofico. Alessitimia, dal greco: meno sentimento. Berlusconi ama con le azioni, per provare qualcosa". Nei giorni in cui si indaga sulle escort a Palazzo Grazioli lui si fa ritrarre col nipotino in braccio. "Non escludo che Berlusconi ami, insieme, la famiglia e le ragazze. Certo si pone il problema politico. Il libertinismo stride col family day. Ma stride ancor più il silenzio della Chiesa per convenienza politica. Se il governo può aiutare la scuola privata, o la sanità privata di un certo colore, è sicura l'approvazione della destra cattolica". Un bel po' di ipocrisia. Non è uno scoop... "Cattolici all'italiana. Perché non paghiamo le tasse, trascuriamo il bene pubblico, abbiamo un basso senso civico, il favore prevale sul merito? Perché siamo padri di famiglia e andiamo a puttane? Berlusconi conosce bene la comodità del perdono". Mentre le escort raccontano, Berlusconi dichiara: "Mai pagato una donna". Il suo avvocato parla di "utilizzatore finale" e il governo rivede la legge sulla prostituzione inasprendo le misure contro il cliente. Sembra uno scherzo... "Da buon pubblicitario, lui lavora sulla velocizzazione del tempo e la cancellazione della memoria. Sa bene che un fatto incide solo nel momento in cui lo mostro; poi si dilegua. La contraddizione è presente agli spiriti riflessivi, ma quanti sono oggi in Italia? Non accuso gli italiani di ignoranza, dico che non hanno il tempo di riflettere. Sono stati abituati a essere colpiti dalle immagini: potenza sul momento, e subito l'oblio". Promuovere per ragioni private una ragazza sottoqualificata a cariche elettive dovrebbe indignare anche chi gli vuol bene. "Dovrebbe. Perché così facendo disprezza la cosa pubblica. Ma se lui disprezza il Parlamento, la magistratura, i media, può vendere le istituzioni come remunerazione delle sue passioni. Perché no?". Eppure il consenso dura tenacemente. "E durerà, perché Berlusconi incarna bene molti vizi, impersona un'antropologia del maschio italiano. Se imploderà non sarà per azione del popolo, ma perché saranno entrati in crisi i big della sua alleanza politica". (23 luglio 2009) da espresso.repubblica.it Titolo: Il caso Zunino e la lezione per le banche Inserito da: Admin - Luglio 24, 2009, 11:14:11 pm GIUSTIZIA E BOLLA IMMOBILIARE
Il caso Zunino e la lezione per le banche Lo spigoloso profilo del cavalier Luigi Zunino proietta l’ombra di 3-4 miliardi di sofferenze sui bilanci delle banche e, in particolare, mette alla prova la più esposta fra loro, quell’Intesa Sanpaolo che all’atto di fondazione si propose — e non a torto date le dimensioni, la storia e la cultura — come banca del Paese, ma anche Banco Popolare e Unicredit. Tra sette giorni il tribunale di Milano deciderà se dichiarare fallita l’immobiliare Risanamento. Il giudizio è stato richiesto dalla procura di Milano dato il ripetersi dei decreti ingiuntivi e una volta preso atto che il revisore di PricewaterhouseCoopers lega il futuro della società non già ad un aumento di capitale ma alla cessione del patrimonio e alla rinegoziazione del debito. Nell’opinione della procura queste iniziative, affidate per di più a un professionista, Salvatore Mancuso, privo di deleghe, configurerebbero una liquidazione di fatto che sarebbe più trasparente formalizzare attraverso le procedure di legge ovvero superare ricapitalizzando la società e assumendone la guida. La sentenza è attesa. Potrebbe fare giurisprudenza nell’Italia alle prese con tante ristrutturazioni imposte dalla crisi. Ma comunque vada, la storia di Zunino, uomo d’affari piemontese dall’ego smisurato («sono il pilota di Formula Uno del mattone», diceva di sé), rischia di rivelarsi fonte di imbarazzi per quanti gli hanno dato fiducia pressoché sulla parola, mentre alla clientela minuta si pratica l’esame del sangue com’è anche giusto che si faccia quando si maneggiano i soldi degli altri. L’imbarazzo nasce dal bilancio 2007 della Zunino Investimenti Italia, la holding non quotata che possiede le immobiliari Tradim e Nuova Parva, anch’esse non quotate, e la Risanamento. Ebbene, lo stato patrimoniale consolidato esponeva 3,5 miliardi di debiti a fronte di 96 milioni di capitale e riserve. La leva finanziaria era pari a 35 volte, e con una singolare postilla: la quota di capitale e riserve di Zunino e della moglie Stefania Cossetti era pari a 421 mila euro. Sull’immobiliare circolano molte teorie. Il campione dei campioni del ramo, Francesco Gaetano Caltagirone, lavora con una liquidità su cui aleggia la leggenda. Nel 2007, la Beni Stabili aveva 2,1 miliardi di capitale e 2,2 di debiti finanziari. E gronda affitti e può contare sul prestigio di Leonardo Del Vecchio, il signor Luxottica. Ma c’è anche chi ritiene che, per costruire o per comprare e vendere palazzi, si possa far leva con tanto debito su poco capitale. Quasi vent’anni fa, Salvatore Ligresti aveva spinto la Premafin fino ad avere 12 lire di debito ogni lira di capitale. E però Mediobanca gli organizzò il rientro attraverso un aumento di capitale garantito obtorto collo dalle banche. Era una forzatura. E infatti la Borsa non sottoscrisse l’intera offerta. Ma fu comunque una soluzione rigorosa. E forse anche per questa memoria—o forse perché Zunino era un antico cliente Cariplo, altro «giro» milanese — l’attuale dirigenza di Mediobanca ha sempre manifestato riserve sulla tenuta dell’immobiliarista, ancorché fosse entrato nel suo azionariato comprando un 4% con i soldi delle altre banche. Il consiglio di amministrazione della Zunino Investimenti Italia, invece, ha presentato ai primi del 2008 un piano di dismissioni e di rinegoziazione del debito con le banche. Nessun aumento di capitale. Ma tanto basta agli amministratori per «garantire» la continuità aziendale e alla Reconta Ernst Young di concedere la certificazione dei conti, dopo averne evocato le tensioni finanziarie. Il bilancio 2008 non è ancora disponibile sul Cerved nonostante siamo alla fine di luglio. La sua lettura sarebbe interessante per vedere quale impatto hanno avuto sui conti le poche dismissioni effettuate, tra cui quella in perdita di azioni Mediobanca, e la svalutazione verticale della partecipazione in Risanamento. Nell’attesa ci si chiede come sia stato possibile non mettere alle strette Zunino e costringerlo a metterci i soldi se li aveva o a passare la mano, a vendere aree e palazzi anziché emettere altri 220 milioni di obbligazioni. La crisi ha fatto crollare i prezzi degli immobili, ma che senso aveva, anche prima, finanziare lo sviluppo di un costoso quartiere by Norman Foster nella periferia di Rogoredo quando la città di Milano perde centinaia di migliaia di abitanti solo in parte rimpiazzati dalla cittadinanza extracomunitaria? Ora Zunino si è dimesso. Ma sono gli interi consigli di amministrazione che dovrebbero seguirlo se a questi organismi si riconoscono un ruolo e una responsabilità. Al di là della sentenza, tocca alle banche assumersi le loro responsabilità: avendo concesso crediti inesigibili sono azioniste di fatto. E poco importa se, a questo punto, la diversa qualità delle garanzie — il palazzo affittato a Sky non è la stessa cosa dell’area vuota di Sesto San Giovanni— farà emergere anche la diversa qualità dei rapporti di banche e banchieri con il cavaliere che, con il quartiere di Santa Giulia, voleva conquistarsi la fama per i prossimi 200 anni. Massimo Mucchetti 22 luglio 2009 da coriere.it Titolo: CARMELO LOPAPA Il gelo tra Berlusconi e Tremonti Trova subito i soldi per il Sud Inserito da: Admin - Agosto 04, 2009, 03:33:05 pm Due ore e mezzo di faccia a faccia ad Arcore, il Cavaliere pressa il ministro: Troppo schiacciati sulla Lega.
Un nuovo coordinatore del Pdl, magari giovane e meridionale Il gelo tra Berlusconi e Tremonti "Trova subito i soldi per il Sud" di CARMELO LOPAPA ROMA - "Giulio, da settembre dobbiamo dare al governo un altro "segno", imprimere un altro passo. E la svolta la marchiamo proprio con un grande piano per il Mezzogiorno. Dunque, fà qualcosa, trova una soluzione, soprattutto trova i soldi, non mi importa come. Ma trovali subito". Il gelo non si è sciolto affatto, raccontano. Ma certo, le due ore e mezza di faccia a faccia nella residenza di Arcore tra il premier Silvio Berlusconi e il ministro che detiene le chiavi della cassa, ossia Giulio Tremonti, sono servite almeno a chiarire le idee all'inquilino di via XX Settembre su quale sia il nuovo andazzo e i progetti in cantiere. Che passano anche per un rimescolamento di carte al partito: coordinatore unico al posto dei tre in carica, che nei primi mesi non hanno entusiasmato del tutto il Cavaliere. Il presidente del Consiglio alle prese con la sua "cura sportiva" in villa non stacca la spina, non ancora. In attesa di una probabile conferenza stampa di "fine stagione" fra pochi giorni e di volare poi in Sardegna, tiene i contatti telefonici con alcuni ministri, quindi convoca Tremonti per le 14,30. Il responsabile dell'Economia sa bene cosa sta per prospettargli il capo del governo: un ammorbidimento della linea del rigore bollata come filo-leghista perfino da frange riottose del Pdl. Ecco perché si presenta a Villa San Martino accompagnato da Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, colui che più di altri è in grado di illustrare il quadro (fosco) dei conti dello Stato. Trovata che non sortirà gli effetti sperati. Berlusconi resta guardingo nei confronti del superministro. Ma se è con lui che vuole ragionare del progetto che ha in mente per la ripresa d'autunno, è perché quel disegno necessiterà di ingenti investimenti. Un piano pluriennale, da scaglionare in cinque anni, in favore delle regioni meridionali. "Evitiamo di essere troppo schiacciati sulla Lega. Presenteremo un manifesto per la rinascita del Sud e vedrai - ha spiegato il premier - che gioverà all'intero governo". Il riferimento è a quel documento che, in bozza, hanno già predisposto i capigruppo del Pdl di Camera e Senato. Venti cartelle che andranno asciugate e trasformate in mega spot per il Meridione: 60 miliardi in arrivo entro il 2015, ricorso se necessario a una contrattazione separata nelle aree meno sviluppate e un'Agenzia per il Sud, la famigerata nuova Cassa per il Mezzogiorno. "Evitiamo ogni riferimento alla Casmez, ma certo di uno strumento straordinario si dovrà trattare: l'importante è mettere in chiaro che i quattrini non saranno concessi a pioggia", è l'input di Berlusconi che deve tenere però a bada i malumori del Carroccio. Ancora ieri il ministro Roberto Calderoli giudicava positiva la proposta, chiosando che l'unica "cosa sbagliata è chiamarla Cassa per il Mezzogiorno, evoca ricordi negativi". È pure vero che così la pensano altri nel governo, compreso il ministro meridionale Raffaele Fitto. Per non dire di una sfilza di deputati di maggioranza ("Rimedio peggiore del male" protesta il repubblicano Nucara). Primo banco di prova per Palazzo Chigi sarà la conferenza Stato-Regioni di domani, all'ordine del giorno i fondi Fas incassati dalla sola Sicilia e ora rivendicati a buon diritto dalle altre amministrazioni. Ma il "rilancio" di cui Berlusconi parla - che nei piani dovrà segnare il restyling della sua personale immagine dopo i recenti scaldali - investirà anche il Pdl. I tre coordinatori Bondi, La Russa e Verdini hanno contribuito a costruire il partito, ma le aspettative del fondatore sono altre. Il leader è ormai convinto che dall'autunno occorra un coordinatore unico che prenda saldamente in mano le redini. Quando sabato ha espresso stima ai tre, dopo le prime indiscrezioni sull'avvicendamento, il presidente del Consiglio si è limitato a spiegare che "cambiamenti nel partito non ve ne saranno, nell'immediato", e comunque "tutto sarò sottoposto alla dinamica di un grande partito democratico". Quasi una conferma, nei fatti. Il nome del ministro Claudio Scajola resta il più accreditato, nell'entourage ristretto del Cavaliere. Soluzione tuttavia per nulla scontata. Da un lato, infatti, c'è l'indisponibilità personale dell'ex coordinatore forzista a lasciare il dicastero che da qui a pochi anni dovrà gestire il business del nucleare in Italia. Dall'altro, Berlusconi ha intenzione ancora una volta di sparigliare, stupire, giocare la carta imprevista: un outsider, un giovane, preferibilmente meridionale. Mister "x" per ora resta senza nome, un profilo che lo stesso premier per ora sta mettendo a punto. Quel che è certo è che sarà affiancato da un ex An. Ruolo per il quale Gianfranco Fini vedrebbe bene il vicecapogruppo Pdl alla Camera Italo Bocchino. (4 agosto 2009) da repubblica.it Titolo: "Berlusconi ha un atteggiamento puttaniero che mina il rispetto della donna" Inserito da: Admin - Agosto 06, 2009, 04:01:48 pm L'ex parlamentare del Pdl tira in ballo le intercettazioni dell'inchiesta di Napoli
"Berlusconi ha un atteggiamento puttaniero che mina il rispetto della donna" Paolo Guzzanti attacca il Cavaliere: "Che disgusto per i suoi comportamenti" La smentita del Quirinale: "Insinuazioni del tutto prive di fondamento: mai sollecitati direttori dei giornali sulla vicenda" di MATTEO TONELLI ROMA - "E' un gran porco". L'ex senatore del Pdl Paolo Guzzanti non usa toni soft per giudicare i comportamenti privati di Berlusconi. "E' una persona che ha corrotto la femminilità italiana schiudendo carriere impensabili a ragazze carine che hanno imparato solo quanto sia importante darla alla persona giusta al momento giusto - scrive sul suo blog Guzzanti - sollecitate in questo anche dalle madri, quando necessario". E tra verbali mai pubblicati e "disgustosi contenuti" l'ex parlamentare del Pdl tira in ballo anche il capo dello Stato le cui sollecitazioni avrebbero impedito la pubblicazione delle intercettazioni. In serata le dichiarazioni di Guzzanti diventano il caso del giorno, interviene perfino il Quirinale. "E' assolutamente priva di fondamento l'insinuazione, riferita dal sen. Paolo Guzzanti, secondo la quale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, avrebbe sollecitato non si sa quali direttori di giornali a non pubblicare taluni atti giudiziari che sarebbero in loro possesso". Una smentita che il senatore accoglie con "rispetto e piacere". Ghedini, avvocato di Berlusconi, giudica di "nessuna importanza" la vicenda: "Quelle intercettazioni sono state distrutte". Ma sorvola sulle critiche del suo ex compagno di partito. Le accuse di Guzzanti. Al parlamentare, padre dei comici Sabina e Corrado, un tempo esponente di primo piano del Polo ed ex vicedirettore del Giornale, si deve l'invenzione del termine "mignottocrazia". Lo usò al culmine dello scontro con il ministro Mara Carfagna quandò puntò il dito contro le presunte "nomine di scambio". Dove la merce di scambio sconfinava nel pettegolezzo sessuale. Da allora Guzzanti non ha smesso di attaccare il premier su questo tema. Sul quell'atteggiamento "puttaniero" che "corrompe la gioventù e mina il rispetto della donna". Il suo blog nel pomeriggio è andato in tilt da troppi accessi e non risultava raggiungibile. Ma il sito dell'Espresso ha registrato tutti i contenuti. Mesi fa, intervistato da Repubblica.it, Guzzanti non si nascose dietro le parole: "Siamo in presenza di un capo di governo che è circondato da pettegolezzi a sfondo sessuale. E questo è un danno per il Paese. Non faccio processi sommari, ma Berlusconi ha fatto della sua sessualità un evento politico e su questo, dicono anche alcuni del suo partito, prima o poi potrebbe inciampare". E oggi sferra un nuovo affondo contro il Cavaliere. Tirando in ballo le intercettazioni sull'inchiesta di Napoli (poi distrutte) che conterrebbero dialoghi a sfondo esplicitamente sessuale che hanno il Cavaliere come protagonista assoluto. Dialoghi di cui molto si è parlato ma che non sono mai diventati pubblici. "Un famoso direttore...". Guzzanti, invece, riferisce di voci "attendibili" che affermerebbero come "un famoso direttore ha mostrato e fatto leggere a un numero imprecisato di persone (deputati e deputate di Forza Italia per lo più) i verbali che tutti i direttori di giornale hanno, ma che avrebbero deciso di non usare su sollecitazione del Presidente Napolitano". Si tratterebbe delle ormai famose intercettazioni napoletane "in cui persone che ora ricoprono cariche altissime si raccontano fra di loro cose terribili che la decenza e la carità di patria mi proibiscono di scrivere, anche se purtroppo sono sulla bocca di coloro che hanno letto i verbali. Io ne conosco almeno tre". "Dettagli disgustosi". A questo punto Guzzanti entra nel dettaglio. Sollecitato da un lettore racconta di "cose assolutamente disgustose": "Rapporti anali non graditi, ore e ore di tormenti in attesa di una erezione che non fa capolino, discussioni sul prossimo set, consigli fra donne su come abbreviare i tormenti di una permanenza orizzontale pagata come pedaggio". Dicendosi disponibile a raccontare tutto ad un magistrato: "A cui direi da chi ho avuto queste relazioni e chi fosse il giornalista che ha fornito il materiale in lettura". E la sua battaglia contro l'uomo "che odia le donne" continua. (5 agosto 2009) da repubblica.it Titolo: Cicchitto indagato per ricettazione Inserito da: Admin - Agosto 07, 2009, 11:43:18 am L'inchiesta a Pescara parte dal memoriale dell'ex moglie del parlamentare Pdl Aracu
Che denuncia: "Vicenda nata dall'odio di questa donna, vuole distruggermi" Cicchitto indagato per ricettazione L'accusa: "Prese soldi per una candidatura" Le rivelazioni dell'Espresso. "Sono indignato, querelo tutti, piena fiducia nella magistratura" ROMA - Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto è indagato per ricettazione dalla procura di Pescara, in seguito alla pubblicazione del memoriale della ex moglie dell'esponente del Pdl e parlamentare Sabatino Aracu. Ne dà notizia l'Espresso sul numero di domani in edicola. La donna non ha prove, ma afferma di ritenere sulla base di una serie di elementi che suo marito "abbia consegnato all'onorevole Cicchitto, anche per sostenere la propria candidatura, somme certamente non inferiori a 500 mila euro". Dice di avere saputo dallo stesso Aracu, "che quest'ultimo effettuava consegne di denaro nelle mani di Cicchitto per importi annui di almeno 500 mila euro. La cosa avveniva a Roma e la dazione consisteva in somme in contanti". Con l'onorevole Cicchitto, aggiunge la Maurizio, "abbiamo trascorso una vacanza estiva in Sardegna. Il deputato di Fi, anche in mia presenza, assicurava a mio marito che gli avrebbe conservato l'incarico di coordinatore regionale del partito in considerazione delle attenzioni riservategli". Attenzioni che avrebbero trovato puntuale conferma nella vicenda riguardante la candidatura di Filippo Piccone. "Ricordo che mio marito", scrive la ex moglie di Aracu, "si fece dare da costui l'importo di 600 mila euro per ottenere la candidatura al Senato. Di tale somma 150 mila euro circa vennero consegnati all'onorevole Cicchitto. Il tutto mi è stato riferito da mio marito". Ma la donna è molto più prodiga di particolari su Aracu, che è segretario del gruppo pdl a Montecitorio, ma anche alto dirigente sportivo, presidente della federazione pattinaggio, coinvolto nell'organizzazione dei giochi del Mediterraneo. Aracu avrebbe usato soldi dell'organizzazione per farle regali. La Maurizio lo chiama in causa soprattutto per avere preteso tangenti dai baroni della sanità privata regionale, a cominciare da quel Vincenzo Angelini titolare della clinica Villa Pini di Chieti che lo scorso anno ha provocato con le sue rivelazioni l'arresto dell'ex governatore Ottaviano Del Turco. Infine, un capitolo sulla compravendita dei posti in Parlamento: la donna parla di somme a cinque zeri intascate per inserire candidati nelle liste forziste al Senato. Come nel caso di Filippo Piccone, eletto nel 2006 a palazzo Madama e diventato primo coordinatore del Pdl in Abruzzo, che secondo la Maurizio avrebbe consegnato ad Aracu 600 mila euro. Una parte dei soldi, secondo quanto la Maurizio ha riferito, sarebbero finiti a Fabrizio Cicchitto. Cicchitto smentisce l'Espresso e annuncia querela nei confronti del settimanale e della signora. L'Espresso riporta ampi stralci del memoriale consegnato al procuratore di Pescara Nicola Trifuoggi. GLI STRALCI DEL MEMORIALE In una nota, Cicchitto spiega: "Le dichiarazioni della sig.Ra Maurizio nei miei confronti pubblicate sull'espresso sono false, totalmente infondate, ridicole e rese pubbliche solo a scopo diffamatorio e calunnioso. Sono profondamente indignato per l'operazione mediatica che, utilizzandole, si sta realizzando nei miei confronti. Ho dato incarico ad uno studio legale del luogo di sporgere querela e agire in sede civile nei confronti della signora Maurizio e dell'Espresso". "Naturalmente - conclude - nutro il massimo rispetto per l'operato della magistratura pescarese che certamente farà presto e bene il suo lavoro tanto che ho già provveduto da tempo spontaneamente a fornire ad essa tutte le delucidazioni e le smentite del caso". E sul caso interviene anche Aracu. Per il deputato Pdl, intervistato dall'Agenzia Radiofonica Econews, dietro tutto questo c'è "solo l'odio di una donna che sente di aver perso tutto. Mi ha fatto stalking per anni, è stata seguita in psicoterapia per anni per tanti problemi. Quello che è grave è vedere che un giornale possa scrivere tutte queste cose senza neanche consultarmi. L'unica voglia che ha questa donna è distruggermi. E' disposta a far stare male perfino mia figlia pur di far stare male me. Contro la pazzia non ci sono armi". Aracu definisce inoltre Cicchitto "una persona integerrima". (6 agosto 2009) da repubblica.it Titolo: Polistirolo city Inserito da: Admin - Agosto 08, 2009, 07:01:40 pm Polistirolo city
di Fabrizio Gatti Spese folli per tirare su in tutta fretta case in cartongesso. Mentre l'Esercito ha migliaia di alloggi-container inutilizzati. Dopo tante promesse è questa la ricostruzione di Berlusconi e Bertolaso Il piccolo climatizzatore gira al massimo. Ma il termometro è implacabile. Dentro la tenda segna 37 gradi. Fuori, sullo zerbino arroventato dal sole, 46 virgola due. È un pomeriggio qualunque per Lorenzo, 30 anni, tecnico informatico di Villa Sant'Angelo, cuore dell'Abruzzo dove, come a L'Aquila e nei paesi della provincia, il tempo è fermo alla prima settimana dopo il terremoto. Sono 25.815 le persone costrette da quattro mesi a vivere nelle tendopoli. E 28.400 quelle sparse tra gli alberghi e i residence della costa. Un totale di 54.215 donne, uomini, anziani, bambini prigionieri di un esperimento imposto dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e dal capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. È il modello B&B, la ricostruzione show: passare dalla distruzione alla rinascita saltando la fase intermedia degli alloggi temporanei. Mentre a Capua, in provincia di Caserta, migliaia di case mobili che potrebbero servire in Abruzzo stanno marcendo in un deposito dell'Esercito. Il risultato è un carosello di opere di facciata che solo per L'Aquila città ha già bruciato 500 milioni di euro sottraendoli alla vera ricostruzione. Queste che stanno tirando su in fretta e furia sono case imbottite con largo impiego di legno pressato, cartongesso e polistirolo. Quanti anni dureranno? E ora che i lavori della Protezione civile sono cominciati, si scopre che forse hanno sbagliato i conti. Secondo il Comune della città, i progetti voluti dal governo lasciano senza tetto almeno 5 mila famiglie. E altre 8 mila persone entreranno negli alloggi temporanei in costruzione soltanto tra ottobre e dicembre. Significa costringere la maggior parte dei sopravvissuti ad affrontare in tenda, dopo il caldo, anche il freddo e il maltempo che qui cominciano a fine settembre. L'incertezza sta spingendo alcuni proprietari di case danneggiate a vendere. Soprattutto i più anziani. Da Roma si sono fatti avanti costruttori e immobiliaristi per rilevare al 10-15 per cento del valore di superficie i negozi, le palazzine gravemente danneggiate o i volumi di quelle da demolire. È l'ombra di una speculazione colossale. "Quando tra dieci anni L'Aquila tornerà a rivivere, nel centro storico gli appartamenti ristrutturati o nuovi riavranno il loro valore di quattro o 5 mila euro al metro", sostiene un costruttore romano che chiede l'anonimato: "Chi ha denaro liquido a disposizione ne approfitta. Per gli anziani è l'occasione per raccogliere qualche soldo e andare altrove o rimanere nelle case costruite dal governo. Anche perché non è risolta la questione dei proprietari di più appartamenti. Lo Stato per ora risarcisce i danni della prima casa. Rimettere a posto il resto richiede milioni di euro". Il numero degli abitanti che a L'Aquila avranno un tetto prima dell'arrivo del freddo lo si ricava dallo scadenziario delle opere, stabilito dal bando della gara d'appalto. Appena 4.480: entreranno nelle case dopo il 26 settembre. Altri 4.480 andranno dopo il 16 ottobre, 3.840 dopo il 7 novembre. E senza case per tutti, è stata inventata la protezione civile a punti. Un bambino fino a 5 anni vale 4 punti. Dai 6 ai 16 anni, 3 punti. Un nonno tra i 75 e gli 84 anni, 1,5 punti. Sopra gli 85 anni, 2 punti. Ogni vittima in famiglia, 5 punti. Il problema sarà la gestione della graduatoria tra persone già esasperate da quattro mesi di attesa. Anche perché non sono ancora cominciate le riparazioni delle case danneggiate. Nemmeno quelle di categoria A con preventivi sotto i 10 mila euro. Un po' perché la terra continua a tremare, ma soprattutto perché su norme e risarcimenti è il caos. "In questa situazione", dichiara Paolo De Santis, presidente dell'Ordine degli ingegneri de L'Aquila, "neppure a Natale partirà la ricostruzione. La gente è confusa e impaurita perché deve anticipare i soldi. Anche i professionisti hanno molti dubbi sulle ordinanze. E le imprese, in questo clima di incertezza, vogliono prima i soldi, poi cominciano i lavori. Ma le istituzioni, a partire dalla Protezione civile, rifiutano ogni tipo di confronto". Il sottosegretario Guido Bertolaso, dopo aver imposto le sue decisioni a colpi di ordinanza, se la prende con i Comuni: "Le altre amministrazioni e i cittadini si devono impegnare per affrontare i problemi e risolverli", ha detto qualche giorno fa alla riapertura della strada per la funivia del Gran Sasso. Adesso che sta montando la rabbia, c'è aria di scaricabarile. Tanto che il sindaco, Massimo Cialente, a capo di una giunta di centrosinistra, ripropone il suo piano alternativo, cassato in aprile dalla coppia B&B: "Bisogna accettare l'idea delle case mobili e anche reperire alloggi sfitti", dice Cialente. Gli appartamenti liberi in città e provincia sarebbero un migliaio. "Il problema è che i numeri delle case di classe E, gravemente danneggiate o da demolire, sono peggiori di quanto si pensasse. Sono il 78 per cento nel centro storico", racconta il sindaco, "e nelle frazioni come San Gregorio, il 90 per cento". Il 10 agosto scade il termine per partecipare alla graduatoria a punti. E nelle ore successive si saprà quante persone resteranno senza un riparo migliore della tenda. Il Comune de L'Aquila ha già stimato 10 mila famiglie con la casa distrutta: di queste 3.900 andranno entro dicembre nei miniappartamenti costruiti dalla Protezione civile, mille forse negli alloggi sfitti (ancora da censire). Ne restano da sistemare cinquemila. Più altre 10-12 mila che hanno subito danni oltre i diecimila euro (classe B e C) e devono attendere la ristrutturazione. Ammesso che le continue scosse non costringano fuori di casa anche le altre diecimila famiglie che hanno subito pochi danni. Uno dei monumenti alle spese folli del modello B&B è a Cese di Preturo, pochi chilometri sulle colline a nord de L'Aquila. Quattro gigantesche piattaforme antisismiche in cemento armato, più altre sedici sparse in città, per reggere la leggerezza di altrettante case di legno. L'ingegnere e il geometra che dirigono il cantiere ammettono la stranezza: "Effettivamente", dicono, "per le case di legno, queste piastre di cemento sono sovradimensionate". Sovradimensionate è un giudizio professionale per dire esagerate, eccessive, inutili, sprecate. Per queste, spiegano i due tecnici, hanno usato calcestruzzo 525: "Cioé con una resistenza di 525 chili per centimetro quadrato. È l'impasto che si usa per costruire ponti e dighe". Ogni piattaforma antisismica costa 600 mila euro: un progetto diretto da Gian Michele Calvi, presidente del centro di ricerca Eucentre, fondato dalla Protezione civile e dall'Università di Pavia. Ogni casa di tre piani e 26 miniappartamenti, compresi gli arredi e le opere di urbanizzazione, brucia altri 3 milioni e 400 mila euro. Di piattaforme antisismiche la Protezione civile ne ha appaltate 150. Un totale di 3.900 miniappartamenti. E una previsione di spesa di 530 milioni, aggiungendo costi di progettazione e direzione tecnica. Cioè un prezzo medio ad alloggio di 135 mila euro. Ed è il costo di costruzione, al quale andrebbero sommati gli oneri finanziari e i terreni espropriati e occupati per sempre. Il 27 luglio su otto aree non erano ancora cominciati i lavori: partenza ritardata per 1.352 miniappartamenti. Il 3 agosto restavano da aprire ancora quattro cantieri, tra i quali Paganica, una delle frazioni de L'Aquila più devastate dalle scosse. Uno sforzo enorme in soldi pubblici e ore di lavoro, giorno e notte, al quale vanno aggiunte altre quattordici piastre e relative case: decisione di qualche giorno fa che aumenta gli alloggi da consegnare entro dicembre a 4.264. Comunque sotto le necessità previste dal Comune. Una spesa giustificata da Silvio Berlusconi nelle sue visite a L'Aquila con l'intenzione di dare agli abruzzesi una vera casa. Invece, a parte qualche palazzina prefabbricata in cemento pressato, si tratta di strutture ultraleggere per le quali è abbondante l'impiego di legno, cartongesso, lamiera e perfino polistirolo. Lo stesso materiale di costruzione delle case mobili che la Protezione civile non ha voluto. Solo che invece dei 135 mila euro ad alloggio spesi dal governo a L'Aquila, una casa mobile nuova avrebbe impegnato tra gli 11.800 euro e i 20 mila euro: per dare un tetto a 3.900 famiglie, la protezione civile avrebbe dunque speso 78 milioni di euro contro i 530 milioni bruciati ora. Mentre il governo non trova i soldi per pagare gli arretrati alle migliaia di vigili del fuoco impegnati in Abruzzo dalla notte del 6 aprile. Per capire cosa si sarebbe potuto fare, basterebbe leggere le relazioni della Protezione civile, allora diretta dal vulcanologo Franco Barberi, sugli interventi per il terremoto in Umbria e nelle Marche del 1997. Il 27 settembre la prima di tante scosse. Trentamila sfollati da sistemare prima dell'inverno alle porte. E la consegna delle prime case mobili che hanno tolto dalle tende migliaia di persone dopo appena due mesi. Allora ci sono riusciti con seimila i moduli abitativi. Terminata la ricostruzione nel giro di qualche anno, le case container sono state restituite allo Stato. Meno del 30 per cento è stato riparato e inviato alle Regioni. Il 70 per cento è stato lasciato marcire in un'area dell'esercito a Capua. È il deposito del Raggruppamento autonomo recupero beni mobili della Protezione civile. Bisogna venire fin qui, tra le caserme e le fabbriche militari abbandonate, per vedere come può essere trattato un patrimonio del soccorso pubblico in un Paese periodicamente vittima di terremoti e alluvioni. È come se un generale in guerra lasciasse distruggere dalla ruggine i suoi carri armati. Tanto che in Abruzzo dopo quattro mesi la fase dell'emergenza non si è conclusa: restano impegnate 5.590 tende del ministero dell'Interno e migliaia di volontari per i quali lo Stato deve rimborsare le assenze dal lavoro. Il paradosso è nascosto fuori L'Aquila, 20 chilometri più a sud, superate le macerie e il dolore a Villa Sant'Angelo e a Stiffe. Qui, e in tutti i paesini della provincia, con quattro mesi di ritardo si stanno finalmente costruendo le casette provvisorie di legno, simili a quelle usate dopo il terremoto in Friuli del 1976. Le stanno montando su semplici basi di pietrisco e malta. Niente piattaforme sospese su colonne, niente costi faraonici. Prezzi che la gara d'appalto della Protezione civile ha imposto tra i 30 mila e i 53 mila euro a casa. Cifre superiori ai moduli abitativi trasportabili, ma lontane dalle follie spese a L'Aquila. E anche in questi paesini ogni giorno in più trascorso nelle tendopoli sottrae soldi alla ricostruzione. Perché le tende, oltre a provocare tensioni e impedire la privacy, richiedono alti costi di gestione. A cominciare dai gabinetti. In giugno il dipartimento della Protezione civile si è accorto di avere noleggiato 676 wc chimici oltre il necessario. Poiché lo staff di Bertolaso ha firmato con i fornitori un contratto di noleggio a 80 euro al giorno a gabinetto, il surplus di cessi è costato un patrimonio: un milione e 622 mila euro al mese. Il necessario a comprare case mobili per 81 famiglie. Oppure a montare dodici appartamenti in polistirolo e cartongesso: la scenografia della finta ricostruzione voluta dal B&B show. (06 agosto 2009) da espresso.repubblica.it Titolo: La soubrette e i party in Sardegna. "La cocaina la portano da Bari" Inserito da: Admin - Agosto 11, 2009, 11:31:55 am Le intercettazioni della modella Francesca Lana, agli atti del provvedimento di arresto di Verdoscia e Iacovelli, i due amici di Tarantini che gli procuravano la droga
La soubrette e i party in Sardegna "La cocaina la portano da Bari" di GABRIELLA DE MATTEIS e GIULIANO FOSCHINI BARI - "Quelli di Bari", li chiamavano lo scorso anno in Costa Smeralda. "Quelli stanno riempiendo di coca mezza Sardegna". Così parlava lo scorso anno "a cornetta aperta con un interlocutore non identificato" Francesca Lana, una delle soubrette vicine al gruppo di Gianpaolo Tarantini, l'imprenditore barese accusato dalla procura di Bari di aver portato prostitute al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi. La Lana era intercettata dalla Guardia di Finanza e ora quella conversazione è agli atti del fascicolo che, venerdì mattina, ha portato in carcere Massimiliano Verdoscia, il socio di Gianpaolo Tarantini e Stefano Iacovelli. È il luglio del 2008, la prima estate che Gianpaolo Tarantini, per sua stessa ammissione davanti alle fiamme gialle, trascorre in Sardegna. Un'estate di feste e coca, "tanta che anche noi eravamo coscienti che si esagerasse - racconterà Alessandro Mannarini, collaboratore di Tarantini e anche lui indagato per coca - ci si riprometteva di smettere, ma le promesse venivano puntualmente disattese". Una delle ospiti fisse di quell'estate a casa Tarantini era Francesca Lana, una "soubrette" - come la definiscono gli investigatori - nota alle cronache mondane soprattutto per essere l'amica del cuore di Manuela Arcuri. Bene, è una notte di luglio quando la Lana - "in stato confusionale" scrivono gli stessi finanzieri - non misura le parole e si lascia andare ad un'affermazione che, nell'indagine, diventa importante o comunque meritevole di essere citata. "Quelli di Bari danno la droga a tutti, lo sa anche Briatore (ndr, che non è né indagato né coinvolto nell'inchiesta, a nessun titolo)" dice, in sintesi, l'attrice così come riportato nel verbale agli atti dell'indagine. A questa ricostruzione segue una nuova conversazione, anch'essa intercettata, tra la Lana e Mannarini, nella quale si parla di alcune dosi di cocaina che l'uomo avrebbe dovuto portare. Il tenore delle feste sarde nella villa di Tarantini sono definite dal gip "inquietanti" per il giro di droga: l'imprenditore barese - che portò Patrizia D'Addario e altre signore a Palazzo Grazioli dal presidente - usava offrire coca ai suoi ospiti come fosse un bicchiere di vino. Tarantini ha però fatto al pm Giuseppe Scelsi, nell'interrogatorio del 28 luglio scorso, il nome di Massimiliano Verdoscia come colui che avrebbe portato la droga. Ed è stato sempre Tarantini a tirare in ballo Stefano Iacovelli. Dichiarazioni che la difesa di Massimiliano Verdoscia e Stefano Iacovelli contestano. Questa mattina, davanti al gip Sergio Di Paola, è in programma l'interrogatorio di garanzia dei due indagati. Il legale di Iacovelli, l'avvocato Rosario Greco non vuole fare alcun commento sull'indagine. Ieri però è stato in carcere dove ha incontrato il suo assistito che era sereno e certo, spiega il legale, "di poter dimostrare la sua assoluta estraneità ai fatti che gli vengono contestati". (11 agosto 2009) da repubblica.it Titolo: Presentai Tarantini al premier in una cena con Abramovich" Inserito da: Admin - Agosto 12, 2009, 03:27:00 pm L'inchiesta.
L'interrogatorio di Sabina Began, la showgirl amica del Cavaliere: anche Clooney partecipò a un party" Presentai Tarantini al premier in una cena con Abramovich" "Fu l'imprenditore a chiedermi di conoscere il presidente del Consiglio" di GABRIELLA DE MATTEIS e GIULIANO FOSCHINI BARI - La prima volta fu a cena con Roman Abramovich, per parlare di Shevchenko. Poi l'incontro a Palazzo Grazioli con George Clooney. Alla fine, Gianpaolo Tarantini era diventato praticamente uno di casa. Gli incontri tra Silvio Berlusconi e Tarantini, l'imprenditore barese accusato di avergli procurato alcune escort, trovano una nuova verità giudiziaria. A offrirla è Sabina Began, l'attrice tanto legata al presidente da meritarsi il soprannome di "Ape regina". La Began (il suo vero cognome è Beganovic) così ha raccontato il 10 giugno del 2009 ai finanzieri di Roma: "Io ho molte conoscenze in ambienti importanti e questo mi ha consentito di organizzare una cena tra il presidente del consiglio e Roman Abramovich. La finalità era di trasferire Andrei Shevchenko al Milan. A quella cena invitai tantissime persone importanti e su sua richiesta esplicita, invitai anche Gianpaolo Tarantini (...) La cena andò benissimo tanto che qualche giorno dopo organizzai per il presidente del Consiglio un pranzo, c'era anche Tarantini". La Began e l'imprenditore barese si conoscevano da tempo, pare che i primi a presentarli fosse stata proprio la moglie dell'imprenditore. "Mi sembravano persone perbene - dirà la Began agli investigatori - quindi non avevo difficoltà a coinvolgerli". "Ho poi invitato - continua la Began - Gianpaolo a Roma, a una cena organizzata dal presidente in occasione dell'invito dello stesso fatto a George Clooney. In quella circostanza chiesi a Gianpaolo di invitare, se voleva, delle amiche perché c'erano troppi uomini. Gianpaolo venne con delle ragazze con le quali io non ho fraternizzato perché non è mia abitudine legare con gli sconosciuti. Anche in altre circostanze, ma questa volta di sua iniziativa, Gianpaolo portò a casa del presidente delle ragazze". Sui nomi e sui particolari di quella sera nel fascicolo agli atti dell'indagine che ha portato all'arresto di Massimo Verdoscia e Stefano Iacovelli ci sono soltanto omissis. Non manca però una precisazione della Began: "Voglio aggiungere di mia iniziativa - dice - che tutte le volte successive nelle quali Gianpaolo è venuto a casa del presidente con sue amiche, e c'ero io, la loro presenza si è limitata alla cena. Dopodiché siamo andati via". Nessun dopo-cena "piccante", sostiene dunque la Began. Una versione che però, in altri verbali, è contraddetta dai racconti di Patrizia D'Addario e Maria Teresa De Nicolò. A proposito della De Nicolò, c'è anche il suo nome nel fascicolo: ha raccontato di aver visto coca alle feste di Tarantini. Agli atti ci sono poi le intercettazioni a base di droga di Francesca Lana e di una tale Vittoria. "Ne abbiamo comprata 50-70 grammi", ammetterà lo stesso Tarantini nel suo interrogatorio. Giallo su Eva Cavalli, che smentisce alcune intercettazioni secondo le quali il gruppo "barese" le avrebbe messo droga in un suo cocktail. Ieri sono stati ascoltati Verdoscia e Iacovelli. Il primo ha tirato in ballo, seppur non direttamente, Tarantini. Il secondo - difeso dall'avvocato Rosavio Greco - ha ribadito la sua estraneità alla vicenda. (12 agosto 2009) da repubblica.it Titolo: «Non fare il furbo, ho testimoni»: le liti tra la Began e Tarantini Inserito da: Admin - Agosto 13, 2009, 04:08:16 pm L’inchiesta di Bari
«Non fare il furbo, ho testimoni»: le liti tra la Began e Tarantini Le telefonate dell’attrice «favorita del premier» con l’imprenditore. Per gli investigatori si parla di droga BARI — Droga, tanta droga. Liti furibonde. Ragazze pronte a vendersi. O a concedersi per uno «sballo». Le carte dell’accusa contro Massimo Verdoscia delineano l’estate del 2008 trascorsa in Sardegna con Giampaolo Tarantini, accusato di favoreggiamento della prostituzione per avere reclutato ragazze da portare alle feste di Silvio Berlusconi. Verdoscia, in carcere per detenzione e spaccio di droga, ha riferito che il dominus assoluto era proprio Tarantini, finito sotto inchiesta anche per corruzione. Avrebbe pagato politici e medici per ottenere appalti nel settore sanitario. I suoi vizi e gli illeciti sono raccontati nell’informativa della Guardia di Finanza dove un ruolo dominante lo hanno le ragazze ingaggiate per allietare le feste, E non è solo sapore di mare. Ma di coca. Starlette, anche note, la chiedono con insistenza. Anche se Francesca Lana, secondo quanto riportato nell’informativa, si lamenterà a fine estate della «scarsa qualità». A sentire Tarantini e l’ex amico Alessandro Mannarini, anche Sabina Began — diventata famosa come l’«Ape regina» per essere una delle favorite del premier — deve «disintossicarsi ». In una telefonata intercettata il primo settembre 2008 alle 17.31 Mannarini racconta che di ritorno dalla Sardegna è stata male. Ma «tra 10 giorni le cose cambieranno. Basta disintossicarsi da questa vacanza». Tarantini: «Ma perché che è successo?». «Le ho detto: quella cosa non la volevi quella sera. Però sei stata tu la prima a chiederla come anche tutte le sere. Non puoi scagliare la pietra se non la volevi ti dovevi imporre», racconta Mannarini e per gli investigatori allude alla droga. Proprio per la droga si scatena una lite tra la Began e Tarantini. In una telefonata del 26 dicembre 2008 la Began si infuria: «Perché mandi alla gente regali da 250 euro?», forse piste di cocaina sospettano gli inquirenti. Lui: «Non volevo scavalcarti». Lei: «Mi metti in una situazione durissima. Non fare il furbo. Io ho sempre dovuto difenderti» dice la Began. Lui: «Io non ho portato niente». Lei: «No anche a Roma eri solo tu. Non c’era Alessandro (Mannarini, ndr) quindi non fare il furbetto. Io c’ho i testimoni ». Gli investigatori sospettano che si parli di coca e che l’appuntamento a Roma cui fa cenno possa essere il concerto di Madonna. Francesca Lana è tra le più citate nell’informativa. In una telefonata invita l’interlocutore a guardarsi dalle truffe degli spacciatori: «È un grammo a pezzo? Non sarà 0,9?». L’altro rassicura: «Questi sono 13 pezzi. L’ho pesato sono 13 grammi». Ce n’era tanta di cocaina. E, secondo gli investigatori veniva tenuta in cassaforte. Tra le persone citate nell’informativa c’è Terry De Nicolò che al magistrato un mese fa ha confermato di avere preso soldi da Tarantini per partecipare a una cena a Palazzo Grazioli e di essersi fermata per il dopocena. «La ragazza offriva prestazioni sessuali su richiesta di Tarantini», scrivono adesso gli investigatori della Finanza. Anche al Billionaire Giampy avrebbe portato prostitute. Lo racconta sua moglie Nicla a un’amica in una telefonata intercettata il 9 agosto 2008 parlando di Tommaso Buti, socio di Briatore al Billionaire. «Buti lo voleva uccidere» racconta Nicla. «E perché?» chiede l’amica. «Perché stava entrando in bagno con Nena e Paola». E alla fine vengono cacciati via tutti. Resta il quesito che pone Mannarini in una telefonata intercettata: «Ma tutto ’sto ambaradan chi lo finanziava? Chi lo voleva?». Virginia Piccolillo 13 agosto 2009 © RIPRODUZIONE RISERVATA da corriere.it Titolo: Il "ballista" chiarisca quale mafia e chi è il "male" (l'opposizione?). Inserito da: Admin - Agosto 16, 2009, 04:18:19 pm Il premier in conferenza stampa annuncia un'intensificazione della lotta alla mafia
"Possiamo combatterla, il governo ha una solida maggioranza e durerà altri quattro anni "Berlusconi: "Piano a lungo termine per sconfiggere le forze del male" Maroni esulta: "Reati in calo". E nega problemi di sovraffollamento nei Cie La promessa di Alfano: "Anche il piano carceri andrà in Cdm entro il prossimo 15 settembre" ROMA - "Il governo ha la fortuna di essere sostenuto da una vasta e solida maggioranza, perciò resterà in carica altri 4 anni. E metterà in atto un piano a lungo termine e si spera definitivo contro le forze del male, non solo contro la criminalità diffusa ma anche contro la criminalità organizzata". Silvio Berlusconi presenzia alla conferenza stampa di Ferragosto, con il ministro dell'Interno Roberto Maroni e quello della Giustizia Angelino Alfano. Un incontro in cui si parla anche di piano carceri - dovrebbe andare in Consiglio dei ministri entro il 15 settembre - e di norme antiviolenza negli stadi. Lotta alla mafia. "Uno Stato - spiega il premier - ha il compito di difendersi anche dagli attacchi interni, mettendo in campo l'esercito del bene". "Quando cominciammo - prosegue - ebbi a dire al ministro Maroni: se vuoi passare alla storia, lo dissi sorridendo ma non ridendo, hai l'occasione di dare un colpo definitivo alla mafia e altre organizzazioni criminali. E' un compito che il governo deve porsi con estrema decisione e i rappresentanti della forze dell'ordine condividono questa necessità ". Il piano viene da lui definito "l'antimafia delle leggi, contro l'antimafia delle chiacchiere: è stata questa la produzione delle leggi del governo. Sono norme importanti, che mancavano e sono state subito utilizzate". Le norme anti-criminalità organizzata. Alfano annuncia che il nuovo piano contro la mafia "vedrà la luce a settembre". E spiega che è basato sia su un inasprimento del regime del carcere duro, sia sul principio "dei soldi della mafia contro la mafia": i proventi del sequestri vanno in un Fondo unico giustizia, da dove vengono prelevati per essere utilizzati nella battaglia contro le cosche. Il caso Fondi. Rispondendo alla domanda di un cronista di Repubblica sul mancato scioglimento del comune di Fondi, per gravi sospetti di infiltrazioni mefiose, Berlusconi sostiene che il Cdm finora non l'ha deliberata. "Diversi ministri hanno fatto notare come nessun componente della giunta o del consiglio comunale di Fondi sia stato toccato da un avviso di garanzia e sembrava strano che si dovesse agire con un intervento come quello dello scioglimento del consiglio comunale". E poi si lascia andare alla solita ossessione: "Da molto tempo non leggo Repubblica", dice. LA DOMANDA DI REPUBBLICA, ASCOLTA L'AUDIO Le carceri. Alfano dichiara che, per risolvere il problema del sovraffollamento, la soluzione è costruirne rapidamente altre: "Contiamo di portare il piano carceri in Consiglio dei ministri entro il 15 settembre". Ma polemizza con l'Ue: L'Europa, dice, "non può chiudere gli occhi" di fronte al problema italiano. Sui 63.771 detenuti che stanotte hanno dormito nei nostri istituti di pena oltre 20mila sono stranieri; e allora o l'Unione "fa applicare i trattati" per il rimpatrio dei detenuti ", oppure ci si dà i fondi necessari per realizzare" nuovi penitenziari". Reati in calo. Maroni definisce esaltanti i risultati finora raggiunti: "Siamo l'esescutivo che ha avuto maggiori risultati nella lotta alla mafia - sostiene - e tutti i reati, anche furti e rapine, sono diminuiti: rispettivamente, del 18 e del 20%". Complessivamente, prosegue il responsabile del Viminale, l'attività criminale è diminuita del 14%. Emergenza immigrati. Maroni poi nega che i Cie, dove continuano a susseguirsi proteste e rivolte, siano al collasso: "Ci sono ancora 572 posti". Inoltre definisce "non fondata" la notizia della restituzione, da parte delle forze di polizia, delle auto di grosso calibro sequestrate alla criminalità organizzata. Quanto alla proposta di concedere la cittadinanza dopo cinque anni, rilanciata da Gianfranco Fini, Maroni ribadisce che la decisione spetta al Parlamento, ma che a suo giudizio si tratta di una riforma "non necessaria". Calcio e violenza. Il ministro dell'Interno annuncia, nell'ambito della lotta alla violenza degli stadi, nuove e più severe disposizioni: "La tessera del tifoso" sarà necessaria per tutti coloro che vorranno seguire la propria squadra in trasferta. (15 agosto 2009) da repubblica.it Titolo: Fisco, manager e politici evasori in mano alla GdF 570 conti off-shore Inserito da: Admin - Agosto 17, 2009, 11:57:15 am ECONOMIA
Dal fermo del legale dei vip Fabrizio Pessina, le Fiamme Gialle scoprono un elenco di nomi importanti che hanno sottratto soldi allo Stato Fisco, manager e politici evasori in mano alla GdF 570 conti off-shore di ROBERTO PETRINI ROMA - Quando il 2 febbraio gli uomini della Guardia di Finanza fecero scattare le manette ai polsi dell'avvocato di Chiasso Fabrizio Pessina, sembrava una delle solite operazioni destinate all'arresto di un faccendiere o di un "colletto bianco". Con tutti gli elementi del caso: ritorno da una vacanza dal paradiso fiscale di Madeira, bagagli, mazze da golf, aria tonica, e l'espressione stupita nel trovarsi ad aspettarlo, giunto agli arrivi di Malpensa, la pattuglia delle Fiamme Gialle invece dell'autista di fiducia. A mettere la Procura di Milano sulle tracce di Pessina, 63 anni, noto avvocato di Chiasso, erano state le indagini sulla bonifica dell'area milanese Montecity, per la costruzione del nuovo quartiere di Santa Giulia, ad opera dell'imprenditore milanese Giuseppe Grossi. La pista che da settimane le Fiamme Gialle stanno seguendo è quella di un giro di fatture false, attraverso società tedesche compiacenti, e l'accusa che sta per scattare è quella di presunto riciclaggio di denaro. Ma c'è una sorpresa. Nella rete della Guardia di Finanza cade un pesce inaspettato e non previsto: il notebook di Fabrizio Pessina, consulente dei vip e in affari per parecchio tempo con il commercialista Mario Merello, noto anche per essere il marito della cantante Marcella Bella. E' sul computer dell'avvocato di Chiasso che, dopo poche ore, si concentrano le attenzioni investigative degli inquirenti ed è da lì che emerge un file assai sospetto: quello relativo ad altrettanti clienti italiani che hanno affidato al professionista i loro soldi da esportare all'estero. Si tratta di 570 nomi, 70 in più rispetto alla cifra riferita nelle interviste apparse ieri sulla stampa del direttore generale dell'Agenzia delle Entrate Attilio Befera . Fabrizio Pessina, che all'inizio degli Anni Novanta è stato anche presidente dell'ordine degli avvocati ticinesi, dopo cinque mesi di carcerazione, il 31 luglio scorso, è stato scarcerato, ma durante la detenzione ha vuotato il sacco. E' così che le indagini sono andate avanti, arrivando ad una svolta decisiva e permettendo a Procura e Fiamme Gialle di ricostruire l'intero sistema della "piattaforma" da cui i capitali italiani decollavano verso i paradisi fiscali. La "lista dei 570", del cui contenuto Repubblica ha avuto una serie di dettagli, è un documento scottante. Assai diverso dai 170 mila nomi in mano all'Agenzia delle Entrate: in quel caso infatti si tratta di posizioni emerse da un incrocio di banche dati e tutte da verificare. I "570" invece sono evasori già identificati e ai quali in queste ore stanno per essere contestati i reati penali di omessa dichiarazione fiscale e di dichiarazione fraudolenta. Reati che non potranno beneficiare dello scudo fiscale che scatterà dal 15 settembre e che esclude la sanatoria per chi ha già un procedimento in corso. A quanto risulta nella rete ci sono personaggi molto noti a livello locale: imprenditori, qualche politico, manager di grandi aziende e personaggi del mondo dello spettacolo. Nomi spesso poco conosciuti al grande pubblico ma con soldi veri che avrebbero spedito alle Isole Vergini, In Svizzera, a Gibilterra e nel Liechtenstein. Dove cercarli? Oggi probabilmente a trascorrere il Ferragosto nelle località esclusive, ma sui loro luoghi di provenienza parla chiaro la lista: 200 nomi sarebbero in Lombardia, 100 in Veneto, 48 in Emilia Romagna, circa 10-14 in Lazio, altrettanti in Toscana e Piemonte. Nel caldo agostano la Guardia di Finanza potrebbe bussare a più di una porta. (15 agosto 2009) da repubblica.it Titolo: Ristoranti, hotel, taxi L'estate delle truffe Inserito da: Admin - Agosto 24, 2009, 11:20:10 am 24/8/2009 (7:45) - INCHIESTA
Ristoranti, hotel, taxi L'estate delle truffe Oltre 120 mila gli italiani vittime di vacanze rovinate Conti troppo salati, furti e minacce: storie di vacanze rovinate FERRUCCIO SANSA Migliaia di turisti gabbati ogni estate in Italia. I call center e i siti delle associazioni di tutela dei consumatori ormai intasati. C'è chi leggendo di truffe agli stranieri prova perfino un compiaciuto divertimento pensando all’ennesima dimostrazione della furbizia italica. Chi pensa a Totò e Nino Taranto che in «Totò truffa 62» vendono la Fontana di Trevi a un ignaro turista. Pochi, però, ricordano che la vittima della truffa è un emigrato siciliano, il signor Deciocavallo. Insomma, i truffati alla fine siamo noi: gli italiani. Il repertorio è infinito: dai colpi classici come il «pollo» spennato al ristorante, a quelli che sfruttano le nuove tecnologie, perché i truffatori sono i primi ad adeguarsi. A cavalcare l'onda di internet. Truffe, furbizie, il confine a volte è sottile. Spesso a essere ferito è prima l'orgoglio del portafogli, come è successo a quei turisti che pochi giorni fa su una spiaggia di Ischia si sono visti presentare un conto di 80 euro per quattro polli arrosto. Ma qui non c'è niente di penale, al massimo un «bidone». Così come non è una truffa - ma nemmeno un affare - far pagare 5 euro per una bottiglietta d'acqua, come in certi bar intorno a via Condotti, a Roma. Ognuno pratica i prezzi che crede, al massimo, «chissenefrega», i turisti l'anno prossimo cancellano l'Italia dalla loro lista. Tutto finisce nel dimenticatoio. Alla Maddalena il 10 agosto una famiglia milanese (non giapponese), due adulti e due bambini, si è vista presentare un conto di 856 euro. «Hanno chiesto uno spazio riservato e cibi fuori menù, aragosta e branzino», spiegano i gestori e la Finanza non rileva niente di illecito. Al titolare di un noto ristorante accanto a piazza Navona, invece, sono arrivate una denuncia per truffa, le proteste del sindaco Gianni Alemanno e la menzione non proprio affettuosa sui quotidiani di Tokyo. La colpa? Nel giugno scorso aveva fatto pagare a due giapponesi la bellezza di 576 euro per una cena. Il menù, salatissimo non per il palato, comprendeva due antipasti, due primi, due secondi e due gelati. Più una mancia di 115,50 euro. Totale: 695 euro. Così, sarà pure colpa della crisi, ma i turisti giapponesi negli ultimi tre anni si sono dimezzati (il 30 per cento in meno rispetto al 2008). C'è poi la zona di via Veneto, un caso a parte, perché qui gli spennamenti si ripetono da decenni: il record spetta a un turista di Hong Kong che il primo luglio si è visto chiedere 990 euro per una birra (ma alla fine, bontà loro, gli hanno fatto uno «sconto» di 490 euro perché ha presentato la carta di credito). Al confronto l’americano che pochi mesi prima aveva sborsato 980 euro per due bionde aveva fatto un affare. Nel repertorio - sempre lo stesso, nonostante tante promesse - ci sono anche i taxi. Così il signor Hiroshi ha raccontato a milioni di lettori di un quotidiano giapponese la sua disavventura sulla famigerata tratta Fiumicino-Roma: 100 euro. Era finito nella mani dei soliti tassisti abusivi. A conti fatti gli costava meno un volo low-cost per Parigi (e proprio verso la Capitale francese sono emigrati tanti turisti orientali). E se non paghi, magari, prendi botte: un tassista capitolino è stato denunciato per violenza privata perché, dopo aver presentato un conto astronomico a due inglesi, avrebbe preteso il pagamento con metodi molto spicci. Città che vai, usanze che trovi. A Firenze andavano forte i parcheggiatori abusivi, che per pochi minuti ti facevano pagare come per la sosta di una navetta spaziale: venti euro agli stranieri, dieci e passa agli italiani. Tariffe etniche. Ma può andare peggio, si può finire completamente prosciugati come i malcapitati turisti che dopo una notte in uno degli alberghi più lussuosi di Napoli (con suite da oltre mille euro) si sono ritrovati sulla carta di credito acquisti di televisori al plasma e vestiti di Armani. Colpa di un facchino manolesta (poi finito in manette) che in pochi istanti clonava le tessere. In fondo, però, sono sciocchezze, rispetto alle truffe dell'ultima generazione: viaggi, hotel e appartamenti fantasma prenotati soprattutto su internet. Se vi è capitato, potete consolarvi: è successo a migliaia di persone. Così la polizia aeroportuale di Malpensa ha ricevuto decine di denunce di viaggiatori che prima dell’imbarco si sono ritrovati con un'amara sorpresa: il tour operator che aveva intascato i loro soldi era fallito. Le denunce, provenienti da tutta Italia, finora sono 400, ma potrebbero arrivare a mille e passa, tutta gente che già pregustava un viaggio al mare per pochi euro e invece se n'è rimasta alla Malpensa con le pive nel sacco. Ma è peggio non partire oppure ritrovarsi a destinazione e scoprire che l'albergo a cinque stelle è una topaia? Una comitiva di turisti genovesi è appena tornata da Marsa Alam, sul Mar Rosso, e descrive così all'associazione Voglio Vivere il suo soggiorno: l'albergo di lusso? «Un buco pieno di scarafaggi». Gli animatori del villaggio? «Due signori di mezza età timidi e impacciati». La piscina azzurrissima del depliant? «Una pozza torbida e maleodorante con i filtri rotti». Ma almeno la fantastica spiaggia sulla barriera corallina, quella c'era? «No, per raggiungere il mare si passava in una strettoia fra le rocce, c'è chi ha rischiato la pelle per fare un bagno». Succede, però, anche a casa nostra, a Varazze per dire. Mamma e figlia appena arrivate nella casetta affittata in riva al mare hanno trovato scarafaggi da Guinness dei primati e si sono rivolti al loro «fidato» agente immobiliare. La risposta? «Che volete che siano due insetti». Un vantaggio, forse, alla fine c'è: torni dalle vacanze rimpiangendo la tua vita di ogni giorno. Magari perfino il capufficio. da lastampa.it Titolo: La stampa francese su Berlusconi "I suoi sono attacchi fuori luogo" Inserito da: Admin - Agosto 30, 2009, 08:51:23 am Articoli su Le Figaro, Courrier International, Nouvel Observateur
"Il capo del governo dovrebbe rimanere fuori dalla mischia" La stampa francese su Berlusconi "I suoi sono attacchi fuori luogo" dal nostro inviato ANAIS GINORI PARIGI - "Un milione per dieci domande". Così titola Libération, che in un articolo pubblicato oggi sottolinea l'attacco del premier contro "uno dei rari media che non è ancora sotto il suo diretto controllo". Il giornale della gauche ricorda le domande che ha posto Repubblica al Cavaliere, facendo notare che il primo ministro non risposto "neanche a una" delle dieci. Paradossalmente, la denuncia degli avvocati di Berlusconi sta provocando ancora più curiosità e interesse nei media francesi per le "10 domande" che gli sono state presentate da Repubblica il 14 maggio e poi, in una nuova versione, il 26 giugno. "Avevamo già pubblicato i primi quesiti" racconta Philippe Thureau- Daugin, direttore di Courrier International. "Adesso - annuncia - pubblicheremo anche le 10 nuove domande". La causa civile di Berlusconi a Repubblica ha anche rilegato in secondo piano la notizia dell'annullato incontro tra il premier e il cardinal Bertone. "Da noi, pochi presidenti francesi hanno brandito la minaccia legale contro un giornale. Nei rari casi in cui è successo, sono stati costretti a rinunciare" spiega Yves Threard, vicedirettore ed editorialista del Figaro. Anche nel giornale conservatore, molto vicino a Nicolas Sarkozy, la mossa di Berlusconi è vista come un "attacco fuori luogo e controproducente". "Un primo ministro - nota Threard - deve essere al di sopra della mischia". Il Nouvel Observateur, che continua ad avere sulla homepage la notizia come molti altri media transalpini, ricorda alcuni precedenti. L'ultimo riguarda proprio il settimanale e la minacciata querela di Sarkozy per aver pubblicato un "falso Sms" tra il Presidente e l'ex moglie Cécilia. Il capo dello Stato aveva poi rinunciato ad andare per vie legali. "E' un'usanza repubblicana" spiega il direttore del Nouvel Observateur, Denis Olivennes. Già ieri pomeriggio la citazione presentata da Berlusconi il 24 agosto al tribunale di Roma era su tutti i principali canali di all news, da Lci a BfmTv a Tv5 Monde. Molte radio francesi hanno trasmesso corrispondenze dall'Italia, poi commentate in studio. Radio France International ha intervistato l'associazione "Reporters Sans Frontières" che ha stigmatizzato ancora una volta "l'anomalia italiana": un capo del governo proprietario di un impero mediatico. "La causa contro Repubblica - ha detto Elsa Vidal, responsabile dell'ufficio europeo di Rsf - è una minaccia per tutta la stampa italiana". Ma altri responsabili dei media francesi avevano già avuto avvisagliate della controffensiva di Palazzo Chigi. "A giugno avevamo dedicato la nostra copertina agli scandali di Berlusconi - racconta Christophe Barbier, direttore dell'Express - e dopo qualche giorno abbiamo ricevuto una lettere abbastanza dura da parte dell'ambasciata italiana a Parigi". Il settimanale aveva poi deciso di pubblicare la missiva. "Non è perché un premier è eletto democraticamente e gode del sostegno della maggioranza dell'opinione pubblica - conclude Barbier - che può comportarsi come meglio gli pare. Berlusconi dimentica che è il rappresentante e garante delle istituzioni". (29 agosto 2009) da repubblica.it Titolo: Le denunce di Berlusconi? "Reazioni di un leader in difficoltà" Inserito da: Admin - Agosto 31, 2009, 10:24:45 pm L'INTERVISTA.
Parla Geoff Andrews, storico e fondatore del sito Open democracy "Dal premier italiano un comportamento assai insolito, perlomeno in una democrazia" Le denunce di Berlusconi? "Reazioni di un leader in difficoltà" dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI LONDRA - "Sono le reazioni di un leader in ansia, che si sente sempre più isolato e in difficoltà". Geoff Andrews, docente di storia italiana, autore di un libro sul nostro paese e commentatore del sito Open Democracy, commenta così la decisione di Silvio Berlusconi di denunciare "Repubblica" e altri giornali per diffamazione. Una parte della denuncia definisce diffamatorie le dieci domande presentate mesi fa dal nostro giornale al primo ministro: può una domanda essere considerata diffamante? "E' certamente assai insolito, perlomeno in una democrazia. Tanto più che quelle domanda sono state pubblicate per la prima volta all'inizio dell'estate e il premier italiano ha risposto con un lungo silenzio, ovvero ha scelto di non rispondere. Fare causa contro le domande sembra un tentativo di intimidire non solo "Repubblica" ma qualunque giornale dal porgli domande scomode, che è poi il compito della stampa in un paese democratico". L'altro aspetto della denuncia riguarda commenti e argomentazioni fatti da un giornale francese, citati in un articolo di "Repubblica". Come interpreta questo? "Si vede chiaramente il contrasto tra l'informazione in Italia, su cui Berlusconi esercita un vasto e quasi assoluto controllo, e quella all'estero, su cui ovviamente non può porre divieti o restrizioni. Ed ecco allora il ricorso alla giustizia per impedire che i giornali stranieri possano essere citati in Italia. E' un fatto grave, ma è anche la prova che Berlusconi si rende conto della pericolosità, per lui, della stampa e dell'opinione pubblica internazionale". "Incredibile. Con poche eccezioni, non se ne parla o se ne parla per minimizzare e difendere il premier. Sarebbe come se la Bbc e le tivù private britanniche non avessero raccontato lo scandalo dei rimborsi spese dei deputati che ha fatto tremare nei mesi scorsi il parlamento di Westminster. Cosa che non dovrebbe accadere in una democrazia". Ma se accade, come sta accadendo in Italia, che conseguenze potrebbero esserci? "Io credo che presto o tardi gli alleati di Berlusconi, o almeno alcuni di essi all'interno della coalizione di centro-destra, cominceranno a chiedersi se è legittimo e augurabile per il paese che sia consentita una situazione del genere. E prima o poi potrebbero esserci reazioni anche da parte degli alleati dell'Italia, dei suoi partner nell'Unione Europea, nella Nato, nel G8. Quando una democrazia zoppica, rallenta e preoccupa tutto l'impianto a cui è collegata, come del resto vari leader stranieri e perfino la Chiesa cattolica iniziano cautamente a segnalare". Allora Berlusconi potrebbe subire dei contraccolpi con questa azione legale? "Io penso che si tratti di una mossa politica, un colpo di coda che lascia trapelare segnali di crescente ansietà nel premier, sempre più toccato dalle critiche internazionali e con una sensazione di crescente isolamento anche in Italia, dove appare a molti dei suoi stessi alleati come una figura problematica". (31 agosto 2009) da repubblica.it Titolo: Il problema? Non è lui ma chi lo sostiene per inetressi propri... Inserito da: Admin - Settembre 01, 2009, 10:25:32 pm E sull'opposizione italiana: «Nessuna considerazione per i miei avversari»
Berlusconi attacca i commissari Ue: «Tacciano, parli solo il presidente» Nel mirino i portavoce di Bruxelles: «Stiano zitti o blocco il Consiglio europeo». La replica: siamo davvero sorpresi DANZICA - Alta tensione tra Silvio Berlusconi e l'Unione europea sul ruolo dei portavoce della Commissione. Il presidente del Consiglio ha attaccato l'esecutivo europeo sul modo di comunicare, chiedendo che a parlare sia solo il presidente della Commissione e minacciando altrimenti veti a livello Ue e la richiesta di dimissioni di tutti i commissari. L'ATTACCO - Da Danzica, dove ha partecipato alle commemorazioni per il 70esimo anniversario dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale, il premier se l'è presa con i portavoce dei commissari europei e con gli stessi membri della Commissione che, secondo Berlusconi, non devono intervenire pubblicamente su «alcun tema». L'idea del capo del governo italiano è che la voce dell’Europa deve essere portata esclusivamente dal presidente dell’esecutivo o dal suo portavoce, se così non fosse l’Italia «bloccherà di fatto il funzionamento del Consiglio europeo». Un nuovo fronte di polemica, quello aperto dal leader del Pdl, legato ai chiarimenti chiesti da Bruxelles sui respingimenti degli immigrati. LA POLEMICA - All'affondo del premier la Commissione europea ha risposto con sorpresa, sottolineando che la richiesta di informazioni sui respingimenti non è allo stato una critica alla condotta dell'Italia. Palazzo Chigi ha mostrato di apprezzare la reazione di Bruxelles ma la questione ha scatenato le polemiche politiche, con l'opposizione che accusa Berlusconi di voler «imbavagliare» anche l'Europa e la maggioranza che fa quadrato intorno al capo del governo. «PAROLE STRUMENTALIZZATE» - Al centro delle osservazioni del premier, il dibattito sui respingimenti: secondo Berlusconi «non è vero» che l'Europa punta il dito contro l'Italia per la politica in tema di accoglienza, bensì «si strumentalizzano espressioni di portavoce, è un problema che porterò sul tavolo del prossimo vertice dei capi di Stato e di governo», ha avvertito il Cavaliere. Proprio da qui arriva la minaccia di ostruzionismo nei confronti del Consiglio europeo «ove non si determini che nessun commissario europeo e nessun portavoce di Commissione possa intervenire più pubblicamente su alcun tema». Non solo: «Chiederò che commissari e portavoce che continuino nell’andazzo di tutti questi anni vengano dimissionati in maniera definitiva» perché le loro dichiarazioni «creano una situazione che non si può accettare: si danno alle opposizioni di ogni Paese armi che invece non esistono». BRUXELLES «SORPRESA» - «Sono davvero sorpreso, sono giorni che stiamo dicendo che la Commissione non sta criticando nessuno Stato Ue», ha subito replicato Dennis Abbott, uno dei portavoce della Commissione Ue. «Se mi viene rivolta una domanda, io rispondo sulla base di chiare istruzioni che ricevo dall'ufficio del vice presidente della Commissione Ue Jacques Barrot», ha osservato Abbott, sottolineando che proprio nel briefing con la stampa di martedì ha sottolineato come la richiesta di informazioni, in questo caso a Italia e Malta, sia una procedura normale. «La commissione Ue non sta in nessun modo criticando l'Italia», ma anzi cerca di sostenere l'Italia e tutti gli Stati Ue sottoposti alle pressioni migratorie, ha sottolineato Abbott. Johannes Laitenberger, portavoce del presidente della Commissione Josè Manuel Durao Barroso, ha poi ribadito che la richiesta di informazioni «non rappresenta una critica all'Italia». Palazzo Chigi in una nota ha a questo punto spiegato di ritenere soddisfacenti le parole di Laitenberger: «Qualsiasi altra interpretazione è da considerarsi frutto di strumentalizzazioni politiche a fini interni», è la conclusione della nota. «BAVAGLIO» - La questione però ha sollevato un polverone politico. «Berlusconi non può pensare di imporre alle istituzioni europee regole che vogliono imbavagliare chiunque non la pensi come lui», ha detto David Sassoli, capo delegazione del Partito democratico al Parlamento europeo. «Il presidente del Consiglio forse crede di potersi avvalere in Europa degli stessi metodi con cui governa il nostro Paese. Le sue minacce ai portavoce Ue sono un'altra conferma della debolezza del governo italiano». SCHULZ - «Un attacco inaudito» alle istituzioni comunitarie, al quale la presidenza di turno svedese dell'Ue e il presidente della Commissione José Manuel Barroso devono reagire «immediatamente. Berlusconi, ancora una volta, rende palese il suo profondo sentimento antieuropeista» è la posizione di Martin Schulz, presidente dei socialisti e dei democratici all'Europarlamento. Nel 2003 Berlusconi disse che Schultz, figlio di un ex deportato in un lager, era adatto per la parte di un «kapò» nazista in un film sui campi di concentramento. LA RUSSA - Secondo il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, le parole di Berlusconi sono invece solo «uno stimolo perché l’Unione europea funzioni meglio». «NESSUNA CONSIDERAZIONE DA PARTE MIA AI MIEI AVVERSARI» - Non solo il caso dei portavoce. Da Danzica infatti il premier ha anche attaccato l'opposizione. «I miei avversari non hanno nessuna considerazione da parte mia» ha detto Berlusconi, senza citare fatti particolari a cui legare il suo giudizio tranchant, ma limitandosi a rispondere così a chi gli chiedeva genericamente dei rapporti con la minoranza. Gli esponenti del centrosinistra «sono arrivati a un livello tale da farmi tacere ogni commento su di loro per amor di patria» ha detto il premier. 01 settembre 2009 da corriere.it |