Titolo: MATTEO RENZI Inserito da: Admin - Febbraio 17, 2009, 05:48:03 pm 17/2/2009 (7:14) - IL VOLTO NUOVO
"Ci salviamo se il partito si svecchia" Renzi: vincitore delle Primarie, candidato a sindaco di Firenze Dopo la vittoria alle primarie di Firenze “D’Alema voleva i quarantenni? Eccomi” JACOPO IACOBONI INVIATO A FIRENZE Lo sa chi mi ha convinto a rischiare tutto?». Chi? «D’Alema. Dopo l’assemblea nazionale, a cena ci prende e ci fa, con quell’aria che ha lui, ha presente, tra sfida e sfottò, "voi trenta quarantenni dite sempre che volete più spazio, no? Prendételo. Abbiate il coraggio di una lotta in campo aperto". Voleva la sfida? Eccola. Io non dico che sarò il leader nazionale del Pd, sarei stupido, ora la mia battaglia è semplicemente vincere Firenze, ridare alla città un ruolo nazionale che con Domenici non ha mai avuto. Questa vittoria dimostra però che li possiamo affrontare, loro, con le loro logiche antiche, e battere. E se l’ho fatto io possono farlo anche altri, spero che lo facciano. Basta far capire alla gente che sei fuori dagli apparati, e giocarsi tutto: se perdevo l’ho detto, sarei tornato a lavorare in azienda. Questo è piaciuto. Ho tifato per Soru, anche se molti amici di sinistra erano delusi da lui, mi hanno detto che stavolta non l’avrebbero più votato...». Matteo Renzi, trentaquattrenne, grande tifoso viola, che ha vinto domenica notte le primarie del centrosinistra fiorentino, è estroverso, ambizioso, cosa che in Italia volentieri ti fanno pagare, specie se hai più talento degli altri. Dunque dovrà stare attento, la sua gara comincia ora. Riceverà batoste. Proveranno ad arginarlo. Ma non sempre lo prenderanno. Chi, è chiaro. La mattina dopo la vittoria in quel disastro che è il Pd libanesizzato di Firenze, è stata un susseguirsi di telefonate, figuratevi quanto felici, di tutto quell’apparato del Pd che, piuttosto che vederlo candidato sindaco, si sarebbe dato una martellata sugli zebedei. «Ore otto, preceduto da una telefonata di Gentiloni mi chiama Veltroni. Mi fa "dai Matteo, complimenti, ora lavoriamo insieme". Magari credeva che io adesso mi sarei barricato col mi gruppo... Non farò così, stia tranquillo, gliel’ho detto. Poi fa un po’ l’imbronciato per certe cose che avevo detto alle Invasioni barbariche». In sostanza: i capi del partito la smettano di evocare la lesa maestà ogni volta che qualcosa non viene deciso nelle loro stanze. «Loro» - sostantivo e aggettivo - è l’espressione che Matteo usa per marcare la sua estraneità. Che è reale ma è, anche, una trovata di marketing. «E io vengo appunto dal marketing...», sorride nel suo studio sventolando il programma, «i miei cento punti». Indossa una camicia bianca, i pantaloni slim fit, alla sua sinistra, alla parete, una Madonna di scuola raffaellita, alla destra una foto in cui si produce in un compito baciamano a Ratzinger, sul tavolo una copia del libro che ha scritto, "Tra De Gasperi e gli U2". Ultima passione letteraria, Dave Eggers; scrittore classico più amato, Antoine de Saint-Exupéry («ma non "Il piccolo principe", non sia mai, lo scriva; "Terra degli uomini"»); ultimo film visto, a San Valentino, The Millionaire. Renzi è sposato e ha tre figli. E’ cattolico, il suo mito è De Gasperi, ma sul testamento biologico può anche citare Andreotti: «La sua intervista alla Stampa conteneva la posizione più giusta, lasciare una possibilità di scelta. Napolitano ha fatto benissimo a non firmare il decreto. Io che farei se mi capitasse? Uff... che sofferenza solo pensarci... Certo non mi piacerebbe interrompere il cibo e far morire così una persona, a quel punto meglio farle un’iniezione. Ma sono materie su cui non può valere un’ortodossia di partito. E sa perché cito Andreotti? La Dc in fondo era più laica del Pd». E però il Pd alle cozze di Firenze, paradosso, potrebbe essere un’occasione. «Questa città avrebbe bisogno di tre cose, innanzitutto di esser riordinata, rimessa a lucido, quanto sarebbe bello ridare ai fiorentini le Cascine, il nostro parco più bello. Poi bisogna puntare sullo sviluppo, è vero, abbiamo l’eccellenza General Electric, ma la città langue, va rilanciata. La Cassa di risparmio è entrata in San Paolo Intesa, la Banca Toscana chiude e i dipendenti verranno presi dal Nonte dei Paschi...». Renzi è stato discretamente sostenuto da uomini come Wanda Ferragamo, Bona Frescobaldi, Stefano Ricci. «E m’hanno dato del destro, del berlusconiano. Siamo a questo, nella sinistra di Firenze». La cultura sia anche un po’ paracula. «Nel 2004 per i 500 anni del David l’unica cosa che ha saputo fare Domenici è stato un convegno. Nel 2012 ci sarà l’anniversario della morte di Vespucci. Firenze è la città più americana d’Italia, ha 32 università Usa, più di Londra, più di Parigi. Perché non fare un grande anno americano? Voglio portare Obama in città a celebrarlo. Lui e Michelle hanno nominato una sola città italiana, Firenze». Altro caso-non caso: un suo grande sponsor è stato Paolo Fresco, l’ha introdotto agli ambienti americani della città. Domenici? «Sulla sua onestà personale scommetto. Ma il suo secondo mandato è stato deludente. Cioni? Io credo che dall’inchiesta su Castello non verrà fuori niente su di lui. Vedremo». Sì, vedremo anche se i tanti Crono del Pd lo inghiottiranno; Renzi ha dalla sua financo la forza della preghiera e, al piano terra del palazzo della Provincia di Firenze, l’aiuto della Madonna del Cardellino di Raffaello, che finora ha posato su di lui materno sguardo. «L’avevo pregata, però». da lastampa.it Titolo: Renzi e il gelo con il Pd: gli voglio bene, loro non so Inserito da: Admin - Febbraio 17, 2009, 05:57:10 pm Il caso primarie
Renzi e il gelo con il Pd: gli voglio bene, loro non so Il vincitore: i complimenti di Walter? Mi son morso la lingua DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — Sì, si pole. Alle pareti del comitato di via de Martelli, in faccia al Duomo, c'è John (Kennedy), c'è Bob (Kennedy), c'è Martin Luther King e c'è Obama. «Si pole» in fiorentino sta per «si può», «we can» e Matteo Renzi vuol fare Obama risciacquato in Arno. Stesso uso sfrenato delle tecnologie, Facebook più e-mail, abbinato al ritorno per le strade, al cosiddetto contatto umano. «Davanti alla Coop di Gavinana, quartiere super popolare — ricorda Renzi — un anziano guardandomi ha detto: "Quel Bobby Solo col ciuffo, lo voto, mi sa!"». Solo che qui il partito di Renzi, il Partito democratico, non ci aveva creduto in questo mix: battute, capacità di ascoltare, di fare una carezza e stare in rete, parlare con tutti, rispondere a tutti, l'antico e il moderno, metafora di quel che dovrebbe essere Firenze. «Orgogliosi del domani e gelosi del passato», è la frase che Renzi ha pensato per tv, radio e giornali. Renzi è diventato candidato sindaco del centrosinistra credendoci quasi da solo, contro Lapo Pistelli, responsabile esteri a Roma e Ventura, ministro ombra, e la Lastri, assessore da dieci anni. Ora, sulla porta del comitato c'è un cartello con scritto: «Chiuso per netta superiorità». Ci fu un momento, durante le polemiche sull'inchiesta giudiziaria che coinvolse l'assessore Cioni, che si parlò di annullare le primarie e Renzi disse al Corriere Fiorentino: «Il Pd nazionale dica pubblicamente che non bisogna fare le primarie e che deve candidarsi a sindaco Fracazzo da Velletri». Poi si decise il ballottaggio, mai introdotto nelle primarie: «Per impedire a me di arrivare primo. Ieri mattina mi ha chiamato Veltroni e mi ha detto: "Meno male che non siamo andati al ballottaggio". Mi sono morso la lingua, mi sono morso...». Ora chiamano tutti. «Stamattina ha chiamato D'Alema ma non ho risposto, non avevo il telefonino sotto mano». Solo nel tardo pomeriggio chiama il sindaco Domenici: «Nel luglio 2008 in un'assemblea del Pd disse: "Tutti possono candidarsi, meno Renzi, che deve restare a fare il presidente della Provincia". Come se la politica fosse una fila alle poste, col numerino...». Ma Renzi è come Guazzaloca a Bologna, l'uomo che strapperà Firenze al dominio comunista e post-comunista? «Macché, io voglio stare nel Pd, voglio dare una mano al Pd». Solo che adesso sembra che abbia più vantaggi il partito a stare con lei che lei a stare con il partito. Hanno voluto fare la conferenza stampa tutti assieme, segretario regionale, provinciale, cittadino... «Diciamo che io voglio più bene al partito di quanto il partito ne voglia a me». Matteo Renzi, che a 34 anni ha già tre figli (otto, sei e tre anni), va avanti per la sua strada. Addirittura «Cento cose per i primi cento giorni». Cose come isole interrate al posto dei cassonetti, affitti più bassi per le botteghe del centro, luci per vie e monumenti. E poi, dieci assessori invece di sedici e, con il risparmio degli stipendi, mutui per giovani coppie. Piero Luigi Vigna, ex procuratore generale antimafia, consulente per la sicurezza. E tante grazie a Riccardo Nencini, segretario dei socialisti, che ha aiutato tantissimo e conferma per la maggioranza allargata alla Sinistra (area Mussi più area Vendola). E cene con gli industriali, perché con i poteri forti bisogna parlare: «Non sono per far piangere i ricchi, ma perché ridano i poveri». E adesso chi schiererà il centrodestra contro Renzi? «Non so. Giovanni Galli, l'ex portiere della Fiorentina, mi ha mandato un sms di auguri. E' stato il primo. Io un sogno ce l'avrei...». Quale? «Lambertow. Lamberto Dini candidato del centrodestra. Potrei riposarmi un po'!». Renzi è così. Se gli chiedete qual è la zona di Firenze che preferisce, risponderà piazza Vittoria: «Quando andavo al liceo Dante, lì giocavamo la "Cialtrons Cup" di calcio, la Coppa dei cialtroni». E la famosa tramvia che passa accanto al Duomo, punto d'onore della giunta Domenici e del Pd? «Vorrei rivedere certi passaggi dove il tram ci va stretto. Ma per il resto, mica sono per girare per Firenze in mongolfiera!». Renzi è così, per ora ha ragione lui. Andrea Garibaldi 17 febbraio 2009 da corriere.it Titolo: Matteo RENZI Inserito da: Admin - Marzo 21, 2009, 12:13:46 pm Matteo Renzi contro tutti
A soli 34 anni, alle primarie fiorentine del Pd, ha sbaragliato tutti i suoi avversari. Ora dopo le critiche della De Gregorio e della Cgil dovrà guardarsi dai suoi colleghi di partito Matteo RenziMatteo Renzi, 34 anni, che alle primarie fiorentine del Pd per Palazzo Vecchio a sorpresa ha sbaragliato tutti i suoi avversari, tra cui l'ex ministro ombra Michele Ventura e il parlamentare cattolico Lapo Pistelli, sa bene che più che dallo sfidante del Pdl Giovanni Galli, ex portiere della Fiorentina e del Milan, si deve guardare dai suoi avversari interni. Un piccolo assaggio lo ha già avuto ad 'Annozero' di Michele Santoro, quando la direttrice de 'l'Unità' Concita De Gregorio lo ha accusato di essere anche lui un uomo di potere. La lista degli anti-Renzi è lunghissima. In prima fila la Cgil che ha polemizzato per l'uscita di Renzi sulla Costituzione e teme che, se dovesse diventare sindaco, si trasformerebbe nel 'Brunetta di sinistra' con i dipendenti di Palazzo Vecchio e delle ex municipalizzate. Poi alcuni sindaci della cintura fiorentina, come Adriano Chini di Campi Bisenzio, il presidente dell'Ataf (l'azienda dei trasporti) Maria Capezzuoli, ex diessina, il vice sindaco Giuseppe Matulli, ex luogotenente toscano di Ciriaco De Mita. Mentre a livello nazionale il capo della segreteria di Dario Franceschini, il pratese Antonello Giacomelli, alle primarie si è schierato con Ventura, e Rosy Bindi con Pistelli. Anche Livia Turco non ha perso l'occasione di bacchettare il giovane presidente della Provincia di Firenze. Infine dopo 'Annozero' Giorgio Merlo, deputato Pd, ha tuonato contro il "nuovismo violento del giovanissimo Renzi". Nonostante attacchi e inviti alla moderazione, Renzi va avanti per la sua strada. E tra i manifesti che farà affiggere a Firenze c'è ne uno che ritrae una bambina che fa una linguaccia sullo sfondo di Palazzo Vecchio. Una campagna all'insegna dell'impertinenza nei confronti della nomenklatura. M. La. (20 marzo 2009) da espresso.repubblica.it Titolo: Colloquio con Matteo Renzi Inserito da: Admin - Aprile 02, 2009, 11:09:29 pm Voglio un Pd senza più dinosauri
di Denise Pardo I vecchi leader sono all'ultimo treno. Il segretario si ridiscute dopo le Europee. Renzi, il candidato sindaco, all'attacco: 'Noi giovani chiediamo un partito diverso'. Colloquio con Matteo Renzi È un classico caso di nemo propheta in patria, dove la patria è lo stato maggiore del Pd. 'Time' lo ha paragonato a Obama. Più contenuto, anche 'El Pais' ci ha messo del suo. Ma lui, Matteo Renzi, 34 anni, prestante e piacione, sposato con tre figli, presidente della Provincia di Firenze, candidato autoctono alle primarie per la poltrona a sindaco di Firenze dove ha stracciato gli altri pretendenti più organici, è un arruffapopolo della nuova generazione di politici che sta mandando in fibrillazione l'establishment democratico. Non ha voluto ripresentarsi alla Provincia, pronto in caso di sconfitta alle primarie a lasciare il campo. Non ha avuto remore nel definire il neo segretario Pd Dario Franceschini il "vice-disastro". Renzi va avanti come un carro armato, incurante delle accuse di essere poco di sinistra, pericolosamente moderato. Adesso, è la volta di una bella polemica con Nicola Zingaretti, il suo collega presidente della Provincia di Roma. Ha detto che il suo taglio alle tasse provinciali sull'acquisto delle auto è stato "un marchettone". "Dopo il taglio, è accaduto che una serie di aziende romane di autonoleggio abbia fatto un pensierino sui vantaggi di Firenze. Così Zingaretti ha impugnato la delibera, ne ha dette di tutti i colori e si è rivolto pure al Tar, che gli ha dato torto. La verità è che era seccato per un'intervista in cui lo definivo pseudo giovane. Al di là di questo, io ho abbassato le tasse, senza tagliare costi sociali, sia chiaro, e lui no. Perché mi rompe le scatole? Che le abbassi anche lui e siamo pari. Sa che c'è? Per me, diminuire le tasse è di sinistra. Guarda un po'. Mi fa infuriare il fatto che Vincenzo Visco con la pressione fiscale al 43 per cento sia passato per un succhiasangue. Con Tremonti si sta al 43,2 per cento però, la parte del Dracula dei contribuenti la fa sempre il centrosinistra". A quanto pare non le è bastato il clamore per aver definito Dario Franceschini il vice-disastro. Secondo lei, ora è migliorato? "Ha scelto un posizionamento politico intelligente. Intelligente? No, forse è un termine un po' forte. Direi saggio. Punta a recuperare l'astensionismo e il consenso passato ad Antonio Di Pietro. È giusto. Oggi, primum vivere. Non sono stato un entusiasta della sua candidatura. Ma adesso, zitti e mosca. Anche lui, quando mi ha chiamato, ha detto: 'L'importante è che si vinca. Dimmi cosa serve'. Quindi: viva Franceschini, ma fino alle Europee. Perché già il giorno dopo si deve decidere cosa fare da grandi. Mi accusano di aver intercettato voti di destra. Vorrei svelare un segreto: alle ultime elezioni abbiamo perso! O troviamo qualcuno che a livello nazionale prenda quei voti border line oppure non vinceremo mai. Ricordo anche che quelli là, che una volta scelgono Prodi, un'altra Berlusconi, sono sempre cittadini italiani". Le imputano un piglio berlusconiano, in effetti, poco di sinistra. "Un giorno, sono segnalato come teodem, quello dopo, come l'alfiere dell'antipolitica. Qualcuno vuole capire che siamo un'altra cosa? Siamo un gruppo di ragazzi che ha voglia di fare un partito diverso, il Pd-Pd, un partito democratico per davvero, che se decide di fare le primarie, le fa libere e sul serio, e chi vince vince. E non è che si va al ballottaggio, magari a far la fila davanti alle porte dei maggiorenti del partito in attesa di sapere quello che si deve fare. È così difficile comprendere che c'è gran voglia di una comunicazione e di soluzioni fuori dai vecchi schemi partitici, che sono logori e anti-moderni? Lo sa cosa ha detto l'ex portiere del Milan, Giovanni Galli, candidato Pdl al Comune di Firenze?". Cosa? "Ha dichiarato che prima di buttarsi nella campagna elettorale, ha chiesto delle garanzie. Con Galli ho un buon rapporto. E lo apprezzo. Ma questa è la logica diametralmente opposta alla mia. La politica deve essere conquista, deve essere senza rete. Bisogna sudare e combattere, essere pronti a rimettersi in gioco. Come diceva Clint Eastwood: 'Se vuoi una garanzia, allora comprati un tostapane'. Noi, parlo della mia generazione, siamo a un bivio. Dobbiamo scegliere se fare i polli di batteria o avere il coraggio di usare un linguaggio diverso". Il suo però non va molto a genio, per esempio, a Debora Serracchiani. "È giustissimo che una persona dica quello che pensa. Io non la conosco, anzi a me sta simpatica. Se poi non è reciproco, sopravvivo e se passa per Firenze la ricevo volentieri. Preferisco la discussione vera, profonda: è quella di cui il Pd ha davvero bisogno. Il futuro possibile leader? Può avere il profilo di un'amministratore come Sergio Chiamparino che il sabato mattina prende il trasporto pubblico, se ne va in periferia, ma parla sia agli industriali che al nostro popolo". Oppure? "Io spero che si vada verso un congresso vero, in cui chi vuole si candida e tutti si mettono in gioco. E magari esca fuori un outsider, che si chiami Debora Serracchiani o Maurizio Martina, o Federica Mogherini o Giuseppe Civati, uno che mi piace da morire. Certo, bisogna vedere se questi hanno le palle o no di farlo. Il problema è che la generazione dei Pierluigi Bersani e in un certo senso anche dei Chiamparino, non è abituata a dire 'io sono qua, misuriamoci'. Questa volta, però, devono. Mi dispiace dirlo, ma per loro è l'ultimo treno, l'ultima chiamata. Non funzionerà più il meccanismo del 'sono a disposizione del partito, aspetto che me lo chiedano'. Se lo devono togliere dalla testa. Anche perché, dopo di loro, non c'è il diluvio". C'è Matteo Renzi, invece? "No, Renzi ha da pensare alla sua città che ama visceralmente. La partita non è semplice. Ma io farò una campagna elettorale andando casa per casa. Questa è una città che si divide su tutto. È stata la città dei guelfi e dei ghibellini. Ma poi i guelfi, tanto per star tranquilli, si divisero pure in bianchi e neri. Io sono un fiorentino vero, non uno che fa il salto della quaglia come Lamberto Dini. Voglio curare Firenze come si merita e non sono in vendita. L'ho spiegato bene al presidente Berlusconi. 'Lei ci prova con tutti', gli ho detto. Il premier ha scelto, praticamente, un dipendente Mediaset. La sua concezione della politica mi fa parafrasare una pubblicità: 'Ci sono cose che non si possono comprare. Per tutto il resto c'è Berlusconi'. Tra l'altro, io apprezzo il Cavaliere per la sua tenacia. E per la sua incredibile, incredibile, capacità quando parla dei problemi italiani, di far dimenticare il lunghissimo tempo che ha passato e passa a Palazzo Chigi". Dicono che alla Provincia lei abbia fatto bene. Ma a Firenze c'è maretta, dopo il suo exploit di indipendenza. Con il sindaco uscente come sono i rapporti? "Leonardo Domenici? Un ottimo dirigente di partito, uno bravo che non doveva fare il sindaco e che non voleva che mi candidassi. I Verdi, se potessero, mi termovalorizzerebbero. D'altra parte, li ho buttati fuori dalla giunta. C'è una parte di sinistra che mi detesta e si lamenta di una mia presunta lontananza dai valori dei padri. Vedremo se è più di sinistra piangere sulle questione teoriche della classe operaia o ragionare concretamente su come pulire questa città, creare opportunità di lavoro per i giovani, per la casa, per il recupero di alcune zone degradate, per la creazione di 500 posti di lavoro nel settore culturale... Slogan berlusconiano? La gente però capisce". È vero che è sostenuto da Comunione e liberazione? "Io pensavo e speravo di più. Ma il presidente della Compagnia delle opere ha scelto di non andare a votare. Il mio amico, capo delle scuole cattoliche Francesco Neri, idem. E stiamo parlando di rapporti fraterni. Trovo stravagante l'atteggiamento della sinistra verso la Compagnia. L'unico politico che ha chiuso il meeting di Rimini si chiama Pierluigi Bersani. Se Bersani può parlare con la Cdo, non vedo perché non ci possa parlare qualcun altro". Insomma, secondo l'eretico Renzi, l'homo democraticus a quale nuovo mondo dovrebbe rivolgersi? "Dobbiamo liberarci dalla scimmia Berlusconi che è sulla nostra spalla, incombente e condizionante. Dobbiamo dimostrare che siamo per il merito, per le capacità individuali. Che non siamo contro la piccola e media impresa o le partite Iva. Arriviamo al governo e cosa scrive Rifondazione sul suo manifesto: 'Anche i ricchi piangano'. Anche i ricchi piangano? Il tema della sinistra, deve essere anche i poveri sorridano. È come se avessimo rinunciato a essere il partito delle opportunità". Anche Massimo Cacciari la bacchetta. Sostiene che lei chiacchiera troppo. "Detto da una personcina riservata e taciturna come Cacciari...". Chi è l'Obama italiano? "Francamente, al momento vedo solo tanti Joe Biden" (02 aprile 2009) da espresso.repubblica.it Titolo: Renzi: l'antiberlusconismo danneggia l'opposizione Inserito da: Admin - Febbraio 08, 2011, 05:23:39 pm Politica
08/02/2011 - INTERVISTA Renzi: l'antiberlusconismo danneggia l'opposizione Il sindaco di Firenze: non siamo in un'emergenza democratica CARLO BERTINI ROMA Comincia con una premessa, «ho fatto un fioretto e per sei mesi non parlo del Pd e del suo vertice». Continua giustificando lo scontento di quelli che protestano pacificamente perché non ce la fanno più. Ma poi, a differenza di quanto declamato all’assemblea nazionale da D’Alema e Franceschini, spiega che a suo avviso «non si può parlare di emergenza democratica per il caso Ruby, ma al massimo di emergenza sessuale». Per lei gli scontri di Arcore sono un clamoroso regalo a Berlusconi. Condanna solo i tafferugli o anche la scelta di manifestare sotto casa del premier? «Mi verrebbe da dire, “meno male che Giorgio c’è”, perché il Capo dello Stato, in questo momento di palude della vita politica, è un grande punto di riferimento. Separerei dunque il giudizio sugli esagitati che sono andati lì a cercare lo scontro, da quello su chi è andato lì a manifestare pacificamente con un po’ d’ironia. Politicamente però credo che non basti la protesta, un problema che va avanti da 17 anni. Rispetto la passione civile di molte persone andate lì ed ho fatto una bella discussione su facebook con diversi ragazzi...» Che sul suo blog gliele hanno cantate. Ne hanno subito approfittato per rinfacciarle il famoso pranzo ad Arcore. O no? «Non direi, la maggioranza invece è d’accordo con me, 614 persone mi hanno detto ok, una cosa che non mi succedeva da diverso tempo. Dei 340 commenti, la gran parte sono a favore, poi naturalmente c’è chi mi dice basta con queste polemiche, oppure “spiegaci tu se la politica diversa vuol dire andare a cena ad Arcore! Meglio andare in piazza”. Detto questo, credo che il punto sia uscire da questo clima di derby e rissa permanente. Non voglio fare tutte le volte il grillo parlante del Pd che dice “ci vorrebbe ben altro”, ma sono convinto che non sarà la piazza a mandar via Berlusconi. Fermo restando che in un paese civile il premier si difende in tribunale e non in tv». Dunque lei non ritiene che il caso Ruby segni un degrado morale e che si debba reagire a questa emergenza democratica? «Io credo che tutto si può dire, tranne che questa vicenda sia un’emergenza democratica. Fatico a capire cosa c’entri Ruby con la democrazia, anche se questo modo di fare è lontano anni luce dal mio modo di vivere che sono per definizione un “anti bunga-bunga”, accusato spesso di essere un bacchettone cattolico». Quindi il Pd non deve sostenere in questa fase la mobilitazione e l’indignazione della società civile? «Sono molto colpito, perché ho tanti amici e mia moglie che esprimono il disgusto in generale per la politica e in particolar modo per il governo, un sentimento aumentato in questo momento dal caso Ruby e dall’altro lato ho la convinzione che per sconfiggere Berlusconi de-fi-ni-ti-vamente non si deve cavalcare l’antiberlusconismo. Non ho i sondaggi, ma sono convinto che dopo gli scontri di Arcore, la popolarità del premier sia risalita di colpo. Rispetto profondamente chi ci invita a cavalcare l’antiberlusconismo, ma penso che può vincere solo una sinistra che esca dal muro contro muro. E credo che, distinguendo bene i violenti andati lì apposta, quindi senza fare d’ogni erba un fascio, se vuoi mandare a casa Berlusconi non ti aiutano gli scontri di piazza e non ti serve il ricorso alla magistratura». Cosa dovrebbe fare quindi l’opposizione? «Ora nel paese c’è rassegnazione, la sensazione di essersi impantanati sulle cose da fare. E quindi penso che il Pd e in generale la sinistra debbano ridare speranza e entusiasmo, non proporre Sante Alleanze che restituiscono una verginità a Berlusconi consentendogli di fare di nuovo la vittima. Tanto più considerando invece che in questo momento chi rischia di perdere le elezioni è proprio il centrodestra e dunque farei una campagna elettorale vera, dimostrando di essere alternativa sulle cose concrete. Quindi casomai vanno chieste le elezioni, senza però proporre Sante Alleanze che non funzionavano nemmeno nel Medioevo». da - lastampa.it/politica Titolo: RENZI sul palco con Bersani: ha vinto lui, io lo sostengo Inserito da: Admin - Febbraio 02, 2013, 05:29:22 pm A Firenze Renzi sul palco con Bersani: ha vinto lui, io lo sostengo.
E il segretario: sei protagonista del cambiamento 1 febbraio 2013 I "Pdbrothers" salgono sul palco del Teatro Obihall di Firenze. È il primo evento pubblico tra il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e il sindaco di Firenze Matteo Renzi dopo le primarie. Esauriti i 2mila posti in sala. Il sito del Pd ha lanciato questo appuntamento con la foto dei Blues Brothers e in rete l'hashtag é diventato subito "pdbrothers". Il sindaco, primo a parlare, attacca Monti e Berlusconi e avverte: no a un finto unanimismo, e poi accade che Prodi è stato mandato a casa. Ben venga dunque il dialogo tra chi la pensa in modo diverso, anche all'interno dello stesso partito. «Ha ragione Matteo - afferma Bersani nel suo intervento dal palco- , io ci ho creduto, come ci ha creduto lui. Le primarie ci hanno fatto fare dei passi avanti e io voglio riconoscere a matteo di essere stato un protagonista dell'allargamento del Pd. Perché devi rischiare qualcosa, se vuoi il cambiamento». «Noi siamo un partito che ha fatto quello che ha detto. Siamo alternativi alla destra: a quella di Berlusconi, a quella della Lega, ai populismi. La prossima legislatura dovrà essere sull'economia reale», conclude il segretario del Pd. Renzi: c'è il Pd e non siamo qui per contarci Il primo a parlare è Renzi. E i tono sono all'insegna dell'ironia. «Auguri al prossimo presidente del Consiglio Pier Luigi Bersani. Vedo qualcuno in prima fila che fa gesti apotropaici...». «Ha vinto lui, io lo sostengo. Abituiamoci alla lealtà. Non ci sono bersaniani e renziani. C'é il Pd e non siamo qui per contarci», afferma il sindaco di Firenze. Che avverte: non bisogna «sottovalutare Berlusconi». «Quanto tempo abbiamo speso a darci reciprocamente garanzie di lealtà?», chiede il rottamatore a chi ha votato Bersani alle primarie, ma «si dicono prima le cose per evitare di fare come il centrosinistra del passato che ha fatto finti unanimismi e poi ha mandato a casa due volte Prodi. Quella pagina non la consentiremo». Renzi attacca anche Mario Monti. Il professore, dice, «forse si confonde, quando parla del 1921 come data di nascita del Pd, può darsi che parli della sua carta d'identità». «In un anno Monti - osserva a sua volta Bersani - non ci ha mai trovato un difetto e ora da 15 giorni ce ne trova uno al giorno. Quella di oggi sul Pd nato nel '21 è veramente infelice. Si può dire di tutto ma non ferire un progetto di cui non ha neanche una vaga idea». Su Mps, Bersani: vogliamo commissione di inchiesta dei derivati Tra le questioni poste dal sindaco di Firenze, anche lo scandalo derivati che ha travolto Mps. «Dal prossimo Governo di centrosinistra - afferma Renzi - ci aspettiamo che Bersani sia capace» di costruire «un rinnovato rapporto tra finanza e politica».«Non siamo delle mammolette e non accettiamo che ci faccia la predica chi ha cancellato il falso in bilancio, che noi reintrodurremo il primo giorno di governo - aggiunge Bersani -. Noi stiamo chiedendo l'istituzione di una commissione di inchiesta sull'utilizzo dei derivati e per una loro regolamentazione più stringente». Nella vicenda Mps, osserva ancora il segretario del Pd, «c'è stato un eccesso di localismo dal quale bisognava e bisogna emanciparsi». Il segretario: sostenere governo tecnico non ci ha indeboliti «Non mi sono pentito» di avere sostenuto il governo Monti, confida poi Bersani. «Un grande partito quando fa quel che fa bene al paese ha fatto il suo, ha fatto la roba giusta e la nostra gente lo ha capito», assicura Bersani, «non ci siamo indeboliti per questo». ©RIPRODUZIONE RISERVATA http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-02-01/firenze-renzi-palco-bersani-181407.shtml?uuid=AbrdjPQH Titolo: Bersani e Renzi di nuovo insieme: «Basta guerriglie, il Pd è di tutti» Inserito da: Admin - Febbraio 02, 2013, 05:31:28 pm IL COMIZIO DI FIRENZE
Bersani e Renzi di nuovo insieme: «Basta guerriglie, il Pd è di tutti» «Berlusconi non va sottovalutato» E Bersani contro Monti: «Non ha mai trovato un difetto al Pd, ora lo fa tutti i giorni» Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani di nuovo insieme in un comizio elettorale a Firenze. Per la prima volta dopo le primarie i due esponenti del Pd si sono ritrovati al teatro Obihall di Firenze per un comizio elettorale. La sala è gremita e all'esterno è stato montato anche un maxischermo all'esterno per consentire, a chi non è riuscito ad entrare di seguire il comizio. «NESSUNA GUERRIGLIA» - Per primo ha preso la parola Renzi, sindaco della città che ha subito chiarito: «La campagna delle primarie è servita per dirci in faccia tutto. Io ora non farò certo una guerriglia che indebolisce lo schieramento. Abituatevi» sottolineando che il Pd «è il solo partito che ha scelto il candidato premier con le primarie». Renzi parla con «spirito costruttivo» e si rivolge a tutti «anche a quelli che non hanno votato per me. Non abbiate paura di chi non la pensa come voi. Non dobbiamo pensare che chi dissente è un nemico. Meglio dirci prima le cose sennò i finti unanimismi hanno fatto sì che per due volte Romano Prodi è andato a casa. Non lo faremo» chiarisce Renzi rivolgendosi agli ex rivali delle primarie, invitando ad evitare gli errori del passato. «Noi non siamo oggi a contarci in un gioco di correnti», qui «non ci sono bersaniani e renziani. Qui c'è il Pd» che è «di tutti». GLI AVVERSARI - Renzi cita subito gli avversari della campagna elettorale. «Chi sottovaluta Berlusconi commette un errore. Dobbiamo stare attenti a non considerarlo l'uomo del passato ma al tempo stesso non dobbiamo averne paura» spiega Renzi che invita a stare attenti al recupero del Cavaliere. «Non dobbiamo averne paura perchè può ingaggiare Balotelli ma anche se ingaggia il mago Silvan non servirà a far sparire le cose che ha fatto e quelle che non ha fatto». Matteo Renzi «scippa» ancora Balotelli a Berlusconi: «L'Italia giusta è l'Italia di Mario Balotelli, di Mario che abbraccia sua mamma dopo la vittoria con la Germania. In quell'immagine si vede una mamma che abbraccia un figlio e nel nostro pensiero è difficile accettare che quella sia una mamma che abbraccia un figlio. Balotelli ha dovuto aspettare i 18 anni per avere la cittadinanza italiana - ha proseguito Renzi - L'Italia giusta è l'Italia è anche quella dei simboli». Ci sono parole d'ironia anche per Monti. «Oggi Monti ha detto che il Pd è nato nel '21... deve aver confuso con la sua carta d'identità. Forse è nato lui in quella data. Monti per mesi ha detto che non si sarebbe candidato e sarebbe rimasto sopra le parti e ora è nel ring della politica di tutti i giorni con persone molto lontane da lui. Forse non ha capito che Fini non è quello dei tortellini ma quello della Bossi-Fini. Monti candidato non è più credibile». E BERSANI RESTA IN CAMICIA - «Un primo omaggio a Matteo, che se lo merita». Pier Luigi Bersani prende la parola, sul palco di Firenze, togliendosi la giacca. Matteo Renzi si è presentato sul palco in camicia bianca. «Siamo ancora o al festival delle promesse o all'attacco generico all'avversario, senza che si riesca a mettere al centro il futuro del Paese. Io sono indignato - dice il leader del Pd - per questi giorni di campagna elettorale: abbiamo assistito solo a favole e promesse invereconde e non degne di un paese serio». Cita Beppe Grillo «Gira nelle piazze della Sicilia e va là e promette mille euro al mese a tutti per tre anni. Ovvero 100 miliardi di euro. Almeno Lauro un pacco di pasta glielo dava. L'altra scarpa dopo le elezioni gliela portava». E anche da parte sua arrivano critiche per Mario Monti: «In un anno non ha trovato un difetto al Pd. Son 15 giorni che ogni giorno ne trova uno». IMU - Pier Luigi Bersani immagina una modifica dell'Imu che la renda più progressiva e preveda l'esenzione di «una fascia di immobili di minor pregio e anche dei mezzi di produzione delle piccole imprese». I DIRITTI - Diritti e cultura sono altri due punti toccati da Bersani. «Vogliamo essere all'altezza della grande cultura di Firenze. E vogliamo essere all'altezza dei diritti europei: questa dei figli degli immigrati è una vergogna e la risolviamo. Questa dei diritti degli omosessuali e delle unioni civili è una vergogna: e la risolviamo. E anche questa cosa del diritto allo studio dove ci sono 50 mila studenti in meno che possono studiare è una vergogna classista: e noi la risolviamo». Redazione Online 1 febbraio 2013 | 21:37© RIPRODUZIONE RISERVATA da - http://www.corriere.it/politica/13_febbraio_01/bersani-renzi-comizio-elezioni-firenze_c5e6b646-6c92-11e2-9729-7dce41528d1f.shtml Titolo: Bersani e Renzi a Firenze, ... Mps resta fantasma innominato e innominabile. Inserito da: Admin - Febbraio 02, 2013, 05:32:55 pm Elezioni 2013.
Bersani e Renzi a Firenze puntano sull'unità ed Mps resta fantasma innominato e innominabile. Il ruolo di Napolitano Pubblicato: 01/02/2013 20:56 CET Cosa è successo tra l’intenzione di Pier Luigi Bersani di approfittare della scena fiorentina con Matteo Renzi per lanciare un messaggio sul caso Monte dei Paschi e la realtà? Perché la realtà nel capoluogo toscano parla di un teatro Obihall strapieno (1500 persone dentro, più altre mille negli spazi limitrofi coi maxischermi), di uno show all’insegna dell’unità del Pd, di un sindaco che dà il “benvenuto al prossimo presidente del Consiglio”, di un futuro premier che annuncia una commissione d’inchiesta sul sistema bancario tutto, derivati e il resto. Ma non una parola specifica sul caso Siena: Bersani ha cambiato registro rispetto a sabato scorso, quando sputò fuoco su Mps, citando per bene la banca che è diventato l’incubo elettorale dei Dem, tracciando ricette, minacciando: “Li sbraniamo”, a chi avrebbe osato attaccare. Eppure la città epicentro della tempesta mediatico-giudiziaria che disturba i sonni del Pd è a due passi da Firenze. Cosa è successo? Dallo staff del segretario ostentano serenità. Tutto è andato come doveva andare. E’ un dato di fatto però che nelle ultime 24 ore qualcosa è cambiato. Il capo dello Stato Giorgio Napolitano è intervenuto per rimettere ordine su un polverone aizzato anche ad arte in campagna elettorale e mirato a gettare fango su Bankitalia e gli organi di vigilanza sulle banche. Un monito in più fasi, quello del presidente della Repubblica: prima l’intervista al Sole24ore, poi il ‘discorsetto’ alla stampa parlamentare ricevuta al Quirinale. La predica è rivolta particolarmente al Pdl, che sta trasformando il caso Monte dei Paschi in un’occasione per regolare i conti con la passata gestione di Palazzo Koch. Basterà per calmare le acque fino al voto? In casa Pd se lo chiedono, pur restando preoccupati. Bersani intanto decide di fare sua la linea di moderazione dei toni, classico primo passo. Il segretario non elude il tema Monte dei Paschi, dicono i suoi, ma lo allarga al sistema bancario in generale che ha bisogno di trasparenza. E così la kermesse di Firenze diventa un evento tutto ad uso degli elettori del centrosinistra, quelli di oggi e quelli che verranno. Bersani e Renzi che si abbracciano sul palco, entrambi in maniche di camicia per esorcizzare qualsiasi ombra di distanza, il sindaco e il segretario che si passano la staffetta negli interventi, gli applausi per l’unità ritrovata: tutto questo mette la parola fine agli scontri delle primarie, a due mesi di distanza dal ballottaggio. Il pranzo del 3 gennaio a Roma ha rotto il ghiaccio. L’evento pubblico di oggi è quello che serviva per motivare al “voto utile contro la destra” e rassicurare anche i renziani delusi sul futuro. L’Obihall conferma che Renzi non è una risorsa sprecata del partito. Uno: perché il sindaco stesso ha alluso alla possibilità di riprendersi la scena, facendo ben capire a suon di battute che non molla così. Due: perché pure Bersani ha ripetuto il suo mantra: “Dopo Bersani, c’è il Pd”. E’ un meccanismo democratico di cui occorre approfittare: questo sembrava dire il fragore degli applausi della platea. Una platea che si aspettava di più dal segretario. In prima fila, accucciati sotto il palco, anche sui pavimenti perché i posti erano tutti esauriti, lo senti quell’urlo, ogni tanto arriva: “Va bene, ma devi attaccare!”. Oggi però Bersani non è il leone di sabato scorso. Prima di arrivare all’Obihall ha preso un caffè con Renzi in municipio, nella sala Clemente VII, roba da papi. Insieme hanno deciso di puntare sulla serenità. Dunque, niente schemini secondo cui il sindaco non avrebbe citato il caso Mps, mentre il segretario ne avrebbe parlato a lungo. Era un’idea iniziale tramontata in nome della necessità che entrambi dovevano fare bella figura a Firenze. Dunque, meglio evitare qualsiasi cosa che potesse evocare gli scontri pre-primarie proprio sul rapporto con la finanza e le banche, scoppiati dopo la cena organizzata per Renzi a Milano dal broker Davide Serra. Il risultato è che: Bersani fa il discorso classico di campagna elettorale, a Renzi il compito di attaccare Mario Monti. “Noi siamo nati nel ’21? Deve essersi confuso con la sua carta d’identità”, dice il sindaco, che approfitta dell’occasione per mostrare come sa essere senza attaccare il segretario. Parla con il solito sussidio di fotografie proiettate sui maxischermi: dagli scatti contro la pena di morte a quelli con la cupola del Brunelleschi fino alla foto di un castello adagiato sulle nuvole. Quest’ultima è l’immagine che più gli serve per parlare ai suoi elettori delle primarie, a quelli che ci sono rimasti male per la sconfitta. Ce li ha lì in sala e si fanno sentire. Per loro, il sindaco cita David Thoreau: “Se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non è perduto. E’ quello il posto dove il castello doveva stare, oggi il vostro compito è costruire le fondamenta”. Applausi. Poi la rassicurazione: “Non ci sono bersaniani e renziani: ci sono i democratici. Non siamo qui solo per atto di lealtà, non facciamo questa assemblea perché lo si era detto ma perché c’è bisogno di ognuno di noi: non diamo niente per scontato, mettiamoci in gioco in modo serio verso il voto”. Per Bersani c’è un regalino: una statuetta del Marzocco, il leone simbolo di Firenze: “Spero la metta a Palazzo Chigi, è simbolo di valori, entusiasmo, libertà, bellezza. Non so se Bersani sbranerà qualcuno, ma porterà avanti i valori dell’Italia Giusta”. Fuori, rimbomba la protesta di alcune rsu del comune di Firenze arrabbiate perché senza garanzie di lavoro futuro. Dentro non c’è spazio per musi lunghi. da - http://www.huffingtonpost.it/2013/02/01/elezioni-2013-bersani-renzi-firenze-puntano-unita-mps-fantasma-innominato-ruolo-di-napolitano-_n_2562363.html Titolo: Renzi vede Monti e non punta al voto subito. (MA BERLUSCONIZZA?) Inserito da: Admin - Marzo 06, 2013, 12:23:01 pm Elezioni 2013.
Domani la direzione del Pd darà l'ok a Bersani, ma il partito è diviso sul dopo. Renzi vede Monti e non punta al voto subito. I suoi: governabilità anche col Pdl Pubblicato: 05/03/2013 20:52 CET | Aggiornato: 05/03/2013 22:16 CET La crisi post-elettorale ruota intorno ad una scommessa. I grillini ci staranno a fare le trattative per l’elezione dei presidenti delle Camere, per il governo e per l’elezione del presidente della Repubblica? Sembrerà banale, ma è questo il tema intorno al quale si stanno coalizzando grosso modo i due diversi schieramenti trasversali alle prese con il futuro del paese. Da una parte, chi scommette sulla disponibilità del Movimento 5 stelle, nonostante i niet di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Dall’altra, chi scommette sulla loro indisponibilità. Allo stato, chi vincerà potrebbe prendere tutto: presidenze delle Camere, governo e Quirinale. Chi sta con chi? Di certo, Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi non stanno dalla stessa parte, non fino in fondo. Anche se non ci sarà scontro tra i due domani nella direzione del Pd. Il colloquio di due ore oggi a Palazzo Chigi tra il sindaco di Firenze e il premier Mario Monti serve però a veicolare questa differenza di approccio interna al Pd. Bersani. Il segretario del Pd passa gran parte della giornata a scrivere la relazione per la direzione di domani. I suoi danno per certo che la linea di apertura ai grillini passerà. Del resto, anche chi non la sostiene (come i veltroniani) lascia trapelare che domani la discussione sarà accesa, ma non ci sarà resa dei conti, tanto più che i lavori della direzione verranno trasmessi in streaming sul web. Il punto è che mentre il segretario è ancora convinto di poter far breccia nel cuore dei grillini, i suoi avversari interni scommettono sul contrario, ma gli lasceranno portare a termine la missione, convinti che fallirà. Riflettori puntati sull’elezione della presidenza del Senato: sarà quello il primo tavolo di trattativa per il governo che verrà. I bersaniani, sostenuti dai vendoliani di Sel, non escludono di poter trovare un accordo con i cinque stelle, mettendo nel conto di cedere a loro la presidenza di Palazzo Madama (mentre quella del Senato andrebbe al Pd, nome in pista: Dario Franceschini). Naturalmente, non sfugge a nessuno che si tratta di una carica delicatissima, la seconda carica dello Stato, la soluzione naturale se dovesse servire una figura come compia un altro giro di verifiche per una maggioranza di governo (come fu per Marini nel 2008). Ad ogni modo, le trattative per lo scranno più alto del Senato vengono presentate dai bersaniani come test preliminare per capire come andrà sul governo. Se andrà in porto l’intesa con i grillini, lo schema prevede Bersani a Palazzo Chigi e Romano Prodi al Quirinale, in quanto il professore sarebbe gradito ai grillini, in particolar modo avrebbe ottimi rapporti con Gianroberto Casaleggio. Renzi. Fuori discussione l’idea che possa essere lui a guidare ora un esecutivo di larghe intese, se dovesse fallire il tentativo del segretario con i 5 stelle. Il primo cittadino toscano punta a presentarsi come candidato premier alle prossime politiche, dove non esclude di doversi battere proprio con l’avversario Beppe Grillo. Figurarsi se adesso possa sostenere un’ipotesi di governo con il M5s. Lo ha anche detto nella sua enews: “Grillo bisogna sfidarlo, non inseguirlo”. Questo non significa che domani in direzione sferrerà l’attacco a Bersani. Il segretario del Pd avrà il mandato di proseguire sulla sua linea anche da parte dei renziani, ma dopo, se dovesse fallire, gli uomini del sindaco non punteranno al voto subito come fanno i Giovani Turchi bersaniani. Si dichiarerebbero disposti ad un governo tecnico sostenuto anche dal Pdl, in nome della governabilità. Il vice di Renzi al comune di Firenze, Dario Nardella, neoeletto alla Camera, lo dice a Zapping su Radio 1: “Se i tentativi di Bersani di avvicinarsi al M5s dovessero fallire, trovo legittimo pensare ad un accordo tra Pd e Pdl. Gli italiani non sono preoccupati delle alchimie politiche ma piuttosto di avere un governo stabile che guidi il paese, anche se per fare questo fosse necessaria un'alleanza inedita. Un'alleanza che avrebbe solo l'obiettivo di portare a termine alcuni punti programmatici comuni su questioni urgenti". Poco dopo, sulla sua pagina Facebook, Nardella ritratterà questa dichiarazione: “Non ho auspicato affatto un governo Pd-Pdl, che nascerebbe da tentativi di autoconservazione e di inciucio". Ma i renziani di più stretta osservanza invitano a dar credito al ‘primo Nardella’, in effetti fedelissimo di Matteo. Governabilità e poi ritorno al voto, che anche per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano resta l’ultima ratio. Del resto, Renzi non ha mai fatto dell’anti-berlusconismo un suo vessillo politico. Dunque se la giocherebbe comunque a distanza da Roma, ma aperto a formule tecniche che garantiscano un governo al paese. In questa cornice, il nome per Palazzo Chigi potrebbe restare ancora quello di Monti, in subordinata quello di uno dei suoi ministri, da Corrado Passera, ad Annamaria Cancellieri oppure Fabrizio Barca. Poche riforme e poi al voto, prevedibilmente non prima dell’autunno oppure magari con le europee del 2014, come prevede Emanuele Macaluso, personalità vicina a Napolitano. In questo quadro, la maggioranza di governo Pd-Pdl-Monti punterebbe ad eleggere al Quirinale, Giuliano Amato. Monti. Le due ore passate con Renzi a Palazzo Chigi servono a veicolare il messaggio che la maggioranza che ha sostenuto finora il professore al governo non si è liquefatta al sole primaverile, bensì ha ancora un suo senso in questa situazione di caos. Con l'incontro con Renzi oggi e la lettera che chiede ai leader dei partiti un confronto sull'Europa in vista del consiglio Ue della prossima settimana, il premier torna a ritagliarsi un ruolo da tecnico, pronto ad una possibile riconferma a capo dell’esecutivo, con nuovo voto di fiducia, s’intende. Per la cronaca: sull'Europa riceverà Bersani giovedì prossimo, Berlusconi l'8 marzo, Grillo non pervenuto. Il gruppo dei montiani eletti al Senato avrà un ruolo determinante nell’elezione del presidente di Palazzo Madama, secondo lo schema di chi scommette che i grillini resteranno fuori dalle trattative. E non è escluso che in questo caso lo scranno più alto del Senato possa restare nelle mani del Pdl. Ad ogni modo, lasciano filtrare da Palazzo Chigi, i senatori di Scelta civica non la voterebbero una fiducia ad un governo di Bersani con gli M5s. Napolitano. Oggi il capo dello Stato ha preso atto dell’impossibilità di anticipare al 12 marzo la prima seduta delle Camere. Resta fissata la data di venerdì 15 marzo, cosa non affatto sgradita alle forze politiche (Pd bersaniano in primis) che, anche per via dell’imperscrutabilità dei cinque stelle, navigano ancora nel buio. Non a caso Napolitano ringrazia la “magistratura per lo sforzo di celerità”, segno che il motivo del mancato anticipo non sta nei tempi dell’esame dei ricorsi da parte delle Corti d’appello cui spetta il compito di proclamare gli eletti. Napolitano infatti si raccomanda: “Confido che le operazioni relative all'insediamento delle Camere e alla costituzione dei Gruppi parlamentari si svolgano con la massima sollecitudine possibile". Il capo dello Stato a questo punto sta valutando di assegnare comunque l'incarico a Bersani per la formazione di un governo e se il tentativo fallisse, si metterebbe a lavorare per un governo tecnico, in nome della governabilità. da - http://www.huffingtonpost.it/2013/03/05/elezioni-2013-domani-la-direzione-pd-ok-bersani-partito-diviso-sul-dopo-renzi-vede-monti-e-non-punta-al-voto-subito-i-suoi-governabilita-anche-con-pdl_n_2812892.html?utm_hp_ref=italy Titolo: RENZI. “Basta rottamare Ricostruiamo l’Italia dei prossimi 20 anni” Inserito da: Admin - Maggio 04, 2013, 03:37:50 pm politica
04/05/2013 “Basta rottamare Ricostruiamo l’Italia dei prossimi 20 anni” Renzi lancia il suo nuovo progetto con un libro: «Letta serio , il suo unico difetto è che è pisano» Marco Castelnuovo [marco castelnuovo su g+] inviato a Dogliani (CN) Matteo Renzi arriva impeccabile in vestito blu, camicia bianca e cravatta azzurra a Dogliani, provincia di Cuneo. Non sono evidentemente gli abiti di un rottamatore, vestiti che ha - pare - definitivamente dismesso. Il nuovo Matteo Renzi vuole invece ricostruire. «La rottamazione ha vinto - spiega lui prima di salire sul palco con Giovanni Minoli per il Festival della Tv -. Ha perso le primarie, ma ha vinto le secondarie. Ora c’è bisogno di andare oltre». E «Oltre la rottamazione» è infatti il titolo del libro che sta per pubblicare con Mondadori: un manifesto politico con il quale il sindaco di Firenze affronterà una fase tutta nuova anche per lui. «Da De Gasperi agli U2» era il titolo del suo primo libro, più immaginifico che solido. «Oltre la rottamazione» invece è quanto di più solido ci sia. È incentrato su tre pilastri: il lavoro, il futuro, la politica. Il capitolo finale è una lettera a Gregorio - nome inventato - che rappresenta un ragazzo che avrà vent’anni nel 2033. Un neonato di oggi. Renzi ci tiene a ripeterlo: «Noi dobbiamo restituire fiducia nell’Italia, ridare entusiasmo». Fare politica - per lui- significa proprio questo. «Dobbiamo dare una missione al Paese per i prossimi vent’anni». È la colpa «peggiore» di Berlusconi, il «suo fallimento»: aver gettato questi ultimi vent’anni sprecando l’opportunità di fare le riforme di cui il Paese ha bisogno. Renzi cerca di vedere a vent’anni ma non dimentica l’oggi e attacca a testa bassa Berlusconi. È il primo, nel suo partito, a dire che non può essere il Cavaliere il capo della Convenzione delle riforme («Farlo diventare padre costituente mi pare inaudito»), risvegliando dal torpore un Pd un po’ ingessato dopo l’avvio del governo delle larghe intese. Conferma che è stato Berlusconi a dire no a un suo possibile incarico da premier per questa stagione: «Mi ha chiamato Alfano per spiegarmi che loro preferivano Letta, anche se non so Napolitano come si sarebbe comportato se i partiti avessero avanzato il mio nome». Acqua passata. Ora comincia una nuova fase, una terra inesplorata un po’ per tutti. È il momento di ricostruire forse perché non c’è più niente da rottamare. La classe dirigente che governava il partito è quasi completamente uscita di scena per un fatto molto semplice, secondo il sindaco: «Abbiamo perso le elezioni. Coloro che mi attaccavano in campagna elettorale perché dicevo che bisognava prendere i voti del centrodestra, oggi governano con i ministri del centrodestra». Ma non intende fare la guerra a Letta («Con lui sarò leale come con Bersani»), che è «serio, europeista e ha un solo difetto: essere pisano». Per Renzi, il premier non è un competitore neanche sul terreno del ricambio generazionale («Ho dieci anni meno di lui- scherza -, cioè ben due legislature»). Conferma che non è adatto per fare il segretario del Pd ma è contento del fatto che nessuno lo viva più come corpo estraneo nel partito («Un appestato», dice lui). Solleva Bersani dall’essere l’unico responsabile della disfatta ma rileva che mentre «Grillo riempiva le piazze, noi ci chiudevamo in un teatro sapendo solo ripetere “lo smacchiamo”». Ma è l’Italia che ha in testa e da lì intende ripartire più che dal partito. Il libro in uscita segna il primo passo di questa nuova fase. Il secondo passo l’ha fatto ieri sera. Una cena riservatissima a casa dell’ingegner De Benedetti sulle colline di Dogliani. Il nuovo Renzi è pronto per la prossima battaglia. Twitter@chedisagio da - http://lastampa.it/2013/05/04/italia/politica/basta-rottamare-ricostruiamo-l-italia-dei-prossimi-anni-gjFa79xyqTkxVif4LA20tI/pagina.html Titolo: RENZI: non regaliamo il governo al Cav. Inserito da: Admin - Maggio 11, 2013, 11:04:15 am Il Pd cerca un segretario: al via l'assemblea nazionale.
Renzi: non regaliamo il governo al Cav. di Vittorio Nuti 11 maggio 2013 È iniziata alle 10 di questa mattina presso la Nuova Fiera di Roma l'attesa assemblea nazionale del Partito Democratico con all'ordine del giorno le dimissioni della presidente, Rosy Bindi, del segretario Pierluigi Bersani e dell'intera segreteria, e l'elezione dei nuovi vertici del partito. In pole position, dopo giorni di polemiche e candidature subito rientrate, l'ex leader della Cgil, Guglielmo Epifani, destinato a "traghettare" il partito fino al prossimo congresso, previsto per l'autunno. Su Epifani si sarebbe trovata «un'ampia convergenza», ma la candidatura dovrà comunque passare dal voto segreto in assemblea. Possibile dunque una giornata movimentata: prevista infatti la protesta di OccupyPd, e all'ultimo minuto potrebbe sempre arrivare una contro-candidatura. Oltre 700 partecipanti, Letta atteso in tarda mattinata La relazione di apertura è affidata ad uno dei capigruppo parlamentari (probabilmente Roberto Speranza). Le candidature per la segreteria dovranno essere presentate entro le 13 con minimo 95 firme (il 10 per cento dell'assemblea). Per l'elezione del segretario serve la maggioranza dei voti validamente validamente espressi. Si voterà dalla 14 alle 16 di oggi, ed hanno già confermato la loro presenza piu' di 700 membri dell'assemblea. Il premier Enrico Letta dovrebbe arrivare alla riunione in tarda mattinata Atteso anche un documento promosso dai segretari regionali del Pd sulla candidatura di Epifani e per il sostegno al governo Letta e il rilancio del partito. Renzi: «Il Pd non regali il governo a Berlusconi» Al centro dei conciliabili dei delegati che già affollano la Fiera di Roma l'ultima intervista su "Repubblica" del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che invita il Pd a non «regalare il governo a Berlusconi», ma a «rivendicarlo», indicando le «priorità e dandogli un'impronta "di sinistra». Per Renzi, il partito dovrebbe «cambiare gioco» e liberarsi «di questo strano incantesimo che ci paralizza» e a «uscire dallo psicodramma: non trasformiamo l'assemblea in una seduta di autocoscienza». Mentre Berlusconi «studia come tornare a Palazzo Chigi», sottolinea Renzi, «noi siamo sotto shock. Basta con la depressione. Guidiamo noi questo governo. Abbiamo già sprecato un calcio di rigore a febbraio scorso, non sbagliamone un altro». ©RIPRODUZIONE RISERVATA da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-05-11/cerca-segretario-assemblea-nazionale-095737.shtml?uuid=AbN5byuH Titolo: RENZI : Sull'Imu sfida Renzi-Epifani "Regalo a Silvio". "No, buonsenso" Inserito da: Admin - Maggio 21, 2013, 05:03:42 pm Sull'Imu sfida Renzi-Epifani "Regalo a Silvio". "No, buonsenso" Il sindaco di Firenze punzecchia il suo partito sulla tassa. Parla di "cambiale a Berlusconi". Il segretario Pd replica: "Aspetterei la riforma prima di dare giudizi". Frecciate a Marini: "Non aveva standing per essere presidente". La replica: "Bugiardo, mai chiesto aiuto a lui per il Colle" ROMA - "L'Imu è una cambiale che si paga all'accordo con Berlusconi. Io credo che sia giusto abbassare le tasse, ma mi piacerebbe capire da dove partire. Noi a Firenze abbiamo abbassato l'irpef". Così Matteo Renzi, parlando a radio 24. Parole che suonano in distonia con quelle pronunciate ieri da Enrico Letta, che nel colloquio con Repubblica aveva respinto l'interpretazione di un esecutivo succube ai voleri del Cavaliere. Ma il segretario del Pd Guglielmo Epifani replica a stretto giro di posta: "Non è un regalo a nessuno, ma al buon senso". A margine della commemorazione per l'anniversario dell'assasinio di Massimo D'Antona, il segretario democratico aggiunge: "Aspetterei la riforma complessiva prima di dare giudizi. E' cambiata una cosa che al tempo di D'Antona non avevamo: oggi c'è la crisi". Più tardi, a Porta a Porta, il sindaco di Firenze continua: "Il Pd? ha sbagliato un calcio di rigore. Dopo le primarie abbiamo perso le elezioni. Il Pd deve smettere di essere un'associazione che ogni volta che c'è un'elezione le perde". Per Renzi la campagna elettorale" fatta dal Pd e da Bersani "grida vendetta: sono riusciti a rimettere in gioco il centrodestra". Renzi ribadisce anche di non puntare a ottobre alla segreteria del Pd. "Se io ora facessi la campagna per diventare segretario del Pd sembrerebbe che il mio obiettivo sia quello di sedermi su una poltrona. Il problema non è cosa voglio fare io, ma cosa vuol fare il partito. È in grado di esprimere idee proprie per il Paese o sta solo a rimorchio? Non si deve preoccupare di cosa fa Berlusconi". Poi la difesa del governo Letta: "Non faccio il segretario del partito perché se lo faccio immaginando di poter essere candidato dopo è naturale che vado in rotta di collisione col presidente del Consiglio che ha il mio rispetto politico e istituzionale", ha detto il sindaco di Firenze. "Tra il governo e il partito scelgo l'Italia", ripete il 'rottamatore'. "Non sono interessato a stare nei quattro gruppi del Pd: sono interessato ad aiutare l'Italia e per questo voglio restare a Firenze". "Io penso a dei partiti che non siano un insieme di burocrazie, ma che portino avanti le idee. Io non credo di essere la persona più indicata" per la guida del pd, spiega. A chi gli ricorda di essere stato tra i possibili premier, nel corso delle consultazioni, Renzi glissa: "se ci fosse stata una telefonata del capo dello Stato. Ma voglio rassicurare, non c'è stata". "Questo governo è la soluzione più indicata dopo il risultato delle elezioni. Ora si faccia una legge elettorale chiara, dei provvedimenti per far ripartire l'economia e poi si vada a elezioni", continua Renzi a 'Porta a porta'. Il sindaco di Firenze, torna a parlare della fase in cui il Pd cercò di portare l'ex presidente del Senato al Quirinale, prima di convincere Giorgio Napolitano a ricandidarsi: "Marini non aveva lo standing" per diventare presidente della Repubblica, ha detto Renzi, svelando che nei giorni caldi delle votazioni alla Camera, Marini lo chiamò per chiedere un 'aiutino' e ottenere l'appoggio. Al Quirinale, ci deve andare un cattolico, argomentò l'ex presidente del Senato. "Queste cose - ha replicato Renzi, confermando il tenore della telefonata- mi fanno un po' arrabbiare. Non è accettabile che si chiedano spazi in nome dell'appartenenza religiosa. È inaccettabile dire che al Quirinale ci vuole un cattolico, non stiamo mica facendo le primarie per i vescovi". "Renzi è un bugiardo", è la replica di Marini: "La dichiarazione a Radio 24 di questa mattina, nella quale afferma che io gli avrei telefonato e chiesto sostegno per il Quirinale - aggiunge l'ex presidente dello Stato - mi conferma, anzi mi rafforza della giustezza di tutti i giudizi che fino ad oggi ho espresso su di lui". Marini, quindi, fornisce la sua versione dei fatti: "Nel primo pomeriggio di venerdì 5 aprile un dirigente del Pd fiorentino viene nel mio ufficio a Palazzo Giustiniani chiedendomi di fare una telefonata al presidente del Consiglio regionale della Toscana per invitarlo a rinunciare alla sua elezione a grande elettore per il presidente della Repubblica, a favore di Renzi. Rispondo che una telefonata del genere non l'avrei mai fatta, tanto più che Alberto Monaci in quel periodo aveva anche dei problemi di salute. Dopo mi passa il suo cellulare dicendomi che c'è Renzi in linea per un saluto. Ci scambiamo il saluto senza affrontare alcuna questione, noto soltanto che Renzi è particolarmente gentile. Il presidente del Consiglio Regionale della Toscana venne scelto con voto segreto come grande elettore. Sulla questione ci furono in Toscana e a livello nazionale furiose polemiche per la esclusione di Renzi. Questo è tutto". (20 maggio 2013) © Riproduzione riservata da - http://www.repubblica.it/politica/2013/05/20/news/da_renzi_una_staffilata_a_letta_imu_cambiale_pagata_a_silvio-59192910/ Titolo: Anche RENZI se la prende comoda - (e fa' un altro errore). Inserito da: Admin - Luglio 09, 2013, 05:02:53 pm Sei in: Il Fatto Quotidiano > Politica & Palazzo
Pd, Renzi: “A ottobre una nuova Leopolda. Tutti mi chiedono di candidarmi” Il sindaco di Firenze annuncia per la fine di ottobre un nuovo incontro per discutere "le idee" del partito. Ma non scioglie le riserve su una sua candidatura: "In tanti mi chiedono di mettermi in gioco. Epifani fissi la data per le primarie" di Redazione Il Fatto Quotidiano | 9 luglio 2013 ‘Tanti amministratori, tanti sindaci, tanti militanti ripongono nel Pd le loro speranze. E chiedono a me di mettermi in gioco. A loro dico: dobbiamo costruire un Pd moderno, aperto, pensante non pesante”, in cui “vinca la leggerezza, che sia libero da certe burocrazie simil-ministeriali”. Perché “solo il Pd può fare uscire l’Italia da questa crisi”. Così Matteo Renzi, in una intervista a Repubblica, torna a rivogersi al “traghettatore del Pd”, Guglielmo Epifani, perché “faccia sapere la data del congresso e delle primarie. Per statuto devono avvenire entro il 7 novembre”. Il primo cittadino di Firenze annuncia che ci sarà un’altra Leopolda ”il prossimo 27 ottobre. Perché è fondamentale che si torni alle idee”. Renzi tuttavia non scioglie le riserve su una sua candidatura, per la quale aspetta “la data e di sapere se c’è una comunità di persone che crede” nel suo progetto. E’ vero, dice, che D’Alema gli aveva proposto una candidatura alle europee: “Per D’Alema non devo fare il segretario, né il sindaco. Ma tra qualche anno il premier. Non sono d’accordo: non faccio questa battaglia per sistemarmi”. Il governo, dice, va comunque tenuto “fuori da questo dibattito. Enrico sarà più forte se il Pd sarà più forte. L’importante è che non si preoccupi di durare, ma di fare. Abbia come punto di riferimento le idee di Andreatta e non il tirare a campare di Andreotti“. Il sindaco di Firenze immagina un Pd non più “chiuso in un castello” e “terra di conquista per correnti”. E, ribadisce, “se mi candido, lo faccio indipendentemente da loro. Non vado dietro a patti tra maggiorenti. Questo Pd non esiste, resiste. Ai caminetti romani rispondo sempre con un ‘no grazie’. Non farò scambi di poltrone”. Il Pd, aggiunge, deve “parlare di futuro” e smetterla con “l’dea novecentesca dell’appartenenza”. Nel 2013, dice, “serve un partito aperto”: “Dobbiamo renderlo moderno sapendo che non si discute solo nelle sezioni, che si fa politica anche in rete o nei luoghi del volontariato”. da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/09/pd-renzi-a-ottobre-nuova-leopolda-tutti-mi-chiedono-di-candidarmi/650405/ Titolo: RENZI Renzi e l'«asse» con Bettini Inserito da: Admin - Luglio 11, 2013, 11:49:40 pm Renzi e l'«asse» con Bettini
Piano Roma per la segreteria ROMA - Adesso, quando gli chiedono del modello di partito che ha in mente, Matteo Renzi cita espressamente «il documento di Goffredo Bettini». Per non parlare dei renziani. Come Graziano Delrio, ministro degli Affari regionali, che rimarca la necessità di «far ragionare i circoli sui contenuti» e rimanda «all'iniziativa di Bettini». O come Angelo Rughetti, deputato vicinissimo al sindaco di Firenze, che giudica l'iniziativa di Bettini «un contributo chiaro e condivisibile in cui si immagina un Pd 2.0, che discute con la società e che individua forme di partecipazione nuove». Trattandosi del nome tutelare del centrosinistra romano, dell'inventore del «modello» col quale hanno amministrato la Capitale tre degli ultimi quattro sindaci (Francesco Rutelli, Walter Veltroni e adesso Ignazio Marino), è evidente che dall'asse con Bettini Renzi vuole tirar fuori un «piano Roma». Per il sindaco di Firenze, la Capitale è sempre stata un tallone d'Achille. Alle primarie dell'anno scorso Renzi prese poco meno di 45 mila voti (pari al 29,7 per cento) a fronte dei 106 mila finiti a Pier Luigi Bersani (70,3). Per non parlare della disfida per la scelta del candidato sindaco, in cui l'uomo «benedetto» da Renzi - e cioè Paolo Gentiloni - si era fermato al 15 per cento, al terzo posto dietro Ignazio Marino e David Sassoli. Da allora, nonostante i pochi mesi trascorsi, sembra passata un'era geologica. E Renzi, che sta costruendo sul territorio nazionale una «rete» fatta soprattutto di sindaci e amministratori locali, su Roma non vuole rimanere indietro. Da qui il dialogo con Bettini, che ieri ha presentato il suo «contributo al confronto congressuale» corredandolo di firme che vanno molto al di là dei futuri schieramenti congressuali. Lo firmano il prodiano Sandro Gozi e l'ex candidata alle primarie Laura Puppato, il renziano Ivan Scalfarotto e il sindaco di Bologna Virginio Merola, la senatrice aquilana Stefania Pezzopane e il vicepresidente del Parlamento europeo Gianni Pittella, più alcune colonne del Pd romano capitolino come Michele Meta e Roberto Morassut. Senza dimenticare la società civile, il punto forte di Bettini. E cioè la capacità di mettere insieme l'imprenditore Andrea Mondello e il dirigente della Cgil Beniamino Lapadula, il filosofo Giacomo Marramao e l'architetto Stefano Boeri. Alla presentazione del documento bettiniano, che immagina la trasformazione del Pd da «partito gassoso» a «partito senza correnti in cui le decisioni vengono prese dal basso», sfila anche un pezzo di partito che con Renzi non ha nulla a che fare. Come il ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, schierato con Gianni Cuperlo, e Marianna Madia. Ma è l'area dei renziani a presentarsi in massa all'appuntamento che Bettini fissa a mezzogiorno a due passi da Montecitorio. Arriva il ministro Delrio, e spiega che «Renzi segretario darebbe più forza al governo». Si affacciano Paolo Gentiloni, Lorenza Bonaccorsi e Francesco Bonifazi. Bettini, che comunque spiega che il documento sarà rivolto a tutti i candidati alla segreteria, lancia più segnali nei loro confronti. Lo fa quando dice che «come candidato premier Matteo lo voterei subito». Ma lo fa soprattutto quando, a riunione terminata, lascia intendere che il suo vecchio consiglio al sindaco di Firenze di lasciar perdere il partito è ormai superato. «Se Renzi farà il segretario, sarà più forte nella corsa alla premiership. E questo mi pare evidente». Com'è evidente che, nel caso in cui si formalizzasse il suo sostegno alla corsa di Renzi («Adesso è presto, non è il momento di forzare»), la dote che Bettini porterebbe al Rottamatore cambierebbe i rapporti di forza a Roma. Al punto che, tra i sindaci che in autunno lanceranno la volata renziana, potrebbe anche spuntare il nome di Ignazio Marino. Che si andrebbe ad aggiungere quello di altri big, come il sindaco di Bologna Virginio Merola o quello di Bari Michele Emiliano, pronti a sposare la causa del primo cittadino di Firenze. «Io sono concentrato sulle idee, più che sulle persone. E Renzi è l'unico che potrebbe far camminare delle idee nel Pd», lascia intendere Bettini. Che, tra le altre cose, cita «anche la battaglia per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, su cui sono d'accordo con lui». Ma il pallino fisso dell'ex coordinatore del Pd all'epoca di Veltroni è «la sconfitta del correntismo». Lo stesso di Renzi, con cui Bettini condivide anche qualche nemico. A cominciare dagli ex popolari e dal tandem Franceschini-Fioroni e da Pier Luigi Bersani, che saranno comunque schierati dalla parte opposta della barricata rispetto a «Matteo». Tommaso Labate 10 luglio 2013 | 8:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA da - http://www.corriere.it/politica/13_luglio_10/renzi-asse-bettini_ab798ba2-e920-11e2-a2a0-aaafeae20fe9.shtml?fr=box_primopiano Titolo: RENZI «Caro Letta, niente alibi, il governo dura se fa le cose». Inserito da: Admin - Agosto 08, 2013, 08:54:26 am Bosco Albergati
Renzi alla festa Pd: «Ora tocca a noi» «Caro Letta, niente alibi, il governo dura se fa le cose». E su Berlusconi: «Sentenze si rispettano, legge è uguale per tutti» Matteo Renzi sale sul palco della festa Pd di Bosco Albergati (Modena) e cita Ligabue: «Non è tempo per noi». E aggiunge: «e forse non lo sarà mai». Ma non è un discorso pessimista quello del sindaco di Firenze in terra bersaniana. «Ventitrè anni fa un giovane sconosciuto cantautore, Luciano Ligabue, inventò l'inno della mia generazione, una canzone molto bella, ma anche triste, che diceva: 'non è tempo per noi e forse non lo sarà mai", io vorrei che ci domandassimo se davvero non è tempo per noi o se questo è il nostro tempo e torniamo a lavorare per dare all'Italia un futuro». Un futuro su cui Renzi basa tutto il suo one-man-show. Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd Renzi «assaggiatore» tra i volontari della festa del Pd PURTROPPO - Dopo il primo applauso dà inizio alla parabola del «purtroppo». «Vorrei che il Pd riprovasse il gusto di inventare e non si limitasse a compiangere i tempi del passato». Esordisce: «Se le generazioni prima di noi avessero detto purtroppo non sarebbero uscite dalle macerie della guerra. Se gli imprenditori detto purtroppo, l'Emila non darebbe uscita dal terremoto». Cosi chiede l'applauso agli emiliani e a se stesso. E lancia una stoccatina ai compagni al governo: «Oggi hanno rinviato la discussione sul testo sul finanziamento ai partiti, penso che per il Pd sia stato un clamoroso autogol» «ABBIAMO VISTO PASSARE» - Durante il primo intervento alla Festa democratica di Bosco Albergati (il secondo sarà alle 21nel modenese, Matteo Renzi ha commentato le offese al ministro dell'integrazione Cecile Kyenge. «In questi 23 anni abbiamo visto passare di tutto, lo voglio dire qui. Dalle parti di Roma è passata la Lega Nord che dopo Roma ladrona si è piazzata lì e ha fatto di tutto, dai diamanti alle lauree in Albania. E abbiamo visto uno statista in camicia verde che ha insultato un ministro di questa terra. E per questo voglio mandare un grande abbraccio a Cecile Kyenge. Perché i Calderoli passano, la dignità resta». «PRIMARIE SOCCHIUSE» - «Abbiamo bisogno del partito, ma la vecchia tessera non basta più, in un mondo che è sempre più precario e cambia velocemente, abbiamo bisogno di inventarci un partito diverso che non si basa solo su tessera e appartenenza, certo non basta una pagina Facebook, non bisogna perdere il gusto dell'abbraccio e della stretta di mano». Riferimenti alla vecchia cultura di politica e attacco alle nuove forma di democrazie. Renzi parla a un pubblico non giovanissimo. «Vorrei - ha aggiunto - che il Pd corresse per raggiungere il futuro, e per farlo anche noi avremmo bisogno di innovare. I sociologi parlano di società liquida, il nuovo partito non può basarsi soltanto su tessera o iscrizione e nemmeno solo una pagina facebook». Una stoccatina a Grillo («È il principale sponsor delle larghe intese. È lui che ha paura che le cose cambino» e ancora : «Quella sbandierata apertura al voto telematico di Grillo deve tenere conto che il valorso compagno Tabacci, quello che ha preso meno voti alle primarie tra noi, ha preso più voti di tutti i candidati del M5S alle parlamentarie»). E un rapido riferimento a Berlusconi: «Il compito del Pd è salvare l'Italia, e per salvare l'Italia si parte da un principio: le sentenze si rispettano, la legge è uguale per tutti», afferma riferendosi alla decisione della Cassazione di confermare la condanna a Berlusconi. «È venti anni che stiamo aspettando Berlusconi. Almeno il congresso del Pd possiamo farlo senza di lui». E ancora sul Pd: «Non deve avere paura. Deve giocare d'attacco». Un passaggio anche per Epifani: «A Epifani dico: non passiamo il tempo a pensare come cambiare le regole delle primarie ma passiamo il tempo a parlare dei problemi dell'Italia, non parlando delle primarie socchiuse». ACCANTO A LETTA - «Siamo al fianco del governo», dice Renzi. «Incoraggiamo Enrico Letta» sostiene, anche se poco prima aveva sostenuto che «bisogna avere il coraggio di tornare alla politica con il coraggio di capire che non si può andare avanti con questi politici». E proprio dall'Emilia che Renzi sceglie di tornare a parlare, mandando un chiaro messaggio a Letta e al Governo: «Vai avanti e fai quello per cui sei stato votato e non cercare alibi in chi sta fuori del parlamento». NO A «DURARE» - «Il governo non usi la voce del verbo "durare", che è un verbo doroteo, ma la voce del verbo 'fare', dice Renzi incoraggiando il governo Letta a essere il governo del fare. «In quel caso spero che duri il più possibile», sottolinea, «ma non accetto che mi si accusi di logorarlo perchè dico quel che penso». Lo dice più di una volta: siamo al fianco del governo «Perché realizzi impegni presi, a partire da nuova legge elettorale, come quella dei sindaci. Io sleale? Sono quello che ha detto in faccia che ci voleva la rottamazione. Basta con il dire e il non dire» 7 agosto 2013 | 21:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA Redazione Online da - http://www.corriere.it/politica/13_agosto_07/renzi-a-festa-pd-a-bosco-albergati-emilia_29f1ee16-ff7e-11e2-a99f-83b0f6990348.shtml Titolo: Renzi e la Liberazione "Come loro, mettiamoci in gioco" Inserito da: Admin - Agosto 12, 2013, 09:12:14 am Renzi e la Liberazione "Come loro, mettiamoci in gioco"
"C'è chi è morto dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata", ha detto il sindaco, che si è rivolto ai rappresentanti dell'Anpi chiamandoli amici e compagni "Rispetto umano e pietas per tutti i morti, ma c'è chi è morto dalla parte giusta e chi è morto dalla parte sbagliata. Ogni tentativo di revisionismo va respinto al mittente". Lo ha detto il sindaco di Firenze Matteo Renzi, nell'anniversario della liberazione della città, durante il suo intervento in Palazzo Vecchio. Il sindaco ha poi ricordato la proposta di legge in cui "si afferma il dovere di dire che viene equiparato al patrimonio culturale ogni bene che sia stato oggetto della Resistenza. Questo significa che la resistenza sta nel Dna come elemento costitutivo di questa comunità". La nostra intervista a Renzi: "Scommetto sulla mia ricandidatura a sindaco" "I partigiani ebbero la forza di mettersi in gioco". Pensando a quel periodo "l'idea di fondo che mi è rimasta è che quella generazione là, quando ha avuto bisogno di mettersi in gioco, si è tirata su le maniche e ha mandato in pensione, ha rottamato la parola purtroppo. A noi viene detto 'non si può fare', il contrario di yes we can. La crisi c'è ma serve la forza della proposizione". Renzi si è rivolto così ai rappresentanti dell'Anpi, Associazione nazionale partigiani: "Ricordare i vostri ricordi, cari amici e compagni dell'Anpi". All'ingresso nel palazzo comunale, il sindaco è stato accolto da 'Bella ciao' suonato dalla banda della città. Sulle scale Renzi ha scherzato con il sottosegretario Gabriele Toccafondi (Pdl). Imitando la voce di Berlusconi, Renzi gli ha detto: "Mi consenta, è una vergogna". (11 agosto 2013) © Riproduzione riservata da - http://firenze.repubblica.it/cronaca/2013/08/11/news/renzi_e_la_liberazioni_no_ad_ogni_revisionismo-64625747/?ref=HREC1-4 Titolo: RENZI. Renzi accolto da star a Modena: “Nel Pd detta la linea chi perde” Inserito da: Admin - Settembre 08, 2013, 07:25:35 am POLITICA
08/09/2013 Renzi accolto da star a Modena: “Nel Pd detta la linea chi perde” Epifani: “No a segretario-premier” Il sindaco di Firenze fa il pieno di applausi:«Sogno un partito fatto da dirigenti, militanti e gente che sta in strada». Ma il segretario lo stoppa Più che la festa dell’Unità, pare il festival di Venezia. Ormai Matteo Renzi non è solo un politico, è definitivamente una star della cultura popolare di questi tempi. L’accoglienza di Modena al sindaco di Firenze è stata la più calda del suo tour emiliano-romagnolo, lo zoccolo più duro da conquistare, secondo gli esperti, nella sua scalata al Pd. E a giudicare dalla reazione del popolo più `rosso´ del partito (qui la Festa in una settimana ha già incassato un milione e passa di euro), tra Renzi e il traguardo non ci sono più ostacoli: lo hanno osannato, abbracciato, baciato, fotografato, gli hanno urlato di continuo `mandali a casa´, interrotto sul palco, lanciato magliette e mandato baci. Nemmeno fosse George Clooney. Agli 8.000 (forse di più) che lo hanno ascoltato nell’Arena del Lago (a differenza di Bologna, la location del suo intervento è stata spostata visto l’atteso grande afflusso), Renzi ha ribadito la sua idea d’Italia. Non solo rottamazione, non solo slogan, ma soprattutto «idee», fatti concreti, una nuova visione del futuro, perché «per me la sinistra è apertura, non chiusura, coraggio e non paura: se dovessi mettere la residenza da qualche parte, sceglierei una frontiera». E così gli applausi più vigorosi sono arrivati sui passaggi dedicati al Pd: «Sogno un partito fatto da dirigenti, militanti, volontari della Festa, invece qui c’è gente che perde anche le elezioni del proprio condominio e che ci detta la linea». Ovazione: «È gente che viaggia in auto blu, con le scorte. Gente che sta dentro al palazzo, invece io voglio persone che stanno in strada». Doppia ovazione: «Se vogliamo cambiare l’Italia, dobbiamo cambiare noi perché se non cambiamo, perdiamo e io non voglio più perdere». La strada verso una nuova Italia passa anche attraverso l’abbattimento del tabù lavoro: «Non è l’articolo 18 il problema - attacca Renzi su uno dei temi più cari al mondo della sinistra - è un simbolo importante, ma riguarda poche persone». E dal tasto `delusi´, il serbatoio dove attingere quei voti che mancano al centrosinistra per vincere, a partire dal Movimento Cinque Stelle: «Quelli fanno alpinismo istituzionale, qualcuno può ricordare ai `grillini´ che li paghiamo per risolvere i problemi e non per fare delle sceneggiate?». Renzi spazia dalla sua partecipazione ad `Amici´ alla lotta contro il colesterolo. Scherza sulla `pitonessa´ e su Fioroni («Ci interessa veramente con chi sta?»), senza citare quasi mai i suoi avversari alle primarie. Poi, inevitabilmente, si arriva a Berlusconi: «Su di lui nessun pastrocchio, non c’è nessun voto che può rimettere in discussione una sentenza», ribadisce, dicendosi convinto, però, che il Caimano non metterà in discussione il Governo. «Secondo me - azzarda Renzi - non si tornerà a votare», poi con quello, scherza, «vatti a fidare...». Epifani: “No ad automatismo segretario-premier” Per la data del congresso del Pd rivolgersi all’assemblea nazionale, il 20-21 settembre. Guglielmo Epifani delude chi ancora sperava possibile un’anticipazione del giorno `X´. «La scelta - spiega - spetta al presidente dell’assemblea, lo dice lo Statuto». Dal palco di Genova, nella manifestazione di chiusura della Festa Democratica, il segretario del Pd, davanti ad una folla attenta ed alcuni big del partito (tra gli altri Massimo D’Alema, Rosy Bindi ed il candidato segretario Gianni Cuperlo) suggerisce inoltre: «sarebbe meglio che non ci fosse automatismo tra le candidature a segretario del partito ed a premier». Giusto che «un segretario di alto profilo» possa concorrere sui due fronti, precisa, anzi «ci conviene», ma con l’automatismo «avremmo un problema in più e una flessibilità in meno». E puntualizza: «L’ho detto prima che si conoscesse il nome degli aspiranti candidati’’. Nella partita tra Renzi e gli altri papabili alla segreteria del Partito Democratico, Epifani non entra se non per rassicurare che, alla fine della competizione, il Pd «resterà unito e plurale» e alla fine il vincitore «sarà il segretario di tutte le democratiche e di tutti i democratici». Ma oltre a parlare di nomi, «è bene - ammonisce - che nella discussione non contino solo le persone, ma anche le cose, le questioni importanti». da - http://www.lastampa.it/2013/09/08/italia/politica/renzi-accolto-da-star-a-modena-ci-detta-la-linea-chi-perde-OJwnwkA6VZVFnhWv59o1QP/pagina.html Titolo: RENZI. LA CRISI DI GOVERNO - I DEMOCRATICI Inserito da: Admin - Ottobre 07, 2013, 05:26:48 pm LA CRISI DI GOVERNO - I DEMOCRATICI
Ora Renzi si concentra sulla segreteria «Ma dico no a operazioni neocentriste» Il sindaco vuole diventare l’azionista di riferimento del governo Roma. Per Matteo Renzi si apre adesso una nuova partita: dimostrare di essere l’azionista di riferimento di questo governo. Colui che può decidere se l’esecutivo va avanti o se è bene che si fermi. Già martedì c’è stata la prova generale di questo suo nuovo ruolo quando Enrico Letta lo ha chiamato per avere il suo «via libera» alla nuova operazione con Alfano (provocando il risentimento dell’altro candidato alla segreteria, Gianni Cuperlo, che poi è stato ricevuto anche lui per «par condicio»). Il «via libera» c’è stato e non poteva essere altrimenti: raccontano che quello che ci teneva di più era il vicepremier. «Enrico - ha detto a un amico il sindaco di Firenze - ha siglato questo patto generazionale con Lupi e Alfano per emarginare Berlusconi, ora vediamo che cosa succederà». Ma che cosa accadrà invece a lui, a Matteo Renzi, che cosa cambierà adesso che, come sottolinea con una punta di malizia il bersaniano D’Attorre, «Letta ha dimostrato che il sindaco fa l’antiberlusconismo a chiacchiere mentre lui lo fa con i fatti»? «Ora per me non cambia proprio niente - spiega il sindaco ai fedelissimi - per me quella alla segreteria è una sfida in cui mi impegnerò al 100 per cento. So che mi gioco tanto ed è quello il mio obiettivo». Però Renzi sa anche qualche altra cosa perché non gli sfuggono i movimenti di palazzo: «So che c’è chi tenta un’operazione neocentrista, so che si pensa a una legge proporzionale, ma quando sarò eletto alle primarie e avrò il mandato di milioni di elettori del centrosinistra porrò il problema come segretario del Pd: noi saremo per il bipolarismo senza se e senza ma, non vogliamo il ritorno all’antico e alla prima Repubblica, non vogliamo che un sistema elettorale che istituzionalizzi le larghe intese, e non ci sono ex democristiani che tengano». E, incredibile ma vero, in questa battaglia Renzi ha dalla sua la «nemica» Rosy Bindi, la quale osserva: «Questa continua a essere una maggioranza anomala e io contrasterò ogni operazione neocentrista». Operazione, invece, a cui punta senza farne mistero Beppe Fioroni: «In questo modo asfaltiamo anche Renzi», sorride sornione. E aggiunge: «Il nostro campione sarà Letta e con lui saranno tutti gli ex democristiani di tutte le parti, magari troveremo anche un nostro candidato per il congresso». Ma il renziano Guerini gli fa pacatamente notare: «Guarda che in vista dei congressi locali tanti lettiani stanno già nelle nostre liste». Il sindaco di Firenze, però, non sembra interessato a queste beghe e pensa già al futuro, come ha spiegato ad alcuni compagni di partito: «Io da segretario sosterrò lealmente il governo: l’ho già detto a Letta. Lo sosterrò ogni volta che farà delle cose utili al Paese, non perché deve andare avanti per dare il tempo ad Alfano, Lupi, Cicchitto di organizzarsi... Comunque se il governo dovesse durare fino al 2015 perché sta facendo bene, per me la situazione non muta, vuol dire che avrò più tempo per cambiare il partito e per renderlo più forte . Con Enrico ho un rapporto franco e questo è importante. Se lui fa bene è meglio per il Pd e per il Paese. Ma è normale che io come segretario avanzi le nostre proposte al governo. E poi lo solleciterò quando riterrò che debba fare di più, perché c’è bisogno di cambiamento e su quel fronte non c’è ancora il coraggio sufficiente». 1. Parla e si muove già come il segretario del Pd, Matteo Renzi. Se ne è accorto anche Vendola che mercoledì è stato a pranzo con lui nella Capitale. Il succo del discorso tra il sindaco e il leader di Sel è stato questo: «Dobbiamo iniziare a lavorare insieme, anche attraverso forme di collaborazione tra i parlamentari, il fatto che siamo in posizioni diverse rispetto al governo non deve dividerci». Un discorso che sembra dare ragione a chi scommette che alla fine anche tanti dirigenti ex Ds, preoccupati dell’intesa trasversale tra cattolici che sta nascendo al governo, si sposteranno su Renzi. Del resto, mercoledì, gli ex Ds erano gli unici a non avere l’aria troppo soddisfatta. Si sentono un po’ emarginati: «Al banco del governo - osserva Ugo Sposetti - c’erano solo Dc. E tanti di noi quando torneranno al collegio avranno il problema di dare spiegazioni ai loro elettori. Io per fortuna stasera torno a Roma e non a Viterbo...». 03 ottobre 2013 © RIPRODUZIONE RISERVATA Maria Teresa Meli Da corriere.it Titolo: Renzi: "Voglia di proporzionale anche nel Pd" Inserito da: Admin - Ottobre 28, 2013, 10:17:50 am Renzi: "Voglia di proporzionale anche nel Pd"
Leopolda, Epifani: "E' forte, ma non c'è solo lui" Renzi: "Voglia di proporzionale anche nel Pd" Leopolda, Epifani: "E' forte, ma non c'è solo lui" (ansa) Alla stazione fiorentina è il giorno degli interventi da quattro minuti. Grandi applausi all'intervento del finanziere Davide Serra: "Si garantiscono i vecchi a spese dei giovani". Applaudito anche il segretario del Pd di SIMONA POLI E LAURA MONTANARI FIRENZE - Non ci sono bandiere, non ci sono simboli che riportino al Pd. "Non è un'iniziativa del Pd, è un'iniziativa che parla anche ad altri mondi" dice Matteo Renzi sul web replicando a chi gli chiede come mai alla Leopolda non ci siano insegne di partito. Nella brochure distribuita in sala, a proposito dello stile, si sottolinea: "No loghi politici". Da qui nasce in giornata una polemica con Cuperlo, l'altro candidato alla segreteria del partito che da Trieste commenta: "Ce la immaginiamo la Fiorentina che acquista Messi dal Barcellona, fa la conferenza stampa per presentarlo ai tifosi e alla città e non c'è la foto del giocatore che tiene in mano la maglietta della Fiorentina con scritto Messi? Non potrebbe accadere". Non tarda la replica divertita di Renzi dal palco della Leopolda: "Tu mandaci Messi che una maglia poi si trova". Al di là delle battute e degli applausi che il sindaco fiorentino chiede per tutti i candidati alla segreteria, si percepisce che i nervi sono tesi. "Portiamo il desiderio di spalancare le finestre" dice Renzi. Nell'ex stazione diventata la casa di questa convention è arrivato per la prima volta il segretario del Pd Guglielmo Epifani, Renzi lo accoglie: "E' una bella novità. Un anno fa c'era la contro manifestazione, stavolta c'è un clima diverso". Alle 13 il segretario sale sul palco: "In molti interventi è stata richiamata la necessità che i politici parlino dei problemi veri del paese e anch'io vorrei far lo di più mentre spesso mi trovo a parlare di cose che interessano poco. La situazione è drammatica, l'Italia si sta dividendo sempre di più tra chi non ha nulla e chi invece, per fortuna o per sue capacità, non ha perso quasi niente. E poi c'è il dramma dei giovani che vanno all'estero, noi rischiamo di perdere le nostre migliori competenze". Parla di lavoro che non c'è e di giovani: "Questi ragazzi hanno il diritto di per scegliere se restare o no nel loro Paese, la mia generazione ha avuto quella opportunità e ognuno di noi si è realizzato come meglio ha voluto". Anche per Epifani quella Vespa sul palco della Leopolda è un simbolo: "Ricordo quando da ragazzo me la regalarono, dal giorno dopo mi sentii libero di andare dove volevo, senza dipendere da nessuno. Poi ho scoperto una libertà più grande, quella di decidere il proprio futuro e per me coincise con lo sbarco dell'uomo sulla luna...". "Non abbiamo solo lui". Quando scende dal palco e parla con i giornalisti Epifani dice di Renzi: "Ha un consenso e un seguito, è una persona forte, uno di quelli con cui il Pd può candidarsi a uscire da questa situazione". Poi aggiunge: "Non abbiamo solo lui, ne abbiamo tanti e questa è la nostra forza". Dopo l'intervento Epifani è stato a colloquio con Renzi per circa dieci minuti e poi a pranzo con il sindaco di Firenze e con altri tre dell'entourage del sindaco. Da scommettere che al centro del loro colloquio oltre al congresso del Pd ci sarà stata la situazione del Pdl. Leopolda secondo giorno. Il secondo giorno dei lavori alla Leopolda è quello degli intervneti liberi, tutti possono salire sul palco e proporre idee o progetti o dire la propria opinione in 4 minuti. Si avvicendano imprenditori, blogger, politici, commercianti, studenti. Intorno c'è il clima di una convention molto dinamica e televisiva nei tempi. Ci sono anche i tavoli con in vendita i gadget della Leopolda, t-shirt, copertine per smartphone, shoppers. Ci sono i video, le canzoni, i grandi poster col titolo dell'iniziativa "Diamo un nome al futuro" e c'è soprattutto la faccia di Renzi riprodotta all'infinito sugli schermi, il sindaco sta fisso sul palco con la camicia bianca aperta sul collo e il microfono vintage davanti alla bocca che amplifica la sue parole. Oggetti del passato sono anche la Vespa 125, la bicicletta di Bartali, le vecchie sedie da bar, la 500 parcheggiata fuori, la lavagna scolastica (in realtà elettronica), simboli che ricordano quello che di buono in Italia è stato fatto e che non va buttato via. Ma con lo sguardo puntato sul domani, come sempre ripete il sindaco rottamatore non pentito. Il primo a prendere la parola nella mattinata è un blogger, poi una diciottenne, poi una giovane mamma, poi via via tutti gli altri. Finanziamenti. "Nella serata di ieri sono stati raccolti cinquemila euro per il finanziamento della convention" spiega rispondendo a una domanda sul tema posta via twitter, e ribadendo che il finanziamento della manifestazione avviene mediante donazioni attraverso il sito web matteorenzi.it. In sala arriva il finanziere Davide Serra che Renzi presenta come "il mio amico" difendendolo dagli attachi sulla vicenda Cayman: "E' stato accusato di essere un vampiro, invece è una persona molto perbene". Dice Serra: "Sono qui per parlare di meritocrazia, non di lobbismo, appartenenza o casta economica". E' convinto che "gli italiani possano vincere ma devono essere messi in condizione di farlo: chi vuole farli perdere, quella cricca di interessi privati e pochi di interessi politici, deve essere cambiata". Serra è diretto: "Negli ultimi 40 anni, l'Italia è riuscita a esprimere al vertice il peggio di quello che ha, e non riesco a capire perché. La classe che ha gestito gli ultimi 40 anni - ha spiegato il finanziere ricscuotendo molto applausi - è stata barbara, perché ha rubato alla mia generazione e a quella dei miei figli". Ha parlato di italiani di serie A e di serie B, questi ultimi sono quelli che in pensione "ci andranno a 70 anni, mentre gli altri si sono andati a 55": quindi, "si garantiscono i vecchi a spese dei giovani". Applausi. Il giovane finanziere che vive a Londra ha attaccato in un passaggio: "Il board del Corriere della Sera è un'accozzaglia di perdenti" e critica la cacciata nel 2006 dell'allora amministratore delegato Vittorio Colao, che poi ha ottenuto risultati brillanti in Vodafone. No proporzionale. Prima di Serra era salito sul palco, fra gli altri, il politologo, docente universitario, Roberto D'Alimonte per parlare di legge elettorale: "Una riforma elettorale che va bene a tutti i partiti? No, quello che serve è una riforma che va bene al Paese. Se dobbiamo fare una brutta legge allora meglio tornare a votare col Porcellum. So di dire una cosa molto impopolare, anche qui dentro, ma è quello che penso". E aggiunge: "Sono per l'abolizione pura e semplice del Senato, non il superamento del bicameralismo". Sostiene il sistema elettorale a doppio turno: "Il premio di maggioranza in due turni avvicina al modello dei sindaci". D'Alimonte si dice contrario a una riforma in senso proporzionale: "C'è tanta voglia di proporzionale dentro una parte del Pd, dentro una parte del Pdl, dentro una parte del Movimento 5 Stelle, per non parlare di Casini e soci" attacca il docente della Luiss. D'Alimonte spiega anche che l'argomento secondo cui la riforma deve andare bene a tutti è un alibi insidioso: "La riforma deve andare bene al Paese. Usare l'argomento secondo cui la riforma elettorale deve andare bene a tutti vuol dire mettere nelle mani del Pdl le chiavi della riforma. Il Pdl, anzi Forza Italia, non vuole né collegi uninominali né doppio turno: francamente mi sembrano due veti eccessivi per un partito solo. Se accettiamo i due veti di Forza Italia l'unica soluzione diventa il proporzionale, e oggi in queste condizioni il proporzionale sarebbe un disastro per il Paese". Concorda Renzi che chiosa: "C'è voglia di proporzionale, ma la faremo passare perchè bisogna sapere chi governa, servono le garanzie". Poi tocca agli imprenditori, parla Brunello Cucinelli che cita Socrate e D'Agostino: "Per essere credibili dobbiamo essere veri" dice. Subito dopo sale sul palco Andrea Guerra, ad di Luxottica: "Viviamo un grande cambiamento. Tre miliardi di nuovi consumatori". Aggiunge: "Trasformiamo il pane in eccellenza, questo è quello che possiamo e dobbiamo fare. Stiamo vivendo una rivoluzione industriale clamorosa, nessun paradigma tecnologico che valeva nel '90 che vale ancora oggi" assicura e spiega che bisogna affrontare le sfide in modo nuovo: "C'è bisogno di un lavoro diverso, chiediamo ai nostri operai straordinari, turni diversi perchè è il lavoro è così". I giovani. Fra i numerosi interventi anche quello di uno studente diciassettenne: camicia bianca come Renzi, iPad in mano. Marco Pierini, 17 anni era intervenuto anche lo scorso anno: "Siamo qui per prenderci il partito per scardinare il sistema. Farlo sarebbe un terremoto, sarebbe la vera rivoluzione". Si succedono per tutto il giorno gli interventi, al microfono un'insegnante di un'area difficile del sud, poi Frnacesca Vecchioni, figlia del cantautore Roberto che parla della sua famiglia fatta da due mamme con due figlie: "Dobbiamo fare in modo che lo Stato non alimenti i pregiudizi. I diritti sono tali se sono di tutti, sennò si chiamano privilegi". Chi c'è. Da Giorgio Gori, a Guido Ferradini, da Francesco Clementi a Roberto Reggi, ci sono tutti i renziani della prima ora, ma anche tante new entry: da Marianna Madia, ex Veltroniana di ferro, l'ex mariniana Paola Concia, il governatore della liguria Claudio Burlando, i franceschiniani ettore rosato, piero martino e francesco savero garofani e Antonello Giacomelli. Ci sono anche due su tre componenti del gruppo 'Lothar', il think thank di Massimo D'Alema all'epoca di Palazzo Chigi, e cioè l'ex bersaniano Nicola Latorre e l'imprenditore Claudio Velardi. Su twitter si affollano i dubbi e i sospetti, ma il sindaco fiorentino zittisce tutti: dicendo che bisogna vincere la sindrome degli "happy few" che è stata un tratto distintivo di certa sinistra: "Sul carro non si sale, si spinge". Stasera chiuderà gli interventi Oscar Farinetti (Eataly). Domani i lavori riprendono alle 10 con l'intervento dei due ministri presenti, Graziano Delrio (Affari regionali) e Dario Franceschini (Rapporti col Parlamento), poi lo scrittore Alessandro Baricco e quindi intorno a mezzogiorno la chiusura di Matteo Renzi. http://firenze.repubblica.it/cronaca/2013/10/26/news/renzi_non_ci_sono_bandiere_pd_parliamo_anche_ad_altri_mondi-69480613/?ref=HRER2-1 Titolo: Renzi: “La responsabilità delle toghe non è più un tabù, subito la ri Inserito da: Admin - Novembre 03, 2013, 06:54:56 pm Politica
30/10/2013 - il caso Renzi: “La responsabilità delle toghe non è più un tabù, subito la riforma” Il sindaco di Firenze accelera: «Ma nessun pasticcio all’italiana» «Negli ultimi vent’anni è stato impossibile anche discutere soltanto della responsabilità civile dei magistrati perchè aveva un retrogusto di ritorsione. Terminata l’era berlusconiana, è giunta l’ora di una radicale riforma della giustizia che disciplini la responsabilità civile dei magistrati nel rispetto degli standard europei». Lo dice Matteo Renzi nel colloquio avuto con Bruno Vespa per il libro «Sale, zucchero e caffè. L’Italia che ho vissuto da nonna Aida alla Terza Repubblica». E la riforma della giustizia, secondo Renzi, non deve essere «un pasticcio all’italiana ma una cosa seria che rappresenti la garanzia migliore per il magistrato serio». «Abbiamo affrontato per primi questo tema nella Leopolda del 2011, in tempi non sospetti. Ma naturalmente - ha concluso il Sindaco di Firenze candidato alla segreteria del Pd la priorità assoluta è il funzionamento della giustizia». Da - http://lastampa.it/2013/10/30/italia/politica/renzi-la-responsabilit-delle-toghe-non-pi-un-tab-subito-la-riforma-8UTBiUYs0bNw9ocGgj20KJ/pagina.html Titolo: Matteo RENZI “Decisivi i primi due mesi Voglio lasciare subito il segno” Inserito da: Admin - Dicembre 11, 2013, 10:41:51 am Primarie 2013 PD
09/12/2013 - colloquio Renzi: “Decisivi i primi due mesi Voglio lasciare subito il segno” Il nuovo segretario e la gestione del Pd: sbagliata la logica dei contrappesi E sul governo: dopo la sentenza della Corte non è più forte, stia in campana Un trionfo e persino i suoi avversari lo riconoscono. Matteo Renzi è stato incoronato segretario del Pd con quasi il 68% dei voti. E non è solo la percentuale, sotto il 75,8% di Walter Veltroni nel 2007 e sopra il 53,2% di Pier Luigi Bersani del 2009, ma anche l’affluenza a decretare una vittoria senza ombre: al voto sono andate 2,8 milioni di persone Dice «lo so che l’inizio è decisivo. Ho due mesi per imporre un segno, far capire che non scherzavamo e vedere - soprattutto - se riusciamo a fare questa benedetta legge elettorale». È mezzogiorno in punto, Matteo Renzi è ancora un segretario in divenire e dunque può starsene per conto suo. Le mani in tasca e le scarpe coi lacci gialli, è con la moglie Agnese a guardare i figli (Francesco ed Emanuele) giocare a pallone su un campetto di periferia. È il suo ultimo giorno da non-segretario: e forse, per i cronisti, l’ultima occasione per sentirlo parlare con la solita spavalda guasconeria. Un occhio al campo e un altro, come sempre, al telefonino. Messaggini su messaggini. «Sono la vera scocciatura di queste primarie - dice -. Ma molti amici mi avvertono che ci sono file ai seggi e difficoltà a votare. Alla fine andrà bene, ma questa scelta di non favorire l’affluenza per indebolire il nuovo segretario - lamenta - non la capisco affatto. Così come non capisco Epifani, che ora vuole contrappesi per bilanciare il potere del leader scelto con le primarie. Così si indebolisce il Pd, non me: e onestamente, non mi pare un buon affare». In questa indimenticabile giornata di sole freddo, anche lui - il sindaco - ha fatto la fila per votare: ore 9,30, strette di mano, saluti e un quarto d’ora d’attesa al seggio affollatissimo di Piazza de’ Ciompi. «Un buon segno», dice: ma non vede l’ora di liquidare telecamere e cronisti. Lo fermano e lo contestano un paio di studenti: dà loro appuntamento per il 16 dicembre, giorno nel quale chissà in cosa e dove sarà indaffarato... Eleganti signore, invece, lo baciano: «È un pischello, ma è bravo». Renzi sorride, ma si dilegua rapidamente. Se il giovane post-democristiano eletto ieri segretario del maggior partito italiano non cambierà pelle, stile e idee, se ne potrebbero vedere delle belle: basta ascoltare cosa gli pare di quel che accade a Roma, e cosa intende fare. Per esempio: «Dicono tutti che la sentenza della Corte Costituzionale rafforza il governo: io non ne sono così sicuro. Finché c’era il Porcellum, infatti, potevano prender tempo e far finta che al lavoro c’era Quagliariello, uno che la legge elettorale non la farà mai: ora, invece, da Forza Italia alla Lega e da Sel a Grillo, tutti dicono che bisogna intervenire. Ma quando si fa una legge elettorale, poi in genere si va a votare: il governo stia in campana, insomma. E non s’impicci della materia: se proprio vogliono fare un decreto, lo facciano per creare lavoro. In fondo, sono lì per questo». Il governo, già. E il difficile rapporto con Enrico Letta. A partire da oggi, con lui segretario a Roma, sarà questo il problema dei problemi. Renzi dice di non esser prevenuto, anzi: «Io patti con Enrico non ne ho. Magari li faremo, ma per ora non ne ho. E le dico di più: avrei fatto un accordo per andare anche oltre il 2015, ma non capisco lui che vuol fare, cosa ha in testa e fin dove vuole arrivare: e se non capisco, mi spiace, io patti non ne faccio». I due si parleranno ancora: e ci mancherebbe. Cercheranno un’intesa, certo. Ma quando accadrà, qualcosa di evidente sarà cambiato: di fronte al premier, infatti, non siederà più un giovane sindaco, ma il segretario del suo partito... Che è la vera preoccupazione - il Pd, intendiamo - che pare avere Renzi mentre controlla il cellulare e tifa per la squadra dei due figli. «È vero che è strano che leader del peso di Epifani, Prodi, Letta e Rosy Bindi non dicano a chi è andato il loro voto. Ma io azzardo: Enrico e Guglielmo per Cuperlo, Romano per Civati e Rosy proprio non saprei. Ma ora, francamente, ho altro per la testa: la segreteria da scegliere tra stanotte e domani, un gruppo dirigente con tante donne come prima mai. E poi, c’è da scegliere il presidente dell’Assemblea...». Per quella carica circola con insistenza il nome di Fassino. «Credo gli piacerebbe - dice Renzi -, ma è un’idea più sua che mia». E chi allora? «Reichlin, per esempio. Come sarebbe accolto?». Magari è uno scherzo, non capiamo: ma certo scriveremmo che Renzi ha già fatto pace con D’Alema... «Il punto è che deve esser rappresentata al vertice la sinistra. Però, certo, potrei anche rappresentarla con Scalfarotto... Vediamo». Sarà un problema, forse. Come un altro problema - di sicuro più serio - potrebbe esser la maggioranza saldatasi intorno a lui. Veltroni, Franceschini, Fassino... non proprio renziani doc. E se lo abbandonassero al primo tornante? «Sono pochi», dice. Ma ha chiaro che la questione non la può chiudere così: «Non credo che prenderanno le distanze - aggiunge - o che tradiranno, come usate dire voi. Abbiamo fatto tutti assieme una battaglia su un programma netto e chiaro: ora si realizza quel programma, e sarebbe suicida - per loro, intendo - dire a un certo punto che ci hanno ripensato». Del Grande Nemico, invece - di Massimo D’Alema, insomma - non vuol parlare. Sarà candidato capolista alle europee? «Non rispondo. Sicuro. Nemmeno col coltello alla gola». La squadra di Francesco ed Emanuele finalmente segna. Poi ci sarà Roma-Fiorentina, un pranzo in famiglia, il rito dell’illuminazione dell’albero di Natale al Duomo e poi di filato verso i risultati delle primarie. Ma quelle elezioni - le europee - meritano ancora qualche parola. «Tra populismi, antieuropeismi, proporzionale e voti in libera uscita, sarà un test rischioso per il Pd. Io non mi candiderò perché quel giorno, il 25 maggio - che forse è anche l’ultima data utile per le elezioni anticipate - si vota per il sindaco di Firenze e di altre città. Andassero male le europee, commenterò il voto amministrativo, che è importante: forse perfino più importante...». Ore 17: hanno già votato quasi due milioni di persone. Il terrore del flop tramonta, Renzi sorride e comincia a pensare al discorso da fare: l’affluenza è grande e la vittoria larga, proprio come lui sperava. Lentamente il sindaco trasfigura in segretario: e non è azzardato, adesso, immaginare che un’epoca declini e un’altra - indecifrabile e imprevedibile - stia per cominciare. Era giusto un anno fa (Renzi lo ricorda bene) e ancora oggi è difficile dire se fosse più un avvertimento o una premonizione. «Abbiamo provato a cambiare la politica, non ce l’abbiamo fatta: adesso sarà meraviglioso dimostrare che la politica non riuscirà a cambiare noi. Abbiamo dalla nostra tre cose: l’entusiasmo, il tempo e la libertà...». Era il 2 dicembre, Matteo Renzi annunciava così davanti ai volontari in lacrime la sconfitta nella Grande Guerra con Bersani, e ora si può dire che il tempo della prova finalmente è arrivato: ora può dimostrare che quel che ha promesso manterrà, che l’ambizione non muta, che «la politica» - insomma - non ha cambiato né lui né le idee e nemmeno chi gli sta intorno... Intendiamoci: può anche essere che Renzi sia un furbacchione. Un populista democratico. O addirittura un demagogo mascherato (e secondo alcuni, nemmeno tanto mascherato). Mettiamo pure che sia così (e del resto come escluderlo, prima che cominci il suo lavoro?). Ma se ha vinto prima nei circoli e poi con le primarie, e se tutti i sondaggi continuano a darlo in cima a qualunque test di fiducia e popolarità, vuol dire che - dopo gli iscritti - anche gli elettori del Pd considerano questo rischio più accettabile dell’alternativa: cioè, andare avanti più o meno come prima. Questo 8 dicembre, insomma, lascia un segno. Accende una speranza. Che sia poi bene o mal riposta, solo il tempo lo dirà... Da - http://lastampa.it/2013/12/09/italia/speciali/primarie/2013/pd/renzi-decisivi-i-primi-due-mesi-voglio-lasciare-subito-il-segno-dyj8lqm6PKcmnhVCxVSWXL/pagina.html Titolo: Matteo RENZI La sfida economica di Renzi Inserito da: Admin - Dicembre 11, 2013, 06:33:46 pm Sei in: Repubblica Economia
Scheda, dalla Mozione ai fatti. La sfida economica di Renzi di RAFFAELE RICCIARDI MILANO - La lotta all'evasione fiscale per abbassare la pressione fiscale, la dismissione del patrimonio pubblico per abbattere il debito. Sono i cardini della politica economica di Matteo Renzi, per come emerge dalla sua mozione presentata in occasione del Congresso del Pd a sostegno della sua candidatura. Un documento agile con molte dichiarazioni d'intenti, che necessitano ulteriori sviluppi per assumere connotati concreti. Ma non mancano indicazioni precise, quando ad esempio si parla di stop all'incentivazione a pioggia di settori industriali in cambio di un cuneo fiscale meno pressante. Ecco di seguito gli argomenti estrapolati dal testo: Austerity. Uno dei passaggi più articolati della mozione di Renzi (la più snella tra quelle dei candidati segretari) in tema economico è dedicato al tetto al 3% del rapporto tra deficit e Pil. Renzi inizia quel paragrafo spiegando che "superare l'austerity come religione e i conti come fine è il primo passo per costruire una Europa politica che sappia scegliere e non solo amministrare"; d'altra parte "le politiche di euro-austerity hanno dimostrato il fiato corto e si sono rivelate inidonee e a rilanciare la ripresa". Il dettame di rigore fissato con il trattato di Maastricht è definito un "parametro anacronistico", che deriva da presupposti percorribili nel 1992: stabilizzare il debito al 60% del Pil, media dell'epoca, e crescita economica al 3%. Ora non lo sono più. A ciò si aggiunge il fatto che il parametro del 3% "soffre problemi di credibilità: quando nel 2003 l'hanno violato Francia e Germania, si è preferito sospendere il Patto di Stabilità piuttosto che applicare la sanzione". Fatta la diagnosi, se ne indica la via di cura che pare però di difficile attuazione, vista la fermezza sul tema che emerge da Bruxelles; per Renzi serve "disegnare un nuovo e credibile sistema di vincoli che sia al passo coi tempi, che permetta di risanare i bilanci realisticamente (senza uccidere il malato) e che possa essere rispettato da tutti. Se iniziamo a cambiare verso all'Italia, poi abbiamo le carte in regole per chiedere che cambi verso l'Europa". Lavoro. Nel documento per il Congresso, Renzi riconosce al tema la stessa centralità attribuitagli in passato dal Partito Democratico. Ma aggiunge: "Ne parliamo tanto, ma dobbiamo fare di più. Perché il lavoro è considerato un'emergenza solo a parole". Il cambiamento proposto dalla cabina di regia dei Democratici comincia dalla base del processo di ricerca occupazionale: dai centri per l'impiego. "Qualcosa vorrà pur dire se i centri per l'impiego in Italia danno lavoro a 3 utenti su 100 contro quelli svedesi che arrivano a 41 su 100 o quelli inglesi che raggiungono la cifra di 33 su 100". In seconda battuta, Renzi propone la "rivoluzione nel sistema della formazione professionale, che troppo spesso risolve più i bisogni dei formatori che di chi cerca lavoro", e include anche le amministrazioni locali tra coloro che hanno gestito male la formazione. La richiesta di semplificazione che permea l'intera mozione attraversa anche il tema del lavoro: "Dobbiamo semplificare le regole del gioco: sono troppe duemila norme, con dodici riviste di diritto del lavoro, con un numero di sindacati e sindacalisti che non ha eguali in nessun paese occidentale". Si preparino a una cura dimagrante, dunque, i sindacati. Questi ultimi, insieme alle organizzazioni datoriali, sono chiamate a un passo di trasparenza, altro tema ricorrente nel testo: "Debbono essere chiamate a una precisa rendicontazione dei vari contributi che ricevono le aziende socie". Annesso a questo tema, si scorge un programma più articolato quando Renzi dice che devono "diminuire i contributi a pioggia che ricevono alcune aziende per abbassare le tasse a tutte le aziende". Di fatto, stop all'incentivazione di alcuni settori da parte dello Stato e - con le risorse risparmiate - un intervento sul cuneo fiscale. Sempre a sgravi fiscali - ma legati alle assunzioni - si fa riferimento, quando si rimanda a un più complessivo "piano per il lavoro da presentare al Paese prima del prossimo Primo Maggio per raccontare che idee abbiamo noi del lavoro, dalla possibilità di assunzioni a tempo indeterminato per i giovani con sgravio fiscale nelle aziende per i primi tre anni fino all'investimento necessario per chi si trova senza lavoro all'improvviso a cinquant'anni". Ancora nel paragrafo sul lavoro rientrano altre visioni di politica industriale. "Attenzione ai nuovi settori: Internet ha creato 700.000 posti di lavoro negli ultimi 15 anni, ma sembra ancora un settore riservato agli addetti ai lavori", ammonisce Renzi, pronto forse a una primavera digitale tutta italiana. Tasse. Il bacino della lotta all'evasione è indicato come grimaldello per cancellare l'immagine del Pd come "Partito delle tasse. Non dobbiamo più consentire a nessuno di definirci il partito delle tasse. Perché non lo siamo", rivendica Renzi. "E perché chi lo dice in questi anni non ha ridotto la pressione fiscale", aggiunge. L'innovazione dovrebbe riguardare anche le Entrate, mentre suonano chiare le parole sul tema dell'uso del contante: servono "strumenti veri per combattere l'evasione fiscale, aiutare le aziende rendendo l'Agenzia delle Entrate, non il nemico ma il partner, che prova ad aiutarti prima che a sanzionare, investire sulle fatturazioni digitali ma anche sul pagamento oltre il contante che ancora rappresenta una nicchia di mercato troppo piccola, anche per l'eccessivo costo imposto dal sistema bancario". Dismissioni. Se il recupero dall'evasione serve per ridurre il cuneo fiscale, "tutto ciò che otterremo dalla dismissione di patrimonio dovrà essere utilizzato soltanto per ridurre il debito, non producendo ulteriore spesa". Pronti dunque ad accelerare con la vendita dell'argenteria di Stato. Uno Stato che, di contro, deve modificare il suo approccio al mercato. "Il Pd non sarà mai subalterno al mercato, che deve regolare. Ma proprio per questo la politica non può interferire con operazioni economiche e finanziarie che devono essere garantite da leggi chiare e non modificabili in corso d'opera". Pensiero chiaro e non tanto in sintonia con il senatore Massimo Mucchetti in relazione alla vicenda Telecom, la società di telefonia in procinto di passare agli spagnoli di Telefonica: per mantenerne l'italianità, il governo sta ora cambiando le regole sull'offerta pubblica di acquisto. "Proprio perché non siamo subalterni non ci interessano le avventure dei capitani coraggiosi o dei patrioti che nel corso dell'ultimo ventennio hanno alimentato un modello di capitalismo all'italiana più basato sulle relazioni che sui capitali", l'aggiunta. Quanto al problema del credito, Renzi chiede "poche regole chiare" per le banche "per consentire ai players dell'economia di giocare a carte scoperte, tutti con le stesse opportunità". Burocrazia e Fisco. In cima all'agenda del cambiamento, dopo una riflessione sui numeri dell'Italia che "è ferma da vent'anni", va il tema della "semplicità". "L'Italia deve riscoprire la semplicità", dice Renzi. "Ovunque. In un sistema fiscale incomprensibile persino per gli addetti ai lavori", in primo luogo, oltre che nel campo amministrativo e della Giustizia. "La rivoluzione digitale e l'accessibilità alla rete possono essere una parte della soluzione, solo a condizione di modificare la mentalità dei dirigenti pubblici. Mettere online tutte le spese dello Stato e di tutte le amministrazioni locali consente un controllo costante dell'opinione pubblica. Per essere credibili, però, dobbiamo iniziare da noi stessi. Dai nostri comuni, dalle nostre amministrazioni", si legge ancora nel documento. Come detto in molte occasioni, Renzi punta molto sull'attrazione degli imprenditori stranieri, ora frenati "perché oggi la confusione normativa, burocratica, fiscale e i ritardi biblici della giustizia costituiscono il primo ostacolo a investimenti stranieri e quindi alla creazione di nuovi posti di lavoro". Si preparino ad andare in soffitta, dunque, le crociate in difesa dell'italianità che a fasi alterne sono state condotte anche dal Pd. "In un mondo globale, il problema non è se l'imprenditore è italiano o straniero, ma se crea valore alle aziende oppure no, se crea posti di lavoro oppure no. L'italianità da difendere non è il passaporto dell'azionista, ma la qualità dei prodotti, l'investimento e l'occupazione". (10 dicembre 2013) © Riproduzione riservata Da - http://www.repubblica.it/economia/2013/12/10/news/dalla_mozione_ai_fatti_la_sfida_economica_di_renzi-73224921/?ref=HREC1-21 Titolo: Matteo RENZI Un uomo solo al comando Matteo ritorna al primo Pd Inserito da: Admin - Dicembre 16, 2013, 04:50:23 pm Politica
16/12/2013 - personaggio Un uomo solo al comando Matteo ritorna al primo Pd Il segretario non concorda i discorsi e né annuncia i cambi di linea Porta sul volto l’emozione del grande evento e per 6 ore non lascia mai la sala proprio come un segretario che si rispetti. Ma Matteo Renzi, nel giorno dell’incoronazione da leader, chiarisce, già dalla colonna sonora dei Negrita, che la nuova generazione, ora alla tolda di comando, resterà «ribelle» per cambiare l’Italia. L’uomo solo al comando, per dirla alla maniera in cui l’ha detto per mesi Pier Luigi Bersani, ha tagliato ieri il suo traguardo e il Pd - in maniera plasticamente evidente - è già diventato una cosa diversa da quel che era. La metamorfosi, cominciata col trionfo di Matteo Renzi alle primarie (8 dicembre), ha compiuto il suo corso in sette giorni, e si è completata nei grandi spazi della struttura di cemento e ferro della Fiera di Milano. E così, dalla crisalide di un Partito democratico e in divenire, è venuto fuori un organismo sconosciuto ai vecchi dirigenti e ai militanti: una cosa che somiglia assai da vicino a quel che loro stessi definivano, sprezzantemente, un «partito personale». Nulla a che vedere, naturalmente, con i prototipi classici di cui si è detto e scritto tanto: la prima Forza Italia di Berlusconi (la prima, ma anche quest’ultima riedizione), l’Italia dei Valori di Di Pietro, i partiti di Casini, di Monti e Beppe Grillo. A differenza degli esempi citati, infatti, Matteo Renzi non è né il fondatore né il «padrone» del Pd: ma per formazione, cultura ed età, pare deciso a dirigerlo proprio come ne fosse il «padrone» oppure il fondatore... E’ una novità travolgente per gli eredi di partiti (la Dc e il Pci) che furono - volutamente - sempre e precisamente il contrario di un «partito personale»: e i rischi di rigetto, dunque, sono solidissimi, concreti e (forse) attuali. Ma se leader indiscussi come D’Alema e Marini, oppure Bersani, Bindi e Veltroni, hanno combattuto la metamorfosi ma deciso - alla fine - di non strappare (di non scindersi, cioè) vuol dire che anche a loro, in fondo, è diventato chiaro che il tempo è inesorabilmente mutato: e che partiti senza una leadership visibile e forte sono destinati - in Italia come già in Europa - al declino ed alla progressiva marginalizzazione. E’ questo quel che si percepiva ieri, con inedita nettezza, nel giorno del primo discorso di Renzi da segretario proclamato. Nei corridoi e nelle grandi sale della Fiera, infatti, non uno - nemmeno tra i «fedelissimi» del neo-segretario - aveva idea di cosa potesse riservare la giornata. Cosa dirà Renzi? Attaccherà più Grillo oppure Enrico Letta? Ipotesi, tentativi, pareri un po’ azzardati: nessuno sapeva. E c’è qualche nome a sorpresa tra i «magnifici venti» che il neo-segretario aggiungerà di suo ai 120 della Direzione? Braccia larghe e sorrisi di maniera: nessuno sapeva. E’ un po’ quel che accade alla vigilia di ogni discorso di Berlusconi o quando si prova a ipotizzare lo sberleffo prossimo venturo del leader dei Cinque Stelle. Le differenze sono tante, naturalmente: ma non, diciamo così, lo stile di direzione. Questione - forse - di formazione, di cultura e di età. Ma questione anche di efficacia e forse di sopravvivenza: «Molti di quelli che mi hanno votato - ha spiegato Renzi nel suo primo discorso da segretario - l’hanno fatto pensando: “Proviamo anche questo, ma poi basta”. Io sono il destinatario, insomma, di un ultimo appello...». C’è naturalmente una profonda differenza tra un mero «partito personale» (dizione qui usata per comodità) ed un partito dotato di una leadership credibile e autorevole. Secondo molti, per esempio, proprio il Pd - per la genesi, le ambizioni originarie e la dichiarata vocazione maggioritaria - non avrebbe potuto che esser caratterizzato da una leadership visibile, indiscussa e straordinariamente forte. Fu in qualche modo così (dunque inevitabilmente così) nei primi tempi dell’era Veltroni: e non pochi osservatori spiegano la crisi del Pd proprio con il venir meno di quella leadership ed il riemergere di correnti, gruppi e perfino dei fantasmi di Ds e Margherita. Con Renzi, insomma, si torna in qualche modo alle origini: uno guida, gli altri a spingere il carro. E chi guida, ha massima autonomia: non concorda i suoi discorsi, non annuncia i cambi di linea, non spiega promozioni, bocciature e inversioni di percorso. E nemmeno avvisa, naturalmente, se ritiene sia venuto il momento di buttar giù il governo. Ieri, alla fine del discorso di Renzi - severo e ultimativo con l’esecutivo - Rosy Bindi ha mandato un messaggino a Enrico Letta: «Ti senti rassicurato?» «Tu che dici?», le ha risposto il premier. «Se vuoi ne parliamo»... Ci sarà tanto di cui parlare, questo è certo: ma con un Pd che, tra avvertimenti, sfide e diktat non concordati, ha riguadagnato il centro del ring. Ancora due mesi fa non ci avrebbe scommesso nessuno. DA - http://lastampa.it/2013/12/16/italia/politica/un-uomo-solo-al-comando-matteo-ritorna-al-primo-pd-5bKFlH5z92LUzz1gI06ZQI/pagina.html Titolo: Matteo RENZI ... sulla legge elettorale apre a Berlusconi Inserito da: Admin - Dicembre 18, 2013, 06:14:11 pm Matteo Renzi, il segretario Pd non teme l'arma letale di Napolitano.
E sulla legge elettorale apre a Berlusconi Pubblicato: 17/12/2013 20:58 CET | Aggiornato: 17/12/2013 21:10 CET Eccola, la prima pistola di Renzi. Quella legata al tempo: “Basta scherzi. Il Pd ha portato la legge elettorale dal Senato alla Camera, segno che le cose si vogliono fare. Entro gennaio la commissione deve licenziare un testo”. Ed ecco la seconda pistola. Quella che porta dritti al confronto con Silvio Berlusconi: “Pronti a discutere nel merito con gli alleati di governo un patto di coalizione ma le riforme costituzionali e la legge elettorale si fanno con tutti”. O meglio: “con chi ci sta”. È nel corso della diretta twitter #matteorisponde che Renzi dichiara la sua "allergia" ai "buffet istituzionali" e fa capire che la nuova stagione inaugurata col plebiscito alle primarie non può essere chiusa dal cronoprogramma di Napolitano e palazzo Chigi. Nemmeno di fronte all’evocazione dell’arma letale, ovvero le dimissioni del capo dello Stato in caso di crisi di governo. È una trattativa - una sfida - che il sindaco-segretario ha intenzione di gestire con la doppia pistola su tavolo. Perché se c’è un punto non negoziabile è la scadenza del 31 gennaio per licenziare un testo di legge elettorale che blindi bipolarismo e governabilità. Fine gennaio: è la data più ansiogena per i governisti. Per Alfano che ha chiesto un anno di tempo per organizzare il suo movimento che nei sondaggi non supera il quattro per cento. Ma anche per Letta consapevole che, con una legge elettorale approvata, il governo si deve conquistare una difficile sopravvivenza giorno dopo giorno. Ed è nelle mani di Renzi. Ecco perché la “best option” per il governo è arrivare alla legge elettorale con qualche riforma istituzionale approvata. E non è affatto un caso che l’accelerata renziana arrivi contemporaneamente alla verifica della possibilità che l’election day tra politiche ed europee è ancora possibile. È scritto nero su bianco su un documento prodotto dagli sherpa del sindaco-segretario e pubblicato dal Foglio: in sostanza, sciogliendo le Camere entro la metà di marzo è possibile andare alle urne. Di qui a dire che Renzi ci punta come primo obiettivo ce ne passa, ma è chiaro che le date, in questo caso, sono sostanza nella trattativa. Lo scenario che ha in mente Matteo è quello di una legge elettorale approvata prima delle riforme (e prima che si chiuda la finestra per andare a votare). A quel punto, riequilibrati i rapporti di forza, il governo diventa il terreno della sua rincorsa a palazzo Chigi (nel 2015). Oppure, cade ma a quel punto per colpa di Alfano o di chi non ci sta. Ed è per questa operazione – gennaio, non oltre - che Renzi è pronto ad usare la seconda pistola. Che significa confronto con Silvio Berlusconi, sia pur al momento opportuno e senza conferire ad esso quell’enfasi che ci mise Veltroni nella sua “nuova stagione”. E cioè senza “legittimare Berlusconi”. Perché tra i due, Renzi e Berlusconi, c’è un interesse “oggettivo” su una riforma iper-maggioritaria. Attenzione, perché quando si parla di modelli il diavolo è nei dettagli. E allora andiamo alla ricerca del diavolo. Nella sua diretta twitter Renzi ha spiegato che è pronto a confrontarsi su due modelli: il sindaco d’Italia e il Mattarellum (corretto in modo maggioritario). Epperò c’è un non detto, su cui sono al lavoro gli sherpa del sindaco. Il sindaco d’Italia ha una maggioranza oggi, perché Alfano ci sta. E coincide con quella che regge il governo. Ma rischia di non darla domani, nel senso che Renzi è il primo a sapere che funziona a Firenze dove il sindaco ha potere di sciogliere il consiglio comunale, ma in Italia è diverso. Senza riforme costituzionali rischia di favorire la frammentazione e l’ingovernabilità. Non è un caso che piace ad Alfano. La prima di Matteo Renzi al Quirinale per gli auguri di Natale: via prima del buffet senza salutare Napolitano. E con l'abito sbagliato... <a href="http://www.huffingtonpost.it/2013/12/16/matteo-renzi-quirinale-via-senza-salutare-napolitano_n_4454286.html" target="_blank">Leggi qui</a> Il sospetto nelle segrete stanze renziane è che “Angelino voglia fare melina” su questo modello dicendo che ci sta, ma che bisogna prima fare le riforme costituzionali. E allora addio gennaio e tempi lunghi. Per questo è iniziata la strategia dell’attenzione a Berlusconi, coperta e prudente evitando che sia bruciata in nome del “mai patti col Condannato”. Epperò è proprio col Cavaliere che Renzi si sente sicuro di poter portare a casa il Mattarellum riveduto e corretto. Che ammazza Alfano ma garantisce governabilità. Nel centrosinistra piace a Pd, a Sel e Scelta civica. Nel centrodestra a Forza Italia e Lega. Sulla carta è quello che ha una maggioranza parlamentare più ampia. Se non fosse che non piace al governo, visto che costringerebbe Alfano ad andare a elemosinare i seggi ad Arcore. E allora, eccola la road map di Renzi. Parlare con tutti, ma scoprire le carte a gennaio. Quando sarà “evidente” che Alfano&Co stanno “facendo melina” trasformerà il confronto in un blitz. La presentazione del libro di Bruno Vespa, mercoledì, sarà l’occasione scambiare qualche parola in privato con Alfano. Ma i contatti sono avviati in tutte le direzioni. Non è un caso che il Mattinale parlava di un’intesa Renzi-Forza Italia sul Mattarellum. Ma al momento opportuno la proposta non sarà diretta “a Berlusconi” ma “a tutti”. Se poi il Cavaliere la raccoglie bisognerà farsene una ragione. Da - http://www.huffingtonpost.it/2013/12/17/renzi-napolitano-berlusconi_n_4461073.html?1387310327&utm_hp_ref=italy Titolo: Matteo RENZI De Benedetti: “Sindaco mal consigliato” Inserito da: Admin - Dicembre 18, 2013, 06:18:45 pm Sei in: Il Fatto Quotidiano > Politica & Palazzo
Web tax, Renzi a Letta: “Va eliminata”. De Benedetti: “Sindaco mal consigliato” Il segretario del Pd chiede di cancellare l'emendamento che farebbe aprire la partita Iva a Google e Amazon. Non è d'accordo il presidente del gruppo editoriale L’Espresso: "Dire 'risolviamo il problema in Europa' è come buttare la palla in tribuna" di Redazione Il Fatto Quotidiano | 17 dicembre 2013 “Chiediamo al presidente del Consiglio Enrico Letta e alla maggioranza di eliminare ogni riferimento alla web tax e porre il tema dopo una riflessione sistematica nel semestre europeo”. E’ sempre più esplicita la posizione di Matteo Renzi contro la tassa, inserita nei giorni scorsi all’interno della legge di Stabilità, che obbligherà i giganti del web, da Google ad Amazon, ad aprire la partita Iva per pagare il fisco italiano. “La web tax è un errore per mille motivi”, ha aggiunto, sottolineando che “è giusto evitare l’elusione delle grandi piattaforme informatiche, ma non si rivolve così”. Il segretario del Pd non si è quindi fatto condizionare dalle parole di Carlo De Benedetti, presidente del gruppo editoriale L’Espresso, che ha dichiarato: “Io penso che Renzi sulla web tax sia stato mal consigliato”. E ha aggiunto: “Rinviare il problema e dire ‘risolviamolo in Europa’ mi sembra un po’ buttare la palla in tribuna”. L’ingegnere si è detto favorevole alla web tax perché “così come le paghiamo tutti le imposte, non si capisce perché non le paghi Google, piuttosto che Facebook, piuttosto che Amazon”. Il sindaco di Firenze aveva criticato la web tax, tanto voluta dal renziano Edoardo Fanucci, per la prima volta all’assemblea nazionale del partito domenica scorsa, dichiarando che nel digitale “siamo passati dalla nuvola digitale alla nuvola nera di Fantozzi“ e che i temi “della web tax vanno posti in Europa” altrimenti “rischiamo di dare l’immagine di un Paese che rifiuta l’innovazione”. Dichiarazioni, quelle del segretario Pd, criticate duramente dal presidente Pd della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, che si era detto “semplicemente esterrefatto nel riscontrare la quantità di dichiarazioni fuori luogo”. Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/17/web-tax-renzi-a-letta-va-eliminata-de-benedetti-e-stato-mal-consigliato/817390/ Titolo: Matteo RENZI “Le mie proposte concrete” Inserito da: Admin - Gennaio 16, 2014, 04:51:35 pm Politica
15/01/2014 - La Lettera “Tutti hanno il diritto di giudicare la riforma del mercato del lavoro” “Le mie proposte concrete” “Con il JobsAct ho sottratto la discussione ai soli addetti ali lavori” “Difficile che la causa delle occasioni perdute sia chi non c’era” Renzi: stile diverso tra Idem e De Girolamo Matteo Renzi* Caro Direttore, sono un affezionato lettore di Luca Ricolfi e un appassionato di fumetti Disney. Ho letto che il vostro editorialista paragona la mia segreteria a Qui, Quo, Qua. La cosa, dunque, è stata talmente divertente da far passare in secondo piano la sorpresa per una ricostruzione in cui non mi ritrovo. Se fino ad oggi si sono perse occasioni su occasioni, caro Direttore, è difficile dare la colpa a chi non c’era. Per restare alla metafora ricolfiana a Qui, Quo, Qua. Che sono disegnati come molto antipatici, ma – almeno nella rappresentazione disneyana – qualche problema lo risolvono. Zio Paperino è più simpatico ma non ne azzecca una. E soprattutto l’attuale classe dirigente assomiglia molto a Paperoga: dove tocca, sbaglia. Persino volenterosa, intendiamoci. Ma rompe e non paga. E accade da troppi anni. I fatti. Presentando il JobsAct ho cercato di sottrarre ai soli addetti ai lavori la discussione sull’occupazione, per caricarla sulle spalle del Pd, il primo partito del Paese. Non si tratta infatti di materia semplicemente giuslavoristica, ma della principale sfida politica per una classe dirigente che finge di non vedere come la disoccupazione giovanile al 42% sia una sconfitta terribile per l’Italia. Ho citato una vecchia frase: «I professionisti hanno fatto il Titanic, i dilettanti hanno fatto l’Arca di Noè» per dire come anche chi non legga tutte le riviste di diritto del lavoro abbia il dovere morale, la responsabilità di commentare il JobsAct, evitando che divenga il solito sfoggio di competenze su regole, codicilli, commi. Non a caso ho chiesto commenti, suggerimenti, spunti, ricevendo ad oggi circa duemila email da piccoli imprenditori, lavoratori, artigiani, pensionati desiderosi di dare una mano. Anche perché – qui sta il punto politico – io non credo che il problema del lavoro in Italia siano semplicemente le regole dei contratti o l’articolo 18. Ma la burocrazia, il fisco, le infrastrutture tradizionali e digitali e anche la mancanza di una prospettiva, di una visione capace di dare serenità alle famiglie e alle imprese. Per questi motivi abbiamo lanciato delle proposte, concrete. Siamo partiti dall’accelerazione – innegabile – su una legge elettorale che era finita a «Chi l’ha visto?» e adesso ha scadenze certe alla Camera dei Deputati. Abbiamo chiesto di superare il Senato e le Province come le conosciamo adesso risparmiando soldi, ma anche tempi della procedura legislativa. Abbiamo proposto di eliminare l’assurda «materia concorrente» del Titolo V per dare linearità ai rapporti tra Stato e autonomie. Abbiamo chiesto che i consiglieri regionali riducano la loro indennità a quella del sindaco capoluogo di regione. Abbiamo proposto di abbassare di un miliardo i costi della politica. E anche sul JobsAct abbiamo fatto proposte precise, di sistema: spostare la tassazione dal lavoro alle rendite finanziarie, diminuire del 10% il costo dell’energia elettrica alle piccole e medie imprese, eliminare ex nunc la figura del dirigente a tempo indeterminato in un Paese dominato dai capi di gabinetto, modificare l’impostazione delle Camere di commercio, presentare un progetto immediato di rilancio edilizio con cento gru in cento immobili pubblici dismessi e l’elenco potrebbe continuare. Ci siamo impegnati a destinare tutti i risparmi della revisione della spesa all’abbassamento delle tasse e non lo ha mai fatto nessuno. Certo, abbiamo detto di fare il Codice del Lavoro in otto mesi anziché in tre mesi come propone Ichino. Ok. Sono cinque mesi di differenza. Ma visto che è quarant’anni che aspettiamo prendersi cinque mesi in più è così grave? Abbiamo molti limiti, certo. Ma siamo volenterosi, pieni di passione, ricchi di grinta e soprattutto desiderosi di mostrare come le cose – volendo – si possono fare. Una cosa non riusciamo a capire: come si possa ancora insistere con la tiritera «Vuole solo logorare Letta». Il primo ministro è il capo del governo. Se si logora, si logora per le cose che fa. O che non fa. Non per il tentativo di altri di realizzare finalmente riforme attese da vent’anni. Se facciamo la legge elettorale, lo facciamo per dare una speranza agli italiani, non per logorare Letta. Se Letta si logora è perché governa male, non perché c’è un nuovo segretario del Pd. Da parte mia mi sento obbligato a dare una mano perché Letta governi bene: gioco nella stessa squadra. E non per lui o per me, ma perché è la cosa giusta per l’Italia. * segretario del Pd Da - http://lastampa.it/2014/01/15/italia/politica/tutti-hanno-il-diritto-di-giudicare-la-riforma-del-mercato-del-lavoro-le-mie-proposte-concrete-jzo5HOLYlL8sjI5BM9HgxN/pagina.html Titolo: Il ritratto del sindaco di Firenze Inserito da: Admin - Febbraio 17, 2014, 07:22:47 pm Il ritratto del sindaco di Firenze / «Lo chiamavano il Bomba, le sparava grosse»
Quando Renzi al liceo voleva cacciare Forlani Le battute, il look, gli scout. La carriera costruita (sin da piccolo) sulla guerra all’establishment Al liceo lo chiamavano il Bomba, perché le sparava grosse. Così almeno raccontò un suo ex compagno in una perfida telefonata a un’emittente fiorentina, Lady Radio. Avevano sorriso anche i professori, leggendo il suo articolo su «Il divino», mensile del liceo ginnasio Dante di Firenze: «Forlani ha commesso molti errori, anche nella formazione delle liste, e dovrà passare la mano, com’è giusto che sia per un segretario che perde il 5%. La Dc deve veramente cambiare, in modo netto e deciso, mandando a casa i Forlani, i Gava, i Prandini e chi si oppone al rinnovamento...». Era il 1992. Matteo Renzi aveva 17 anni. È laureato in giurisprudenza (con 109; mancò il 110 perché discutendo la tesi litigò con il relatore), ma non ha un curriculum di eccellenza. Parlotta l’inglese con l’accento toscano, ma non ha fatto master all’estero. Matteo Renzi non è frutto delle élites. È un politico puro. Con i suoi limiti, e con due punti di forza: il fiuto e l’energia. Il fiuto gli ha suggerito che l’unico modo per emergere a sinistra era andare contro la vecchia guardia, cavalcando l’insofferenza della base per leader che non vincevano mai. Poi ha usato contro l’intera classe politica lo stesso linguaggio e gli stessi argomenti della gente comune. Infine ha alzato il tiro contro l’establishment, dalle banche ai sindacati. Si è insomma costruito contro il Palazzo. Per questo l’opinione pubblica è perplessa, ora che lui nel Palazzo entra senza passare dal voto popolare. Ma la sua energia può imprimere uno scossone a un Paese sprofondato in una crisi di fiducia. Il più giovane presidente del Consiglio è nato l’11 gennaio 1975 a Rignano sull’Arno, 9 mila abitanti, 23 chilometri da piazza della Signoria. Il padre Tiziano - piccolo imprenditore che diventerà consigliere comunale per la Dc - e la madre Laura Bovoli vivono in un palazzone di via Vittorio Veneto, con la primogenita Benedetta di tre anni (nel 1983 arriverà Samuele e nel 1984 Matilde, l’unica impegnata nei comitati elettorali del fratello). Dopo un mese di prima elementare, la maestra, signora Persello, lo promuove: il bambino è sveglio, può passare in seconda. Serve messa a don Giovanni Sassolini, parroco di Santa Maria Immacolata. Gioca stopper nella Rignanese, ma riesce meglio come arbitro e come radiocronista. (Ancora l’anno scorso, in una partita di beneficenza, ha preteso di tirare un rigore: parato, per giunta dal sottosegretario Toccafondi, alfaniano). Si fa eleggere rappresentante di classe. Entra negli scout. Guida un gruppo in una gita in Garfagnana: si perdono in un bosco, passano la notte all’addiaccio. I compagni lo chiamano «Mat-teoria», perché parla parla ma poi a lavorare sono sempre gli altri. Il capo scout Roberto Cociancich scrive: «Matteo ha doti di leader. Lo vedremo crescere». Oggi Cociancich è senatore pd, inserito nel listino in quota Renzi. Nel 1994, mentre l’Italia antiberlusconiana inorridisce nel vedere il padrone delle tv private entrare a Palazzo Chigi, Renzi va nelle tv private di Berlusconi: in cinque puntate della «Ruota della fortuna» con Mike Bongiorno vince 48 milioni. L’anno dopo, a vent’anni, fonda a Rignano un circolo in sostegno di Prodi. Nel 1999 si laurea con una tesi su «La Pira sindaco di Firenze» e sposa Agnese Landini, conosciuta agli esercizi spirituali nell’Agesci. Organizza la rete di strilloni per conto dell’azienda del padre, per distribuire La Nazione in strada. Con i soldi che ha guadagnato parte assieme agli amici scout per il Cammino di Santiago: una settimana di pellegrinaggio a piedi. Al ritorno i capi gli propongono di candidarsi alla guida del partito popolare di Firenze, che ha appena toccato il minimo storico: 2 per cento. Renzi accetta e vince il congresso. Segretario nazionale è Franco Marini. Palazzo Vecchio è in mano ai postcomunisti. Ai cattolici, cioè a lui, tocca la Provincia. La trasforma «da cimitero degli elefanti a fucina della propria carriera», come scrive il suo biografo David Allegranti. Si inventa la kermesse culturale «Il Genio fiorentino», la società di comunicazione Florence Multimedia, e Florence Tv, un canale che ne illustra le gesta. Il primo a invitarlo in una tv vera è Corrado Formigli su Sky. Gli spettatori scoprono un ragazzo che non parla come un politico ma come uno di loro. Fa gaffe e le racconta, confonde Churchill con De Gaulle e ne ride. Nel 2006 passa in città Berlusconi. Ai suoi uomini confida: «Quel Matteo è bravo, ma sbaglia a vestirsi di marrone: fa tanto sinistra perdente». Scrive Claudio Bozza del Corriere Fiorentino che qualcuno lo riferisce all’interessato. Il marrone è abolito. Da allora, Renzi evita anche di vestirsi come un politico. Preferisce i jeans Roy Rogers Anni 80 e il giubbotto di pelle da Fonzie («ma la pelletteria è un settore trainante dell’export italiano!»), oppure le camicie bianche senza cravatta con le giacche blu elettrico di Scervino. Taglia il ciuffo. Dimagrisce mangiando banane e iniziando a correre. Martella i colleghi. Corteggia la categoria che lo attrae di più: gli imprenditori. Una città abituata a perpetrare le sue gerarchie si riconosce nel giovanotto venuto dal contado. Nel 2009 Renzi si candida alle primarie per Palazzo Vecchio. Il partito ha prescelto Lapo Pistelli, di cui è stato assistente parlamentare. Lo batte con il 40,5% contro il 26,9. Dirà un anno e mezzo dopo: «Non ho vinto io perché ero un ganzo, è che gli altri erano fave». Supera al ballottaggio il portiere Giovanni Galli ed è sindaco. Come primo provvedimento, elimina le auto blu: tutti a piedi. Lui gira in bicicletta (prova anche l’auto elettrica: tampona la macchina davanti. Poi impara). Comunica che la tranvia in centro, di cui si discute da anni, non si farà, anzi: piazza Duomo diventerà pedonale. Addio comunicati stampa: le notizie le dà direttamente lui, su Facebook e poi su Twitter. Nomina dieci assessori, cinque uomini e cinque donne, tra cui Rosa Maria Di Giorgi, che gli chiede: «Ma in giunta si vota?». Lui risponde: «Certo. Però il mio voto vale undici». Oggi non ne è rimasto neanche uno. Il sindaco li ha sempre scavalcati, parlando direttamente con i funzionari. Quando intuisce che qualcuno passa informazioni riservate ai giornalisti, per scovarlo racconta con tono da cospiratore a tre assessori tre piani diversi per il traffico: individua così il colpevole. Il presidente di Confindustria Firenze, Giovanni Gentile, critica la sua proposta di introdurre la tassa di soggiorno, lui replica: «Gentile conta come il presidente di un club del burraco». In una vecchia stazione ferroviaria, la Leopolda, riunisce i giovani del partito, affida il format a Giorgio Gori e la regia a Fausto Brizzi. Dice che la classe dirigente del Paese va «rottamata», come le automobili. La settimana dopo, va a pranzo da Berlusconi ad Arcore. «Per Firenze questo e altro» si giustifica. In realtà, Renzi non è antiberlusconiano; semmai postberlusconiano. Frase-chiave: «Io lo voglio mandare in pensione, non in galera». Nell’estate 2012 sfida Bersani per la candidatura a Palazzo Chigi. Ma il vero obiettivo polemico è D’Alema. D’Alema consiglia a Bersani di evitare lo scontro, il segretario fa cambiare lo statuto per indire le primarie: «Renzi non vince». Il giro d’Italia di Renzi in camper è trionfale. Lo slogan: «Adesso!». La nomenklatura del Pd lo avversa come un usurpatore. Bersani è costretto al ballottaggio, ma prevale, anche a causa del regolamento che restringe la partecipazione. Renzi respinge l’idea di una lista con il suo nome, quotata nei sondaggi al 15%. L’appoggio alla campagna del partito è blando; ma neppure lui immagina la débâcle. Quando Bersani tenta di aprire ai Cinque Stelle, Renzi lo gela: «Si è fatto umiliare». Bersani rinuncia a formare il governo. Si vota per il Quirinale. Marini gli telefona per chiedere appoggio. Renzi sbotta con i presenti: «Ma vi rendete conto? Mi ha chiamato per dirmi di aiutarlo a diventare presidente della Repubblica, perché lui è cattolico. Che vuol dire? Anche io sono cattolico, ma per me è un valore prezioso e privato». I renziani votano Chiamparino, poi Prodi, infine Napolitano. Lui si illude per un giorno che il presidente rieletto possa affidargli l’incarico, che tocca a Letta. È allora che decide di candidarsi alla segreteria del Pd. Per la nomenklatura l’usurpatore è diventato un male necessario. L’obiettivo minimo è evitare che Letta e Alfano si accordino per una legge elettorale proporzionale che renda eterne le larghe intese. L’obiettivo massimo è Palazzo Chigi. Frase-chiave: «La vecchia sinistra ha sempre voluto cambiare gli italiani. Io voglio cambiare l’Italia». 16 febbraio 2014 © RIPRODUZIONE RISERVATA Aldo Cazzullo Da - http://www.corriere.it/politica/14_febbraio_16/quando-renzi-giornale-liceo-voleva-mandare-casa-forlani-0cf39f80-96dc-11e3-bd07-09f12e62f947.shtml Titolo: Matteo RENZI Nuovo governo, Napolitano dà l'incarico a Renzi che annuncia ... Inserito da: Admin - Febbraio 17, 2014, 07:26:26 pm Nuovo governo, Napolitano dà l'incarico a Renzi che annuncia una riforma al mese
Il premier designato si è riservato di accettare: "Ci metterò tutta l'energia che ho, domani inizieranno le mie consultazioni". Poi annuncia la serrata tabella di marcia: a febbraio Italicum e rinnovate norme costituzionali, poi da marzo lavoro e fisco. Il rebus della squadra dei ministri e le difficoltà per comporla: slitta la fiducia in parlamento. Reazioni straniere, Blair: "Ora i leader europei sostengano Matteo" ROMA - Tutta l'energia di cui dispone per fare una riforma al mese, da qui a maggio. Tutto l'impegno di cui è capace per provocare quello shock necessario al Paese affinché il Paese stesso dimentichi la 'manovra di palazzo' che l'ha portato a prendere il posto di Enrico Letta senza passare dall'investitura popolare: le elezioni. Matteo Renzi oggi è il nuovo premier incaricato. E, in quanto tale, detta il suo timetable anche se la squadra dei ministri tarda a trovare la propria composizione. "Ho ricevuto l'incarico di provare a formare il nuovo governo, ho accettato con riserva per l'importanza e la rilevanza di questa sfida. Immaginiamo un allungamento della prospettiva politica, in questa situazione difficile metterò tutta l'energia e l'impegno di cui sono e siamo capaci. Domani inizieranno le mie consultazioni formali, abbiamo intenzione di lavorare in maniera molto seria sui contenuti". Al termine di un colloquio al Colle durato oltre un'ora, il segretario del Partito democratico ha accettato con riserva - come da prassi - l'incarico di formare un nuovo governo. Parole rilanciate qualche ora più tardi via Twitter con l'hashtag #lavoltabuona: sul social network Renzi non si 'affacciava' da giovedì scorso, giorno in cui la direzione democratica ha detto sì all'operazione 'staffetta'. Da allora a oggi, solo silenzio. Con un tono di voce più misurato del solito e già istituzionale, dalla sala stampa del Quirinale il nuovo presidente del Consiglio designato ha subito annunciato al Paese il programma serrato che intende darsi nei prossimi mesi, i primi del suo governo, quelli che, da tradizione, rappresentano la luna di miele con gli italiani ma che stavolta rischiano di trasformarsi in un frangente che di romantico avrà ben poco se la svolta non dovesse concretizzarsi in fretta: entro febbraio riforme elettorale e costituzionale. Poi, da marzo, lavoro e fisco: "Siamo ben consapevoli dei prossimi passaggi. Bisogna avere una straordinaria attenzione ai contenuti e alle scelte da fare", afferma Renzi. La piattaforma di governo, spiega poi, "prevede entro il mese di febbraio un lavoro urgente sulle riforme costituzionali ed elettorali e subito dopo a marzo immediatamente il lavoro, ad aprile la riforma della pubblica amministrazione, e a maggio il fisco". L'orizzonte naturale del nuovo esecutivo - prosegue - resta quello della "legislatura", per un "impegno serio e significativo". Tradotto: il 2018. Un "orizzonte" che "necessita di qualche giorno di tempo per sciogliere la riserva". Il primo leader straniero a congratularsi con Renzi è stato l'ex premier britannico Tony Blair: "Ha la forza per riuscire", ha detto, sollecitando poi l'Europa a "sostenere pienamente Matteo mentre assume la responsabilità per il futuro del suo Paese". Il segretario del Pd era arrivato al Quirinale dieci minuti prima dell'orario fissato alla guida di una Giulietta bianca. Accanto a lui il capo ufficio stampa del Pd, Filippo Sensi. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo aveva convocato alle 10.30 di questa mattina per conferirgli l'incarico di dare vita a un nuovo esecutivo. Dopo l'ingresso del premier in pectore, dinanzi alla residenza del presidente della Repubblica era partita una manifestazione di protesta organizzata da Fratelli d'Italia - con Giorgia Meloni in testa - al grido di "elezioni subito". Lasciato il Colle, Renzi ha poi raggiunto Montecitorio per incontrare - sempre come da prassi - la presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, la quale ha auspicato un ricorso più contenuto ai decreti legge. A seguire è andato al Senato per vedere Pietro Grasso, e poi alla stazione Termini per tornare a Firenze: con lui i fedelissimi Graziano Delrio (probabile nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio) e Lorenzo Guerini. In mattinata erano arrivati i primi giudizi positivi dal fronte finanziario, dopo che lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi aveva aperto in ribasso a 195 punti a seguito della decisione di Moody's di alzare l'outlook dell'Italia da negativo a stabile. Il capo dello Stato aveva concesso due giorni al segretario del Pd - da sabato sera, termine delle consultazioni a stamattina appunto - per permettergli di salire al Colle, se non con la lista dei ministri pronta, almeno con una squadra già tratteggiata a grandi linee, anche se i rumors insistono oggi su un esecutivo ancora in alto mare, sia sul versante degli equilibri di maggioranza sia su quello delle persone a cui affidare i singoli dicasteri. Domenica era stata una delle fedelissime di Renzi, la responsabile Riforme del partito, Maria Elena Boschi (in pole per diventare ministro) a far capire lo stato delle cose: "Ci servirà qualche giorno", aveva detto anticipando quanto confermato oggi dal leader dem. Il sindaco comincerà le consultazioni domani alla Camera, dopo che avrà riunito a Firenze, per l'ultima volta, il consiglio comunale. I colloqui potrebbero andare avanti fino a giovedì. E il giuramento al Colle potrebbe essere calendarizzato per il fine settimana. Slitterebbe così la fiducia in parlamento, che in un primo momento era stata ipotizzata tra venerdì e sabato. Sul fronte delle alleanze continua il confronto con Angelino Alfano e il Nuovo Centrodestra. Un appoggio, quello del ministro dell'Interno uscente, ad oggi fondamentale (soprattutto al Senato) per la nascita dell'esecutivo renziano. Alfano, come già fatto intendere dopo le consultazioni al Quirinale, non considera affatto scontato il sostegno al governo se non si realizzano alcune condizioni. Una è la conferma, oltre che di se stesso, degli attuali ministri Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin. L'altra è un perimetro della maggioranza che non si sposti troppo a sinistra e non preveda, al di là dell'accordo sulle riforme, una significativa apertura a Forza Italia. Senza contare le conseguenze che potrebbe avere sulla definizione del programma e su tempi e modalità di realizzazione delle riforme lo scontro in atto tra Fi e Ncd. Renato Schifani (Ncd) ha detto: "Noi non saremo la stampella di nessuno, e porteremo avanti programmi di centrodestra. Renzi si dovrà misurare prima con il programma, perché il suo non può e non dovrà essere un governo di centro sinistra. Per Ncd il prossimo governo non può che rimanere di larghe intese". Intanto, dentro al Pd il disagio delle minoranze continua a farsi sentire. Gianni Cuperlo chiede al nuovo presidente un confronto sul programma di governo. E se Pippo Civati ancora è in dubbio se accordare o meno la fiducia al governo 'Renzi 1', a parlare - subito dopo l'affidamento dell'incarico da parte di Napolitano - è stata la deputata Sandra Zampa, che voterà per l'ok al nuovo premier: "Però - dice - non darò per scontato tanto quanto abbiamo dato per scontato nell'anno del governo Letta. Hanno sempre dato per certo che tanto il Partito democratico era quello dei responsabili ed essendo tali noi eravamo quelli che dovevamo ingoiare i rospi". © Riproduzione riservata 17 febbraio 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/17/news/governo_renzi_incarico-78811844/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_17-02-2014 Titolo: Claudio Gallo. - Il guru di Blair: Attento Renzi il cambiamento è una lotta dura Inserito da: Admin - Febbraio 19, 2014, 12:08:47 pm Il guru di Blair: “Attento Renzi il cambiamento è una lotta dura”
Mandelson: “Anche lui parte da zero, dovrà scontrarsi con chi vuole mantenere il potere” Il «Times» di Londra, quello a cui un tempo si affiancava, con riflesso un po’ provinciale, l’aggettivo «prestigioso», ha scritto qualche giorno fa che Matteo Renzi è il Tony Blair italiano. Una specie di investitura, prima ancora che dall’ufficio dell’ex premier britannico uscisse la dichiarazione di caloroso sostegno. Blair tuttavia non è diventato Blair da un giorno all’altro: ha avuto bisogno di qualcuno che gli spiegasse come fare, non tanto a prendere il potere, ma soprattutto a conservarlo. In questo, più di ogni altro, lo aiutò Peter Mandelson, il «consigliere» (in italiano), tra i primi a essere definito dai giornalisti «spin doctor», uno cioè capace a dare al pallone della notizia un effetto che lo faccia andare dove vuole lui. Una vita ai vertici della politica britannica ed europea, dal 2008 è diventato Lord Mandelson, con un seggio a vita alla camera dei Pari. Attualmente è presidente dell’azienda di consulenza Global Counsel. Lord Mandelson, Matteo Renzi è ormai diventato il Tony Blair italiano. Secondo lei, che conosce bene anche la politica italiana, è un paragone sensato? «Come per Blair nel 1997, nel caso di Renzi l’esperienza di governo è una completa novità: parte da zero, senza macchie di fallimenti passati. Come Blair, Renzi è interessato alla leadership, non si accontenta di navigare e non vuole niente di meno del consenso popolare. Ma come Blair presto si accorse, il vecchio ordine è capace di grande determinazione nel conservare le sue posizioni. Se si vuole un governo di cambiamento, ogni giorno è una lotta». Nel suo libro di memorie «Il terzo uomo», lei ricorda che all’inizio Blair era abbastanza insicuro e dovette ricorrere spesso ai suoi consigli: qual è la cosa più importante che un leader emergente deve imparare? «Un leader deve sapere che senza progetto è come un marinaio senza bussola, è la cosa più importante. Senza una squadra forte e unita e una struttura di potere decisionale è facile essere ignorati. Questo perché se anche uno è consapevole di quello che fa, non significa che gli altri lo siano altrettanto. Una comunicazione costante è fondamentale». Mentre molti politici cedono alla tentazione di circondarsi di yesmen, Blair scelse con grande cura i suoi collaboratori. Quanto contano dei buoni consiglieri per un leader? «È cruciale avere una squadra forte. La squadra migliore è quella composta da persone intelligenti, leali tra di loro e oneste con il capo. Il loro compito è di gettare uno sguardo dietro l’angolo per scorgere i pericoli nascosti e anticiparne l’impatto». La gente preferiva il sorriso accattivante di Blair al broncio di Gordon Brown: quanto conta la faccia per un leader? «Una personalità dinamica che traspare in un volto, deve emanare fiducia ma non arroganza, ottimismo ma non compiacimento. Deve comunicare convinzione ma allo stesso tempo saper ammettere i propri errori. Questo richiede maturità, ma in tal caso non è l’età che conta quanto l’intelligenza emotiva». Nell’arena politica delle nostre società, così determinate dall’economia locale e globale, pensa che un leader possa veramente cambiare qualcosa? «Oggi ogni leader occidentale ha il compito di guidare una società giusta e tollerante, insieme con un’economia aperta e liberale. Non ci sono alternative in un’era di globalizzazione. Una democrazia ben funzionante e il mercato sono i due pilastri indispensabili al successo di una nazione dinamica e moderna. L’Italia ha tutti gli ingredienti per farcela. Però senza riforme il paese non può trarre il meglio da questi ingredienti e rischia di cadere al di sotto del proprio potenziale». Claudio Gallo da - http://www.lastampa.it/2014/02/19/italia/politica/il-guru-di-blair-attento-renzi-il-cambiamento-una-lotta-dura-NdJmCZu0Kbh0KjuRlIbbwO/premium.html Titolo: Matteo RENZI "Innovazione e uguaglianza, la mia idea di destra e sinistra ... Inserito da: Admin - Febbraio 24, 2014, 07:03:13 pm Renzi: "Innovazione e uguaglianza, la mia idea di destra e sinistra nell'Europa della crisi"
Vent'anni dopo l'uscita di "Destra e sinistra", il best-seller di Norberto Bobbio, l'editore Donzelli ripubblica una nuova edizione con una introduzione di Massimo L. Salvadori e due commenti di Daniel Cohn-Bendit e Matteo Renzi. Pubblichiamo l'intervento del presidente del Consiglio. Un vero e proprio manifesto del capo del nuovo governo Di MATTEO RENZI Renzi: "Innovazione e uguaglianza, la mia idea di destra e sinistra nell'Europa della crisi" C'è stato un tempo in cui a sinistra la parola "sinistra" era una parolaccia. Sacrificata al galateo della coalizione di centrosinistra, tanto da giustificare dibattiti estenuanti e buffi sul trattino, ricordate? "Centro-sinistra" o "centrosinistra" era la nuova disputa guelfi-ghibellini, tra chi pensava il campo progressista come un litigioso condominio, caseggiato rumoroso di partiti gelosi delle proprie convenienze e confini e chi, invece, vagheggiava il Partito-Coalizione, area politica aperta, il cui orizzonte schiudeva l'universo del campo progressista. In questo incrocio, che ha opposto due linee in parte intente a far baruffa ancora adesso, c'è il Partito democratico, la parola "sinistra" come un laboratorio, sempre in trasformazione, sempre ineludibile. Una frontiera, non un museo. Curiosità, non nostalgia. Coraggio, non paura. Erano quelli gli anni dell'Ulivo, il progetto di Romano Prodi di abbattere gli steccati che separavano gli eredi del Partito comunista da quelli della Democrazia cristiana, di una forza che raccogliesse istanze liberal-democratiche, ambientaliste, in una nuova unità, una nuova cultura politica semplicemente, finalmente potremmo dire, "democratica". Erano, nel mondo, gli anni della "terza via", di Bill Clinton e Tony Blair, una rotta per evitare Scilla e Cariddi, tra gli estremismi della sinistra irriducibile e la destra diventata, dopo Reagan e Thatcher, una maschera di durezze. Qualcuno pensò allora perfino che la sinistra fosse ormai uno strumento inservibile, non più adeguato a un mondo nuovo, sulla spinta di quella che si chiamava globalizzazione, dove finiva il XX secolo della guerra fredda e cominciava il XXI, tutto individuale e personal, dalla tecnologia alla politica. A fare da sentinella, non per custodire e conservare, ma per richiamare alla sostanza delle cose, alla loro forza, il filosofo Norberto Bobbio - or sono venti anni esatti - pensò di tirare una linea, per segnalare dove la divisione tra destra e sinistra ancora teneva e tiene. Suggerendo che la scelta cruciale resti sempre la stessa, storica, radicale, un referendum tra eguaglianza e diseguaglianza, come dal XVIII secolo in avanti. Mi chiedo se oggi che la seduzione della "terza via" - che pure nel socialismo liberale, nell'utopia azionista di Bobbio, ha trovato più che un riflesso - si è sublimata perdendo slancio, la coppia eguaglianza/diseguaglianza non riesca a riassorbire integralmente la distinzione destra/sinistra. Basti pensare, a livello europeo, all'insorgere dei populismi e dei movimenti xenofobi contro i quali è chiamato a ridefinirsi il progetto dell'Unione europea, così in crisi. Un magma impossibile da ridurre alla vecchia contraddizione eguali/diseguali a lungo così nitida. Dal punto di vista del sistema politico, infatti, sono e rimango un convinto bipolarista. Credo che un modello bipartitico, all'americana per intenderci, sia un orizzonte auspicabile, sia pur nel rispetto della storia, delle culture, delle sensibilità e della pluralità che da sempre contraddistinguono il panorama italiano. Ma riflettendo sulla teoria, sui principi fondamentali, non so se, invece, non sia più utile oggi declinare quella diade nei termini temporali di conservazione/ innovazione. Tiene ancora, dunque, lo schema basato sull'eguaglianza come stella polare a sinistra? In una società sempre più individualizzata, sotto la spinta anche delle nuove tecnologie, dei social network, delle reti che connettono ma anche atomizzano, creando e distruggendo comunità e identità? Come recuperare, dopo anni di diffidenza, anche tra i progressisti, idee come "merito" o "ambizione"? Come evitare che, in un paesaggio sociale tanto mutato, la sinistra perda contatto con gli "ultimi", legata alle fruste teorie anni sessanta e settanta, mentre papa Francesco con calore riesce a parlare la lingua della solidarietà? Certo, l'eguaglianza - non l'egualitarismo - resta la frontiera per i democratici, in un mondo interdipendente, dilaniato da disparità di diritti, reddito, cittadinanza. Eppure era stato lo stesso Bobbio, proprio mentre scandiva quella sua storica dicotomia, a rendersi conto che forse la sua argomentazione aveva bisogno di un'ulteriore dimensione, un diverso respiro temporale, un'altra profondità. "Nel linguaggio politico - scrive Bobbio - occupa un posto molto rilevante, oltre alla metafora spaziale, quella temporale, che permette di distinguere gli innovatori dai conservatori, i progressisti dai tradizionalisti, coloro che guardano al sole dell'avvenire da coloro che procedono guidati dalla inestinguibile luce che vien dal passato. Non è detto che la metafora spaziale, che ha dato origine alla coppia destra-sinistra non possa coincidere, in uno dei significati più frequenti, con quella temporale". Ecco perché, venti anni dopo il monito di Bobbio, è maturo il tempo per superare i suoi confini, modificati e resi frastagliati dal mondo globale, come insegnano Ulrich Beck e Amartya Sen. Serve una narrazione temporale, dinamica, più ricca. Che non dimentichi radici e origini, sempre da mettere in questione, da problematizzare, ma che, soprattutto, faccia i conti con i tempi nuovi che ci troviamo a vivere, ad attraversare. Aperto/chiuso, dice oggi Blair. Avanti/indietro, chissà, innovazione/conservazione. E, perché no, movimento/stagnazione. Se la sinistra deve ancora interessarsi degli ultimi, perché è questo interesse specifico che la definisce idealmente come tale, oggi essa deve avere lo sguardo più lungo. Le sicurezze ideologiche del Novecento, elaborate sull'analisi di un mondo organizzato in maniera assai meno complessa di quello contemporaneo, rendevano più semplice il compito della rappresentanza delle istanze degli ultimi e degli esclusi, e del governo del loro desiderio di riscatto. A blocchi sociali definiti e compatti bisognava dare cittadinanza, affinché condizionassero le decisioni sul futuro delle comunità nazionali di cui erano parte. Per la sinistra che, dopo Bad Godesberg, si organizzava in Europa in partiti socialdemocratici postmarxisti (e anticomunisti) era un compito certo faticoso, ma lineare nel suo meccanismo di funzione politica. Oggi quei blocchi sociali non esistono più ed è un bene che sia così! In fondo tutta la fatica quotidiana del lavoro della sinistra socialdemocratica, cara a Bobbio, era stato quello di scardinare quei blocchi. Allo scopo di offrire agli uomini e alle donne, che erano in quei blocchi costretti, l'opportunità di una vita materiale meno disagevole e di un'esistenza più ricca di esperienze. Con l'invenzione del welfare quella sinistra aveva provveduto a sfamare le bocche e gli animi degli ultimi e degli esclusi, liberandoli dal bisogno materiale - libertà fondamentale anche per la sinistra liberaldemocratica americana di Franklin D. Roosevelt - e fornendo loro l'occasione di realizzare se stessi. L'invenzione socialdemocratica del welfare aveva così conseguito due obiettivi storici. Da un lato, difatti, il welfare aveva soddisfatto la sacrosanta richiesta di maggiore giustizia sociale. Dall'altro, tuttavia, il miglioramento delle condizioni oggettive di vita degli ultimi aveva determinato un beneficio generale per tutte quelle comunità democratiche che non avevano avuto timore di rispondere "Sì!" alla loro domanda di cambiamento. La sinistra cara a Bobbio, quella socialdemocratica e anticomunista, ha insomma vinto la sua partita. Ma oggi ne stiamo giocando un'altra. Quei blocchi sociali che prima rendevano tutto più semplice non ci sono più. Gli stessi confini nazionali che erano il perimetro entro cui si giocava la partita dell'innovazione del welfare sono ormai messi in discussione. Più che con blocchi sociologicamente definiti entro Stati nazionali storicamente determinati, oggi la nuova partita si svolge con attori e campi da gioco inediti. Quei blocchi sono stati sostituiti da dinamiche sociali irrequiete. I confini nazionali non delimitano più gli spazi entro i quali le nuove dinamiche giocano la loro partita. Di fronte a questo potente mutamento di prospettiva sociale ed economica, culturale e politica, la sinistra deve mostrare di avere coraggio e non tradire se stessa. Deve accettare di vivere il costante movimento dei tempi presenti e accoglierlo come una benedizione e non come un intralcio. È questo straordinario, irrefrenabile movimento che sfonda la vecchia bidimensionalità della diade destra/sinistra e le dà temporalità e nuova forza. E invece spesso, in Italia e in Europa, la sinistra ne ha paura. Sembra non rendersi conto che il nuovo mondo in cui tutti viviamo è anche il frutto del successo delle proprie politiche, dei cambiamenti occorsi nel Novecento grazie alla sua iniziativa. Perché l'innovazione, quando ha successo, produce un ambiente diverso da quello da cui si è mosso. Un ambiente mutato che chiama al mutamento gli stessi che più hanno concorso a mutarlo. Cambiare se stessi è l'incarico più gravoso di tutti. Eppure non cambiare se stessi, in una realtà che si è contribuito a cambiare, condanna all'incapacità di distinguere i nuovi ultimi e i nuovi esclusi, e all'ignavia di non mettersi subito al loro servizio. Che è proprio quanto successo alla sinistra di tradizione socialdemocratica al cospetto delle sfide del secolo nuovo. La sinistra è oggi chiamata a riconoscere e a conoscere il movimento continuo delle nuove dinamiche sociali, contro chi vorrebbe vanamente fare appello a blocchi che non esistono più e che è un bene non esistano più! In Italia, più che altrove, la capacità della politica di saper distinguere le dinamiche sociali che interessano gli ultimi e gli esclusi, di saperle intrecciare per dare loro rappresentanza e, infine, di saperne governare il costante movimento per costruire per loro, e per tutti, un paese migliore, è il compito del Partito democratico. È la missione storica della sinistra. © Riproduzione riservata 23 febbraio 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/23/news/manifesto_renzi-79396548/?ref=HREA-1 Titolo: Civati: Matteo stai sbagliando, ma voto sì. (capirai che culo...!) Inserito da: Admin - Febbraio 25, 2014, 05:20:17 pm Il Governo Renzi chiede la fiducia alla Camera.
Civati (Pd): Matteo stai sbagliando, ma voto sì. Applausi in Aula per Bersani e Letta 25 febbraio 2014 Il governo Renzi punta a chiudere la partita della fiducia. L'esecutivo ha incassato all'una di notte, al termine di una maratona di quasi 11 ore, il via libera del Senato con 169 sì e 139 no. Hanno votato a favore Pd, Ncd, Scelta civica, Per l'Italia, Autonomie-Psi-Maie; contro Forza Italia, Lega, M5s, Fdi, Sel e Gal. Oggi la parola passa alla Camera. A Montecitorio è in corso la discussione generale sulle dichiarazioni programmatiche presentate dal capo del governo. Renzi ha deciso di non pronunciare una seconda volta il discorso, ma ha depositato il resoconto stenografico di ieri. Sono 51 gli iscritti a parlare. Bagarre grillina, con attacchi e ironie sul premier. Applausi in Aula all'arrivo di Pierluigi Bersani e di Enrico Letta. Dopo i 4 interventi a titolo personale di un minuto, è iniziata la replica del segretario del Pd agli interventi della giornata. A seguire le dichiarazioni di voto. A seguire - probabilmente a partire dalle 18,30 - l'appello nominale per il voto di fiducia. Restano le tensioni nel Pd, e il mal di pancia nella minoranza. Servono sogni e coraggio e se falliamo sarà solo colpa mia, aveva detto il premier nel suo irrituale discorso a Palazzo Madama, pronunciato a braccio. Renzi ha annunciato lo sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione, tagli «a due cifre» del cuneo fiscale (pari a 10 miliardi). «Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio. Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso», ha twittato nelle prime ore della mattinata il presidente del Consiglio. Ecco la cronaca della giornata. Ore 16,48. Inizia l'intervento di Renzi Si è concluso nell'Aula della Camera il dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il premier ora sta tenendo la propria replica. Ore 16,42. Al via gli interventi a titolo personale Iniziano gli interventi a titolo personale. Ne sono previsti quattro, dureranno ciascuno un minuto, quindi Matteo Renzi prenderà la parola per una replica. Ore 16,36. Nardella (Pd): aiutiamo M5s ad andare nell'Italia reale Il deputato Dario Nardella, renziano, in un intervento in Aula ha attaccato i Cinque Stelle, i «professionisti del dubbio: hanno cambiato idea cinque volte sulla legge elettorale». «Aiutiamoli ad andare nell'Italia reale», ha aggiunto. Ore 16,22. Letta in aula: applausi dai deputati L'ex presidente del Consiglio Enrico Letta è arrivato alla Camera dove è in corso il dibattito sulla fiducia al governo Renzi. Appena entrato nell'Aula, l'ex premier è salito fino al banco dove è seduto Pierluigi Bersani, per un caloroso abbraccio. L'Aula ha salutato il suo ingresso con un lungo applauso. Nessun cenno di saluto con Renzi. Ore 16,08. Cameron telefona a Renzi: bene agenda riforme Il premier britannico, David Cameron, ha chiamato Matteo Renzi e gli ha fatto gli auguri di buon lavoro. Cameron ha espresso apprezzamento per l'agenda di riforme delineata in Parlamento. In una nota di Palazzo Chigi si legge che nel corso della telefonata i due «hanno condiviso l'obiettivo di promuovere politiche europee in grado di sostenere la crescita economica. I due governi proseguiranno la stretta collaborazione bilaterale sui temi politici ed economici e del comune impegno sulle principali questioni dell'agenda internazionale». Ore 15,55. Renzi twitta: grazie Bersani, per me è un gesto importante «Grazie a Bersani per essere in aula oggi. Un gesto non scontato, per me particolarmente importante. Grazie», ha scritto il premier Matteo Renzi in un tweet, al momento dell'ingresso in aula alla Camera dell'ex segretario del pd. Ore 15,46. I deputati applaudono il ritorno di Pierluigi Bersani È entrato in Aula alla Camera Pierluigi Bersani, ex segretario del Pd colpito nei giorni scorsi da un malore. Tutti in piedi, applausi dagli scranni dei deputati. Ore 15,18. Villarosa (M5s) a Renzi: presidente sia sereno «Vorrei chiudere il mio discorso con un augurio. Le volevo dire: "Stia sereno presidente, stia sereno"». Così Alessio Villarosa, deputato del Movimento Cinque Stelle ha chiuso il suo intervento alla Camera. Ore 14,57. La seduta è ripresa È ripresa la seduta della Camera, con la discussione sulle dichiarazioni del governo, in vista della votazione sulla fiducia. Ore 14,51. Di Maio (M5s): abreve pizzino con Renzi su Facebook «Tanti giornalisti mi contattano perchè stamattina in Aula hanno visto uno scambio di biglietti (iniziato da lui) tra me e Matteo Renzi. Li hanno definiti "pizzini tra Renzi e Di Maio". Ci conoscete, massima trasparenza, li leggerete a breve», ha assicurato su Facebook il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (M5S). Ore 14,40. La seduta dell'Aula della Camera è di nuovo sospesa La seduta dell'Aula della Camera è di nuovo sospesa. Ore 14,37. Bossi a Renzi: auguri, valutiamo quanto farà «Presidente Renzi, le faccio gli auguri. Valuteremo le cose che fa. Se saranno giuste non le spareremo addosso tanto per farlo. Valuteremo passo passo». Lo ha detto nell'Aula della Camera l'ex leader della Lega Umberto Bossi intervenendo nel dibattito sulla fiducia. Ore 14,07. È ripresa la seduta alla Camera È ripresa la seduta della Camera Riprende in Aula alla Camera la discussione sulle dichiarazioni programmatiche del Governo, in vista del voto dei deputati sulla fiducia all'esecutivo Renzi. Ore 13,33. Pausa nell'attività dell'Aula La presidente della Camera Laura Boldrini, che presiede la seduta in cui si discute la richiesta di fiducia del governo Renzi, ha sospeso i lavori per un quarto d'ora. Sarebbero dovuti riprendere alle 13,45, ma i deputati sono ancora in pausa. Ore 12,52. Civati a Renzi: sì alla fiducia, Matteo stai sbagliando «Ciao Matteo, volevo solo dirti che stai sbagliando». Ha esordito così il deputato del Pd Pippo Civati nel suo intervento in Aula alla Camera dove è in corso il dibattito sulla fiducia al governo Renzi. «Anche io ho sognato che la nostra generazione arrivasse fin qui - ha spiegato - ma con le elezioni e non con una manovra di palazzo che neanche ai tempi di Rumor. Devono essere sempre gli elettori a scegliere i politici e non viceversa. Credo di rappresentare il disagio di molti elettori del Pd in questo momento. Ho deciso - ha detto ancora Civati - dopo un lungo travaglio di votare a favore della fiducia perché penso, come dice Bersani, che non bisogna sfasciare tutto e non parlo solo del Pd ma anche del Paese. Ho cercato di convincere tutti voi che la strada fosse sbagliata ma non ci sono riuscito». Ore 11,50. Riprende la seduta Dopo una sospensione di cinque minuti dei lavori, è ripresa la seduta in Aula alla Camera, dove è in corso la discussione sul discorso programmatico del premier Matteo Renzi, in vista del voto sulla fiducia all'esecutivo. Ore 11,47. Domani Renzi incontra a Treviso delegazione operai Electrolux Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel corso della visita a Treviso in programma domani, dovrebbe incontrare una delegazione di operai della Electrolux dello stabilimento di Susegana. A quanto si apprende, l'incontro potrebbe avvenire nella sede del comune. I lavoratori dello stabilimento trevigiano sono in presidio da 25 giorni per protestare contro il piano aziendale presentato dalla multinazionale svedese. Ore 11,45. La seduta dell'Aula è stata sospesa per cinque minuti La seduta della Camera, dove è in corso la discussione generale in vista del voto sulla fiducia al governo Renzi, è stata sospesa per cinque minuti. Il presidente del Consiglio si è allontanato dall'Aula. Ore 11,30. Renzi ripreso da Boldrini Massimiliano Fedriga (Lega) è intervenuto nell'Aula della Camera ma Matteo Renzi stava conversando fitto fitto con Roberto Giachetti (Pd). Il leghista si è lamentato. Immediato l'intervento della presidente Laura Boldrini: «Presidente del Consiglio, viene richiesta la sua attenzione». Renzi ha scrollato le spalle, e si è messo ad ascoltare mentre Giachetti è andato via. Ore 11,26. Sibilia (M5s): Renzi e Padoan "figli di troika" Scambio di battute nell'Aula della Camera tra Carlo Sibilia di M5S e la presidente Laura Boldrini, durante il dibattito sulla fiducia alla Camera. Parlando del Fondo per le piccole e medie imprese a cui il presidente del Consiglio ha fatto cenno ieri, Sibilia ha incalzato Renzi dicendo: «il Fondo c'è già, ci devi solo mettere i soldi dentro. A Mattè sveglia!». Ma Boldrini lo ha ripreso duramente: «Usi un tono consono. Il suo tono è totalmente gratuito». Il giovane pentastellato ha replicato: «Presidente che fa? Mi vuole ghigliottinare come ha già fatto il 29 gennaio?». Sibilia ha attaccato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. «Lei e Padoan siete due figli di Troika», ha affermato prima che Boldrini gli togliesse la parola dicendogli che ha finito il tempo a sua disposizione. Sibilia ha replicato con un gestaccio. Ore 11,25. Fassina (Pd): voto fiducia ma no a delega in bianco Stefano Fassina, ex viceministro dell'Economia, bersaniano, è intervenuto in Aula e ha ricordato che la sua fiducia all'esecutivo non è in bianco ma è condizionata al merito dei provvedimenti. «Questo voto - ha detto - non abbrevia la distanza di analisi e cultura politica» con Renzi. Quanto alle proposte economiche, l'esponente della minoranza Pd ha sottolineato che «prevale ancora una sostanziale continuità con il paradigma economico in corso, un paradigma che non funziona». Ore 11,10. Delrio: risorse per programma? Spiegherà bene Padoan Le risorse per il programma di Governo presentato ieri dal presidente del Consiglio Matteo Renzi? «Le spiegherà bene il professor Padoan», ossia il ministro dell'Economia. Lo ha chiarito il sottosegretario della presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. E a chi chiedeva se ci sono tutte le coperture, Delrio ha replicato: «Ci mancherebbe». Ore 10,49. Taddei (Pd): in un anno taglio di 8-10 miliardi sul cuneo fiscale «I tagli al cuneo fiscale? Pensiamo che nell'arco di 12 mesi 8 miliardi siano ampiamente alla portata, a 10 miliardi si può arrivare. Non è un libro dei sogni», ha spiegato il responsabile economico del Pd Filippo Taddei, ospite di 24 Mattino su Radio 24, elenca le cifre del programma economico del governo Renzi. Ore 10,18. Sono 51 i deputati iscritti a parlare Sono cinquantuno i deputati iscritti a parlare nel dibattito nell'Aula della Camera sulle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il primo è stato Dario Nardella (Pd), il vicesindaco del premier a Firenze; gli ultimi a parlare saranno tre deputati di M5S: Giulia Sarti, Roberto Fico e Giuseppe Brescia. Ore 10,09. Al via alla Camera il dibattito su fiducia Nell'aula della Camera é iniziato il dibattito sulla fiducia al governo Renzi, dopo il via libera di ieri del Senato. Ore 10,03. Renzi è giunto alla Camera Matteo Renzi è giunto alla Camera.Il presidente del Consiglio ha incontrato la moglie di Salvatore Girone e la compagna di Massimiliano Latorre, i due marò italiani in India, quindi ha raggiunto l'aula per il dibattito sulla fiducia al suo governo. Ore 9,50. Cdm su scioglimento consiglio comunale di Scalea (Cs) Questa mattina si è riunito il Consiglio dei ministri presso la Sala del Governo della Camera. L'esecutivo ha approvato il decreto del Presidente della Repubblica di scioglimento del Consiglio comunale di Scalea (Cs) in scadenza oggi. L'atto, spiega una nota di Palazzo Chigi, è stato assunto per consentire il completamento delle operazioni di risanamento delle istituzioni locali nelle quali sono state riscontrate forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata. L'affidamento della gestione dell'ente, su proposta del ministro Alfano, sarà in capo a una commissione straordinaria. Ore 8,45. Il Financial Times: Renzi spieghi meglio i suoi piani di riforma Matteo Renzi deve spiegare meglio i suoi piani di riforma. È il messaggio del Financial Times, nell'editoriale di oggi intitolato "Matteo Renzi occupa la scena in Italia". Ore 7,37. Renzi su twitter: ok il Senato, ora la Camera La giornata del presidente del Consiglio inizia già nelle prime ore della mattinata. «Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio. Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso. lavoltabuona». Così questa mattina il presidente del Consiglio Matteo Renzi in un tweet scritto dopo avere ottenuto la fiducia al Senato con 169 voti favorevoli e 139 contrari e alla vigilia del voto alla Camera. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-02-25/il-governo-renzi-chiede-fiducia-camera-premier-poi-si-inizia-lavorare-serio--075630.shtml?uuid=ABXfryy Titolo: Matteo RENZI "Con Letta tempo sarà galantuomo. Inserito da: Admin - Febbraio 26, 2014, 05:18:02 pm Renzi: "Abbassare costo del lavoro a danno delle rendite pure".
"Con Letta tempo sarà galantuomo. Deluso da Cinque Stelle" ROMA - Dopo aver ottenuto la fiducia alla Camera il presidente del Consiglio Matteo Renzi apre le porte di Palazzo Chigi alle telecamere della trasmissione Ballarò e ammette: "Sì, c'è spazio per aumentare la tassazione delle rendite finanziarie, non dico sui Bot ma sulle rendite pure, questo per abbassare il costo del lavoro. Abbiamo una tassazione sulle rendite finanziarie tra le più basse in Europa. L'ipotesi emersa dalle parole di Delrio era sui 100mila che non cambiano se si pagano 15 invece di 10 euro di tasse, ma io dico di attendere la riforma complessiva del sistema del fiscale. C'è la delega ancora aperta". Renzi si dice deluso dal comportamento dei Cinque Stelle: "Sono rimasto un pò colpito dai grillini, pensavo volessero confrontarsi e invece si sono messi a schioccare le dita come la famiglia Addams". Renzi nega poi che ci siano problemi di conflitto di interessi per i ministri Guidi e Poletti. E ricorda: Silvio Berlusconi "e" uno di quelli che mi hanno votato la sfiducia, non la fiducia". Per quanto riguarda il gelo con l'ex premier Letta cosa ha provato Renzi? "Ho pensato che è comprensibile, dal punto di vista umano il dispiacere quando si lascia un luogo in cui si è lavorato ma ora risolvo le questioni degli italiani. Avrei preferito un'altra soluzione ma questa accelerazione a noi è stata chiesta". Da chi? "Prima di tutto dal Pd e poi dagli altri alleati". "Sono molto triste per come è stata riportata la vicenda a Palazzo Chigi con Letta - dice infine -, ma il tempo è galantuomo. Lo so io come sono andate le cose, ma sono convinto lo sappiano anche gli italiani. Io la politica la faccio con il sentimento, non con il risentimento". Tornando all'economia Renzi spiega: "Padoan è uno con cui decidiamo insieme, ed è importantissimo, condividiamo l'idea di fondo che bisogna mettere in circolo soldi". "Entro un mese - detta intanto tempi il premier - diamo il percorso preciso su quanto e dove prendiamo i soldi per la riduzione del cuneo fiscale, stiamo ragionando sugli oneri sociali". Ancora una scansione temporale e cifre più esatte per lo sblocco dei debiti della P.A. "La Cassa Depositi e Prestiti ci può aiutare a fare quello che ha fatto la Spagna, per circa 60 miliardi di euro, con un effetto benefico immediato. Aiuterà i fondi per lotta al credit crunch, e in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A". L'idea di Renzi è quella di tirare dritto, senza troppo concedere alle mediazioni e alle liturgie della politica. "Non c'è da mediare ma da tirare, da trainare. L'obiettivo finale è la riforma del lavoro, semplificare il fisco, modificare la Pa, cambiare la giustizia, per fare questo sono tutti d'accordo da trent'anni ma poi non lo fanno". "Io vado avanti, al massimo mi mandano a casa. Ma se la politica sbaglia va in malora il Paese", dice perciò a Floris mentre mostra le stanze di Palazzo Chigi, che vuole sia "una casa di vetro in termini di trasparenza". Il premier non si preoccupa più di tanto delle critiche dopo la fiducia di ieri al Senato. "Alcuni commenti sono stati molto duri - afferma -. Oggi gli italiani più che giudicare le parole vogliono giudicare i fatti". E a chi dice che sembrava parlasse al pubblico fuori dal Palazzo ribatte: "Senatori e telespettatori sono lo stesso pubblico, non sono un pubblico diverso, la gente fuori da qui è quella che ti vota, i senatori sono cittadini che pro tempore svolgono un servizio diverso". © Riproduzione riservata 26 febbraio 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/26/news/renzi_con_letta_tempo_sar_galantuomo_deluso_da_cinque_stelle_c_spazio_per_tassare_rendite_finanziarie_pure_non_i_bot-79649247/?ref=HREA-1 Titolo: Matteo RENZI "Con Letta tempo sarà galantuomo. Deluso da Cinque Stelle" Inserito da: Admin - Febbraio 28, 2014, 07:26:14 pm Renzi: "Abbassare costo del lavoro a danno delle rendite pure".
"Con Letta tempo sarà galantuomo. Deluso da Cinque Stelle" ROMA - Dopo aver ottenuto la fiducia alla Camera il presidente del Consiglio Matteo Renzi apre le porte di Palazzo Chigi alle telecamere della trasmissione Ballarò e ammette: "Sì, c'è spazio per aumentare la tassazione delle rendite finanziarie, non dico sui Bot ma sulle rendite pure, questo per abbassare il costo del lavoro. Abbiamo una tassazione sulle rendite finanziarie tra le più basse in Europa. L'ipotesi emersa dalle parole di Delrio era sui 100mila che non cambiano se si pagano 15 invece di 10 euro di tasse, ma io dico di attendere la riforma complessiva del sistema del fiscale. C'è la delega ancora aperta". Renzi si dice deluso dal comportamento dei Cinque Stelle: "Sono rimasto un pò colpito dai grillini, pensavo volessero confrontarsi e invece si sono messi a schioccare le dita come la famiglia Addams". Renzi nega poi che ci siano problemi di conflitto di interessi per i ministri Guidi e Poletti. E ricorda: Silvio Berlusconi "e" uno di quelli che mi hanno votato la sfiducia, non la fiducia". Per quanto riguarda il gelo con l'ex premier Letta cosa ha provato Renzi? "Ho pensato che è comprensibile, dal punto di vista umano il dispiacere quando si lascia un luogo in cui si è lavorato ma ora risolvo le questioni degli italiani. Avrei preferito un'altra soluzione ma questa accelerazione a noi è stata chiesta". Da chi? "Prima di tutto dal Pd e poi dagli altri alleati". "Sono molto triste per come è stata riportata la vicenda a Palazzo Chigi con Letta - dice infine -, ma il tempo è galantuomo. Lo so io come sono andate le cose, ma sono convinto lo sappiano anche gli italiani. Io la politica la faccio con il sentimento, non con il risentimento". Tornando all'economia Renzi spiega: "Padoan è uno con cui decidiamo insieme, ed è importantissimo, condividiamo l'idea di fondo che bisogna mettere in circolo soldi". "Entro un mese - detta intanto tempi il premier - diamo il percorso preciso su quanto e dove prendiamo i soldi per la riduzione del cuneo fiscale, stiamo ragionando sugli oneri sociali". Ancora una scansione temporale e cifre più esatte per lo sblocco dei debiti della P.A. "La Cassa Depositi e Prestiti ci può aiutare a fare quello che ha fatto la Spagna, per circa 60 miliardi di euro, con un effetto benefico immediato. Aiuterà i fondi per lotta al credit crunch, e in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A". L'idea di Renzi è quella di tirare dritto, senza troppo concedere alle mediazioni e alle liturgie della politica. "Non c'è da mediare ma da tirare, da trainare. L'obiettivo finale è la riforma del lavoro, semplificare il fisco, modificare la Pa, cambiare la giustizia, per fare questo sono tutti d'accordo da trent'anni ma poi non lo fanno". "Io vado avanti, al massimo mi mandano a casa. Ma se la politica sbaglia va in malora il Paese", dice perciò a Floris mentre mostra le stanze di Palazzo Chigi, che vuole sia "una casa di vetro in termini di trasparenza". Il premier non si preoccupa più di tanto delle critiche dopo la fiducia di ieri al Senato. "Alcuni commenti sono stati molto duri - afferma -. Oggi gli italiani più che giudicare le parole vogliono giudicare i fatti". E a chi dice che sembrava parlasse al pubblico fuori dal Palazzo ribatte: "Senatori e telespettatori sono lo stesso pubblico, non sono un pubblico diverso, la gente fuori da qui è quella che ti vota, i senatori sono cittadini che pro tempore svolgono un servizio diverso". © Riproduzione riservata 26 febbraio 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/26/news/renzi_con_letta_tempo_sar_galantuomo_deluso_da_cinque_stelle_c_spazio_per_tassare_rendite_finanziarie_pure_non_i_bot-79649247/?ref=HREA-1 Titolo: Matteo RENZI "L'Italia non si farà dettare linea da Ue" Inserito da: Admin - Febbraio 28, 2014, 07:27:26 pm Renzi, fiducia anche alla Camera. "Nessun alibi, abbiamo un'unica chance".
"L'Italia non si farà dettare linea da Ue" Nell'Aula di Montecitorio 378 sì e 220 no. Gelo con Letta, frecciate al M5S ed elogio di Bersani: "Sua presenza qui segno di stile politico, nel Pd c'è democrazia interna". Precisazione sul cuneo fiscale: "Riduzione a doppia cifra era in miliardi non in percentuale". E spiega: "Dalla cassa depositi e prestiti ci aspettiamo 60 miliardi per i debiti della PA". ROMA - Sul finire di una nuova, lunga giornata in Parlamento, Matteo Renzi incassa la fiducia al suo esecutivo anche alla Camera: 378 sì e 220 no (presenti 599, 598 i votanti, un astenuto). Alla Camera Renzi totalizza un voto in meno del precedente inquilino di Palazzo Chigi, Enrico Letta. Ma al voto stasera non hanno partecipato due fedelissimi renziani, Lorenzo Guerini e Luca Lotti: erano in riunione con il presidente del Consiglio. La fiducia alla Camera segue quella di 24 ore prima, e a notte fonda, al Senato. Il primo passo verso l'investitura parlamentare del nuovo governo, che Renzi aveva salutato stamattina con un tweet: "Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio. Domani scuole, lavoratori, imprenditori, sindaci a Treviso. #lavoltabuona". L'appuntamento è pochi minuti prima delle 17, quando il presidente del Consiglio appare a Montecitorio per pronunciare la sua replica dopo un dibattito sulla fiducia che aveva ricalcato il copione del giorno precedente: attacchi durissimi al limite dell'insulto dal Movimento 5 Stelle e appoggio spesso freddo dalla sua maggioranza, a cominciare proprio da ampi settori del suo stesso partito. Una diffidenza che raggiunge il suo apice quando a fare il suo ingresso in Aula è Enrico Letta. L'ex premier passa infatti davanti al banco del governo ignorando sia Renzi che i ministri, preferendo puntare verso lo scranno di Pierluigi Bersani con il quale si è lasciato andare ad un lungo, intenso e commosso abbraccio. Buona parte del suo discorso, Renzi lo divide tra il rilancio delle linee programmatiche già illustrate al Senato e frecciate al M5S. "Quando sento la parola mafia, i pizzini, usata con leggerezza provo un brivido di dolore, perché questo palazzo ha vissuto momenti devastanti e ci sono stati degli statisti capaci di superare quei momenti", afferma, ricordando la drammatica elezione di Oscar Lulgi Scalfaro a presidente della Repubblica, dopo la strage di Capaci e in risposta alle critiche del M5S. Poi, puntando ancora l'indice contro la mancanza di dissenso e pluralismo all'interno del Movimento, il presidente del Consiglio incalza: "Quando ho perso alle primarie con Pierluigi Bersani lui non mi ha espulso e il fatto che Bersani sia qui avendo idee diverse dalle mie su molte cose è un segno di stile e rispetto non personale ma politico. Siamo il Pd". "Nel Pd - rincara - non abbiamo un confronto formale. Quando c'è da discutere, confrontarci e litigare lo facciamo. Comprendiamo la difficoltà di capire una cosa complicata, si chiama democrazia interna, è una cosa positiva, provatela anche voi, non fa male e consente di essere delle persone migliori". Passando alla futura azione del suo esecutivo, Renzi, come aveva già fatto ieri a Palazzo Madama, spiega: "C'è sempre qualcuno a cui attribuire responsabilità, a cui dare la colpa. Per questo è fondamentale dire che questo governo non ha alibi. Se riusciremo a fare quanto promesso, avremo fatto il nostro dovere. Se non ci riusciremo, ho apprezzato l'intervento di Fassina, la responsabilità sarà di chi guida il governo. Non è coraggio ma è realismo". "All'interno dell'Europa - prosegue il presidente del Consiglio - l'Italia ha un grado di difficoltà maggiore rispetto agli altri paesi, che non nasce nell'ultimo anno o due, non è una responsabilità degli ultimi due governi, è un problema che abbiamo da 15 anni: l'Italia non cresce come il resto dell'Europa". "Abbiamo un'unica chance - sottolinea - prendere ora, qui e adesso l'occasione della timida ripresa che si sta affacciando, per fare l'unica cosa che possiamo fare: cambiare profondamente il nostro Paese, a partire dalla giustizia civile, dal fisco, nella concretezza di tutti i giorni la vita quotidiana degli imprenditori". "Pensiamo - insiste - che il semestre europeo sia una gigantesca opportunità, non una formalità. L'Europa non è il nostro nemico". "L'Europa oggi non dà speranza - dice ancora il premier - perché abbiamo lasciato che il dibattito sull'Europa fosse solo virgole e percentuali. Noi vogliamo un'Europa dove l'Italia non va a prendere la linea per sapere che cosa fare, ma dà un contributo fondamentale, perchè senza l'Italia non c'è l'Europa". Rispondendo alle molte critiche piovute in mattinata dai banchi di Montecitorio, Renzi spiega: "Questo cambiamento radicale avrebbe meritato un passaggio elettorale, lo dico a chi lo ha sottolineato anche oggi più volte. Ma lo avrebbe meritato se ci fossero state le condizioni per avere il giorno dpo una maggioranza stabile. Se noi fossimo andati a un passaggio elettorale ci saremmo trovati nelle stesse identiche condizioni esattamente di un anno fa". Il segretario democratico ricorda quindi che "non bastano le riforme costituzionali o elettorali: esiste un'esigenza drammatica, che è quella occupazionale". "La riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale - precisa quindi parlando del problema lavoro - era in miliardi non in percentuale". "Se riduco di 10 miliardi la pressione fiscale non credo possa arrivare un sorrisino" ha affermato Renzi rispondendo a una brusio di derisione che giungeva dall'emiciclo. Altro provvedimento al quale il presidente del Consiglio attribuisce particolare importanza è "lo sblocco totale dei debiti della Pubblica Amministrazione" che "deve costituire uno shock come accaduto in Spagna". E per farlo si affida alla Cassa Depositi e Prestiti dalla quale, dice a Ballarò, si aspetta 60 miliardi di euro. E, sempre a proposito di economia, da Floris dice che, Bot a parte, "bisogna ragionare sul livello della tassazione delle rendite". Quanto al cuneo fiscale spiega: "Ci sono scuole pensiero diverso, Padoan si è preso tempo per verificarle. Alcuni professori della Bocconi insistono su 20-23 miliardi, altri hanno idea diversa. Un modo è abbassare Irap, un altro è abbassare Irpef, il terzo sul quale stiamo ragionando è quello degli oneri sociali". E comunque, riguardo al suo ministro dell'Economia spiega: "Padoan è uno con cui decidiamo insieme, ed è importantissimo, condividiamo idea di fondo che bisogna mettere in circolo soldi". Malgrado il gelo con Letta, nel corso del suo intervento Renzi cita due volte il suo predecessore per elogiarne l'operato. La prima, parlando di conti pubblici: "in particolar modo il governo guidato da Enrico Letta ha investito molto su questo punto, lo riconosco in maniera chiara ed evidente". Più tardi, quando parla di province, il premier dà atto al suo predecessore di avere fatto un "primo passo" con il provvedimento Delrio. © Riproduzione riservata 25 febbraio 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/02/25/news/renzi_discorso_camera-79611067/?ref=HREA-1 Titolo: Matteo RENZI Congresso Pse, Renzi saluta l'ingresso del Pd: Un giorno speciale Inserito da: Admin - Marzo 01, 2014, 07:47:00 pm Congresso Pse, Renzi saluta l'ingresso del Pd: "Un giorno speciale"
Nel suo intervento il premier ringrazia Bersani e D'Alema e rilancia l'impegno sulla scuola: "La più grande scommessa che dobbiamo vincere è quella dell'educazione". Plebiscito per la candidatura di Schulz a commissario Ue 01 marzo 2014 ROMA - Un manifesto in dieci punti, con il lavoro al primo posto. E' questo il documento approvato oggi al Congresso del Pse a Roma che ha incoronato il tedesco Martin Schultz a candidato per la presidenza della Commissione Europea, con l'obiettivo di "cambiare" l'Europa dopo che i conservatori hanno portato "paura e austerità". Dal palco ha preso la parola anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi, a lungo seduto in prima fila tra Schulz e la segretaria della Cgil, Susanna Camusso. Renzi ha innazitutto ringraziato Pierluigi Bersani, Piero Fassino, Massimo D'Alema e tutti i predecessori alla guida del Pd e dei suoi 'affluenti'. "Per i democratici è un giorno speciale - ha detto in inglese - perché è un momento molto importante per la nostra comunità. E un pensiero va al mio amico Bersani, a Piero Fassino e Massimo D'Alema e a tutti i leader del Pd e prima del Pds-Ds". "Io credo - ha proseguito il segretario democratico - che la più grande scommessa che dobbiamo vincere è quella dell'educazione e l'attenzione verso la scuola, dove si costruisce la condizione dell'Europa economica. Se questo avverrà il Pd sarà orgoglioso di far parte di un cammino economico comune". "L'Europa sociale è condizione e non figlia dell'Europa economica", ha aggiunto. Per realizzare un nuovo modello in Europa, ha insistito il leader del Pd, "l'Italia deve adempiere ai propri obblighi ma noi dobbiamo tenere i conti in ordine non perché ce lo chiede l'Europa ma perché ce lo chiedono i nostri figli". "In un momento terribile di spread non economico ma per la vita dei cittadini - ha proseguito - noi dobbiamo fare in modo che il piccolo artigiano non veda l'Europa come il problema ma come la soluzione dei problemi, come l'Europa dei cittadini e non dei burocrati. Questo è il nostro obiettivo". In platea anche il leader di Sel Nichi Vendola. "Sono qui in segno di amicizia per Martin Schulz e come convinto sostenitore della lista Tsipras, con la speranza che le sinistre aiutino l'Europa a uscire da questo incubo" dell'austerity e "a superare la terribile tenaglia rappresentata in tutta l'Ue dai governi delle larghe intese", ha spiegato. In conclusione dei lavori il congresso Pse, come detto, ha candidato ufficialmente Martin Schulz alla presidenza della Commissione europea. I delegati hanno espresso 368 voti favorevoli, 2 contrari e 34 astenuti. "I nostri amici italiani - ha detto tra l'altro Schulz nel suo intervento - ce la stanno mettendo tutta per rendere l'Italia un paese più forte, più giusto, un paese dove Matteo Renzi ha definito un piano di riforme coraggioso per ridare speranza e futuro all'Italia". © Riproduzione riservata 01 marzo 201 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/03/01/news/renzi_congresso_pse-79935286/?ref=HRER3-1 Titolo: Italicum, Matteo Renzi media tra Berlusconi e Alfano e pensa a un suo... Inserito da: Admin - Marzo 06, 2014, 12:15:24 pm Italicum, Matteo Renzi media tra Berlusconi e Alfano e pensa a un suo "lodo": diamoci una scadenza per le riforme
Pubblicato: 03/03/2014 21:38 CET | Aggiornato: 03/03/2014 21:38 CET Se c’è un punto fermo, almeno uno, nella giostra di trattative sulla legge elettorale, è che l’accordo sull’Italicum, di fatto, non c’è più. Inteso come quello che avevano siglato Renzi e Berlusconi per terremotare il governo Letta. È per questo che Renzi, abituato a parlare quando ha cose da dire, preferisce rinviare la riunione del gruppo del Pd in serata. Limitandosi a spargere un po’ di ottimismo: “Siamo alla stretta finale, l’accordo è vicino. Ma bisogna superare varie difficoltà”. Il problema – e non è un dettaglio – è che le difficoltà, alla vigilia della discussione in Aula, non sono banali. E l’accordo è affidato ai più classici consigli che porta la notte. E allora conviene provare a fissare qualche punto fisso nel labirinto per ricostruire il complesso negoziato. Ad esempio partire da quando, nel corso di una serie di telefonate dirette tra Renzi e Verdini, si capisce che con la formazione del governo tutto è cambiato. Il plenipotenziario di Berlusconi si dice disposto ad aggiustamenti piccoli perché, come ama dire, i numeri sono “birichini” e tutto dipende da come “li incolonni”, ma questo è il massimo del gioco possibile. Bene dunque a ragionare di algoritmi, per risolvere quelle criticità che il professor D’Alimonte ha illustrato al Corriere. Epperò Forza Italia non può accettare né il famoso emendamento Lauricella, né l’emendamento D’Attorre, ovvero: applicare l’Italicum solo per la Camera dei deputati, ma non per il Senato, dove resterebbe in vigore il Consultellum (la legge uscita dalla Consulta). Per evitare l’emicrania diciamola semplice: sia l’uno che l’altro rappresentano dei deterrenti rispetto alla prospettiva del voto anticipato e legano la legge elettorale alle riforme istituzionali. Detto ancora più direttamente: si vota nel 2018 quando Silvio Berlusconi avrà 81 primavere. Si capisce allora il no, senza se e senza ma di Verdini. E pure il malumore del Cavaliere, in costante contatto telefonico da Arcore affiancato da Giovanni Toti. Insomma, spiega con Renato Brunetta, col Lauricella o affini “salta tutto”. Legge elettorale e riforme devono andare “parallelamente”. Il problema è che Renzi, critico col Lauricella ai tempi in cui al governo c’era Letta, stavolta cerca una mediazione. Riforme e legge elettorale vanno collegate. Un azzurro di rango spiega: “Renzi ha fatto la politica dei due forni. Prima ha fatto l’accordo con noi sulla legge elettorale, poi con Alfano sul governo dando garanzie sui tempi lunghi. Ora si è incartato”. Il sospetto del Cavaliere però è che il tempo sia foriero di brutte sorprese. E cioè che l’Italicum o si approva adesso o non si approva più: “Il vero obiettivo di Alfano e sinistra Pd – prosegue l’azzurro di rango – è prima prendere tempo, poi cambiare l’Italicum. A quel punto Renzi è incastrato”. È un sospetto che alberga anche nei pensieri del premier. Il quale sta cercando una mediazione, una sorta di “lodo Renzi. Una mediazione che consenta di non rompere con Forza Italia e, al tempo stesso, di non far saltare il governo. Tra la l’Italicum subito e l’emendamento Lauricella, l’idea è fissare un tempo “determinato” per le riforme. Un Lauricella a tempo, in sostanza: riforme istituzionali e legge elettorale vanno legate ma va fissato un tempo per non arrivare al 2108. Un anno, due. Una qualunque scadenze. Alfano all’inizio ha detto di no. La trattativa è lunga… Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/03/03/italicum-renzi-berlusconi_n_4892180.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Matteo RENZI Renzi smantella la riforma Fornero assegno unico di disoccupazione Inserito da: Admin - Marzo 13, 2014, 11:43:46 pm Renzi smantella la riforma Fornero: assegno unico di disoccupazione
Nessuna riforma a colpi di decreto, ma un passaggio parlamentare per chiedere la delega all'esecutivo. Previsti anche il reddito minimo e nuove tutele per le donne in maternità di GIULIANO BALESTRERI MILANO - Un disegno di legge per la delega al governo a riformare il lavoro semplificando, anzi, smantellando la legge Fornero. Matteo Renzi frena quindi sul Jobs Act: nessuna riforma a colpi di decreto, ma un passaggio parlamentare nel quale chiederà una delega per cambiare gli ammortizzatori sociali introducendo l'assegno di disoccupazione, il reddito minimo e la tutela delle donne in maternità. Nell'immediato arriva, invece, un decreto legge che fissa a tre anni la durata massima dei contratti di lavoro a tempo determinato, con l'accortezza che i dipendenti a tempo non superino il 20% dei totali dell'azienda. La volontà è anche quella di potenziare e semplificare l'apprendistato che vale appena il 10% degli avviamenti (il 58% sono attraverso i contratti a tempo determinato). La legge delega prevede inoltre di riforma la cassa integrazione: contributi più bassi per tutti, ma più alti per chi ne fa ricorso. Andrà verso l'esaurimento la cassa in deroga in favore dell'assegno unico di disoccupazione e degli ammortizzatori per tutti (Naspi). Arriverà anche l'agenzia unica del lavoro per coordinare le attività dell'Inps con quelle dei centri di collocamento, mentre aumenteranno le tutele per le donne in maternità anche con contratti atipici. Per tre anni, inoltre, i contratti a tempo saranno senza causale per evitare contenziosi e agevolare le assunzioni; non saranno neppure più necessarie le pause tra un contratto e l'altro. "Nessun cittadino deve rimanere a casa. Tutti devono avere un'occupazione" ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti che poi dice: "Vogliamo costruire un modello per il quale chi riceve dei sussidi dallo Stato possa aiutare in qualche modo la collettività". Da maggio, poi, si pagherà un miliardo in meno di Inail: l'80% delle imprese italiane pagherà il 14% in meno. Tra i provvedimenti varati c'è dal primo maggio la "Garanzia per i Giovani" chiesta dalla Ue che ha invitato tutti gli Stati membri ad assicurare ai giovani con meno di 25 anni un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato, tirocinio o altra misura di formazione, entro 4 mesi dall'uscita dal sistema di istruzione formale o dall'inizio della disoccupazione. Il governo Renzi, però, allarga la platea ai giovani fino a 29 anni destinando risorse complessive per 1,5 miliardi alle agenzie regionali. In generale l'obiettivo è quello di offrire una risposta ai ragazzi e alle ragazze che ogni anno si affacciano al mondo del lavoro dopo la conclusione degli studi. Considerato lo specifico contesto italiano tale iniziativa prevede, inoltre, anche azioni mirate ai giovani disoccupati e scoraggiati, che hanno necessità di ricevere un'adeguata attenzione da parte delle strutture preposte alle politiche attive del lavoro. Nel pacchetto di misure varato dal governo anche un fondo per le imprese sociali da 500 milioni e 600 milioni da destinare al credito d'imposta per i ricercatori con l'obiettivo di creare 100mila posti di lavoro nell'ambito della ricerca entro il 2018. (12 marzo 2014) © Riproduzione riservata Da - http://www.repubblica.it/economia/2014/03/12/news/jobs_act_ammortizzatori_sociali-80847833/?ref=HRER3-1 Titolo: Matteo RENZI: “Non siamo da mettere dietro la lavagna” Inserito da: Admin - Marzo 17, 2014, 12:03:29 pm Politica
17/03/2014 - governo viaggio nell’unione Renzi: “Non siamo da mettere dietro la lavagna” Oggi vertice tra il presidente del Consiglio e la cancelliera Merkel: se faremo bene il nostro dovere, saremo una guida nell’Ue Matteo Renzi si presenta alla Bundeskanzleramt, la Cancelleria di Berlino, con un pacchetto di misure e un eloquente auto-spot: «Ad Angela Merkel voglio semplicemente mostrare il percorso di riforme che l’Italia ha in testa, un percorso che non ha fatto nessuno in Europa in questo tempo». In una intervista rilasciata al Tg5 poche ore prima di partire per Berlino, dove oggi pomeriggio incontrerà Angela Merkel, il presidente del Consiglio ripropone alcune metafore collaudate sul tema degli esami all’Italia: «Non siamo gli alunni da mettere dietro la lavagna, siamo l’Italia» e «se facciamo bene il nostro dovere, noi saremo alla guida dell’Europa e non l’ultimo vagone tra quelli ritardatari». E sul tasto a lui caro dell’orgoglio nazionalista, Renzi insiste: «Se abbiamo fatto errori siamo pronti a rimediare, ma siamo l’Italia e dobbiamo riprenderci l’orgoglio di essere italiani». Sui provvedimenti in gestazione una battuta: «Semplificare le norme sul lavoro non significa dare più precarietà ma consentire ai ragazzi di lavorare. A me interessano loro, non gli addetti ai lavori, che siano sindacalisti o le associazioni dei categoria». Parole che confermano un dato consolidato: Matteo Renzi non considera l’incontro di oggi a Berlino come un esame. E non soltanto perché il presidente del Consiglio abbonda di autostima, ma soprattutto perché ha più volte spiegato che la “sua” Italia non vuole sfondare i parametri europei e proprio per questo non intende subire esami né a Bruxelles né a Berlino. Tra l’altro l’enfasi che i mezzi di informazione stanno creando attorno al summit con la Merkel non corrisponde ad un’ansia da prestazione da parte del presidente del Consiglio. Tanto per cominciare il vertice intergovernativo di oggi a Berlino è un appuntamento ereditato dal precedente governo e non cercato da Renzi, il quale - come si sa - per la sua prima visita all’estero ha scelto Tunisi. E d’altra parte Angela Merkel è la personalità europea che meglio conosce Matteo Renzi: nello scorso luglio l’allora sindaco di Firenze fu ricevuto a Berlino in forma privata e riservata, mentre il secondo incontro si è svolto, brevemente, al recente vertice europeo d’emergenza sulla questione Ucraina. Ma il loro terzo incontro è sicuramente il più importante. Su entrambi i versanti. Angela Merkel non ha nascosto una certa simpatia per Matteo Renzi, del quale la Cancelliera apprezza «l’audacia», come sostiene il direttore di Die Welt Thomas Schmidt. E quanto al presidente del Consiglio, per quanto non abbia concepito il suo mini-tour nelle principali capitali europee - due giorni fa Parigi, oggi Berlino - come un road-show delle sue riforme, naturalmente Renzi attende con curiosità il giudizio della Merkel non solo sulle misure, ma soprattutto sull’escamotage immaginato per realizzarle: la lievitazione del rapporto deficit dal 2,6 al 2,9-3%. Da questo punto di vista le premesse della vigilia sembrano rassicuranti: a Berlino si considera come irrinunciabile il canonico tetto del 3%, mentre sullo sforamento degli obiettivi già programmati, pare non ci siano imperativi categorici per Roma. Renzi arriva a Berlino reduce dall’incontro col presidente francese Hollande, un incontro giudicato positivamente all’Eliseo. Un incontro - sottolineano a Firenze - che soltanto una certa enfasi giornalistica ha potuto etichettare come asse Renzi-Hollande in funzione anti-Merkel. Il presidente del Consiglio non intende combattere altri leader europei e nemmeno consolidare assi con nessuno, ma semmai - questo sì - stringere rapporti personali di una certa profondità con i singoli leader, rapporti destinati a diventare utili nei momenti topici, quelli nei quali un Paese o un leader hanno bisogno di alleanze. Da - http://lastampa.it/2014/03/17/italia/politica/renzi-non-siamo-da-mettere-dietro-la-lavagna-kMQNHTtPzIx1RJs8svmRyK/pagina.html Titolo: Pinotti: "Su F35 lecito immaginare riduzione" Inserito da: Admin - Marzo 18, 2014, 11:56:01 am Pinotti: "Su F35 lecito immaginare riduzione"
Il ministro della Difesa si dice pronto a chiudere 385 caserme per rivendere gli immobili e a far scendere il numero dei militari da 190mila a 140mila 16 marzo 2014 ROMA - Sui cacciabombardieri F35 "è lecito immaginare che si può ripensare, si può ridurre, si può rivedere". Lo ha detto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti a "L'intervista di Maria Latella" su Sky Tg24, precisando che l'ordine degli F35 prevede l'acquisto di 90 aerei. Pinotti aggiunge che prima di tagliare o ridurre "bisogna chiedersi: vogliamo un'aeronautica? Dobbiamo chiederci che tipo di difesa vogliamo, quale tipo di protezione ci può servire. C'è un impegno assunto dal governo, aspettiamo la fine dell'indagine conoscitiva per prendere una decisione". E, sempre in tema di risparmi il ministro ha anche rivelato che il suo dicastero è pronto a chiudere 385 caserme o presidi per poter poi rivendere gli immobili. Per fare questo sarà allestita una task force attiva 12 ore al giorno. "Per dare risposte - ha detto il ministro - per non perdere tempo per mettere i beni della Difesa a disposizione dei Comuni, degli enti locali e anche dei privati. Da tanti anni ci sono immobili fermi, risolvere questo problema non sarà semplice ma è un dovere patriottico". Per quanto riguarda i tagli, "stiamo passando da 190 mila a 150 mila militari da qui al 2024, e pensiamo di tagliare 20 mila unità del personale civile della Difesa. E se ci sono ancora attendenti, li taglieremo". © Riproduzione riservata 16 marzo 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/03/16/news/pinotti_f35-81130476/?ref=HREC1-3 Titolo: Spending review, Renzi: "Dobbiamo ancora decidere dove tagliare" Inserito da: Admin - Marzo 20, 2014, 12:39:51 am Spending review, Renzi: "Dobbiamo ancora decidere dove tagliare"
Il premier interviene alla Camera in vista della partecipazione al Consiglio Ue in programma domani a Bruxelles: "Parametro 3% deficit/Pil anacronistico, dobbiamo lottare contro un'Europa espressione della burocrazia" 19 marzo 2014 ROMA - Dopo le parole pronunciate ieri nel corso del suo incontro con Massimo D'Alema, Matteo Renzi torna a rilanciare l'allarme populismo anche nel suo intervento alla Camera in vista della partecipazione al Consiglio europeo in programma domani a Bruxelles. Anche se il tema centrale del suo intervento è l'Europa, Renzi dalla tribuna della Camera non manca di parlare delle vicende italiane. Sulla spending review, dice, "stiamo facendo una analisi politica, il commissario ci ha fatto l'elenco e ora tocca a noi individuare dove tagliare. Ci presenteremo in modo chiaro in Parlamento con le voci dove vogliamo intervenire e dove no". Scettica sulle capacità di scegliere del premier si mostra Susanna Camusso. "Non c'è dubbio che ci sia bisogno di una revisione della qualità e della quantità della spesa, ma mi sembra che le cose annunciate ieri stanno nella vecchia logica dei tagli lineari e nella compressione dell'occupazione" con "un ritorno alla logica recessiva", lamenta il segretario della Cgil. Renzi torna anche sul taglio dell'Irpef nelle buste paga di chi guadagna fino a 1.500 euro al mese. "E' solo un primo passo per rivitalizzare il mercato interno ora bloccato", afferma e "deriva da un margine ampio" di copertura che proviene da un intervento sulla spending che presenteremo in Parlamento. Entrando nel merito del suo viaggio a Bruxelles, il presidente del Consiglio dice: "Credo che chi rappresenta un paese nel Consiglio Ue debba partire da questa Europa che oggi vive una fase di difficoltà evidente agli occhi dei cittadini e non serve il sondaggio dei talk show per ricordarci come sia forte il rischio di una forte affermazione dei partiti populisti e antieuropeisti". "Dobbiamo lottare contro un'Europa espressione della burocrazia e della tecnocrazia e riprendere lo sguardo alto dei paesi fondatori", ribadisce il premier che cita poi un discorso di 19 anni fa dell'europarlamentare verde Alex Langer: "Stiamo costruendo un'Europa dove si smistano persone e merci ma si svuotano di identità le città e le regioni". "Nei prossimi otto mesi - avverte ancora Renzi - ci sarà un passaggio elettorale rilevante, avremo il cambiamento della commissione Ue e il semestre a cui Letta, che saluto e ringrazio, ha dato importanza e stimolo". "Il rischio di una deriva tecnocratica e burocratica - insiste - non lo avverte solo questo governo e questo Parlamento ma è dentro, insito, nell'animo e nel cuore di chi da anni si batte per un'Europa degna di questo nome". Nel corso del Consiglio Ue, ricorda il presidente del Consiglio, "avremmo dovuto parlare si crescita, competitività e di occupazione ma le vicende di crisi a cui stiamo assistendo in Ucraina sicuramente saranno particolarmente approfondite" soprattutto "nella cena di domani sera". Per mettere fine alla crisi in Ucraina serve, prosegue, "una soluzione politica", "rispettosa del diritto internazionale e "che non ci faccia tornare indietro rispetto ad un disegno di cortina di ferro che probabilmente è solo negli incubi ma che noi dobbiamo scongiurare". Poi, nel corso della replica, Renzi interviene anche sull'eventuale sforamento del limite del 3% nel rapporto deficit/pil. "E' oggettivamente un parametro anacronistico", dice il presidente del Consiglio, ma per l'Italia "non ci sarà nessuno sforamento". "Quel che in queste ore sfugge - precisa - non è la discussione su 3% o meno", il governo ritiene che "quel che è necessario non è lo sforamento ma il rispetto del 3% con una modifica, vedremo se possibile, dal 2,6% al 3%". © Riproduzione riservata 19 marzo 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/03/19/news/renzi_camera_ue-81358457/?ref=HREA-1 Titolo: Renzi: lunedì riforma Senato. "Pd punta al 40% nel 2018" Inserito da: Admin - Marzo 30, 2014, 11:44:00 am Renzi: lunedì riforma Senato. "Pd punta al 40% nel 2018"
Nella direzione dem passa con 93 sì e 12 no la relazione del segretario-premier che indica due vice: Serracchiani e Guerini. Ma Cuperlo e Fassina bocciano la proposta. Elezioni europee: liste il 7-8 aprile. Sul jobs act è scontro con la minoranza che chiede di riscrivere il dl lavoro. Il ministro Poletti da Bari: "La retribuzione può anche non crescere costantemente". Il premier da Mentana: riforma costituzionale sarà storica 28 marzo 2014 ROMA - Una segreteria coordinata da due vicesegretari. No a ultimatum sul pacchetto lavoro. Via libera del governo a riforma del Senato e del Titolo V già da lunedì. Una riforma di portata "storica" perché segna "la fine del bicameralismo". Matteo Renzi, leader del Pd e presidente del Consiglio, nella sede del Nazareno scandisce le sue priorità nonostante i no della minoranza che si mette di traverso sia sul jobs act sia sulla gestione del partito. In serata, la road map del partito si esplicita in una lunga intervista a Enrico Mentana su La7. Tornando a reiterare l'elemento del "coraggio" del suo governo: "Non c'era alternativa a buttare in campo riforme coraggiose e giocarsi tutto. Se le riforme non vanno in porto me ne vado a casa: ho messo in gioco me stesso. E' un rischio notevole. Vivo la difficoltà" di governare "con un Parlamento non eletto con liste fatte da me e "di rischiare l'osso del collo". Le priorità, per ora, non sono le forme di governo. Premierato? Cancellierato? Presidenzialismo? "Non è questo il punto centrale. Il vero problema è che la crisi l'hanno pagata le persone normali. Poi c'è il costo della politica. Bisogna intervenire per chi arriva a stento alla fine del mese, questa è la prima mossa che noi abbiamo fatto". L'obiettivo è portare la disoccupazione "sotto il 10% entro il 2018". "La disoccupazione è raddoppiata non solo per colpa della crisi ma anche perché l'Italia ha perso delle occasioni, occorrono regole chiare, semplicità dei rapporti tra imprenditori che investono e P.a, e basta anche con i poteri di veto della realtà sindacale". La previsione dell'ex ministro dell'Economia Saccomanni dell'1% di crescita per il 2014 è "ahimè un po' ottimistica. Le nostre cifre non sono queste: nel Def avremo un dato tra lo 0,8% e lo 0,9% di crescita. Con gli 80 euro in busta paga" derivanti dal taglio del cuneo "spero che alla fine si arrivi all'1% e lo si superi". La riforma istituzionale in cantiere, avverte però il premier, sarà "storica": "Da questo tavolo - ha spiegato il premier - lunedì noi presenteremo una proposta di legge costituzionale (abbiamo sentito tutti quelli che volevano dire la loro), che parte con l'accordo della maggioranza e di Forza Italia, che è una riforma storica: dice mai più bicameralismo". L'Italia "potrà chiedere all'Europa di cambiare se avrà cambiato prima se stessa". "O si riforma" il Paese "o crolla tutto. Serve una svolta netta". Quanto a Grillo, "Niente guerra, la competizione è tra chi vuole rimettere in moto l'Italia e chi invece vuole vada male". La direzione Pd. La relazione di Renzi è stata approvata dalla direzione Pd a favore hanno votato in 93, gli astenuti sono stati 8 e i voti contrari 12. I 12 voti contrari sono stati espressi da Pippo Civati e dagli esponenti a lui vicini, le 8 astensioni sono arrivate da alcuni esponenti dell'area Cuperlo (oltre allo stesso Gianni Cuperlo anche Nico Stumpo, Davide Zoggia, Alfredo D'Attorre, Guglielmo Epifani, Francesco Verducci, Michela Campana, Barbara Pollastrini). Nella relazione: il pacchetto delle riforme, la conduzione del Pd e il dl lavoro. Il portavoce del Pd Lorenzo Guerini e la governatrice del Friuli Venezia-Giulia Debora Serracchiani reggeranno da oggi il partito, fino a dopo le elezioni europee, anche se sarà poi l'assemblea nazionale a nominarli formalmente vice segretari (videocommento). Nel frattempo, il Pd dovrà lavorare 'pancia a terra' per vincere le elezioni - si vota anche per 4.000 Comuni e due Regioni - rivendicando i primi successi del governo Renzi. Lo ha annunciato oggi lo stesso segretario-premier, durante una riunione della direzione. A mettersi di traverso, però, è stato Stefano Fassina, ex viceministro dell'Economia, seguito a ruota da Gianni Cuperlo, che suggerisce una "formula meno rigida, con la nomina di una figura di coordinamento ed eventualmente di un portavoce". Guerini e la Serracchiani saranno per il momento coordinatori della segreteria, ha detto Renzi, che ha invitato le minoranze del partito a un confronto sulla possibilità di modificare la composizione dell'organo esecutivo del partito: "Non ho intenzione di gestire il partito come avanza-tempo", ha detto Renzi. "La scelta di Guerini e della Serracchiani è uno strumento a garanzia, non un elemento di polemica interna", ha aggiunto il leader rivolto alla minoranza, che contesta la decisione di indicare due reggenti. "Se le varie realtà nel partito hanno voglia, di confrontarsi nella riorganizzazione della segreteria, noi ci siamo", ha commentato il segretario. Dopo le elezioni, a giugno o a luglio, sarà poi l'assemblea nazionale a dover ratificare la scelta. In attesa di chiudere le liste dei candidati per il parlamento europeo - il 7 o l'8 aprile - Renzi ha spronato oggi il suo partito a lavorare per vincere le elezioni, anche in vista del semestre di presidenza italiano dell'Unione europea: "Il Pd oggi ha una responsabilità enorme: a 60 giorni dalle elezioni ha la responsabilità di aver messo in moto un cantiere di cambiamento che suscita aspettative e speranze", ha detto il leader dem, invitando a fare campagna elettorale sulle misure annunciate dal governo in tema di eguaglianza sociale (ma non ancora attuate), come l'aumento in busta paga grazie alla riduzione del cuneo fiscale o la riduzione dell'Irap. Renzi ha poi ribadito di non volere che il suo nome compaia sul simbolo elettorale del Pd alle elezioni e ha invitato anche a non candidare quelli che ha definito "specchietti per le allodole", cioè candidati eccellenti ma che non intendano poi andare a lavorare all'Europarlamento. Protesta degli esodati. Prima dell'inizio, davanti alla sede del Pd è scattata la protesta del coordinamento degli esodati: "Renzi - hanno tuonato - hai fatto delle promesse, ora passa ai fatti. Quando ci incontriamo?". Poco prima di entrare nella sede del Pd, sia Cuperlo sia Fassina si sono intrattenuti qualche minuto per parlare con gli esponenti del movimento. Polemiche sul dl lavoro. Il decreto legge sul mercato del lavoro che inizia in questi giorni l'iter parlamentare può essere migliorato ma l'apprendistato e i contratti a termine sono "due punti intoccabili". Con queste parole Renzi tenta di mettere ordine alle scomposte posizioni del suo partito sull'argomento. Per Fassina si tratta di "una proposta della destra" e dunque di "un'umiliazione intellettuale", mentre per Francesco Verducci, esponente dei 'giovani turchi', il dl è "un passo indietro sbagliato, che va profondamente corretto. Dobbiamo avere la forza di inserire nel dl alcuni elementi di tutela ai lavoratori". A dire che il decreto va cambiato con "un intervento più organico" è lo stesso Cuperlo. Di contro, Paolo Gentiloni ha rimarcato: "Il Pd deve stare attento a non dare l'impressione di smontare pezzo a pezzo il pacchetto del governo su economia e lavoro, e di rompere il c...o a Renzi". Il decreto sul lavoro "non è una parte a piacere, il pacchetto sta insieme. Se abbiamo scelto di fare un decreto su questo e un disegno di legge delega sul resto è perché abbiamo immaginato l'urgenza di una risposta che è un pezzo di credibilità dell'Italia non solo sui mercati, e lo stiamo vedendo in questi giorni, ma anche rispetto all'equilibrio complessivo della manovra", ha aggiunto. Renzi, dal canto suo, non ha risparmiato una ulteriore stoccata ai sindacati dicendo che con le attuali norme sul mercato del lavoro, "vidimate" dal sindacato, la disoccupazione giovanile è salita al 42%: "Non si pensi che si risolva il problema del mondo del lavoro rendendo sempre più difficile l'accesso per i nostri giovani. Oggi, stime anche prudenziali dicono che per finanziare la cassa in deroga c'è bisogno di più soldi di quanti immaginati", ha aggiunto Renzi dopo che nei giorni scorsi il ministro del Lavoro Giuliano Poletti aveva detto che nel 2014 manca 1 miliardo per finanziare la cassa in deroga. Ma proprio oggi, arrivando a Bari per partecipare al convegno sul 'capitale umano' di Confindustria, Poletti ha detto a proposito di dinamica della retribuzione: "La retribuzione di una lavoratore non deve essere per forza una retta dritta che sale, ma può anche essere una 'U' rovesciata. Se la retribuzione cala, non è un colpo letale alla dignità dei lavoratori". Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/03/28/news/al_via_la_direzione_per_la_guida_del_pd_renzi_vede_serracchiani-82148479/ Titolo: Matteo RENZI: chi mi blocca farà i conti con gli elettori Inserito da: Admin - Marzo 31, 2014, 11:49:20 pm Renzi-Grasso, duello sul Senato. Il premier: chi mi blocca farà i conti con gli elettori
di Marco Conti «Troppa gente vive di politica e questo lo cambieremo. O qualcuno le spiegherà ai propri elettori». Renzi considera la sortita di Grasso un assist, in quanto «fa finalmente emergere chi vuol rispettare l’impegno con i cittadini». «E chi invece vuole continuare a prenderli in giro». In quella che il premier considera «la battaglia finale», il presidente del Senato viene definito dal mondo renziano come «l’ultimo dei mohicani», «il segretario del partito conservatore di sinistra» che «ha offerto sponda all’appello del gruppo di intellettuali di sinistra che si sono scagliati contro le riforme istituzionali messe in cantiere dal governo-Renzi. Un po’ il presidente del Consiglio se l’aspettava perché, a suo giudizio, la riscrittura dei poteri di palazzo Madama «toglie a molti il diritto di veto». «Indietro non si torna», è però lo slogan che oggi il presidente del Consiglio ribadirà nella conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri che varerà i ddl costituzionali che cancelleranno il bicameralismo, rivedranno le competenze Stato-regioni contenute nel Titolo V della Costituzione, e cancelleranno il Cnel con i suoi 66 consiglieri DISAFFEZIONE Una mannaia sulla pletoricità istituzionale sulla quale il presidente del Consiglio ci ha messo la faccia molto più che sul taglio dell’Irpef: «Lascio la politica se non ci riesco». Un modo per mettersi in sintonia con quella crescente massa di elettori che un certo tipo di politica l’hanno lasciata da tempo disertando le urne. Il sondaggio effettuato dall’istituto di ricerca Demopolis per La7 conferma la popolarità della riforma che oggi presenterà il ministro Maria Elena Boschi. Secondo quei dati il 76% degli italiani dice sì a trasformare il Senato in camera delle autonomie non elettivo, anche se solo il 40% crede si possa arrivare anche stavolta al risultato. Renzi è però convinto di farcela e l’elevarsi del tono dello scontro gli fornisce argomenti per intestarsi una battaglia molto popolare e sulla quale è pronto anche a mettere in gioco il governo e la legislatura. E’ per questo che Renzi è ben contento di trasformare la guerra sotterranea in corso da tempo, in battaglia a tutto campo. Ieri la sortita di Grasso gli ha dato l’occasione giusta per un corpo a corpo cercato. «Se invece di un’intervista fosse intervenuto in aula forse sarebbe stato meglio», sostiene Maria Stella Gelmini esponente di Forza Italia, partito che oggi presenterà una sua proposta di riforma. A Renzi la forma interessa meno, anche se qualcuno dei suoi trova «curioso» che un presidente del Senato «si metta a fare il capogruppo sostenendo che in aula non ci sarebbero i numeri». D’altra parte, pallottoliere alla mano, sinora sono ventisei i senatori venuti allo scoperto, anche a costo di passare per «parrucconi» o di difensori di «un sistema barocco», per dirla con il sottosegretario Graziano Del Rio. PRESEPE Più cauto dei venticinque senatori del Pd è il capogruppo Luigi Zanda: «Mi sembra profondamente sbagliato sparacchiare sulle riforme prima di conoscere il testo. Stiamo modificando l’assetto legislativo che il primo potere di tutte le democrazie - aggiunge il capogruppo - è quindi legittimo discutere, ma facciamolo su un testo definitivo e non su voci». E’ probabile che” il presepe” - per dirla con De Filippo - non piaccia a prescindere a chi sa di dover votare la propria soppressione sin dalla prossima legislatura. E’ per questo che tra le più malevoli letture della sortita di Grasso oltre a vederci l’ombra del Quirinale - irritato per non aver avuto modo di leggere il testo della riforma prima del consiglio dei ministri - scorge anche una sorta di candidatura dello stesso Grasso per la presidenza della Repubblica visto che palazzo Madama conserverà questa importante competenza. Resta il fatto che lo scontro è destinato a diventare trasversale e molto interno ai partiti. A Renzi ieri è stato fatto notare che alle perplessità dell’ex ministro Quagliariello si contrappone l’entusiasmo via twitter di Alfano. Analogo problema in FI con gli azzurri Sisto e Napoli che si scagliano contro Grasso mentre il collega senatore Matteoli ne sposa le tesi. Lunedì 31 Marzo 2014 - 09:34 Ultimo aggiornamento: 10:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/POLITICA/renzi_grasso_senato_riforma/notizie/603313.shtml Titolo: Renzi: A maggio 80 euro in busta paga. Poi l'intervento su incapienti e ... Inserito da: Admin - Aprile 21, 2014, 11:41:56 pm Renzi: "A maggio 80 euro in busta paga".
Poi l'intervento su incapienti e partite Iva Il presidente del Consiglio annuncia su Twitter il termine dei lavori: arriva anche un taglio dell'Irap del 10%. Per i dipendenti con reddito tra 8 e 26mila euro lordi un bonus in busta paga. Il premier: "Restituiamo agli italiani quello che è loro stringendo la cinghia alla politica" di GIULIANO BALESTRERI MILANO - L'#oraics è arrivata. E con lei, da maggio, gli 80 euro in busta paga promessi dal presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi che dopo una riunione lunga due ore esulta: "Sono felice, abbiamo smentito i gufi. Diamo gli 80 euro in busta paga fin dal mese di maggio. Il taglio all'Irpef è strutturale e riduciamo l'Irap del 10%" che scenderà al 3,5%. Tutto senza toccare la Sanità: "E' una vittoria dei cittadini" twitta il ministro Beatrice Lorenzin, confermando quanto detto in precedenza dal premier Matteo Renzi: "Non ci sono tagli". L'aumento arriverà sotto forma di bonus: non vengono quindi toccate le aliquote Irpef, così come non c'è alcun intervento sui contributi. Le coperture necessarie a finanziare l'operazione ammontano a 6,9 miliardi per il 2014, che salgono a 14 miliardi alla fine dell'anno prossimo: "Stiamo dando agli italiani qualcosa che è degli italiani. E lo facciamo stringendo la cinghia alla politica e allo Stato che in questi anni hanno speso troppo" spiega il premier che continua: "C'erano due ipotesi, la prima dare 10 miliardi a 10 milioni di persone come annunciato a marzo; la seconda prevedeva l'allargamento agli incapienti con una riduzione del bonus. Ma abbiamo scelto di mantenere la prima opzione per coerenza. Per serietà". In sostanza ai 10 milioni di italiani che guadagnano tra gli 8 e i 26mila euro lordi l'anno arriveranno 80 euro in più in busta paga. Nelle prossime settimane, invece, Renzi promette un intervento su partite Iva i incapienti. Gran parte delle coperture sarà garantita da una stretta alla spesa pubblica che passa anche per un taglio agli stipendi dei dirigenti dello Stato, compresi militari e magistrati: "Vogliamo un Paese più equo. Vogliamo fare la pace. Il tetto massimo è stato abbassato da 311mila a 240mila euro, con 20mila euro al mese si vive benissimo. Per le società non quotate sarà così da subito, per le quotate proporremmo il tetto alla remunerazione dei presidente nelle assemblee degli azionisti. Sarebbe bello se anche le Camere si adeguassero". Il presidente del consiglio insiste sulla serietà del provvedimento: "Siamo stati prudenti sulle stime delle coperture. Qui non ci sono tagli di nessun tipo, ma soldi che entrano nelle tasche degli italiani. Con gli 80 euro - continua Renzi - inizia una rivoluzione strutturale per il Paese". Sul provvedimento fa il punto anche il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan che spiega: "In questo modo riduciamo i costi per le imprese aumentando la competitività e aumentiamo i consumi con più spese a parità di reddito. In questo modo vogliamo sostenere una ripresa lenta e debole". Secondo il ministro l'impatto sul Pil sarà positivo e strutturale portando l'economia "su un sentiero di crescita più alto". Nei giorni scorsi era circolate varie indiscrezioni, tra cui quella secondo cui il bonus varrebbe solamente per il 2014. In questo senso Renzi ha confermato che le misure per il prossimo anno saranno inserite nella legge di Stabilità, ma per le coperture - ha spiegato Padoan - "non c'è problema. Anzi, avremo un margine di spesa, 4 miliardi per nuovi interventi: il sogno di chiunque faccia politica economica". (18 aprile 2014) © Riproduzione riservata Da - http://www.repubblica.it/economia/2014/04/18/news/bonus_irpef_renzi_padoan-83911518/?ref=HREA-1 Titolo: Renzi al Pd: “E ora, tutti in campagna elettorale” Inserito da: Admin - Maggio 01, 2014, 07:39:09 pm Politica
29/04/2014 Renzi al Pd: “E ora, tutti in campagna elettorale” Il premier mobilita i suoi, e li invita a non lasciarsi incantare dai sondaggi. Il rischio? Dare la vittoria per scontata Carlo Bertini Roma Usa bastone e carota con i senatori dissidenti Matteo Renzi, avvisandoli che se continuerà il gioco dei veti lui potrebbe davvero far saltare il banco e nessuno a quel punto avrebbe un destino assicurato, anzi. Mette in campo la minaccia (pur sapendo che Napolitano non scioglierebbe le Camere nel semestre europeo) tendendo al contempo la mano su un accordo per la riforma del Senato che ancora va fissato nei dettagli essenziali. Per questo il premier oggi non molla sui senatori non eletti, è sempre buona tattica cedere solo all’ultimo minuto sul punto a cui si tiene di più e solo se proprio indispensabile per blindare un voto a larga maggioranza. Quello che sta a cuore di più oggi a Renzi è ricompattare il partito e muovere le truppe sul territorio per rastrellare voti, visto che le europee si combattono con le preferenze e l’opera di tutti si rende necessaria alla bisogna. C’è un riflesso anche scaramantico nella battuta consegnata stamane ai senatori Pd sui sondaggi elettorali, “siamo avanti ma ai miei dico non li guardate se no vi meno”. Un riflesso che muove dalla paura che il Pd ricada nel vizio deleterio e funesto di dar la vittoria per scontata e quindi di rilassarsi come se tutto fosse già scritto, comprese le mosse che seguiranno. Non a caso domenica ha lanciato un avviso ai naviganti a non sottovalutare Berlusconi, perché anche se il nemico numero uno di queste europee, quello più insidioso, è Grillo, con il Cavaliere non bisogna scherzare, ”ricordo quando facevano i risolini”, dice Renzi alludendo ai bersaniani che sfottevano il rientro in campo di Silvio e alla sua ennesima e spettacolare rimonta alle politiche 2013. Quindi se un esponente non certo ostile al premier come Matteo Orfini dice che “è ora che tutti si mettano a fare la campagna elettorale”, se Renzi ha deciso di stare a fianco di molti sindaci ingaggiati nella battaglia in giro per l’Italia, se la narrazione comporta mosse ad effetto anche mediatico come la chiusura parallela nei vari angoli d’Italia di cinque coppie di donne, le capolista e le ministre, è perché attribuisce enorme peso a questo primo test elettorale, senza dare nulla per scontato. Sente il fiato sul collo di Grillo, che ormai tutti i sondaggi danno come secondo partito e in queste corse difendere la posizione di numeri uno è sempre più scomodo che inseguire. Ma gli strateghi del Pd sono fiduciosi, “perché Matteo è posizionato in maniera perfetta, pesca nel bacino elettorale di Grillo e molto anche in quello di Berlusconi, sono loro ad essere in difficoltà”. Da - http://lastampa.it/2014/04/29/italia/politica/renzi-al-pd-e-ora-tutti-in-campagna-elettorale-B0Qfvgbch32F0AbGLcK9GP/pagina.html Titolo: Il premier Matteo RENZI: «I sindacati non mi fermano» - di Aldo Cazzullo Inserito da: Admin - Maggio 04, 2014, 12:03:40 pm «I sindacati non mi fermano»
Il premier Matteo Renzi: quante resistenze dai prefetti ai segretari comunali. «Mai visto Gelli, mio padre mi ha cresciuto nel mito di Tina Anselmi» di Aldo Cazzullo «È iniziata la rivoluzione. Una rivoluzione pacifica, ma che le resistenze del sistema non fermeranno - dice Matteo Renzi al Corriere della Sera -. Il fatto che tutti gli organismi siano contro lo considero un elemento particolarmente incoraggiante: noi non facciamo favoritismi». Matteo Renzi, la attaccano sindacati e prefetti, protestano le banche, la burocrazia, le Camere di commercio. Non sta esagerando? Come si fa a governare avendo tutti contro? «Noi siamo qui per cambiare l’Italia. Se qualcuno pensava che fossimo su Scherzi a parte, si sarà ricreduto. Trovo legittimo il malumore di tante realtà. Certo, non mi sarei aspettato che rappresentanti delle istituzioni abituati a servire lo Stato usassero espressioni come “coltellate alla schiena”. Ma il punto è un altro: l’Italia ha tutte le carte in regola per essere un leader nel mondo e il leader in Europa; ma per farlo deve cambiare. Non basta cambiare il Senato o le Province o i poteri delle Regioni; ma se ci riusciamo, se la politica dimostra che può riformare se stessa, allora abbiamo l’autorevolezza morale per cambiare gli intoccabili». Quale resistenze sta incontrando? Aveva ragione Nardella, quando diceva che l’establishment la considera un barbaro e fa bene, perché lei lo vuole scardinare? «I miei avversari non sono in trincea. Sono piuttosto nella palude. Nell’establishment ci sono, come dappertutto, forze conservatrici. Ma ci sono anche forze di cambiamento. È evidente che una larga parte della classe dirigente ci osteggia. È altrettanto evidente che noi non arretreremo davanti all’obiettivo di garantire ai cittadini una pubblica amministrazione in cui non si sentano ospiti indesiderati, ma padroni di casa. Se per far questo dobbiamo prenderci un po’ di insulti e contumelie, ce le prendiamo. Non dico che dobbiamo cambiare tutto, ma che dobbiamo cambiare tutti. Sono qui per cambiare il Palazzo; non accetteremo che il Palazzo cambi noi. Non diventeremo “buoni” al punto da modificare il nostro DNA». I sindacati sono all’opposizione su due fronti: decreto lavoro e riforma della pubblica amministrazione. «Sono due cantieri aperti. Si confrontino, discutano, ci dicano le loro idee: non abbiamo problemi ad ascoltarli. Ma vogliamo negare che occorra un cambio radicale delle regole del lavoro? La Germania l’ha fatto più di dieci anni fa; e l’ha fatto la sinistra, non la destra radicale. Ora la Germania è leader in Europa. In America il Jobs Act di Obama ha portato la disoccupazione sotto il 7%; noi siamo al 13, e tra i giovani al 42. Dobbiamo fare di tutto per consentire a chi vuole creare lavoro di farlo. Le resistenza del sindacato sono rispettabili, non comprensibili». Sta dicendo che anche il sindacato è un elemento di conservazione del sistema? «Il sindacato non può occuparsi solo di chi il lavoro ce l’ha o di chi è in pensione. Anche i sindacati, come la politica, devono farsi un esame di coscienza, devono cambiare. Sogno un sindacato che, nel momento in cui cerchiamo di semplificare le regole, dia una mano e non metta i bastoni tra le ruote. Non vogliamo fare tutto da soli, sulla riforma della pubblica amministrazione aspettiamo anche le loro idee; ma vogliamo che a un certo punto si decida, altrimenti non è politica, è chiacchiericcio. Non vorrei che la polemica derivasse dal fatto che si dimezza il monte ore dei permessi sindacali e che i sindacati saranno obbligati a mettere on line ogni centesimo di spesa. Non i bilanci, che spesso sono illeggibili; ogni centesimo. Di fronte all’avanzare di Grillo e del grillismo la risposta è sfidare i sindacati a viso aperto». Che c’entra Grillo? «Mi ha molto colpito l’atteggiamento di Grillo a Piombino. È andato in un’azienda che sta morendo, dove hanno appena spento l’altoforno, a strumentalizzare un dramma con il solo obiettivo di prendere voti e attaccare i sindacati. Ma le persone che vogliono bene ai lavoratori non si comportano così; cercano di salvare i posti di lavoro. Noi abbiamo messo su Piombino più di 200 milioni, riconoscendo come interlocutore unico il presidente della Toscana, che in passato su di me aveva espresso opinioni non particolarmente esaltanti. Non ho attaccato i sindacati su Piombino: li ho coinvolti. Non per questo i sindacati possono fare finta di niente mentre l’Italia soffre. Anche loro devono mettere qualcosa. In ogni caso, non sarà un sindacato a fermarci». Lei è sicuro che le prefetture siano enti inutili? «La presenza dello Stato va riorganizzata. Le prefetture appartengono a un modello di Stato diverso da quello di oggi. È possibile ridurne il numero. Che senso ha mandare a casa il ceto politico delle Province e mantenere in ogni provincia uffici distaccati della Ragioneria dello Stato? C’è un filo logico che lega tutto: via le Province, le auto blu, il Cnel, gli stipendi dei super manager; ora iniziamo a semplificare gli organismi dello Stato su base territoriale. Mi ha molto colpito scoprire che esiste un sindacato dei prefetti, e pure un’associazione dei segretari comunali: la sindacalizzazione ha portato anche a questo. Ma non può passare la logica del “cambiate tutto, purché non si inizi da me”; oppure “vai avanti tu, che a me scappa da ridere”. Se l’Italia avrà un sistema burocratico più efficiente, potrà attrarre più investimenti, e restituire speranza ai giovani che non trovano lavoro e ai cinquantenni che lo perdono. Ho incontrato un sacco di investitori stranieri, Padoan ha fatto lo stesso in Europa questa settimana: se riusciamo a cambiare l’Italia, qui i soldi arrivano a palate. A me piace creare posti di lavoro. Se il sindacato dei prefetti, l’associazione dei segretari comunali e la lobby dei consiglieri provinciali si oppongono, è un problema loro, non nostro». I tecnici del Senato avanzano dubbi sulla copertura del decreto degli 80 euro. Sono oppositori anche loro? «Con loro vorrei un dibattito pubblico. E vorrei rivedere tutte le scelte che hanno avallato in passato. Comunque non cambia nulla: la decisione spetta alla maggioranza politica, che al Senato è molto compatta. Abbiamo calcolato in modo prudenziale ogni voce. Ora i tecnici del Senato - casualmente - esprimono dubbi. L’avevo messo in conto. L’aspetto più divertente è che io non vivo questa vicenda con la foga di uno che deve dimostrare a tutti i costi che si può fare. Io so che si può fare. Vince chi molla per ultimo. Pensano di trascinarsi in un pantano; ma a me non interessa aver ragione, mi interessa riorganizzare lo Stato, perché vedo lo spazio economico, politico e culturale per fare dell’Italia la guida d’Europa, e trovo allucinante non cogliere l’occasione». Italia guida d’Europa? Non è una formula da campagna elettorale? «Lunedì dirò al partito di buttarsi nella sfida: campagna porta a porta; tavolini in piazza. Ma la campagna non serve per una vicenda interna al governo; serve a mandare in Europa persone capaci di riportare l’Italia là dove deve stare. Se si manda Borghezio, non ci si può lamentare dell’immigrazione; se si mandano persone competenti, si può scegliere sull’immigrazione una linea diversa. Se mandiamo i rappresentanti 5 Stelle che credono alle sirene, sconsiglierei di affidare a loro la gestione di Mare Nostrum. Ho stima dei 5 Stelle e ancor più delle sirene, ma è una vicenda un po’ più complicata. I miei amici mi dicono: se hai un buon risultato hai risolto il problema della legittimazione popolare...». Non è così? «No. La legittimazione popolare non l’avrò mai, neanche se il Pd stravincesse le Europee; a questo giro è andata così, mi basta la legittimazione costituzionale prevista dalle norme vigenti. I sondaggisti mi dicono che mettere il mio nome nel simbolo varrebbe un paio di punti. Ma lo scopo di queste elezioni non è il fixing dei partiti. È spiegare che le grandi questioni, dalla disoccupazione alle tasse, dipendono dalla credibilità che abbiamo in Europa. Il Pd può essere il primo gruppo parlamentare dei 28 Paesi, e questa è una cosa importante. Ma è molto più importante evitare che il grillismo, inteso come populismo demagogico, caratterizzi il nostro Paese; altrimenti l’Italia sarà sempre meno credibile». La vedo molto preoccupato da Grillo. «Sinceramente no. Battono i pugni sul tavolo e dicono: usciamo dall’euro. Ma questo scenario porterebbe code ai bancomat, fallimento delle aziende, bancarotta dei conti pubblici; il modello Argentina di qualche anno fa. Se non riusciamo a spiegarlo, è colpa nostra, non merito di Grillo». Non la preoccupa anche il ritardo dell’intesa con 13 Regioni per attuare il piano sul lavoro ai giovani? «Non è questo ritardo a preoccuparmi. È il fatto che dobbiamo imparare a spendere meglio i soldi europei. I miei amici mi dicono anche: non parlare d’Europa. Invece noi parleremo molto d’Europa. Non si tratta di uscire dall’euro, ma di entrare in Europa; perché in questi anni non abbiamo toccato palla». I tecnici del Senato parlano anche di incostituzionalità dell’aumento delle tasse sulle banche. «Ma stiamo scherzando? Sono tasse previste per l’esercizio 2014. Non sono retroattive. Di cosa stiamo parlando? Anche su questo dobbiamo organizzare un confronto pubblico». Carlo De Benedetti prevede elezioni politiche anticipate in autunno. Sbaglia? «La data delle elezioni la decide il capo dello Stato, non il presidente del Consiglio, né i parlamentari, né un imprenditore, pure autorevole. Quanto alle previsioni, la mia è che si voti nel febbraio 2018, alla scadenza della legislatura». Qual è la posizione del governo sull’Ucraina? A Roma sta per cominciare il G-7 sull’energia: salterà il condotto South Stream? «La giornata passa tra emendamenti e comunicati, ma poi la sera prima di andare a letto ti vengono in mente dubbi e pensieri, di fronte al dolore del mondo. Penso al Papa che piange per i ragazzi cristiani crocefissi in Siria. Penso alla situazione delicatissima dell’Ucraina. Noi la stiamo gestendo con rigore e coerenza: come ho detto al premier ucraino Yatsenyuk e al presidente Putin, dobbiamo fare di tutto per lasciare aperto un canale diplomatico, ripartendo dagli accordi di Ginevra. Questa non è la posizione dell’Italia; è la posizione di tutti. Al G-7 diremo che siamo per confermare l’impegno South Stream. Ma la questione energetica non può essere considerata l’altra faccia della questione dei valori. Il problema non è la fornitura di gas per l’anno prossimo; è quale rapporti vogliamo costruire con la Russia, quale futuro vogliamo per la Nato, quale ideale di democrazia e di libertà coltiviamo». Cos’è successo tra lei e Piero Pelù? «Sono vecchie polemiche fiorentine che lasciano il tempo che trovano. A me non interessano gli incarichi di Pelù con il Comune, né quanto prende dalla Rai. Mi dispiace solo la spocchia sugli 80 euro da parte di un certo mondo artistico, imprenditoriale, salottiero. Chi parla di elemosina non si rende conto di cosa significhi per chi guadagna 1.100 euro guadagnarne il mese prossimo 1.180. Nessun rinnovo contrattuale ha mai dato ai lavoratori quel che diamo noi. Non chiedo rispetto per me, ma per chi avrà gli 80 euro e per chi è costretto a vivere davvero di elemosina». Sono in molti a considerarlo un obolo elettorale. «Non è vero. Arriva in busta paga dopo le elezioni. È una misura stabile. Ed è l’inizio di un vero cambiamento, che da una parte pone un tetto agli stipendi pubblici e dall’altra avvia una battaglia di equità sociale». Ma perché continuano ad associarla a Licio Gelli? L’ha mai incontrato? «Mai, ovviamente: è quanto di più lontano ci sia da me. Mio padre, zaccagniniano della sinistra Dc, mi ha cresciuto nel mito di Tina Anselmi. Le parole di Pelù sono una contraddizione in termini. Tra l’altro non gli venivano dal cuore, perché non le ha dette; ha letto un testo che qualcuno gli avrà preparato». Come giudica l’accenno di discesa in campo di Marina Berlusconi? «Non so se sia una strategia elettorale sull’immediato. So che è sbagliato sottovalutare Berlusconi. L’anno scorso il Pdl, con Alfano, prese il 21%. Oggi Forza Italia è quasi allo stesso livello. Voglio dire ai miei di aspettare a fare ironie». Pare quasi che lei tifi perché Berlusconi non affondi, visto che è il perno della sua strategia per le riforme. «Ma no. A me quel che prende Berlusconi non interessa. Però sono grande abbastanza per ricordare che la sinistra ha sempre riso di Berlusconi in campagna elettorale, per poi piangere. Io voglio ridere dopo, non prima. Massima concentrazione sulle Europee e anche sulle città». A Firenze pensa di vincere al primo turno? «Sì, Dario Nardella è bravo. Ma Il simbolo di queste elezioni per me è Prato con Matteo Biffoni. Cinque anni fa il Pd subì una sconfitta storica. Oggi riprenderla significa non solo recuperare l’onore perduto, ma dare una prospettiva di sviluppo a una città manifatturiera degna di stima e di rispetto». 4 maggio 2014 | 08:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/14_maggio_04/renzi-intervista-sindacati-non-mi-fermano-bde8ea86-d352-11e3-a38d-e8752493b296.shtml Titolo: Renzi incassa il sì al testo del governo ma è caos sulla riforma del Senato Inserito da: Admin - Maggio 07, 2014, 08:54:45 am Politica
07/05/2014 - riforme. Tensioni in maggioranza Renzi incassa il sì al testo del governo ma è caos sulla riforma del Senato Approvato in commissione l’odg di Calderoli per i senatori eletti Carlo Bertini Francesca Schianchi Roma «Molto bene, non era facile, la palude non ci blocca», è la reazione soddisfatta del premier quando i giochi sono fatti, il twitter delle ventitré. Ma la vera arma da fine del mondo, capace di scuotere tutti i rami dell’albero, il rischio di un voto anticipato, viene evocata ore prima, nel momento di massima tensione. Quando al Senato si viene a sapere che il ministro delle riforme Boschi ha minacciato le dimissioni del governo in caso di stop alla riforma del Senato, anche se da Palazzo Chigi arriva una nota di smentita, tutti comprendono al volo. Il messaggio filtrato dai senatori Pd viene letto come un colpo di diretta emanazione di Renzi e l’effetto è assicurato. Pure il tweet di Roberto Giachetti. «Caro Matteo purtroppo sono stato facile profeta sulle riforme, fidati di me, andiamo a votare», riflette una tentazione del premier, quella di far saltare il tavolo pur di non darla vinta alla palude proprio sulla riforma cui ha legato la sua carriera politica. E alla fine di una giornata convulsa, proprio quando l’accordo è già chiuso, scoppia il caos, con un voto a sorpresa che apre un problema politico non da poco per il governo: l’ordine del giorno Calderoli, quello per un Senato elettivo, viene approvato con i 14 voti dell’opposizione cui si aggiunge quello dell’ex ministro Mario Mauro. La seduta viene sospesa perché quel testo interferisce con alcune parti dell’ordine del giorno dell’altro relatore, la Finocchiaro, sul quale si era raggiunta un’intesa nella maggioranza lasciando in capo alle regioni le modalità per l’elezione dei senatori. Il testo Calderoli rivolta del tutto l’impostazione del governo con l’elezione dei senatori a suffragio universale. E quando la commissione torna a votare il governo incassa quello che sta più a cuore al premier, cioè il via libera al testo governativo che viene così incardinato a larga maggioranza, 17 a 10. A questo punto anche Mario Mauro e Forza Italia lo votano, avendo portato a casa un dividendo politico che poi dopo le europee verrà messo alla prova in aula. Dove i numeri sono meno risicati e la maggioranza potrà di nuovo trovare la «quadra». Dunque una giornata tesissima, preceduta da un fuoco di avvertimento lanciato da Palazzo Chigi, con il sottosegretario Luca Lotti che ricorda a Berlusconi gli impegni presi con Renzi chiedendo polemicamente «vediamo se li rispetterà». Chiaro avvertimento che in caso contrario ne farà le spese in campagna elettorale, additato come frenatore delle riforme. Lo stesso Berlusconi che va dicendo di voler fare il padre della patria e che addirittura evoca un ingresso di Forza Italia nella maggioranza dopo le europee. Ma Renzi vuole tirare dritto senza ulteriori rinvii, «alle europee è una sfida tra sfascisti e chi vuole costruire», dice a Ballarò. Fa sapere alla sua maggioranza che il testo base del governo va votato senza altri rinvii. E non è un caso se la Boschi all’ora di pranzo, quando tutto è in alto mare, dica che «due settimane di ritardo rispetto alla data del 25 maggio non sono un problema. Ma non possiamo rallentare le riforme, è intenzione del governo e del Pd andare avanti a ritmi serrati». Alla fine, superata l’impasse, la ministra arriva più distesa di qualche ora prima in Commissione insieme al protagonista del giorno, Mario Mauro. Che ingaggia un braccio di ferro, stretto all’angolo in una riunione del gruppo, dove c’è anche Casini, in cui la sua posizione contraria al testo base non è quella della maggioranza degli undici senatori (9 Popolari per l’Italia e 2 dell’Udc). E dove vola la minaccia di sostituirlo in Commissione se non cederà. Ma più in generale la scadenza elettorale aleggia sul già tormentato percorso di riassetto istituzionale: ne è la prova un ordine del giorno a sorpresa di Forza Italia sul presidenzialismo, buttato tra le gambe del Pd per farselo bocciare in commissione, come petardo polemico da spendere in campagna elettorale. Da - http://lastampa.it/2014/05/07/italia/politica/renzi-incassa-il-s-al-testo-del-governo-ma-caos-sulla-riforma-del-senato-LQbchOECKUDzYNt9nEUNgP/pagina.html Titolo: CGIL, dopo anni di gestione fallimentare delle tessere ora vuol governare. Inserito da: Admin - Maggio 07, 2014, 08:57:08 am Camusso: Governo antidemocratico Renzi: «La Cgil pensi ai disoccupati»
Cgil e premier ai ferri corti: «L’esecutivo non vuole la concertazione». Il presidente del Consiglio: «Basta polemiche: i sindacati collaborino o andremo avanti senza di loro» Di Redazione Online Governo e Cgil ai ferri corti: i dissapori che covavano da diverso tempo tra il principale sindacato italiano e il premier Matteo Renzi sono definitivamente esplosi con un botta e risposta che non lascia spazio a nessun dubbio. Aveva dato fuoco alle polveri Susanna Camusso, al congresso nazionale della Cgil a Rimini: «Il governo è antidemocratico». Renzi ha replicato con veemenza e a più riprese: «La musica è cambiata. Pensino ai disoccupati e non al sindacato». Camusso: «Torsione democratica» Ma ecco l’affondo del segretario della Cgil: Renzi (che Camusso pure non nomina mai per nome e cognome) è colpevole di aver messo da parte la concertazione. «L’autosufficienza della politica sta determinando una torsione democratica» ma il sindacato non si sente «orfano ma protagonista» ha detto il segretario generale, stigmatizzando così la posizione dell’esecutivo e dell’«attuale presidente del Consiglio: contrastiamo e contrasteremo l’idea di un’autosufficienza del Governo, che taglia non solo l’interlocuzione con le forme di rappresentanza, ma ne nega il ruolo di partecipazione e di sostanziamento della democrazia - ha affermato il segretario dal Palacongressi di Rimini - Una logica di autosufficienza della politica che sta determinando una torsione democratica verso la governabilità a scapito della partecipazione». Renzi/1: «La musica è cambiata» «E il premier? Ha replicato a due riprese. Innanzitutto al Tg5: «Non è possibile che ci siano sempre polemiche. Noi stiamo cercando di cambiare l’Italia. I sindacati vogliono dare una mano? Lo facciano. Ma devono capire che la musica è cambiata, devono capire che non è che possono decidere tutto loro o bloccare tutto loro. Se vogliono affrontare delle questioni insieme a noi, ci siamo» Poi l’invito al taglio delle spese: «Nel momento in cui i politici riducono i posti, i dirigenti riducono gli stipendi, anche i sindacati devono fare la loro parte, partendo dalla riduzione del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego e dall’obbligo di mettere on line le spese. Io non rispondo - ha proseguito - agli insulti, alle offese, alle polemiche. Parlo di cose concrete. Vogliono darci una mano? Lo facciano. Ma non pensino che noi stiamo ad aspettare loro. L’Italia ha già aspettato troppo». Renzi/2: «Pensino ai disoccupati» Poi Renzi ha rincarato la dose anche dagli studi di Ballarò: «Il fatto che il massimo dell’elaborazione concettuale del leader Cgil sia l’attacco al governo, e non la preoccupazione per i disoccupati, è triste per i militanti della Cgil» E ha aggiunto: “In questo momento dovremmo preoccuparci sul creare lavoro», ha aggiunto, «Certi attacchi sono tristi perché noi dalla Cgil ci aspettiamo di più. Dov’è stata in questi anni quando le cose non andavano? La disoccupazione è passata dal 7 al 13 percento e il sindacato non se n’è accorto» Secondo il premier poi l’attacco del segretario Generale servirebbe a ristabilire equilibri all’interno del Sindacato: «Se Camusso ha un problema interno perchè Landini chiede cose diverse è problema loro, noi vogliamo discutere ma basta con il potere di veto». 6 maggio 2014 | 12:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/economia/14_maggio_06/camusso-il-ddl-lavoro-crea-precarieta-b9597e34-d507-11e3-b55e-35440997414c.shtml Titolo: Renzi lancia consultazione sul Terzo Settore: ipotesi servizio civile universale Inserito da: Admin - Maggio 15, 2014, 04:41:35 pm Renzi lancia consultazione sul Terzo Settore: ipotesi servizio civile universale
Pubblicate le linee guida. A disposizione dei cittadini che vogliono partecipare una mail a cui scrivere. Un mese di tempo, poi il 27 giugno in consiglio dei ministri la discussione sul ddl delega. Il progetto firmato dalla Boschi 13 maggio 2014 ROMA - Il premier Matteo Renzi presenta via Twitter la proposta del governo per la riforma del Terzo settore. Sul progetto ha lavorato il ministro Maria Elena Boschi, con il suo staff. Il presidente del Consiglio apre, da oggi al 13 giugno, una consultazione tra i cittadini sulle linee guida da lui presentate, attraverso la mail terzosettorelavoltabuona@lavoro.gov.it. IL DOCUMENTO / LE LINEE GUIDA La sintesi della discussione porterà un ddl delega che sarà in Cdm il 27 giugno. "Esiste un’Italia generosa - si legge nel documento del governo - e laboriosa che tutti i giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone. E’ l’Italia del volontariato, della cooperazione sociale, dell’associazionismo no-profit, delle fondazioni e delle imprese sociali. Lo chiamano terzo settore, ma in realtà è il primo". "Noi crediamo - si legge ancora nel documento - che profit e non profit possano oggi declinarsi in modo nuovo e complementare per rafforzare i diritti di cittadinanza attraverso la costruzione di reti solidali nelle quali lo Stato, le Regioni e i Comuni e le diverse associazioni e organizzazioni del terzo settore collaborino in modo sistematico per elevare i livelli di protezione sociale, combattere le vecchie e nuove forme di esclusione e consentire a tutti i cittadini di sviluppare le proprie potenzialità. Tre gli obiettivi dichiarati: costruire un nuovo "welfare partecipativo", valorizzare il potenziale di crescita e occupazione dell'economia sociale, premiare con incentivi e strumenti di sostegno i comportamenti "donativi o comunque prosociali" di cittadini e imprese. Tra le linee guida per il perseguimento dei tre obiettivi, la novità di maggiore interesse è probabilmente la previsione di "una leva per la difesa della patria", un servizio civile universale per 100mila giovani all'anno nel primo triennio, della durata di 8 mesi prorogabili di 4, al quale possono partecipare anche gli stranieri. C'è poi la ricerca di una chiara distinzione giuridica per "soggetti privati" che sono in realtà "pubblici per le finalità di utilità e promozione sociale che perseguono", circoscrivendo con nettezza il terzo settore "specificando meglio i confini tra volontariato e cooperazione sociale, tra associazionismo di promozione sociale e impresa sociale". Ma il governo avverte: "In questo ambito agiscono soggetti non sempre trasparenti". Altra linea guida è la valorizzazione del principio di sussidiarietà "verticale e orizzontale", per porre fine agli sprechi generati dall'azione diretta del pubblico nel sociale muovendo verso nuovi modelli di assistenza in cui l'azione pubblica sia affiancata dall'autonoma iniziativa dei cittadini, "per realizzare concretamente la tutela dei diritti civili e sociali garantita dalla Costituzione". E ancora, lavorare al decollo della impresa sociale, dimostrando che "capitalismo e solidarietà possono abbracciarsi in modo nuovo attraverso l'affermazione di uno spazio imprenditoriale non residuale per le organizzazioni private che, senza scopo di lucro, producono e scambiano in via continuativa beni e servizi per realizzare obiettivi di interesse generale". Infine, "dare stabilità e ampliare le forme di sostegno economico, pubblico e privato, degli enti del terzo settore, assicurando la trasparenza, eliminando contraddizioni e ambiguità e fugando i rischi di elusione". © Riproduzione riservata 13 maggio 2014 Da - http://www.repubblica.it/solidarieta/2014/05/13/news/renzi_lancia_consultazione_online_sul_terzo_settore-85980663/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_13-05-2014 Titolo: Renzi attacca Grillo: "La piazza è nostra. Chi ci insulta ha paura di noi" Inserito da: Admin - Maggio 22, 2014, 05:31:11 pm Renzi attacca Grillo: "La piazza è nostra. Chi ci insulta ha paura di noi"
Il presidente del Consiglio risponde agli attacchi del leader del M5S dopo il contestatissimo post sulla "lupara bianca": "Rispetti le vittime della mafia". In mattinata l'incontro con il premier polacco Tusk: "L'Italia guiderà il cambiamento in Europa" 19 maggio 2014 ROMA - Mancano oramai cinque giorni alle elezioni europee e Matteo Renzi risponde colpo su colpo alla sfida e alle provocazioni lanciate ogni giorno da Beppe Grillo. Il premier, che stasera ha tenuto un affollato comizio a Napoli ed è stato intervistato anche da Piazzapulita su La7, ha esortato i suoi "a non cedere assolutamente alle provocazioni" dei grillini: "Il Movimento 5 Stelle insulta perché ha paura", ha detto Renzi dal Rione Sanità del capoluogo campano, "la piazza è casa nostra". E dalla stessa città dove Grillo aveva giustificato i fischi contro l'inno nazionale, Renzi, contestato da una ventina di persone tra cori da stadio a suo favore (video), ha voluto chiudere il comizio proprio con le note di Mameli. "Berlusconi non è l'unico pregiudicato...". "Bisogna cavalcare l'onda della speranza", non quella della paura", ha aggiunto Renzi. Far leva sulla "fiducia", sul bisogno di "risposte concrete". Segnare con le azioni e il linguaggio la distanza da chi "urla e insulta", ma non ha la "credibilità" di rappresentare l'Italia in Europa. E poi la stoccata ai suoi due principali avversari: "'Io sono convinto che la credibilità internazionale di Forza Italia e M5S non sia all'altezza dell'Italia", ha continuato Renzi, ma dai microfoni di Piazzapulita, "Berlusconi non è l'unico pregiudicato. Se dovessi evitare di parlare con i pregiudicati, rischio di ritrovarmi da solo...". "Grillo rispetti le vittime di mafia". Il presidente del Consiglio ha replicato anche alle dichiarazioni rese nel corso della giornata da Beppe Grillo sulla lupara bianca: "Credo - è la risposta al leader del M5S da Napoli, dove Renzi ha tenuto un comizio - che dovremmo abituarci a un linguaggio più serio. I morti di lupara bianca esigono rispetto e credo che la politica dovrebbe riprendere il significato delle parole. Può sembrare un fatto morale, ma citare Hitler, la peste rossa, la lupara bianca... E' un linguaggio che non è il nostro. E anche se grillo usa questi toni, io avverto il bisogno di cambiare il linguaggio". Ottimismo per il 25 maggio. La lunga giornata del premier era cominciata in mattinata con l'incontro e la conferenza stampa congiunta con il premier polacco Donald Tusk. Tema centrale: la necessità di nuove politiche economiche e sociali che superino la linea della sola austerità. Ma anche il problema della Libia, di fronte al quale tutti i paesi dell'Unione devono prendersi le loro responsabilità. La crisi ucraina, la sfida energetica. E la fiducia che sarà l'Italia a guidare il cambiamento in Europa. Quanto alle prossime elezioni, Matteo Renzi si è detto ottimista: "Non sono preoccupato" per il risultato delle europee e sottolinea di avvertire un "clima crescente di speranza e fiducia" di chi chiede risposte concrete. E riferito a Grillo, aggiunge: "Riesce a cambiare chi governa non chi urla; chi propone, non chi insulta". "L'Italia guiderà la svolta". "La sola austerity non basta", ha sottolineato Renzi insieme a Tusk, "la presidenza italiana dell'Unione europea ci impone di essere i protagonisti del cambiamento". Per il premier è quasi 'destino' che sia il nostro Paese a guidare la svolta: "Per l'Italia è come se ci fosse un allineamento astrale di pianeti: i nuovi fondi Ue, l'investimento di nuove istituzioni, il bisogno di un cambio della politica economica nel mondo". La crisi ucraina. Molti i temi affrontati da Renzi nella conferenza bilaterale con la Polonia, fra cui anche la crisi in Ucraina: "Martedì prossimo - ha illustrato Renzi - si riunisce a Bruxelles il Consiglio dei capi di Stato e di governo con un ordine del giorno molto delicato: tutti siamo impegnati perchè sia forte il messaggio dell'Unione Europea, di sostegno, anche finanziario, all'Ucraina e per una Ucraina integra e inclusiva". Il caos in Libia. Ma è la Libia a rimanere il problema più forte. Il Paese "da cui proviene circa il 96% degli sbarchi nelle nostre coste", è una "priorità assoluta". Il premier Matteo Renzi ha ribadito la necessità di un coinvolgimento di Onu e Ue per "risolvere la questione insieme". "L'Italia è pronta a fare la propria parte", consapevole che la Libia "è il problema più forte nel Mediterraneo" Niente demagogia. Renzi si è detto ottimista anche riguardo alla situazione economica interna: "Sul lavoro in Italia si è toccato un punto molto basso, eppure io inizio a vedere finalmente i segni di una ripresa". Il governo ha "tanti interventi pronti" e li annuncerà nei prossimi giorni, "ma ha soprattutto la convinzione di non cedere alla facile demagogia di chi dice" fuori dall'Europa e "'fuori da tutto". © Riproduzione riservata 19 maggio 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/05/19/news/renzi_l_austerity_non_basta_l_italia_guider_il_cambiamento-86575288/?ref=HRER3-1 Titolo: Elezioni, Renzi al Fatto: “Non faccio miracoli. Non è il mio Parlamento” Inserito da: Admin - Maggio 22, 2014, 05:51:50 pm Sei in: Il Fatto Quotidiano > Elezioni Europee 2014 >
Elezioni, Renzi al Fatto: “Non faccio miracoli. Non è il mio Parlamento” "Devo assolutamente dare dei dati e delle date. O do delle date o il Parlamento, che non è il mio Parlamento, non me lo porto dietro. O lo metto in forcing, o non tocco palla”. Matteo Renzi dopo oltre un’ora di intervista arriva all’ammissione: su molte delle cose che avrebbe voluto fare è costretto al compromesso: “Non ho la bacchetta magica” di Redazione Il Fatto Quotidiano | 22 maggio 2014 “Devo assolutamente dare dei dati e delle date. O do delle date o il Parlamento, che non è il mio Parlamento, non me lo porto dietro. O lo metto in forcing, o non tocco palla”. Matteo Renzi dopo oltre un’ora di intervista arriva all’ammissione: su molte delle cose che avrebbe voluto fare è costretto al compromesso: “Non ho la bacchetta magica”. Mancano quattro giorni alle europee e il presidente del Consiglio riceve a Palazzo Chigi una vera e propria delegazione del Fatto Quotidiano: il direttore, Antonio Padellaro, il vice direttore Marco Travaglio, il direttore del fattoquotidiano.it, Peter Gomez, il giornalista d’inchiesta Marco Lillo e la cronista politica, Wanda Marra. Un’intervista d’eccezione per la quale Palazzo Chigi mette a disposizione “la saletta ovale” al quarto piano. “Dove siamo qui?”, chiede Renzi arrivando. “In una delle sale del Dagl”, gli rispondono i funzionari. “Bello”, dice lui. I giornalisti ai due lati del tavolo, lui a capotavola. “Scusate, mi tolgo la giacca”, dice. E resta in maniche di camicia. Ognuno ha portato il suo dossier e le sue pezze d’appoggio. Soprattutto, Travaglio ha con sé un vero e proprio faldone: sono le 3300 domande che gli sono state mandate per Renzi via Facebook dai lettori del giornale. A guardare questa campagna elettorale, l’impressione è che manchi una parte del partito che non si è impegnata troppo. Non è che dopo che lei li ha rottamati hanno deciso di aspettare i risultati per rottamare lei? Il risultato elettorale vi stupirà. I sondaggi non si possono dire, ma tutti gli indicatori dicono che sarà molto positivo. Per il resto, non è vero. C’è un sacco di gente che fa campagna elettorale. Il Pd si è ripreso la piazza. Non da solo perché Grillo se l’è tenuta, anche se ha fatto qualche piazza in meno e qualche spettatore in meno. E ricordo che abbiamo scelto di non mettere il nome Renzi nel simbolo, anche se avrebbe significato due punti in più. Perché vuole dare il Daspo ai condannati e con il peggio di tutti, Berlusconi, volete fare la riforma della Costituzione? Nell’intervista al Fatto di Capodanno rilanciai l’accordo con Beppe Grillo (l’avevo già fatto il 15 dicembre), proponendo di fare le riforme con lui, e la sua risposta fu – diciamo – aulica. Ebbe un’espressione indecente. Il giorno dopo la risposta di Grillo ho scritto una lettera a tutti i partiti: siete disponibili a fare le riforme? Così si fa. Tant’è vero che anche voi che avevate scritto che la mia celeberrima visita ad Arcore era stato un clamoroso errore sottolineaste che la legge elettorale non potevo non farla con Berlusconi. La legge elettorale infatti, non le riforme costituzionali… Stiamo parlando non del presidenzialismo o della riforma del governo, ma del Cnel, del Senato, del Titolo V. Sul Senato, le discussioni in corso sono veramente marginali: stiamo discutendo se una parte dei suoi membri debbano essere eletti dalle Regioni o indicati dai consiglieri regionali. Perché Grillo non ci sta? Perché ha fatto ostruzionismo sulle Province. Grillo voleva abolirlo il Senato. E sulle Province le viene imputato di aumentare moltissimo i costi delle strutture. E come mai nel suo governo e nelle liste per le europee avete delle persone sotto inchiesta? Io sono profondamente garantista. Ma sono quello che quando si è trattato di votare per Genovese, ho detto che bisognava farlo subito. Sono perché la legge sia uguale per tutti. Per me finché non sei condannato sei innocente. Barracciu, De Filippo, Del Basso de Caro e Bubbico e anche Renato Soru tra i candidati alle europee sono innocenti. Anche per il Fatto sono innocenti. Ma è un problema di messaggi. Quali messaggi si danno così? È una valutazione che rispetto, ma sono su posizioni diametralmente opposte a voi. Io sul punto la legge è uguale per tutti, mi faccio sbranare. Ho detto di sì all’arresto di Genovese, perché era la richiesta di magistrati dello Stato italiano, che come tali vanno rispettati. Non c’era fumus persecutionis e allora noi abbiamo detto sì all’arresto. Io non cambierò mai idea su una persona in base a un avviso di garanzia. Poi, se uno è condannato, se ne va. Ma non c’è nessuna democrazia al mondo in cui funziona così. E poi ci sono condannati iscritti al vostro partito come Greganti. E la Marcegaglia, la cui azienda è condannata per aver pagato tangenti all’Eni, lei l’ha messa Ad dell’Eni. Metto a verbale che la mia posizione non è unica al mondo. È quella di tutti i paesi civili. Certo, c’è una diversa sensibilità morale in altri paesi, quelli anglosassoni e non solo. Dove chi copia una tesi di laurea se ne va. Ma non è un problema solo della politica. Perché la stampa italiana ha ramificazioni che in altri paesi non ci sono? C’è una morale che si costruisce con la scuola, con l’educazione. Ma anche con segnali da parte del governo. Vi siete trincerati dietro la presunzione di innocenza. Io ho difeso il principio di non colpevolezza. In questo sono più fedele alla Costituzione di voi. Ma per tornare alle domande: sono rispettoso di tutto e di tutti. Ma sono l’unico candidato non pregiudicato. Per arrivare a Greganti, parlo della vicenda Expo: è fisiologico che uno cerchi di rubare, è patologico che non glielo si impedisca. Il punto drammatico rispetto alla patologia del paese è che questi siano gli stessi di 20 anni fa e che un paio di personaggi almeno fossero noti alle cronache. Io dico: mai più. E la nomina della Marcegaglia? Emma Marcegaglia non ha alcuna pendenza giudiziaria, essendo la responsabilità penale personale. È stato condannato suo fratello come persona fisica e l’azienda in quanto azienda ha avuto una condanna per tangenti all’Eni. Le condanne le prendono anche le società. Emma Marcegaglia è stata condannata sì o no? È una valutazione di opportunità. Noi abbiamo raccontato che – grazie alla sua assunzione nell’azienda di famiglia – per dieci anni prima da presidente della Provincia e poi da Sindaco – ha avuto la possibilità di maturare la carriera pensionistica e un Tfr. Cosa per altri non possibile. Non volevo dirlo, e invece lo dico. Ho deciso di fare una cosa che mi costa: ero in aspettativa nella mia azienda di famiglia. Marco Lillo mi ha chiesto di dimettermi. E io un mese fa l’ho fatto. Anche se è stato un atto di attenzione, e non c’era nulla di giudiziario. È un’azienda in cui io ho sempre lavorato. Ho fatto l’università da studente lavoratore. Consegnavo i volantini e distribuivo gli elenchi telefonici. Ebbi una lite violenta con Lamberto Dini che mi disse: ‘Ma questo lo consideri lavorare?’. E io dissi “Certo”. Lei abolirà il vitalizio per i parlamentari? Sono convinto che è una cosa che va fatta e che siamo sulla strada per farla. Il regime vitalizio dal 2012 è cambiato, anche se, è vero, non abbastanza. Come le è sembrato Grillo a Porta a Porta? C’erano due grandissimi professionisti, che non a caso alla fine si sono dati il Cinque. Ma è stato convincente? Per me no. Ma non doveva convincere me. Però, a vedere i sondaggi non ha spostato molto. Ha fatto il 27% di share, moltissimo (io mi aspettavo di più anche di più). D’altra parte è arrivato in taxi, con il plastico, tornava da Vespa dopo 30 anni. Geniale. Io pagavo il biglietto per lui. Ma da quando fa politica mi risparmio i soldi. Solo che le domande sulle pendenze giudiziarie e le vicende patrimoniali a lui non si fanno. È stata una performance straordinaria dal punto di vista della tv. Ma se vuoi cambiare l’Italia devi votare Pd. Le consiglieremmo di non fidarsi dei sondaggi. Bersani pensava di aver vinto l’anno scorso. C’è un elettorato molto mobile Io allora dicevo “occhio”. E oggi ai miei ho detto di “correre”. Ma c’è un Pd molto più in salute. Gli 80 euro sono un impegno che lei ha mantenuto. Ma dal 2015 sarà mantenuto come nel 2014? Sì. E ci tengo a dire che lo faccio per far ripartire l’economia e un po’ di giustizia sociale. Non come misura elettorale. Vi racconto come sono le coperture. C’è una tassazione sulle banche al 26%, da cui arriva un miliardo e 800 milioni, dalla spending 2 miliardi e 100 milioni. Di questi 396 vengono dalla difesa. E 300 milioni di recupero dall’evasione. Poi c’è la revisione della spesa sotto il profilo politico. Tagliando le Province, pensiamo di risparmiare 500-600 milioni, anche se ne abbiamo indicati solo 100. Ed è importante far cambiare verso all’Europa. Come? Queste elezioni sono importanti non per quanto prendo io, ma per capire se l’Europa cambia verso. Abbiamo vinto se noi diventiamo il gruppo di testa del Pse. Adesso, in testa ci sono i tedeschi. Abbiamo 70 seggi, dobbiamo prenderne più di 90. Se cambia l’Europa cambia anche l’Italia, ma se l’Italia cambia, cambia anche l’Europa. E poi i Cinque Stelle che fanno? Se M5s prenda come lo scorso anno il 25 per cento, ne prende 20 di seggi. E quei 20 dove vanno? Con chi? Con Schulz, con Tsipras, con Juncker? Con qualcuno devono andare. Non possono fare una battaglia di testimonianza, non possono salire sul tetto. Casaleggio al Fatto ha detto “ciò che è virale è vero”: per me è agghiacciante. Lei arrivò a sfidare Grillo al dialogo sulle riforme, in cambio della rinuncia ai rimborsi elettorali e promise di abolire il finanziamento pubblico dei partiti. Grillo ha restituito 42 milioni di soldi pubblici e i suoi parlamentari metà del loro stipendio. Lei su questo e sulla riduzione delle indennità pensa di andare avanti? Grillo ha portato un assegno a Vespa, io porto il libretto degli assegni di quello che il governo ha fatto: la vendita delle auto blu, il tetto agli stipendi dei manager. Poi ci sono le riforme che sono ancora a metà e sono a metà perché Forza Italia ci ha chiesto di andare a dopo le elezioni e M5s ce l’ha chiesto di fatto con l’ostruzionismo. Ma insomma perché non rinunciate anche voi al finanziamento pubblico? Perché non l’avete fatto voi? Il governo precedente ha fatto una legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Entra in vigore dal 2017. Non si può pensare che mi abbiano dato la bacchetta magica per fare tutto quello che voglio io. Dirò di più: io le riforme costituzionali le avrei fatte dando più poteri ai sindaci non ai consiglieri regionali. Se arrivo a questo livello di compromesso – alto – lo faccio perché devo trattare anche con gli altri. Comunque, il finanziamento è a decrescere fin quasi alla scomparsa. È vero, più lentamente di come avrei voluto io. Potreste non prenderlo. L’abolizione del finanziamento è ancora una mia idea e anche l’unico modo per recuperare la dignità dei partiti. Ma ci vuole anche una democrazia. In un partito, come l’M5S, in cui lo statuto lo scrivono il fondatore e suo nipote non ci sto. Questo è un Partito Democratico: non è un partito che espelle la Salsi perché va in tv e poi manda Grillo a Porta a Porta, Casaleggio a in Mezz’ora, Di Maio ovunque. Lei ha dichiarato che vuole recuperare i delusi dei Cinque Stelle. Ma per esempio lei era per le preferenze e i collegi uninominali e sta facendo una legge totalmente diversa. Sono ancora a favore di preferenze e collegi uninominali. Ma la legge che si può fare ha determinate caratteristiche. Io ritengo una priorità il ballottaggio. Ma perché per le liste delle europee non avete fatto le primarie? Ci sono le preferenze, non servono le primarie. Ma vi venivano meglio le liste. Facciano le primarie per i Cinque Stelle. Qualcuno di voi conosce un candidato di Grillo alle europee? No (generale) E parlate di primarie a me? Dare delle date alle sue riforme visto che non è riuscito a farle, non è stato prendere in giro i cittadini? La riforma del lavoro ha garantito a Electrolux di tenere 1200 persone. E quel giorno i Cinque Stelle si sono tolti la camicia. Io devo assolutamente dare dei dati e delle date. O do delle date o il Parlamento che non è il mio Parlamento dietro non me lo porto. O lo metto in forcing o non tocco palla. Ho detto marzo per la riforma del lavoro e l’ho presentata. Abbiamo convertito il decreto legge ed è iniziato il cammino del disegno di legge delega. La legge elettorale è passata in prima lettura alla Camera e in Senato tutti hanno chiesto di farla dopo la riforma del Senato. E questa si è scelto di tenerla ferma fino a dopo le elezioni. Per aprile avevo detto riforma della Pa. E l’ho annunciata. A proposito di cose non fatte: non avrebbe dovuto dimezzare gli F35? Dal 2012 al 2014 si sono siglati degli accordi. L’idea che si possano dimezzare oggi alla luce degli accordi che ci sono è più complicato. Abbiamo bisogno di ridurre l’impatto della spesa militare. Il punto è come. Certo, gli F35 sono una battaglia anche simbolica. Il suo problema è aver avuto le elezioni vicine. Se non avessi avuto le elezioni subito avrei fatto le riforme costituzionali. Ma in 80 giorni si è fatto quello che nessun governo ha fatto prima. Venerdì mattina faccio un’altra televendita. Come fate a negare il cambiamento radicale nella politica italiana degli ultimi 80 giorni? I Cinque Stelle hanno 9 milioni di voti. Ho rispetto per chi vota Cinque Stelle, per chi vota Forza Italia e per chi non vota per me. Non ho la puzza sotto al naso. Questo passaggio è decisivo per chi guida l’Europa. Il fatto che abbiano 9 milioni di voti è sociologicamente interessante. Ma io a Grillo ho chiesto “vieni a costruire, vieni a vedere le carte”. Lui non ha voluto. Si può dare una risposta o con una distruzione senza prospettiva, o con la costruzione di una sinistra europea. Io lavoro per questo. Avrò vinto le elezioni se il Pd sarà il primo raggruppamento. E avrò perso se avrò preso meno voti di Bersani e Franceschini. A cura di Wanda Marra Dal Fatto Quotidiano del 22 maggio 2014 Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/22/elezioni-renzi-al-fatto-non-faccio-miracoli-non-e-il-mio-parlamento/995122/ Titolo: Matteo RENZI conquista banchieri e imprenditori. Inserito da: Admin - Maggio 28, 2014, 11:54:30 am Matteo Renzi conquista banchieri e imprenditori.
Da Sergio Marchionne a Marco Tronchetti Provera, piace l'esito del voto Carlo Renda, L'Huffington Post Pubblicato: 27/05/2014 16:51 CEST Aggiornato: 5 ore fa C’è un partito “Forza Renzi” formato da banchieri e imprenditori, che vedono la rinforzata stabilità politica e influenza europea dell’Italia come una manna dal cielo. Qualcuno già prima del voto aveva espresso pubblicamente la propria opinione, sottolineando i rischi dell’emersione dei populismi dal voto per le europee. Qualcuno invece ha atteso l’esito che ha segnato il trionfo del Pd di Matteo Renzi per dire che i cittadini italiani hanno scelto bene. A parlare prima delle elezioni era stato Sergio Marchionne, che si era unito all’appello del presidente Giorgio Napolitano contro i populismi. Oggi, a margine dell'evento per celebrare il decennale dalla scomparsa di Umberto Agnelli. l’a.d. di Fiat Chrysler Automobiles può dire di essere “felice di come sono andate le cose. È un passo avanti. Si comincia da qui". Della stessa opinione anche il presidente del gruppo, John Elkann, che definisce l’esito elettorale “un buon risultato che permette a questo governo di avere una legittimità forte per le riforme che vuole portare avanti”. E, per restare in famiglia, anche il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, è sulla stessa lunghezza d’onda: “Da poche ore il Paese è nella sua più alta espressione: il voto ha dato il segnale di una grande volontà riformista, con un risultato elettorale chiarissimo". Molto positivo anche il giudizio di Marco Tronchetti Provera sulle elezioni europee. “Abbiamo la possibilità di tutelare gli interessi di tutti in Europa e possiamo farlo da leader e non da paese in crisi" commenta il presidente di Pirelli, secondo cui “affrontare il semestre europeo con un paese che si è dimostrato più europeista degli altri dà la possibilità di dare una spinta al cambiamento dell'Europa. È quello di cui abbiamo bisogno". Secondo Tronchetti "uscire dall'Europa è una follia. Bisogna usare il tempo che abbiamo davanti, sia il semestre che il 2015, per introdurre quei cambiamenti necessari per rendere l'Italia un paese normale e governabile". Anche in casa Barilla si sorride davanti ai risultati elettorali. “Quando c'è un indicazione elettorale di questo tipo, penso sia un indirizzo verso una maggiore stabilità. E la cosa che teme di più un operatore industriale è l'instabilità. Penso che l'esito delle elezioni sia positivo per il Paese" dice Guido Barilla, presidente dell'omonimo gruppo. "Ci aspettiamo che l'Esecutivo abbia modo di proseguire sul percorso tracciato", ad esempio sul lavoro, un tema che richiede "tempo, fiducia e determinazione. Non si ottiene nulla in breve tempo. Siamo su una strada, che sia giusta lo dimostreranno i fatti". Il risulto delle elezioni europee testimonia il fatto che "gli italiani, tra disperazione e azione, hanno scelto l'azione" dice il presidente di Assolombarda, Gianfelice Rocca, secondo cui “l'Italia peserà molto in Europa e nel Pse il Pd avrà un'influenza molto grande". Il Paese "ha bisogno di mesi di stabilità e di una nuova spinta in Europa" aggiunge Carlo Pesenti, consigliere delegato di Italcementi, membro della nuova squadra di Confindustria, evidenziando che “è un momento complicato e questo può spingere a fare quelle riforme che mancano. Io sono europeista convinto, però ogni tanto occorre un po’ di paura per fare le cose che si devono fare. A livello europeo, potrebbe essere utile avere un po’ di scetticismo”. Non solo imprenditori, ma anche banchieri. Ieri Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, aveva sottolineato che il successo elettorale del Pd "è assolutamente una notizia positiva per il Paese, perché dà forza al primo ministro che lo rappresenta. Quindi il potere negoziale sicuramente aumenta, perché il presidente del Consiglio ha un supporto popolare enorme. Dobbiamo, spero, approfittarne per il bene dell'Italia". Allo stesso modo, il presidente di Bnl Luigi Abete sostiene che “dalle elezioni europee è arrivato un segnale di fiducia per la governabilità del Paese. Il popolo italiano, insieme al cambiamento, vuole anche la governabilità. Non c'è da meravigliarsi, il messaggio arrivato dalle urne è chiarissimo". Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/05/27/renzi-conquista-banchieri-e-imprenditori_n_5397576.html?1401202906&utm_hp_ref=italy Titolo: Renzi: «Non era un voto su di me. Ora riforme, basta alibi» Inserito da: Admin - Maggio 28, 2014, 11:00:03 pm DOPO LE EUROPEE
Renzi: «Non era un voto su di me. Ora riforme, basta alibi» Il premier: «L’Italia c’è ed è più forte delle paure. Adesso è ora di cambiare l’Ue. Sono molto felice e commesso per il risultato del Pd ma non è questa la sede» Di Redazione Online «Non è stato un referendum sul governo, né su di me, è un voto che esprime una speranza straordinaria», sottolinea il primo ministro Matteo Renzi commentando per la prima volta la vittoria del Pd - di cui è anche segretario - nelle elezioni europee con uno storico 40,8% di voti. «L’Italia c’è, è più forte delle paure che l’attraversano ed è in grado di incidere in Europa». Insomma, «nel derby fra rabbia e speranza ha vinto la speranza» e «i voti della speranza hanno doppiato quelli della rabbia». Felice, commosso, emozionato Riguardo al valore assoluto della cifra, una quota mai raggiunta neanche dalla Dc di Berlinguer, commenta: «Sono molto felice, commesso ed emozionato per il risultato del Pd, che ricorderemo a lungo per l’ampiezza e per lo scarto, ma non è questa la sede per commentarlo». Siamo migliori di come ci immaginiamo «Grazie dal profondo del cuore a tutti italiani che hanno dimostrato con una partecipazione molto significativa - ha sottolineato il primo ministro - una delle più alte d’Europa, che questo Paese è decisamente migliore di come ce lo raccontiamo». Adesso, commenta Renzi, «non ci sono più alibi per non fare le riforme, la rottamazione può iniziare», perché «l’Italia c’è ed è più forte delle paure. Adesso è ora di cambiare l’Ue», perché «da una parte ci sono le forze populiste, dall’altro lato un’idea di Europa che ha fallito, in mezzo un grande spazio per il cambiamento possibile». Italia in grado di incidere in Europa Sta per iniziare il semestre europeo, proprio a guida italiana. E Renzi ribadisce: «L’Italia è in grado di incidere in Europa, io avverto questo come responsabilità innanzitutto. L’Italia ha parlato in modo molto forte con un voto di speranza per poter cambiare e poter invitare l’Europa a cambiare». Di conseguenza, «l’Italia abbassi i toni e alzi le ambizioni», perché «questo è il momento dell’Italia, che deve guidare il semestre e il percorso di cambiamento dell’Europa partendo dall’assunto che dobbiamo prima di tutto cambiare noi stessi». Renzi ha poi ricordato come «da Roma, dove i trattati europei sono nati, parte un messaggio di grande consapevolezza» anche alla luce del risultato negli altri paesi d’Europa, sbilanciati verso le forze populiste ed estremiste. L’Europa delle persone L’Italia chiederà quindi «un’Europa che si occupi di salvare le famiglie, le persone. Non chiediamo regole» di bilancio «più aderenti alle nostre aspettative ma di cambiare l’impostazione - spiega il premier italiano -. Cambiare l’approccio avuto in questi anni, e lo facciamo partendo da un’esperienza istituzionale e non dall’antipolitica». Niente festa, facciamo le riforme Una battuta, poi, sulla mancata festa ufficiale del Partito: «C’è chi dice “dai festeggiamo, facciamo una piazzata con due bandiere”, ma il punto centrale è che noi non abbiamo esigenza di far festa ma avvertiamo lo straordinario compito di fare le riforme». Riforme che includono anche la legge elettorale italiana. Renzi, dopo aver ringraziato Ncd per l’appoggio, sottolinea che «il risultato (di domenica, ndr) non cambia le valutazioni: il ballottaggio è centrale per garantire la vittoria, se ci fosse il proporzionale puro neanche un Pd al 40 non potrebbe governare. Sono fiducioso che si farà, e se anche l’M5S vorrà portare un contributo, sarà ascoltato: la legge elettorale è una grande riforma da scrivere insieme e ce la possiamo fare». L’apertura a M5S e non a Grillo E proprio all’M5S va un tentativo di apertura e pacificazione: «Ho visto e sentito tanti toni inaccettabili, paragoni indecenti come tirare in ballo Hitler (Grillo, nel comizio a Torino, si definì oltre il Fuhrer, ndr). Quella è stata un vicenda molto dolorosa, ma credo anche che ci siano tanti del Movimento 5 Stelle che si sono avvicinati alla politica perché credono in dei valori». 26 maggio 2014 | 12:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/speciali/2014/elezioni-europee/notizie/renzi-non-era-voto-di-me-ora-riforme-basta-alibi-fca59524-e4bb-11e3-8e3e-8f5de4ddd12f.shtml Titolo: PD la minoranza mugugna ma non parla. Attenzione pericolo! Inserito da: Admin - Maggio 30, 2014, 07:12:26 pm Matteo Renzi sprona la direzione Pd, ma il partito resta in silenzio.
Vera pax? I timori di minoranza Pubblicato: 29/05/2014 17:23 CEST Aggiornato: 29/05/2014 20:24 CEST Finita la relazione del segretario Matteo Renzi, “chi si iscrive a parlare?”, chiede Sandra Zampa alla direzione Pd riunita al Nazareno per un’analisi sull’exploit elettorale. In sala le rispondono con una specie di boato. Per dire: no, il dibattito no. Infatti, dopo l’intervento di Renzi, intervengono in pochissimi. Soprattutto nessun leader di minoranza prende la parola. La direzione si conclude in poco più di un’ora. E’ il silenzio di un partito ancora stordito dal suo leader e da quell’inaspettato 40 per cento alle urne. Ma è davvero pax quella che regna nel Pd post-europee? A parlare con la parte non-renziana del Pd, tra gente che ci mette nome e cognome e altri che chiedono l’anonimato, si scopre un misto di aspettative per quello che sarà il ‘Renzi del 40 per cento’, se cambierà atteggiamento verso il partito, se la gestione unitaria che vuole inaugurare sarà davvero unitaria, se c’è veramente da fidarsi sulla sua intenzione di non approfittare del successo per virare verso il voto anticipato. Insomma, un misto di determinazione ad agire fianco a fianco con il leader per non morire, ma anche un po’ di autotutela se è vero che, come spiega una fonte lettiana, “in questo Parlamento non c’è una maggioranza che voglia regalare a Renzi una legge elettorale. Nessuno vuole suicidarsi”. La cosa su cui tutti, da Renzi in giù, dicono di essere d’accordo è che “l’era del congresso è finita”. Affermazione certamente vera nella minoranza, ‘asfaltata’ dal 40 per cento che, come ammettono nella stessa minoranza, è stato conseguito “soprattutto per lo strappo di leadership che abbiamo permesso e deciso”. Ora c’è chi ‘sale sul carro’ del vincitore, chi cerca di giocarsi le sue carte pur restando a distanza, chi come Stefano Fassina ammette: "Renzi è l'uomo giusto al posto giusto". L’aspettativa è che il premier si dimostri “più elastico” su tutti i dossier in discussione. A cominciare dalle riforme, dove la minoranza mista e variegata giudica positivamente la presentazione dell’emendamento al testo in discussione in Senato che prevede l’elezione indiretta dei senatori sul modello francese. Ma ci si aspetta aperture anche sulla legge elettorale. Lo dice chiaramente Pier Luigi Bersani che, arrivando alla direzione Pd, chiede modifiche all’Italicum: “Questa legge elettorale va corretta, non ho dubbi, e continuerò a dirlo". E poi giura che il Pd non si trasformerà in partito con una sola voce: “Continueremo a discutere, siamo il Partito Democratico, non una caserma. Il Pd ha una centralità nel Paese, riorganizzi le proprie idee, discuta con tutti, ma senza lasciare diritto di veto a nessuno: non c'è ragione nè politica né numerica per lasciare l'ultima parola a Berlusconi”. Renzi vuole approvare la legge elettorale subito dopo la prima lettura delle riforme costituzionali in Senato, prevista per l’estate. Lo ha detto chiaro in direzione ma la minoranza si sente sollevata dal fatto che il premier per la prima volta non ha pronunciato la parola ‘Italicum’. Segno che Renzi mette nel conto modifiche all’impianto approvato alla Camera a febbraio, tra mille polemiche anche nel Pd? In effetti, per ora, il segretario si difende il doppio turno, previsto nel testo approvato a Montecitorio come norma di pulizia del voto. Per il resto, si dice aperto alla mediazione. “Colgo segnali di disponibilità”, concorda il bersaniano Alfredo D’Attorre. Si vedrà. Tuttavia, ci spiega la fonte lettiana guardando alla debolezza degli interlocutori del Pd sulla legge elettorale, “in questo Parlamento non c’è una maggioranza che voglia dare a Renzi una legge elettorale. Troppo rischioso, non si fidano e non vogliono suicidarsi”. Il riferimento non è solo alla minoranza Pd, che teme di essere tagliata fuori dalle prossime candidature, ma anche al Nuovo Centrodestra (4,4 per cento), Forza Italia (sotto il 17 per cento), per non parlare di Scelta Civica (0,7 per cento). Tutti partiti assai poco interessati a tornare a confrontarsi con gli elettori. Messa così, si capisce che la discussione sulla legge elettorale potrebbe essere il tappo che blocca le riforme o lo scoglio su cui naufraga la legislatura, se Renzi alla fin fine chiamasse il ‘time out’ e portasse tutti alle urne con il Consultellum. Cosa che il premier vuole assolutamente evitare per investire invece sulla costruzione di un’immagine dell’Italia capace di autoriformarsi e di essere quindi “leader e non follower” in Europa: mission vitale. E poi c’è l’esperto Roberto D’Alimonte, vicino a Renzi, che continua a sconsigliare il ritorno al voto con il Consultellum: “Il Pd prenderebbe solo 270 seggi”, spiega sul Sole24ore. Ad ogni modo, la questione non è all’ordine del giorno nel Pd. Il voto anticipato è più una nube lontana all’orizzonte che altro. Il 40 per cento alle europee ha anestetizzato i dissidi interni, magari li ha sciolti come nell’acido, per dire che non sono passaggi che avvengono in tutta serenità. “Però, se qualcuno si aspetta la stessa dinamica pre-voto si sbaglia – dice una fonte di minoranza bersaniana – adesso siamo uniti dallo stesso obiettivo: mettere a frutto quel 40 per cento. Discutendo sui contenuti, ma per fare le cose, non per bloccarle”. D’Attorre invita a “lasciare il congresso alle spalle. Anche la nuova segreteria non deve essere una somma correntizia, ma una squadra i cui componenti vengono scelti per competenze…”. Per il resto, “non sono renziano, né lo divento ma è questione di onestà intellettuale riconoscere che Renzi ha dato una scossa al Pd. Però io non immagino un partito dal pensiero unico: in futuro non rinuncerò a dire la mia”. Da parte sua, Renzi sprona il partito. “Dobbiamo decidere se quel 40 per cento è un accidente della storia, un colpo di fortuna o un obiettivo stabile”. La sua idea: “Dobbiamo farne la nostra casa, stabilirci la nostra residenza”. Vale a dire continuare a mantenere il voto della "volontaria che fa i tortellini alle feste del Pd, ma anche quello dell'artigiano del nord-est". Perché per Renzi sta qui il motivo del trionfo alle europee. E' anche per questo che per il partito il segretario immagina una sorta di “formazione politica” in chiave moderna. Le Frattocchie sono il passato. Ora bisogna far uso di “strumenti tradizionali” ma anche (attenzione) delle “serie tv americane”. Da ‘West Wing’ a ‘House of cards’, di cui Renzi è noto fan, il carnet di fiction Usa che parlano del rapporto tra media e politica è ricco. Perché “è fondamentale studiare, conoscere il diritto amministrativo – dice il premier-segretario - ma bisogna anche imparare un racconto da esprimere all'esterno". “In quel 40 per cento c’è l’apporto di tutti, anche il nostro”, si rivendicano dalla minoranza. Già, ma a quanto pare il futuro li vuole quanto meno “revisited”. DA - http://www.huffingtonpost.it/2014/05/29/matteo-renzi-direzione-pd_n_5412388.html?1401386996&utm_hp_ref=italy Titolo: Pier Carlo Padoan si prepara al peggio in vista delle raccomandazioni Ue. Inserito da: Admin - Giugno 01, 2014, 04:29:11 pm Pier Carlo Padoan si prepara al peggio in vista delle raccomandazioni Ue.
Possibile aggiustamento da 2-3 miliardi Pubblicato: 31/05/2014 19:22 CEST Aggiornato: 1 ora fa PIER CARLO PADOAN “Ai ministri dell’Economia di solito vengono poste sempre due domande. La prima: dove trovate i soldi?. La seconda: servirà una manovra?”. Scherza così il ministro Pier Carlo Padoan, ospite della seconda giornata del Festival dell’Economia, ma alla vigila di una data cerchiata in rosso da tempo, lunedì 2 giugno – giorno in cui la Commissione Europea diffonderà le raccomandazioni specifiche relative ai Paesi dell’Unione -, almeno il secondo quesito rischia di essere più che mai di attualità. Il “pagellone” di Bruxelles è blindato fino a lunedì, ma il ministro dell’Economia si è già fatto un’idea di cosa potrà venire fuori dalla prima, vera, valutazione esterna dei primi tre mesi di governo di Matteo Renzi. E in qualche modo ha voluto mettere le mani avanti. Anche alla luce dei numeri non incoraggianti diffusi dall’Istat qualche settimana fa relativi al primo trimestre, i conti dell’Europa sulle previsioni di crescita del nostro Paese potrebbero essere più prudenti, e Bruxelles potrebbe chiedere quindi un intervento – seppur modesto – di correzione. “Credo che ci sarà una diversità di opinioni tra noi e la Commissione", ha ammesso Padoan in merito a possibili divergenze tre le stime del governo e quelle dell’Europa. Divergenze che secondo l’economista Tito Boeri, sul palco insieme al ministro, potrebbero comportare un piccolo “aggiustamento dello 0,1-0,2% sul Pil". Da 1,6 a 3 miliardi circa. Il primo segno a matita rossa sul lavoro trimestrale del presidente del Consiglio. Ma l'ex capo economista dell'Ocse è comunque speranzoso: "Le raccomandazioni della Commissione europea riguardano soprattutto le riforme strutturali e spero che si riconosca uno sforzo molto importante e di conseguenza un miglioramento permanente della performance dell'economia". E proprio a proposito del premier, il ministro non risparmia qualche commento che lascia intendere un rinnovato feeling tra i due. Padoan si riferisce in particolare a Renzi come “il mio capo”, quando la discussione approda sull’eterna lotta tra politica e burocrazia, e in particolare sulla presunta ostilità della Ragioneria di Stato alle iniziative del governo. Ma per il ministro non è così: “Quando le richieste (del governo ndr) vengono fatte in modo energico e semplice” più facilmente arrivano le risposte. E “il mio capo - puntualizza - è energico”. A chi dal pubblico gli chiede se abbia la formula magica per rilanciare l’occupazione Padoan risponde: “Io non ce l'ho. Chiedetela certamente a Renzi, perché é probabile che il presidente ce l'abbia". In platea, a sorpresa, c’è anche l’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne, che domani sarà ospite della stessa manifestazione dopo l’intervento del premier Matteo Renzi. “Padoan è uno degli assi nella manica di questo governo che piace agli italiani e anche all'estero", dice il numero uno del Lingotto lasciando la sala. Parole di elogio che seguono quelle pronunciate all’indomani della larga vittoria elettorale dell'ex sindaco di Firenze. E persino l’ad di Fiat deve non aver creduto alle proprie orecchie quando il ministro, in un intervento caratterizzato come sempre dalla massima prudenza, si lascia andare ad un inaspettato fuori programma. “Non sono a favore di una diminuzione dell'età pensionabile –spiega Padoan a chi gli chiede un'opinione sull’ipotesi di introduzione della cosiddetta ‘staffetta generazionale’ - ma di un graduale aumento. Mi chiedo cosa succederà in Germania dove sono andati nella direzione opposta". E nell’arco di mezz’ora arriva infatti la precisazione. “No”, nessuna volontà di alzare ancora l'età pensionabile perché “è già indicizzata alle aspettative di vita". Matteo Renzi, che avrà sudato freddo per una manciata di minuti, può davvero stare sereno. Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/05/31/pier-carlo-padoan-previsioni-ue_n_5424293.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Renzi: ora riforma del Senato, poi legge elettorale e «sblocca Italia». Inserito da: Admin - Giugno 01, 2014, 04:41:32 pm Renzi: ora riforma del Senato, poi legge elettorale e «sblocca Italia».
Sciopero Rai umiliante. «Non temo i giudizi di Bruxelles» 1° giugno 2014 «Sulla Fiat non parlo del passato, la Fiat è un pezzo di storia italiana. Penso al futuro. Spero e lavoro perché l'industria dell'auto funzioni sempre di più, perché si tratta di realtà nazionali e internazionali importanti per il Paese». Matteo Renzi parla dal palco del Festival dell'economia di Trento e in platea c'è proprio quell'ingegner Marchionne al quale si rivolge per dire che «se è d'accordo, vorrei visitare gli stabilimenti di Detroit a settembre, in occasione del viaggio programmato». «Sono uno che accetta le sfide, credo che dobbiamo fare in modo di credere in quello che facciamo per il rilancio dell'economia e per rendere più attrattivo il nostro Paese», prosegue il presidente del Consiglio che rilancia una scaletta di priorità nelle quali rientra anche la Fiat: «È evidente che ciascuno di noi ha una preoccupazione, quella dell'occupazione. Termini Imerese - rileva allora - è uno dei luoghi da cui far ripartire il progetto industriale, così come Sulcis e Taranto». La polemica Rai? Umiliante «Una polemica incredibile, se avessero annunciato lo sciopero prima delle elezioni, invece del 40,8% avrei preso il 42,8%. A questo punto, se vogliono aprire una riflessione sulla qualità del servizio pubblico, bene; altrimenti questa polemica lascia il tempo che trova», ha detto Renzi. «Alla Rai non abbiamo chiesto un taglio ai programmi e ai contenuti ma un contributo, come sta facendo tutto il Paese, di 150 milioni, che è meno del valore di Raiways che è di 170. Il problema è che invece di riflettere sulla qualità del servizio pubblico mi pare si sia scelta un'altra strada, con conduttori che fanno domande assumendo le parti dell'azienda. Se di mestiere fossi nel gruppo dirigente Rai - è il messaggio che arriva al presidente del Consiglio - rifletterei se il tuo azionista ti chiede questo e - puntualizza - non a sorpresa ma dopo lunghe conversazioni al riguardo». Immigrazione? Impensabile la chiusura delle frontiere «Non è accettabile l'idea di Farage e Sarkozy, con buona pace degli alleati di casa nostra»: così il premier Matteo Renzi, su come si sono espressi i due politici francese e inglese sulla chiusura delle frontiere agli immigrati. Arriva lo «sblocca Italia» Sarà una cabina di regia a palazzo Chigi, con un responsabile ad hoc, a guidare l'azione sul territorio liberata dal provvedimento che lo stesso Matteo Renzi annuncia e battezza come «Sblocca Italia». L'idea, sintetizza il presidente del Consiglio dal Festival dell'economia di Trento, è che già domani partirà una nuova lettera ai sindaci perché segnalino i casi di opere ferme o ancora da mettere in cantiere con il concorso dei privati. «Facciamo un elenco - dice ancora Renzi - e entro fine luglio arriverà un provvedimento ad hoc, che io chiamo "Sblocca Italia" perché è questo che serve. Dobbiamo far fare alla gente quello che vuole fare, perché il pubblico consenta di fare a chi ne ha energie e voglia». Renzi anticipa solo che delle possibili aree, e strumenti, di intervento ha parlato anche la settimana scorsa con i ministri Padoan e Guidi e con la Cassa depositi e prestiti. «Effetto immediato dello "Sblocca Italia" - dice ancora Renzi - è che sia possibile operare sul singolo bene, nel rispetto delle norme, ma magari con un norma ad hoc per superare i vincoli, e sbloccare gli interventi fermi da 30 o 40 anni. Questo può dare un valore di fiducia e speranza al Paese». E tutto partirà dalla richiesta di «segnalazione di procedimenti e interventi fermi» che arriverà ai sindaci. E su Expo, «nelle prossime ore, nei prossimi giorni dobbiamo mettere tutto a posto per fare tutti i cantieri nei tempi previsti». «L'Italia tra 10 anni? Smart, cool, anzi bella» «La carta ce l'ho da adesso - spiega Renzi - . Da qui a 10 anni mi immagino un'Italia smart, magari dire cool fa storcere il naso e allora diciamo che immagino un'Italia bella, che faccia ritornare i giovani andati all'estero, perché è attrattiva». E a proposito della stampa: «C'e' una discrasia tra quello che interessa alla gente e quello che rappresenta un interesse per i giornali. Apro in giornali e vedo 10 pagine di politica, ma perché? C'è una discrasia tra l'Italia reale e quella degli addetti ai lavori». Raffica di riforme, dal fisco alla giustizia «Il fisco dev'essere una cosa semplice e invece abbiamo destagionalizzato il lavoro dei commercialisti. Il meccanismo di cambiamento è appena cominciato», spiega Renzi al Festival dell'Economia. Quanto alla giustizia civile «sembra barbara ma entro il 1° luglio avremo il disegno di legge delega e questa riforma. La riforma della pubblica amministrazione sarà in parte per decreto e in parte con un ddl delega. Bisogna rovesciare il rapporto tra lo Stato e la Pa, cambiare le regole del gioco. La prossima settimana riparte la discussione sulla riforma del Senato e dopo l'approvazione in prima lettura torniamo alla legge elettorale». Il premier parlando della riforma elettorale insiste sulla necessità del ballottaggio. «O facciamo una pacifica rivoluzione del consenso, o sprecheremo l'occasione» dice poi Renzi a proposito di come il governo voglia dare seguito al successo elettorale. «Se le riforme non le facciamo, è colpa mia, vado a casa io. I politici devono assumersi le proprie responsabilità». «Non ho paura di Bruxelles, Juncker è solo un nome» «Queste politiche economiche hanno portato ad una disoccupazione senza precedenti in Italia. O si riparte con una nuova politica europea, con investimenti industriali e nuove regole sul lavoro, o non se ne esce», spiega Renzi. La madre di tutte le battaglie è il lavoro, dice Renzi sottolineando di volere una Europa «con l'anima». «Non ho particolari timori sulle valutazioni che la Commissione deve fare - ha detto il premier a proposito delle valutazioni di domani di Bruxelles - . La vera questione è che cosa i governi immaginano della prossima Commissione Europea. “Io non credo che ci sia un problema Juncker, può essere un nome ma non il nome. Certo il problema della democrazia europea non si risolve così parlando solo di problemi. Bisogna avere una visione alta di indirizzo, la politica deve fare questo». «Non c'è una ricetta magica, ci vuole uno sguardo d'insieme» «Non c'è una ricetta magica, una riforma che risolva tutto. O c'è uno sguardo d'insieme o è tempo perso», ha anche sottolineato il premier, che è arrivato sul palco in camicia e jeans accolto da un'ovazione. In prima fila in platea anche l'ad di Fiat Sergio Marchionne. ©RIPRODUZIONE RISERVATA http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-05-31/renzi-festival-trento-cambiare-mentalita-classe-dirigente-200800.shtml?uuid=ABP0BkMB&p=2 Titolo: Renzi riparte ancora dal Veneto «Voglio ascoltare gli industriali» Inserito da: Admin - Giugno 01, 2014, 04:45:19 pm LE RIFORME
Renzi riparte ancora dal Veneto «Voglio ascoltare gli industriali» Il premier a Gambellara incontrerà Zigliotto (Vicenza) e Pedrollo (Verona) e tornerà a Treviso. Confermata la presenza alle assemblee del 16 e del 21 giugno VENEZIA — La conferma arriva alle 18.57 con un sms da Bruxelles. Il premier Matteo Renzi tornerà in Veneto il mese prossimo per partecipare all’assemblea degli industriali di Verona e di Vicenza del 16 giugno e a quella di Treviso del 21 giugno. Gli appuntamenti sono stati inseriti in agenda proprio ieri sera smontando e rimontando gli altri impegni perché le voci dell’impresa veneta sono considerate dal governo «di importanza fondamentale». La decisione di incontrare i rappresentanti delle categorie produttive venete - già annunciata qualche giorno fa in un’intervista ad AntennaTre Nordest e confermata ieri sera - non è arrivata casualmente. Renzi ha ribadito di voler «ascoltare gli industriali veneti, i piccoli e i grandi» che domenica hanno scelto per la prima volta il Partito democratico cambiando radicalmente colore alla superficie del Veneto, da sempre terra di centrodestra. Il premier ha più volte ribadito che «il Veneto è una delle locomotive d'Italia, una colonna portante. E non soltanto per i numeri rappresentati dalla sua economia, ma soprattutto per lo spirito dei veneti, per la voglia di partire, per l'impegno. In Veneto c'è un mondo imprenditoriale forte, tosto, solido che mi interessa e che mi sta a cuore». A tre giorni delle elezioni, quasi in contemporanea con l’endorsement fatto dal presidente di Confindustria Veneto Roberto Zuccato («Per molti imprenditori Renzi è l’ultima speranza »), Renzi infatti sosteneva che «i veneti sono gente che si tira su le maniche e lavora, sono dei modelli da questo punto di vista». E la sintonia - sostenuta dal voto - che si è creata tra Renzi e gli industriali è stata corroborata con l’annuncio e l’avvio di riforme che Confindustria chiedeva da tempo. Lo conferma anche il segretario regionale dei democratici Roger de Menech convinto che non sia tanto il sostegno aperto del leader degli industriali ad aver pesato sul voto delle categorie produttive del Veneto, quanto sia la visione comune tra imprenditori e premier ad aver creato la chimica della luna di miele. «Zuccato è stato bravo ad aver ben capito il sentiment dei suoi colleghi imprenditori, quello che era stato messo in luce anche dai sondaggi e che abbiamo riscoperto di persona durante questa campagna elettorale», dice De Menech. In passato il sostegno di un leader degli industriali al centrosinistra non era servito ad aumentare il volume di voti. «Il caso rappresentato da Massimo Calearo (l’industriale candidato da Walter Veltroni come capolista alle elezioni politiche del 2008) dimostra che non serve a nulla convincere il singolo imprenditore, ma che si devono fare proposte e riforme concrete come sta facendo adesso il Pd». «Il risultato di queste Europee ha dato un importante segnale di stabilità al Paese e al quadro politico - interviene il presidente degli industriali di Vicenza Giuseppe Zigliotto -. Noi abbiamo bisogno di stabilità, certezze, credibilità e fiducia. E Matteo Renzi ha dato importanti segnali in questo senso». Segnali che però sono «un’apertura di credito» e che ora richiedono «altrettanto impegno per la prova dei fatti», continua Zigliotto a cui fa eco il collega di Confindustria Verona Giulio Pedrollo. «Renzi verrà alla nostra assemblea con la forza della legittimazione di questo voto - puntualizza Pedrollo -. Mi auguro che usi questa forza per portare avanti le riforme annunciate e quelle già avviate». Quello degli industriali insomma è una sorta di avvertimento: a Gambellara, nel Vicentino, dove si riuniranno per la prima volta insieme le due Confindustrie del Veneto Occidentale, i veneti vogliono essere rassicurati sul fatto che la strada per le riforme è spianata e che non ci saranno rallentamenti o tentennamenti. Ieri però c’è già stato un primo assaggio dell’effetto Renzi. Grazie anche all’arrivo del bonus da 80 euro nel conto corrente di un milione di lavoratori veneti, la fiducia dei consumatori (nel Nordest e Nordovest) è salita alle stelle toccando il valore più alto mai raggiunto dal 2010 (dato Istat).A breve inoltre - l’annuncio di ieri è del ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia e del ministro del Lavoro Giuliano Poletti - inizierà la ricerca delle risorse per lo sblocco dei contratti e verrà dato un colpo di acceleratore al ddl Lavoro. «Renzi ha dato segnali concreti ed è per questo che ha ottenuto l’appoggio della piccola media impresa e dei grandi industriali del Nordest», dice la parlamentare veronese Alessia Rotta. «Piaccia o non piaccia, Renzi rappresenta l'ultima opportunità di questo Paese per uscire dalle secche in cui si è infilato - interviene il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi -. I piccoli imprenditori veneti hanno capito che se Renzi dovesse fallire non ci sarà nessun altro a risollevare le nostre sorti». Secondo gli artigiani se non si raddrizzeranno entro breve le «storture» della burocrazia e dell’inefficienza statale c’è il rischio di non essere più in grado di competere sui mercati internazionali. In fondo le richieste degli imprenditori del Nordest non sono una novità. «Chiediamo a Renzi le stesse cose che chiediamo da 20 anni. Quelle che abbiamo chiesto a Silvio Berlusconi, a Mario Monti e a Enrico Letta: meno tasse, meno burocrazia e uno Stato che funzioni meglio e costi meno», conclude Bortolussi. 28 maggio 2014 © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessio Antonini Da - http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2014/28-maggio-2014/renzi-va-industriali-veneti-223295764969.shtml Titolo: Renzi al Pd: «Chi ha notizie di reato le denunci alla magistratura» Inserito da: Admin - Giugno 14, 2014, 10:19:51 pm Scontro all’interno del partito del premier
Renzi al Pd: «Chi ha notizie di reato le denunci alla magistratura» Orfini eletto alla presidenza Pd, il segretario lo avrebbe preferito a Zingaretti. Ma Civati: «Credo che mi asterrò, in disaccordo sul metodo utilizzato» Di Redazione Online Prima della questione morale, per lui c’è la questione legale. «Se c’è qualcuno di noi che sa parli, se c’è qualcuno di noi che ha sbagliato paghi». Non ha dubbi il premier e segretario del Pd Matteo Renzi che parla chiaramente all’assemblea Pd sottolineando che il partito è «garantista» ma non ci sta a «perdere la faccia» e sul tema della giustizia può camminare «a testa alta». «Non accettiamo da nessun punto di vista che sulla giustizia si giochi il derby che c’è da venti anni andando avanti in maniera totalmente ideologica» chiarisce Renzi. L’altro punto forte della relazione era poi costituito da un impegno preciso: «A settembre, dopo la riforma della legge elettorale, realizzeremo un impegno preso durante le primarie, un impegno vincolante e lo faremo d’accordo con esponenti maggioranza e parlamento: quello sui diritti civili». L’inizio della relazione del segretario del Pd era invece stato quasi elegiaco: «Il 40,8% è un risultato di speranza, ma fa tremare i polsi». Poi era andato subito al sodo: «Su tre temi dovremo giocare la battaglia delle prossime settimane»: l’Europa, la disoccupazione «sconvolgente» giovanile e una «gigantesca campagna» per l’educazione e la scuola. «È vero che non possiamo mettere diktat e nessun paese può mettere diktat» sulla scelta del presidente della Commissione Europea affermava ancora il premier. «Non è un dibattito sull’Inghilterra ci sia o no. Noi vogliamo mandarla a casa questa sera ai Mondiali, non in Europa», aggiungeva. «C’è una grande questione europea: siamo il partito che ha preso il maggior numero di voti, ma che ce ne facciamo? Un grande risiko dei posti e dei nomi? No, dobbiamo cambiare l’idea stessa di Europa» proseguiva Renzi. «L’Europa può andare al rinnovo degli organi solo con una discussione sui nomi. Abbiamo la lungimiranza e l’orgoglio di dire che il nostro modello vuole cambiare le regole ma anche modificare l’impostazione stessa dell’Europa?» si chiedeva il premier. Ma Renzi ne aveva anche per l’opposizione: «In tre anni hanno preso tre capoluoghi di provincia. Mancano centocinque anni i Cinque stelle e avranno in mano l’Italia. Basta avere un po’ di pazienza e toccherà a loro». Poi ritornava ad un tema a lui caro: «Non è più immaginabile l’idea di un’esperienza politica che si fa per tutta la vita. Lo dico innanzitutto a me». Così Matteo Renzi all’assemblea Pd. «Tutti noi nuova generazione dobbiamo avere il coraggio di dirci che la politica non si può fare per la vita: si deve provare l’ebbrezza di fare altre cose. Non è più tempo di politica per sempre». Presidenza del partito Renzi successivamente ha ufficializzato la proposta di nominare Matteo Orfini, leader della componente di minoranza del partito dei cosiddetti «Giovani turchi», a presidente del Partito, confermando Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani a vicesegretari del partito. Orfini è quindi stato eletto presidente del partito. Una scelta che agitava tuttavia le componenti dei democratici. A quanto si apprende da fonti di partito infatti, stanotte quando Matteo Renzi e Lorenzo Guerini a palazzo Chigi hanno affrontato il nodo presidenza, al telefono Gianni Cuperlo avrebbe indicato Nicola Zingaretti come candidato unitario. Anche lo stesso Orfini, dicono le stesse fonti, avrebbe detto ai renziani che quella del governatore del Lazio era la candidatura più condivisa. Ma alla fine Renzi, ha preferito Orfini a Zingaretti. Una ricostruzione, occorre dirlo, smentita poi ufficialmente dal Pd. Civati verso l’astensione Prima dell’elezione di Orfini, le minoranze avevano espresso contrarietà, non tanto sulla persona, quanto sul metodo. Matteo Orfini nuovo presidente? «Credo che mi asterrò» essendo in disaccordo con «i metodi utilizzati» per scelte come questa «sulla base di una decisione che la maggioranza prende sentendo una porzione minima della minoranza» affermava Pippo Civati, leader di una delle minoranze interne, rispondendo ai cronisti a margine dell’assemblea nazionale Pd. «Mi pare che sia stato Renzi a voler creare un po’ questo clima di terrore, secondo me sbagliando perché questo risultato rotondo appartiene a tutti» aggiungeva Civati. «La questione di Mineo ha assunto toni scandalosi. La riforma del Senato è una questione delicata e va sottoposta all’attenzione di tutti, non discussa in una riunione dai toni molto prepotenti. C’è un po’ di imbarazzo per i metodi - spiegava Civati - bisogna abbassare i toni». Sulla questione, invece, di nuovi gruppi autonomi a Palazzo Madama il deputato Democratico non aveva dubbi: «Li sconsiglio vivamente». Fassina critico «Orfini è un dirigente di primissima qualità ma non mi sembra risponda ai criteri di un figura superpartes», affermava invece un altro esponente della minoranza come Stefano Fassina. La preoccupazione di Mineo Poi la parola passava anche al senatore dello scandalo, ovvero Corradino Mineo: «Sono preoccupato, si è usato un metodo sbrigativo di affrontare la questione». Mineo tuttavia, sottolineava come «l’unità del partito non sia a rischio, soprattutto se si discute bene». Mineo aggiungeva quindi che Renzi aveva usato «un modo troppo sbrigativo, anche personalizzando, questioni che riguardano tutti. Noi non difendiamo la casta». 14 giugno 2014 | 10:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/14_giugno_14/pd-orfini-la-presidenza-4052517e-f39c-11e3-9746-4bf51e9b4d98.shtml Titolo: Corruzione, Governo dà poteri a Cantone. Potrà commissionare gli appalti Inserito da: Admin - Giugno 14, 2014, 10:21:19 pm Corruzione, Governo dà poteri a Cantone. Potrà commissionare gli appalti
Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge che affida i poteri a Raffaele Cantone, presidente dell'Anac. Tra questi c'è quello sanzionatorio. Nominati anche gli altri quattro commissari che lo affiancheranno: Corradino, Merloni, Nicotra e Parisi Di Redazione Il Fatto Quotidiano | 13 giugno 2014 Un’attesa lunga settimane poi finalmente il decreto che affida i poteri a Raffaele Cantone, il magistrato voluto da Matteo Renzi per guidare l’Autorità anticorruzione. Chiamato per vigilare su Expo dopo lo scandalo tangenti, è stato nominato nelle scorse ore commissario straordinario dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici con potere sanzionatorio e di commissariamento dei singoli appalti. “Da una prima lettura”, ha commentato Cantone, “sembra che il decreto vada nella giusta direzione e che ci siano scelte coraggiose”. Più poteri, quindi, per Raffaele Cantone, l’uomo che il presidente del Consiglio ha voluto per “cacciare i corrotti”. Ma dal giorno della nomina, l’esecutivo non era ancora riuscito ad approvare il decreto necessario. Oggi dopo quasi un mese e mezzo, si sblocca la situazione. Vigilerà sui contratti pubblici, a cominciare da quelli legati ad Expo, con la possibilità di ordinare ispezioni, ma soprattutto con il potere di proporre commissariamenti ad hoc non dell’azienda, ma di singoli appalti sospetti, redigendo una contabilità separata. Il ruolo di Cantone fa un salto di qualità: da guida di un organismo con armi spuntate assume la funzione di super-ispettore. Tutte le prerogative finora in capo all’Authority sugli appalti pubblici, che viene affidata da subito al magistrato in qualità di commissario straordinario, passeranno all’Anticorruzione nel giro di pochi mesi, e comunque entro la fine dell’anno: entro questo termine sarà pronto il piano per il trasferimento delle competente e per affinare i compiti di trasparenza e prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni su cui l’Anticorruzione si dovrà focalizzare. Per farlo, avrà un rafforzamento di uomini e strumenti. Per ora intanto il governo ha indicato gli altri quattro commissari che affiancheranno Cantone all’Authority, passaggio necessario per renderla operativa, dal momento che è un organo collegiale. Sono due uomini e due donne: Michele Corradino, consigliere di Stato; il docente di diritto amministrativo Francesco Merloni; la costituzionalista Ida Angela Nicotra e la giurista Nicoletta Parisi. Sui nomi da scegliere ci sarebbe stata un confronto abbastanza serrato, ma in ogni caso si tratta di personalità gradite allo stesso Cantone. La vera arma inserita nel provvedimento varato oggi e annunciata dal premier Renzi nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri, è quella che permette i commissariamenti di singoli appalti in caso di notizia di reato o provvedimenti restrittivi. Una novità assoluta rispetto a quello che fino ad ora è stata l’Autorità. Cantone lo sa bene e da Napoli, dove ha partecipato a un convegno, parla di “scelte coraggiose” e dà una valutazione positiva della norma che non si spinge fino alla revoca degli appalti, ma ne prevede il commissariamento. Cantone e la sua squadra erediteranno poi le facoltà, in particolare quelle ispettive, affidate finora all’Authority degli appalti, la vera grande sconfitta di questa partita. Evidentemente, non essere riuscita a prevenire i grandi scandali esplosi nelle ultime settimane, da Expo a Mose, ha lasciato un segno e ora quest’organismo si avvia a uscire di scena. In materia di gare per i lavori pubblici, l’iter legato ai requisiti soggettivi per la partecipazione alle gare viene semplificato, perché viene richiesto solo al vincitore. Se invece si commettono irregolarità essenziali e sanabili nelle procedure di affidamento degli appalti, il concorrente dovrà pagare una sanzione pecuniaria alla stazione appaltante entro 10 giorni, pena l’esclusione dalla gara. Il provvedimento prevede anche misure per sveltire il processo amministrativo di fronte a Tar e Consiglio di Stato. Entro il 2015 è prevista la partenza del processo amministrativo digitale con la firma digitale degli atti. Ma vengono introdotte anche misure per accelerare i procedimenti, favorendo l’accesso alla fase di merito, con l’udienza che deve essere fissata entro 30 giorni e la sentenza in forma semplificata; mentre si scoraggia, anche attraverso un meccanismo di cauzione che il ricorrente deve versare, l’utilizzo delle sospensive, che spesso rallentano l’iter prima che si arrivi a una decisione definitiva. A questo punto, l’ultimo tassello è quello delle misure penali a cui stanno lavorando il ministero della Giustizia ma anche le Camere: entro fine mese è atteso il via libera all’introduzione del reato di autoriciclaggio, la reintroduzione del falso in bilancio, l’inasprimento delle pene per la corruzione, il Daspo per i politici e misure sulla prescrizione Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/13/corruzione-governo-da-poteri-a-cantone-potra-commissionare-gli-appalti/1027202/ Titolo: Renzi: "Non mi rassegno alla palude, Mineo doveva farsi da parte". Inserito da: Admin - Giugno 14, 2014, 10:47:43 pm Riforme, i ribelli Pd all'attacco: “Vergognosa presa partitocratica sul Parlamento"
All'indomani delle 14 autosospensioni di protesta, non si placa il caos nel partito. Renzi: "Non mi rassegno alla palude, Mineo doveva farsi da parte". Botta e risposta tra il senatore sostituito in commissione Affari costituzionali e il capogruppo Zanda. L'affondo di Chiti: "Amareggiato". I Popolari si appellano a Grasso contro la rimozione di Mauro ROMA - Il giorno dopo le 14 autosospensioni di protesta in seno al Pd, non si placa il caos interno al partito. Il caso esploso con la sostituzione di Corradino Mineo in commissione Affari costituzionali (dove si discute la riforma del Senato) rompe la pax renziana iniziata nella notte delle europee e rischia di avere ripercussioni anche all'assemblea di sabato all'Ergife, quando si dovrà eleggere il nuovo presidente dem. "Non ho avuto tempo di occuparmi di questioni interne al Pd. Lo farò domani in assemblea. Ho letto però resoconti sorprendenti. Chi non segue la linea del partito ha il dovere di farsi da parte. Poi in aula dirà la sua, e allora nessuno di noi espellerà nessuno", ha detto Matteo Renzi. "Ma se tu usi il tuo potere di veto per affossare un progetto del governo non stai esercitando la libertà di coscienza, stai affossando un progetto del governo. E' del tutto pacifico quindi che possa esistere il potere di sostituzione da parte del capogruppo. Non si tratta né di espulsione né di epurazione", ha continuato il presidente del Consiglio che ha aggiunto: "I cittadini ci hanno chiesto di cambiare l'Italia. Accetto tutte le proposte in linea con quello che chiedono i cittadini. E non mi rassegno all'idea che vinca la palude". Renzi poi ha affondato. Alcuni senatori cercano i loro "15 minuti di celebrità", mentre il governo prova a "rinnovare l'Italia": "Mentre qualcuno passa le giornate a ragionare di cosa fa un senatore, e sono i 15 minuti di celebrità che stanno nella storia della cultura contemporanea, noi stiamo radicalmente rivoluzionando l’Italia". Poi è passato a Orsoni aggiungendo, "il Pd su queste cose non guarda in faccia i suoi, figuriamoci se ha paura di qualcuno che prova a bloccare le riforme. Con animo sorridente, noi andiamo avanti". Stamani, a tenere banco è stato il botta e risposta a distanza tra lo stesso Mineo e il senatore Luigi Zanda, capogruppo Pd a Palazzo Madama. Da Firenze, intanto, il nuovo sindaco Dario Nardella - tra i fedelissimi di Matteo Renzi - ha commentato il caso con un "Mineo chi?", rievocando, di fatto, il "Fassina chi?" pronunciato mesi fa dal segretario dem (video). "C'è una presa partitocratica sul Parlamento che è una vergogna - ha detto ad Agorà su Rai3 l'ex direttore di RaiNews24, che già ieri aveva parlato di "epurazioni" -. Vorrei chiarire che in nessun momento, in commissione Affari costituzionali, ho paralizzato la riforma del Senato. Non ho neanche mai votato in modo tale da fermare questa riforma, e nessuno dei senatori Tocci, Casson o Chiti hanno fatto qualcosa del genere: nostri veti non ce ne sono stati". Poi l'affondo contro Zanda: "Temo che questa personalizzazione contro di me voglia nascondere alcuni errori. I primi errori li ha fatti palesemente il capogruppo Zanda, che ha sottovaluto un dissenso, non lo ha considerato e ha fatto finta che fosse risolto a colpi di finte votazioni, raccontando oggi che ce ne sono state 117". La replica è immediata: "Non rispondo a Mineo - dice Zanda -. Invece voglio fare una considerazione politica generale sulla necessità di compattezza del gruppo. Sono in Senato da dieci anni ma non so cosa significhi la formula dell'autosospensione. Ricordo bene però l'esperienza dell'Ulivo in Senato quando nel 2007 dodici senatori, dopo mesi di numerose e vivaci espressioni pubbliche di dissenso dal gruppo, decisero di uscirne per formare un nuovo gruppo. Non ho mai condiviso quella scelta e ho chiaro il clima politico che determinò e le conseguenze che ebbe. Il governo Prodi - ricorda - morì per mano di Clemente Mastella, ma la sua fine fu fortemente preparata dalla nostra debolezza numerica (simile all'attuale) e dal dissenso pressoché quotidiano di un gruppo di senatori dell'Ulivo. Tutto questo non si deve ripetere". Ma a difendere Mineo e ad attaccare il modus operandi della maggioranza è il senatore Vannino Chiti (tra i 14 parlamentari autosospesi dal gruppo Pd) e sostenitore, a differenza dell'esecutivo, dell'elezione diretta dei senatori. Chiti parla di "una occupazione del parlamento ad opera dei partiti" e afferma: "Sono in parlamento grosso modo da quando c'è Zanda, mai ho visto dimissionamenti autoritari dalle commissioni. Del resto non era possibile: non ha precedenti nella storia repubblicana. I senatori Mauro (Mario, dei Popolari, ndr) e Mineo sono stati dimissionati dai rispettivi gruppi per dissenso possibile: io, senza essere avvertito, per misura cautelativa preventiva. Mi sento sinceramente amareggiato e offeso: per nessun atto del mio impegno, ormai lungo, nelle istituzioni penso mi possa essere addebitato un comportamento di scorrettezza". Intervistato da RepubblicaTv, sul caso Mineo Pippo Civati dice: "Mi aspetto da Renzi una via d'uscita e parole mature" in vista dell'assemblea di domani. Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/06/13/news/riforma_del_senato_caos_pd_caso_mineo_zanda_governo_renzi_autosospensioni-88843700/?ref=nrct-2 Titolo: Renzi fa gli auguri a Napolitano: "Sua guida presidio imprescindibile". Inserito da: Admin - Luglio 03, 2014, 06:39:47 pm Renzi fa gli auguri a Napolitano: "Sua guida presidio imprescindibile".
Grillo invece lo critica Il premier loda la lungimiranza del Capo dello Stato. Mentre il leader del M5s gli ricorda di non aver mai incontrato i parenti delle vittime dell'incidente ferroviario di Viareggio. E non risparmia una stoccata anche al presidente del Consiglio ROMA - Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano oggi compie 89 anni. E i principali esponenti di tutte le forze politiche gli hanno fatto pubblicamente gli auguri sui social network o tramite comunicati stampa. Parole altisonanti anche dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ha espresso al Capo dello Stato "i suoi migliori auguri per la saggezza, la determinazione e la visione" con cui Giorgio Napolitano svolge il suo alto incarico. "Alla vigilia del semestre europeo e in una stagione di riforme particolarmente importante per il nostro Paese - continua il premier - la guida lungimirante del presidente è un presidio solido, certo, imprescindibile". Il leader del M5s, in un articolo pubblicato sul suo blog, ricorda al Capo dello Stato di non aver mai incontrato i parenti delle vittime dell'incidente ferroviario di Viareggio, accaduto per l'appunto il 29 giugno di cinque anni fa e nel quale persero la vita 33 persone. "Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - si legge sul blog di Grillo - sebbene gli sia stato più volte richiesto, non ha ancora esaudito il desiderio dei familiari delle vittime di incontrarlo, ma ha insignito Moretti dell'onorificenza di Cavaliere del lavoro. Ma - continua l'articolo - a infierire sulle ferite dei familiari e dei sopravvissuti c'è anche la decisione dell'allora presidente del consiglio Letta di non far costituire lo Stato come parte civile al processo perchè si preferì agevolare la transazione con le assicurazioni di Fs e Gatx (la società proprietaria del convoglio che deragliò) anteponendo l'aspetto economico rispetto alla ricerca della verità". "Il 29 giugno di 5 anni fa a Viareggio - ricorda il post dal titolo 'La strage di Viareggio, 5 anni dopo - un treno merci carico di Gpl deragliò, una delle quattordici cisterne si squarciò e il pericoloso contenuto fuoriuscì avvolgendo velocemente un'ampia zona di una nube gassosa che pochi secondi dopo si trasformò in fuoco. Un fuoco che avvolse un intero quartiere bruciando 33 persone di cui 3 bambini che dormivano nelle loro case. Ciò che è successo in questi 5 anni è rappresentativo del peggio della cialtroneria made in Italy: i tentativi di scaricare le responsabilità, la latitanza dello Stato, il depistare la verità, il tutelare i poteri forti invece che le vittime, la codardia e la mancanza di dignità nell assumersi la responsabilità e di chiedere scusa dinanzi a tanta sofferenza. L'allora amministratore delegato di FS Mauro Moretti liquidò il disastro come uno spiacevolissimo episodio, procedendo a licenziare Riccardo Antonini il ferroviere viareggino reo di sostenere gratuitamente i familiari delle vittime. Quel Moretti che, insieme ad altri 32 indagati, è stato rinviato a giudizio dal tribunale di Lucca per strage. Eppure diverse volte in ambienti Pd si è proposta la sua candidatura come ministro dei trasporti, se n'è discusso anche nel momento in cui fu costituito l'attuale governo". Critiche a Renzi. Grillo, poi, sul suo sito non risparmia nemmeno una stoccata al premier Matteo Renzi sull'esito dell'ultimo vertice europeo che ha visto la designazione di Jean Claude Juncker a presidente della Commissione Ue. "A cosa serve tutto questo inutile e vuoto frastuono mediatico su crescita e flessibilità? - scrive il leader dei Cinque Stelle sul blog - A nascondere la prima gravissima sconfitta di Renzi: vi avevano detto che il voto al Pd sarebbe stato un voto a Schulz e invece è servito a nominare alla guida della Commissione europea Jean Claude Juncker. Il voto al Pd, in poche parole, è stato un voto alle peggiori politiche neo-liberiste che si incarnano alla perfezione nella figura di Juncker". © Riproduzione riservata 29 giugno 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/06/29/news/grillo_critiche_a_napolitano_nel_giorno_del_suo_compleanno-90290442/?ref=HREC1-2 Titolo: Lettera di Renzi al M5S - IL TESTO INTEGRALE Inserito da: Admin - Luglio 13, 2014, 10:41:04 am Lettera di Renzi al M5S - IL TESTO INTEGRALE
01 luglio 2014 Gentili onorevoli Di Maio, Toninelli, Brescia e Buccarella, vi ringraziamo innanzitutto per la disponibilità al confronto sulla legge elettorale e sulle riforme. E anche per la civiltà del confronto dello scorso 26 giugno. Si possono avere idee diverse ma riuscire a parlarsi ed ascoltarsi serve. Serve sempre. Come forse ricorderete la nuova segreteria del Pd - eletta da un processo democratico che ha coinvolto circa tre milioni di persone - ha immediatamente tentato di aprire un canale di collegamento con voi. L'esito non è stato fortunatissimo, all'inizio. Ma non abbiamo mollato come potete vedere (intervista al "Fatto", lettera ai partiti). Le vostre posizioni sulla legge elettorale sono state nei mesi molto diverse. Dalla mozione Giachetti in cui avete votato a favore del Mattarellum, al post di Beppe Grillo che si schierava per il voto con il Porcellum, all'altro post in cui il vostro fondatore proponeva di votare con il Consultellum. Il tutto intervallato da due progetti di legge con primo firmatario l'onorevole Toninelli. Ci pare di aver capito che fa fede l'ultimo Toninelli e che siate disponibili a riflettere insieme anche sulle riforme costituzionali e istituzionali. Proviamo a entrare nel merito. Se siamo d'accordo, vediamo quattro limiti invalicabili al Toninelli-Bis: 1) Non c'è la certezza di avere un vincitore. Con il vostro sistema non c'è governabilità. 2) Le alleanze si fanno dopo le elezioni, non prima. Con il vostro sistema si istituzionalizza l'inciucio ex post. 3) Il sistema della preferenza negativa attraverso l'eliminazione di un nome è molto complicato. Con il vostro sistema si rende più difficile il voto. 4) Ci sono collegi in cui sulla scheda i nomi scritti sarebbero oltre 40. Con il vostro sistema in alcuni collegi la scheda elettorale diventa un lenzuolo Avete correttivi per questi quattro punti? Ritenete sbagliate le nostre osservazioni? Diteci con franchezza le vostre. Siamo pronti a confrontarci insieme. Per questo vi poniamo dieci ulteriori elementi di riflessione. 1. Per noi un vincitore ci vuole sempre. L'unico modello che assicura questo oggi in Italia è la legge elettorale che assegna un premio di maggioranza al primo turno o al secondo turno. Il Movimento 5 Stelle, per esempio, ha vinto a Parma, Livorno e Civitavecchia nonostante che al primo turno abbia preso meno del 20% dei voti. Però poi al ballottaggio ha ottenuto la metà più uno dei votanti. Vi chiediamo: siete disponibili a prevedere un ballottaggio, così da avere sempre la certezza di un vincitore? Noi sì. 2. Siete disponibili a assicurare un premio di maggioranza per chi vince, al primo o al secondo turno, non superiore al 15%, per assicurare a chi ha vinto di avere un minimo margine di governabilità? Noi sì. 3. Siete disponibili a ridurre l'estensione dei collegi? Noi sì. 4. Siete disponibile a far verificare preventivamente la legge elettorale alla Corte Costituzionale, così da evitare lo stucchevole dibattito "è incostituzionale, è costituzionale"? Noi sì. 5. Siete disponibili a ridurre il potere delle Regioni modificando il titolo V e riportando in capo allo Stato funzioni come le grandi infrastrutture, l'energia, la promozione turistica? Noi sì. 6. Siete disponibili ad abbassare l'indennità del consigliere regionale a quella del sindaco del comune capoluogo ed eliminare ogni forma di rimborso ai gruppi consiliari delle Regioni? Noi sì. 7. Siete disponibili ad abolire il CNEL? Noi sì. 8. Siete disponibili a superare il bicameralismo perfetto impostando il Senato come assemblea che non si esprime sulla fiducia e non vota il bilancio? Noi sì. 9. Siete disponibili a che il ruolo del Senatore non sia più un incarico a tempo pieno e retribuito ma il Senato sia semplicemente espressione delle autonomie territoriali? Noi sì. 10. Siete disponibili a trovare insieme una soluzione sul punto delle guarentigie costituzionali per i membri di Camera e Senato, individuando una risposta al tema immunità che non diventi occasione di impunità? Noi sì. Su questi temi, se volete, noi ci siamo. Anche su altri temi, se vi va. Avete molti parlamentari europei, ad esempio: sarebbe bello riuscire a dimostrare all'Europa che tragiche vicende come quelle che si verificano nel Mediterraneo debbono essere affrontate tutti insieme. Si possono voltare le spalle all'Inno, non si possono voltare le spalle ai problemi. Ma non vogliamo mettere troppa carne al fuoco. Noi su legge elettorale e riforme costituzionali siamo pronti a vederci. Se prima ci rispondete, il dialogo sarà ancora più utile. Noi ci siamo. Senza la pretesa di aver ragione. Senza l'arroganza di fare da soli. Ma anche senza alibi e senza paura. Un mese fa, oltre il quaranta per cento degli italiani ci ha chiesto di cambiare l'Italia per cambiare l'Europa. Non possiamo tradire quella speranza. Ci piacerebbe che potessimo farlo anche assieme a voi perché pensiamo che i nostri connazionali che hanno votato per il Movimento Cinque Stelle chiedano, come tutti, un Paese più semplice ed efficace. Attendiamo le Vostre considerazioni. Un saluto cordiale, Per il Pd Alessandra, Debora, Matteo, Roberto © Riproduzione riservata 01 luglio 2014 DA - http://www.repubblica.it/politica/2014/07/01/news/lettera_di_renzi_al_m5s_-_il_testo_integrale-90465681/?ref=HREA-1 Titolo: FABIO BORDIGNON. - Quanti elettori porta Renzi al Pd? Inserito da: Admin - Luglio 13, 2014, 11:14:24 am Quanti elettori porta Renzi al Pd?
Di FABIO BORDIGNON 11 luglio 2014 Che quel 40,8% ottenuto dal Pd, alle recenti Europee, sia da ricondurre alla rivoluzione renziana è un fatto persino scontato. Ma è possibile quantificare la frazione di voti portata in dote dal premier-segretario al proprio partito? L'interrogativo era circolato al momento della presentazione dei simboli, quando era stata ventilata la possibilità di sfruttare il brand personale sulla scheda elettorale. Il nome del leader, alla fine, non è stato inserito nel simbolo Pd. Se ne riparlerà quasi sicuramente alle prossime Politiche, ma è indubbio che il traino dell'uomo arrivato da Firenze abbia contato - e non poco - nel voto europeo. Consentendo al Pd di rompere gli argini del passato: conquistando segmenti di elettorato in precedenza ostili (su tutti, degli imprenditori), uscendo dal recinto della zona rossa (le regioni dell'Italia centrale dove i partiti di sinistra hanno sempre fatto il pieno). … Da qualche anno, i sondaggi Demos rilevano alcuni indicatori di personalizzazione della scelta elettorale. Lo loro evoluzione nel tempo segnala un evidente cambio di stagione. Un anno e mezzo fa, alla vigilia delle Politiche, solo un terzo degli elettori democratici indicava Renzi come proprio leader preferito. I mesi successivi sono caratterizzati da una crescita continua del consenso. Il dato sale al 49% già all'indomani della non-vittoria del 24-25 febbraio 2013. E arriva presto a superare la maggioranza assoluta: 56%, al momento dell'ingresso a Palazzo Chigi; 62%, prima delle Europee; 70% in seguito all'exploit del 25 maggio. Si tratta di un evidente segnale di personalizzazione delle preferenze interne, ma che dice poco circa l'effettiva capacità di attrarre un voto personale. Lo stesso Bersani, da candidato-premier, concentrava su di sé i due terzi delle preferenze democratiche. Più interessante, in questo senso, è un altro indicatore che cerca di isolare la frazione di voto leader-oriented, chiedendo direttamente agli intervistati di auto-definirsi come elettori "del partito" oppure "del leader". A definirsi "bersaniani" prima ancora che "elettori del Pd" erano circa il 20% degli elettori democratici, tra il 2012 e il 2013: un dato inferiore alla media dei principali partiti, poco sotto il 30%. Con l'avvento di Renzi alla segreteria, la componente orientata al leader raddoppia: sono il 41% coloro che "votano Renzi" piuttosto che sulla base dell'appartenenza al partito. Con l'effetto di trascinare verso l'alto la media generale (33%). È l'ennesimo muro a cadere: l'ennesimo tabù - forse il principale - mandato in soffitta dalla cavalcata del leader-rottamatore. Anche a sinistra, no leader no party. Fabio Bordignon @fabord © Riproduzione riservata 11 luglio 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/07/11/news/quanti_elettori_porta_renzi_al_pd_-91267703/?ref=HREC1-5 Titolo: La sfida di Matteo: non contano i tempi, ma se non passano le riforme si torna.. Inserito da: Admin - Luglio 26, 2014, 10:43:53 am La sfida di Matteo: non contano i tempi, ma se non passano le riforme si torna a votare
"Si va avanti, io non vado in ferie e ogni giorno di ostruzionismo è un punto in più nei sondaggi". Il premier prima apre al rinvio su Galan poi, dopo le minacce di Brunetta, ci ripensa: "Niente ricatti" Di GOFFREDO DE MARCHIS 23 luglio 2014 ROMA - Nessuna mediazione è possibile. Anche perché "a ogni giorno di ostruzionismo corrisponde, per me, un punto guadagnato nei sondaggi", spiega Matteo Renzi ai suoi fedelissimi. Per il momento va bene così. "Siamo alla prova di forza finale. Vogliono andare fino al 15 agosto? Ok, tanto io non vado in ferie". Il punto semmai è un altro: "Questo Parlamento è a un bivio: o dimostra di essere capace di cambiare facendo le riforme o si condanna da solo e si torna a votare". La trattativa non è un'ipotesi sul campo. Il premier la snobba senza mezzi termini: "Figuriamoci". Ieri ha sbattuto la porta in faccia persino all'alleato principale, Forza Italia. La nuova giornata di totale impazzimento, conclusa con zero voti sulla legge costituzionale, Renzi la racconta ai suoi collaboratori offrendo una versione che disegna un triangolo tra Camera, Senato e Palazzo Chigi. È il voto sull'arresto di Giancarlo Galan a rallentare i lavori di Palazzo Madama. Di prima mattina il sottosegretario Luca Lotti, braccio destro del premier, riceve la telefonata di un dirigente di Forza Italia. La richiesta è molto semplice: rinviamo il voto sul carcere per l'ex governatore veneto di una settimana. Galan è in ospedale, diamogli la possibilità di difendersi in aula. Lotti riferisce a Renzi, il quale non si formalizza: "Si può fare". Ma alla conferenza dei capigruppo Renato Brunetta, che rema contro il patto del Nazareno, la mette giù dura: "O votiamo il rinvio o saltano le riforme". Il capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza informa Palazzo Chigi dell'ultimatum. "Se la mettono così, niente rinvio. Non accetto ricatti da nessuno, nemmeno da loro", risponde Renzi. E la trattativa, come dire, "umanitaria" fallisce. Infatti alla Camera l'arresto viene votato, Galan si trasferisce al carcere di Opera e al Senato Forza Italia si vendica votando contro le tappe forzate del nuovo calendario dei lavori. Calendario che passa con appena 5 voti di scarto. "Sapete che c'è - dice Renzi nei suoi colloqui -, gli abbiamo dato una lezione. Posso dimostrare che le riforme si fanno anche senza Berlusconi e senza la Lega". Renzi è dunque nella versione "guerra contro tutti". Ad eccezione degli elettori: effettivamente i sondaggi continuano a dare il Pd in crescita. Quella del premier è una sfida a tutto campo: sui tempi, sulle mediazioni negate, sul dialogo con i partiti. Alla domanda di qualche suo collaboratore "perché non vai in Senato" la risposta è secca: "Io sto lavorando". Ma a Palazzo Chigi sono consapevoli che le trappole sono ovunque. La questione del calendario non è affatto secondaria. Chi conosce bene i meccanismi parlamentari esclude che i senatori saranno al loro posto nella settimana di Ferragosto. "Non succederà mai", dicono i tecnici. Ed è una previsione che si ritorce tutta contro la maggioranza delle riforme perché è Renzi a dover portare a casa il risultato. Agli altri basta uno scivolone, un rinvio. Il pericolo si annida anche nell'orario no stop deciso ieri da Piero Grasso e dalla conferenza dei capigruppo. Tenere i parlamentari inchiodati al loro banco dalla 9 alle 24, farli lavorare sabato e domenica, non sarà affatto un'impresa semplice. Significa che quando si comincerà finalmente a votare, il rischio se lo prende tutto Renzi. La maggioranza dovrà essere presente in massa a tutte le votazioni, non sbagliare una mossa, controllare uno per uno i senatori e i loro movimenti, persino quelli verso la toilette. Alle opposizioni, agli ostruzionisti o secondo la terminologia renziana "ai gufi e rosiconi", basterà invece un solo piccolo successo, con l'esecutivo che va sotto e un loro emendamento approvato, per cantare vittoria. È uno scenario davvero da Vietnam, secondo alcuni sostenitori della riforma "ingestibile e incontrollabile". Tanto è vero che ieri al Senato persino qualche renziano si domandava: "Matteo vuole davvero approvare la riforma prima della pausa?". Renzi continua a ripetere che "non si impicca a una data". Attende i prossimi sviluppi per immaginare altre accelerazioni, come la ghigliottina ossia il contingentamento dei tempi. Decisione delicata, che farebbe la gioia di chi urla alla svolta autoritaria e che comunque è in capo al presidente del Senato. Anche il Quirinale, dopo l'intervento chiarissimo di ieri, guarda con attenzione alle scelte di Grasso: punta a tempi veloci, compatibilmente con il regolamento. Ma più che la minaccia di un conclave chiuso a chiave anche a Ferragosto, diventa ogni giorno più concreta, più vera, persino più plausibile proprio per lo scenario complicato del voto ad oltranza, l'altra minaccia: quella del voto anticipato. Usato finora come ballon d'essai, come strumento per ammansire parlamentari e frenatori fuori e dentro il Pd che con le elezioni andrebbero a casa, si sta trasformando in una prospettiva che ritorna nelle discussioni tra i fedelissimi renziani. Andare alle urne con la legge proporzionale uscita dalla Consulta e contare sul consenso del presidente del Consiglio. Roberto Giachetti è tornato ieri a indicare questa strada. E Giachetti conosce a menadito le insidie dei lavori parlamentari. Ma a sorpresa l'opzione è stata rilanciata dal presidente del Pd Matteo Orfini, esponente della minoranza lealista, dirigente che ormai si confronta ogni giorno con il premier. "Tutti devono sapere che comunque si vota - ha detto Orfini a In Onda su La7 - O le riforme o alle elezioni anticipate. Sappiamo che questa legislatura è legata alle materie istituzionali. Se non vanno in porto, la legislatura finisce". Se i sondaggi dicono la verità, il Pd può puntare alla maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento. Certo, senza premio e con le preferenze. Ma anche con le soglie di sbarramento lasciate intatte dalla Corte costituzionale che eliminerebbero i partitini, spesso citati come un male da Renzi. Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/07/23/news/la_sfida_di_matteo_non_contano_i_tempi_ma_se_non_passano_le_riforme_si_torna_a_votare-92178316/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_23-07-2014 Titolo: GRAVE DAR RAGIONE AGLI AVVERSARI PER SUA PRESUNZIONE. A RENZI NON ACCADE? Inserito da: Admin - Agosto 04, 2014, 08:54:02 am Le indiscrezioni SU UN ADDIO A OTTOBRE
Renzi: «Cottarelli? Spending review avanti anche senza di lui» Il commissario per la revisione della spesa: «Il lavoro continua, niente da segnalare» Di Redazione Online «Rispetto e stimo Cottarelli: farà quello che crede. Ma non è Cottarelli il punto fondamentale: la spending review la facciamo anche se va via, dicendo con chiarezza che i numeri sono quelli». Così il premier Matteo Renzi interviene sull’ipotesi, circolata sulla stampa, che Carlo Cottarelli lasci l’incarico di commissario straordinario per la Revisione della spesa pubblica. «Il lavoro continua, non ho niente da segnalare» aveva commentato nella mattinata, prima che il premier parlasse, lo stesso Cottarelli. Il governo Più in dettaglio, ha spiegato Renzi, «la revisione della spesa c’è, chiunque ci sia come commissario, questo o un altro. Il punto è che revisione faremo». In precedenza era intervenuto sulla questione anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Del Rio: «Non esiste alcun caso Cottarelli - aveva detto -. Continueremo l’impegno del governo. La spending review non dipende dalle persone che la conducono, è una scelta politica. Dietro la vicenda di Cottarelli ci sono vicende di vario tipo, anche personali sue. La finanziaria si farà ad ottobre, ma la spending review va avanti». La preoccupazione delle banche estere Cottarelli ha sempre sostenuto la politica dei tagli come ricetta per salvare i bilanci. Sul suo blog, il 30 luglio, il commissario aveva stigmatizzato la prassi parlamentare di autorizzare nuove spese indicando, come copertura finanziaria, «future operazioni di revisione della spesa o, in assenza di queste, tagli lineari delle spese ministeriali». Le indiscrezioni circolate sulle sue dimissioni hanno preoccupato le banche estere che operano in Italia, attente alla tenuta della fiducia sul sistema Italia da parte degli investitori internazionali. In una nota l’Aibe, l’associazione delle banche estere presieduta da Guido Rosa, ha espresso «forte preoccupazione per il rischio di un contraccolpo, che determini un abbandono degli operatori internazionali nella sottoscrizione dei titoli di stato, anche in conseguenza di turbative sui mercati internazionali derivanti dal possibile default argentino». In particolare, spiega la nota, «le difficoltà che riscontra il commissario Cottarelli nel portare avanti la decisiva questione della riduzione della spesa pubblica, e il probabile accantonamento dell’ennesimo tentativo di un severo controllo del debito pubblico - vera palla al piede per la competitività economica - sono una autentica gelata agostana che rischia di peggiorare notevolmente le potenzialità del sistema Italia». La Lega: «Renzi guida verso il baratro» Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Le voci circolate delle presunte dimissioni di «un professionista serio come Carlo Cottarelli» dimostrano «il clamoroso fallimento della politica economica del governo Renzi» attacca il senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin. Aggiungendo che «i conti pubblici sono fuori controllo, nessun taglio alle tasse potrà essere attuato nei prossimi mesi ed anzi sarà inevitabile una nuova manovra di lacrime e sangue». Il capogruppo leghista alla Camera, Massimiliano Fedriga, avverte che: «Renzi sta guidando a 100 all’ora verso il baratro» e invia una lettera alla presidente della Camera Boldrini, «affinché interessi l’ufficio parlamentare di bilancio per smascherare le balle contabili di Renzi». Altrettanto duro il parere del capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale Fabio Rampelli: «Chi tocca la revisione della spesa è destinato alla rottamazione. Cottarelli non è certo un simpaticone, ma ha il pregio del rigore e dell’autonomia. Non abbiamo motivi di dubitare delle sue analisi anche se non condividiamo in toto le ricette. Ma se quello che propone il commissario è impopolare, quello che fa Renzi, ci porta dritti al default». 31 luglio 2014 | 13:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/14_luglio_31/cottarelli-il-lavoro-continua-niente-segnalare-655c9694-18a6-11e4-a9c7-0cafd9bb784c.shtml Titolo: Scelta Civica propone a Renzi il "Disbosca-Italia": tagliare subito 1.500... Inserito da: Admin - Agosto 23, 2014, 06:05:09 pm Scelta Civica propone a Renzi il "Disbosca-Italia": tagliare subito 1.500 partecipate locali
Presentato il progetto di un disegno di legge in sei punti, da affrontare già nel Consiglio dei ministri di fine agosto. Già con l'obbligo per gli enti di vendere le partecipazioni in micro-aziende ci sarebbe una netta sforbiciata. Prevista anche la sostituzione dei cda con gli amministratori unici MILANO - Il commissario della spending review, Carlo Cottarelli, aveva denunciato in un post di inizio estate la situazione delle partecipate degli enti pubblici italiani, contro la quale la Corte dei Conti già da tempo punta il dito: "Non riesco a trovare un termine migliore di 'giungla' per descrivere il mondo delle partecipate locali", ha detto l'uomo dei tagli sul suo blog. Tanto che lui stesso, riconoscendo che la stima di 7.726 aziende censite dal Mef è probabilmente impropria, ha poi svelato il caos che le circonda riconoscendo che potrebbero essere più di 10mila, ma non c'è neppure un censimento affidabile. In questa giungla, propone ora Scelta Civica, devono affondare le forbici del governo, al più presto. Di qui il suggerimento di un "Disbosca-Italia", un decreto da portare già al Consiglio dei ministri del 29 agosto prossimo insieme allo "Sblocca-Italia" sui cantieri, che contenga una cura dimagrante fortissima per gli enti locali. Partecipate, se lo Stato è al 100% i buchi si ampliano "Quello delle partecipate pubbliche è stato definito recentemente un mondo oscuro dal procuratore generale della Corte dei Conti che, nel sottolineare che costano allo Stato 26 miliardi, ha invocato un riordino complessivo. Il rapporto del Commissario Cottarelli pubblicato il 7 agosto 2014 e intitolato "Programma di razionalizzazione delle partecipate locali" contiene dati impressionanti", attacca Scelta Civica nella proposta pubblicata sul suo sito web. "Delle 7.726 partecipate censite dal Mef, quasi 2.000 (1.869) hanno un attivo inferiore a 2 milioni e 1.300 hanno un fatturato sotto i 100.000 euro. Oltre 3.000 società hanno meno di 6 addetti e 2.123 non ne hanno neppure uno! E in almeno 1.900 di esse la partecipazione pubblica è inferiore al 10%", aggiunge il partito. "I posti in cda sono oltre 37.000, 27.000 dei quali in società comunali. Oltre 15.000 posti nei consigli sono stati assegnati in società dove il numero dei membri degli organi supera il numero degli addetti. La dimensione media dei cda supera i 6 consiglieri e in sole 1.198 società a partecipazione comunale esiste un amministratore unico (dati Cerved)", spiega ancora SC per mostrare l'inefficienza del comparto. A questo si potrebbe aggiungere ancora - dai dati di Cottarelli - che ci sono oltre 1.200 società che hanno un cda ma non hanno dipendenti. Gli interventi di risparmio proposti sono stati quantificati in circa 3 miliardi di euro. Tornando a Scelta Civica, le proposte si articolano in sei punti: 1) divieto per le amministrazioni di avere partecipazioni in società non quotate che vedano la quota in mano a enti pubblici inferiore al 10% (al 20% se si tratta di nuove acquisizioni); 2) obbligo di dismettere le partecipazioni sotto quella soglia in sei mesi; 3) chiudere o dismettere le società con meno di 10 addetti o 100mila euro di fatturato, in sei mesi; 4) i comuni sotto 30mila abitanti sostituiscano i cda delle partecipate in perdita con amministratori unici; 5) riduzione dei trasferimenti statali del 10% per gli enti che non si adeguano; 6) sanzioni ad amministratori e membri degli enti locali che non si adeguano fino al 20% dello stipendio lordo. "In questo modo", chiosa Scelta Civica, "si potrà ridurre drasticamente il numero delle partecipate ben prima della scadenza del termine di tre anni che il Presidente del Consiglio si è proposto per ridurle da 8.000 a 1.000. La sola misura relativa alla dismissione delle micro partecipazioni e delle scatole vuote consentirebbe, infatti, di ridurre il numero delle partecipate di 1.500 unità in sei mesi", secondo la stima dello stesso Cottarelli, "con impatti modesti dal punto di vista occupazionale. E oltre ai vantaggi economici, con questo provvedimento si darebbe un forte segnale in senso moralizzatore, attraverso la drastica riduzione del numero dei posti nei consigli di amministrazione e dei relativi costi". (22 agosto 2014) © Riproduzione riservata Da - http://www.repubblica.it/economia/2014/08/22/news/partecipate_scelta_civica_disbosca_italia-94257226/?ref=HREC1-7 Titolo: MATTEO RENZI, ovvero un giorno lo capiremo meglio... Inserito da: Admin - Agosto 30, 2014, 09:08:53 am Giustizia, Renzi: "Il processo civile durerà la metà. Delega al Parlamento per intercettazioni"
Fuoriprogramma dopo il Cdm con il premier che, prima di esporre la riforma, offre il gelato in risposta all'Economist. Responsabilità civile per i magistrati: "Chi sbaglia paga". Stop prescrizione dopo il primo grado. Anm: "Riforma punitiva e poco coraggio". Tornano falso in bilancio e autoriciclaggio. Orlando: "Raggiunto punto di equilibrio" 29 agosto 2014 ROMA - "Offesi da Economist? Non esageriamo. Non ci offendiamo perché facciamo un lavoro serio". Carrellino con gelataio al seguito, nel cortile di Palazzo Chigi, Matteo Renzi sceglie l'ironia per replicare alla copertina del settimanale inglese. "Se volete assaggiare un po' di vero gelato italiano, ve lo offro volentieri - ha detto sorridendo a giornalisti e operatori - potete rompere gli argini" Renzi risponde all'Economist: mangia e offre gelati a Palazzo Chigi E' il fuori programma che chiude il consiglio dei ministri durato due ore e mezza, con all'ordine del giorno due piatti forti: il cosiddetto decreto sblocca-Italia e la riforma della Giustizia. E' il secondo fronte quello più delicato e dove si sono registrate le tensioni maggiori all'interno della maggioranza, tra Pd e Ncd. Ma già prima dell'inizio dei lavori era stato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a rassicurare sui contenuti: ci sono sia il pacchetto civile che quello penale. Attese confermate nella conferenza di presentazione del premier. Una vera e propria "rivoluzione", - la definisce Renzi - che passa dal dimezzamento dell'arretrato della giustizia civile, dalle nuove norme sul falso in bilancio e sulla prescrizione, alle norme sulle responsabilità civile dei magistrati secondo il principio di "chi sbaglia paga", fino alla delega sulle intercettazioni e al dimezzamento della pausa estiva per i tribunali. E' questo, in sintesi, il pacchetto giustizia varato dal consiglio dei ministri. Si parte dal decreto legge "per il dimezzamento dell'arretrato del processo civile" e la riduzione tempi (un anno in primo grado). Poi appunto "falso in bilancio, prescrizione, responsabilità civile, delega al Parlamento per le intercettazioni". Il principio - sottolinea il presidente del Consiglio - è che "è consentita l'intercettazione al magistrato, ma ciò che non riguarda l'oggetto del reato deve essere pubblicato con grande attenzione. Non immaginiamo sanzioni penali. Non vogliamo mettere il bavaglio, ma non si deve ledere la privacy delle persone". E sul punto Renzi conferma un confronto con i direttori dei giornali. Ridurre i contenziosi. Al ministro Orlando il compito di spiegare nel dettaglio i provvedimenti. Sulla giustizia civile l'obiettivo annunciato è "degiurisdizionalizzare la domanda di giustizia, cioè togliere ciò che non è strettamente necessario davanti al giudice". Dunque, divorzi e separazioni davanti ad altra autorità laddove siano consensuali. Agevolare l'attività di negoziazione tra parti con incentivi sempre senza passare davanti al giudice. Disincentivare le cause temerarie, così da garantire processi più rapidi. Rinforzare il tribunale delle imprese e delle famiglie. Stop alla prescrizione. Interrompere la prescrizione al primo grado di giudizio: questo - spiega Orlando - disincentiverà le condotte dilatorie. Ma ci dovrà essere una grande capacità di guardare a che si giunga all'appello entro due anni". "Sul processo penale, invece, - continua il ministro - abbiamo scelto di intervenire per snellire l'iter che porta al giudizio finale attraverso interventi sull'udienza preliminare e sui passaggi processuali, e con processi che mirano a razionalizzare il ricorso in appello su cui c'è una delega". In serata è arrivata la risposta dell'Associazione Nazionale Magistrati: "Il grosso neo della riforma della giustizia è non aver affrontato con il coraggio necessario il nodo spinoso della prescrizione. Ci aspettavano un intervento più massiccio e radicale che mettesse in discussione l'intero assetto della ex Cirielli, che ha dato cattiva prova di sé". Responsabilità civile delle toghe. "Non c'è più un filtro" che si era trasformato "in un tappo" impedendo una valutazione di merito. Così Orlando presenta la principale novità della responsabilità civile dei magistrati. La responsabilità resta "indiretta", ha spiegato. "Si rafforza l'automatismo della rivalsa nel momento in cui c'è una condanna nei confronti dello Stato" e c'è "un aumento della rivalsa sul magistrato dal 30 al 50 per cento" dello stipendio. Anche qui critica l'Anm: "Resta l'impressione" che la riforma sulla responsabilità civile sia "punitiva": "Si lancia il messaggio che la giustizia funziona male perché i magistrati fanno errori", ha detto il segretario Maurizio Carbone, "e si dà il via libera ad azioni strumentali contro i giudici" Contrasto alla criminalità economica. Torna anche il falso in bilancio. "In una fase come questa di crisi, aumenta il rischio di infiltrazione di capitale illeciti. Per questo - sottolinea Orlando - nella riforma abbiamo pensato alla introduzione e reintroduzione di autoriciclaggio e falso in bilancio". Punto di equilibrio. Manca, come noto, la parte relativa al Csm. "Non è stata abbandonata, ma è solo in attesa di un'interlocuzione con il nuovo Consiglio", chiarisce Orlando. Che in conclusione sottolinea "Abbiamo raggiunto un punto di equilibrio su un tema importante, sul quale nel passato abbiamo vissuto una storia assai diversa". Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/08/29/news/consiglio_dei_ministri_riforma_giustizia_sbloccaitalia-94654096/?ref=HREA-1 Titolo: TRA IL DIRE E IL FARE C'è DI MEZZO IL RINVIARE... Inserito da: Admin - Agosto 30, 2014, 09:54:45 am L’intervista
Renzi: «Togliamo l’Italia ai soliti noti che vanno nei salotti buoni» Il premier al settimanale Tempi: «Basta con capitalismo di relazione trito e ritrito. Torneremo a guidare l’Europa» Di Redazione online Togliamo «il paese dalle mani dei soliti noti, quelli che vanno in tutti i salotti buoni a concludere gli affari di un capitalismo di relazione ormai trito e ritrito. Questa è la rivoluzione culturale che serve all’Italia: spalancare le finestre e fare entrare aria nuova». Matteo Renzi, in un’intervista al settimanale Tempi, parla di quanto fatto dal suo governo fino a oggi e spiega quello che ha in mente per il futuro. «Io vedo l’Italia che ci sarà tra dieci anni e sono certo che torneremo ad essere la guida in Europa» spiega il presidente del Consiglio al direttore, Luigi Amicone. Nell’intervista, che uscirà sul numero della prossima settimana, Renzi aggiunge: «Ci vuole lo spirito del maratoneta. Chiarezza sull’obiettivo finale e passo dopo passo si va avanti a viso aperto. Alla fine di questo percorso sono certo che l’Italia, grazie alle straordinarie qualità dei suoi cittadini, tornerà ad essere la guida, non il problema, dell’Europa» dice il premier che parla a tutto campo dell’azione del governo, di Europa, scuola, persecuzioni in Medio Oriente e disegno di legge sull’omofobia. «Passare dal piagnisteo alla proposta» Renzi spiega di essere soddisfatto di quanto fatto dal suo governo fino a oggi e replica ancora alle critiche sugli 80 euro. «Vedo che ancora c’è chi ritiene che gli 80 euro mensili e per sempre a 11 milioni di persone non siano utili. Così come chi dice che tagliare l’Irap del 10 per cento alle imprese è troppo poco - dice il presidente del Consiglio - il solito vizio italiano. Certo, si può sempre fare di più, ma noi siamo i primi ad aver fatto il più imponente taglio strutturale delle tasse e la più grande operazione di redistribuzione della ricchezza da decenni e che sarà confermata anche nei prossimi anni. E spero allargata». Per Renzi bisogna «passare dalla logica del piagnisteo a quella della proposta». «Noi stiamo aiutando l’Europa» Sui conti dell’Italia e il rapporto con l’Europa il premier assicura: «Noi manteniamo l’obiettivo del 3 per cento. E ciò accadrà anche se altri fossero costretti ad allontanarvisi. Tutto il resto mi pare forzato e prematuro. Quando poi sento parlare di aiuto esterno mi scappa da ridere. L’Italia dà all’Europa più soldi di quelli che l’Europa dà all’Italia - aggiunge - e nel Fondo Salvastati noi abbiamo messo soldi che altri hanno preso. Solo l’atavica volontà di parte della classe dirigente italiana impedisce di prendere atto di una realtà: noi stiamo aiutando l’Europa, non è l’Europa che aiuta noi». «È il momento di essere seri» Al tempo stesso, Renzi ammette che «se abbiamo accumulato un debito pubblico enorme che fa da zavorra alla nostra capacità di sviluppo, non è colpa dell’Europa. Se non spendiamo o spendiamo male i fondi europei, non è colpa dell’Europa. Se da noi un processo civile dura decenni, - continua il premier - non è colpa dell’Europa. Sappiamo bene che il fiscal compact è un accordo impegnativo, così come l’equilibrio di bilancio è un esercizio faticoso. Ma sappiamo anche che è venuto il momento di essere seri e di capire che non possiamo scaricare sui nostri figli gli effetti di politiche dissennate come accaduto in passato». Riforma della scuola In arrivo, assicura il premier, una importante riforma della scuola che stupirà. «Stiamo lavorando, e seriamente, con il ministro Giannini e con la sua squadra - dice il premier - e il 29 agosto presenteremo una riforma complessiva che, a differenza di altre occasioni, intende andare in direzione dei ragazzi, delle famiglie e del personale docente che è la negletta spina dorsale del nostro sistema educativo. Che non è affatto vero sia un problema, ma un asset strategico del nostro Paese, che va valorizzato e messo in sicurezza. In ogni caso la sfida educativa è la mia priorità. Tra dieci anni l’Italia non sarà come l’avranno fatta i funzionari degli uffici studi delle banche o i politici di Montecitorio; l’Italia sarà come l’avranno fatta le maestre, i maestri, gli insegnanti». «Preoccupato per Libia e Medio Oriente» Renzi parla anche di politica estera e si dice «molto preoccupato per la situazione in Libia» e in Medio Oriente: «Queste sono sfide che o l’Europa è in grado di affrontare o l’Europa non è. Dai fenomeni migratori, all’esodo di profughi e rifugiati, alle persecuzioni per motivi religiosi, qui si parrà la nobilitate dell’Europa, il suo essere protagonista nel mondo globale». Il Ddl omofobia Nell’intervista spazio anche a una battuta per difendere il disegno di legge sull’omofobia presentato dal deputato Pd Ivan Scalfarotto: «Il ddl Scalfarotto non minaccia la libertà di parola - dice Renzi - Ivan è stato duramente contestato anche da parte del suo mondo proprio per questo». 23 agosto 2014 | 11:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/14_agosto_23/renzi-togliamo-l-italia-soliti-noti-che-vanno-salotti-buoni-cff537e6-2aa2-11e4-9f31-ce6c8510794f.shtml Titolo: Renzi chiude Festa dem: "Con il Pd nuova Europa. No a lezioni da tecnici della.. Inserito da: Admin - Settembre 09, 2014, 11:08:38 pm Renzi chiude Festa dem: "Con il Pd nuova Europa. No a lezioni da tecnici della prima Repubblica"
Comizio conclusivo del premier a Bologna: "Noi visti come una speranza in tutto il continente. Non mollo di mezzo centimetro". Giovedì la nuova segreteria: "Gruppo unitario, stop a veti a rivincite. Chi la cerca aspetti il 2017". Sul bonus da 80 euro: "Un'idea di civiltà e di giustizia sociale". Omaggio a Napolitano: "Contro di lui campagna indecente" 07 settembre 2014 BOLOGNA - Un Pd visto come "una speranza in tutta Europa". Che sia capace di capitalizzare un risultato elettorale "da brividi" per imprimere una svolta nel "segno della crescita a tutto il Continente". Matteo Renzi sceglie la dimensione europea per chiudere la Festa nazionale dell'Unità. E manda un avvertimento anche sul fronte interno: "Non mollo di mezzo centimetro. Non accettiamo lezioni da tecnici della prima Repubblica". E' questa la nota politica nella giornata del premier a Bologna. Quella cromatica è il bianco delle camicie dei quattro leader della sinistra europea che accompagnano il presidente del Consiglio e lo precedono sul palco in un dibattito sull'Europa con la nuova lady Pesc, Federica Mogherini. In ordine di apparizione: Achim Post (segretario del Partito socialdemocratico tedesco), Diederik Samsom (capo del Partito laburista olandese), Pedro Sanchez (nuova stella del Partito socialista spagnolo) e Manuel Valls, premier francese. Con loro scherza Renzi - prima del pranzo negli stand della festa - sigliamo il "patto del tortellino. Asse programmatico e generazionale, con battute e sfottò sul calcio. E protocollo poco ingessato, con Sanchez e Valls che parlano anche in italiano. Orgoglio democratico. Il momento clou quando sale sul palco il premier, poco dopo le cinque. Il presidente del Consiglio apre il suo comizio con la consueta dose di "orgoglio democratico", rivendicando - con una dedica al suo predecessore Pierluigi Bersani, in piedi tra il pubblico - il carattere pluralista del Pd e lo "straordinario" successo elettorale raccolto alle ultime elezioni europee. "Siamo un partito che è visto come una speranza in tutta Europa, è un risultato che deve lasciarci i brividi e darci responsabilità", ha detto. Poi, entrando nel vivo del suo intervento, Renzi si è occupato innanzitutto di Europa. "Insieme dobbiamo cambiare l'Europa e costruire un'Europa più legata alla crescita e meno al rigore, più al lavoro, alle famiglie e meno alle banche", ha affermato. Appello all'Europa. Rivolto ancora a Bruxelles, il premier ha insistito: "Stanotte nel canale di Sicilia è nata una bimba salvata dall'impegno italiano come tante altre vite. Oggi c'è una grande richiesta di politica. Dire che c'è spazio per la politica vuol dire che l'Europa non è solo regolamenti e vincoli di bilancio e poi dimenticare cosa accade nei nostri mari. Vuol dire che ci vuole la politica, fare alleanze in Ue perchè l'Ue si occupi di immigrazione". Governo vigile. "Ora - ha continuato Renzi - dobbiamo chiedere conto della promessa di Juncker sul piano di 300 mld e noi chiederemo di essere molto puntuale. Noi i soldi sappiamo dove metterli: nell' edilizia scolastica, nella banda larga e nelle opere contro il dissesto. Noi sappiamo dove metterli ma devono essere investimenti slegati dalla cultura del rigore del patto di stabilità". Allo stesso modo, ha aggiunto, il governo "verificherà" anche che i soldi dati dalla Bce alla banche "agevoli veramente le imprese". "La salvezza è nelle nostre mani non in quelle europee, iniziamo a spendere bene i fondi europei", ha affermato. Attacco a M5s su Is. Sul fronte internazionale anche una stoccata al M5s. "Razzi e Salvini sono andati in Corea del Nord, Salvini ha visto Nord sulla cartina e ci è andato. Quello che mi sconvolge è quello che Salvini ha detto rientrando. Non sorridiamo più invece quando Di Battista dice che bisogna dialogare con i terroristi dell'Isil. Con il Pd e Bersani non dialogano, ma con i terroristi sì". No a lezioni. Entrando poi nel vivo delle vicende italiane, Renzi è tornato a difendere la scelta del bonus da 80 euro in busta paga. "Finora i tecnici ci hanno detto che è finita la luna di miele. A noi ci porta bene - ha spiegato - ma c'è una parte di esperti del Paese, cresciuta all'ombra della Prima Repubblica incapace per 20 anni di leggere Berlusconi, non ha anticipato la crisi e ora ci spiega che gli 80 euro sono un errore. Ma non accettiamo lezioni". "Gli 80 euro - ha detto ancora - sono un'idea di civiltà: l'idea che chi ha sempre pagato si vede restituito qualcosa. E' un atto di giustizia sociale più che una misura economica". Questione salari. Sempre sul tema del potere d'acquisto, il segretario del Pd ha ribadito: "C'è chi dice che l'Italia è un grande paese ma che non ce la fa più, che ora deve cambiare i modelli, ridurre i salari e competere con quei paesi che fanno prodotti a costi minore: per me è un modello sbagliato perché schiaccia l'Italia su un livello che non è il suo. La globalizzazione porta 800 milioni di nuovi consumatori che chiedono più Italia, bellezza, qualità". Non mollo mezzo centimetro. "Sulle riforme - ha avvisato ancora il presidente del Consiglio - io non mollo di mezzo centimetro e noi la cambieremo l'Italia, ma non a testa bassa bensì a testa alta, perché abbiamo preso il 41%, perché noi cambiamo l'Italia e li guardiamo negli occhi" quelli che criticano e ostacolano "perché questa volta non ce ne è per nessuno, questa volta le facciamo le riforme basta con i gufi". La riforme, ha insistito, non sono, "come ha sostenuto qualcuno, inutili, insignificanti, anzi uno scandalo, noi portiamo avanti, sia pure con modifiche, la legge elettorale e la riforma costituzionale, dimostriamo che la politica sa decidere". Sul sistema di voto Renzi aggiunge: "Ci vuole una legge dove si sa chi vince e dove si fa il ballottaggio se serve", quanto al ridare il diritto di scegliere ai cittadini "vediamo se il collegio uninominale o le preferenze, anche se noi già facciamo le primarie e un sistema che garantisca a tutti rappresentanza ma non dia poteri di ricatto". Omaggio a Napolitano. Toccando il tema delle riforme, Renzi ha rivolto anche un omaggio al presidente della Repubblica. "Chiedo un applauso per Giorgio Napolitano - ha detto - che ha sopportato contro di lui una campagna indecente e indecorosa semplicemente per essere stato costretto a rimanere lì per aiutare gli italiani". "Senza Napolitano - ha aggiunto - non si possono fare le riforme". Scuola e merito. Sulla scuola, altro argomento caldo dell'agenda politica, il segretario democratico ha affermato: "Abbiamo detto mai più precari e supplenti ma anche che gli scatti non siano solo sull'anzianità ma sulla base della qualità del lavoro. Il merito è di sinistra, la qualità è di sinistra, il talento è di sinistra. Io voglio stare dalla parte dell'uguaglianza non dell'egualitarismo". Segreteria unitaria. Il segretario ha annunciato infine l'intenzione di comunicare giovedì la nuova segreteria del partito, auspicando che possa essere unitaria. "Ci sono due paletti - ha precisato - io da solo non ce la faccio e l'altra condizione è che i veti non sono accettabili. Non possiamo passare tempo a litigare. Propongo una segreteria unitaria, dove la responsabilità è in capo a tutti. Ma deve essere chiaro che se nel Pd qualcuno vuole la rivincita l'avrà nel novembre del 2017, quando ci sarà il prossimo congresso". "Io sono sempre stato unitario - replica a stretto giro Bersani -, la parola "unitaria" mi piace da matti, poi bisogna vedere cosa significa". La giornata del premier. Renzi era arrivato alla Festa verso le 11.30, con diverse ore di anticipo sull'orario del suo intervento conclusivo. Bagno di folla e foto con i tanti militanti assiepati che aspettavano il suo arrivo, quindi l'incontro con i leader socialisti europei e il pranzo in un ristorante della Festa prima dei loro interventi. "Oggi portiamo tutti a mangiare i tortellini, oggi facciamo il patto del tortellino con i leader della sinistra europea", ha scherzato Renzi. I leader europei. Sintonia ribadita anche sul palco. "Fermiamo la destra prima che non ci sia più l'Europa di tutti: contate su di me per tutto questo, ne vale la pena", ha detto il nuovo segretario del Psoe, Pedro Sanchez. "Quando sento parlare di austerità - ha proseguito - a voi verrà da pensare: ma perché lo dicono a me che austero lo sono sempre stato? Ne abbiamo abbastanza di sentire dire di fare più sforzi quando ne abbiamo fatti per tutta la vita, abbiamo bisogno di un nuovo patto europeo per lo sviluppo ed il lavoro". Dopo il leader spagnolo a prendere la parola è stato il premier socialista francese Valls. "Per risollevare l'Europa la sinistra ha bisogno di unità, orgoglio, ideali, lotte comuni - ha detto - la sinistra è tornata a riunirsi per rilanciare l'Europa, il lavoro, per far sentire la propria voce. La nostra azione sta cominciando a dare i suoi frutti e questo è stato possibile grazie alla vittoria di Matteo Renzi. Se vogliamo essere ascoltati dobbiamo essere uniti, non lo siamo stati abbastanza in passato". Le primarie in Emilia. La dimensione europea del Festival non ha impedito comunque al segretario democratico di entrare nel merito delle vicende locali del partito. "Ora ci sono le primarie - ha detto Renzi riferendosi alla corsa per la successione (nella quale spicca il duello Bonaccini-Richetti) alla guida della Regione Emilia Romagna dopo le dimissioni di Vasco Errani - Sono tutti bravi ragazzi, l'importante è che non litighino tra di loro". Un appello al fair play, insomma, dopo le indiscrezioni di questi giorni sull'arrivo di un "briscolone" - la possibile candidatura all'ultim'ora di un big del partito - a rimescolare le carte. "L'importante - ha concluso - è che dopo le primarie siano tutti uniti in vista delle elezioni". Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/09/07/news/renzi_festa_unit-95186732/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_08-09-2014 Titolo: Nando Pagnoncelli. Il premier convince quasi due italiani su tre: ma non sulla.. Inserito da: Admin - Settembre 09, 2014, 11:14:53 pm Il premier convince quasi due italiani su tre: ma non sulla crescita
I consensi salgono dal 61 al 64 per cento Sulle misure prevalgono i giudizi negativi Di Nando Pagnoncelli Il primo sondaggio realizzato dopo la pausa estiva fa registrare un consenso stabile per l’operato del governo: il 58% degli intervistati esprime complessivamente valutazioni positive (rispetto al 59% di fine luglio), con un incremento del 3% di quelle «molto positive». E il sostegno a Renzi cresce: quasi due su tre (64%) esprimono un giudizio positivo con un aumento del 3% rispetto a luglio. Peraltro le opinioni su alcuni interventi presentati o attuati dall’esecutivo risultano controverse: la riforma della pubblica amministrazione risulta apprezzata dal 42% dei cittadini e non gradita dal 40%; la riforma della scuola ottiene un buon livello di consenso (48% i giudizi positivi, 35% quelli negativi) mentre i provvedimenti a sostegno della crescita economica sono giudicati più negativamente (46%) che positivamente (42%). La decisione che incontra il favore più elevato è stata la nomina del ministro degli esteri Federica Mogherini alla guida della diplomazia europea: 49% contro 28% di giudizi negativi. Va sottolineato che una parte non trascurabile dei cittadini (dal 12% nel caso degli interventi per la crescita al 23% per la nomina del commissario Pesc) non si esprime, ignorando il tema o dichiarando di avere poche informazioni per giudicare. In generale si conferma il grande sostegno per il governo e per il premier da parte degli elettori del Pd (il 40% dei quali, lo ricordiamo, rappresenta elettorato nuovo, proveniente da partiti diversi) e di quelli centristi e un consenso inusuale, sebbene più contenuto, presso gli dei partiti di opposizione (FI e M5S). Tra i segmenti sociali risultano più critici con l’esecutivo quelli più esposti alle conseguenze della crisi: artigiani, commercianti, partite Iva e piccoli imprenditori penalizzati da una domanda interna che non decolla; disoccupati, sempre più preoccupati di rimanere ai margini della società, e casalinghe, quotidianamente alle prese con la quadratura del bilancio familiare. Il perdurante consenso della maggioranza dei cittadini per il governo risulta davvero sorprendente, tenuto conto di tre aspetti: gli indicatori economici che rimangono negativi (o addirittura peggiorano); l’abituale pessimismo che caratterizza l’opinione pubblica al rientro dalle ferie; l’atteggiamento decisamente critico nei confronti dell’esecutivo espresso da molti media nel mese di agosto. A questo proposito sembra che la «luna di miele» di Renzi con la stampa sia terminata, quella con l’establishment (imprenditori, realtà associative, sindacati e, in generale, corpi intermedi) attraversi una fase delicata, mentre quella con i cittadini continua senza cedimenti. In realtà l’indice della fiducia dei consumatori rilevato dall’Istat nel mese di agosto evidenzia una flessione (da 104,4 a 101,9): si tratta del terzo calo consecutivo, dopo un periodo di costante crescita registrato dal dicembre 2013 fino allo scorso maggio. Questo dato sembrerebbe in contraddizione con i risultati del sondaggio odierno, ma non lo è: un’analisi più approfondita dei dati Istat, infatti, evidenzia che il calo riguarda soprattutto il clima economico (-6,6 punti) e molto meno la situazione personale il cui indice si riduce solo leggermente (-1,1). Semplificando, si osserva che aumenta la divaricazione tra i giudizi sulla situazione economica del Paese, sempre più negativi, e quelli sulla condizione personale che non è certamente rosea ma almeno non è peggiorata. Come dire: l’Italia va male ma io me la cavo. E se lo scenario generale non migliora, la colpa è di chi resiste al cambiamento, dei conservatori, di chi non vuole rinunciare a rendite di posizione o privilegi... ma certamente non di Renzi. Così la pensano i suoi numerosi sostenitori. In questa fase, quindi, sembrano venir meno sia la tradizionale relazione tra l’andamento economico del Paese e il consenso sia la capacità dei media di influenzare significativamente l’opinione pubblica che, al contrario, in larga misura giudica il premier alle prese con una battaglia molto dura, solo contro tutti, per «fare uscire il paese dalla palude». E questa «solitudine» lo rafforza agli occhi dei cittadini. 7 settembre 2014 | 08:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/14_settembre_07/premier-convince-quasi-due-italiani-tre-ma-non-crescita-8d3203c6-3655-11e4-b5da-50af8bd37951.shtml Titolo: "Matteo Renzi, ora più coraggio". - Di Claudio Lindner, L'Huffington Post Inserito da: Admin - Settembre 16, 2014, 05:53:29 pm "Matteo Renzi, ora più coraggio".
Parlano gli invitati alla cena organizzata dal finanziere Davide Serra due anni fa a Milano Claudio Lindner, L'Huffington Post Pubblicato: 15/09/2014 18:41 CEST Aggiornato: 4 ore fa Nella City milanese i renziani della prima ora, quelli invitati dal finanziere Davide Serra all'incontro del 17 ottobre 2012 che tanto fece scalpore scatenando le dure critiche di Pierluigi Bersani, oggi chiedono al premier di rischiare di più. Non hanno perso la fiducia in lui, tutt'altro, "anche se la fiducia si conquista giorno per giorno – dice Franco Moscetti, amministratore delegato di Amplifon - e la si può perdere in qualsiasi momento", ma lo spingono a cambiare più velocemente le cose sfruttando il fatto che la popolarità sia pur in calo resti molto elevata. "Dovrebbe avere un po' più di coraggio e accelerare sulle riforme – sostiene Guido Roberto Vitale, presidente di Vitale e associati – con il seguente ordine: Senato, legge elettorale, lavoro e partiti, che devono diventare persone giuridiche e quindi con bilanci certificati". Lui sostiene il premier, capace e intellettualmente onesto ("se non esistesse bisognerebbe inventarlo"), ma dà ragione a Ernesto Galli della Loggia (sul Corriere di lunedì 15 settembre), sottolineando che "Renzi dovrebbe fare nomi e cognomi di chi blocca le riforme". Sono passati due anni. L'ex sindaco di Firenze non è più un emergente, oggi è a Palazzo Chigi. Governa dal 22 febbraio, 207 giorni, e martedì interviene a Montecitorio nel suo primo discorso dopo le vacanze e dopo le polemiche scaturite dalla sua assenza prima al Meeting ciellino di Rimini e poi al tradizionale appuntamento di Cernobbio. Alla vigilia dell'atteso discorso alla Camera, l'Ocse ha diffuso le nuove previsioni sul prodotto interno lordo italiano 2014: -0,4 per cento, recessione piena. Non c'è che darsi una mossa, lasciano intendere tutti. Serra, numero uno del fondo Algebris, ha spiegato la sua linea sullo “sblocca Renzi” in un'intervista al “Foglio”. In sintesi, oltre a intervenire energicamente sugli sprechi della spesa pubblica con tagli possibili per 32 miliardi di euro, bisogna rompere certi tabù. Da un lato con i sindacati sui temi del lavoro e dall'altro con gli imprenditori sui 100 miliardi di aiuti statali che ricevono senza colpo ferire. Secondo Moscetti la priorità numero uno, l'unica, è il lavoro, e bisogna trovare tutte quelle modifiche e quelle innovazioni che possano creare occupazione. "Privilegiare tutte quelle attività che sono people-intensive. Non ho visto ancora nulla né sull'Irap, né sul cuneo fiscale. Se non si aumentano i consumi non andiamo più da nessuna parte. E l'articolo 18 è sicuramente importante, ma non decisivo". Più dirompente, sempre sulla priorità lavoro, il suggerimento di Vincenzo Manes, presidente di Kme (tra i principali produttori mondiali di rame) e promotore di un fondo da 500 milioni per lo sviluppo dell'impresa sociale di cui lo stesso Renzi ha fatto cenno nella conferenza stampa di esordio. "La prima cosa da fare è introdurre una tassa sulla ricchezza dell'1 per cento attraverso cui finanziare imprese miste pubblico-privato creando così occupazione nel settore sociale, nel welfare allargato". Una patrimoniale finalizzata che avrebbe effetti immediati, ma sulla quale il premier non sembra esprimersi con particolare afflato. Vitale si sofferma invece sul tema degli appalti, visto che ora dovrebbero ripartire i lavori pubblici. "Una condizione essenziale – precisa - sarebbero bilanci certificati, requisiti di onorabilità, un capitale sociale minimo elevato per le imprese che partecipano. Per ora non se ne è parlato ed è un male. Oggi la Corte dei Conti fa controlli a posteriori e spostati nel tempo, mentre bisognerebbe avere da subito il nullaosta e il parere sulla congruità delle opere messe all'asta evitando la consueta e assurda lievitazione dei prezzi". Alessandra Manuli, amministratore delegato di Hedge Invest e una delle poche donne presenti all'incontro di due anni fa, racconta che ci andò più che altro "per curiosità" e oggi si augura che il governo "riesca a portare a compimento riforme efficaci per traghettare il paese verso lidi più sicuri". Insomma, tra sponsor, fedelissimi e curiosi, nel mondo economico Renzi può ancora contare su una platea attenta e fiduciosa. Ma d'ora in poi, meno annunci e più coraggio. Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/09/15/renzi-ora-piu-coraggio-invitati-cena-serra-2-anni-fa_n_5822972.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Su Matteo Renzi piombano i dati negativi Ocse. Domani il premier in Parlamento. Inserito da: Admin - Settembre 16, 2014, 06:10:54 pm Su Matteo Renzi piombano i dati negativi Ocse.
Domani il premier in Parlamento. E Visco sale al Colle... Pubblicato: 15/09/2014 21:33 CEST Aggiornato: 2 ore fa Tutta l’Eurozona è in crisi ma l’Italia è l’unico paese del G7 in recessione con una crescita in negativo pari a meno 0,4 per cento. Lo dice l’Ocse ed è questo il dato più negativo che piomba sul Belpaese alla vigilia dell’intervento di Matteo Renzi alle Camere sul programma dei ‘millegiorni’. Ancora più negativo se accoppiato a quello di Standard & Poor’s, che pure taglia le stime di crescita del nostro paese. Una doppia doccia gelata, roba grave, della quale infatti il governatore di Bankitalia Ignazio Visco discute subito con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano prima al telefono e poi a tu per tu al Colle. Il presidente del Consiglio risponderà domani, ma il sottosegretario Graziano Delrio mette subito in chiaro che non ci sarà “una manovra aggiuntiva”. Il premier tornerà sullo stesso concetto domani, prima a Montecitorio e poi a Palazzo Madama, con un discorso che rivendica i risultati ottenuti ma soprattutto rilancia. Renzi ora chiede al Parlamento uno sprint sulle riforme: lavoro, riforme istituzionali, fisco, giustizia. Anche se, facendo i conti con il calendario, i suoi parlamentari ritengono realistica l’approvazione del Jobs Act entro la sessione di bilancio sulla legge di stabilità (fine ottobre) e magari della legge elettorale entro l’anno (entrambi all’esame del Senato). Anche perché l’altra cattiva notizia della serata è che anche domani il Parlamento sarà occupato dalle votazioni sui membri della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura, dopo la fumata nera di oggi (sono stati eletti solo tre membri del Csm). Si rivoterà domani, dopo l’informativa del capo del governo e mentre sarà in corso la direzione del Pd, quella in cui il premier-segretario annuncerà la nuova squadra del Nazareno. Informativa sui ‘millegiorni’, risposte sui dati negativi per l’economia, risposte all’Europa, il vero fiato sul collo di Palazzo Chigi, e poi la direzione Pd. Un groviglio di impegni che Renzi ha voluto mantenere nella stessa giornata di domani, nonostante il flop su Consulta e Csm, nonostante che anche domani deputati e senatori saranno impegnati nell’ennesima votazione per colmare i vuoi nei due organismi costituzionali. “Vorrà dire che i parlamentari faranno la spola tra la direzione del partito e il voto a Montecitorio”, spiegano dal Pd. Renzi comunque ha deciso di confermare tutti gli appuntamenti: non c’è un minuto da perdere, è l’indicazione ai suoi. Oggi, appena tornato da Palermo, dove ha inaugurato l’anno scolastico all’istituto intitolato a don Puglisi, il premier si è messo al lavoro sul discorso che terrà domani: alle 10.30 alla Camera e alle 15 al Senato. Un discorso che Renzi definisce “programmatico”, con le priorità del governo e la visione d’insieme del suo esecutivo. Renzi parlerà all’Europa, dopo i richiami del vice di Jean Claude Juncker, il rigorista Jyrki Katainen che solo pochi giorni fa ha messo in chiaro: “Non basta annunciare le riforme, serve attuarle”. E tornerà a sottolineare la ferma volontà del governo di andare avanti con le riforme “perché le chiedono i cittadini, non perché ce lo chiede l’Europa”. Niente lezioni, niente maestrini da Bruxelles, soprattutto niente commissariamenti. E’ questa la linea del premier, certo di avere dalla sua il consenso popolare. Niente controlli sull’agenda del governo, è il succo. Renzi si divincola dalle indicazioni emerse dall’ultima riunione dell’Ecofin e dei ministri finanziari a Milano. Si libera dalla gabbia in cui le istituzioni europee vorrebbero infilare l’Italia per controllarne la buona condotta e il rispetto degli impegni assunti con gli altri partner del continente. Ma lo fa non perché voglia far carta straccia dei vincoli, bensì perché convinto di poter portare a compimento le riforme facendo anche in modo che il Belpaese conquisti diritto di parola sulle politiche europee: in senso anti-austerity. Tradotto: l’Italia rispetterà il vincolo del 3 per cento tra deficit e pil, ma potrebbe ‘disobbedire’ sulla riduzione del debito che potrebbe quindi anche crescere al di sopra del 2,6 per cento (sempre stando sotto il 3): per non comprimere ancor di più la crescita. E’ per questo che il premier oggi si è congratulato al telefono con il segretario dei socialdemocratici svedesi Stefan Lofven, incaricato di formare il nuovo governo dopo il successo elettorale della sinistra a Stoccolma. "Dopo Bologna”, vale a dire dopo la manifestazione insieme agli altri leader della Spd alla Festa del Pd, “un'altra tessera si aggiunge ad una Europa progressista che tiene assieme il rispetto degli impegni presi insieme e la necessità e l'urgenza di politiche di crescita, come negli impegni presi da Juncker", è il messaggio di Renzi a Lofven. E’ Delrio a dar voce alle difficoltà. "Abbiamo ereditato una fase profonda di recessione dell'economia – dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio - si sperava da parte di tutti e vi erano previsioni che ci sarebbe stata una ripresa già nel 2014, ma sappiamo che per il contesto internazionale la ripresa tarderà ancora a svilupparsi. Questo è il quadro nuovo ma questo non ci costringerà a una manovra aggiuntiva. Il governo non vuole caricare di nuove fatiche gli italiani, vuole trovare i risparmi nella riorganizzazione dello Stato e quindi lavoreremo più intensamente su questo". Le istituzioni finanziarie sono in allarme: da Visco a Mario Draghi. Anche il governatore della Bce di recente è andato a colloquio con Napolitano, punto di riferimento ancora forte per l’attività istituzionale italiana malgrado il governo Renzi non sia un ‘governo del presidente’ come quello di Monti o Letta. E’ il segno che gli occhi dell’Europa (della Trojka?) sono sempre più concentrati sull’Italia, sempre più carichi di aspettative sul percorso di riforme che abbiamo davanti. Renzi programma di parlarne domani, a suo modo e con il suo stile. I suoi considerano alla portata di mano anche l’intesa interna al Pd sul nodo dell’articolo 18, che il Jobs Act dovrebbe riformare sospendendolo nei tre anni del nuovo contratto a tutele crescenti. Oltre non si va, almeno stando a quanto dicono dalla minoranza Pd dove escludono categoricamente di poter acconsentire ad una cancellazione dell’articolo 18 (come vorrebbero gli alleati del Ncd). Renzi comincerà a trattare l’argomento domani, convinto che la nuova “segreteria unitaria” potrà aiutare anche il dibattito interno ai Democratici. Proprio oggi a Palermo ha trovato ispirazione in questa frase scritta sulla parete della sede della società Mosaicoon: "Il possibile lo possiamo fare immediatamente, per l'impossibile stiamo lavorando. Per i miracoli, per favore, dateci 48 ore". Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/09/15/matteo-renzi-ocse_n_5823768.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Marco Castelnuovo. Colloquio con il premier in visita al nostro giornale... Inserito da: Admin - Settembre 17, 2014, 05:05:59 pm Renzi a La Stampa: “Liberiamo la possibilità di assumere, ma meno rigidità sul lavoro”
Colloquio con il premier in visita al nostro giornale: “Maternità anche a chi ha la partita Iva o a chi non è coperto dalle casse della categorie” 17/09/2014 Marco Castelnuovo TORINO Il presidente del Consiglio Matteo Renzi sorride quando entra in redazione a La Stampa e vede sul sito del nostro giornale i flash sull’emendamento del governo per un contratto a tutele crescenti per i neo assunti. “È lì che vogliamo andare”, dice spiegando cosa poi significhi concretamente smetterla di dividere i lavoratori di serie A e di serie B come ha detto ieri alle Camere. “Dobbiamo dare regole che siano sostanzialmente uguali per tutti”. Parte dall’attenzione verso le donne, ormai chiodo fisso del suo governo. “Oggi non tutte le lavoratrici hanno la maternità. Dobbiamo garantirla anche a chi ha la partita Iva o a chi non è coperto dalle casse della categorie”. E, ovviamente, superare “l’articolo 18” significa prendersi cura del lavoratore nel momento in cui esce dal mercato del lavoro. “Il concetto di fondo è che noi dobbiamo liberare la possibilità di assumere e, per chi non ce la fa, non avere le rigidità che ha avuto il mercato del lavoro fino a oggi”. Avere le stesse regole. “Che tu abbia lavorato in una azienda che abbia più di quindici dipendenti o meno, devi avere le stesse garanzie. Per un anno puoi fare un corso di formazione o un investimento su di te. Non c’è solo un indennizzo, ma è lo Stato che ti accompagna per un periodo”. Che costerebbe allo Stato tra 1,5 e due miliardi. Il modello a tendere è quello già contenuto nella legge delega di marzo. Però “dobbiamo avere tempi certi”, avverte Renzi. “Entro l’anno, dobbiamo avere chiaro l’iter normativo”. Altrimenti, il messaggio è chiaro: è già pronto un decreto. Un mercato del lavoro più flessibile e più sicuro. La Flexsecurity alla danese cui si ispira il premier. “Non certo un mercato del lavoro “alla spagnola”. Il nostro modello non può essere un Paese che ha il 25% di disoccupazione, con tutto il rispetto per gli sforzi di Rajoy”. “Alcuni pensano che dovremmo fare come la Spagna. Ma l’Italia ha effervescenza e dinamismo. È un’altra cosa”. Da - http://lastampa.it/2014/09/17/italia/politica/renzi-in-redazione-a-la-stampa-sul-lavoro-regole-uguali-per-tutti-9VpaOzSRvS3cjRsX5vgtVO/pagina.html Titolo: Renzi: voto anticipato solo se il Parlamento non fa le riforme. Inserito da: Admin - Settembre 17, 2014, 05:07:48 pm Renzi: voto anticipato solo se il Parlamento non fa le riforme.
Jobs act: pronto a fare un decreto 16 settembre 2014 «I mille giorni sono l'ultima chance per l'Italia per recuperare il tempo perduto». L'ipotesi di un voto anticipato «potrebbe essere presa in considerazione se il Parlamento si dimostrasse incapace di fare ciò che è necessario nei prossimi anni». Così il premier Matteo Renzi nei suoi interventi alla Camera e al Senato per una informativa urgente sul programma dei mille giorni, nel corso della quale ha definito le riforme (« da fare tutte insieme») uno «strumento di crescita». Renzi si è detto sicuro del fatto che «al termine di questo percorso riusciremo non soltanto a capovolgere la storia di questa legislatura ma a rimettere in pista l'Italia». Non solo. Il presidente del consiglio si è detto anche disponibile «a perdere consenso per le riforme». E ha indicato l'orizzonte dell'azione del governo nella scadenza naturale della legislatura a febbraio 2018. Un concetto ribadito nella replica al Senato, a patto che il Parlamento sia in grado «di cambiare marcia e di fare le riforme necessarie», anche se ha ammesso che «da un punto di vista utilitaristico potrebbe essere sarebbe una buona idea andare a elezioni anticipate». Un'opzione rifiutate perché «prima delle esigenze di un partito viene l'interesse del paese». La priorità, comunque, è l'approvazione della nuova legge elettorale. E alcuni obiettivi da realizzare nei mille giorni: «un fisco più semplice e meno caro possibile», un «diritto del lavoro che non potrà essere quello di oggi». E ancora: una «legge sui diritti civili», la «riforma della Rai per sottrarre la governance ai partiti», un miglior utilizzo dei fondi Ue, la riforma della scuola. Sul fronte lavoro, in particolare, Renzi di è detto pronto «anche a intervenire con misure di urgenza, perché non possiamo perdere anche un secondo in più». E ha assicurato: «l'abbassamento del carico fiscale sul lavoro lo continueremo a fare nel 2015». Legge elettorale: stop melina, non per andare a voto Il presidente del consiglio ha dedicato l'incipit del suo discorso all'approvazione della nuova legge elettorale, da fare subito, non «per andare a elezioni» anticipate, ma perché una «ennesima melina istituzionale sarebbe un affronto». E ha aggiunto: nell'iter dell'Italicum «siamo pronti ad ascoltare, ma alcuni punti sono immodificabili». A partire da «un premio di maggioranza sufficiente, proporzionato», che consenta di governare. Italia ha interrotto caduta ma non basta «Oggi siamo in momento in cui l'eurozona è ferma, l'Italia ha interrotto la caduta ma non basta, non è sufficiente. I numeri non sono più devastanti ma ci si può certo accontentare di interrompere la caduta. Noi dobbiamo ripartire e tornare a crescere partendo dagli occupati» ha detto il premier alla Camera . «Non basta passare allo zero virgola uno in più rispetto a prima, è importante, ma noi siamo qui non per aggiungere un segno, siamo qui per lasciare il segno con le riforme», ha aggiunto Renzi nella replica al Senato. Riforme producono crescita, vanno fatte tutte insieme Come? Attraverso un pacchetto globale di riforme. «O le riforme si fanno tutte insieme o non si porta a casa il percorso di cambiamento - ha assicurato Renzi - il benaltrismo come filosofia politica ignora il dato di fatto che o le riforme si fanno insieme o non si esce con il passo della tartaruga da 20 anni di stagnazione». Se delega lavoro rallenta, pronti a decreto Uno dei passaggi più forti del suo discorso Renzi lo ha dedicato al lavoro. Lanciando un avviso preciso alle Camere. «Se saremo nelle convinzioni di avere tempi serrati di esame della delega sul lavoro rispetteremo il lavoro del Parlamento - ha detto Renzi - altrimenti siamo pronti anche a intervenire con misure di urgenza, perché sul lavoro non possiamo perdere anche un secondo in più». Un'ipotesi, quella del decreto, definita «uno strappo inaccettabile, un atto contro le parti sociali» dal segretario della Fiom, Maurizio Landini. Ma Renzi alla Camera ha tirato dritto e ha assicurato: «Al termine dei mille giorni il diritto del lavoro non potrà essere quello di oggi. Non c'è cosa più iniqua che dividere i cittadini tra quelli di serie A e quelli di serie B», sicché va superato un «mondo del lavoro basato sull'apartheid». Servono tutele univoche e identiche Con riferimento al dibattito in corso sulla disciplina dei licenziamenti regolamentata dall'articolo 18, il premier ha parlato alla Camera della necessità di «un messaggio di semplificazione delle regole che impediscano diversità nei tribunali». Per Renzi «il tema del reintegro dipende più dalla conformazione geografica che non dalla fattispecie giuridica». E al Senato ha spiegato nel dettaglio: «bisogna cambiare gli ammortizzatori rendendoli più semplici, semplificare le regole e garantire forme di tutela univoche e identiche. Nel 2015 dobbiamo partire con i nuovi ammortizzatori sociali». Poi ha aggiunto che «non è solo con le norme che si creano posti di lavoro» ma serve «una politica industriale vera». Fisco meno caro possibile, serve strategia condivisa Renzi ha rilanciato anche sulla necessità di una riduzione del carico fiscale. «Serve una strategia condivisa di riduzione fiscale, del carico delle tasse sul lavoro con la riduzione per la prima volta dell'Irap», ha detto il premier, per il quale «il fisco deve essere il meno caro possibile». Obiettivo scadenza legislatura a febbraio 2018 Il premier ha poi fissato come obiettivo dell'azione del governo la scadenza naturale della legislatura, pur non avendo «paura di confrontarci con gli italiani» con il voto. «E' obbligo di questo governo indicare dove vogliamo portare il Paese: vi proponiamo di utilizzare come scadenza della legislatura la scadenza naturale, sapendo che è possibilità delle Camere negare in ogni momento la fiducia al governo», ha spiegato il premier Matteo Renzi parlando alla Camera, indicando come orizzonte febbraio 2018. Riforma giustizia per cancellare scontro ideologico Sul tema giustizia, la riforma messa in cantiere dal governo, per Renzi «deve cancellare il violento scontro ideologico del passato». Il premier ha ribadito alla Camera che l'indipendenza della magistratura «è un valore assoluto, che deve essere rispettato sia se fa comodo che se non fa comodo». Ma ha rivendicato il taglio delle ferie ai magistrati. «Nessuno in questa aula sostiene che la giustizia si semplifica con le ferie dei giudici - ha detto - ma non c'è nessuno qui fuori che pensi che sia giusto che ci siano 45 giorni» di chiusura dei tribunali «per un servizio così delicato come la giustizia». E al Senato ha aggiunto: «È finito il tempo della rendita per quei magistrati che pensano che la sospensione feriale di 45 giorni sia un tabu invalicabile». Avviso di garanzia non può cambiare politica aziendale Ma Renzi ha voluto rimarcare anche il nuovo corso garantista del Pd in materia di giustizia. E con riferimento all'avviso di garanzia ricevuto dall'ad di Eni Claudio Descalzi in un'indagine per presunte tangenti in Nigeria, Renzi ha detto: «Aspettiamo le indagini e rispettiamo le sentenze ma non consentiamo a uno scoop di mettere in crisi dei posti di lavoro o a un avviso di garanzia citofonato sui giornali di cambiare la politica aziendale di un Paese. Se questa è una svolta prendetevi la svolta, ma è un dato di fatto per rendere l'Italia un Paese civile». Alle 18 la direzione per ufficializzare nuova segreteria Pd Oggi, intanto, sarà per Renzi anche un giorno delicato anche in chiave partito. Il premier-segretario è infatti chiamato a organizzare una nuova segreteria allargata alla minoranza Dem, per una gestione collegiale del partito, così come auspicato in occasione del suo intervento di chiusura della Festa dell'Unità lo scorso 7 settembre. La riunione della direzione nel corso della quale Matteo Renzi ufficializzerà la nuova segreteria è fissata alle 18,30. Fassina: Renzi propone lavoratori di "serie C" Eppure le divisioni nel partito restano. «Renzi dice no a un diritto del lavoro di serie A e B. Propone tutte lavoratrici e lavoratori in serie C», scrive ad esempio il deputato Pd Stefano Fassina commentando in un tweet il discorso di Matteo Renzi alla Camera. E aggiunge durissimo: «Renzi come Monti e la destra utilizza il termine apartheid per scaricare su padri sfigati il dramma del lavoro di figli ancora più sfigati». ©RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-09-16/renzi-presenta-camere-programma-mille-giorni-085355.shtml?uuid=ABmoWBuB&p=2 Titolo: IL VIAGGIO DEL presidente del Consiglio IN AMERICA Inserito da: Admin - Settembre 23, 2014, 05:02:12 pm IL VIAGGIO DEL presidente del Consiglio IN AMERICA
Renzi negli Usa: «Yes we can? Da noi va di moda dire “non si pote”» Il premier a San Francisco: «Qui c’è il futuro, da noi le capitali del passato. Ma io cambierò l’Italia, senza padrini né padroni». Napolitano: «Basta conservatorismi» Di ALESSANDRO SALA Altro che «Yes we can», lo slogan con cui Barack Obama partì alla conquista della Casa Bianca ai tempi del suo primo mandato: in Italia quello che va di moda è il «No, non si pote». Lo ha detto Matteo Renzi durante un incontro con 150 tra fondatori di start up e ricercatori di origine italiana riuniti a San Francisco, nell’ambito del tour americano che lo porterà anche a New York per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite e a Detroit per la visita allo stabilimento Fiat Chrysler. Il capo del governo ha detto di respirare, all’ombra del Golden Gate, aria da «città del futuro», mentre il rischio che si corre in Italia è quello di avere «città straordinariamente belle, ma città del passato. Per questo, ha sottolineato, «la nostra scommessa è trasformare noi stessi, dobbiamo essere gelosi del passato ma innamorati del futuro». «Né padrini né padroni» «Non vi chiedo di tornare perché siete cervelli in fuga - ha poi detto ai suoi interlocutori -: io cambio l’Italia, voi continuate così e cercate di cambiare il mondo». Non solo: «Se oggi l’Italia ha un premier con meno di 40 anni, che non ha padrini e padroni, non è per merito mio ma perché l’Italia ha creduto nel cambiamento». Anche se, è l’amara aggiunta, «quando dico nei talk show che l’Italia ha straordinarie capacità, passo per matto e mi prendono per stupido. Mi dicono che voglio fare terapia di gruppo». «L’Italia ha una chance straordinaria per smettere di piangersi addosso - ha poi evidenziato Renzi -. Nel nostro Paese ci sono cose da cambiare in modo quasi violento, mettendoci proprio la forza delle idee e del cervello». «Cancelliamo i certificati» Poi il discorso si è spostato limiti dell’Italia e sul peso della burocrazia che ne frena le potenzialità: «Serve una rivoluzione sistematica, se non la faremo non saremo mai un Paese normale». Nella culla dell’information Technologies, il premier ha preso l’impegno di cambiare la pubblica amministrazione attraverso l’informatica «per cancellare la parola certificato e avere un amministrazione come una nuvola, cambiando il rapporto tra cittadini e burocrazia». Tuttavia, ha aggiunto, «il cambiamento è impossibile con una testa striminzita e ripiegata sul passato. Servono le riforme ma anche le idee e per questo io sono qui ad ascoltarvi». «Un progetto di riforme» Le cose da fare per cambiare l’architettura della nazione sono parecchie e complesse. «Serve un mercato del lavoro diverso - ha subito sottolineato il leader del Pd -. Il nostro Paese ha bisogno di investire sull’immagine di una campagna anti corruzione, ha bisogno di una giustizia civile con gli stessi tempi di Francia, Germania o Regno Unito. Ma perché questo accada c’è bisogno di un grande progetto di riforme». Napolitano: «Basta conservatorismi» Di riforme ha parlato da Roma anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a margine della cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico al Quirinale: «Specialmente in Italia - ha detto il capo dello Stato - dobbiamo rinnovare decisamente le nostre istituzioni, le nostre strutture sociali, i nostri comportamenti collettivi. Non possiamo più restare prigionieri di conservatorismi, corporativismi e ingiustizie». Da - http://www.corriere.it/politica/14_settembre_22/renzi-usa-qui-c-futuro-noi-capitali-passato-ad9aa654-4271-11e4-8cfb-eb1ef2f383c6.shtml Titolo: MATTEO RENZI intervista di CLAUDIO TITO Inserito da: Admin - Settembre 28, 2014, 03:43:51 pm Matteo Renzi: "I poteri forti vogliono sostituirmi? Ci provino, ma non mollo, senza il Pd nessuno fa nulla. Via l'articolo 18, è inutile"
"Non sono massone e non lo è mio padre, siamo una famiglia di boyscout cresciuti nel mito di Zaccagnini e Tina Anselmi. Se i voti di forzisti saranno decisivi sul lavoro, si aprirà un problema politico" Di CLAUDIO TITO "Per alcuni è un attacco studiato contro di me" e contro il governo. In ogni caso se qualcuno pensa di "volermi sostituire a Palazzo Chigi, si accomodi pure" ma "il Pd - il partito del 41% - non accetterà di farsi da parte". Matteo Renzi è in viaggio tra Firenze e Roma. Alza il telefono, risponde. È uno sfogo. "Adesso devo pensare a chiudere sulla riforma del lavoro. Quella sì che è fondamentale". Sta tornando a Palazzo Chigi proprio per preparare la direzione del suo partito convocata per discutere le nuove norme. Eppure la sua attenzione in questi giorni è catturata da altro. Da quell'"attacco studiato" di quelli che chiama ripetutamente i "poteri forti". Ne è quasi ossessionato. E allora non si trattiene. Lancia fendenti a destra e a manca. Se che le critiche al suo esecutivo adesso hanno centri di provenienza diversi. Come ad esempio la Cei di Bagnasco. La luna di miele sembra finita. Ma lui non ci sta. "Io non sono un massone, sono un boy scout. La verità è che io non omaggio certi poteri e questa è la reazione". "E io insisto. Non mollo. Cominciamo con il cambiare lo statuto dei lavoratori". Con un'apertura alla minoranza Pd: "La reintegra può restare per i casi di discriminazione". E quando pensa di chiudere questa partita? "Prima possibile". Insomma, vuole rottamare l'articolo 18? "Va cambiato tutto lo Statuto dei Lavoratori, è stato pensato 44 anni fa. È come se uno cercasse di mettere il rullino in una macchina fotografica digitale: sono due mondi che non dialogano. Nel merito l'articolo 18 non difende tutti. Anzi, in fin dei conti non difende quasi nessuno. Nel 2013 i lavoratori reintegrati sono stati meno di tremila: considerando che i lavoratori in Italia sono oltre ventidue milioni stiamo parlando dello 0,0001%. È solo un tema strettamente ideologico. Il reintegro spaventa gli imprenditori e mette in mano ai giudici la vita delle aziende. Va tenuto solo per i casi di discriminazione. Per gli altri indennizzo e presa in carico da parte dello Stato. Perdi il lavoro? Io Stato ti aiuto a ritrovarlo, facendoti corso di formazione e almeno due proposte di lavoro". Però una soluzione la minoranza la sta proponendo: congelare per i primi 3 o 4 anni il diritto al reintegro? "Scusi, ma che senso avrebbe? Sarebbe un errore: significherebbe essere un Paese in cui il futuro dell'economia e dell'industria dipende dalle valutazioni dei giudici. L'articolo 18 o c'è per tutti o non c'è per nessuno. Lasciarlo a metà non tutela i cittadini e crea incertezza alle aziende. Oggi una delle loro preoccupazioni è che le aziende non sanno come va a finire un'eventuale causa di lavoro. È l'incertezza che ci frega. E siamo passati dal 7% di disoccupazione a quasi il 13%". Il reintegro in caso di discriminazione assomiglia a una mediazione? Lo sosteneva anche Bersani. "Noi non l'avevamo mai eliminato". Sta di fatto che lei non ha tutto il Pd dalla sua parte. Domani la direzione decide. I parlamentari dovranno adeguarsi? "In un partito normale, si discute, si vota anche dividendosi, poi si prende una decisione e la si rispetta. Sono comunque pronto a incontrare i gruppi parlamentari, la maggioranza, la minoranza, la segreteria, la direzione, l'assemblea dei circoli, il comitato dei garanti, la convention degli amministratori. Non voglio prove di forza muscolari, anche se abbiamo la certezza di avere la maggioranza. Io non ho paura del confronto. Sono certo che anche dentro la minoranza prevarranno le posizioni di saggezza. Un partito non è una caserma dove si obbedisce soltanto, né un centro anarchico dove ognuno fa come vuole. È una comunità dove ci sono idee diverse e dove - dopo esserci ascoltati - si decide. Così mi spiegavano i responsabili della ditta quando io ero all'opposizione. Così noi abbiamo sempre fatto perché è giusto". Accetterebbe i voti di Forza Italia se fossero determinanti? "Se accadesse non su un singolo emendamento, cosa che talvolta si verifica, ma sul voto finale del provvedimento si aprirebbe un grave problema politico. Ma io credo che non accadrà. Non so come farebbero i nostri parlamentari a spiegarlo nelle riunioni di circolo: sarebbe un gigantesco regalo sia a Berlusconi sia a Grillo. I parlamentari della minoranza sono più saggi di quello che lei crede". Scusi, che intende per problema politico? "Mi limito a dire che sarebbe un problema politico". Non è che questa riforma è un prezzo da pagare all'Europa e non una esigenza reale? "Non scherziamo. Quando hai il 43% di disoccupazione giovanile se non intervieni sul mercato del lavoro sei un vigliacco. Certo, se la riforma sarà approvata come io la propongo questo costituirà un cambio di gioco in Europa. Perché dopo aver impostato riforma costituzionale, legge elettorale, riforma della giustizia civile, pubblica amministrazione, la riforma del lavoro ci permetterà di andare in Europa senza più nulla da dimostrare. Della serie: ok, noi le riforme le abbiamo fatte. Adesso abbiamo tutte le carte in regole per dire basta a questa politica di austerità miope e sterile". Eppure sembra una baratto con la cosiddetta flessibilità. "No, la flessibilità non è una gentile concessione. È una possibilità prevista già adesso. Chi ha fatto le riforme ha sempre usato la flessibilità. Negli anni delle riforme la Germania - non la Grecia, dico la Germania - ha superato il 3%. Noi invece faremo le riforme mantenendoci dentro questo limite come concordato con il Ministro Padoan". Merkel non sembra tanto d'accordo. "Non credo. Ma in ogni caso la Merkel guida il governo tedesco, non quello italiano". Vero ma intanto la Germania continua a dettare legge. "I tedeschi sono i primi a sapere che in prospettiva questa politica europea di mero rigore farà male anche a loro. Alla Germania non serve una Francia in mano a Le Pen o un'Italia in recessione". L'altro ieri è tornato a parlare di poteri forti. È un'ossessione o una scusa? "Ho detto che mi fa più paura il pensiero debole che il potere forte. Negli ultimi giorni si sono schierati contro il Governo direttori di giornali, imprenditori, banchieri, prelati. Ai più è apparso come un attacco studiato. Io sono così beatamente ingenuo che preferisco credere alle coincidenze. Ma è normale: ho 39 anni, sono il capo del partito più grande d'Europa, alla guida del Governo del Paese più bello del mondo. Qualcuno mi critica? Mi sembra il minimo". Parlare di poteri forti sembra un modo per nascondere le difficoltà. "I poteri forti o presunti tali sono quelli che in questi vent'anni hanno assistito silenziosi o complici alla perdita di competitività dell'Italia. Ora vogliono chiedermi in sei mesi quello che loro non hanno fatto in vent'anni? Legittimo. Ma io governo senza di loro. Non contro di loro: semplicemente senza di loro. Senza consultarli. Senza omaggiarli. Senza accontentarli. Sono una persona senza padroni, senza padrini. Questa per loro è la mia debolezza. Per me invece è la mia salvezza. Questione di punti di vista, il tempo dirà chi aveva ragione". Lei dice senza padrini e senza padroni. Con Marchionne, che è un padrone, però va d'accordo. E lui non è un potere forte? "Con Marchionne ho avuto opinioni diverse e in più circostanze. Ma con buona pace dei nostalgici preferisco la Fiat di oggi che compete nel mondo a testa alta rispetto a quella di 30 anni fa che al primo problema aveva sussidi, incentivi e cassa integrazione". Scusi, ma tra i poteri forti c'è anche la Cei? Quando i vescovi si sono mossi, persino Berlusconi è caduto. "Da stamani ricevo telefonate di amici Vescovi che mi dicono che c'è stato un equivoco, che le parole sono personali del segretario generale della CEI, che nessuno in assemblea ha parlato di slogan. Del resto io, cattolico, rispondo ai cittadini, non ai Vescovi. Sono certo che questo sia apprezzato dai cittadini. E forse anche da molti vescovi". Se soggetti che prima la sostenevano ora hanno cambiato idea, vuol dire che lei sta perdendo consenso nell'opinione pubblica. La luna di miele è finita? "Lo dicono da sette mesi. So che la percentuale di consenso non resterà così elevata. So che se si mettono in fila i poteri chi mi hanno criticato, c'è da tremare. Ma a me interessano i risultati concreti". È vero che il presidente della Cei Bagnasco è arrabbiato con lei perché gli ha detto di parlare con Lotti? "Non lo so. So solo che io non faccio quello che facevano i miei predecessori. Forse erano abituati male". Qualcuno sostiene che quelli che lei chiama "poteri forti" stiano puntando a sostituirla con il governatore Visco e che stiano pensando a Draghi come prossimo presidente della Repubblica. "Se la domanda è per il Presidente del Consiglio la risposta è molto semplice: decide il Parlamento. Se pensano di avere i numeri e il candidato giusto ci provino. Se invece la domanda è per il segretario del PD, beh, sappia che sarebbe paradossale che dopo che il PD ha preso il 41% nel Paese e un'ampia maggioranza in Parlamento si chiedesse ai democratici di rinunciare a fare ciò che abbiamo promesso al Paese. Non abbiamo preso il 41% alle europee - risultato che non ha eguali in Europa e che in Italia non si verificava dal 1958 - per abdicare. Chi vuole bloccare tutto ha il diritto di provarci, ma se ne farà una ragione". E Draghi? "Il presidente della Repubblica c'è. Ne parleremo a tempo debito. Mi limito ad osservare che il Pd è centrale in questo Parlamento". Scusi, ha sentito cosa ha detto Della Valle? Che lei è un "sòla". "Che vuol dire?". In romanesco è uno che da delle fregature, un imbroglione. "Forse lo sono per lui. Nessuna polemica personale. Tifiamo per la stessa squadra e sono certo che tifiamo per lo stesso Paese. È stato un buon imprenditore: vedremo come farà come politico. Però non posso inseguire tutte le polemiche personali che alla fine stufano le persone. Ho capito che vuole costruire un partito. Io devo cambiare il Paese. Se ci dà una mano con i suoi consigli, lo ascolto volentieri. Se vuole misurarsi in prima persona, gli auguro di cuore i successi più belli. Con affetto e senza alcuna polemica". Pensa che ci possano essere saldature tra i cosiddetti poteri forti e la classe politica ora in minoranza come la sinistra Pd. Magari con qualche esponente della tecnocrazia europea? "Mi sembra difficile. Non mi pare che la minoranza del PD abbia la vocazione a farsi del male. Non tutta almeno". A proposito: in questi giorni molti si sono chiesti se lei è massone? O se lo è suo padre? "Nel modo più categorico no. Una famiglia di boy scouts che viene improvvisamente associata alla massoneria per via di un simpatico editoriale del direttore di un quotidiano. Che parla di odore di massoneria, senza spiegare come dove e perché. A casa nostra siamo boy scout, non massoni. A me non fa né caldo né freddo. Ma mio padre cresciuto con il mito di Benigno Zaccagnini e Tina Anselmi deve ancora riprendersi". Però ammetterà che non è possibile che lei non abbia mai avuto sospetti su qualche suo recente e frequente interlocutore. "Ho visto logiche di interessi personali, di ambizioni, di strategie. Ma non ho mai visto - nemmeno da Sindaco - questa potente massoneria all'opera". Che tempi prevede per la riforma elettorale? "Prima possibile. Ormai ci siamo. Il ballottaggio è un gigantesco passo in avanti: manda in soffitta ogni tentativo di distruggere il bipolarismo in Italia. Forse è proprio questo che si vuole impedire: l'affermazione di un sistema per cui quello che vince poi governa". E quando si vota? "Febbraio 2018" Cosa ne pensa di De Magistris? "Le leggi si possono cambiare. Io trovo quella norma eccessiva perché condannare dopo una sentenza di primo grado è per me ingiusto e contro i principi costituzionali. Ma finché le leggi ci sono, vanno applicate. De Magistris ha il dovere di rispettare le leggi". Il centrosinistra ha sbagliato qualcosa nel rapporto con le toghe? Troppo condizionato? "No, non dalle toghe. Forse qualche volta condizionato dalla paura. Io non ho paura dei criminali, figuriamoci se posso aver paura dei magistrati. Le toghe non condizionano. Io voglio che i giudici non scelgano i candidati e per questo non do valore decisivo all'avviso di garanzia. Io voglio che i giudici non scelgano i lavoratori e per questo non credo al reintegro. Se c'è stato condizionamento non è colpa dei magistrati. Ma della mancanza di coraggio della politica. Io non ho paura". Qualcuno, soprattutto a destra, ha parlato di giustizia a orologeria per l'inchiesta su suo padre. Teme una vendetta? "No. Non credo alle vendette, non credo alle coincidenze. Il fatto che il primo avviso di garanzia per un membro della mia famiglia arrivi adesso è per me frutto di casualità. Come premier, stimo i giudici di Genova e auguro loro di lavorare con serenità e senza pressioni esterne. Come uomo, mio padre mi ha educato al rispetto delle istituzioni. Io ho visto come hanno reagito i miei figli: sanno di avere un nonno per bene. Sanno che del loro nonno si possono fidare. Questo, come figlio e come padre, mi è sufficiente. Come politico difendo l'indipendenza della magistratura con grande convinzione e mi affido alla presunzione d'innocenza prevista dalla Costituzione". © Riproduzione riservata 28 settembre 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/09/28/news/i_poteri_forti_vogliono_sostituirmi_ci_provino_ma_non_mollo_senza_il_pd_nessuno_fa_nulla_via_l_articolo_18_inutile-96827473/?ref=HREA-1 Titolo: RENZI, SENZA CHIAREZZA E LEALTA' VS GLI ELETTORI SI SCIOGLIERA' AL SOLE. Inserito da: Admin - Ottobre 15, 2014, 05:09:43 pm Il premier Renzi spiazza anche i suoi: “Dimezzare il gap coi tedeschi”
Nella manovra almeno 13 miliardi di risparmi e una stangata sui giochi 14/10/2014 Alessandro Barbera ROMA Come un pokerista sicuro delle proprie carte, Matteo Renzi alza ancora la posta: ora scommette sulla cancellazione della componente Irap del costo del lavoro. Né riduzione, né raddoppio dello sgravio, bensì la vera e propria abolizione della tassa regionale nella parte che le imprese pagano per ciascun dipendente. È questa la voce che fa lievitare da ventiquattro a trenta miliardi l’ammontare della legge di Stabilità per il 2015 e a diciotto la somma delle riduzioni fiscali realizzate - se confermate - dall’inizio del governo Renzi. Il numero è evocativo per due ragioni: la prima, la più popolare, è che promette di far dimenticare il noto articolo dello Statuto dei lavoratori. Ma diciotto è anche la metà di trentacinque, ovvero i miliardi di tasse aggiuntive sul lavoro che oggi paga chi investe in Italia rispetto a chi lo fa in Germania. La scommessa è maturata dopo una lunga riunione - domenica - con il ministro Padoan e alcuni degli economisti che ha voluto con sé a Palazzo Chigi. Eppure ieri al Tesoro non mancavano le bocche aperte, compresa quella del ministro. La decisione di dare per certi quei numeri Renzi l’ha presa in solitudine. «Ci metto la faccia fino all’ultimo», diceva a chi l’ha sentito al telefono. Nell’annuncio c’è un po’ di verità e un po’ di astuzia politica, perché per raggiungere i diciotto miliardi bisogna sommare tutti gli interventi fiscali sul tavolo: i bonus Irpef e Irap di quest’anno e del prossimo (dieci miliardi), l’ulteriore intervento sull’Irap (sei miliardi e mezzo), la conferma dei due sgravi per l’edilizia (un miliardo), lo sconto promesso a chi farà assunzioni a tempo indeterminato (settecento milioni nel 2015). Nel pacchetto Renzi ha anche inserito un bonus Irpef più alto in relazione al numero di figli, altri 500 milioni di euro. Per raggiungere quei numeri il governo dovrà fare uno sforzo eccezionale sul lato dei tagli di spesa, ma soprattutto nei confronti dell’Europa poiché la manovra sarà in deficit per almeno undici miliardi. Il controllo sarà «aritmetico», avverte il vicepresidente della Commissione Katainen. Per avere il sì di Bruxelles, il governo dovrà salvare l’apparenza della cosiddetta «regola del debito», un paio di miliardi di minori spese invece dei dieci che Bruxelles chiedeva qualche mese fa. Le ultime indiscrezioni raccolte fra Tesoro e Palazzo Chigi raccontano che i tagli di spesa potrebbero salire a tredici miliardi (Renzi parla di sedici), ai quali si aggiungerebbero tre miliardi di misure fiscali (lotta all’evasione oltre alla cosiddetta reverse charge limitata ai settori autorizzati dalla Ue), altri due miliardi di nuove tasse sui premi da scommesse. Poiché il governo vuole tagliare una tassa che serve per intero a finanziare la spesa sanitaria, almeno due o tre miliardi dovranno essere risparmiati a quella voce. Le Regioni, se vorranno, potranno tagliare altro, ad esempio le sedi di rappresentanza che ancora molte di loro hanno negli angoli più remoti del globo. I Comuni dovranno contribuire per un miliardo e mezzo, quel che resta delle Province per 500 milioni, le amministrazioni centrali per almeno cinque miliardi di euro fra riduzioni di spesa dei ministeri (almeno due miliardi) e taglio ai costi delle forniture di beni e servizi attraverso l’uso sempre più ampio della centrale degli acquisti, la Consip (altri tre o quattro miliardi). Infine le società partecipate di Comuni e Regioni. Fino alla scorsa settimana al Tesoro si studiavano norme che spingessero ad una loro aggregazione, ma non avrebbero dovuto garantire risparmi importanti, non nel breve periodo. Ora si torna al piano Cottarelli: a meno di non allargare ancora le maglie del deficit, il governo dovrà imporre chiusure, almeno per quelle più inutili. Twitter @alexbarbera Da - http://www.lastampa.it/2014/10/14/economia/il-premier-spiazza-anche-i-suoi-dimezzare-il-gap-coi-tedeschi-JEwjOBjKCY7pxevsDuFMyK/pagina.html Titolo: Renzi: «Regioni fate la vostra parte Avete qualcosa da farvi perdonare» Inserito da: Admin - Ottobre 19, 2014, 05:22:11 pm Intervista al Tg1
Renzi: «Regioni fate la vostra parte Avete qualcosa da farvi perdonare» Il premier: «Parlerò con i governatori, ma non prendiamoci in giro: una cosa è tagliare i servizi sanitari, che sarebbe inaccettabile, altra cosa è tagliare gli sprechi» Di Redazione Online «Discutiamo con tutti, figuriamoci se non discutiamo con i presidenti delle Regioni» ma «le Regioni facciano la loro parte» anche perché «hanno qualcosa da farsi perdonare». Lo dice il premier Matteo Renzi al Tg1 parlando della Legge di stabilità, spiegando di riferirsi al «comportamento di alcuni consiglieri regionali». «Sono 20 anni che sacrifici li fanno i cittadini, ora è tempo che li facciano altri, tra cui i ministeri e le regioni». «Sono 20 anni che i sacrifici li fanno solo le famiglie, ora è tempo che li facciano altri, a cominciare dai ministeri e dalle regioni». «Tagliare i servizi mai, gli sprechi sempre» Così il premier al Tg1: «Noi discutiamo con tutti, figuriamoci se non discutiamo con i presidenti delle regioni. Però, non prendiamoci in giro: una cosa è tagliare i servizi sanitari, che sarebbe inaccettabile, altra cosa è dire che magari si fa qualche asl in meno o qualche primario e aiuto primario in meno o che magari il costo delle siringhe o delle attrezzature ospedaliere è uguale dappertutto. Ecco, tagliare i servizi mai, tagliare gli sprechi sempre». Chiamparino: soluzione da trovare Sia pure tra i distinguo polemici di alcuni governatori (in primis Maroni che paventa la chiusura degli ospedali) si aprono spiragli di dialogo tra governo e Regioni. Il presidente della Regione Piemonte Chiamparino parla di «soluzione da trovare». «Da Renzi andiamo con delle proposte concrete, che non toccano i quattro miliardi - dice il governatore - ma che li articolano in modo tale da consentire di reggerli. La polemica è inevitabile, ma è indispensabile un incontro per raggiungere l’obiettivo. Noi da una parte abbiamo sollevato il problema, dall’altra abbiamo cercato la soluzione, che è complessa». Maroni: «La Lombardia già risparmia, si rischia collasso sanità» «Noi avremo 930 milioni in meno, di cui 730 nella Sanità, e siamo già ridotti all’osso perché la Lombardia ha tagliato i costi negli anni passati. Con questa riduzione per garantire livelli essenziali, bisogna chiudere gli ospedali». Durissimo il governatore della Lombardia Roberto Maroni contro i tagli chiesti da Renzi. «L’alternativa è quella di alzare i ticket, le imposte, l’addizionale Irpef e l’Irap», ha aggiunto Maroni. «Renzi non può pensare di abbassare l’Irap e poi dire alle Regioni “alzatela voi”. Bisogna fare i tagli selettivi, i costi vanno standardizzati - ha continuato il presidente della Lombardia - perché questa è la strada, e il taglio lineare penalizza le Regioni virtuose come Veneto e Lombardia. Ogni dipendente della Regione Lombardia costa pro-capite ai lombardi 19 euro, quello della Basilicata costa 220. La Lombardia ha dieci milioni di abitanti e tremila dipendenti. La Sicilia ha la metà degli abitanti e trentamila dipendenti. Queste sono le cose su cui intervenire». «Perché non lo fa Renzi? - ha concluso Maroni - Perché è difficile intervenire in questo modo, ma per fare le cose semplici non servirebbe uno come Renzi». 17 ottobre 2014 | 21:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/14_ottobre_17/renzi-cittadini-hanno-fatto-sacrifici-ora-li-facciano-anche-regioni-a8cc478c-562f-11e4-8d72-a992ad018e37.shtml Titolo: MATTEO RENZI Matteo Renzi soft con le minoranze. Inserito da: Admin - Ottobre 21, 2014, 11:17:00 pm Direzione Pd, Matteo Renzi soft con le minoranze. Obiettivo: Italicum a misura del partito della nazione
Pubblicato: 20/10/2014 20:48 CEST Aggiornato: 1 ora fa Ineditamente morbido. In direzione Pd Matteo Renzi lascia cadere il guanto di sfida di Gianni Cuperlo che lo attacca sui finanziamenti alla Leopolda: “Il segretario sta costruendo un partito parallelo dotato di mezzi e risorse? Vuole fare del Pd una confederazione di correnti?”. Il leader risponde, “la Leopolda è uno spazio di libertà…”, ma non affonda, come sa fare. Anche nei confronti di Stefano Fassina, che si prende il diritto di decidere in autonomia sulla fiducia al Jobs Act (“Il programma del 2013 non lo prevedeva”), il premier non infierisce. Gli dice semplicemente che quel programma “non può essere l’unico punto di riferimento se nel 2013 non si è vinto…”. Renzi in versione soft, che succede? L’obiettivo è non esacerbare gli animi, sapendo di avere già in tasca (quasi) l’approvazione di un nuovo Italicum, magari con “premio di lista” e non di coalizione, per realizzare quel “partito della nazione” allargato ad apporti di ex Sel o Scelta Civica in grado di governare da solo e non in governi di coalizione e men che meno di larga coalizione. “Dobbiamo trovare il modo di stare insieme – dice Renzi alla direzione – se non ci siamo noi, l’alternativa è la piazza talvolta xenofoba o il populismo o la demagogia e fuori di qui non c’è qualcosa che rispetti di più la democrazia interna ma la demagogia che incrina le regole del gioco”. I fondo, il premier non ha bisogno di infierire. Sa che chi lo ascolta in fondo è d’accordo. E’ convinto che nessuno nel Pd immagina davvero orizzonti politici fuori dal Pd. E ne ha ben donde. Se poi qualcuno se ne andrà, sarà scelta sua. Ma non avrà sconti dalla legge elettorale che Renzi ha in testa e che è a un passo dall’approvazione, visto che anche Silvio Berlusconi pare si stia convincendo sul premio alla lista e non alla coalizione. E’ questa la direzione di marcia e per indicarla Renzi non ha necessità di graffiare in direzione. I suoi stretti collaboratori dicono che la linea soft rispecchia una scelta di rispetto nei confronti di un dibattito ‘alto’ sulla ‘forma partito’. Dibattito che prende le mosse dalla vecchia discussione tra partito liquido e solido dell’era Veltroni (presente in direzione) e che ora prosegue in forma un po’ aggiornata: tra chi come Renzi sostiene il partito a vocazione maggioritaria, il partito della nazione, che includa da “Gennaro Migliore”, ex di Sel, ad “Andrea Romano”, ex di Scelta civica, a chi come le minoranze sono affezionate alla forma classica fatta di iscritti e circoli. Dibattito complesso che oggi è solo iniziato in direzione Pd e che continuerà: “Oggi non ci sono conclusioni”, ha esordito Renzi di fronte ad un’assemblea sonnacchiosa, la descrivono i parlamentari renziani. Eppure le critiche non sono mancate, anche se l’ex segretario Pierluigi Bersani ha preferito non intervenire e se n’è andato anzitempo, mentre Massimo D’Alema non c’era. Ma Renzi ha solo accarezzato gli attacchi su chi finanzia la Leopolda del prossimo weekend a Firenze, sul perché quei soldi non finiscano nelle casse del Pd, perché vanno alla ‘corrente renziana’. Niente affondi. Eppure sottotraccia, i suoi riflettono invece sul perché il patrimonio immobiliare che fu dei Ds e del Pci, gestito sul territorio da 57 fondazioni locali, non vada nelle casse del Pd. Insomma, si risponde ‘pan per focaccia’, ma lo scontro anche oggi resta subacqueo, per dirla in termini di partito liquido renziano. Ne parla a chiare lettere in direzione il lucano Salvatore Margiotta: “Le polemiche sulla Leopolda sono strumentali. Piuttosto ogni parlamentare faccia la propria parte nella ricerca di finanziamenti trasparenti per il partito e si affronti finalmente il tema del patrimonio ex Ds, mai confluito nel Pd". Il senatore renziano Andrea Marcucci accenna al tema: “Non capisco poi lo stupore, mi pare che nella storia del Pd ci siano altre Fondazioni che svolgono peraltro un lavoro egregio, come ad esempio Italiani Europei”. Ma Renzi non alza il tiro dello scontro. Perché la questione è delicata. Quando il Pd fu fondato nel 2007, Ds e Margherita non scelsero la comunione dei beni. Ora se si cominciasse a litigare in streaming sui patrimoni degli uni e degli altri, vorrebbe dire che il partito è sull’orlo della separazione, come ogni coppia che scoppia. Questo non succede. Da parte del segretario c’è il rispetto per il dibattito (“Smettiamola di pensare alla Leopolda in contraddizione con il partito. Se vogliamo parlare di soldi parliamone veramente che il tema è serio”) ma c’è anche l’obiettivo di non creare martiri nel Pd, soprattutto a meno di una settimana dalla manifestazione della Cgil dove si presenterà anche qualche dirigente di minoranza del Pd. E’ la stesso motivo per cui la settimana scorsa Renzi ha scelto di evitare le procedure di espulsione dei tre senatori Dem che non hanno votato la fiducia sul Jobs Act. Per il premier è anche un modo per distinguersi da Beppe Grillo, che proprio oggi ha espulso cinque attivisti protagonisti di una protesta sul palco al Circo Massimo. In direzione lo ha anche detto, con una battuta: “E’ imbarazzante che il M5s scelga di espellere chi ha solo chiesto un organigramma del movimento: tra di noi ci dovremmo espellere appena ci guardiamo…”. Non fare come Grillo è fondamentale soprattutto in questo momento. Perché, dice Renzi, “vedo segni di sgretolamento di quel blocco lì e della destra: dobbiamo capire se questo stallo lo superiamo o no”. E’ il messaggio che lascia alla minoranza. La bussola è sempre quella di costruire il partito della nazione, più che dibatterlo, allargare i consensi del Pd in tutte le direzioni, da sinistra a destra, fino al centro. Ed è questo obiettivo che porta il premier a scegliere di farsi ospitare in tv dai programmi tv più pop del momento, dal format di Del Debbio a quello di Barbara D’Urso. “A me piace vincere – dice in direzione la senatrice renziana Maria Di Giorgi – ci sono pochi iscritti nel Pd? E’ irrilevante”, brusio in sala. Lei continua: “In questo secolo non è fondamentale: i nostri giovani non hanno voglia di iscriversi ma poi ci votano…”. Conquistare il consenso perché, spiega a chiare lettere Renzi nelle repliche, “è finito il voto a tempo indeterminato, è finito l’articolo 18 del voto. La gente non vota sempre gli stessi comunque vada. La gente fa zapping anche con i voti e la fatica del consenso è quotidiana”. Sta qui il cuore della risposta alla minoranza, il motivo per cui non vale la pena infierire: “E’ un grande tema conquistare il consenso, che non vuol dire governare con l’occhio fisso ai sondaggi”. Certo, c’è l’avvertimento alla minoranza sul rispetto degli ordini di scuderia quando arriverà il momento di eleggere il prossimo presidente della Repubblica, che verrà concordato anche con Forza Italia “Non seguite twitter…”, dice Renzi, quasi che tema trappole ‘anti Patto del Nazareno’ in aula, nascoste dal voto segreto, come accadde per Romano Prodi l’anno scorso. E c’è il tema del ‘che fare’ con chi non vota la fiducia al governo. E’ successo sul Jobs Act al Senato, potrebbe risuccedere alla Camera, nonché sullo Sblocca Italia, contestatissimo dai civatiani. “Dobbiamo darci delle regole sul voto di fiducia. Non possiamo essere un club elettorale ma nemmeno un club di anarchici e liberi pensatori…”. Ma il tema verrà affrontato più in là, magari all’assemblea nazionale tra qualche mese. Prima la legge elettorale, cioè il lasciapassare verso il futuro del partito che Renzi vuole costruire. Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/10/20/direzione-pd-matteo-renzi_n_6016620.html?utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI - Matteo Renzi e il 'partito della nazione': sarà una "Big tent". Inserito da: Admin - Ottobre 22, 2014, 05:42:00 pm Matteo Renzi e il 'partito della nazione': sarà una "Big tent".
Con o senza voto anticipato Pubblicato: 21/10/2014 20:15 CEST Aggiornato: 21 minuti fa Partito della nazione, partito Leopolda o semplicemente ‘Partito Democratico new look’. La confezione è questa. Il contenuto si spiega meglio con l’espressione preferita da Matteo Renzi e dai suoi: “Big tent”. Cioè ‘Grande tenda’. “Meglio di catch-all party, partito piglia-tutti e non tutto…”, spiega minuziosamente in Transatlantico Dario Parrini, deputato, segretario regionale dei Dem in Toscana, appassionato di legge elettorale, nonché co-autore di ‘Un’agenda per Renzi’, libretto scritto a 'sedici' mani con Giorgio Tonini, Enrico Morando, Antonio Funiciello, uscito quasi un anno fa. Dentro, c’era già a grandi linee il progetto politico che il premier ha annunciato ufficialmente ieri alla direzione Pd, dopo mesi di gestazione. Il via è arrivato ufficialmente a maggio, con il 40,8 per cento conquistato alle europee, raccontano i suoi. Il (mezzo) via libera è arrivato nell’incontro estivo con Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, quando il premier cominciò a parlare all’ex Cavaliere di premio di lista e non di coalizione ricevendone un ‘ni’ o un quasi sì. Italicum rivisto in senso bipartitico e ‘Big tent’ vanno a braccetto. Renzi conta di incassare la nuova legge elettorale a dicembre, dopo l’ok alla riforma costituzionale alla Camera a novembre. Gli serve soprattutto per dare a Giorgio Napolitano un segnale utile (le riforme) a permettergli di terminare il mandato al Quirinale a inizio 2015. Ma nel lungo periodo gli serve per consolidare quello che qualcuno dei suoi non disdegna di definire il “partito unico”, contenitore di idee diverse finanche opposte, punto di riferimento di potere, creatura ideologicamente flessibile e dunque elettoralmente forte. Come un grande supermercato dell’offerta politica: tutto in uno, senza andare per negozietti. Voto anticipato a primavera? I suoi scommettono di no, ma dipende da come andranno i prossimi dibattiti parlamentari. In Transatlantico Parrini prende il suo iPad e apre Wikipedia alla voce “Big tent”. Tradotto: “In politica, una ‘grande tenda’, o partito ‘piglia-tutti’, è un partito politico il cui obiettivo è attrarre persone con diversi punti di vista in modo da rendersi appetibile a più elettori”. Trattasi di un approccio non basato su singoli temi, non caratterizzato da “rigidità ideologica”, ma al contrario basato sull’inclusione di “diverse ideologie e punti di vista nello stesso partito”. I riferimenti storici vanno dal Partito Repubblicano americano tra fine ‘800 e inizi del ‘900, alla coalizione del ‘New Deal’ di Roosevelt, fino alle esperienze anglosassoni e agli stessi repubblicani e democratici attuali negli Usa, naturalmente. Curioso che per Wikipedia gli esempi italiani di ‘Big tent’ siano la defunta Democrazia Cristiana (ovvio) e il Movimento 5 stelle (meno ovvio). E’ questo il progetto di Renzi, questo sta diventando il Pd sotto la sua segreteria. Raccontano i suoi che ieri, dopo la direzione Dem, il premier abbia telefonato a Denis Verdini per rassicurarlo sulla legge elettorale. L’idea resta quella di approvare il nuovo sistema bipartitico sotto l’egida del Patto del Nazareno: con Berlusconi e non contro Berlusconi. Ragion per cui alla Camera i renziani del Pd non scommettono sul fatto che ai piccoli partiti verrà concessa una soglia di sbarramento al 3 per cento. Troppo bassa: l’ex Cavaliere non lo consentirebbe e magari nemmeno Renzi. Il 4,5 per cento viene considerato più realistico e “Alfano dovrà farsene una ragione”, dice un renziano doc, convinto che al Ncd comunque non convenga far saltare il banco del governo per andare al voto anticipato. “Gli conviene aspettare…”. Il punto è che anche dentro forze minori come Sel la sensazione è che non arriveranno ‘grandi concessioni’ sulla soglia di sbarramento per essere eletti: “Perché Renzi dovrebbe farlo?”. Pessimismo e fastidio. Il pacchetto ‘Big tent’ e ‘Italicum rivisto’ potrebbe strutturarsi come un prendere o lasciare per tutti. Il tasso di violenza dell’operazione deciderà il destino della legislatura, anche se Renzi pare continui a dire ai suoi che resterà a Palazzo Chigi “fino a 47 anni”. Che, a conti fatti, vuol dire fino al 2018 e poi per un’altra legislatura. Insomma, da qui a dire che in primavera si torna al voto ce ne passa, almeno a sentire i renziani. Tra i parlamentari vicini al premier, il più incline a considerare questa ipotesi si spinge a prevedere un ritorno alle urne nel 2017: non prima. Ma anche un (ex) renziano critico come Matteo Richetti esclude che l’accelerazione sulla legge elettorale rappresenti una corsa al voto: “Non ci credo. E poi se è vero che Jobs Act e legge di stabilità serviranno a creare 800mila posti di lavoro, sarebbe meglio aspettarne gli effetti invece di sperare in un nuovo mandato”. Eppure sui dubbi circa il ritorno alle urne pesano non solo le chiacchiere di Transatlantico e la paure concrete della minoranza Dem, ma anche le parole di Renzi che ieri in direzione non a caso ha auspicato una “discussione sul rapporto tra gruppi parlamentari e governo”, indicando “la legge di stabilità come prova di verifica…”. La conclusione la tracciano sempre i suoi: “E’ chiaro che se il Parlamento non gli permette le riforme…”. Tutto va in malora, anche la legislatura. E i maligni ti dicono che “se i dati economici dovessero essere peggiori del previsto, sarebbe facile aprire la porta delle elezioni anticipate…”. Anche se bisognerebbe approvare una clausola di salvaguardia per rendere l’Italicum valido anche per il Senato (ora non lo è), qualora il Parlamento non approvasse in via definitiva la riforma costituzionale. Percorso complicato. Ma in periodi di “voto a tempo determinato”, quando non si può contare più sulla fedeltà ‘ora e per sempre’ dell’elettore, le incognite sono tante. Ma è proprio per questo che Renzi organizza la sua ‘Grande tenda’ per tempo: proprio per attrezzarsi nell’odierno deserto di ideologie date e definite. In questo senso, dice un parlamentare che lo conosce bene, “il Pd l’ha già ucciso o quel che rimaneva del partito già travolto dai tempi”. E così mentre la minoranza insiste sulla necessità di discutere della “forma partito”, Renzi è già diverse lunghezze avanti: oltre la forma, oltre il partito. “E’ vicino a come doveva essere il Pd l’originale”, obietta Parrini, “cioè la vocazione maggioritaria di Veltroni uccisa nella culla da Bersani e D’Alema. E faccio notare che tra tutte le forze politiche, il Pd è l’unica che ancora conserva il nome di ‘Partito’”. Vista in questa luce, la Leopolda del weekend prossimo a Firenze assume il suo aspetto più vero. Cadono come foglie secche le critiche della minoranza sul perché i finanziamenti trovati per la kermesse renziana non finiscano invece nelle casse del Pd. Si scoloriscono le contestazioni di chi accusa Renzi di voler organizzare un “partito parallelo”. “Conosco troppo bene Renzi per pensare che voglia organizzare la corrente del capo – ammette il ‘critico’ Richetti – Il punto non è questo. La Leopolda ha sempre guardato e attratto fuori dal Pd, non risponde ad una necessità di centrosinistra, non è nata per cambiare pelle al Pd ma per costruire le ragioni per attrarre culture e poteri diversi…”. Ecco spiegata l’esigenza di una Leopolda di governo: con il Pd, oltre il Pd, ‘Grande tenda’ plasticamente adattabile al clima elettorale. Chi esce, dovrà giocarsela col deserto (delle ideologie): torrido di giorno, freddo di notte. Il nuovo Italicum potrebbe non offrire vie di mezzo. Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/10/21/matteo-renzi-partito-nazione_n_6022820.html?utm_hp_ref=italy Titolo: RENZI si occupi di Europa, ma anche del Mondo per diventare un vero Statista. Inserito da: Admin - Ottobre 23, 2014, 11:30:03 am Renzi: "Piano di investimento gigantesco, basta austerità. L'Europa volta pagina"
Il premier: "Ora la crescita. Altrimenti il Vecchio Continente resta la cenerentola dell'economia mondiale. La nuova Ue è una grande vittoria dell'Italia, che non accetta diktat". E sullo Stato Islamico: "Hanno in ostaggio una religione, la battaglia per la dignità non sarà breve" 22 ottobre 2014 ROMA - "E' pronto il piano di investimento europeo, è gigantesco, servirà per la creazione di posti di lavoro. Tutto questo è frutto dell'impegno italiano. L'Europa finalmente volta pagina". Lo ha detto Matteo Renzi riferendo oggi al Senato sull'imminente Consiglio Ue che si riunirà a Bruxelles a partire da giovedì e sulla nuova Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, mentre al centro del dibattito rimane la legge di stabilità, tuttora al vaglio delle autorità europee. … "L'Europa abbia più coraggio". "La più grande vittoria dell'Italia in Europa è quella di aver proposto e per alcuni versi imposto un piano di investimenti da 300 miliardi di euro. E' il primo segno di attenzione non solo all'austerità e al rigore ma anche a crescita e investimenti. Siamo in una frase di transizione, come sempre", ha detto Renzi, citando lo scrittore Ennio Flaiano. "Vorrei che le nuove istituzioni europee mostrassero un po' più di coraggio e l'orgoglio di appartenere a questa Comunità che è l'Europa", ha poi dichiarato rivolgendosi ai senatori presenti, "la Ue sta cambiando le sue istituzioni e bisogna cogliere questa occasione" perché "noi non siamo gli osservati speciali", ma un Paese che fa le riforme. "Crescita assolutamente prioritaria". "Il clima della comunità economica internazionale sta rapidamente cambiando" sull'economia, "il vertice del G20 metterà al centro la parola crescita", ha spiegato Renzi, "io trovo che non sia più rinviabile" una discussione "su come l'Europa vuole puntare ad uscire dai margini stretti del solo rigore per puntare ad una strategia di crescita. Non c'è solo un problema italiano, ma dell'intera area dell'euro, che è oggi la cenerentola dello sviluppo mondiale", dice il premier. "Del resto, il Fondo Monetario Internazionale ha evidenziato come il focus sulla crescita sia assolutamente prioritario". "Basta subalternità". "Domani si terrà l'ultimo Consiglio europeo guidato da Van Rompuy, dopo dieci anni. Credo sia un passaggio rilevante", ha rimarcato Renzi. "L'Europa volta pagina nella guida delle sue istituzioni. Quando invece sui giornali leggo dell'ostilità di Bruxelles basata su frasi 'di aiutanti di collaboratori della Commissione', ecco, questo è un complesso di inferiorità che dobbiamo superare. Europa e Italia non devono essere in contraddizione", ha rimarcato Renzi, citando, dopo Flaiano, anche Giorgio Ambrosoli. "In queste ore, rispetto alla legge di stabilità, si dice 'arriva la lettera della Ue', cosa che fa evocare chissà quali procedure, messaggi o minacce. Ma tutto questo è naturale, come è "naturale che l'Italia sia protagonista con la propria voce" senza "diktat esterni". "Ora una tripla A anche 'sociale'". A questo proposito, mentre Renzi parlava, il presidente della nuova Commissione europea Jean-Claude Juncker ha annunciato che il piano di investimenti da 300 miliardi sarà presentato al Consiglio europeo prima di Natale e non entro fine gennaio. La Ue "deve avere anche un'altra 'tripla A', quella sociale, altrettanto importante di quella economica", ha aggiunto Juncker. Al successore di Barroso e alla sua commissione, Renzi ha augurato "buon lavoro", dopo il voto positivo del Parlamento europeo di oggi. Nel primo pomeriggio, poi, il Senato ha accolto con 152 sì, 107 no e 4 astensioni la mozione presentata dai capigruppo della maggioranza che approvano le comunicazioni di Renzi sul prossimo Consiglio europeo. Accolta anche a voto palese, con 223 sì, 6 no e 43 astenuti, la risoluzione presentata dal vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli (Lega), centrata sulla tutela dei rapporti civili ed etico-sociali. Su questi due documenti, il governo aveva espresso parere favorevole. "Russia-Ucraina? Passi in avanti". Il premier italiano si è poi soffermato anche sulle crisi internazionali in atto. Ci sono stati "passi avanti significativi tra Russia e Ucraina che hanno trovato nuova linfa dai colloqui di Milano, lo 'spirito di Milano', mi piace definirlo così", ha continuato Renzi parlando della crisi nell'est dell'Ucraina. "L'Italia non ha un'ansia energetica, non sottovalutiamo le preoccupazioni economiche, ma il ruolo della Russia non vale solo per le imprese italiane" bensì soprattutto "per il mantenimento dell'equilibrio internazionale. Il processo di recupero della Russia è importante per il ruolo che ha di punto di riferimento per il popolo ucraino, per l'Europa e la comunità internazionale. Una Europa forte si costruisce nel rispetto e nel dialogo". "Sconfiggere lo Stato Islamico". Infine, sullo Stato Islamico: "Tra Siria e Iraq è in atto un'escalation preoccupante", ha detto Renzi, "ciò che hanno commesso gli estremisti provoca scandalo e dolore in tutta la comunità internazionale, per questo l'Italia è al fianco della dignità dell'uomo e della donna. Non è una guerra di religione, perché lo Stato Islamico ha in ostaggio una religione. La coalizione anti Is non sarà un intervento di breve durata". © Riproduzione riservata 22 ottobre 2014 Da - http://www.repubblica.it/economia/2014/10/22/news/juncker_commissione_ue_presentazione_tripla_a-98715990/?ref=HREA-1 Titolo: Leopolda, Renzi: "L'articolo 18 è come il gettone nell'iPhone" Inserito da: Admin - Ottobre 28, 2014, 04:06:35 pm Leopolda, Renzi: "L'articolo 18 è come il gettone nell'iPhone"
Si chiude con l'intervento del premier la convention renziana: "Il posto fisso non c'è più", rivendica per l'Italia un ruolo forte in Europa e sulle divisioni a sinistra dice: "Non ho paura di nuovi soggetti". Franceschini: "Ieri non si è spaccato, è nato il Pd". La commozione di Maria Elena Boschi: "E' un onore fare parte di questo governo". Fuori le proteste di un centinaio di lavoratori delle acciaierie di Terni. Di ERNESTO FERRARA e LAURA MONTANARI 26 ottobre 2014 Dice che "il posto fisso non c'è più", che "bisogna cambiare il Paese" e il mondo del lavoro. Attacca Rosy Bindi che aveva definito "imbarazzante" la Leopolda: "Non saremo un partito di reduci e non permetteremo a quella classe dirigente di riprendersi il Pd per riportarlo dal 41al 25 per cento". Applausi dal pubblico, grida, "bravooo Matteo”, Renzi vai avanti così". E lui non se lo fa ripetere due volte. Rivendica per l'Italia un ruolo di primo piano in Europa. Chiede un lungo applauso per il presidente Giorgio Napolitano: "Quando si sentono tante menzogne nei confronti del nostro Presidente della Repubblica, credo sia doveroso che l'Italia per bene faccia sentire tutto l'affetto". Finisce con una standing ovation l'intervento del premier Matteo Renzi alla convention fiorentina, un'ora e passa di un discorso che non leviga le parole, non smussa gli angoli contro la vecchia guardia del Pd e contro la Cgil. Nessuna mediazione, sembra tornato il Renzi "rottamatore". Alla Leopolda tre giorni di incontri e tavoli di idee, fra magliette anti-gufi (l'ossessione di "quelli che dicono che non ci si fa", atteggiamento tipico, dice il premier, "di una parte del ceto intellettuale") e la tensione che sale nella consapevolezza di una distanza, fra chi sta in questa vecchia ex stazione e chi ha affollato la piazza di ieri a Roma per la manifestazione della Cgil contro il Jobs act. Renzi non sembra aver paura, non indietreggia sull'articolo 18, anzi incalza: "E' una regola degli anni Settanta che la sinistra allora non aveva nemmeno votato, siamo nel 2014 è come prendere un IPhone e dire dove metto il gettone? Come prendere una macchina fotografica digitale e provare a metterci il rullino. E' finita l'Italia del rullino". Una contrapposizione tra vecchio e nuovo che torna spesso nelle parole del premier che non sembra nemmeno preoccupato per una scissione a sinistra e lancia quasi una sfida: "Sarà bello capire se è più di sinistra restare aggrappati alla nostalgia o provare a cambiare il futuro". Avverte: "Non ho paura di nuovi soggetti a sinistra, le sinistre arcobaleno perdono e fanno perdere l'Italia". Prende il microfono puntuale, alle 12,30 Matteo Renzi, camicia bianca e cravatta, davanti un pubblico di settemila persone. Spiazza tutti: "Non voglio parlare di Leopolda" comincia, ma poi di Leopolda parlerà eccome per difenderla ("siamo indignati per come è stata dipinta questa iniziativa"). Ringrazia i volontari: "Dimostrate prima di tutto che la politica è impegno e passione". Ammette però che questa quinta edizione è qualcosa di diverso: Liberarsi dalle paure. "Un'altra Leopolda, il luogo è lo stesso ma noi siamo al governo. E se siamo al governo, non è per occupare una sedia o scaldare il posto e consolidare noi stessi, ci tocca cambiare il Paese. Perchè quella bicicletta ce la siamo cercata, ora è arrivato il momento di prenderci terribilmente sul serio". Racconta che il podio è lo stesso di Verona, solo riverniciato ("là avevamo perso, ma non siamo scaramantici"). Toni decisi: “Ci raccontano che facciamo le cose un po' per caso, come pezzetti di puzzle messi qua e là. Noi, invece, non solo abbiamo un disegno organico, ma partiamo dal fatto che il mondo è interconnesso, un gran casino e che l'Italia ha un futuro se cambia sè stessa, ma deve liberarsi di alcune paure". Contro i gufi. Parla di twitter, dei social, del mondo online che salta le mediazioni, ma soltanto per arrivare al punto che gli sta più a cuore, la crociata contro i pessimisti cronici individuati fra un "certo ceto intellettuale": "Sì, l'ho presa larga...ma voglio dire che c'è una guerra da combattere contro quelli che con uno scenario così dicono che l'Italia ha solo da perdere. Avete presente - e qui si rivolge agli "amici sindaci" -, quando si deve costruire una strada o aprire un cantiere? C'è il meeting del pensionato che scuote la testa, "uhmmm come lavorano piano, uhmmm non ce la fanno mica a finirlo...". E' una parte del ceto medio intellettuale di Italia. E mi scuso con i pensionati per l'accostamento...". Parole spigolose quelle usate dal premier: "Quando diciamo che vogliamo parlare a tutti gli italiani vogliamo dire che abbiamo il desiderio di lasciare un segno e sfatare certi tabù. C'è un incantesimo da sfatare, non dico che l'Italia è la bella addormentata nel bosco perchè mancano i principi". Sull'Europa. Quindi tocca all'Europa: "In Europa per me è una battaglia tutte le volte che ci vado, ma non perchè mi metto a litigare sullo zero virgola. Nessuno in Europa è così stupido da impiccare un paese ad una virgola, ma c'è un atteggiamento, paradossalmente portato da alcuni italiani che fanno sentire l'Italia come l'ultima ruota del carro, siamo il problema... Ma è sbagliato, io sono orgoglioso di portare la voce italiana nell'Europa con più forza. Non è un fatto economico, anche se basterebbe dire che noi portiamo 20 miliardi in Europa e ne portiamo a casa dieci e, tra averli e non averli...". "La politica europea - prosegue il premier - non è solo discussione sul deficit. So che la politica estera non scalda, ma quando la Lega riunisce i cittadini contro l'immigrazione ignora che i 100mila sbarchi non sono figli del caso ma perchè la Libia è saltata e meno male che sulla nostra nave può nascere una bambina altrimenti il Mediterraneo sarebbe sia culla che tomba". Sul lavoro. "Il posto fisso non c'è più. E' cambiato tutto, lo avete visto dal filmato in cui vi abbiamo mostrato come è cambiata in pochi anni la scrivania. Il modello fordista della fabbrica non c'è più. La monogamia aziendale è sparita. Cosa fa un governo di sinistra se non una politica che si prende in carico quelli che hanno perso il lavoro? E' uno shock psicologico enorme perdere il lavoro, cosa fai? Vai al centro dell'impiego, ti iscrivi, senti tutta la solitudine... Noi ci prendiamo cura con un assegno, poi ti vengo a cercare e ti offro un'occasione di lavoro e facendo questo dico che tu sei importante...Per anni ci siamo divisi in modo profondo tra chi voleva combattere il precariato organizzando manifestazioni, e chi voleva farlo organizzando convegni: ma il precariato si combatte innanzitutto cambiando la mentalità delle nostre imprese, e le regole del gioco". Piazza San Giovanni a Roma. "Quelle come quella di ieri della Cgil sono manifestazioni politiche, e io le rispetto - dice Renzi -, e non ho paura che si crei a sinistra qualcosa di diverso, sarà bello capire se è più di sinistra restare aggrappati alla nostalgia o provare a cambiare il futuro". Contro Rosy Bindi. Contro la Bindi che aveva definito in diretta tv la Leopolda "imbarazzante" Renzi attacca ad alzo zero: "Se uno si imbarazza perchè se dopo 25 anni che è in Parlamento trova un altro che riesce a portare la gente a fare politica allora gli abbiamo fatto un favore...". Quindi: "Tutte le volte che la sinistra radicale ha compiuto uno strappo, ha perso e ha fatto perdere l'Italia", sottolinea, tra gli applausi della platea, il premier. 80 euro. "Ho capito che se dico diamo 80 euro sono il Giorgio Mastrota de noantri (video), se parlo complicato divento invece un intellettuale organico. Allora ve lo dico da intellettuale: la riduzione della pressione fiscale alla quale state assistendo non ha eguali nella storia della Repubblica". Napolitano. Finisce con una richiesta di Renzi alla platea, un grande applauso al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: "Viviamo un tempo delicato - ha detto - in cui ci sono straordinarie espressioni di bella politica. Vorrei citare una persona, che in questi mesi ho imparato a conoscere meglio dal punto di vista personale, il Capo dello Stato. Quando si sentono tante menzogne nei confronti del nostro Presidente della Repubblica, credo sia doveroso che l'Italia per bene faccia sentire tutto l'affetto". Leopolda5. E' mattina, quando dentro, sul palco cominciano gli interventi dell'ultimo giorno della convention, fuori le proteste di un centinaio di lavoratori della Ast, le acciaierie di Terni e di una delegazione di Meridiana. Dentro quelli che parlano di futuro e di lavoro da creare, fuori quelli che il lavoro temono di perderlo. Dentro la ex stazione fiorentina, sulla scena in stile garage di Steve Jobs salgono imprenditori e giovani studenti, politici e manager: alle 10.45 la sala è già strapiena, circa seimila persone (diventeranno settemila alla fine). Nel cortile, si accendono i maxischermi per permettere alla folla di assistere ai lavori anche da fuori. Quattro minuti a chi sale sul palco, interventi stoppati da un gong per non rubare spazio a chi viene dopo, migliaia di tweet generati sull'hashtag #lepolda5. Ci sono anche imprenditori come il veneto Alessandro Tronchin, che si occupa di finanziamenti europei e dice: “Passo il tempo a spiegare agli amministratori come funziona”. Parla Deborah Serracchiani, che ieri in diretta tv ha litigato con la Bindi che ha definito “imbarazzante” la Leopolda: “Lavoro, dignità e speranza sono parole che appartengono anche a noi. Perché ogni volta, a sinistra, dobbiamo sempre cercare la scissione dell'atomo senza mai produrre energia?”. E' una risposta alla piazza della Cgil di ieri. E poco dopo il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini dirà: "Ieri è nato il Pd, non si è spaccato il Pd. Noi stiamo discutendo di contenuti, per esempio dell'articolo 18 e non di correnti". E ancora: “Il Pd non può essere il solo il partito di chi ieri era in piazza. Lasciamoci alle spalle la vocazione minoritaria. Si commuove, il ministro Maria Elena Boschi quando si affaccia alla platea della Leopolda: ha gli occhi lucidi: “Non la faccio lunga. Qui ho cominciato come volontaria qualche anno fa, e alla Leopolda mi sento a casa. Ho giurato sulla Costituzione che avrei svolto il mio lavoro con onore. E l'onore per me è approvare una legge elettorale che dica subito il vincitore, preveda il ballottaggio. Onore per me è approvare una riforma costituzionale che riveda il rapporto tra gli enti locali, elimini il Cnel, elimini il bicameralismo perfetto. Onore per me è tornare il prossimo anno e dirvi che abbiamo eliminato tutti i decreti del passato da adottare, erano 900 li abbiamo ridotti della metà. Onore per me è fare parte di questa storia, una storia in cui una volontaria può diventare ministra, una giovane avvocata può diventare ministra. E lo dico con la voce che trema: onore è fare parte di questo governo e di questa storia insieme a voi”. Renzi: "Ascolteremo la piazza ma andremo avanti" Parla Matteo, 21 anni, che dice: “Basta con questa retorica dei giovani che stanno sui social network e non fanno nulla”, poi è la volta della vicepresidente di Dynamo Camp Serena Porcari, che si occupa di disabili: “Ho mollato la mia attività precedente per fare tutto questo, la solidarietà fa bene al Paese”. Sul palco si scherza, si leggono i tweet, quello in cui qualcuno dice: “Renzi oggi ha la camicia blu, ora tutti a cambiarsela?”. Scorre un video in cui si vede come è cambiata la scrivania negli ultimi 20 anni, tutto si è trasferito sul monitor, si è fatto software o app, dalle foto ai foglietti per gli appunti. Renzi è già arrivato, è nel dietro le quinte, lì dove si è fatto allestire una sorta di campus per lavorare, con il pc e tutto il resto. Ha già incontrato una delegazione delle acciaierie di Terni mentre partivano gli interventi. Si aggirano facce celebri e politici a cominciare dal sindaco di Roma Ignazio Marino, Federica Mogherini, il segretario della Fiom Daniele Calosi. Regioni, si ai tagli. Il candidato Pd Stefano Bonaccini sale sul palco della Leopolda: “Mi auguro di poter essere il presidente della Regione Emilia Romagna, mi sono schierato dalla parte del governo quando Renzi ha chiesto a tutti di fare la propria parte per i tagli. Basta con la logica del “non tocca mai a te”. Oscar Farinetti si presenta sul palco con il cuoco Enrico Panero, che lavora in uno dei suoi Eataly: “Io e Enrico lavoriamo nella stessa azienda. La nostra fortuna è essere nati in Italia”, esordisce. Luca Parmitano l'astronauta: “Ogni foto racconta una storia”, dice. Lui mostra quella scattata dallo spazio che inquadra l'Italia e il bacino mediterraneo: “Non si vedono i confini, capite? Quella è la nostra sfida”. Arriva Federica Mogherini, lady Pesc: “Mamma ma quindi cambi lavoro? Ti trasferisci? Ma se ce ne sono 28, a cosa serve quello europeo? Se riuscirò a spiegare a mia figlia quel che faccio, avrò raggiunto il mio obiettivo”, comincia. “Occorre portare la voglia di cambiare in Europa”. Rischia di scoppiare il caso sul segretario della Fiom di Firenze Daniele Calosi, che doveva intervenire: “Per il momento non sono in scaletta”, fa però sapere. Si presenta anche la deputata toscana Elisa Simoni, che all'inizio aveva detto non sarebbe venuta: “Quando parla il segretario io ci sono. Anche se parla in un pollaio”, scherza. I manifesti contro i gufi Parla anche una delle sorprese di questa Leopolda 5: “Un napoletano di sinistra”, lo presentano. E' Gennaro Migliore, ex Sel: “Il diritto di sciopero non è l'ultimo, è il primo”, attacca subito Serra. Poi azzarda: “Io voglio parlare di coerenza. Per me coerenza è dire alla Merkel che così non si può andare avanti”. Cita De Filippo: “C'è qualcuno che pensa che la sinistra sia solo il ragù della mamma e basta? Ce ne sono anche altri e migliori. Io qui ho trovato tante parole, una mi è piaciuta: è benvenuto”. Andrea Romano, ex di Scelta civica, appena iscritto al Pd. Cita subito la vecchia canzone di Jovanotti, “sogno una grande chiesa, da Che Guevara a Madre Teresa...”. Poi: “Mi ha convinto a venire nel Pd la parola nazione. La nazione non è guerra, la nazione siamo noi che la pensiamo così ma anche quel che lasceremo ai nostri figli. Noi della nazione dobbiamo avere cura dell'interesse nazionale. Mi piace l'idea del patriottismo repubblicano, che non ha niente a che fare col conservatorismo, è un atto di devozione e fedeltà, un ponte tra passato e futuro. Patriottismo e sinistra dovranno prima o poi tornare insieme, come disse George Orwell. Fuori protestano: ci sono i lavoratori di Esaote che rischia la chiusura, i dipendenti di Meridiana a rischio esubero, un plotone di cento operai delle acciaierie di Terni con lo striscione “No allo smantellamento delle acciaierie” sono qui dalle 9, assediano i cancelli della stazione, urlano “Andate a lavorare” mentre dalla stazione sparano “Say Geronimo”, che è una delle colonne sonora della kermesse. Renzi, riceve una delegazione di lavoratori. Intanto arriva anche il segretario fiorentino della Fiom Daniele Calosi, dice che vuole spiegare le ragioni di chi era ieri in piazza. Ma passano i minuti e nessuno gli fa sapere niente. Spiegheranno dopo gli organizzatori che è prassi inviare prima l'intervento da leggere sul palco della Leopolda (regola che vale per tutti eccetto per i ministri) e che il sindacalista non lo ha fatto. "Ho mandato richiesta di intervento il 22 ottobre - spiega Calosi - e mi è stato chiesto l'intervento scritto che io non ho dato. Forse in Corea del nord si richiedono gli interventi preventivamente. Poi se è il modo di operare alla Leopolda ne prendo atto ma mi dispiace". Code di piccoli veleni: "Oggi Renzi e i ministri - osservano dallo staff leopoldino - hanno incontrato i delegati Fiom ed i lavoratori dell'Ast di Terni. Ma Calosi non c'era, preferendo alimentare polemiche". Così si spengono le luci sulla Leopolda 5, ma i fuochi restano. © Riproduzione riservata 26 ottobre 2014 Da - http://firenze.repubblica.it/cronaca/2014/10/26/news/leopolda_serracchiani_lavoro_dignit_uguaglianza_sono_anche_le_nostre_parole-99041202/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI ... Leopolda, ultimo giorno Inserito da: Admin - Ottobre 28, 2014, 04:07:56 pm Leopolda, ultimo giorno
Renzi dall’art. 18 a chi pensa negativo: ex classe dirigente non riprenderà Pd Nell’ex stazione, che ospita l’iniziativa, gran pienone di gente arrivata per ascoltare gli interventi e il discorso del premier. Sul palco Serracchiani, Franceschini, Poletti e l’ingegnere che ha raddrizzato la Concordia FIRENZE - Un intervento che dura mezzora, il cui cuore è l’articolo 18 e le polemiche interne al Pd dopo il milione di persone scese in piazza a Roma con la Cgil per protestare contro il Jobs Act. Così il premier Matteo Renzi, camicia bianca e cravatta, conclude la kermesse fiorentina della Leopolda 5. «Il posto fisso non c’è più» «Il lavoro rappresenta la battaglia culturale più grande che ha investito la sinistra. Ci siamo divisi tra quelli che vogliono lottare il precariato con le manifestazioni e quelli che lo vogliono fare con i congressi. Noi pensiamo che il precariato si combatta cambiando la mentalità dell’impresa e dei nostri giovani», spiega. Poi grida dal palco: «Il posto fisso non c’è più, il mondo è cambiato». Sulle manifestazioni di sabato promosse dalla Cgil attacca: «Se sono manifestazioni io le rispetto. Sarà bello sapere se è più di sinistra rimanere aggrappati alle nostalgie e o se più di sinistra prevedere il futuro. Poi saranno i cittadini», prosegue. «Rimanere aggrappati all’art 18 votato nel 1970 è come pensare di mettere un gettone dentro l’iPhone o un rullino dentro una macchina fotografica». E poi conclude: «Di fonte al mondo che cambia a questa velocità, puoi discutere quanto vuoi ma il posto fisso non c’è più. Siccome è cambiato tutto, la monogamia aziendale è in crisi, un partito di sinistra che fa: un dibattito ideologico sulla coperta di Linus o chi perde il posto di lavoro trova uno Stato che si prende carico di lui?». L’attacco alla Bindi «Se uno si imbarazza perché se dopo 25 anni che è in Parlamento trova un altro che riesce a portare la gente a fare politica allora gli abbiamo fatto un favore...». Lo afferma il premier Matteo Renzi, intervenendo alla Leopolda e rispondendo, senza citarla, a Rosy Bindi che ieri ha definito la kermesse imbarazzante. «Tutte le volte che la sinistra radicale ha compiuto uno strappo, ha perso e ha fatto perdere l’Italia», sottolinea, tra gli applausi della platea, il premier.«Noi rispettiamo chi in Parlamento non la pensa come noi - ha aggiunto - che sui singoli provvedimenti ci siano anche voti di coscienza, rispetteremo anche i messaggi offensivi, ma non consentiremo a chi ha detto che la Leopolda è imbarazzante, non consentiremo a quella classe dirigente di riprendersi il Pd. Saremo il partito del futuro». «In guerra contro chi crede che l’Italia non ce la farà» «Non stiamo facendo le riforme perché ormai ci eravamo impegnati, ma perché c’è una guerra da combattere» quella contro chi non crede che l’Itala ce la farà. Lo ha detto il premier Matteo Renzi intervenendo alla Leopolda e facendo l’esempio «dei meeting dei pensionati che guardano i cantieri e scuotono la testa» che è «l’atteggiamento tipico di una parte del ceto intellettuale che esiste in Italia, che adesso sarà molto offeso dal riferimento del cantiere». «Mi voglio scusare con loro - ha poi aggiunto sorridendo - con i pensionati del cantiere...». «Ci raccontano che facciamo le cose un po’ per caso, come pezzetti di puzzle messi qua e là. Noi, invece, non solo abbiamo un disegno organico, ma partiamo dal fatto che il mondo è interconnesso, un gran casino e che l’Italia ha un futuro se cambia sé stessa ma deve liberarsi di alcune paure» «Ci tocca cambiare il Paese» «Questa è la Leopolda, il luogo è lo stesso ma noi siamo al governo, io, noi, e se siamo al governo non è per occupare una sedia o scaldare il posto o per mantenerci al governo o consolidare noi stessi, ci tocca cambiare il Paese, perché quella bicicletta ce la siamo andati a prendere, ora è arrivato il momento di prenderci terribilmente sul serio». Così il premier Matteo Renzi ha aperto il suo intervento finale alla Leopolda. Nell’ex stazione, che ospita l’iniziativa, tantissima gente arrivata per ascoltare gli interventi e il discorso del premier. I ministri si sono alternati sul palco: Franceschini, Poletti, Boschi ma anche l’ingegnere che ha raddrizzato la Concordia. All’esterno, alcune manifestazioni di protesta degli operai delle acciaierie di Terni e dei lavoratori della Meridiana. Boschi: «Un onore per me far parte di questa storia» «È un onore per me far parte di una storia, di una comunità di persone normali e semplici, ma appassionate, che stanno cambiando il futuro del Paese». Lo ha detto il ministro alle riforme Maria Elena Boschi intervenendo alla Leopolda e ricordando le riforme pensate negli anni scorsi alla kermesse renziana e ora oggetto del lavoro del governo, come «la legge elettorale che dia un vincitore, che garantisca la governabilità a chi vince». «È un onore per me - ha aggiunto - portare a casa una riforma costituzionale che abbiamo pensato qua anni fa, e un onore per me come ministro per l’attuazione del programma è tornare il prossimo anno e dirvi che abbiamo eliminato tutto l’arretrato». Pinotti: «Puntare sulle donne è una rivoluzione» Puntare sulle donne nei ruoli decisionali come ha fatto il governo Renzi «è una rivoluzione, ed è il modo in cui questo paese diventa più forte». Lo ha affermato Roberta Pinotti, ministro della Difesa, dal palco della Leopolda 5, aggiungendo che «dobbiamo avere donne leader del mondo». Franceschini: «Dimentichiamo la vocazione minoritaria» «Sabato è stata la giornata in cui il Pd si è spaccato? O è nato il Pd?». Lo ha chiesto Dario Franceschini intervenendo alla Leopolda.«Siamo finalmente diventati quello che volevamo essere, un partito che discute di cose, non solo di chi sta con chi», osserva. «Abbiamo un leader di governo che ci ha portato a realizzare la vocazione maggioritaria: il Pd è anche il partito di chi era in piazza, ma non può essere il partito solo di chi era in piazza, ciò che ci dobbiamo lasciare alle spalle è la vocazione minoritaria, abbiamo bisogno della vocazione maggioritaria». Serracchiani: «Lavoro e uguaglianza, nostre parole» «La piazza della Cgil era una bella piazza, non lo dico per piaggeria: sono state utilizzate parole lavoro, dignità, uguaglianza. Ma perché queste parole non possono appartenere a questa stazione? Perché a sinistra abbiamo sempre bisogno di fare la scissione dell’atomo senza produrre energia?» Lo ha detto Debora Serracchiani, vicesegretaria del Pd e presidente del Friuli Venezia Giulia, parlando dal palco della Leopolda. «Io credo che ci siano le condizioni per fare le riforme: ma bisogna far capire che quello che stiamo facendo è per il bene del nostro Paese. Non ci sono diversi partiti democratici», ha aggiunto Serracchiani. «Questo partito democratico nuovo vuole cambiare tutto; ma soprattutto vuole cambiare tutti, cioè vuole cambiare coloro che non hanno capito che il cambiamento è la vera sfida per il paese. Noi faremo ogni sforzo per cercare di capirci, per comprenderci». Farinetti: «Raccontiamo il nostro primato nel mondo» «Ho un progetto straordinario: alziamo il culo dalla sedia e andiamo a narrare il nostro primato nel mondo, dobbiamo imparare a farlo». Lo ha affermato Oscar Farinetti, patron di Eataly, dove si è presentato insieme a Enrico Panero, 27enne cuoco del ristorante di Eataly a Firenze, parlando dell’enogastronomia italiana dal palco della Leopolda 5. Farinetti ha elencato i primati dell’Italia nel settore, ma ha osservato che oggi «esportiamo meno della Germania, e la metà della Francia», anche per colpa della troppa burocrazia. «Vengo alla Leopolda perché qui si cercano soluzioni, non è un luogo di lamentele». 26 ottobre 2014 | 11:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/politica/14_ottobre_26/leopolda-pienone-maxi-schermi-palco-l-ingegnere-concordia-c6ae1550-5cfb-11e4-9730-b3609e6e5269.shtml Titolo: MATTEO RENZI ... Leopolda, caccia al selfie col ministro Boschi Inserito da: Admin - Ottobre 28, 2014, 04:09:23 pm Leopolda, caccia al selfie col ministro Boschi
E' mattina, quando dentro, sul palco cominciano gli interventi dell'ultimo giorno della convention, fuori le proteste di un centinaio di lavoratori della Ast, le acciaierie di Terni e di una delegazione di Meridiana. Dentro quelli che parlano di futuro e di lavoro da creare, fuori quelli che il lavoro temono di perderlo. Dentro la ex stazione fiorentina, sulla scena in stile garage di Steve Jobs salgono imprenditori e giovani studenti, politici e manager: alle 10.45 la sala è già strapiena, circa seimila persone (diventeranno settemila alla fine). Nel cortile, si accendono i maxischermi per permettere alla folla di assistere ai lavori anche da fuori. Quattro minuti a chi sale sul palco, interventi stoppati da un gong per non rubare spazio a chi viene dopo, migliaia di tweet generati sull'hastag #lepolda5. Ci sono anche imprenditori come il veneto Alessandro Tronchin, che si occupa di finanziamenti europei e dice: “Passo il tempo a spiegare agli amministratori come funziona”. Parla Deborah Serracchiani, che ieri in diretta tv ha litigato con la Bindi che ha definito “imbarazzante” la Leopolda: “Lavoro, dignità e speranza sono parole che appartengono anche a noi. Perché ogni volta, a sinistra, dobbiamo sempre cercare la scissione dell'atomo senza mai produrre energia?”. E' una risposta alla piazza della Cgil di ieri. E poco dopo il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini dirà: "Ieri è nato il Pd, non si è spaccato il Pd. Noi stiamo discutendo di contenuti, per esempio dell'articolo 18 e non di correnti". E ancora: “Il Pd non può essere il solo il partito di chi ieri era in piazza. Lasciamoci alle spalle la vocazione minoritaria. Si commuove, il ministro Maria Elena Boschi quando si affaccia alla platea della Leopolda, ha gli occhi lucidi: “Non la faccio lunga. Qui ho cominciato come volontaria qualche anno fa, e alla Leopolda mi sento a casa. Ho giurato sulla Costituzione che avrei svolto il mio lavoro con onore. E l'onore per me è approvare una legge elettorale che dica subito il vincitore, preveda il ballottaggio. Onore per me è approvare una riforma costituzionale che riveda il rapporto tra gli enti locali, elimini il Cnel, elimini il bicameralismo perfetto. Onore per me è tornare il prossimo anno e dirvi che abbiamo eliminato tutti i decreti del passato da adottare, erano 900 li abbiamo ridotti della metà. Onore per me è fare parte di questa storia, una storia in cui una volontaria può diventare ministra, una giovane avvocata può diventare ministra. E lo dico con la voce che trema: onore è fare parte di questo governo e di questa storia insieme a voi”. Renzi: "Ascolteremo la piazza ma andremo avanti" Parla Matteo, 21 anni, che dice: “Basta con questa retorica dei giovani che stanno sui social network e non fanno nulla”, poi è la volta della vicepresidente di Dynamo Camp Serena Porcari, che si occupa di disabili: “Ho mollato la mia attività precedente per fare tutto questo, la solidarietà fa bene al Paese”. Sul palco si scherza, si leggono i tweet, quello in cui qualcuno dice: “Renzi oggi ha la camicia blu, ora tutti a cambiarsela?”. Scorre un video in cui si vede come è cambiata la scrivania negli ultimi 20 anni, tutto si è trasferito sul monitor, si è fatto software o app, dalle foto ai foglietti per gli appunti. Renzi è già arrivato, è nel dietro le quinte, lì dove si è fatto allestire una sorta di campus per lavorare, con il pc e tutto il resto. Ha già incontrato una delegazione delle acciaierie di Terni mentre partivano gli interventi. Si aggirano facce celebri e politici a cominciare dal sindaco di Roma Ignazio Marino, Federica Mogherini, il segretario della Fiom Daniele Calosi. Regioni, sì ai tagli. Il candidato Pd Stefano Bonaccini sale sul palco della Leopolda: “Mi auguro di poter essere il presidente della Regione Emilia Romagna, mi sono schierato dalla parte del governo quando Renzi ha chiesto a tutti di fare la propria parte per i tagli. Basta con la logica del “non tocca mai a te”. Oscar Farinetti si presenta sul palco con il cuoco Enrico Panero, che lavora in uno dei suoi Eataly: “Io e Enrico lavoriamo nella stessa azienda. La nostra fortuna è essere nati in Italia”, esordisce. Luca Parmitano l'astronauta: “Ogni foto racconta una storia”, dice. Lui mostra quella scattata dallo spazio che inquadra l'Italia e il bacino mediterraneo: “Non si vedono i confini, capite? Quella è la nostra sfida”. Arriva Federica Mogherini, lady Pesc: “Mamma ma quindi cambi lavoro? Ti trasferisci? Ma se ce ne sono 28, a cosa serve quello europeo? Se riuscirò a spiegare a mia figlia quel che che faccio, avrò raggiunto il mio obiettivo”, comincia. “Occorre portare la voglia di cambiare in Europa”. Rischia di scoppiare il caso sul segretario della Fiom di Firenze Daniele Calosi, che doveva intervenire: “Per il momento non sono in scaletta”, fa però sapere. Si presenta anche la deputata toscana Elisa Simoni, che all'inizio aveva detto non sarebbe venuta: “Quando parla il segretario io ci sono. Anche se parla in un pollaio”, scherza. I manifesti contro i gufi Parla anche una delle sorprese di questa Lepolda 5: “Un napoletano di sinistra”, lo presentano. E' Gennaro Migliore, ex Sel: “Il diritto di sciopero non è l'ultimo, è il primo”, attacca subito Serra. Poi azzarda: “Io voglio parlare di coerenza. Per me coerenza è dire alla Merkel che così non si può andare avanti”. Cita De Filippo: “C'è qualcuno che pensa che la sinistra sia solo il ragù della mamma e basta? Ce ne sono anche altri e migliori. Io qui ho trovato tante parole, una mi è piaciuta: è benvenuto”. Andrea Romano, ex di Scelta civica, appena iscritto al Pd. Cita subito la vecchia canzone di Jovanotti, “sogno una grande chiesa, da Che Guevara a Madre Teresa...”. Poi: “Mi ha convinto a venire nel Pd la parola nazione. La nazione non è guerra, la nazione siamo noi che la pensiamo così ma anche quel che lasceremo ai nostri figli. Noi della nazione dobbiamo avere cura dell'interesse nazionale. Mi piace l'idea del patriottismo repubblicano, che non ha niente a che fare col conservatorismo, è un atto di devozione e fedeltà, un ponte tra passato e futuro. Patriottismo e sinistra dovranno prima o poi tornbare insieme, come disse George Orwell. Fuori protestano: ci sono i lavoratori di Esaote che rischia la chiusura, i dipendenti di Meridiana a rischio esubero, un plotone di cento operai delle acciaierie di Terni con lo striscione “No allo smantellamento delle acciaierie” sono qui dalle 9, assediano i cancelli della stazione, urlano “Andate a lavorare” mentre dalla stazione sparano “Say Geronimo”, che è una delle colonne sonora della kermesse. Renzi, riceve una delegazione di lavoratori. Intanto arriva anche il segretario fiorentino della Fiom Daniele Calosi, dice che vuole spiegare le ragioni di chi era ieri in piazza. Ma passano i minuti e nessuno gli fa sapere niente. Spiegheranno dopo gli organizzatori che è prassi inviare prima l'intervento da leggere sul palco della Leopolda (regola che vale per tutti eccetto per i ministri) e che il sindacalista non lo ha fatto. "Ho mandato richiesta di intervento il 22 ottobre - spiega Calosi - e mi è stato chiesto l'intervento scritto che io non ho dato. Forse in Corea del nord si richiedono gli interventi preventivamente. Poi se è il modo di operare alla Leopolda ne prendo atto ma mi dispiace". Code di piccoli veleni: "Oggi Renzi e i ministri - osservano dallo staff leopoldino - hanno incontrato i delegati Fiom ed i lavoratori dell'Ast di Terni. Ma Calosi non c'era, preferendo alimentare polemiche". Così si spengono le luci sulla Leopolda 5, ma i fuochi restano. Da - http://firenze.repubblica.it/cronaca/2014/10/26/news/leopolda_serracchiani_lavoro_dignit_uguaglianza_sono_anche_le_nostre_parole-99041202/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI Renzi al G-20: Contro la crisi basta austerità, uniti per ... Inserito da: Admin - Novembre 16, 2014, 05:40:35 pm Renzi al G-20: Contro la crisi basta austerità, uniti per la crescita
Dal nostro corrispondente Mario Platero 15 novembre 2014 BRISBANE – Subito dopo la sessione plenaria del G-20 Matteo Renzi ha ribadito che la visione comune dei leader mondiali è quella di sostituire le misure di austerità con misure per la crescita: “l'Italia sta facendo la sua parte con le riforme che abbiamo proposto, riforme apprezzate da tutti, lavoreremo con l'Europa per cambiare. Non appena saranno approvate lavoreremo con l'Europa per cambiare marcia”. Matteo Renzi e' arrivato questa mattina a Brisbane determinato a rilanciare l'agenda per la crescita contro quella per l'austerità. E in questo suo obiettivo ha subito trovato nel suo primo impegno della mattinata una sponda nel primo ministro australiano Tony Abbott, deciso a sostenere ogni iniziativa possibile per favorire la crescita mondiale, incluso un pacchetto in alcuni centinaia di punti che sarà annunciato durante il vertice e ratificato dai capi di Stato e di Governo. Lo stesso Abbott è allineato con la posizione americana che vuole incoraggiare l'Europa a uscire da un circolo vizioso avviato dalle politiche del rigore di ispirazione tedesca che hanno impedito risultati virtuosi simili a quello americano che ha ripreso a crescere a tassi persino superiori al 4% con la creazione di 10 milioni di posti di lavoro in pochi anni a un tasso di disoccupazione che è passato dal 7,2 al 5,8% in appena un anno. “L'unica strada oggi è tornare a discutere di crescita non solo di rigore. La crescita non viene solo dallo sviluppo dell'economia, ma anche da un investimento di lungo termine nella formazione e nella educazione” ha detto Renzi ai margini dei suoi incontri bilaterali qui a Brisbane. Il Presidente del Consiglio ha aggiunto che l'Italia appoggerà fino in fondo l'agenda per la crescita del G20. Renzi si è successivamente incontrato poi con il nuovo premier indonesiano Widodo, con Vladimir Putin e con il Presidente brasiliano Dilma Rousseff, reduce da una impressionante vittoria elettorale. Fonti vicine a Palazzo Chigi hanno anche minimizzato il dato negativo sulla crescita:” Il PIL a meno 0,1 era largamente atteso- ci ha detto la fonte – non ne siamo felici ovviamente, ma non siamo neppure preoccupati. Il problema crescita non e solo italiano, riguarda tutta Europa”. Le fonti di Palazzo Chigi osserva anche che “il continui ritornello della UE secondo cui l'Italia ha un debito alto, non è una novità. Che la percentuale Pil debito cresca con la crescita negativa è una banalità matematica” Dalla Commissione Renzi si attende piuttosto uno sforzo per rilanciare sugli investimenti. Renzi ha incontrato in bilaterale Con il premier indonesiano Joki Widodo, collega anche perché, ha detto ancora Renzi, “abbiamo alla entrambi alle spalle una esperienza come sindaci”. Nel dialogo si è parlato di rapporti economici e culturali fra i due paesi, anche in vista della collaborazione per Expo, e la lotta contro il terrorismo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-15/renzi-g-20-basta-austerita-uniti-la-crescita-095217.shtml?uuid=ABhOpIEC Titolo: Intervista a Michael Dobbs: "Ecco i miei consigli a Matteo Renzi" Inserito da: Admin - Novembre 22, 2014, 05:22:35 pm 19 novembre 2014
Intervista a Michael Dobbs: "Ecco i miei consigli a Matteo Renzi" “Intanto, la prima cosa che gli direi è che i miei libri sono semplicemente dei Drama e non dei manuali di istruzione (ride, ndr). Renzi è un premier giovane ed ambizioso, pieno di idee e di energia. Non l’ho mai incontrato, mi piacerebbe che accadesse. Ho un grande considerazione di lui però non deve mai dimenticare una cosa fondamentale: il motivo per cui è entrato in politica, cosa deve dare per ricevere. Un politico non deve cercare di essere amato, ma rispettato. Deve ottenere il rispetto del suo popolo. Un politico serio e determinato deve puntare forte i piedi al suolo e spingersi il più possibile verso la giusta direzione. Deve dimostrare la sua tenacia e spietatezza nel raggiungere un certo obiettivo. In tal modo la gente sarà sempre con lui e non lo lascerà mai solo”. Sono i consigli di Michael Dobbs, autore di House of Cards, al premier Matteo Renzi Da - http://video.huffingtonpost.it/culture/intervista-a-michael-dobbs-ecco-i-miei-consigli-a-matteo-renzi/2792/2792 Titolo: Ecco la mia sinistra: sta con i più deboli e non ha bisogno di esami del sangue Inserito da: Admin - Novembre 25, 2014, 04:26:02 pm Ecco la mia sinistra: sta con i più deboli e non ha bisogno di esami del sangue
Il premier scrive a Repubblica: "Ho rivendicato l'appartenenza del Pd alla famiglia socialista europea. Per me parlano i miei comportamenti" Di MATTEO RENZI 22 novembre 2014 Caro Direttore, Repubblica mi chiama in causa personalmente. Mi chiede quale sia la nostra idea di sinistra che rivendico, ad esempio, quando parlo della riforma del lavoro. Come lei sa, non da ora, sono tra quelli che hanno favorito e accelerato la fine dell'era del trattino. Quando non si poteva pronunciare la parola sinistra senza premettere qualche prefisso per attenuarla, quasi a prendere le distanze. Ho sempre rivendicato, con fierezza ed orgoglio, l'appartenenza del Partito democratico alla sinistra, alla sua storia, la sua identità plurale, le sue culture, le sue radici. Per questo ho spinto al massimo perché il Pd, dopo anni e anni di dibattito, fosse collocato in Europa dove è adesso, dentro la famiglia socialista della quale oggi, grazie al risultato delle ultime elezioni, è il primo partito con oltre 11 milioni di voti. Questo per dire che nei comportamenti concreti, nelle scelte strategiche, il Pd sa da che parte stare. Dalla parte dei più deboli, dalla parte della speranza e della fiducia in un futuro che va costruito insieme. Non credo sia il caso qui e ora di discutere di pantheon e di storie, ognuno ha i suoi riferimenti, le persone che ci hanno ispirato nella azione politica. Dico solo che nel Partito democratico hanno tutti cittadinanza alla pari, così come le tradizioni, le esperienze, le parole che ognuno di noi porta dentro questo progetto che è collettivo e anche personale perché riguarda nel profondo ognuno di noi, e non perché come vorrebbe chi ci vuole male c'è un uomo solo al comando. Quella del Pd è una sfida plurale, un progetto condiviso da milioni di persone, non la tigna di un individuo. Ed è per questo, però, che non possiamo permetterci di restare fermi a un passato glorioso, ma rivitalizzarlo ogni giorno cambiando, trovando soluzioni concrete ed efficaci a problemi che si trasformano e che riguardano da vicino la vita delle persone. So che Repubblica non vuole farci un esame del sangue, come invece pretenderebbe qualcuno anche dalle parti del sindacato. Lo dico per rispondere alla premessa del vostro editoriale, di una mancanza di rispetto nei confronti di una storia e di una rappresentanza. Non è la mia intenzione, ho un profondo rispetto per il lavoro e per i lavoratori che il sindacato rappresenta. E non sono parole formali. Penso, tuttavia, che altrettanto rispetto sia da chiedere anche nei confronti di un governo che sta cambiando il mondo del lavoro per evitare che alibi e tabù tengano fuori dal mercato milioni di lavoratori solo perché non hanno contratto o sono precari. Penso che il modo più utile per difendere i diritti dei lavoratori sia quello di estenderli a chi ancora non ce li ha, di aprire le porte di uno spazio rimasto troppo chiuso per troppi anni. Altrimenti qualcuno ci deve spiegare perché con tutto l'articolo 18 abbiamo una disoccupazione a doppia cifra che cresce in questo paese. Sono pronto sempre al confronto, da mesi giro l'Italia in lungo e largo, visitando aziende, stringendo le mani di chi lavora, parlando del futuro del paese in una competizione sempre più dura nel mondo. Non siamo noi, non è il governo, non è il Partito democratico a cercare lo scontro. Siamo noi, però, a porre il tema di un mondo che cambia, nel quale non possiamo più permetterci di non dare tutele alle donne che non hanno garanzie se aspettano un figlio. Un mondo nel quale la selva di contratti precari e precarizzanti deve essere disboscata, semplificata. Un mondo nel quale esista una rete di strumenti di welfare che sostenga chi perde il lavoro e lo metta in condizione di trovarne un altro. Se entriamo nel merito del Jobs Act vediamo che non c'è riforma più di sinistra. L'altra sera, al PalaDozza di Bologna, nel cuore di quella Emilia rossa fatta di tradizione e pragmatismo, di storia e senso pratico, il passaggio più sentito di un intervento che ho fatto per sostenere Stefano Bonaccini come presidente di Regione è stato quello sul sindacato che non ha manifestato contro la Legge Fornero e oggi manifesta contro il Jobs Act. E avevo davanti una platea di militanti e dirigenti, molti dei quali vengono proprio dalla storia profonda della sinistra italiana. Allora, io mi faccio molte domande, mi interrogo e sento la responsabilità del cambiamenti che stiamo portando, che è autentica e non di facciata. Ma vorrei che anche il sindacato e più in generale il mondo della sinistra si chiedesse se non ci sia una grande opportunità da cogliere. Per questo penso che la battuta su Berlusconi e Verdini che fa l'editoriale di Repubblica sbagli indirizzo e destinatario. Il Pd ha chiara la differenza tra maggioranza e opposizione così come ha chiaro che le regole del gioco si prova a cambiarle assieme per poi tornare a dividersi su tutto il resto. L'alternativa all'Italicum è lo status quo proporzionalistico. Che convince chi ha in mente un disegno neocentrista che fino a qualche mese fa era sul tavolo e che noi abbiamo sparecchiato. Mi viene rimproverato anche di scherzare coi gufi e coi soloni. Penso che un po' di ironia, Direttore, possa aiutare tutti a mettere a fuoco meglio le nostre posizioni, non per banalizzarle, ma per metterle in prospettiva. Per noi la sinistra è storia e valori, certo, è Berlinguer e Mandela, Dossetti e Langer, La Pira e Kennedy, Calamandrei e Gandhi. Ma è soprattutto un futuro su cui lavorare insieme per risolvere i problemi delle persone, per dare orizzonte e dignità, per sentirsi parte e avere orgoglio di essere non solo di sinistra, ma italiani. Il mondo in questi mesi è cambiato, l'Italia in questi mesi è cambiata; l'Italia delle Istituzioni, del lavoro, della pubblica amministrazione, della giustizia. Una libertà ingiusta, una libertà per pochi, è la ragione sociale della destra. Ma una giustizia illiberale, una giustizia cioè che pretenda di essere per tutti ma senza rispetto per la libertà dei singoli, è la prigione ideologica di una sinistra che ha una visione odiosa delle cose. Tocca a noi recuperare questo ritardo, rivoluzionando come democratici questo meraviglioso paese. Ci sono due modi per cambiare l'Italia. Farlo noi da sinistra. O farlo fare ai mercati, da fuori. Sostenere che le ricette siano le stesse cozza contro la realtà. In ciò sta tutta la nostra idea di sinistra. Parole che producono fatti. Perché il tempo delle parole, giuste o sbagliate, slegate dai fatti, è un tempo che abbiamo deciso di lasciarci alle spalle per sempre. © Riproduzione riservata 22 novembre 2014 Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/11/22/news/la_mia_sinistra_non_ha_bisogno_di_esami_del_sangue-101139978/?ref=HREA-1 Titolo: Renzi: non condivido ma il diritto di sciopero non si tocca Inserito da: Admin - Dicembre 13, 2014, 04:35:52 pm Renzi: non condivido ma il diritto di sciopero non si tocca
11 dicembre 2014 «Il diritto di sciopero è garantito dalla Costituzione e noi lo rispettiamo. Il fatto che io non sia d’accordo sullo sciopero di domani non toglie che la protesta domani si faccia, sia ben organizzata e gestita e, conoscendo le organizzazioni sindacali che lo hanno programmato, nel rispetto delle opinioni diverse, credo che domani filerà tutto liscio». Da Ankara il premier Matteo Renzi, al termine dell’incontro con il primo ministro turco Ahmet Davutoglu e alla vigilia dello sciopero generale proclamato da Cgil e Uil, è intervenuto anche sulle questioni italiane, dopo le scintille tra la leader della Cgil Susanna Camusso e il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi per la precettazione dei ferrovieri. «Spero che le polemiche tra Lupi e Camusso si risolvano» Per il premier «è legittimo che ci possano essere manifestazioni e scioperi». Quello generale - ha aggiunto - «è una forma di alta protesta alla quale dobbiamo avvicinarci con profondo rispetto: non la pensiamo come loro, cambieremo il Paese anche per loro, ma garantiamo la massima collaborazione istituzionale e mi auguro che si risolvano in poche ore le polemiche tra Lupi e Camusso». La legislatura? «Per me finisce nel 2018» A chi gli chiedeva se fosse nell’aria il voto anticipato, Renzi ha tagliato corto: «Per quello che mi riguarda la legislatura finisce a febbraio del 2018». Ma alla minoranza del partito il segretario del Pd ha lanciato un avvertimento in piena regola, dopo che ieri il Governo è stato “battuto” in commissione Affari costituzionali durante l’esame del ddl Boschi di riforma del Senato: «Recupereremo in aula, perché non è possibile fare soluzioni pasticciate e perché questo voto è stato definito un segnale politico da alcuni che lo hanno espresso. Di segnali politici il Pd parlerà in modo molto chiaro domenica. La riforma costituzionale andrà in aula a gennaio come previsto». Sulla crescita tutti, o quasi tutti, d’accordo «Auguro buon lavoro alla Turchia per il G20», ha detto Renzi, senza rinunciare a una frecciata: «È molto importante visto che in Australia si è insistito sulla crescita. La crescita è un fattore su cui tutti, o meglio, quasi tutti, insistono». «Domani a Istanbul vedremo aziende che fanno investimenti importanti, vogliamo dare un segnale di forte stimolo agli investitori», ha rilevato il presidente del Consiglio. «Vogliamo creare posti di lavoro, far sì che il Jobs Act non sia solo un insieme di regole ma faccia sì che l’Italia torni ad avere il segno più davanti. Vogliamo toglierci il segno meno davanti e lo faremo». Emergenza profughi: serve supporto internazionale alla Turchia Il capo del governo ha poi espresso «gratitudine per il lavoro della Turchia su profughi e rifugiati» e ha auspicato che la Turchia non sia lasciata sola ad affrontare l’emergenza profughi: «Do un numero: da noi c’è un dibattito per il numero molto alto di rifugiati provenienti dal nord Africa, e soprattutto dalla Libia, che sono stati, nell’anno di massima esposizione, quasi 150 mila. Bene, è un tema delicato da affrontare ma pensate che la Turchia ha a che fare con circa 2 milioni di profughi». Per questa ragione è necessaria una risposta, «un importante supporto della comunità internazionale». ©RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-11/renzi-non-condivido-ma-diritto-sciopero-non-si-tocca-173816.shtml?uuid=ABFd1NPC Titolo: La manina di Renzi immersa nel pantano della frode fiscale? Che errore sarebbe.. Inserito da: Admin - Gennaio 08, 2015, 05:02:47 pm Fisco, Lega e minoranza Pd chiedono al premier di riferire.
Bersani: "Per il Colle ripartiamo da Prodi" L'ex segretario dem attacca il presidente del Consiglio sulla delega fiscale: "Sua la manina? Non gli faccio i complimenti". Poi ricorda: "La frode fiscale è reato in tutto il mondo". In Senato prosegue l'esame della legge elettorale, bocciato calendario opposizioni 08 gennaio 2015 ROMA - Non si placa la polemica sulla norma salva-Berlusconi della delega fiscale (approvata e poi ritirata in Cdm), inserita prima di Natale, che di fatto avrebbe cancellato la condanna per frode dell'ex premier conferendogli una nuova agibilità politica. Dopo che ieri il presidente del Consiglio si è preso la responsabilità dell'accaduto durante l'assemblea dei deputati democratici ("La manina è mia" avrebbe detto il premier) oggi l'ex segretario dem Pierluigi Bersani torna all'attacco e chiede spiegazioni: "Renzi in aula per spiegare? Certo non guasterebbe" ha affermato Bersani ospite di "L'Aria che tira" su La7. La richiesta formale di riferire in Parlamento era arrivata in mattinata prima dal senatore dem (dissidente) Massimo Mucchetti e poi da Sel e Lega Nord che ha presentato una mozione in merito. L'intervento di Mucchetti, che ha chiesto a Renzi "di riferire per filo e per segno", ha creato un piccolo caso nel gruppo Pd, con il vicepresidente dei senatori dem Giorgio Tonini costretto a precisare che la richiesta di Mucchetti è stata fatta a titolo personale. La richiesta ha avuto il merito di rendere palese anche nelle aule parlamentari l'insofferenza della minoranza dem, sul piede di guerra per il caso della norma salva-Berlusconi. Contrasti che non sono passati inosservati in orbita Cinque Stelle, che con il senatore Giovanni Endrizzi, parla di "voto di scambio". La frenata del premier sulla delega fiscale ha messo in allarme anche il capogruppo Ncd Maurizio Sacconi, che ha chiesto all'esecutivo di "venire subito in Parlamento con quel decreto delegato, a prescindere da coloro che ne sarebbero i beneficiari" e di "spiegarci cosa pensa sia giusto per il nostro sistema tributario e per il nostro ordinamento". Intanto Pippo Civati, sempre più distante da Renzi, ha annunciato oggi la presentazione di una proposta per inserire una norma sul conflitto di interessi nella riforma costituzionale che a breve sarà all'esame della Camera dei deputati. Bersani lancia Prodi per il Colle. "Non è messo così male Renzi. Ha dato un messaggio a un pezzo di Italia con quel 3%: essere leggeri sul tema fiscale è come dare da bere agli ubriachi. E' facile fare l'oste...". Ha usato una delle sue famigerate metafore Pierluigi Bersani per spiegare la sua distanza dal premier sulla delega fiscale e sull'idea complessiva di sistema fiscale: "Il punto è che concetto abbiamo di fedeltà fiscale in questo benedetto Paese. Renzi si è preso la responsabilità del decreto, la manina è la mia e ha risolto, ma io non riesco a fargli i complimenti". Poi ha incalzato il premier: "A Renzi voglio chiedere: abbiamo inventato l'evasione in proporzione? Non esiste in nessun posto al mondo una cosa così. La frode fiscale è un reato in tutto il mondo". Il caso esploso nei giorni scorsi rischia di avere ripercussioni anche sulla corsa al Colle: la minoranza dem, che ha chiesto al governo di presentare la nuova delega fiscale prima del voto per il Quirinale, potrebbe ora essere tentata di respingere qualsiasi candidato figlio del patto del Nazareno. E magari ripartire da Prodi, come dice chiaramente lo stesso Bersani: "Romano Prodi candidato per il Colle? Non voglio fare nomi ma io sono quello lì...Ripartiamo da Prodi? sì, no poi si arrabbia...". L'ex segretario Pd non ha risparmiato frecciate al premier, ricordando anche il recente Jobs Act: "Sta sbucando fuori un modo di pensare, un'idea di società sulla quale non solo d'accordo: per i lavoratori facciamo all'americana, per gli evasori all'italiana. Ci sono dei punti limite". Italicum. Intanto al Senato è partito l'iter che dovrebbe portare all'approvazione dell'Italicum. Ieri l'aula ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità presentate da M5s e Sel e, nonostante Forza Italia abbia riconfermato la sua contrarietà al premio di lista, sembra tenere il patto del Nazareno. Oggi sono state bocciate tutte le proposte delle opposizioni di modificare il calendario dei lavori dell'aula del senato decise a maggioranza dalla capigruppo. L'aula ha respinto sia la proposta di Sel di inserire altre proposte di legge prima della riforma elettorale sia la proposta della Lega di inserire l'informativa sulla delega fiscale prima della riforma elettorale. La seduta riprenderà alla 16 con mozioni e interpellanze, mentre la discussione generale sull'Italicum riprenderà martedì. Sul percorso della legge elettorale pesano i dubbi della minoranza Pd. Segnali poco incoraggianti sono arrivati dallo stesso Bersani che è tornato ad attaccare il sistema dei capilista bloccati. "Cerchiamo di ragionare, ho capito il Nazareno, ho capito che Berlusconi i suoi se li deve nominare lui anche se perde ma dobbiamo usare raziocinio, c'è un meccanismo come il Mattarellum, ad esempio...". E chiarisce ulteriormente le sue argomentazioni: "Il meccanismo dei capilista nominati oltre ad essere abnorme ha anche un aspetto particolare: se si vota un partito sopra il 20% la preferenza conta qualcosa. Se, invece, il partito sta sotto il 20% la preferenza è una presa di giro...". La partita resta tutta da giocare. La pausa nella discussione generale sarà utilizzata per sciogliere i nodi ancora sul tappeto e ricomporre i malumori all'interno del partito di maggioranza. © Riproduzione riservata 08 gennaio 2015 Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/01/08/news/fisco_bersani_attacca_renzi_sua_la_manina_non_gli_faccio_i_complimenti_la_lega_chiede_di_riferire_in_aula-104521297/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_08-01-2015 Titolo: MATTEO RENZI. Renzi scarica la minoranza Pd e sceglie Berlusconi? ... Inserito da: Admin - Gennaio 10, 2015, 11:29:48 am Salva-Silvio, Matteo Renzi scarica la minoranza Pd e sceglie Berlusconi: rivedo la norma a febbraio
Pubblicato: 06/01/2015 21:37 CET Aggiornato: 06/01/2015 21:37 CET Contro l’ostacolo del ‘salva-Silvio’, piazzato davanti a Palazzo Chigi da una tempesta perfetta e molto oscura sul decreto fiscale, Matteo Renzi guida a tutta velocità. Il premier compie una manovra spericolata. Arrabbiato, come lo descrivono i suoi, con chi gli ha servito questo piattino avvelenato, il premier si mette davanti al pc e compone la sua enews. Nella quale rivendica tutto: sia la norma che depenalizza l’evasione fiscale se è inferiore al 3 per cento del reddito imponibile e sia il fatto che la stessa norma possa cancellare la condanna per frode fiscale di Silvio Berlusconi, interdetto dai pubblici e incandidabile per il processo Mediaset. Come sa fare soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà, Renzi usa la testa d’ariete. Se ne infischia e va avanti. Di fronte alla minoranza Pd che gli chiede di correggere subito il decreto in un consiglio dei ministri ad hoc prima della avvelenatissima partita sul dopo Napolitano, proprio per fugare i dubbi, il premier non si ferma. La norma potrà essere rivista, spiega nella enews, ma non ora, bensì il 20 febbraio. In quella data l’esecutivo discuterà di tutto il pacchetto di norme fiscali, solo allora e non prima. Non prima che si sia posata un po’ di polvere sull’elezione del nuovo inquilino del Colle dopo Giorgio Napolitano, non prima che questo passaggio così cruciale si sia concluso. Tenere Berlusconi in scacco. Fino ad allora, Renzi ha bisogno del sostegno dell’alleato del Patto del Nazareno. E la mossa decisa oggi serve al presidente del Consiglio per legare l’ex Cavaliere al patto, per costringerlo a mantenere la parola data a cominciare dalla discussione sulla legge elettorale al via in Senato nei prossimi giorni. Così la spiegano i suoi, senza falsi pudori. Perché al Senato, tra trappole e insidie della minoranza Pd e dei fittiani, l’obiettivo di approvare l’Italicum entro la fine del mese, cioè prima dell’elezione del successore di Napolitano, non è assolutamente a portata di mano, ragionano preoccupati i senatori della cerchia renziana. Il premier, racconta chi lo ha sentito, non ha pensato nemmeno per un attimo di dare ascolto alla minoranza Dem, di convocare subito il consiglio dei ministri per rivedere il decreto fiscale. Ritrattare ora sull’argomento “avrebbe significato mandare all’aria il lavoro di un anno costruito con Berlusconi a partire dall’incontro a Nazareno del 18 gennaio scorso”, sottolinea una fonte renziana. E dunque ecco qui, la spericolata enews che difende la norma e attacca l’antiberlusconismo della ‘vecchia sinistra’. La rivendicazione. Il decreto fiscale, scrive Renzi, è stato “salutato positivamente per giorni, salvo poi cambiare idea quando qualcuno ha avanzato ipotesi che contenesse una norma salva Berlusconi (ipotesi tutta da dimostrare, peraltro). Per essere chiari: noi non facciamo norme ad personam, né contra personam. E' una norma semplice che rispetta il principio di proporzionalità. E che si può naturalmente eliminare, circoscrivere, cambiare. Ma per evitare polemiche - sia per il Quirinale, che per le riforme - ho pensato più opportuno togliere di mezzo ogni discussione e inserire anche questo decreto nel pacchetto riforme fiscali del 20 febbraio”. E ancora: “Il fatto che ci siano adeguate soglie di punibilità (penali: il colpevole paga lo stesso, tutto, fino all'ultimo euro ma con sanzioni amministrative e non penali) e che si rispetti il principio di proporzionalità è sacrosanto - osserva Renzi - Poi nel merito si può discutere di tutto, cambiare tutto, ragionare di tutto. Ma una legge si adotta se serve agli italiani, non se si immagina che possa servire o non servire a un italiano. Questa ossessione su Berlusconi sia da parte di chi lo ama, che da parte di chi lo odia non mi riguarda. A forza di pensare a lui, per anni si sono dimenticati degli italiani. Bene, noi cambiamo il fisco per gli italiani, non per Berlusconi. Senza fare sconti a nessuno, nemmeno a Berlusconi che sconterà la sua pena fino all'ultimo giorno". Slitta l’incontro con Padoan. La tentazione è di rivedere la norma in modo che non riguardi il caso di Berlusconi, magari abbassando la soglia del 3 per cento o eliminando il reato di frode fiscale. Ma fino all’ultimo non è detto che vada così. E in ogni caso per Renzi il caso è chiuso, se ne riparlerà a febbraio. Anche l’incontro a quattr’occhi con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, incontro che al Mef avevano segnato in agenda per oggi o domani, alla fine è slittato. Probabilmente il premier riceverà il ministro a Palazzo Chigi nei prossimi giorni, ma con la enews di oggi intanto ha infilato il dossier fisco in fondo al mese di febbraio. Nessuna urgenza. Anche perché, a guardare il panorama parlamentare, Renzi ha più necessità di imbrigliare Berlusconi piuttosto che la minoranza Pd, ragionano i suoi. Bersani e i suoi silenti sul ‘salva Silvio’. Il ragionamento è presto svolto. Il premier è certo di aver ormai acquisito la ‘docilità’ di quella parte della minoranza Dem che lo ha aiutato a tirare in porto il Jobs Act, sfilandolo alla tempesta parlamentare pur scatenata da una trentina di frondisti Pd alla Camera. Insomma, Renzi sa che anche per la partita sul Colle può contare su Pierluigi Bersani e gran parte di Area Riformista. Tant’è vero che l’ex segretario Dem e i suoi sono rimasti muti sul pasticciaccio del ‘salva Silvio’. Eppure si tratta del caimano, l’avversario delle elezioni del 2013. Bersani e i suoi non hanno attaccato: un atteggiamento che nella cerchia renziana viene interpretato come una conferma ulteriore di disponibilità a lavorare con il governo e non contro. Ragion per cui, domani, nell’assemblea con i deputati Dem, il premier potrebbe tendere la mano in materia di legge elettorale. Vale a dire: cento collegi invece che 120 per limitare il numero dei capilista bloccati. Anche di questo parla la enews: “Cento collegi in cui ogni partito presenta un nome sul modello dei collegi uninominali, ma viene introdotta anche la possibilità di votare il proprio candidato con la preferenza. Alla fine due terzi dei parlamentari saranno eletti con le preferenze, un terzo con il sistema dei collegi". Gli ‘irrecuperabili’ del Pd. Invece, il resto della minoranza Pd è irrecuperabile: lavora per sabotare il premier e il Patto del Nazareno. Così ne parlano i renziani di stretta osservanza, così registra il lavoro di ricognizione condotto dal fedelissimo Luca Lotti per scovare le sacche di franchi tiratori nel Pd. E dunque, nessuna sorpresa a Palazzo Chigi se la decisione di posticipare la revisione del decreto fiscale a febbraio viene attaccata duramente da Stefano Fassina (“La propaganda del premier è indecente”), da Alfredo D’Attorre (“Decisione sbagliata che rischia di aumentare fortemente polemiche e sospetti anche in vista dell’elezione del presidente della Repubblica”), da Corradino Mineo (“Sbaglia Matteo a difendere la modica quantità per evasori e truffatori. E sbaglia a rinviare a febbraio: sembra un favore a Berlusconi”). Nessuna sorpresa: “Loro saboterebbero qualunque candidato che Matteo possa proporre alla presidenza della Repubblica”, sottolinea un fonte vicina al premier. Dunque, la tavola di discussione politica per il mese di gennaio è così apparecchiata. Chi vuole, si siede. Ombre e difetti di chiarezza sul ‘salva Silvio’ restano sotto il tavolo. Restano oscuri i dettagli intorno al ‘salva Silvio’ eppure la rivendicazione del pasticcio arriva via enews. Come un delitto di cui non si sappia nulla salvo cadavere e sigla di chi rivendica il misfatto. Renzi va avanti così. La scelta è fatta. Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/01/06/salva-silvio-matteo-renzi_n_6425086.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Franco Coppi: "3% è segnale di Renzi per il Colle". Inserito da: Admin - Gennaio 10, 2015, 11:31:14 am Franco Coppi: "3% è segnale di Renzi per il Colle".
Per il legale di Berlusconi, il provvedimento è legato alle trattative Pubblicato: 06/01/2015 11:18 CET Aggiornato: 32 minuti fa "Mi chiede se la polemica sul 3% per i reati fiscali e sul mio assistito Silvio Berlusconi c'entri con la partita per il Quirinale? E io le rispondo di sì, altrimenti perché Matteo Renzi promette che la pratica sarà rinviata a presidente eletto e dopo la fine dei servizi sociali a Cesano Boscone?". Così Franco Coppi, legale di Berlusconi, in un colloquio con il Fatto Quotidiano. Il giornale riporta che ieri Berlusconi, in un incontro con Brunetta, Romani e Verdini, avrebbe rivelato di aver ricevuto una telefonata dal premier Renzi la sera del 24 dicembre. Aspettare l'elezione del Capo dello Stato, osserva Coppi, "è l'aspetto che mi preoccupa e comprendo chi lo solleva: il provvedimento appare legato alle trattative per il Quirinale, utilizzato come un messaggio mentre ci avviciniamo all' appuntamento per la successione di Giorgio Napolitano. È scorretto per i cittadini che potrebbero beneficiare della soglia del 3% e per il Berlusconi politico. Per fortuna, il problema non mi riguarda". "Quel che posso evidenziare - prosegue l'avvocato - è che il Tesoro e Palazzo Chigi non potevano non sapere l'esistenza del codice. E mi domando: perchè ieri ritenevano giusta la legge e oggi è sbagliata? Colpa sempre di Berlusconi?". Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/01/06/franco-coppi-3-e-segnale-per-il-colle_n_6421504.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Per Matteo Renzi scatta l'allarme sui primi tre scrutini: il fantasma Prodi,... Inserito da: Admin - Gennaio 18, 2015, 06:51:25 am Quirinale.
Per Matteo Renzi scatta l'allarme sui primi tre scrutini: il fantasma Prodi, la partita di Bersani Pubblicato: 14/01/2015 21:01 CET Aggiornato: 1 ora fa Da un lato, Matteo Renzi posticipa a lunedì l'assemblea con i senatori del Pd prevista per domattina. Dall'altro, il senatore bersaniano Miguel Gotor annulla la conferenza stampa sul suo ‘bellicoso’ emendamento contro i capilista bloccati dell'Italicum, firmato da ben 37 senatori di minoranza. Nel giorno in cui Giorgio Napolitano lascia il Quirinale, tutto si muove e tutto si sospende nel Pd. Renzi e Bersani, ovvero i players principali della partita sul nuovo presidente della Repubblica, si posizionano ai blocchi di partenza. Palla al centro. Obiettivo: stanarsi. Almeno da parte di Bersani, che non a caso mette allo scoperto i suoi interrogativi: “Se c'è la volontà di arrivare ad una intesa con tutti che sia con tutti, perché aspettare la quarta votazione e lasciar perdere la prima, la seconda e la terza?", domanda l'ex segretario del Pd a sera. E’ il campanellino che a Palazzo Chigi conferma il nuovo allarme nato in giornata: l’incubo dei primi tre scrutini con tutte le trappole anti Patto del Nazareno che possono comportare. A sera, ospite da Daria Bignardi su La7, Renzi prova a stabilire dei paletti: "Nessuno può porre veti" sul Quirinale, l'elezione del presidente "non è una competizione ideologica". E quanto a Berlusconi, se dice no al candidato del Pd, "ce lo eleggiamo da soli". Ma è un pre-riscaldamento di partita. Intanto, Pippo Civati non fa mistero del fatto che sta tentando di mettere su l’operazione Romano Prodi insieme a Sel. Cioè candidare il professore bolognese ai primi tre scrutini, contando anche sui voti degli ex grillini più di sinistra, magari anche gli altri pentastellati o forse lo stesso Beppe Grillo se decide, magari i fittiani. Quanto ai bersaniani, vero ago della bilancia nel Pd sul Quirinale, Civati specifica: “Io sono favorevole ad un'iniziativa politica comune, ma Bersani non mi sembra si sia ancora deciso. Con lui, comunque, devo ancora parlare…". Insomma, per Civati “Prodi è il miglior presidente possibile: se riusciamo a fargli prendere un bel pacco di voti nei primi tre scrutini, come si può ritirarlo dalla corsa alla quarta votazione, quella ‘buona’?”. E’ questa terribile congiuntura tra minoranze che Renzi vuole spezzare sul nascere. La mission è impedire che riescano a compiere il miracolo di ritrovarsi insieme contro il segretario nella partita sul Quirinale. Per ora, il premier è convinto che Bersani giochi una partita diversa e distinta dai civatiani sul Quirinale: prova ne è la collaborazione offerta al governo sul Jobs Act dall’ala bersaniana del partito prima di Natale. Da parte sua, però, l’ex segretario lavora per stanare il segretario del Pd, far venir fuori le sue reali intenzioni, i perché dei suoi no a questo o quello, svelare i bluff del capo del governo. E’ per questo che i suoi al Senato alzano il prezzo sulla legge elettorale, pur avendo appreso dai renziani che sull’Italicum il premier non è disposto a trattare. Piuttosto, l’idea del capo del governo è di convincere Bersani e le sue truppe parlamentari facendo leva sul “senso di responsabilità verso l’unità del Pd e verso il Paese in un momento così delicato…”. Chissà se basterà. Anche perché di candidati ‘anti Patto del Nazareno’ ne girano altri, oltre a Prodi. Per esempio, l’ex ministro della giustizia Paola Severino, autrice della legge che rende Berlusconi incandidabile per via della condanna per frode fiscale. Anche Severino riscuote consensi nella minoranza Pd. Il punto per il premier è fare in modo di arrivare senza trappole e insidie alla quarta votazione, quella a maggioranza assoluta di 505 voti, quella per la quale Renzi ha promesso il suo nome che prima passerà per una “rosa di nomi che proporrò al Pd”. Così ha assicurato oggi nella riunione di segreteria al Nazareno. Insomma, Renzi punta a fare in modo che il grosso dei Dem – a parte i civatiani considerati “irrecuperabili” e magari anche Stefano Fassina, segnalano dal quartier generale renziano - rispetti l’indicazione di votare scheda bianca ai primi tre turni, quelli a maggioranza dei due terzi, ovvero ben 672 voti. In questo Parlamento non ce ne sono così tanti intorno ad un unico nome. "Bersani propone di votare il Presidente della Repubblica dal primo scrutinio. Visti i precedenti, questa volta meglio prediligere ascolto, sicurezza e coesione vera...", taglia corto il senatore renziano Andrea Marcucci su twitter. Non succederà mai il miracolo che, segnalano i renziani, nella storia è avvenuto solo per due presidenti: Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi, entrambi eletti al primo scrutinio. Ed è proprio per questo che la domanda serale di Bersani suona tendenziosa dalle parti del premier. E scatta l’allerta: iniziano i giochi. E poi c’è anche che, fanno notare nei circoli renziani, il premier-segretario non può che proporre scheda bianca ai primi tre scrutini. Perché non può correre il rischio di farsi bocciare dall’aula, non è più il libero rottamatore del Pd che alle presidenziali del 2013 lanciava liberamente i suoi assi per giocare la partita da Firenze. Successe per esempio con il nome di Sergio Chiamparino e non solo. Tutto questo oggi non è possibile. E poi, spiegano i renziani, “votare scheda bianca è un modo per controllare che la disciplina di partito venga rispettata: chi tradisce, si ferma a scrivere un nome nell’urna e si vede”. “Prodi è un candidato pericoloso…”, ammette un renziano fedelissimo a taccuini chiusi. “Non possiamo candidarlo perché non avrebbe i voti, verrebbe affossato di nuovo come nel 2013: non si può…”. Ma non si può soprattutto perché il professore bolognese resta escluso da quella rosa di nomi che Renzi vuole proporre al Pd all’assemblea dei grandi elettori, a ridosso dell’inizio delle votazioni il 29 gennaio. Prodi non è tra i ‘graditi’, troppa storia alle spalle, troppo peso, ti spiegano i Dem di maggioranza, soprattutto non sarebbe gradito a Silvio Berlusconi. E Renzi è interessato a difendere con le unghie il Patto del Nazareno, croce e delizia della sua ascesa politica. Ma nemmeno quello di Walter Veltroni è una carta certa tra i Dem. “Ha troppi nemici nel Pd: magari dicono di sì e poi lo affossano dietro il voto segreto, come è successo con Prodi”, spiega un renziano di rango. Un ragionamento che, al di là dei nomi e dei cognomi, segnala quanto sia fragile il terreno sul quale il premier deve muoversi nelle prossime due settimane. Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/01/14/quirinale-matteo-renzi-prodi_n_6471802.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Alessandro De Angelis - Quirinale, su Mattarella si blocca il Nazareno. Inserito da: Admin - Gennaio 30, 2015, 04:35:11 pm Alessandro De Angelis
alessandro.de.angelis@huffingtonpost.it Quirinale, su Mattarella si blocca il Nazareno. Nell'incontro Silvio Berlusconi non dà il via libera al candidato di Renzi Pubblicato: 28/01/2015 20:58 CET Aggiornato: 29/01/2015 09:40 CET Lo stallo ha il nome di Sergio Mattarella. O il bluff. O entrambe le cose. Perché come è nel suo stile, Matteo Renzi ostenta forza. All’uscita dell’incontro con i dissidenti Cinque stelle fischietta una canzone: “Una splendida giornata”. Lascia trapelare da palazzo Chigi che ci sarebbero i numeri per eleggerlo a maggioranza: “Teniamo duro su Mattarella. È un uomo che sta nella nostra storia, di uomo retto e con un profilo politico e istituzionale di tutto rispetto. E unisce tutto il Pd.”. L’obiettivo è che la notte porti consiglio a Silvio Berlusconi. E che il Cavaliere, quando si vedranno o si sentiranno domani mattina, possa cedere: “Pensa che il Cavaliere alla fine si pieghi”. Quanta convinzione ci sia nel tentativo e quanta tattica lo si capirà all’assemblea dei grandi elettori: “Se Renzi fa sul serio su Mattarella, allora deve dire che è lui il nostro candidato. E invece continua a non fare nomi, allora ha giocato a elidere primi due nomi, Amato e Mattarella, per arrivare a un terzo che avrà già in mente”. Perché tutta la giornata di oggi ruota attorno ad Amato. Alla feroce volontà di Renzi di sbianchettare il suo nome dalla lista dei quirinabili. È rimasto colpito pure Berlusconi dalla durezza del premier verso l’ex premier del centrosinistra: “Io – gli ha detto Renzi – non lo reggo a livello di opinione pubblica. E poi i miei non lo votano. Amato rischia grosso nei gruppi”. Addirittura il Cavaliere è rimasto colpito dalla tesi dell’ombra di D’Alema su Amato dal momento che si ricorda il rapporto idilliaco tra D’Alema e Mattarella che nel suo governo ricopriva l’incarico di ministro della Difesa. Sta in queste contraddizioni il bluff che vede Berlusconi. Le cui parole alla fine dell’incontro sono la migliore sintesi di giornata: “È chiaro, Matteo – dice col sorriso – che le due candidature si auto-elidono”. Perché su Mattarella c’è un no tondo di tutto il centrodestra. Il Colle è l’essenza stessa del Nazareno. È la clausola numero uno: “Ho spiegato a Matteo – racconta Silvio Berlusconi ai suoi – che voglio capire dove ci vuole portare, perché abbiamo sempre detto che il nome deve essere condiviso”. E Sergio Mattarella non è un nome condiviso. Per carità, persona stimabile, preparata, ma culturalmente un integralista. Potenzialmente un “nuovo Scalfaro”. È per questo che, nel corso dell’incontro, il Cavaliere non cede: “Matteo, su questa candidatura non posso impegnarmi. Io resto ancora sui miei due nomi, Amato e Casini ”. Il ragionamento del Cavaliere è semplice: l’ex ministro di D’Alema non rappresenta quel dividendo che adesso vuole incassare dopo mesi di sostegno alle riforme e di opposizione blanda. E non cede neanche Angelino Alfano che all’alba piomba a palazzo Chigi: “Se è cattolico, per noi c’è solo Casini”. L’asse tra Berlusconi e il leader di Area Popolare tiene. E Alfano ha un ruolo chiave in questa partita. Perché il suo gioco di sponda col Cavaliere toglie a Renzi un forno dove cuocere il pane: “Come fa il premier – si domanda un altro in grado di Ncd - a eleggere il capo dello Stato con i dissidenti, stare al governo con Alfano e fare le riforme con Alfano e Berlusconi”. Ecco, è come se dal centrodestra fosse arrivato il primo vero, freno al one man show del premier-segretario sul Quirinale. Perché davvero Renzi continua a macinare candidati in base al criterio che vuole al Colle uno che non lo oscuri. E Mattarella rappresenterebbe quello che, nel Palazzo, definiscono il “Quirinale dei silenzi”. Perfetto nell’era della comunicazione totale a palazzo Chigi. Forse sottovalutando però che ha l’appoggio di Bersani e D’Alema. Entrambi, sin dall’inizio di questa partita, hanno detto che i due candidati graditi alla minoranza sono “Amato e Mattarella”. Sia come sia, il Cavaliere è rimasto molto colpito anche dalla freddezza di Renzi su altri nomi della sinistra: “E la Finocchiaro? – ha detto durante l’incontro – Mi dicono che è bravissima”. Pare che Renzi sia rimasto gelido. È uno stallo così perfetto che i dietrologi di palazzo sentono l’odore dell’ammuina. Un big della vecchia guardia Pd dice: “Amato da oggi non c’è più. E se Renzi si intestardisce su Mattarella lo schianta nell’urna. Il che significa che già si sta ragionando del terzo nome. Resta da vedere se lo propone prima che Mattarella si schianti o il minuto dopo”. Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/01/28/quirinale-mattarella-berlusconi-renzi_n_6565154.html?utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI Riforme, Renzi: “Abbraccio a gufi e sorci verdi”. Inserito da: Admin - Febbraio 18, 2015, 08:03:30 am Riforme, Renzi: “Abbraccio a gufi e sorci verdi”.
Brunetta: “Rimpiangerà patto” Politica A Montecitorio il voto arriva alle 2 di notte, senza le opposizioni che hanno lasciato l'aula. Il premier è comunque soddisfatto e deride via Twitter chi si è sottratto all'approvazione. Ma nel Pd non mancano le voci critiche, su metodo e merito del provvedimento. L'ok finale della Camera è atteso a marzo di F. Q. | 14 febbraio 2015 Approvazione a tarda notte in un’aula semivuota. Il percorso delle riforme istituzionali prosegue così, con l’Aventino dell’opposizione (con l’eccezione di una manciata di deputati del M5S e di Fi “a presidio del regolare andamento dei lavori”) e il premier che non solo dice “avanti così”, ma non risparmia lo sfottò alle forze politiche che hanno scelto di non esserci: “Grazie alla tenacia dei deputati terminati i voti sulla seconda lettura della riforma costituzionale. Un abbraccio a #gufi e #sorciverdi“. Così, su Twitter, Renzi commenta l’approvazione di tutti gli articoli del disegno di legge di Riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione. La risposta di Renato Brunetta (che ieri aveva detto, appunto, “faremo vedere i sorci verdi a Renzi”), è arrivata pochi minuti dopo, sempre via Twitter: “Matteo Renzi buuuuuuu…Ride bene chi ride ultimo, in Etruria e dintorni”. “Il combinato disposto della legge elettorale e della riforma costituzionale – aggiunge il capogruppo berlusconiano a Montecitorio al Gr1 – produce un mostro giuridico che mette a repentaglio la stessa democrazia parlamentare. Per questa ragione presenteremo al presidente della Repubblica un testo elaborato che sarà il nostro manifesto per la difesa della Repubblica”. Secondo Brunetta Renzi rimpiangerà l’accordo con Berlusconi, anche se restano margini per ricomporre la rottura: “Tutto dipende da Renzi. Se smetterà di fare il bullo, noi ci saremo, se continuerà a fare il bullo, peggio per lui”. La replica è affidata al vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini: “Mi auguro che sulla partita delle riforme costituzionali così come sulla legge elettorale ci sia la capacità di ritrovare il filo di un comune ragionamento perché le regole del gioco riguardano tutte le forze politiche non solo la maggioranza”. Ma nel frattempo questo nuovo capitolo ridisegna – di nuovo in pochi giorni – i contorni dello scenario politico. Se fino alla scorsa settimana il Nuovo Centrodestra sembrava sepolto, ora Angelino Alfano fa valere i propri pochi ma indispensabili voti: “Noi di Ncd e Udc abbiamo votato le riforme costituzionali e siamo protagonisti di un nuovo patto costituente che renderà le nostre istituzioni più moderne ed efficienti. Siamo pronti a fare presto per consentire agli italiani di pronunciarsi il prossimo anno”. Come previsto, ci è voluta una maratona notturna alla Camera per mandare avanti il ddl riforme. L’esame degli emendamenti e l’approvazione quindi dei 40 articoli che riscrivono la Costituzione avviene però alla presenza della sola maggioranza: “Credo che a rammaricarsi debbano essere il centrodestra, le opposizioni – commenta Renzi parlando in Transatlantico a Montecitorio – noi bene così, andiamo avanti”. Assenze che sono “una ferita istituzionale”, ammette il deputato Pd Ettore Rosato chiudendo i lavori dell’Assemblea che vengono accolti da un applauso dei deputati. Anche se, aggiunge, “il percorso è ancora lungo e riusciremo a fare in modo che tutti sentano propria” questa riforma. A voler sottolineare poi l’importanza del passaggio che si è appena concluso la presenza proprio del capo del governo, che poco prima della chiusura dei lavori aveva fatto il suo ingresso nell’emiciclo. Il secondo atto della partita sulle riforme non si è però ancora consumato: per il via libera finale al provvedimento occorrerà aspettare i primi giorni di marzo. A segnalare simbolicamente la disponibilità al confronto il Pd sceglie di lasciare in coda l’esame dell’articolo 15 sul referendum, oggetto di un aspro braccio di ferro con il M5S che chiedeva l’eliminazione del quorum. La mossa di accantonare le misure in questione quasi fino alla fine non sortisce però alcun effetto. Sul metodo, invece, le critiche più dure arrivano dagli esponenti della sinistra Pd. Come Alfredo D’Attorre, che ieri ha parlato di “ruolo debordante del governo”. O come Stefano Fassina, che dice: “Avremmo dovuto sospendere i lavori e cercare un dialogo con le opposizioni, per non ripetere gli errori del 2001 e 2006 con azioni unilaterali sulle riforme”. Il senatore democratico Vannino Chiti insiste: “Suscita preoccupazione e sconcerto quanto è avvenuto alla Camera: procedere con l’assenza delle opposizioni non è un segno di determinazione ma l’esito di una sottovalutazione politica”. Tra le novità approvate dalla Camera spunta una modifica alla maggioranza parlamentare necessaria a deliberare lo stato di guerra: d’ora in poi per l’ok, che però con la riforma spetterà alla sola Camera dei deputati, servirà la maggioranza assoluta dei voti e non più solo quella semplice. Un passo che rappresenta un ragionevole punto di “mediazione” secondo il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. Opinione non condivisa da tutti: “Con una legge elettorale maggioritaria – osserva Rosy Bindi – che darà il 54-55% a chi vince, questo emendamento non è sufficiente a garantire che in futuro vi sia il rispetto della Costituzione che dà al capo dello Stato la facoltà della dichiarazione dello Stato di guerra”. di F. Q. | 14 febbraio 2015 da - http://www.lastampa.it/2015/02/14/italia/politica/parlamento-balcanizzato-gi-finita-la-pax-quirinalizia-yM3OU4sEMZUm2azDfNhxNL/pagina.html Titolo: MATTEO RENZI Il presidente russo ha annunciato appoggio all'Onu sulla... Inserito da: Admin - Marzo 06, 2015, 05:26:50 pm Renzi a Mosca da Putin: "Insieme contro il terrorismo, decisivo il ruolo della Russia"
Il presidente russo ha annunciato appoggio all'Onu sulla crisi libica. In mattinata il premier italiano ha deposto sei garofani nel punto dove è stato ucciso il leader dell'opposizione 05 marzo 2015 MOSCA - Un importante accordo sulla strategia internazionale sul terrorismo, e in particolare sulla crisi libica, un rinnovato impegno sul rispetto degli accordi di Minsk e il rilancio del dialogo tra Italia e Russia. Sono questi i principali temi toccati oggi da Vladimir Putin e Matteo Renzi durante il loro incontro ufficiale al Cremlino. "Il nostro dialogo politico rimane sempre molto attivo, lavoriamo insieme in vari ambiti" economici " e sono molto felice di incontrarla a Mosca. Il nostro dialogo politico resta molto attivo e lavoriamo insieme in molti settori"", ha detto il presidente russo prima del suo colloquio con Renzi. Secondo Putin, i rapporti tra l'Italia e la Russia stanno risentendo della crisi in Ucraina, ma il nostro paese resta per Mosca "uno dei nostri partner". "Naturalmente ci sono delle perdite per i motivi noti. Però per il livello di interscambio l'Italia occupa un posto importante, lavoriamo nel settore energetico, macchinari industriali, spazio e naturalmente il nostro dialogo politico rimane sempre molto attivo", ha aggiunto. Il premier italiano, che ieri a Kiev ha incontrato il presidente ucraino Poroshenko, era in visita diplomatica a Mosca e l'attesa per l'incontro era molto alta. Per Renzi la "vera e propria emergenza è il dossier libico". Renzi ha inizialmente annoverato tra i temi sul tavolo "il rapporto Europa-Russia, la questione ucraina". Il leader russo ha citato l'astronauta Samantha Cristoforetti, alla quale ha fatto gli auguri per la sua missione nello spazio, definendola "una grande rappresentante della Repubblica italiana e delle donne italiane". Putin ha confermato che sarà all'Expo di Milano il 10 giugno, nella giornata della Russia all'esposizione universale: l'annuncio è stato dato da Renzi, che riferendo alla comunità italiana incontrata in ambasciata che il Cremlino ha confermato che il presidente russo ha accettato il suo invito. Al termine dell''incontro, durato circa tre ore, Putin ha parlato della crisi libica, affermando che "la situazione è peggiorata e la Russia è per una soluzione pacifica e appoggia gli sforzi dell'Onu". "Il nostro incontro è stato utile e tempestivo tenendo conto della situazione nel mondo", ha aggiunto il presidente russo nella dichiarazione alla stampa al termine del colloqui durante il quale si è parlato soprattutto di Libia, Ucraina, Siria, Iraq e lotta all'Isis. "L'Italia è un partner anche nella soluzione di problemi internazionali di attualità", ha osservato Putin, "le trattative con il premier italiano si sono svolte in un'atmosfera di amicizia e costruttiva". Secondo Putin, la Russia conta sul fatto che l'Ue, Italia compresa, usi la propria influenza su Kiev per l'applicazione degli accordi di Minsk, che aprirà la via verso la pace. Subito dopo ha preso la parola Matteo Renzi, che ha tracciato un bilancio dell'incontro: "Sulla Libia abbiamo condiviso con Putin che occorre una risposta internazionale incisiva e che il ruolo della Russia per storia e ruolo nell'Onu può essere decisivo", ha detto il premier. "Conosciamo tutti le discussioni - ha aggiunto Renzi - le posizioni diverse e le difficoltà tra Ue e Russia ma penso che sia molto importante sottolineare il passo in avanti decisivo degli accordi di Minsk, è un buon lavoro che consente di indicare la strategia non solo per il cessate il fuoco ma soprattutto indica una soluzione". "Abbiamo discusso di crisi in Siria, Iraq e Iran" - ha aggiunto il premier - "è fondamentale in questa partita che la Russia giochi un ruolo decisivo". Renzi ha poi parlato anche della lotta al terrorismo: "Abbiamo una grande priorità: la battaglia contro chi vuole distruggere i valori su cui sono fondate le nostre libertà. Oggi la minaccia dello stato islamico è particolarmente grave e preoccupante. Abbiamo parlato di Iran e Iraq, è fondamentale che la Russia giochi un ruolo decisivo". "Conosciamo tutti le discussioni, le posizioni diverse e le difficoltà tra Ue e Russia ma penso che sia molto importante sottolineare il passo in avanti decisivo degli accordi di Minsk, è un buon lavoro che consente di indicare la strategia non solo per il cessate il fuoco ma soprattutto indica una soluzione", ha aggiunto Renzi, "penso, spero, credo che dopo Minsk tutto sia più semplice. Noi lavoreremo perchè nella direzione indicata nei protocolli di Minsk l'Europa e l'Italia possano essere punti di riferimento per uscire dalla crisi. C'è uno spazio di collaborazione pur in un contesto di difficoltà legato alle sanzioni europee e alle contro sanzioni russe che costituiscono naturalmente in entrambe le direzioni un problema.Ci sono opinioni diverse - ha aggiunto Renzi - e ci sono stati momenti di tensione e difficoltà tra l'Europa e la Russia, ma penso che sia molto importante sottolineare il passo in avanti decisivo del 12 febbraio, lo voglio sperare, con il protocollo di Minsk", ha detto il premier. "Nelle prossime settimane e mesi sarà fondamentale lavorare insieme, l'Italia è disponibile a fornire tutto il proprio impegno e supporto in Europa anche indicando alcuni modelli, perchè non sfugge che una parte fondamentale sarà la riforma dell'autonomia in Ucraina e noi abbiamo un esperimento in Trentino molto interessante". Renzi ha poi illustrato il contenuto del colloquio sul problema della crescita economica: "Nella comune appartenenza al G20 si è posta attenzione al tema della crescita (e non solo all'austerity) che è un elemento del cambio di gioco decisivo dentro l'Ue e penso sia fondamentale lavorare insieme per la crescita e la prosperità dei nostri popoli". Al termine dell'incontro con la stampa, Renzi ha citato Dostoevskij: "Ha scritto le sue pagine sulla bellezza che salverà il mondo a Firenze. Mi piace pensare che la bellezza che salverà il mondo è quella di chi prova a fare del meglio per restituire la speranza e una occasione di pace al nostro continente e al nostro pianeta". Al termine dell'incontro, il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha fatto sapere che il caso della top gun ucraina Nadia Savchenko, detenuta a Mosca per concorso nell'omicidio di due reporter russi nel Donbass, non è stata trattata nel colloquio tra Putin e Renzi. Allo stesso tempo, Peskov ha aggiunto che il Cremlino ha ricevuto la lettera del presidente ucraino, Petro Poroshenko, sul caso e che "sarà elaborata una risposta". Mercoledì, nei colloqui a Kiev Poroshenko aveva chiesto al premier italiano di affrontare la questione con il presidente russo nel suo incontro al Cremlino. La pilota militare ucraina "ha sospeso parzialmente" lo sciopero della fame iniziato 82 giorni fa in segno di protesta contro la sua detenzione in un carcere di Mosca. Lo ha scritto su Twitter il suo legale, Mark Feighin, pubblicando una lettera in cui Savcenko dichiara che inizierà a bere brodo. Renzi è arrivato stamattina a Mosca e il suo primo gesto è stato deporre dei fiori per Nemtsov, il leader dell'opposizione russa ucciso in circostanze ancora misteriose. Si discuterà di Ucraina, della situazione libica, delle sanzioni e delle ripercussioni che hanno sullo scambio commerciale tra i due paesi, messo a dura prova dalla crisi di questi mesi. Il premier Matteo Renzi è arrivato stamattina presto sul ponte, a due passi dal Cremlino, nel punto in cui è stato ucciso Boris Nemtsov. Il presidente del Consiglio si è fermato in silenzio per pochi minuti ed è andato via. Renzi ha deposto sei garofani rosa, numero pari come vuole la tradizione russa, chiusi da una coccarda tricolore, sul letto di fiori che da venerdì scorso russi e stranieri stanno mettendo nel punto in cui è stato ucciso l'oppositore di Putin. Mosca: Renzi depone fiori per Nemtsov Condividi Renzi ha poi incontrato all'ambasciata italiana a Mosca la comunità italiana, in particolare imprenditori e dirigenti di aziende in Russia, tra cui Eni, Enel, Finmeccanica, Banca Intesa, Unicredit ed altre banche. In tutto circa 130 persone. "Stamattina a nome dell'italia sono andato a portare un fiore in un luogo simbolico, quello dell'uccisione di Boris Nemtsov. Nel rispetto della giustizia russa che verificherà e speriamo possa al piu presto assicurare i colpevoli al processo giusto e necessario". ha detto il presidente del consiglio parlando con gli imprenditori italiani. Renzi incontra Medvedev: ''Nessuna alternativa a soluzione politica e diplomatica'' Condividi Renzi è stato poi ricevuto dal premier russo Medvedev, che ha aperto il colloquio esprimendo l'auspicio che si possa discutere, oltre che di politica internazionale, "anche dei rapporti bilaterali e dei rapporti economico-commerciali che di certo sono influenzati dalle attuali relazioni russo-europee". Il premier italiano ha replicato ribadendo di aspettarsi "una buona presenza dei suoi concittadini a partire dall'Expo a cui la Russia ha dato un contributo importante. Credo ha aggiunto il premier - che malgrado il quadro Internazionale piuttosto complesso, i nostri rapporti continueranno". In queste stesse ore le agenzie russe Ria Novisti e Interfax, citate da diversi media online, riportano la notizia di un'esercitazione militare su "larga scala" da parte dell'esercito russo con circa 2.000 uomini in Crimea - annessa un anno fa dall'Ucraina -, nelle regioni secessioniste georgiane di Ossezia del Sud e Abkhazia e nel sud della Russia. La Russia, dal canto suo, ha negato oggi di avere concentrato le sue truppe lungo il confine con l'Ucraina. © Riproduzione riservata 05 marzo 2015 Da - http://www.repubblica.it/esteri/2015/03/05/news/renzi_a_mosca_depone_fiori_per_nemtsov_oggi_incontra_putin-108794662/?ref=HREC1-5 Titolo: Davide RICCA Renzi oltre il renzismo. Rileggendo l'intervista sull'Espresso Inserito da: Admin - Marzo 06, 2015, 05:27:58 pm Renzi oltre il renzismo. Rileggendo l'intervista sull'Espresso
Pubblicato: 06/03/2015 13:37 CET Aggiornato: 3 ore fa Cosa decidono gli iscritti e cosa decidono gli elettori? Il tema continua a porsi e Renzi lo ha riproposto prepotentemente nell'intervista di Marco Damilano sul l'Espresso. Ritornare ad eleggere anche i segretari regionali in una competizione riservata agli iscritti per recuperarne il ruolo: il punto di discussione sul quale il presidente del Consiglio si dichiara disposto a ragionare. Questo ridimensionerebbe le primarie per eleggere i candidati alle cariche monocratiche, come alcuni oggi trionfalmente dichiarano? Non mi sembra affatto. Anzi! Renzi rivendica a tal punto l'importanza dello "strumento" primarie da ribadire che queste si faranno per scegliere il futuro candidato del Pd alla premiership: "Io", dice, "correrò contro chi vuole presentarsi". E invita tutti al rispetto del loro esito, anche nel caso in cui questo non piaccia. Renzi apre contemporaneamente all'utilizzo più strutturato dell'albo degli elettori. Un Pd che si regola al suo interno attraverso gli strumenti classici della partecipazione e dell'iscrizione e che sceglie i suoi candidati (come già da Statuto) per gli incarichi elettivi monocratici attraverso primarie aperte che prevedano l'albo degli elettori (speriamo aperto fino al giorno stesso delle primarie) è molto più di una mediazione; significherebbe stabilizzare anche il dibattito interno sulla forma partito e sul ruolo che quest'ultimo dovrebbe avere. Tutto questo accompagnato da una legge elettorale maggioritaria a doppio turno darebbe definitivamente vita al partito a vocazione maggioritaria di veltroniana memoria e porterebbe con se un rapporto dialogico molto forte tra il segretario territoriale del partito, sia esso regionale o provinciale/comunale e il rispettivo presidente di regione o sindaco: il primo scelto solo dagli iscritti e il secondo candidato dagli elettori in primarie aperte. Non dico si tornerebbe alla stagione del "partito dei sindaci" - che peraltro non fu poi così male almeno secondo la lettura di chi si è formato nei comitati per l'Ulivo e nelle esperienze civiche - ma sicuramente il confronto tra personalità con una forte investitura popolare e dirigenti di partito scelti internamente sarebbe alquanto stimolante. Sì! Ci potrebbe stare, anche perché, come è stato dimostrato, cosa che era facilmente prevedibile, dallo sfalsamento temporale tra le primarie per eleggere i segretari regionali e quelle nazionali (per non parlare dei congressi provinciali riservati solo agli iscritti) è emerso un partito a doppia velocità, quasi a doppia produttività. Un partito veloce e a traino governativo quello nazionale e un partito lento, troppo lento e in alcuni casi elefantiaco, sul piano locale. Come mettere un treno ad Alta Velocità a confronto con un locale. È giunta l'ora di ammodernare anche il trasporto pubblico locale. Già, perché l'intervista a Renzi è molto più ampia dell'eco che in queste ore ne danno i giornali e dei rimandi che rimbalzano sui social. Il premier si ripropone come Sindaco d'Italia; ribadisce, cosa di cui molti si dimenticano, che il renzismo non esiste; sottolinea la necessità che i territori si attrezzino; richiama tutto il Pd alle sue responsabilità ed esprime la volontà di andare fino in fondo sia sul piano delle riforme istituzionali che su quello dell'azione di governo, come unico modo per raccontare una storia dell'Italia "vera e credibile". Ottimo. Una risposta che serviva a chi usa il suo nome per farsi forte sui territori richiamando all'ordine in nome di un'appartenenza o di una corrente, salvo poi tradire il mandato di chi continua a dire "grazie al passato e sì al futuro". Da - http://www.huffingtonpost.it/davide-ricca/renzi-oltre-renzismo-rileggendo-intervista-espresso_b_6814960.html?utm_source=Alert-blogger&utm_medium=email&utm_campaign=Email%2BNotifications Titolo: Chi altri se non RENZI poteva farlo... Inserito da: Admin - Marzo 07, 2015, 04:29:48 pm Renzi a Mosca da Putin: "Insieme contro il terrorismo, decisivo il ruolo della Russia"
Il presidente russo ha annunciato appoggio all'Onu sulla crisi libica. In mattinata il premier italiano ha deposto sei garofani nel punto dove è stato ucciso il leader dell'opposizione 05 marzo 2015 MOSCA - Un importante accordo sulla strategia internazionale sul terrorismo, e in particolare sulla crisi libica, un rinnovato impegno sul rispetto degli accordi di Minsk e il rilancio del dialogo tra Italia e Russia. Sono questi i principali temi toccati oggi da Vladimir Putin e Matteo Renzi durante il loro incontro ufficiale al Cremlino. "Il nostro dialogo politico rimane sempre molto attivo, lavoriamo insieme in vari ambiti" economici " e sono molto felice di incontrarla a Mosca. Il nostro dialogo politico resta molto attivo e lavoriamo insieme in molti settori"", ha detto il presidente russo prima del suo colloquio con Renzi. Secondo Putin, i rapporti tra l'Italia e la Russia stanno risentendo della crisi in Ucraina, ma il nostro paese resta per Mosca "uno dei nostri partner". "Naturalmente ci sono delle perdite per i motivi noti. Però per il livello di interscambio l'Italia occupa un posto importante, lavoriamo nel settore energetico, macchinari industriali, spazio e naturalmente il nostro dialogo politico rimane sempre molto attivo", ha aggiunto. Il premier italiano, che ieri a Kiev ha incontrato il presidente ucraino Poroshenko, era in visita diplomatica a Mosca e l'attesa per l'incontro era molto alta. Per Renzi la "vera e propria emergenza è il dossier libico". Renzi ha inizialmente annoverato tra i temi sul tavolo "il rapporto Europa-Russia, la questione ucraina". Il leader russo ha citato l'astronauta Samantha Cristoforetti, alla quale ha fatto gli auguri per la sua missione nello spazio, definendola "una grande rappresentante della Repubblica italiana e delle donne italiane". Putin ha confermato che sarà all'Expo di Milano il 10 giugno, nella giornata della Russia all'esposizione universale: l'annuncio è stato dato da Renzi, che riferendo alla comunità italiana incontrata in ambasciata che il Cremlino ha confermato che il presidente russo ha accettato il suo invito. Al termine dell''incontro, durato circa tre ore, Putin ha parlato della crisi libica, affermando che "la situazione è peggiorata e la Russia è per una soluzione pacifica e appoggia gli sforzi dell'Onu". "Il nostro incontro è stato utile e tempestivo tenendo conto della situazione nel mondo", ha aggiunto il presidente russo nella dichiarazione alla stampa al termine del colloqui durante il quale si è parlato soprattutto di Libia, Ucraina, Siria, Iraq e lotta all'Isis. "L'Italia è un partner anche nella soluzione di problemi internazionali di attualità", ha osservato Putin, "le trattative con il premier italiano si sono svolte in un'atmosfera di amicizia e costruttiva". Secondo Putin, la Russia conta sul fatto che l'Ue, Italia compresa, usi la propria influenza su Kiev per l'applicazione degli accordi di Minsk, che aprirà la via verso la pace. Subito dopo ha preso la parola Matteo Renzi, che ha tracciato un bilancio dell'incontro: "Sulla Libia abbiamo condiviso con Putin che occorre una risposta internazionale incisiva e che il ruolo della Russia per storia e ruolo nell'Onu può essere decisivo", ha detto il premier. "Conosciamo tutti le discussioni - ha aggiunto Renzi - le posizioni diverse e le difficoltà tra Ue e Russia ma penso che sia molto importante sottolineare il passo in avanti decisivo degli accordi di Minsk, è un buon lavoro che consente di indicare la strategia non solo per il cessate il fuoco ma soprattutto indica una soluzione". "Abbiamo discusso di crisi in Siria, Iraq e Iran" - ha aggiunto il premier - "è fondamentale in questa partita che la Russia giochi un ruolo decisivo". Renzi ha poi parlato anche della lotta al terrorismo: "Abbiamo una grande priorità: la battaglia contro chi vuole distruggere i valori su cui sono fondate le nostre libertà. Oggi la minaccia dello stato islamico è particolarmente grave e preoccupante. Abbiamo parlato di Iran e Iraq, è fondamentale che la Russia giochi un ruolo decisivo". "Conosciamo tutti le discussioni, le posizioni diverse e le difficoltà tra Ue e Russia ma penso che sia molto importante sottolineare il passo in avanti decisivo degli accordi di Minsk, è un buon lavoro che consente di indicare la strategia non solo per il cessate il fuoco ma soprattutto indica una soluzione", ha aggiunto Renzi, "penso, spero, credo che dopo Minsk tutto sia più semplice. Noi lavoreremo perchè nella direzione indicata nei protocolli di Minsk l'Europa e l'Italia possano essere punti di riferimento per uscire dalla crisi. C'è uno spazio di collaborazione pur in un contesto di difficoltà legato alle sanzioni europee e alle contro sanzioni russe che costituiscono naturalmente in entrambe le direzioni un problema.Ci sono opinioni diverse - ha aggiunto Renzi - e ci sono stati momenti di tensione e difficoltà tra l'Europa e la Russia, ma penso che sia molto importante sottolineare il passo in avanti decisivo del 12 febbraio, lo voglio sperare, con il protocollo di Minsk", ha detto il premier. "Nelle prossime settimane e mesi sarà fondamentale lavorare insieme, l'Italia è disponibile a fornire tutto il proprio impegno e supporto in Europa anche indicando alcuni modelli, perchè non sfugge che una parte fondamentale sarà la riforma dell'autonomia in Ucraina e noi abbiamo un esperimento in Trentino molto interessante". Renzi ha poi illustrato il contenuto del colloquio sul problema della crescita economica: "Nella comune appartenenza al G20 si è posta attenzione al tema della crescita (e non solo all'austerity) che è un elemento del cambio di gioco decisivo dentro l'Ue e penso sia fondamentale lavorare insieme per la crescita e la prosperità dei nostri popoli". Al termine dell'incontro con la stampa, Renzi ha citato Dostoevskij: "Ha scritto le sue pagine sulla bellezza che salverà il mondo a Firenze. Mi piace pensare che la bellezza che salverà il mondo è quella di chi prova a fare del meglio per restituire la speranza e una occasione di pace al nostro continente e al nostro pianeta". Al termine dell'incontro, il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha fatto sapere che il caso della top gun ucraina Nadia Savchenko, detenuta a Mosca per concorso nell'omicidio di due reporter russi nel Donbass, non è stata trattata nel colloquio tra Putin e Renzi. Allo stesso tempo, Peskov ha aggiunto che il Cremlino ha ricevuto la lettera del presidente ucraino, Petro Poroshenko, sul caso e che "sarà elaborata una risposta". Mercoledì, nei colloqui a Kiev Poroshenko aveva chiesto al premier italiano di affrontare la questione con il presidente russo nel suo incontro al Cremlino. La pilota militare ucraina "ha sospeso parzialmente" lo sciopero della fame iniziato 82 giorni fa in segno di protesta contro la sua detenzione in un carcere di Mosca. Lo ha scritto su Twitter il suo legale, Mark Feighin, pubblicando una lettera in cui Savcenko dichiara che inizierà a bere brodo. Renzi è arrivato stamattina a Mosca e il suo primo gesto è stato deporre dei fiori per Nemtsov, il leader dell'opposizione russa ucciso in circostanze ancora misteriose. Si discuterà di Ucraina, della situazione libica, delle sanzioni e delle ripercussioni che hanno sullo scambio commerciale tra i due paesi, messo a dura prova dalla crisi di questi mesi. Il premier Matteo Renzi è arrivato stamattina presto sul ponte, a due passi dal Cremlino, nel punto in cui è stato ucciso Boris Nemtsov. Il presidente del Consiglio si è fermato in silenzio per pochi minuti ed è andato via. Renzi ha deposto sei garofani rosa, numero pari come vuole la tradizione russa, chiusi da una coccarda tricolore, sul letto di fiori che da venerdì scorso russi e stranieri stanno mettendo nel punto in cui è stato ucciso l'oppositore di Putin. Mosca: Renzi depone fiori per Nemtsov Condividi Renzi ha poi incontrato all'ambasciata italiana a Mosca la comunità italiana, in particolare imprenditori e dirigenti di aziende in Russia, tra cui Eni, Enel, Finmeccanica, Banca Intesa, Unicredit ed altre banche. In tutto circa 130 persone. "Stamattina a nome dell'italia sono andato a portare un fiore in un luogo simbolico, quello dell'uccisione di Boris Nemtsov. Nel rispetto della giustizia russa che verificherà e speriamo possa al piu presto assicurare i colpevoli al processo giusto e necessario". ha detto il presidente del consiglio parlando con gli imprenditori italiani. Renzi incontra Medvedev: ''Nessuna alternativa a soluzione politica e diplomatica'' Condividi Renzi è stato poi ricevuto dal premier russo Medvedev, che ha aperto il colloquio esprimendo l'auspicio che si possa discutere, oltre che di politica internazionale, "anche dei rapporti bilaterali e dei rapporti economico-commerciali che di certo sono influenzati dalle attuali relazioni russo-europee". Il premier italiano ha replicato ribadendo di aspettarsi "una buona presenza dei suoi concittadini a partire dall'Expo a cui la Russia ha dato un contributo importante. Credo ha aggiunto il premier - che malgrado il quadro Internazionale piuttosto complesso, i nostri rapporti continueranno". In queste stesse ore le agenzie russe Ria Novisti e Interfax, citate da diversi media online, riportano la notizia di un'esercitazione militare su "larga scala" da parte dell'esercito russo con circa 2.000 uomini in Crimea - annessa un anno fa dall'Ucraina -, nelle regioni secessioniste georgiane di Ossezia del Sud e Abkhazia e nel sud della Russia. La Russia, dal canto suo, ha negato oggi di avere concentrato le sue truppe lungo il confine con l'Ucraina. © Riproduzione riservata 05 marzo 2015 Da - http://www.repubblica.it/esteri/2015/03/05/news/renzi_a_mosca_depone_fiori_per_nemtsov_oggi_incontra_putin-108794662/?ref=HREC1-5 Titolo: MATTEO RENZI "Per il Pd nessun rischio di smottamento al centro. Inserito da: Admin - Maggio 14, 2015, 12:18:42 pm Renzi: "Per il Pd nessun rischio di smottamento al centro. Sinistra masochista rianima Fi"
Il premier ospite del videoforum di Repubblica Tv parla di scuola, migranti e Sud. Elezioni in Campania: "Nostro partito pulito, ma alcuni non li voterei mai". Poi: "Berlusconi? Occhio a darlo per finito". Sulle pensioni: "La Consulta non dice che è obbligo restituire" 12 maggio 2015 ROMA - "Io credo che questo partito stia facendo i conti con una grande opportunità. Se devo guardare il numero di quelli che se ne sono andati e di quelli che sono arrivati, da sinistra, il numero è positivo. Siamo aumentati, non c'è alcun rischio di smottamento al centro. Serve una riflessione culturale". Così il premier Matteo Renzi ospite del videoforum di Repubblica Tv. "Chi se ne va - prosegue il presidente del Consiglio - merita tutto il rispetto. Ma chi se ne va, è per fare cosa: io voglio bene a Pippo Civati, ma sono andato a vedere sul sito e c'è scritto 'aderisci a civati.it'. A un cognome. E' il colmo, dicevano a me di personalizzare...". Poi un raffronto con le elezioni in Gran Bretagna: "In Inghilterra è accaduto che la scelta di Ed Miliband, come candidato della sinistra fortemente condizionata dai sindacati inglesi, ha spostato il partito su una posizione di sinistra e ha consentito a David Cameron di vincere" quando invece oggi "si vince su un profilo riformista". In Liguria "la sinistra masochista dà la possibilità a Forza Italia di essere rianimata. A mio giudizio la sinistra così non funziona". Più avanti il premier-segretario avvertirà: "Occhio a dare Silvio Berlusconi per finito". "Dentro al Pd - prosegue Renzi - ci sono espressioni varie, ma non è che se non ci sono Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani non c'è più la sinistra dei Ds. La sinistra è una grande esperienza nella quale possono convivere anime diverse". E cita Paolo Gentiloni e Federica Mogherini. "Smettiamo di pensare che siccome non ci sono più alcuni dei volti storici, allora non è più sinistra. Abbiamo portato il Pd dal 25 al 40 per cento. Abbiamo vinto quattro regioni dove non si era vinto, con persone diverse. Il Pd è questo, ma non continuiamo a chiedere le carte di identità del passato. l'Italia finalmente sta ripartendo: possibile che io debba stare tutti i giorni dietro alle discussioni di personaggi che io rispetto... spero che Stefano Fassina rimanga, ma se non rimane è un problema suo. Forse non se lo ricorda Fassina quando il Pd perdeva davvero...". E sul caso Vincenzo De Luca, candidato alla guida della Campania, il premier risponde alla domanda di un lettore: "Alcuni candidati che lo sostengono mi imbarazzano e su alcune liste collegate al presidente si può discutere" visto che "ci sono candidati che non voterei neanche se costretto, ma le liste del Pd sono pulite. Abbiamo cambiato candidato a Ercolano, con mille problemi. L'abbiamo cambiato anche a Giugliano. Chiarito che il Pd ha candidato i seri e puliti - perché non si può addebitare al Pd il fatto che una lista civica di supporto abbia candidato altre persone - le elezioni in Campania decidono il futuro di Bagnoli, la lotta contro la criminalità che si sconfigge con l'occupazione e con la creazione di presìdi dello Stato". Un passaggio è dedicato all'anticorruzione: "Sarebbe un bellissimo gesto - sottolinea - se i deputati lavorassero anche l'ultima settimana di maggio", quella pre- elettorale, "per approvare la legge anticorruzione". "Preferisco le primarie ai caminetti - dice ancora Renzi sempre a proposito di regionali -, noi dobbiamo nei prossimi due anni inventare un modello di partito nuovo. Modello americano? Modello basato sull'albo degli elettori? Io sono pronto a discuterne. Personalmente, sono il più aperto alle soluzioni. Certo, le primarie hanno dei limiti ma se le eliminiamo c'è lo strapotere dei caminetti. Magari non è necessario farle sempre per qualsiasi tipo di scelta. In Venezia le primarie hanno indicato Felice Casson che in Senato mi ha votato contro tante volte. Cosa ha fatto il Pd? E' andato a Venezia a sostenere Casson". E da segretario di partito che le primarie le ha sia perse sia vinte, commenta: "Quando si perdono le primarie si mastica amaro, la gente ti considera come un appestato". "Non voglio parlare di calcio ma, come ha detto Garcia, abbiamo rimesso la Chiesa al centro del villaggio: la politica, pur con tutti i limiti, ha ripreso la sua centralità sulla tecnocrazia". Renzi cita il tecnico della Roma per descrivere il lavoro del governo per fare tornare al centro la politica. In merito alle critiche sulla 'Buona Scuola', il capo del governo risponde: "Per risolvere i problemi della scuola in Italia, che non è l'ammortizzatore sociale degli insegnanti, occorrerà una generazione più che una riforma. La scuola non funziona se è in mano ai sindacati e non funziona se è in mano solo al governo. La scuola funziona se è in mano agli studenti, ai docenti, alle famiglie, nelle mani di tutti. Non facciamo divisioni politiche sulla pelle della scuola. Si entra a scuola per concorso, dopo aver portato dentro i precari che ne hanno diritto, e quando hai un albo degli insegnanti, il preside deve poter dire io metto tizio o caio in quella classe", ma "tutti i precari della scuola non possono essere assunti. Perché nella scuola si entra per concorso. Non puoi pensare che improvvisamente prendi 400mila precari e li metti dentro". A ruota, la precisazione: non ci sarà un decreto per assumere i precari sulla scuola perché "possiamo assumere solo se cambia il modello organizzativo" previsto nel disegno di legge. Sulle scuole paritarie: "E' giusto o no - afferma Renzi - che ci siano scuole materne che sono fatte dalle suore e dai privati e che diano una mano allo Stato? Io credo che non ci sia niente di male. Se non ci fossero, noi dovremmo chiudere molte scuole. Per me è un valore. Tuttavia, dobbiamo affrontare un elemento, di cui parlai già in Vaticano: il punto centrale non è mica la detrazione fiscale dello zero virgola, ma che quella scuola paritaria sia seria e non un diplomificio. Il liceo fatto dai privati non può essere lo strumento per cui pagando passi. E allora combattiamo su questo". Pensioni e polemiche dopo la sentenza della Corte costituzionale: "Una norma del governo tecnico di Mario Monti, votata anche da quelli che in parlamento oggi fanno gli smemorati (e cita Renato Brunetta di Forza Italia, ndr)" è stata giudicata incostituzionale. "Ebbene, noi verificheremo cosa dice la sentenza e poi vedremo. La sentenza non dice che bisogna restituire tutto. Lo affronteremo il prima possibile", ma il premier non chiarisce se ciò avverrà prima o dopo le elezioni regionali e non fornisce cifre nel merito delle restituzioni: "Dobbiamo prima verificare, è evidente che si pone un problema nei conti pubblici ma è del tutto alla nostra portata: rispetteremo i parametri Ue, i saldi non cambieranno". E riferendosi al bonus per le fasce più povere che era stato ipotizzato con il miliardo e 600 milioni del tesoretto (prima della sentenza della Consulta), dichiara: "Io mi ero tenuto un tesoretto, avevamo studiato alcune misure, me le sono dovute rimangiare. Abbiamo un po' masticato amaro... Ma siamo vincolati". E alla vigilia dell'approvazione in Europa dell'Agenda sulle migrazioni, "l'Africa - sottolinea Renzi - è la priorità. Ci sarà una terza via tra il salvinismo e il mega buonismo che non può funzionare. Cio vuole una strategia. Quando io vedo un bambino nascere su una nave italiana io sono orgoglioso di questo Paese. L'emergenza la possiamo affrontare con una visione strategica e con l'umanità". Le quote migranti? ""Quello della distribuzione è una proposta che arriva dalla Commissione, mi sembra seria. Ci sono alcuni Paesi che non la vogliono, capisco la loro resistenza, ma è chiaro che non può essere solo l'Italia a farsi carico" dei migranti. "Ne abbiamo discusso in un momento delicato, una settimana prima delle elezioni inglesi, il punto è come evitare che chi parte dalla Somalia muoia nel deserto". Bombardare i barconi su cui vengono messi i profughi nel porto di partenza è una "ipotesi che è stata praticabile in Albania, sono tecniche militari, lo studio è pronto, noi siamo pronti a intervenire ma io mi aspetto una risoluzione Onu complessiva. Non c'è una soluzione sola, l'unica soluzione è risolvere problemi in Libia". Una timeline il premier la traccia per la banda ultralarga: "I tempi previsti - dice - sono quelli della normativa europea, il 2020 è l'obiettivo massimo. Noi non entriamo nel merito dei piani industriali neanche di aziende pubbliche come Enel ma la banda la portiamo dappertutto, soprattutto al sud". Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/05/12/news/renzi_scuola_migranti_riforme_pd_minoranza_dem_governo-114157165/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI "Il Pd è la casa del centrosinistra Non moriremo democristini" Inserito da: Admin - Maggio 14, 2015, 12:30:18 pm IL PREMIER
«Il Pd è la casa del centrosinistra Non moriremo democristiani» «Partito della nazione? Continuazione del partito a vocazione maggioritaria Di cui parlava Veltroni. La sinistra sia riformista e non masochista come in Liguria» Di Redazione Online «Nessun rischio di smottamento al centro». Lo assicura il premier Matteo Renzi ai microfoni di Repubblica Tv. «Il Pd - spiega - fa i conti con una grande opportunità e una crisi di crescita, se vedo i numeri di quelli che se ne sono andati e chi è arrivato, soprattutto da Sel, il numero è positivo. Siamo aumentati anche nell'ala sinistra». Garanzie, quindi, sul cosiddetto «Partito della Nazione»: «Non è un minestrone in cui entra di tutto. Il Pd è la casa del centrosinistra. È un partito di sinistra con una visione riformista del Paese che si può allargare anche ai più moderati. È una continuazione del partito a vocazione maggioritaria di cui parlava Veltroni. Mi sembra del tutto evidente che gli elettori del Pd non moriranno democristiani». «Il gruppo dirigente del Pd è plurale - aggiunge il premier -. Non c'è D'Alema, ma ci sono tanti altri che vengono dai Democratici di Sinistra». Sinistra riformista contro sinistra masochista Renzi ci tiene comunque a precisare che il Pd rappresenta la sinistra riformista. Che contrappone a quella masochista. Fa l'esempio delle recenti elezioni in Gran Bretagna e poi uno di casa nostra. «In Liguria che è oggettivamente l'ultima spiaggia per Berlusconi, la sinistra masochista ha chiesto primarie e le ha perse e anziché accettare il risultato, lo ha rimesso in discussione e ha scelto un candidato contro quello ufficiale del Pd e lo fa non per vincere ma per far vincere Toti - dice il premier -. FI ha una sola possibilità di essere rianimata ed è la sinistra masochista». Alla sinistra riformista Renzi ascrive inoltre l'abolizione dell'articolo 18: «Quello che stiamo facendo sul mercato del lavoro in Italia lo hanno già fatto Schroeder in Germania e Clinton negli Usa. È di sinistra riformista». Elezioni e candidati: il caso Campania e le primarie Si apre poi il capitolo delle prossime Regionali e, in particolare, sulle candidature in Campania: «Alcuni candidati mi imbarazzano eccome, però dico che liste Pd sono pulite. Noi siamo intervenuti in modo molto forte sul Pd, Su alcune liste collegate al Presidente si può discutere, ci sono candidati che non voterei neanche se costretto». A proposito di elezioni, Renzi parla anche di primarie: «Valore insostituibile - dice - le preferisco ai "caminetti" in cui decidono dieci addetti ai lavori in una stanza". Ma, ammette, «nei prossimi due anni dobbiamo cambiare modello di partito e dunque capire come organizzarci. Sono aperto alle diverse soluzioni, ad esempio al modello americano». A proposito di primarie, il premier chiama di nuovo in causa il caso Liguria: «Cofferati ha perso ed è scappato col pallone», attacca Renzi. Scuola Altro tema caldo: la scuola. «C'è stato un mio errore di comunicazione», premette Renzi. «La riforma non è la soluzione di tutti i problemi della scuola, per quello servirà una generazione». «La buona scuola c'è già», dice, e cita il lavoro degli insegnanti. «Manca invece molto dal punto di vista organizzativo» sottolinea il premier. «Berlinguer aveva avuto l'intuizione dell’autonomia, dando alle scuole più libertà e mono vincoli burocratici» osserva. «Noi nel disegno di legge abbiamo dato tre poteri ai presidi: scrivere il Piano dell'offerta formativa (Pof), valutare dei docenti, scegliere tra i vincitori di concorso e assegnarli alle singole classi» osserva Renzi, punti sui quali abbiamo già trattato. Ad esempio, il preside proporrà il Pof ma il consiglio di istituto lo approverà e ci sarà un nucleo di valutazione sui docenti anziché il singolo preside. Quindi, il tema dei sindacati, attaccati di recenti dal ministro Boschi proprio sulla scuola. «Noi siamo disponibili ad ascoltarli - dice Renzi - ma la scuola non funziona se è in mano solo ai sindacati o al governo, funziona se è di tutti, studenti e docenti in primis. Noi abbiamo messo 3 miliardi in più e veniamo contestati, eliminiamo il sistema burocratico delle graduatorie eppure veniamo contestati». Infine, i finanziamenti alle scuole private. «Usciamo dal recinto della polemica ideologica - dice Renzi -. È giusto che ci siano scuole materne, ad esempio delle suore o della comunità ebraica o laiche, che aiutino la scuola pubblica. Il governo deve controllare la qualità e può dare sgravi che comunque costano meno che creare scuole nuove. Il punto centrale comunque è che la scuola parificata non faccia diplomifici ma scuole serie». Pensioni e sentenza della Corte Costituzionale Renzi riassume la sentenza della Corte Costituzionale: «Una norma del governo tecnico di Mario Monti, votata anche da tanti che adesso fanno finta di no, è incostituzionale». «Noi nei prossimi giorni verificheremo le carte e cerchiamo di trovare una soluzione» assicura il premier. Nessuna anticipazione invece sui tempi che richiederà questa verifica. «In ogni caso - assicura Renzi - manterremo il rapporto deficit/Pil e staremo dentro le regole europee». Migranti A proposito di Europa, arriva subito il tema dei migranti. «Il fenomeno è di proporzioni inedite - ammette Renzi -, Mare Nostrum è stata una buona reazione immediata ma sul lungo periodo bisogna affrontare la questione africana, soprattutto la Libia. Bisogna poi trovare una via di mezzo tra il "salvinismo" e il "mega buonismo" chiedendo una mano all'Europa». «Restare umani è fondamentale» precisa comunque Renzi. «Distribuire gli immigrati tra i vari Paesi è per me una proposta seria ma alcuni non vogliono. Continueremo a discutere», assicura. «Bombardare i barconi è stata una soluzione usata in Albania ma non è che se bombardi dieci barconi in partenza hai risolto il problema -aggiunge-. Non c'è una soluzione sola». «Fondamentale - insiste - è risolvere il problema in Libia». Cinque stelle e reddito di cittadinanza «Con i Cinque stelle di concreto c'è poco» dice Renzi «ma una misura contro la povertà è allo studio, nell'ambito della prossima legge di Stabilità». «Prometto solo quando sono certo - prosegue - specie in campagna elettorale». «In caso contrario mi accusano di nuovo di "annuncite"», scherza. Legge elettorale Renzi si toglie poi un sassolino sulla legge elettorale. «Con il collegio uninominale il Pd del 2014 avrebbe preso 511 seggi su 630, l'Italicum invece dà garanzia ed equilibrio di poteri, con un sistema finalizzato non all'interesse del Pd ma delle istituzioni». «Polemiche pretestuose, legge elettorale è un passo di civiltà», chiude. Manca però la riforma costituzionale del Senato. Renzi dice che «c'è spazio per rivedere qualcosa» anche se, dice, «tornare all'eleggibilità dei senatori mi sembra molto complicato». Conflitto di interessi Legge sul conflitto di interessi, infine. Renzi assicura che è «una delle cose che non è stata fatta», non è una vendetta per la fine del Patto del Nazareno. 12 maggio 2015 | 10:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/15_maggio_12/renzi-pd-637ebd3c-f87c-11e4-ba21-895cc63d9dac.shtml Titolo: Renzi: "In Europa l’unica sinistra che ha ancora un risultato è la nostra" Inserito da: Admin - Giugno 06, 2015, 05:07:05 pm Genova
Renzi: «In Europa l’unica sinistra che ha ancora un risultato è la nostra» Il presidente del Consiglio torna a commentare il risultato delle ultime elezioni regionali: «Serve riflessioni interna, ma abbiamo vinto. Fuori dal Pd c’è Salvini ed il centrodestra» Di Redazione Online «Mi dispiace per la Liguria ma non c’è partita: numericamente il Pd ha vinto e il Pd ha il consenso nel paese che non nessuna sinistra europea ha»: il presidente del Consiglio Matteo Renzi - intervistato da Ezio Mauro durante l’iniziativa «Repubblica delle Idee», a Genova - torna a commentare l’esito delle ultime elezioni regionali. «Numericamente è evidente che il Pd ha vinto - continua il premier - Ma se vogliamo fare un’analisi seria l’astensionismo preoccupa». Il presidente del Consiglio non ha dubbi: «L’unica sinistra che in Europa ha ancora un risultato, è la nostra». «Il segnale che ci viene dalla Liguria va considerato» Sulla domanda, «cosa dice ai liguri che hanno voltato le spalle al Pd», scatta l’applauso. Prima della risposta: «Il segnale che ci viene dalla Liguria va considerato, se abbiamo perso in Liguria abbiamo sbagliato noi. So cosa si prova quando si perde, ma è insopportabile chi maramaldeggia su chi perde. Se ha sbagliato ha sbagliato il Pd e se ne deve fare carico il Pd». Il Pd in Liguria, prosegue Renzi (che cita anche lo «statista Crozza), «dovrà riflettere perché i cittadini non sbagliano mai». In ogni modo, prosegue il premier, «non uniamo le mele con le pere. A quali elezioni facciamo riferimento: alle amministrative o alle europee? Guardate a Livorno dove un anno fa nello stesso giorno il Pd ha preso il 53 per cento alle europee e il 35 alle amministrative». Campania, «la svolta è cruciale» Anche in Campania, secondo il presidente del Consiglio, i democratici hanno davanti una sfida cruciale: «Se falliamo al sud è colpa solo del Pd ecco perché la svolta in Campania è cruciale». In merito alla vittoria di Vincenzo De Luca, Renzi sottolinea che il neo-governatore «non ha nulla a che fare con mafia e camorra. Va detto. Come per il sindaco Luigi de Magistris si stratta di abuso di ufficio»: «De Luca ha sempre combattuto la camorra». E, sulle polemiche seguite alla pubblicazione da parte della commissione antimafia - presieduta da Rosy Bindi - sugli «impresentabili», il presidente del Consiglio sottolinea che «tra Bindi e De Luca si sono viste scene tecnicamente parlando imbarazzanti, si son detti di tutto». «L’alternativa al Pd è Salvini» Dopo le regionali, aggiunge Renzi, «sicuramente il Pd deve fare una riflessione, ben venga, un po’ di buon senso ci aiuta a rimetterci in gioco. Ma la sinistra deve chiarire: fuori dal nostro Pd c’è la Coalizione sociale o Podemos italiano...?». Fuori dal Pd «c’è - ha aggiunto il presidente del Consiglio - Salvini ed il centrodestra. Per essere argine all’antipolitica dobbiamo darci una smossa ma essere consapevoli della situazione». Dentro al Partito Democratico, aggiunge Renzi, «siamo in un momento “terapia di gruppo”. Che può aiutare, ci sono delle cose da chiarire». Non manca una stoccata alla «sinistra che si ritiene più a sinistra dell’altra e che fa vincere la destra». «Messo sinistra in un angolo su Italicum e lavoro» E questa sinistra, l’ha messa in un angolo? «Ho messo la sinistra in un angolo? Sì sull’Italicum - risponde il presidente del Consiglio - perché dopo anni di rinvii arriva il momento che se hai il coraggio fai le cose altrimenti non sei credibile. Sul lavoro? Sì, perche le nostre riforme sono molto più di sinistra di quelle che sostiene la sinistra che non le ha fatte». «Sulla corruzione superato il livello di guardia» In primo piano, per il governo, continua ad essere «la lotta alla corruzione». E il riferimento diretto è alla maxi inchiesta su Mafia Capitale: il quadro che esce dalle inchieste su Roma e Mineo sui centri per gli immigrati mostra una situazione in cui «nella scala dello squallore stiamo superando il livello di guardia», dice il premiere. Che aggiunge: «C’è in Italia una parte consistente dell’economia in mano della criminalità organizzata. Questa battaglia va fatta giorno per giorno, porta a porta», anche «contro la corruzione che è gravissima. Bisogna che gli scandali vengano fuori e chi ha corrotto deve lasciare». Riforma della scuola: «Siamo pronti a ragionare» E sembra emergere, dalle parole del presidente del Consiglio, un «ripensamento» legato alla riforma della scuola: «Siamo pronti a ragionare e cercheremo di coinvolgere più persone», assicura Renzi. Ma «non cederemo a chi dall’alto delle proprie rendite di posizione non vuole cambiare niente». 6 giugno 2015 | 12:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/15_giugno_06/renzi-in-europa-l-unica-sinistra-che-ha-ancora-risultato-nostra-1a9c825c-0c36-11e5-81da-8596be76a029.shtml Titolo: Renzi sul palco di RepIdee: "Correggeremo gli errori sulla scuola" Inserito da: Admin - Giugno 06, 2015, 05:16:13 pm Renzi sul palco di RepIdee: "Correggeremo gli errori sulla scuola"
Il presidente del Consiglio dialoga con il direttore di Repubblica, Ezio Mauro. Dal voto delle ultime regionali ai nuovi scandali di Mafia Capitale. "L'alternativa al Pd è Salvini, c'è solo l'antipolitica". "Siamo la migliore sinistra d'Europa". Sul caso De Luca: "Nessuna legge ad personam". "Senza pietà contro la corruzione" Di CARMINE SAVIANO e MICHELA SCACCHIOLI 06 giugno 2015 GENOVA - Le conseguenze del voto delle ultime regionali: gli effetti sull'azione di governo, sul Partito democratico, sulla sinistra. Mafia Capitale: la questione morale, la corruzione bipartisan, la necessità di ripensare i meccanismi di controllo sull'utilizzo delle risorse pubbliche. Le riforme. Il rilancio dell'economia. E la necessità di riaprire il dialogo sulla scuola. La terza giornata di RepIdee 2015 ha già il suo epicentro: il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il direttore di Repubblica, Ezio Mauro dialogano su 'Il governo, la sinistra, il Paese'. Per fare "il punto sullo stato del Paese". L'esito del voto. La destra resuscitata, l'astensionismo, il caso Liguria e il rafforzarsi delle formazioni populiste. La domanda del direttore di Repubblica è netta. "Presidente, lei ha vinto o ha perso?". Renzi: "Numericamente non c'è partita, abbiamo vinto. Abbiamo la maggioranza delle regioni. In tutta Europa la sinistra non gode di buona salute, dalla Francia alla Germania, dove la sinistra non tocca palla. In Italia la sinistra, il Pd, governa. Certo, il problema dell'astensionismo è rilevante. Grillo e Salvini si rafforzano. Non voglio minimizzare: il Pd deve essere argine al populismo. Fuori dal Pd c'è solo l'antipolitica. Fuori dal Pd c'è Salvini, non Landini". La questione settentrionale e il laboratorio Campania. Il Veneto, la Liguria. La novità del Pd targato Renzi era, nelle elezioni europee dello scorso anno, proprio lo sfondamento al Nord. "Un flirt interrotto?", chiede Mauro al premier. "Almeno tre regioni lasciamole al centro destra, altrimenti parlano di svolta autoritaria", ironizza il premier. E capovolge la prospettiva: "Sono molto orgoglioso di vedere sulla cartina politica del Paese il mezzogiorno colorato di rosso. Questo ci da una grande responsabilità: per questo la svolta in Campania è cruciale: quella regione può essere il laboratorio per rilanciare tutto il meridione", dice il premier. Non dimenticando il tema della criminalità: "Serve la cultura per battere l'illegalità". RepIdee, Renzi: ''Pd, dopo regionali siamo passati da dittatura a terapia di gruppo'' Il caso ligure e l'opportunità di ripensare il Pd. Poi si arriva alla Liguria. Ezio Mauro chiede al premier di analizzare, per la prima volta in pubblico, l'esito del voto di domenica scorsa. "Di chi è la colpa?", chiede il direttore. "Se abbiamo perso in Liguria abbiamo sbagliato noi", replica secco Renzi. "Ci siamo affidati alle primarie. E da me non verrà mai una parola contro un candidato che abbiamo scelto insieme. L'atteggiamento di lavarsi la coscienza è insopportabile". Anche perchè quella che fa difesa è il modo democratico attraverso cui il Pd seleziona la propria classe dirigente. "Vogliamo dire che si fanno primarie in modo diverso? Bene. Ma quello che voglio sottolineare è che negli altri partiti i candidati sono scelti da un leader. Nel Pd questo non avverrà mai". Le due sinistre. Lo spazio aperto alla sinistra del Pd. Le crepe nella sinistra del Pd. "Perchè lei tratta una parte della sinistra italiana come abitanti della stiva e non come coloro che hanno lo stesso diritto di sedere al tavolo", commenta Ezio Mauro. "Nel mondo c'è una sinistra di testimonianza, una sinistra che penso di esserlo più degli altri. Occorre una sinistra che apre le fabbriche, non quella che fa i convegni sul lavoro. Serve una sinistra che abbia come prospettiva guida il governo del Paese. Quella sinistra di testimonianza è stata una delle principali alleate di Berlusconi". Ancora: "E poi non è vero che escludo la sinistra, non è vero che sono in lotta contro gli ex-Ds. Il Pd che io voglio è quello in cui la provenienza non conta". RepIdee, Renzi: ''Da Nader a Pastorino, c'è una sinistra che fa vincere la destra'' Il Pd, le riforme e il nodo scuola. E il tema della sinistra interna consente al premier di ricordare quelli che ritiene i successi dell'esecutivo. "Metto in un angolo la minoranza? Sulla legge elettorale sì, li metto in un angolo: non era possibile andare avanti così, dopo anni di promesse ai cittadini. Li metto in un angolo sul lavoro? Sì, perchè io voglio aprire fabbriche, non fare i convegni. Cosa c'è di più di sinistra di una legge che consente a un precario di avere il mutuo, le ferie?". Renzi tocca anche il tema della scuola: "Qualcosa non ha funzionato. Il colpevole sono io. Riaprirò la discussione". Il direttore di Repubblica ricorda quanto sia stata vasta nella società l'opposizione alla riforma Renzi-Giannini. Il premier: "Rimetteremo mano al testo. Ma non cederemo a chi si crede intoccabile. Le priorità sono due: risorse per l'edilizia e stop basta alle classi pollaio". La corruzione. "Farà leggi ad personam per risolvere il caso De Luca?", chiede il direttore di Repubblica. "No, l'epoca delle leggi ad personam è finita" replica il premier. Ancora Mauro: "Ma come si è arrivati a questo punto?". "C'è una contraddizione, non c'è dubbio", riflette Renzi. "C'è una cosa su cui mi mangio le mani: abbiamo approvato la legge anti-corruzione, dopo l'impegno preso con i lettori di Repubblica. Poi la legge sul falso in bilancio, quella sui reati ambientali, l'autoriciclaggio, la prescrizione. Abbiamo fatto tutto questo e abbiamo dato l'impressione di timidezza. Abbiamo avuto un enorme problema di comunicazione". Ma il premier vuole sottolineare anche un aspetto politico: "De Luca in Campania non condannato per camorra". Mafia Capitale. La politica gregaria del malaffare, la criminalità che compra assessori e consiglieri comunali. A Roma, la sinistra come la destra: corrotta. Ezio Mauro introduce così il tema di Mafia Capitale. "Mi vergogno quando leggo quelle intercettazioni. E' inaccettabile. Ma bisogna saper distinguere tra giustizia e giustizialismo. Una cosa è dire che il Pd deve fare i conti con se stesso e non ricordare che il Pd romano è stato commissariato, che a Ostia le ruspe contro l'illegalità le abbiamo usate noi. Potevamo far di più? Si, ma la strada che stiamo seguendo mi sembra quella giusta, a partire dall'autorità anti-corruzione di Raffaele Cantone in giù. Sapendo che il problema non si risolve in un anno: è la battaglia che voglio fare. Casa per casa, porta a porta". Poi il caso del sottosegretario Castiglione. "Io ho anche avuto un padre indagato qui a Genova. Ho cinque sottosegretari con avvisi di garanzia. Ma ho giurato sulla Costituzione: un cittadino è innocente fino a sentenza definitiva". Su Marino e Zingaretti: "Hanno dimostrato di essere altro da questa cricca. Penso che abbiamo bisogno di una cosa: riconoscere i colpevoli veri. Se qualcuno del Pd è coinvolto va in carcere e ci resta fino all'ultimo giorno della pena: se rubi fino all'ultimo giorno stai dentro". Elezioni anticipate e ripresa economica. La tentazione di votare e la voglia di misurare il consenso. La legislatura legata al contesto economico, il peggio della crisi che sembra passato. "L'Italia è fuori dalla crisi?", chiede il direttore di Repubblica. "No, non siamo ancora fuori dalla crisi", dice il premier. "Lo saremo quando recupereremo un posto di lavoro in più rispetto a quelli che abbiamo perso. Solo in quel momento dirò che siamo fuori dalla crisi. La crescita ce l'hai solo se torna il lavoro". La soluzione passa attraverso il reddito di cittadinanza? "No. secondo me si tratta di una misura incostituzionale. L'idea che siccome sono cittadino ho diritto a un reddito è sbagliata. Dobbiamo ritornare allo spirito dei nostri padri: a costruire una comunità in cui tutti possano avere un lavoro". L'Europa. "Andremo in Europa a chiedere di cambiare le regole dell'austerity solo quando avremo realizzato le nostre riforme. Solo a quel punto potremo dire: adesso bisogna cambiare il modello, adesso dobbiamo creare un'Europa solida e solidale, dobbiamo rilanciare. Per questo io chiedo al Paese di impegnarsi anche per i migranti: per dire all'Europa che noi siamo questi, siamo la sinistra che pensa agli ultimi". Il Partito della Nazione. Quale è la direzione del Pd? Radici a sinistra e capacità di intercettare il voto al centro? Oppure un contenitore di interessi sostituibili? Renzi: "Sogno un Partito Democratico che sia Partito della Nazione nel senso che sappia di parlare a tutti. Quando devi vincere le elezioni devi andare a prenderti i voti dall'altra parte restando te stesso: dobbiamo liberarci dell'idea che la pagina più bella sia già avvenuta. La sinistra che immagino è quella che racconta speranze possibili, non quella che passa il tempo a dividersi, a lottare contro il proprio partito nel giorno stesso in cui inizia una campagna elettorale". © Riproduzione riservata 06 giugno 2015 Da - http://www.repubblica.it/la-repubblica-delle-idee/genova2015/dialoghi/2015/06/06/news/renzi_a_repidee_il_governo_la_sinistra_il_paese_-116189798/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI, tempo perso chiedere qualcosa alle LEGA ANTI-ITALIANA. Inserito da: Admin - Giugno 14, 2015, 03:44:08 pm Matteo Renzi: "Se l'Europa non ci ascolta sui migranti, l'Italia ha un piano B. Ho chiesto collaborazione istituzionale alla Lega"
Corriere della Sera Pubblicato: 14/06/2015 10:18 CEST Aggiornato: 1 ora fa "Basta divisioni interne, ho chiesto collaborazione istituzionale alla Lega. Se l'Europa non ci ascolta sui migranti, l'Italia "ha un piano B". Lo afferma Matteo Renzi in una lunga intervista al Corriere della Sera. Il premier aggiunge che il governo va avanti fino al 2018, visto che "al Senato i numeri sono più solidi del passato". E ancora, "Il Pd non può mai aver paura delle elezioni, mai". IMMIGRAZIONE - Quello dell'immigrazione per il presidente "è un tema grave". Se nei prossimi giorni "il consiglio europeo sceglierà la solidarietà, bene - afferma -. Se non lo farà, abbiamo pronto il piano B. Ma sarebbe una ferita innanzitutto per l'Europa. Vogliamo lavorare fino all'ultimo per dare una risposta europea". Salvini? "Strillare di epidemie significa procurare allarmismo. Ma non è tempo di divisione: ieri ho chiamato Zaia e Maroni, ho offerto e chiesto collaborazione istituzionale". GOVERNO - Il presidente del Consiglio garantisce sulla tenuta dell'esecutivo. "Al Senato - dice - i numeri sono più solidi del passato. Credo che la maggioranza dei parlamentari non voglia interrompere questo percorso di riforme". "Se poi deputati e senatori si sono stancati di noi, basta togliere la fiducia delle Camere e vediamo chi prenderà quella dei cittadini. Ma non vedo praticabile questo scenario: a mio giudizio la legislatura andrà avanti fino al 2018". AZZOLLINI E DE LUCA - Su Azzollini "leggeremo le carte - precisa -. Se emergerà il fumus persecutionis voteremo contro l'arresto. Se tutto sarà in linea con la Costituzione e con le leggi, voteremo a favore dell'arresto, come abbiamo fatto anche con i nostri. Gli sconti si fanno nei negozi, non in Parlamento". Quanto a De Luca, "sulla Severino faremo ciò che prevede la legge, senza interventi ad personam. Esiste una contraddizione, perché de Magistris e De Luca sono nella stessa situazione". 'MAFIA CAPITALE' - "Ho rispetto per Ignazio Marino. Non possiamo però sottovalutare il messaggio che viene da Roma". Renzi spiega che "ci sono due questioni differenti". "Sul piano giuridico aspettiamo le carte" ma non vede elementi per sciogliere il Comune per mafia. Il Pd romano invece "va rifondato". In ogni caso a Roma "se decideremo di andare avanti lo faremo solo se convinti, non per paura di perdere il Comune". "Il mio Pd non può mai aver paura delle elezioni. Mai. Altrimenti diventa come gli altri". RUSSIA - Dopo l'incontro con Putin, Renzi dice che i suoi rapporti con gli Usa sono "ottimi". Sulla Russia "il G7 è uscito con una posizione condivisa: si dia corso integralmente agli accordi di Minsk 2. Lo stesso Putin si è detto favorevole. Adesso lavoriamo per passare dalle parole ai fatti". GRECIA - Squinzi si lamenta perché l'Italia è esclusa dai vertici europei sulla Grecia? "I problemi si affrontano nelle sedi istituzionali, non nei caminetti", dice Renzi. "Per spiegare ai greci che non possiamo pagare le baby pensioni a loro dopo aver fatto tanta fatica per toglierle agli italiani non serve una riunione". Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/14/renzi-migranti-europa-non-ci-ascolta_n_7578766.html?utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI: "È il momento più difficile della legislatura, da brividi". Inserito da: Admin - Giugno 16, 2015, 11:14:34 pm Matteo Renzi: "È il momento più difficile della legislatura, da brividi".
Il segretario candida Rosato capogruppo alla Camera Redazione, L'Huffington Post Pubblicato: 16/06/2015 14:42 CEST Aggiornato: 19 minuti fa "E' il momento più difficile e più affascinante dell'intera legislatura. Questa legislatura, che finirà nel 2018, fa venire i brividi". Lo ha detto, secondo quanto riferisce chi è presente, il premier Matteo Renzi ai deputati Pd riuniti in assemblea alla Camera. "Trovo un atteggiamento tra di noi, anche nel post elezioni, di grande preoccupazione. Per l'immigrazione e tutte le altre difficoltà a livello europeo. Ma siamo qui per questo. Altrimenti avremmo fatto altro. Siamo nel momento più affascinante della legislatura. Quando ci sono delle difficoltà, quelli bravi le superano", dice Renzi. "Ettore Rosato è il candidato naturale alla guida del gruppo. Ci vuole una leadership autorevole", ha poi aggiunto Renzi nel proporre Ettore Rosato per l'incarico di presidente. "E' una proposta di cui mi assumo la responsabilità, se ci sono proposte alternative fate pure", aggiunge. "Di fronte a noi - ha detto Renzi - ci sono molte sfide, dalle riforme ai diritti civili. Ci vuole quindi una leadership autorevole del gruppo". "In questi due anni - ha aggiunto - il lavoro svolto da Rosato lo rende il candidato naturale. Ettore ha caratteristiche di tenacia, determinazione necessarie per guidare il Gruppo più numeroso della storia della Repubblica e che dovrà gestire riforme ambiziose". Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/16/renzi-momento-difficile-_n_7593598.html?1434458572&utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI ... eNEWS 394 Inserito da: Admin - Giugno 21, 2015, 05:26:59 pm 20 giugno 2015
eNEWS 394 Ben ritrovati! Tanti appuntamenti in questi giorni. Utilizzo l'enews di giugno per fare il punto insieme a voi su alcune delle prossime sfide che attendono il Governo. Non potendo scriverle tutte, ne ho scelte dieci. Mi perdonate la lunghezza? Grazie! Grecia. Molta tensione sui mercati internazionali e nell'ambito del Consiglio Europeo per il rischio default in Grecia. Tutti stiamo lavorando per dare una mano al Governo Tsipras. L'impegno europeo, tuttavia, deve essere accompagnato da uno sforzo vero di riforme che Atene può e deve fare. Noi vogliamo che la Grecia resti nell'Euro e stiamo facendo di tutto perché ciò si verifichi. Anche i greci devono, però, fare la loro parte. Molte telefonate incrociate in queste ore. Lunedì, ore 19, Bruxelles: Vertice straordinario dei capi di governo dell'EuroGruppo. Immigrazione. Tema difficile non solo per la delicatezza dell'argomento. Ma anche per le paure che suscita. Occorre decisione, determinazione ma anche buon senso e responsabilità, specie pensando che le regole europee sembrano scritte (Dublino II) contro gli interessi del nostro Paese che allora - incomprensibilmente - le appoggiò. Un problema di portata storica come le migrazioni nel Mediterraneo si risolve solo attraverso una strategia di lungo respiro: cooperazione internazionale, accordi con Paesi africani, pace in Libia, lotta contro gli scafisti/schiavisti, procedure diverse per l'asilo politico, solidarietà europea sia a livello economico che di accoglienza. I numeri sono gli stessi dello scorso anno (58.660 contro 58.200 del 2014). L'enfasi politica e comunicativa no. Non riguarda solo l'Italia, sia chiaro. Dalle recenti elezioni danesi fino all'ipotesi di costruzione di un muro tra Serbia e Ungheria, proprio nel cuore dell'Europa, che doveva essere la patria di chi i muri li abbatte: in tutto il continente la discussione sull'immigrazione è accesa. Occorrono soluzioni concrete ancora più rapide, ma serve anche una scommessa culturale che porti l'Europa ad abbandonare la paura per tornare a scegliere il coraggio. Che non vuol dire accogliere tutti ma significa riconoscersi in regole chiare e condivise da rispettare insieme. Tutti insieme: perché è impossibile pensare di lasciare solo un Paese. Nel frattempo ogni volta che un italiano salva una vita sono sempre più orgoglioso di essere alla guida di un Paese che sta scrivendo una pagina di civiltà in mezzo a tanta demagogia. Ma che non può fare tutto da solo. Ne parleremo al consiglio europeo di venerdì 26 e anche all'Expo domani durante un incontro con Francois Hollande aperto al contributo di alcuni pensatori e uomini di cultura. Expo. A proposito di Expo. Doveva essere un fallimento totale e sarebbe divertente andare adesso a riprendere la rassegna stampa di chi ne chiedeva il blocco appena qualche mese fa. Invece funziona, circa sette milioni di visitatori hanno già varcato i cancelli, il dibattito culturale sui temi dell'alimentazione è straordinario. Nei giorni scorsi molti leader da tutto il mondo si sono recati in visita ufficiale, da Michelle Obama a Vladimir Putin, da David Cameron a capi di stato e di governo di tutto il pianeta (solo nelle ultime due settimane e solo citando capi di stato e di governo: Argentina, Cile, Colombia, Bolivia, Ecuador, Spagna, Messico, Montenegro, Slovenia, Irlanda, Estonia, Svizzera. In arrivo nei prossimi giorni: Francia, Serbia, Kazakistan). Quando l'Italia fa il suo mestiere, quando cioè l'Italia fa l'Italia, non ce n'è per nessuno. Gufi compresi. E grazie ai tanti di voi che nei mesi scorsi mi hanno invitato ad andare avanti quando le cose sembravano mettersi male per expo: conservo alcune email bellissime di chi mi invitava a fare di tutto per non bloccare i lavori. Avete avuto ragione voi, ha avuto ragione l'Italia. Stiamo lavorando perché con un accordo Expo-Inps le persone anziane meno abbienti possano avere la possibilità di partecipare all'evento durante l'estate. E sono molto fiero dei treni che l'Unitalsi sta organizzando per Milano. Perché se siamo felici della presenza di tanti capi di stato, siamo ancora più contenti per i milioni di cittadini comuni che ci onorano con la loro presenza. Economia. La ripresa c'è, i segnali sono molteplici, ma non sono ancora contento. L'Italia è sulla buona strada, ma deve ancora liberarsi da vincoli e paure. C'è molto da fare, specie nel settore che ha patito più la crisi, l'edilizia. Anche in aprile la produzione industriale nel settore costruzioni ha segnato un dato negativo (-0,3%). Ripartono i consumi, cresce il Pil, aumentano i posti di lavoro. Ma se non riparte l'edilizia, la situazione occupazionale non tornerà mai quella di prima. Quindi al lavoro, con ancora maggiore intensità. Dobbiamo sbloccare le opere pubbliche ferme (segnatevi la data dl 25 giugno, al mattino, Palazzo Chigi), semplificare le procedure amministrative (bene il codice degli appalti passato in prima lettura al Senato giovedì, adesso stringiamo sulla riforma della pubblica amministrazione alla Camera), agevolare gli investimenti pubblici e privati. Da una prima analisi, vediamo come almeno un punto percentuale di Pil (circa 17 miliardi di euro) sia bloccato da ritardi e procedure complicate. Sbloccare l'Italia significa dare ossigeno all'economia e far entrare il futuro dalla porta principale. Dobbiamo farlo, però, nel pieno rispetto del punto successivo, quello della sostenibilità ambientale. Ambiente. Già, perché il tema è assolutamente centrale. Papa Francesco ha appena pubblicato l'enciclica "Laudato si". In Francia fervono i preparativi per il COP21, l'appuntamento globale del prossimo dicembre che dovrebbe segnare una svolta nella lotta contro il cambiamento climatico. Le varie riunioni internazionali, ultimo il G7 tedesco, dedicano ampie discussioni al tema. L'Italia sta dimostrando una rinnovata attenzione su questo tema. Stiamo proponendo un doppio cambio di mentalità. Il primo legislativo, con l'approvazione della legge sugli ecoreati. Che non è una promessa, ma un impegno mantenuto dopo che per anni si erano fatte solo chiacchiere. Il secondo culturale. L'Italia è tra i primi al mondo per contributo del solare al fabbisogno elettrico del Paese e abbiamo anche eccellenze come la geotermia o le biomasse. Ma purtroppo - questo è il problema - siamo leader soprattutto nelle tecnologie, non ancora nelle filiere produttive. Il tema della green economy non è un passatempo per addetti ai lavori, ma deve diventare una scommessa di politica industriale. E ciò che stanno facendo su climate change le nostre aziende, a cominciare da Eni e Enel, è motivo di orgoglio per tutta l'Italia. Naturalmente sta sullo sfondo un problema strutturale: negli ultimi anni, per effetto di scelte politiche sbagliate in Europa e di una diversa politica energetica negli Stati Uniti, abbiamo speso molto per incentivare la riduzione delle emissioni ma è tornato a crescere il carbone. E questo costituisce una contraddizione in termini che dobbiamo affrontare fin dalla preparazione di Parigi 2015: noi iniziamo lunedì 22 con un convegno su questo alla Camera dei Deputati. Fisco. Sono pronti sei decreti legislativi che porteremo martedì in consiglio dei ministri e che cambieranno profondamente il rapporto tra cittadini e Stato. Soprattutto per le aziende, all'inizio. Ma in prospettiva anche per i cittadini, per i quali abbiamo iniziato con la dichiarazione dei redditi precompilata (a proposito: chi tra voi ha fatto la dichiarazione dei redditi precompilata? Come vi siete trovati? Cosa ci suggerireste per cambiarla?). Il nostro Governo è il primo che ha ridotto le tasse per un valore di 18 miliardi, a partire dall'operazione 80 euro e dal taglio su quelle sul lavoro con il pacchetto JobsAct. Ma ancora non è sufficiente, lo sappiamo. Tuttavia iniziare con il rendere più semplice il fisco è un ulteriore passo. Il prossimo sarà la semplificazione del sistema dei tributi locali, a partire da un'unica tassa comunale anziché tutti i balzelli che conosciamo. Riforme istituzionali. Con il superamento delle province abbiamo ridotto il numero dei politici in Italia. Ci sono circa duemila persone in meno che fanno politica di mestiere. Per la prima volta nella storia italiana, insomma, si sono tagliate le poltrone. Con la riforma della pubblica amministrazione daremo tempi certi per evitare che in Italia si impieghi più tempo per avere le carte che non per tirare su un capannone o fare un parcheggio. Ma la svolta più grande naturalmente è la riforma costituzionale. Cambia il titolo V, cioè il rapporto tra Stato e Regioni con competenze finalmente più chiare. Cambia il Senato che non dà più la fiducia, non replica lo stesso iter delle leggi e viene composto da rappresentanti dei territori, come accade in molti altri Paesi. Anche in questo caso: meno politici, più politica. Principio confermato dall'eliminazione di enti non più utili, come il CNEL. Il referendum costituzionale - che si terrà nel 2016 - lascerà ai cittadini l'ultima parola. Ma quello che sta accadendo in Italia è impressionante: tutti dicevano che la classe politica non sarebbe mai stata in grado di riformare se stessa, di ridurre le poltrone, di semplificare i propri procedimenti. Certo: in Parlamento c'è anche chi sa solo protestare. Vero. Ma l'idea che la maggioranza non rinvii le decisioni, non perda tempo, non si nasconda davanti alle proprie responsabilità è un fatto di grande rilievo. Se sei al Governo e vuoi sconfiggere il populismo e l'antipolitica l'unica strada che hai davanti a te è fare le riforme. Farle presto, farle bene, farle tutte. E su questo non ci fermeremo mai. Scuola. 100 mila persone in più, più soldi per gli insegnanti, il merito nella valutazione e una diversa organizzazione basata sull’autonomia. I governi che ci hanno preceduto hanno tagliato, noi mettiamo più soldi. Tanti. Perché per noi investire nella scuola è investire nel futuro. Chi è contrario cerca di bloccare la riforma in Parlamento con migliaia di emendamenti, per impedirne l’approvazione, salvo poi accusare il governo di non voler fare le assunzioni. Non siamo noi che vogliamo fermarci, ma le assunzioni hanno senso solo se cambiamo la scuola, se c’è un nuovo modello organizzative. Le scuole non sono un ammortizzatore sociale: come diceva don Milani in Lettera a una professoressa "il problema della scuola sono i ragazzi che perde". Investire sui docenti serve a migliorare la qualità educativa per i nostri figli, non ad accontentare qualcuno. Nella conferenza nazionale sulla scuola di luglio mostreremo concretamente anche tutti i passi in avanti nel settore dell'edilizia scolastica, non solo a livello economico ma anche nella qualità architettonica e di sostenibilità energetica. E terminata la lunga polemica sulla scuola potremo finalmente concentrarci su università e ricerca perché è il capitale umano il cuore del futuro dell'Italia. Pd. Abbiamo vinto le regionali, ma perso qualche ballottaggio di troppo, da Venezia ad Arezzo, da Matera a Fermo (e queste sconfitte hanno messo in secondo piano vittorie bellissime come quella di Mantova o le conferme dei nostri sindaci da Lecco a Macerata). È importante che il PD non perda mai il contatto con i problemi dei cittadini. Talvolta invece abbiamo dato l'impressione di essere autoreferenziali anche noi, parlandoci addosso. Il PD ha vinto le Europee, ha vinto le regionali (nelle 12 regioni in cui si è votato con la nuova segreteria, prima avevamo 5 presidenti su 12, adesso ne abbiamo 10 su 12), ma deve essere attrezzato bene perché la sfida del 2018 non sarà una passeggiata. Dunque formazione, organizzazione, confronto di idee. Siamo il partito più votato non solo in Italia ma anche in Europa dove la sinistra raccoglie purtroppo un'altra sconfitta, in Danimarca. Il PD deve parlare agli italiani, non alle proprie correnti e io per primo devo far tesoro di questo messaggio. Anche perché abbiamo una grandissima responsabilità: restituire orgoglio all'Italia e fiducia agli italiani. Urlare e insultare riesce a tutti, cambiare e costruire invece tocca a noi. Intanto il 30 giugno torna in edicola l'Unità: buona lettura! Nel mondo. Ho partecipato al G7 in Germania e ho molti impegni internazionali nelle prossime settimane. Registro un piccolo fatto, che avrebbe dovuto essere scontato ma non è stato così troppo a lungo: a differenza del passato, adesso, l’Italia non è più il problema. Sull'economia siamo considerati non più il malato da curare ma come un partner. Sui temi strategici del futuro come il clima, l'ambiente, la cooperazione allo sviluppo, sul ruolo delle donne, abbiamo molto da imparare ma anche da raccontare, sia a livello di proposte che di buone pratiche. Sulle grandi crisi internazionali l'Italia c'è (qui il video del mio discorso ai nostri connazionali in Afghanistan). Non più parte del problema, dunque, ma parte di una soluzione comune, condivisa. Con una punta di orgoglio: il nostro è un grande Paese che, talvolta, deve imparare a volersi più bene, a raccontarsi con il senso di sé che spesso hanno i nostri partner, in Europa e nel mondo. Siamo l'Italia, cerchiamo di non dimenticarlo mai. Pensierino della sera. Tanti segnali dicono che finalmente le cose si sono rimesse nella giusta direzione. Carinaro, Campania: sembrava uno stabilimento destinato alla chiusura, si è aperto uno spiraglio interessante. L'Alfa Romeo presenta mercoledì la nuova Giulia: dopo Melfi ripartirà anche Cassino, vedrete. L'export che continua a crescere alla grande. E martedì prossimo sarò a Courmayeur per inaugurare la nuova funivia del Monte Bianco, capolavoro di ingegneria del quale dovremmo essere orgogliosi. Ma se devo citare la buona notizia del mese penso ad una cosa che può sembrarvi piccola, ma che mi sta molto a cuore. Ieri il ministro Franceschini ha inaugurato una mostra degli Uffizi a Casal di Principe nella terra di don Peppe Diana, martire della camorra. Uffizi & don Peppe: che bello! Mi piace l'idea che anche la cultura sia decisiva nella sfida contro la criminalità organizzata e l'illegalità. Un sorriso, Matteo PS Nella mia newsletter ci sono anche molti studenti dell'ultimo anno delle superiori. Come vi sono sembrate le prove di quest'anno? E, soprattutto, toglietemi una curiosità: quale tema avete scelto voi? matteo@governo.it Da - http://www.matteorenzi.it/newsletter/enews394/ Titolo: RENZI DEVE GOVERNARE! - (Arlecchino da Il Forumista del 24/06/2015) Inserito da: Admin - Giugno 25, 2015, 10:05:47 am Arlecchino
Oggetto del messaggio: RENZI DEVE GOVERNARE! Messaggio Inviato: mer giu 24, 2015 11:28 am Messaggi: 24826 E' ancora presto (soprattutto perchè alternative valide e promettenti non ce ne sono) dibattere sui risultati del governo Renzi. Criticare è ovviamente lecito ma occorre farlo in modo diverso e migliore di come lo fa l'opposizione e lo farebbe ancor peggio un "nemico" di Renzi. Essere NON ANCORA RENZIANI E APPOGGIARE IL GOVERNO, dobbiamo ammettere, è una posizione che ci rende più facile il vivere la politica d'oggi! Noi aspettiamo buoni risultati ottenuti nell'interesse di tutti gli Italiani da questo governo. Ma comprendiamo anche le difficoltà che incontra sulla sua strada. Molto dell'intrapreso ci piace (soprattutto il decisionismo) altro invece no (per esempio il dire molto e il fare molto meno) ma è il modo e il contenuto di chi gli si oppone che ci incoraggia nel non essere "contro" per forza. Escluso i 5Stelle che fanno capitolo a se, il resto dell'opposizione ci convince, che come scritto più sopra, che alternative credibili al governo Renzi e al PD tutt'oggi non ce ne sono. Nell'attesa che il CentroSinistra si definisca meglio e più seriamente, lasciamo al Governo il suo compito: GOVERNARE! ciaoooo Titolo: MATTEO RENZI Tra Matteo Renzi e la Buona scuola c'è Pietro Grasso: ... Inserito da: Admin - Giugno 25, 2015, 10:22:41 am Tra Matteo Renzi e la Buona scuola c'è Pietro Grasso: cartellino giallo del presidente, no alle forzature
Pubblicato: 22/06/2015 20:32 CEST Aggiornato: 2 ore fa Tra Matteo Renzi e la ‘Buona scuola’ c’è Pietro Grasso. Raccontano al Senato che sia stato il presidente a dare un freno all’impeto del giovane premier, fortemente tentato di portare in aula il testo di riforma della scuola, saltando il voto in commissione, dove pesano i duemila emendamenti presentati da opposizione e minoranza Dem. “Noi stiamo al regolamento”, segnalano dalla presidenza del Senato. E il regolamento impone che i testi collegati alla manovra di bilancio - come la scuola, che prevede voci di spesa e non a caso è stata sottoposta a parere della commissione Bilancio – debbano essere presentati in commissione, dove si deve anche riaprire il termine dei subemendamenti, e solo dopo in aula. Non è possibile saltare, come è successo prima di Natale con la legge elettorale. Domattina i relatori di maggioranza Francesca Puglisi del Pd e Franco Conte di Area Popolare faranno l’ultimo tentativo in commissione per cercare un accordo politico che riduca gli emendamenti. Ma tra i renziani nessuno scommette sul successo della manovra. Quindi? Sarà braccio di ferro con Grasso? Per ora, agli atti, c’è solo l’avvertimento arrivato dagli uffici della presidenza. Un cartellino giallo piuttosto normale nelle dinamiche parlamentari, che però va ad intralciare l’idea del premier di saltare del tutto il voto in commissione, come è successo sull’Italicum. E poi a Palazzo Chigi non è piaciuto quel richiamo a Grasso contenuto nella nota diffusa ieri da Miguel Gotor, senatore di minoranza. “Spero che il governo e la maggioranza del Pd abbiano la sensibilità politica di ascoltare le parole del presidente del Senato Pietro Grasso – dice Gotor – il quale ha auspicato che su un provvedimento significativo come quello sulla scuola non sia mesa la fiducia, ma il Parlamento sia lasciato libero di esprimersi e di migliorare la legge”. Ora, la fiducia è una decisione che spetta al governo. E il premier resta convinto che quella sia la strada obbligata per superare le difficoltà della maggioranza in Senato e ottenere l’ok sulla ‘Buona scuola’. Quanto a Grasso, sabato scorso, alla festa dell’Unità a Roma si è solo limitato ad auspicare che non si arrivi alla fiducia, come di solito fanno tutti i presidenti di Camera e Senato, in difesa delle prerogative del Parlamento, e dunque “Se si potesse evitare, certamente…”, ha detto Grasso rispondendo a domanda. Ma dalle parti di Renzi non si nasconde un certo fastidio. Come è successo quest’estate, quando la bolgia scatenata da opposizione e minoranza Pd sulla riforma costituzionale, diede adito ai renziani di diffondere veleni sul presidente. Veleni, appunto, che sulla scuola potrebbero riproporsi. A Palazzo Madama le sentinelle renziane tengono le antenne dritte, gli uffici parlamentari studiano il regolamento, si cerca una via d’uscita dignitosa per tutti, ma certo la questione resta complicata. Renzi se la cava così: "Decide il Parlamento. Se passa, ci saranno 100mila assunzioni, se non passa o se non passa in tempo per le assunzioni, ci saranno solo quelle del turn over, che sono circa 20-22mila persone”. Perché, anche a voler aprire il termine dei subemendamenti, il governo in Commissione Cultura rischia di non avere la maggioranza. Oggi è venuto allo scoperto Walter Tocci, componente di minoranza Pd in commissione, di solito parco di dichiarazioni stampa. Sulla ‘Buona scuola’ invece ha scritto un lungo post sul suo blog, smontando pezzo per pezzo la riforma di Renzi. “L’unica novità è l’applicazione ossessiva di uno solo al comando anche nel mondo della scuola – scrive Tocci - Nessuno dei veri problemi viene affrontato, né la riforma dei cicli, né l’abbandono degli studenti, né il neo-analfabetismo degli adulti. I centomila sono utilizzati come una clava per imporre scelte inutili o dannose. Uno, nessuno e centomila, è il titolo di un dramma che racconta lo smarrimento del protagonista”. Con Tocci anche Corradino Mineo, che pure critica l’idea di porre la questione di fiducia sul testo. E in commissione pesano poi le perplessità del senatore a vita Carlo Rubbia. Sono tre voti in dissenso possibili: bastano per mettere a rischio una maggioranza di 15 a 12 in commissione. A sera, dopo riunioni fiume con i tecnici del Miur per comporre il ‘testo di sintesi’ di Puglisi e Conte, dalla cerchia parlamentare del premier arrivano rassicurazioni: “Ci atterremo al regolamento”. Di uno scontro con Grasso non si sente il bisogno. Ma va superata l’impasse, in qualche modo. "Pd andrà avanti su #labuonascuola, Una legge per valorizzare autonomia, merito e assunzioni. Domani alle 10,30 seduta 7 commissione", twitta Andrea Marcucci, presidente della Commissione Cultura. I relatori dovrebbero proporre cambiamenti sul tetto di 100mila euro per lo ‘School bonus’ e sulla commissione di valutazione dei docenti, che nella nuova formulazione dovrebbe comprendere anche due professori in più e un membro esterno. Quindi, da regolamento, il testo verrà depositato in commissione. Le opposizioni diranno la loro. Lo stesso vale per la minoranza Dem. Ma se la mole di emendamenti resterà ancora lì a spiaggiare il testo sulla scuola, già domani - prevedono i renziani - potrebbe riunirsi una conferenza dei capigruppo per discutere della possibilità di inviare il testo direttamente in aula. Accadrà? Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/22/matteo-renzi-buona-scuola_n_7637864.html?1434997957&utm_hp_ref=italy Titolo: La maggioranza salva Castiglione: no alla sfiducia di M5s, Lega e Sel Inserito da: Admin - Giugno 25, 2015, 10:31:15 am La maggioranza salva Castiglione: no alla sfiducia di M5s, Lega e Sel
Bocciate tutte le mozioni delle opposizioni, con il voto contrario di Pd, Ncd, Sc e Forza Italia 23 giugno 2015 ROMA - L'aula della Camera ha respinto le tre mozioni di M5S, Sel e Lega Nord che chiedevano le dimissioni del sottosegretario alle Politiche agricole Giuseppe Castiglione. I voti favorevoli alla mozione dei grillini stati 108, quelli contrari 304 e gli astenuti 2 astenuti. Quella di Sel ha ottenuto 92 voti favorevoli e 303 contrari, e infine quella del Carroccio 86 sì e 306 no. Contro le mozioni hanno votato Pd, Fi, Scelta civica e Ncd. A favore M5s, Lega e Sel. Giuseppe Castiglione (Ncd) è indagato per vicende legate all'indagine su Mafia Capitale, e più in particolare per presunte tangenti nella gestione del centro di accoglienza dei profughi di Mineo, in Sicilia. Quello di Castiglione è solo uno dei due casi giudiziari che hanno investito esponenti di Ncd e di conseguenza il Parlamento. L'altro è il deputato Antonio Azzollini (anche lui Ncd), per il quale la procura di Trani ha richiesto l'arresto nell'inchiesta sul crac della clinica Divina provvidenza di Trani. In quella vicenda, il presidente del Pd Matteo Orfini ha detto che "sembra inevitabile un sì all'arresto da parte del Partito democratico". Il Pd ha spiegato in aula, attraverso le parole del deputato Andrea Romano, il perché del suo no alle mozioni: "La posizione della mera notizia dell'esistenza di indagini non può essere motivo di sfiducia. Oggi - ha detto Romano - non siamo chiamati a esprimere un verdetto giudiziario, né un giudizio di moralità, né un giudizio sul curriculum del collega. La valutazione del Pd è di non frapporre alcun ostacolo al lavoro della magistratura e di valutare se le funzioni di sottosegretario siano indebolite dallo svolgimento dell'indagine. Ci troviamo a discutere e valutare l'esistenza di limiti che possono rendere inefficace l'operato di Castiglione nel governo". Limiti, a detta del Pd, attualmente inesistenti. Romano rivendica anche l'operato del suo partito dopo lo scandalo che ha travolto la politica capitolina. "Il Pd - ha affermato - ha fatto qualcosa in più che rispettare il lavoro della magistratura: si è messo a disposizione, ha azzerato l'organizzazione del Pd a Roma, si è guardato allo specchio e ha affidato il compito di ricostruire un'organizzazione di partito che non ha mai dichiarato indenne da questi fatti. Se altri partiti avessero fatto lo stesso, io credo ne avrebbe beneficiato tutto lo stato di salute della politica. Su questa faccenda il Pd non ha nulla da nascondere né tantomeno deve chiedere scusa a nessuno", perché "siamo stati i primi a dire che qualcosa andava fatto". Polemiche invece le opposizioni: “Il Pd salva Castiglione per salvare il Governo - attacca il capogruppo di Sel alla Camera, Arturo Scotto - e lo fa ignorando il lavoro della magistratura che sta squarciando il velo di un sistema affaristico sull'utilizzo criminale di risorse pubbliche destinate all'accoglienza dei richiedenti asilo". Continua Scotto: "Una vergogna che contribuirà ulteriormente a rafforzare il populismo di chi specula sulla pelle dei migranti e dei richiedenti asilo. Tutto questo perchè il partito di Alfano, di cui Castiglione è il plenipotenziario per la Sicilia, è uno degli azionisti di maggioranza del governo Renzi". Critiche anche dal M5s, attraverso un tweet di Alessandro Di Battista, membro del direttorio grillino. © Riproduzione riservata 23 giugno 2015 Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/06/23/news/la_maggioranza_salva_castiglione_non_alla_sfiducia_di_m5s_lega_e_sel-117542939/?ref=HREC1-6 Titolo: MATTEO RENZI Grecia, Matteo Renzi stronca Alexis Tsipras: "Non pensi di ... Inserito da: Admin - Luglio 01, 2015, 05:40:10 pm Grecia, Matteo Renzi stronca Alexis Tsipras: "Non pensi di essere più furbo degli altri"
Sole 24 Ore Pubblicato: 30/06/2015 08:26 CEST Aggiornato: 30/06/2015 08:26 CEST Se c'erano dubbi sulla posizione di Matteo Renzi sulla crisi greca, è arrivato il momento di fugarli. Il premier italiano si schiera con Angela Merkel e stronca il suo collega greco. In una lunga intervista al direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, Renzi bacchetta a più riprese il premier greco: "Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole. Un'altra è pensare di essere il più furbo di tutti, essere cioè quello che le regole non le rispetta". La presa di posizione è chiara. "I negoziati li ha interrotti Varoufakis, purtroppo - dice Renzi - Il problema non è su chi ha sbagliato per primo, questo non è l'asilo. Il punto è che la Grecia può ottenere condizioni diverse ma deve rispettare le regole. Altrimenti non c'è più una comunità. Scusi, noi abbiamo fatto la riforma delle pensioni: ma non è che abbiamo tolto le baby pensioni agli italiani per lasciarle ai greci eh! Noi abbiamo fatto la riforma del lavoro, ma non è che con i nostri soldi alcuni armatori greci possono continuare a non pagare le tasse. Potrei continuare". "Aggiungo che se c'è il tana libera tutti sulle regole, che succede in Spagna a ottobre? E in Francia tra un anno e mezzo? Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole. Un'altra è pensare di essere il più furbo di tutti, essere cioè quello che le regole non le rispetta. Noi vogliamo salvare la Grecia, ma devono volerlo anche i greci. Altrimenti non funziona". Per questo, il "no di Alexis e dei suoi mi è sembrato inutilmente ostinato", dice il premier Renzi. Dare la colpa alla Germania di ciò che sta avvenendo in Grecia è un comodo alibi che non corrisponde alla realtà. Dare sempre la colpa ai tedeschi non può essere una politica. Può tirare su il morale, ma non tira su l'economia. La Merkel ha provato davvero a trovare una soluzione. Credo che la mossa del referendum l'abbia spiazzata. Lei era in prima fila in Germania per fare un accordo anche contro la sua opinione pubblica. Ma adesso il rischio è che il referendum si trasformi in Merkel contro Tsipras. Sarebbe un errore ed è quello che vuole Alexis. ITALICUM. "Cambiare l’Italicum? Non esiste". Risponde così il premier Renzi sulla nuova legge elettorale nell'intervista al Sole24Ore. "Abbiamo impiegato anni per avere una legge elettorale che garantisca governabilità e adesso che ce l'abbiamo rimettiamo tutto in discussione? L' Italicum funziona bene perché permetterà a chi vincerà di governare cinque anni". ECONOMIA ITALIANA. L'Italia è già fuori dalla linea del fuoco dei rischi di un eventuale default greco, assicura il premier. "Abbiamo iniziato un percorso coraggioso di riforme strutturali, l’economia sta tornando alla crescita e l’ombrello della Bce ci mette al riparo". Per quanto riguarda invece il ruolo nella trattativa sulla crisi greca, Germania e Francia, sottolinea Renzi, sono in prima linea perché "hanno una consolidata relazione da sempre", ma "che poi queste proposte funzionino o meno lo dirà il tempo". "Noi - aggiunge - ce li ricordiamo nel sorrisino di Cannes di Sarkozy quando sul banco degli imputati avevano messo noi. Qual è il nostro posto? Il nostro posto in passato era tra i problemi, adesso è tra quelli che provano a risolvere i problemi". Quanto ai "vertici ristretti", dice Renzi, "non ho mai partecipato, nonostante gli inviti a farlo. E non inizierò adesso. I luoghi dove si fanno le trattative non sono quelli a favore di telecamere". Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/30/renzi-stronca-tsipras_n_7693496.html?1435645604&utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI, Cari compagni e amici del PD, da domani l'Unità torna in edicola Inserito da: Arlecchino - Luglio 04, 2015, 10:16:49 am Cari compagni e amici del PD, da domani l'Unità torna in edicola.
Era un mio impegno personale, oggi è una promessa mantenuta. Ha poco senso oggi piangere sul latte versato (e sui tanti denari versati). Purtroppo le vicende del passato non si possono sistemare. Ma il futuro è nelle nostre mani. E allora abbiamo lavorato con passione – grazie innanzitutto al tesoriere del PD Francesco Bonifazi, alla proprietà, al direttore Erasmo d'Angelis – per riportare in edicola questa testata gloriosa. Per darle un futuro. Perché la nostalgia è un sentimento nobile, ma costruire la speranza è ancora più bello. Non sarà solo l'Unità cartacea. Ma anche il sito, la web-tv (Unità TV prende il posto di YouDem), le feste che già dallo scorso anno sono tornate a chiamarsi Festa dell'Unità. Abbiamo bisogno di un partito che rafforzi i suoi ideali ma anche la sua organizzazione. La discussione partito liquido-partito solido non ha senso: ormai la differenza è tra un partito organizzato bene e uno organizzato male. E noi dobbiamo migliorare a Roma, come in ciascuno dei circoli. Ho chiesto che l'Unità sia uno spazio di libertà, di confronto, di discussione. Che ci aiuti a raccontare l'Italia bella, quella che non si arrende, quella dei tantissimi circoli che fanno iniziative di livello, quella del volontariato e dell'associazionismo. L'Unità che vuol bene all'Italia. Vorrei che gli iscritti e i circoli la sentissero come loro patrimonio. Non solo dando una mano sia negli abbonamenti che nella diffusione alle feste. Ma anche partecipando. Scrivendo, commentando, criticando, proponendo. L'abbiamo riportata in edicola. Adesso tocca a tutti noi averne cura. Conto, come sempre, sul vostro impegno Grazie, Matteo Da partito PD Titolo: RINASCE L'UNITA'... Inserito da: Arlecchino - Luglio 04, 2015, 10:31:50 am RINASCE L'UNITA'... Bene!
Si spera di leggerla (gratis) e senza gli schizzi fastidiosi della Sinistra-sinistra da sempre con i piedi negli anni 20 (del 900) e il cervello cloroformizzato dall'ideologia marxista strumentalizzata, per arrivare al potere attraverso le falsità, gli inganni e gli attacchi personali, usati sino ad ora per ottenere una non meritata riscossa comunista. Le ideologie sarebbero utili per guidare un consenso meritato, ma quella di sinistra deve essere rivista e corretta dalle fondamenta. Studiare le tesi uliviste aggiornandole potrebbe essere utile. ciaooo Titolo: Grecia, Renzi: "Costruire Europa politica, non solo economica" Inserito da: Admin - Luglio 09, 2015, 07:18:18 pm Grecia, Renzi: "Costruire Europa politica, non solo economica"
Il premier in visita al Cern prima dell'Eurogruppo: "Problema più grave è che tipo di Ue vogliamo, c'è bisogno di tutta la nostra intelligenza". Mozione di Sel, Fassina e D'Attorre per "impegnare il governo a sostenere le ragioni della Grecia". Grillo e Salvini: "Torniamo alla Lira" 07 luglio 2015 PRIMA di arrivare all'Eurosummit di Bruxelles che si preannuncia cruciale per risolvere lo scottante dossier della Grecia, reso ancora più complicato dall'esito del referendum di domenica che ha bocciato le proposte dei creditori, il premier Matteo Renzi è passato per il Cern di Ginevra dove ha incontrato la direttrice Fabiola Giannotti e ha visitato i laboratori dell'Istituto di ricerca europeo. "Sto per andare a Bruxelles in un ennesimo dibattito sull'Europa. Ma c'è un problema più grande dell'emergenza Grecia, il problema di che tipo di Europa vogliamo per il futuro" e per costruire "un'Europa politica, non solo economica, c'è bisogno di tutta la nostra intelligenza", ha affermato il presidente del Consiglio, in parte riprendendo concetti già espressi ieri quando aveva detto: "Europa cambi o è finita". "L'Europa che dobbiamo costruire oggi - ha aggiunto il premier - ha bisogno di tutta la nostra intelligenza, forza, passione, e deve essere non solo economica, non solo basata sull'austerity, parametri e numeri, ma deve essere valori, presidio di libertà e di pace, un continente nel quale si è felici dell'innovazione e della scoperta del domani". Il premier su Facebook ha parlato del Cern come esempio dell'Europa che funziona: "Il futuro del nostro continente è sempre più nella ricerca, nella cultura, nei laboratori e sempre meno nelle burocrazie noiose e stanche". Oltre all'Eurosummit, l'appuntamento del giorno è quello dell'Eurogruppo, sempre a Bruxelles, dove è giunto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan: "Siamo qui con spirito costruttivo per cercare di trovare un accordo, naturalmente molto dipenderà da come si porrà il governo greco, io spero si ponga con spirito costruttivo", ha affermato il titolare dell'Economia, che si augura che ora "si cominci a discutere concretamente di come accelerare l'integrazione dell'Unione monetaria". Il referendum greco ha riaperto in Italia e in Europa il dibattito sul futuro della moneta unica e ha galvanizzato il fronte dei critici delle politiche di austerity portate avanti da Bruxelles. Gli esponenti di sinistra che compongono questo fronte, che va dall'ex Pd Stefano Fassina, ai capigruppo di Sel al Senato e alla Camera, Loredana De Petris e Arturo Scotto, fino ad Alfredo D'Attore (minoranza Pd) e Francesco Campanella (senatore ex M5s), hanno presentato a Montecitorio una mozione che "impegna il governo ad aiutare la Grecia e a sostenere le sue ragioni in tutte le sedi europee" e far sì che si svolga una "conferenza sul debito" e si avvii "un processo di riforma dei trattati europei". Sel ha chiesto che il governo riferisca in tempi rapidi all'indomani del vertice di oggi. Secondo Fassina "il referendum greco rimette sul tavolo l'opportunità di fare una 'operazione verità'. Molto semplice: riconoscere che l'Eurozona dentro l'agenda mercantilistica orientata dall'interesse nazionale tedesco porta al naufragio". Le posizioni antieuro sono state ribadite oggi da Beppe Grillo in un'intervista rilasciata alla Cnbc: "Prima o poi la Grecia dovrà affrontare l'eventualità di un'uscita dall'euro". Il leader del Movimento Cinque Stelle auspica per l'Italia un ritorno alla lira: "Sì" con una Banca Centrale "che tenga sotto controllo i cambi. La Bce potrebbe farlo. Ogni Paese potrebbe tenere la propria valuta, con la Bce che vigila sulle fluttuazioni dei tassi di cambio". "Io non sono un economista - ha concluso Grillo - ma molti economisti, come Stiglitz e Krugman lo dicono: questo sistema non sta più in piedi. Ma da anni ormai, io lo dico con un senso della commedia: siamo in una situazione psichiatrica, non finanziaria". Sulla stessa lunghezza d'onda di Grillo il leader del Carroccio Matteo Salvini: "Meglio la Russia di Putin dell'Europa" e "anche di Matteo Renzi" afferma il segretario della Lega Nord Matteo Salvini che rilancia sulla necessità di abbandonare l'euro: "E' stato un errore. L'Italia dovrebbe uscire subito: un'uscita coordinata, concordata. Non c'è nulla di irreversibile". E ancora: "Con la Lira eravamo la quinta potenza mondiale. Si stava meglio, questo lo dicono i numeri: nel 2002 la disoccupazione era al 9, ora al 12.4, Il debito era di 1300 miliardi di euro, ora è di 2200". Anche il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, ha rilanciato questa mattina dalle colonne di Repubblica l'ipotesi di un referendum sull'Europa simile a quello greco anche in Italia: "Adesso che la Grecia ha rimesso in discussione questa Europa della burocrazia e del rigore, tutto è possibile". © Riproduzione riservata 07 luglio 2015 Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/07/07/news/grecia_renzi_costruire_europa_politica_non_solo_economica_-118547429/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI: in autunno è in arrivo una manovra da 20 miliardi Inserito da: Admin - Luglio 09, 2015, 07:23:14 pm FINANZA PUBBLICA
Renzi: in autunno è in arrivo una manovra da 20 miliardi Intervista del premier al Sole 24 Ore. Verso l’eliminazione della tassa sugli imbullonati. E per rilanciare l’edilizia il governo intende sbloccare cantieri per un valore di 20 miliardi Di Redazione Economia Mettere a punto una manovra da 20 miliardi. Questo il compito per le vacanze dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Il premier è stato intervistato oggi sul Sole 24 ore. Di questi 20 miliardi 16 sono necessari per evitare l’aumento dell’Iva previsto da una clausola di salvaguardia, 500-600 milioni servono all’adeguamento delle pensioni, 800 per la reverse charge e 1,6 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego. Renzi scommette comunque su una riduzione del carico fiscale nel 2016 (oggi al 43,5%). Ora decidano i greci Al settore dell’edilizia il premier promette lo sblocco di cantieri per venti miliardi nei prossimi 18 mesi. In materia fiscale, via la tassa sugli imbullonati dal prossimo anno. Per quanto riguarda la crisi greca, Renzi dice che «il no di Alexis» (Tsipras, ndr;) gli è sembrato «inutilmente ostinato». Per il presidente del Consiglio «il punto è che la Grecia può ottenere condizioni diverse ma deve rispettare le regole». A questo punto tocca ai greci decidere. «Democrazia è una parola inventata da Atene – chiude l’argomento Renzi –. Bruxelles la deve rispettare. Dal canto loro i greci devono avere chiare le conseguenze della loro scelta». 30 giugno 2015 | 02:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/economia/15_giugno_30/renzi-autunno-arrivo-manovra-20-miliardi-05119e22-1f19-11e5-be56-a3991da50b56.shtml Titolo: Il piano di Matteo Renzi per il Sud: forse un ministero ad hoc. Inserito da: Admin - Agosto 09, 2015, 11:06:41 am Il piano di Matteo Renzi per il Sud: forse un ministero ad hoc.
Delrio: "Vogliamo una Grande Officina per il Meridione" Andrea Carugati, L'Huffington Post Pubblicato: 01/08/2015 20:49 CEST Aggiornato: 2 ore fa Tra i parlamentari Pd più sensibili al tema già si sogna un “Piano Marshall” per il Sud. In grado di mettere insieme i fondi europei e i cofinanziamenti, sfuggendo anche agli angusti limiti del Patto di Stabilità. Di certo, la decisione di Matteo Renzi di convocare una direzione Pd il 7 agosto interamente dedicata all’agonia del Mezzogiorno ha sorpreso un po’ tutti. Compresi quei 70 parlamentari che dopo il tragico rapporto Svimez avevano fatto pressione sul premier-segretario affinché la questione meridionale entrasse finalmente nell’agenda del governo e del partito. Renzi ha deciso secondo il suo stile. Di sabato mattina, 1 agosto, dopo aver letto la lettera appello di Roberto Saviano su Repubblica che gli ricordava come “lei ha il dovere di intervenire e prima ancora ammettere che nulla è stato fatto”. Un messaggio durissimo, quello dell’autore di Gomorra. Ma anche dentro il partito il tema stava diventando incandescente: con una interpellanza alla Camera in cui i due leader della minoranza Speranza e Cuperlo parlavano di un’attenzione “marginale” del governo verso il meridione, di una spesa dei fondi Ue “ancora al palo” e di “promesse disattese”. Così Renzi ha telefonato al presidente dem Matteo Orfini e i due hanno deciso di convocare la direzione nel pomeriggio del 7 agosto. Quando ormai tutti i parlamentari Pd pensavano di poter essere in partenza per le vacanze. Una scelta “alla Renzi” anche per quanto riguarda la logistica, dunque. E anche perché l’inizio della settimana sarà occupato quasi integralmente dalle decisioni sui nuovi vertici Rai. Il premier-segretario sa bene però che il tema è assai delicato. E dunque ha intenzione di arrivare all’appuntamento della direzione con alcune parole chiave molto chiare, con una serie di proposte da concretizzare alla ripresa autunnale. Magari con un Consiglio dei ministri ad hoc gli ultimi giorni di agosto. Ma un segnale va dato immediatamente. Per questo il premier ha intenzione di annunciare già venerdì la nascita di un ministero per il Mezzogiorno, tutto dedicato al rilancio occupazionale e industriale. E di battersi in sede europea per ottenere il risultato che finora ha mancato, e cioè slegare il cofinanziamento del piano 2014-2020 dai paletti del Patto di Stabilità, almeno per quanto riguarda gli investimenti delle regioni. Alla direzione si faranno sentire anche i parlamentari e i governatori del Sud, a partire dai pugliesi. Dario Ginefra, primi firmatario dell’appello firmato da una settantina di parlamentari Pd di tutte le aree per convocare una direzione sul Sud, si rallegra della decisione di Renzi e spiega: “Il Pd governa in questa fase tutte le regioni del meridione, si tratta di una occasione storica che non può essere sprecata. Occorre avviare una seria riflessione che porti all'immediata apertura di un tavolo di lavoro che veda protagonisti i governatori del mezzogiorno e l'intera classe dirigente del Pd e che metta al centro lo sviluppo del Sud come priorità economica e sociale dell'intero Paese”. Ancora più netto il governatore della Puglia Michele Emiliano: “Le regioni del Sud devono scatenare l’inferno, dopo il primo governo Prodi nessun esecutivo ha più inciso realmente sullo sviluppo del mezzogiorno. Non si capisce perché investire su una terza variante di valico o sulla Tav quando Matera non è neppure raggiunta dalla ferrovia”. In termini operativi, gran parte del lavoro cadrà sulle spalle del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio che parla della nascita di una “Grande Officina del Sud” e spiega che “il governo ha una chiara strategia: puntiamo su agricoltura, turismo, industria specializzata”. Opere infrastrutturali, a partire da una “cura del ferro” che vede in primo piano l’Alta velocità in Sicilia e la ferrovia Napoli-Bari-Taranto, ma anche investimenti sulle autostrade A3 e Jonica, e ai collegamenti marittimi con lo sviluppo dei porti di Palermo, Catania, Taranto e Napoli. “Il piano c’è già”, spiega ad Huffpost il ministro Delrio,” abbiamo già fatto un accordo quadro con Bruxelles sul completamento dei corridoi europei”. Per quanto riguarda il capitolo risorse, Delrio parla di “40 miliardi di fondi europei più30 miliardi di fondi italiani del Fondo di sviluppo e coesione, destinati a colmare ilo gap infrastrutturale tra Nord e Sud”. “Il piano c’è già, ora bisogna solo attuarlo”, sostiene il ministro. Difficile che una manovra di questa portata possa essere pronta tra 6 giorni: la direzione però servirà a lanciare un segnale di marcia. E soprattutto, spiegano al Nazareno, a spostare la discussione dentro il Pd dalla lotta tra renziani e minoranza a un tema concreto: “Basta parlarsi addosso tra correnti, dobbiamo confrontarci sul merito sulle vere emergenze del Paese”, è il messaggio che Renzi ha recapitato ai suoi stretti collaboratori. Un tentativo che appare in salita, visto che dopo il voto sul canone Rai il clima dentro il partito resta incandescente. Il deputato prodiano Franco Monaco arriva addirittura ad ipotizzare una “separazione consensuale” dentro il Pd, con il ritorno a due partiti simili a Ds e Margherita. Vannino Chiti attacca: “Minacciare elezioni anticipate è un’arma spuntata, irresponsabile e arrogante. Spuntata perché spetta al presidente della repubblica decidere sulle elezioni politiche. Irresponsabile perché non guarda alle condizioni del Paese”. Il bersaniano Davide Zoggia parla del Pd come di “un’esperienza che segna il passo, visto che lo spirito ulivista si è smarrito”. Ma boccia l’ipotesi di Monaco: “Noi non intendiamo tornare a Ds e Margherita, lavoriamo perché il progetto del Pd non muoia”. In questo quadro, l’” operazione Sud”, si sussurra al Nazareno, potrebbe avere anche altri risvolti positivi: e cioè quello di rafforzare l’asse con un partito sudista come Ncd e di attrarre altri parlamentari del mezzogiorno in uscita dal centrodestra, a partire dai senatori del gruppo Gal. Nei piani di Renzi, dunque, l’operazione dovrebbe servire a sedare la guerra in corso nel Pd e anche ad allargare la maggioranza. Due obiettivi decisamente ambiziosi. Anche perché la figura dell’eventuale nuovo ministro (Quagliariello?) e le sue deleghe sono tutte da definire, a partire dalla gestione dei fondi Ue che ora sono in capo a palazzo Chigi. Ma dopo il rapporto Svimez e la lettera di Saviano il rottamatore non poteva restare fermo. Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/08/01/piano-renzi-sud_n_7918110.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Aldo Cazzullo IL COLLOQUIO CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO Inserito da: Admin - Settembre 01, 2015, 04:41:31 pm IL COLLOQUIO CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Intervista a Matteo Renzi: «L’Italia cresce, in arrivo nuovi dati positivi. Le unioni civili si faranno» «Flessibilità Ue da 17 miliardi, così tagliamo le tasse. Al Senato il governo non rischia e ci sono i numeri per forzare» Di Aldo Cazzullo Presidente Renzi, il Paese appare ancora fermo. Tassi ai minimi, euro più debole, prezzo del petrolio basso: eppure la ripresa è ancora fiacca. È sicuro che ci siano le condizioni per predicare ottimismo? «Ho una lettura diversa. Il Paese non mi sembra fermo e al contrario vedo tanta energia. Dopo anni di palude, il Parlamento approva le riforme. L’Expo è una scommessa vinta contro il parere di molti. Gli indici di fiducia e i consumi tornano a crescere. Il turismo tira, in particolare al Sud. Si respira un clima di ripartenza. Dopo anni di segno negativo torniamo a crescere». Cresciamo poco. «Vero. Non mi accontento dello zero virgola, ma vorrei ricordare che i precedenti governi avevano un netto segno “meno”. Adesso siamo al “più”. Cresciamo all’incirca come Francia e Germania: poco, ma finalmente come loro. Negli ultimi anni, invece, mentre loro crescevano noi perdevamo posizioni. In un anno abbiamo fatto legge elettorale, riforma del lavoro e della pubblica amministrazione, della scuola, delle banche popolari: una riforma che era nell’agenda del governo D’Alema, ministro del Tesoro Ciampi, direttore generale Draghi; allora furono costretti a fermarsi, noi non ci siamo fermati. Abbiamo rinnovato i vertici di Cdp e Rai, risolto 43 crisi aziendali, riaperto fabbriche da Taranto a Terni, approvato la responsabilità civile e il divorzio breve. E finisco qui altrimenti addormento subito i lettori. L’Italia è in movimento, altro che ferma. Con buona pace di Salvini che organizza manifestazioni per “bloccare l’Italia”: sono vent’anni che siamo bloccati, ora è il momento di correre. Voglio proprio vedere quanti imprenditori del Nord-Est fermeranno le aziende per la serrata della Lega». Sui nuovi contratti a tempo indeterminato avete fatto una magra figura. Cos’ha detto al ministro Poletti quando per sbaglio ne ha raddoppiato il numero? «Non gli ho detto nulla, io. Ma avrei voluto essere una mosca per sentire quello che Poletti ha detto ai suoi, magari in slang imolese: spero gliene abbia cantate quattro. Comunque i numeri dei contratti a tempo indeterminato sono buoni, anche dopo la correzione. Gli occupati crescono, i cassintegrati scendono, la ripresa c’è. Non è la prima volta che si fa confusione sui numeri, spero sia l’ultima». Prodi le dice che non si abbassano le tasse su Twitter. Tutti le chiedono dove trova i soldi. «Io le tasse le ho abbassate sul serio. Mi riferisco innanzitutto agli 80 euro; Prodi forse non lo ricorda perché non rientra nella categoria, ma chi guadagna meno di 1.500 euro al mese se n’è accorto eccome. Mi riferisco poi alle misure sul lavoro, dall’Irap agli sgravi contributivi per i neoassunti. Adesso la casa con l’azzeramento di Tasi e Imu, quindi l’Ires per le aziende nel 2017 e l’Irpef nel 2018. Non ci sarà nessun taglio alla sanità per non far pagare il ricco. Magari nella sanità ci sarà qualche poltrona Asl in meno e qualche costo standard in più. Ma sono tagli agli sprechi, non alla sanità». Ci saranno interventi sulle pensioni più alte? «No, non sono all’ordine del giorno». Non è che i soldi li troverete facendo altro deficit? Come sono davvero i rapporti con la Merkel? Pensa di convincerla ad allentare i vincoli di bilancio? «Con la cancelliera Merkel il rapporto è buono e la preoccupazione comune è quella di evitare il declino dell’ideale europeo. Su questo c’è sintonia di vedute. Rispetto al bilancio, lei non è la nostra giudice. Anzi! Anche la Germania deve cambiare, stimolando la domanda interna e facendo a sua volta riforme strutturali nei settori in cui è più indietro. Ci sono delle regole nell’Unione. E il nostro semestre ha cercato di mitigare il rigore con la flessibilità. Per la prima volta, grazie al lavoro di tutti a partire da Padoan, abbiamo ottenuto la possibilità di uno spazio di patto di circa l’1%, 17 miliardi di euro. Cercheremo di usare parte di quello. Quanto al deficit: siamo tra i pochi Paesi europei che rispettano la soglia del 3%, continueremo a farlo». Abolire la tassa sulla prima casa è una battaglia berlusconiana. O no? «Abolire la tassa sulla prima casa significa mettere fine a un tormentone decennale. E in un Paese che ha l’81% di proprietari di prima casa è anche un fatto di equità, non è certo un favore ai super ricchi. Se poi ora ripartirà l’edilizia - anche solo per un fatto psicologico - per noi sarà tutto di guadagnato. Lo aveva proposto Berlusconi? Certo. Che male c’è? Questo approccio per cui se una cosa l’ha proposta Berlusconi allora è sbagliata è figlio di una visione ideologica». Lei ha detto che il Paese è rimasto bloccato per vent’anni dallo scontro tra berlusconismo e antiberlusconismo. Sono due attitudini che si possono mettere sullo stesso piano? «Il berlusconismo è ciò che, piaccia o non piaccia, resterà nei libri di scuola di questo ventennio. Berlusconi è stato il leader più longevo della storia repubblicana. Ma ha sciupato questa occasione, perdendo la chance di modernizzare il Paese, sostituendo l’interesse nazionale con il suo. In questo senso il berlusconismo ha bloccato l’Italia. E l’antiberlusconismo - che è cosa molto diversa dall’Ulivo - ne è l’altra faccia: un movimento culturale e politico che non si preoccupava di definire una strategia coerente per il futuro, ma semplicemente di abbattere Berlusconi. Una grande coalizione contro una persona». Quindi lei non si sente antiberlusconiano? «Io non mi definisco contro qualcuno, mai. Non sono contro Berlusconi, ma per l’Italia: ero per l’Ulivo, non contro gli altri. Certo, oggi siamo al paradosso che chi a sinistra ha ucciso l’Ulivo, segandone i rami e promuovendo convegni come Gargonza per rilevarne l’insufficienza, si erga a paladino dell’ulivismo. Comunque non è un caso se nessun governo del centrosinistra in quegli anni abbia avuto la forza di durare una legislatura. Perché? Perché stavano insieme contro qualcuno, non per qualcosa. Alla prova del governo la sinistra ha fatto nettamente meglio della destra, per me. Ma se il governo D’Alema avesse avuto la forza di fare quello che hanno fatto Blair e Schröder sul mondo del lavoro avremmo avuto il Jobs act vent’anni prima». Sulla riforma del Senato c’è il rischio di una crisi di governo? E se cade il suo governo si va al voto anticipato? «Non vedo nessun rischio». Come fa a esserne così certo? «Se vogliamo fare una forzatura sul testo uscito dalla Camera, i numeri ci sono, come sempre ci sono stati. Chi ci dice che mancano i numeri sono gli stessi che dicevano che mancavano i voti sulla legge elettorale, sulla scuola, sulla Rai, sul Quirinale. Se vogliamo forzare possiamo farlo. Ma noi fino alla fine cerchiamo, come sempre, un punto d’incontro». Se i voti ci sono, ci sono anche grazie a Verdini. Non la imbarazza? «E perché? Il gruppo di Verdini ha già votato le riforme al primo giro. Mi stupirei del contrario. La mia minoranza firma gli emendamenti con Calderoli e Salvini, Grillo e Brunetta; e dovrei imbarazzarmi per il voto di chi già ha sostenuto questa riforma? Dovrei chiedergli: scusa, Verdini, stavolta puoi votare contro se no quelli della mia minoranza ci rimangono male?». La sinistra Pd chiede il Senato elettivo. Cosa risponde? «L’elettività diretta presenta due problemi. Uno è politico: il Senato non dà la fiducia al governo; in questi casi l’esperienza internazionale ci mostra preferibile l’elezione indiretta. Uno è tecnico: l’elezione diretta è già stata esclusa con doppio voto di Camera e Senato. Rivotare una cosa già votata due volte sarebbe un colpo incredibile a un principio che vige da decenni. Ma non è il passaggio più delicato della riforma: una soluzione si può trovare. Non abbiamo mai fatto le barricate su nulla, se non sul principio di superare il bicameralismo paritario: vedremo. Basta che non sia la scusa per ricominciare sempre da capo». D’Alema è appena tornato alla carica, Bersani l’aveva fatto nel giorno delle amministrative. Non sarebbe meglio per tutti una scissione nel Pd, piuttosto che continuare con uno scontro infinito? «Non credo che D’Alema e Bersani preparino una scissione. Credo si stiano preparando al congresso del 2017». Per candidare Letta contro di lei? «Non mi risulta, magari lei ha informazioni migliori. Per me sarebbe molto divertente. Potremmo confrontare i risultati dei rispettivi governi, discutere del modello di Europa per il quale ci siamo battuti, riflettere sui risultati ottenuti quando abbiamo avuto responsabilità nel partito. Del resto sia Enrico che io abbiamo già avuto esperienze di primarie. Mi piacerebbe ma è prematuro. Il congresso sarà nel 2017. E la nostra gente è stanca della polemica continua. L’alternativa al Pd si chiama Matteo ma di cognome fa Salvini. L’alternativa a questo governo e a questo Pd non è un’improbabile coalizione a sinistra, non è un Lafontaine italiano, un Varoufakis, un Corbyn; l’alternativa è il populismo». Con Forza Italia sul Senato tratterà? «Non credo, a meno che non si chiariscano le idee tra di loro. Brunetta ci ha dato dei fascisti perché abbiamo votato la stessa legge che hanno votato anche i senatori di Forza Italia: fermo restando che sentirsi dare del fascista per me è infamante, come la mettiamo? Sono fascisti anche loro? Berlusconi è altalenante: un giorno segue Salvini, il giorno dopo cura i rientri a casa, da Balotelli alla De Girolamo. Un giorno vuole il Nazareno Bis, un giorno le elezioni anticipate. Da quelle parti hanno poche idee, ma confuse. Se le chiariscono e vogliono confrontarsi siamo qui. Altrimenti bye bye. Berlusconi è circondato da molti consiglieri. Alcuni gli suggeriscono di fare una guerra senza frontiere al governo e al sottoscritto. Auguri! Noi andiamo avanti con determinazione e libertà. Il mio faro è il bene comune, nient’altro». Cosa aspetta a lanciare un grande piano di tagli ai costi della politica? Abolizione di tutti i vitalizi, dimezzamento delle indennità? «Abbiamo fatto molto, dal finanziamento ai partiti alla cancellazione di quasi 4 mila poltrone nelle Province. Siamo intervenuti sulle auto blu. Abbiamo messo un tetto ai dirigenti pubblici, con uno stipendio che può arrivare al massimo all’indennità del capo dello Stato, 240 mila euro. Se passerà la riforma della Costituzione come l’abbiamo scritta un consigliere regionale non potrà prendere più del sindaco del comune capoluogo. Ma di cosa parliamo ancora? Oggi un politico prende meno non solo di un tecnico o di un giornalista...». Magari... «Se vuole facciamo un confronto all’americana tra la mia dichiarazione dei redditi e quella di un qualsiasi direttore a sua scelta. E io non mi lamento, sia chiaro. Oggi la vera sfida è ridurre il numero dei politici, come abbiamo fatto con le Province e come vogliamo fare col Senato. E controllarli di più». Marino è stato commissariato. Prima o poi dovrà dimettersi? «Nessun commissariamento. Roma ha ottenuto ciò che ha chiesto per il Giubileo e anche un sostegno per combattere la corruzione con Gabrielli e Cantone. Il sindaco sa che deve solo lavorare nell’interesse dei cittadini. Punto. Tutto il resto è il consueto Truman Show politico-mediatico». La riforma della scuola doveva essere un suo punto di forza, con centomila nuove assunzioni. Come mai allora gli insegnanti sono così arrabbiati? «Me lo chiedo spesso anche io...». Non sarà che avete sbagliato qualcosa? «Sicuramente abbiamo sbagliato qualcosa noi. Altrettanto certamente esiste un pregiudizio di parte del mondo docente. Quello di cui sono certo è che la Buona Scuola non è la riforma. È solo l’inizio. La riforma passa dall’edilizia scolastica e dai 1.673 cantieri che questa estate abbiamo aperto. La riforma passa da parole come merito, valutazione, qualità, autonomia, che necessitano di tempo ancora per essere impiantate nel mondo scolastico. Mi fischino pure, mi contestino, mi insultino; ma se ci sono centomila italiani che anziché zigzagare come precari diventano insegnanti, be’, io ne sono fiero». L’emergenza migranti si fa di giorno in giorno più drammatica. Non ha nulla da rimproverarsi su come è stata gestita finora? «Credo stia emergendo la verità sui migranti: non è un problema italiano su cui speculare per mezzo punto di sondaggio, ma una grande crisi mondiale e europea da affrontare a Bruxelles, non a Lampedusa. Questa è stata la prima battaglia del mio governo: chiedere l’internazionalizzazione di questa crisi. Mare Nostrum aveva caricato tutte le questioni sull’Italia: noi abbiamo chiesto solidarietà e coinvolgimento. Dopo la strage di aprile e il vertice straordinario che ne è seguito sono arrivati i primi provvedimenti. Ancora pochi, spesso miopi, frammentati. Ma le drammatiche immagini di quei bambini asfissiati nel Tir, di quei bambini uccisi nelle stive delle navi ci dicono che l’Europa deve cercare una strategia». Cosa farete in concreto? «Non dobbiamo solo tamponare l’emergenza, ma anche avere un ruolo maggiore in Africa e in Medio Oriente. Investire di più sulla cooperazione internazionale. Agevolare i rimpatri. E bloccare i trafficanti di uomini, per sempre. Questo è il momento giusto per lanciare un’offensiva politica e diplomatica. L’Europa deve smettere di commuoversi e iniziare a muoversi. È finito il tempo dei minuti di silenzio: si scelga finalmente di superare Dublino e di avere una politica di immigrazione europea, con un diritto d’asilo europeo. Questa sarà la battaglia dei prossimi mesi». Cosa cambierebbe? «Ci vorrebbero mesi, ma avremmo un’unica politica europea di asilo, non tante politiche quanti sono i vari Paesi. Andremmo negli Stati di provenienza per valutare le richieste di asilo, evitando i viaggi della morte. Gestiremmo insieme anche i rimpatri». E interverrete in Libia e in Siria, per fermare vergogne come quella di Palmira? «Obama ha convocato un vertice su questi temi a fine mese proprio a margine dell’assemblea Onu». Il cardinale Bagnasco si è espresso contro le unioni civili. «Le unioni civili si faranno. Punto. Anche qui: usciamo da vent’anni di scontri ideologici. Anche qui: ci sono i numeri per una forzatura, ma spero di trovare un punto d’intesa ampio. Il richiamo alla famiglia tuttavia non è in contraddizione con le unioni civili ed è un richiamo molto corretto, secondo me. Nella legge di Stabilità va inserito un piano famiglia, dagli asili nido fino agli interventi per i bambini poveri e le famiglie numerose». Nei mesi scorsi sono uscite sue intercettazioni che mostravano uno stile di una certa spavalderia, ai limiti della ribalderia. «La rivoluzione non è un pranzo di gala, no?». Dall’altra parte, lei ha parlato di un Renzi 1, che va nelle scuole e nelle fabbriche, e un Renzi 2, inviluppato nell’agenda, nei vertici europei, nelle riunioni di partito. Qual è il vero Renzi? «Io sono sempre lo stesso. Un ragazzo di provincia che a meno di quarant’anni è stato chiamato - con altri - a cambiare il sistema politico considerato più gerontocratico nell’intero Occidente. Non è questione di Renzi 1, Renzi 2, intercettazioni. È che il sogno di un percorso di cambiamento, iniziato dalla Leopolda cinque anni fa, sta diventando realtà. E ci riusciremo, senza guardare in faccia nessuno, senza rispondere a potentati o gruppi di interesse. Qualcuno dice che siamo maleducati o spavaldi? Lo pensino pure. Il mio obiettivo non è stare simpatico. È lasciare una macchina pubblica capace finalmente di funzionare. Tutto il resto è fuffa. Mi chiedono: ma fai il bravo con i giornalisti, frequenta di più i sindacati, non scontentare gli imprenditori, preoccupati della minoranza del Pd. Tutto giusto, per carità. Ma io devo preoccuparmi soprattutto della maggioranza degli italiani. So che fanno il tifo per noi anche persone che magari non mi voteranno mai. Ma sanno che lo sforzo di questo governo è lo sforzo di un Paese intero. E quindi ci danno una mano. L’Italia sta tornando. Non sprecheremo questa opportunità» . 30 agosto 2015 (modifica il 30 agosto 2015 | 20:02) © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/15_agosto_30/intervista-matteo-renzi-l-italia-cresce-arrivo-nuovi-dati-positivi-unioni-civili-si-faranno-6909d258-4ed7-11e5-ad01-b0aa98932a57.shtml Titolo: RENZI LO DICI DA TEMPO: ADESSO ABBASSA LE TASSE E POI CACCIA I NEMICI INTERNI. Inserito da: Arlecchino - Settembre 06, 2015, 12:06:21 pm Renzi, prima volta a Cernobbio: "Vogliamo maglia rosa Ue. Ora giù le tasse"
Il premier rivendica l'aumento di posti di lavoro: "Ma ancora non basta". "In Europa non siamo più un problema" Di LUCA PAGNI 05 settembre 2015 CERNOBBIO - Matteo Renzi ama le metafore popolar-sportive. E anche a Cernobbio, per la sua prima volta sul palco della piccola Davos italiana davanti a economisti, manager e imprenditori, non ha deluso. "L'Italia non è un più un problema per l'economia europea e mondiale. Siamo come un ciclista che si era staccato, aveva accumulato ritardo ma è riuscito a rientrare in gruppo. Ma non ci basta, non ci possiamo accontentare, anche perché il gruppo stava andando piano". Soltanto un anno fa, Renzi aveva snobbato il tradizionale Workshop Ambrosetti di fine estate nel lussuoso scenario di Villa d'Este sul lago di Como, a due passi dalla villa di proprietà di George Clooney. Lo aveva fatto di proposito, preferendo andare all'inaugurazione di una fabbrica nella bergamasca: "Vado dove si lavora, non dove si chiacchiera". Un anno dopo, trova un modo diplomatico per spiegare perché ha cambiato idea accettando l'invito: "Se un anno fa, fossi venuto e avessi detto che in pochi mesi avremmo fatto la riforma del lavoro in quanti mi avrebbero creduto. Invece in un anno abbiamo approvato il Jobs act, e l'articolo 18 non è più un problema. La stessa riforma per cui la Germania ha impiegato tre anni. Abbiamo recuperato solo un terzo dei posti di lavoro perduti, ma il fatto che la maggior parte siano al sud ci fa capire che siamo sulla strada giusta". Renzi ha poi sottolineato altri due temi, uno di estrema attualità, l'altro di grande interesse per la platea di Cernobbio: l'emergenza migranti e la riduzione delle tasse. "L'Italia sarà l'unica nazione che si potrà presentare al prossimo vertice sull'immigrazione senza dover cambiare posizione. Quando dicevamo che il problema andava affrontato dall'Unione europea, tutti insieme, non lo dicevamo per un problema di tre navi da portare in salvo. Si tratta di una emergenza che deve diventare una occasione in cui l'Europa dimostra la sua unità di intenti". Altrettanto delicato il tema delle tasse. Renzi, con tutta probabilità, non ha soddisfatto in pieno le attese degli imprenditori, i quali avevano già detto nel primo giorno che il "funerale delle tasse" non avrebbe potuto limitarsi alla sola Tasi. Renzi se l'è cavata non facendo promesse a breve ma di medio periodo: "La riduzione delle tasse è un programma sui cinque anni. Abbiamo cominciato nel 2014 con gli 80 euro: molti economisti non sono d'accordo ma uno studio Bankitalia e uno della Bocconi dicono che sono serviti a riattivare i consumi. Nel 2015 è stata la volta dell'Irap. Il prossimo anno tocca alla tassa sulla prima casa. Nel 2017 e nel 2018 passeremo anno la riforma dell'Ires e poi dell'Irpef". Il capo del governo ha poi ripetuto quanto detto già in precedenza sulle lobby che negli anni passati hanno bloccato il paese. Ha criticato il sindacato ma si è pure rivolto alla platea dei presenti: "Sono finiti i tempi dei salotti buoni, dei patti di sindacato, degli anno l'amicizia degli amici". Sono finiti perché ci sono stati sette anni di cessione, ma detto da queste parti fa sempre la sua impressione. © Riproduzione riservata 05 settembre 2015 Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/09/05/news/renzi_prima_volta_a_cernobbio_vogliamo_maglia_rosa_ue_ora_giu_le_tasse_-122285782/?ref=HRER1-1 Titolo: RENZI ADESSO "FAI" LE COSE. POI STUDIA DA STATISTA. NE ABBIAMO BISOGNO TUTTI! Inserito da: Arlecchino - Settembre 06, 2015, 12:09:12 pm Matteo Renzi seduce Cernobbio: disco verde da Ghizzoni, Gros Pietro, Polegato... Ma a porte chiuse molte domande sono "morbide"
Di Gianni Del Vecchio e Andrea Carugati, l'Huffingtonpost Pubblicato: 05/09/2015 20:26 CEST Aggiornato: 4 ore fa Il feeling è scoccato. Quasi una luna di miele a scoppio ritardato quella di Matteo Renzi con la platea di Cernobbio. “Positivo, concreto ed energico, ha conquistato la platea”, commenta all’uscita l’ad di Unicredit Federico Ghizzoni. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente di Telecom Giuseppe Recchi: “Ha portato velocità di azione, che in Italia è una cosa nuova. I dati economici sono superiori alle attese e gli imprenditori sono vogliosi di dare supporto all’azione al governo”. Addirittura entusiasta il patron di Brembo e deputato di Scelta civica, Pietro Bombassei: “Se si votasse domani, tutti qui sceglierebbero Renzi”. Un successo inaspettato. E la conferma arriva anche da un acerrimo avversario del premier, Renato Brunetta, che era in platea: “Niente da dire. Purtroppo lo spot ha funzionato perfettamente”. Il premier arriva in elicottero e si trattiene a Villa D’Este molto più del previsto. Dopo la mezzora di discorso ufficiale aperto al pubblico, passa un’altra ora e mezza a porte chiuse con industriali e banchieri per la grande quantità di domande che gli vengono poste, una trentina. Ad alcune risponde in inglese, nonostante lo sguardo torvo del moderatore Gianni Riotta, che lo sconsiglia. Ma alla fine il messaggio arriva, nonostante quello che Renzi definisce “il mio pessimo inglese”. Il premier si mostra ferrato sui tanti dossier che gli vengono sottoposto, dalle tasse all’Europa, dalle riforme istituzionali all’immigrazione. Meno spavaldo e più concentrato sui temi, anche per compensare il gap di età che lo separa dalla gran parte dei presenti, tutti con più primavere all’attivo. Solo in pochi casi delega i dettagli tecnici ai ministri Padoan e Madia, che saranno al Forum domenica mattina. Un Renzi istituzionale, ma anche molto distante dal cliché del leader del partito che affonda le radici nel Pci. “Oggi l’articolo 18 non c’è più, ve l’avevo detto e l’ho realizzato in pochi mesi”, è l’esordio del suo intervento. E questa corrispondenza tra impegni e risultati è uno degli elementi che più pesano nel rapporto con questa platea abituata a un certo pragmatismo. “E’ una persona che si è assunta la responsabilità di delegare a se stesso le decisioni principali”, spiega Mario Moretti Polegato, proprietario di Geox. “Il suo merito è quello di avere restituito credibilità al sistema Italia all’estero e solo per questo gli darei un 9. Ora per diventare più competitivi serve più flessibilità sul mercato del lavoro e interventi sulla burocrazia e la giustizia. Il Jobs Act? E’ un primo passo nella direzione giusta”. “E’ proprio bravo”, commenta seduto a un tavolino con alcuni amici Gian Maria Gros Pietro, presidente del Consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo. “Mi ha colpito per le riforme che ha fatto e per l’elenco di quelle che intende fare. Condivido l’impostazione ma soprattutto credo che lui sia in grado di portare a termine questi dossier”. “E’ il premier giusto per un’Italia che vuole cambiare”, spiega Carlo Salvatori, presidente di Allianz. Anche il banchiere Cesare Castelbarco Albani, presidente dell’istituto genovese Carige, è rimasto soddisfatto dalle due ore passate col premier: “Questi primi 18 mesi sono stati positivi, le riforme sono state fatte e i dati economici rivelano un’inversione di tendenza. Quest’anno a Cernobbio si respira un clima di maggiore fiducia e ottimismo rispetto agli anni scorsi”. Il premier quindi sembra aver sfangato la graticola del popolo di Cernobbio. Anche se, a onor del vero, le domande sono tutt’altro che “cattive”. Alcune sembrano assist, anche perché arrivano da manager di aziende pubbliche nominati da questo governo, come Emma Marcegaglia (Eni) e Patrizia Grieco di Enel. Renzi non si lascia sfuggire l’occasione per un nuovo annuncio: “Il mio governo ha portato le donne alla presidenza delle società, ora è il momento di indicare donne anche per il ruolo di amministratore delegato”. Sul taglio della tasse sulla casa, interviene l’ex governatore del Friuli Riccardo Illy, che avanza alcuni dubbi. Il premier però non ha esitazioni: “Dobbiamo levare di mezzo una volta per tutte Imu e Tasi, che sono percepite dai cittadini come tasse non giuste. Poi faremo gli altri interventi su Ires e Irpef che abbiamo in cantiere”. Sull’Europa ricorda come la Germania abbia potuto sforare il rapporto del 3% per fare le riforme: “Noi non chiederemo di sforare, ma pretendiamo giusti margini di flessibilità”. Sulla spending review avverte: “Non sempre i risultati contabili dei tagli si possono vedere l’anno successivo”. Un modo per mettere le mani avanti nel caso in cui i risultati dei tagli non fossero subito visibili. Quanto all’accorpamento dei numeri di emergenza (112, 113 e altri), dalla platea interviene il governatore lombardo Roberto Maroni: “Noi l’abbiamo già fatto in Regione…”. Renzi la prende sullo scherzo: “Ma tu sei il gemello di quello che faceva il ministro con Berlusconi?”. Il clima tra i due è disteso, quasi scherzoso. Quasi una replica del duetto andato in scena la settimana scorsa alla festa dell’Unità di Milano tra Maroni e il numero due di palazzo Chigi, Claudio De Vincenti. Alla fine il premier, dopo aver ribadito che la riforma del Senato passerà “senza modificare l’articolo 2” (l’ipotesi resta quella di un listino ad hoc di consiglieri regionali destinati a fare anche i senatori), lancia una provocazione all’amico leghista: “Sono sicuro che gli italiani al referendum approveranno la nostra riforma e anche Maroni voterà sì…”. Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/09/05/renzi-cernobbio-disco-verde-imprenditori_n_8093808.html?utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI a Festa dell'Unità, bagno di folla con i militanti. Inserito da: Arlecchino - Settembre 06, 2015, 05:35:52 pm Renzi a Festa dell'Unità, bagno di folla con i militanti
Gli attivisti del Pd hanno accolto il presidente del Consiglio con applausi e ovazioni. Strette di mano, autografi e selfie prima dell'intervento dal palco 06 settembre 2015 MILANO - È stato accolto da un bagno di folla il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, all'arrivo alla Festa nazionale dell'Unità in corso ai giardini pubblici Indro Montanelli di Milano. Renzi ha salutato i militanti e il pubblico assiepato sotto al palco in attesa del suo intervento. Molte le richieste di strette di mano, selfie, autografi ("Ti devo firmare la costituzione", ha chiesto divertito Renzi a un militante che gli porgeva una copia della Carta) e perfino tweet a sostegno di qualche iniziativa. Non solo applausi. A fare eco all'ovazione che ha accompagnato l'ingresso del segretario Pd, una piccola contestazione organizzata da attivisti e lavoratori dell'Unione sindacale di base, che hanno legato del filo spinato e il fil di ferro da un lato all'altro di corso Venezia, angolo viale Palestro, creando un 'muro' per impedire l'accesso delle auto blu su cui doveva arrivare il premier. Non sono però riusciti, bloccati dalla polizia in tenuta antisommossa, a forzare uno dei cancelli del parco, decidendo quindi di tentare a realizzare un muro bloccando la circolazione da una parte all'altra della strada. © Riproduzione riservata 06 settembre 2015 Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/09/06/news/renzi_a_festa_unita_bagno_di_folla_con_militanti-122329061/?ref=HRER3-1 Titolo: MATTEO RENZI E striglia il Pd: «Parliamo di problemi veri» Inserito da: Arlecchino - Settembre 08, 2015, 04:40:17 pm Migranti, Renzi: siamo umani e non bestie. E striglia il Pd: «Parliamo di problemi veri»
Il premier invita a smettere con discussioni sterili e invita i “compagni” del partito a non mettere veti sulle riforme costituzionali. E sulle tasse: «Sono troppe alte» «Questa è l’Italia vera solida e solidale», quella «che dice si. In un’Italia dominata da chi dice no orgoglioso che il Pd dica sì». Così inizia il discorso del premier Matteo Renzi, che dopo aver assistito al Gran Premio di Monza, domenica si è recato alla festa dell’Unità a Milano, per il discorso di chiusura. Poi il premier spazia, come suo solito, su tutti gli argomenti di attualità, dai migranti alle tasse, dal Jobs act alle unioni civili. Bacchettando anche il suo partito: «Se si usa la riforma costituzionale per dire no, per ripartire da capo, si sappia che la forza di chi dice si è più grande. Si discuta, si dialoghi ma il Pd è questo. Non accetteremo veti». Ma subito arriva l’omaggio a Milano, ricordando anche i volontari che hanno ripulito le vetrine del centro dopo la devastazione dei black bloc nel giorno di apertura di Expo: «Milano è una città operosa, dinamica, ricca di valori economici, è la capitale economica dell’Italia, ma è una città che tiene insieme le aziende e i centri culturali, è la città capitale del Terzo Settore e del volontariato». Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, chiudendo la Festa Nazionale del Pd a Milano. «Quando chiuderemo la festa del 2016 dovremmo aver portato a termine la riforma del Terzo settore» ha aggiunto Renzi». L’Expo e i gufi L’Expo domina la prima parte del discorso di Renzi, soprattutto contro chi ha “gufato” per la buona riuscita dell’evento: «Un successo che è dell’Italia tutta, Italia produttrice di bellezza, entusiasmo e valori. L’Italia non è l’elenco delle cose che non vanno che fanno i talk show della sera. Certo, c’è ancora molto da fare, ma intanto un abbraccio affettuosissimo di solidarietà ai gufi laureati che contestano ancora il successo di Expo. Sembrava per alcuni che l’Expo fosse peggio di una malattia, ma noi abbiamo deciso di metterci la faccia. Expo è diventata una straordinaria opportunità per l’Italia». A Pisapia: «Sempre al tuo fianco» C’è anche il saluto al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che ha annunciato di non volersi ricandidare. «Caro Giuliano deciderai tu cosa farai da grande, noi saremo al tuo fianco qualsiasi sarà la tua decisione, come abbiamo fatto in questi anni, partendo dalla rivoluzione arancione». Sui migranti: «Non esiste Pd contro destra» Il premier si infiamma quando parla di immigrazione. «Basta con le discussioni interne sterili che allontanano anche i nostri, parliamo dei problemi veri, come quelli sull’immigrazione», dice. E poi: l’Italia ha bisogno di valori, avverte mostrando la foto di Aylan, il bambino siriano morto sulle spiagge turche. Poi mostra anche quella del bambino vivo con il suo fratellino. «È giusto non vedere questa foto? Vi consola vedere i bambini sorridenti?». Renzi attacca divisioni ideologiche e discorsi populisti che hanno scosso l’Italia in queste settimane di emergenza. «In queste immagini non c’è il Pd contro la destra. Ci sono gli umani contro le bestie. Anche la Merkel, leader della destra tedesca, apre le porte contro il massacro. Anche noi dobbiamo tornare a essere umani prima di dire che apparteniamo a un partito», dice. Poi Renzi prende l’impegno davanti al parterre della Festa dell’Unità di Milano per garantire un diverso ruolo dell’Italia nella cooperazione internazionale, non più ultima ma da leader. E conclude: «La politica estera è una cosa seria: non significa stringere mani a qualche dittatore della Corea del Nord» o scrivere «su un blog (quello di Grillo, ndr) che il modello è Orban», leader ungherese: «Se il modello è Orban noi siamo orgogliosamente un’altra cosa. Nessuno di noi ha ceduto allo smottamento culturale. Diciamo no all’iperbuonismo ma non rinunceremo mai a cercare di salvare una vita umana e a essere noi stessi e se perderemo un punto nei sondaggi non ci interessa». E mostra la foto di un piccolo siriano che arriva in Germania con la bandiera dell’Europa avvolta intorno alle spalle: «Un bambino che ci rende orgogliosi», commenta Renzi. Tasse, caporalato, lavoro e unioni civili Dopo l’annuncio sul taglio delle tasse sul mattone, il premier ribadisce il concetto dal palco milanese: «A casa nostra le tasse sono troppo alte: dobbiamo avere il coraggio di dirlo anche alla sinistra che sono troppo alte. In passato abbiamo detto che le tasse sono bellissime, forse in un altro Paese», dice il premier. «La risposta all’antipolitica - aggiunge poi Renzi - non è tecnocrazia, ma la buona politica del Pd che in questi mesi ha visto cambiare il Paese». Poi una sfida ai sindacati: «Non basta una legge contro il caporalato, dobbiamo prenderci un impegno: nell’Italia del 2015 il caporalato sia disintegrato. Ai sindacati chiedo di fare un’iniziativa insieme, su questo punto». Poi promette: «Sono fiero che avremo una legge sulle unioni civili, dopo anni di rinvii, voglio garantire a tutti che lo facciamo per noi, per la dignità del nostro paese». Il lavoro è ancora al centro dell’attenzione del premier: «Nel Jobs act ci sono cose di cui vorrei fossimo orgogliosi. Dopo 8 anni è il nostro governo che ha rimesso un principio di civiltà, non è possibile far firmare a una donna un contratto di dimissioni in bianco condizionando la sua gravidanza al posto di lavoro». «Siamo orgogliosi che anche grazie al Jobs act - ha aggiunto - abbiamo il 36% di lavoratori che hanno un contratto stabile» e a chi dice che il Jobs act «semplicemente» trasforma un contratto di lavoro precario in stabile, Renzi replica: «Semplicemente? la mia generazione è stata presa ceffate dalla politica sul precariato, è stata costretta non alla flessibilità ma a un precariato senza garanzie, senza paracadute». 6 settembre 2015 (modifica il 6 settembre 2015 | 20:16) © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/15_settembre_06/renzi-festa-dell-unita-torniamo-uniti-torniamo-essere-umani-cd619902-54a9-11e5-b241-eccff60fea73.shtml Titolo: MATTEO RENZI I messaggi di Renzi a Grillo, Salvini e D’Alema Inserito da: Arlecchino - Settembre 08, 2015, 04:53:50 pm I messaggi di Renzi a Grillo, Salvini e D’Alema
Festa de l'Unità Il presidente del Consiglio Matteo Renzi interviene alla Festa Nazionale de L'Unità, Milano, 06 Settembre 2015. Attacco ai “gufi” sull’expo, alla destra sui migranti e alla minoranza dem su riforme e partito: i tre momenti chiave dell’intervento di Renzi a Milano Expo, un grande successo e un’opportunità straordinaria. Un abbraccio a chi puntava sul fallimento “L’expo è diventata una straordinaria opportunità per l’Italia, nonostante ci fosse gente che addirittura sperava nel maltempo perché andasse male. Qua non si tratta di essere pro o contro il governo, si tratta di essere pro o contro l’Italia. A tutti quelli che puntavano contro il fallimento di expo, mandiamo un grande abbraccio di solidarietà. L’Italia è produttrice di bellezza nel mondo, di entusiasmo e di valori. L’Italia non è l’elenco delle cose che non vanno su cui costruiscono i talk show la sera”. Migranti, non si può arrivare a strumentalizzare la vita delle persone “C’è un limite di umanità sotto il quale non si può andare. Ci sono politici che sono arrivati a strumentalizzare la vita delle persone, dei bambini, pur di attaccare il Pd. Qui non è un discorso di destra e sinistra. In Germania Angela Merkel, che è la destra tedesca, ha aperto le porte del suo Paese ai profughi. E noi cosa dovremmo fare, andare dietro i talk show? Qui non è il Pd contro la destra, sono gli umani contro le bestie”. Pd, persa la connessione sentimentale con il Paese? Tenetevi i sondaggi, noi prendiamo i dati del 2×1000 “Se qualcuno pensa di usare la questione delle riforme costituzionali per bloccare tutto e tornare indietro, ha sbagliato a capire. Non accetteremo veti. Nelle ultime settimane è partito un racconto falso su quello che siamo. Abbiamo perso le elezioni regionali? Governiamo in tutte le regioni tranne che in Liguria, Lombardia e Veneto. Se questo è perdere, propongo di perdere sempre così. A chi parla di mancanza di connessione sentimentale con il Paese lascio i sondaggi, noi ci teniamo i dati entusiasmanti del 2×100: abbiamo abolito il finanziamento pubblico, abbiamo vinto la sfida”. Da - http://www.unita.tv/focus/messaggi-di-renzi-grillo-salvini-dalema/ Titolo: MATTEO RENZI La lettera del premier a Repubblica: Superare gli egoismi nazionali Inserito da: Arlecchino - Settembre 11, 2015, 11:05:13 am L'Europa è a un bivio. Non può più voltare le spalle o le sue ragioni spariranno
La lettera del premier a Repubblica: "Superare gli egoismi nazionali" Di MATTEO RENZI 11 settembre 2015 CARO Direttore, all'improvviso tutti, proprio tutti, si sono accorti di ciò che stava accadendo. E davanti alla tragedia hanno capito che non c'era più modo di girarsi dall'altra parte. Non so se è stato un singolo evento: il tunnel di Calais, il TIR in Austria, la foto spezzacuore del piccolo Aylan in Turchia. So che nel giro di qualche giorno è cambiato tutto. Per noi italiani è stato come quando stai guardando un film sull'iPad. Solo che hai le cuffie. E, dunque, soltanto tu stai vedendo e sentendo ciò che passa sullo schermo. All'improvviso ti staccano le cuffie. Tutta la stanza è improvvisamente invasa dal rumore. Non sei più solo. Ma questo non è un film. Sono donne, bambini, anziani. Uccisi; affogati dai trafficanti di uomini. Ne abbiamo visti a decine morire nel Mediterraneo. E ne abbiamo salvate a migliaia di vite con la Marina Militare, la Guardia Costiera, il nostro volontariato. Vite come quella di Khalif. Sua madre ha 24 anni, si chiama Ester. E' partita due anni fa dalla Nigeria insieme al marito. Ha attraversato il deserto per raggiungere la Libia, dove è stata picchiata e imprigionata. Finalmente è riuscita a fuggire, imbarcandosi da sola per la Sicilia in una di queste carrette della morte. Sola, perché suo marito non aveva i soldi per due biglietti da pagare ai nuovi schiavisti. E quando è stata salvata da una motovedetta italiana, Ester ha partorito nel mezzo del Mediterraneo. Khalif ora è salvo, sano e vivo. Suo padre è ancora in Libia e sta mettendo da parte i soldi per sfidare la morte. Per raggiungere la vita. Caro Direttore, l'Italia è orgogliosa dei propri figli che lottano contro le onde per salvare vite umane. Ma l'Italia sa anche che non basta commuoversi, bisogna muoversi. Le emozioni sono importanti, ma le azioni oggi servono di più. Che nessuno immagini di cavarsela con il solito rito del minuto di silenzio. Occorre più visione nella politica estera. Diciamo le cose come stanno: la comunità internazionale, e l'Europa, hanno sottovalutato il peso delle proprie iniziative in Libia e Siria. E sopravvalutato la propria capacità di costruire un futuro in quei territori. Non basta cacciare un dittatore o bombardare un nemico se poi non si vince la sfida educativa, culturale, economica, in quei paesi; e dunque la sfida politica. In Medio Oriente, certo. Ma anche in Libia, ad esempio. Occorre maggiore attenzione all'Africa. E' il cuore del nostro futuro, ha straordinarie opportunità di crescita, è la miniera di una nuova speranza per chi crede negli ideali di un mondo globale. L'Europa si è concentrata negli ultimi anni molto sull'allargamento a Est, ottenendo risultati altalenanti. Personalmente credo che oggi sia un dovere morale proseguire nell'allargamento, cominciando con Serbia e Albania. Ma è anche arrivato il momento per l'Europa di fare un focus sul Mediterraneo, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione (cooperazione internazionale, aiuti allo sviluppo, moral suasion) a cominciare dal prossimo summit a Malta dell'11 e 12 novembre fra i paesi dell'Unione e africani. Occorre, infine, superare la logica dell'egoismo nazionale. E dunque superare Dublino. Giusto che gli hotspot siano gestiti a livello europeo, ma ciò sarà possibile solo se ogni Paese accoglierà un certo numero di ospiti (quote) e i rimpatri per chi non ha diritto di asilo verranno organizzati dall'Unione Europea, e non dai singoli Stati. L'Europa, del resto, è ad un bivio, e non lo dicono solo i giornali o la politica, è sotto gli occhi di ognuno di noi ogni giorno. O ritrova le ragioni, ideali, del proprio stare insieme. Oppure diventa un noioso condominio di regole astratte e sterili. Regole quasi sempre economiche, e per di più molto spesso sbagliate. Chi ha studiato la storia della fine delle grandi civiltà, a cominciare dalla decadenza dell'Impero Romano, sa che il declino non inizia da un dato economico, ma culturale. Spirituale, vorrei dire, nel senso laico del termine. L'Europa deve scegliere se continuare a voltare le spalle alla realtà o affrontarla. Con tutte le sue complessità. Con schiena dritta e sguardo visionario. Con coraggio e intelligenza, Direttore, come chiede lei e i suoi colleghi europei. Dopo mesi in cui noi italiani ci siamo sentiti soli a fronteggiare l'emergenza, non solo in mare, ma anche soprattutto ai tavoli di Bruxelles, oggi tutto sembra cambiato. Sono molto fiero dei passi in avanti economici dell'Italia. Siamo finalmente fuori dalla crisi, il Pil torna a crescere e grazie alla riforma del Jobs Act aumentano i posti di lavoro stabili, di qualità. Tuttavia, so perfettamente che la storia non giudicherà la mia generazione dallo spread o dalle riforme. Ma dal modo con il quale avremmo tutelato e difeso la dignità delle persone. E noi siamo fieri e orgogliosi del modo con il quale in Austria, in Germania, e altrove, i nostri connazionali europei, i nostri fratelli europei, hanno accolto i fratelli rifugiati. Noi lo stiamo facendo da mesi ormai. E non ci siamo stancati, e non ci stancheremo di salvare tutti coloro che guardano alla nostra Europa non più soltanto come a una bella storia del passato, ma come un futuro possibile. Insieme. © Riproduzione riservata 11 settembre 2015 Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/09/11/news/l_europa_e_a_un_bivio_non_puo_piu_voltare_le_spalle_o_le_sue_ragioni_spariranno-122632224/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI Taglio tasse casa, Renzi bocciato dal consigliere della Merkel ... Inserito da: Arlecchino - Settembre 11, 2015, 11:43:58 am Taglio tasse casa, Renzi bocciato dal consigliere della Merkel: “Irragionevole. Ha paura dei suoi elettori?”
Lars Feld a ilfattoquotidiano.it: "Se il governo italiano persevera, è probabile che Bruxelles chieda nuovi tagli della spesa a copertura della cancellazione delle tasse. Jobs act? Insufficiente" Di F. Baraggino e G. Scacciavillani | 4 settembre 2015 Lars Feld, l’economista più influente della Germania, non ha dubbi. Mentre secondo Pier Carlo Padoan il funerale delle tasse sulla casa annunciato da Matteo Renzi per il prossimo dicembre si farà e sarà seguito dalla scomparsa di molte altre imposizioni fiscali, per l’ascoltatissimo consigliere di Angela Merkel, quella del premier italiano è una scelta irragionevole e molto probabilmente dettata da esigenze elettorali. E il motivo della sua valutazione non sta in un teutonico no alla violazione delle regole comunitarie, bensì nella semplice constatazione del fatto che la cancellazione di Imu, Tasi e affini non avrà alcun impatto sulla crescita italiana. E per di più potrebbe costarci nuovi tagli della spesa pubblica già fresca di poderose sforbiciate a colonne portanti del welfare come la sanità. “Non credo che sia una scelta ragionevole. Penso che la pressione fiscale in Italia sia molto alta, ma se Renzi vuole spingere la crescita, deve migliorare le condizioni di investimento – spiega a ilfattoquotidiano.it il professore dell’Università di Friburgo nel corso di un’intervista a margine del Forum The European House Ambrosetti -. Questo significa che le tasse sugli utili delle imprese e quelle sui redditi individuali sono molto più importanti delle imposte sulla proprietà o delle tasse sulla casa. E vuol dire che se Renzi vuole attenuare la pressione fiscale, deve ragionare su altri tipi di tassazione, non su quelle sulla casa”. Proprio come suggerisce Bruxelles e, va riconosciuto, come sarebbe effettivamente ragionevole nonché utile a spingere investimenti e consumi. Ma come mai allora il presidente del Consiglio italiano insiste nell’andare nella direzione opposta? “Non saprei. Forse ha paura che gli elettori sarebbero scontenti se le tasse sulla casa dovessero rimanere alte mentre vengono tagliate delle altre imposte”, commenta senza mezzi termini l’economista che siede nel Consiglio Tedesco degli Esperti Economici, ammettendo che la politica fiscale è sempre una “scelta politica“, dato che “c’è sempre una sorta di ridistribuzione in base alla tipologia di tasse sulle quali si decide di agire”. Da Bruxelles, in ogni caso, è probabile che non arriveranno “conseguenze troppo pesanti”, a condizione chiaramente che il taglio delle tasse sulla casa non comporti uno “sforamento del tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil. Quello che questa nuova scelta fiscale farà, è modificare le misure di prevenzione contenute nel patto di stabilità e crescita e le stime sulla capacità del Paese di ridurre il rapporto debito/Pil”. Naturale quindi ritenere che “la Commissione chiederà delle compensazioni, forse sul fronte dei tagli“. Cioè ulteriori coperture attraverso una riduzione della spesa pubblica. Un conto che potrebbe essere salato viste le cifre in gioco, nonostante gli effetti positivi sulla crescita della cancellazione di Tasi e Imu siano ancora tutti da dimostrare. “Non credo ci sarà alcun effetto sulla crescita. La speranza è che i consumi aumentino in seguito al taglio delle tasse sulla casa, ma non è il problema principale dell’economia italiana, che invece riguarda le condizioni di investimento troppo sfavorevoli per gli investitori e questo deve essere migliorato”. Il riferimento è ancora una volta alle imposte sugli utili delle imprese “che in Italia sono alte in confronto al resto d’Europa e del mondo e che quindi andrebbero abbassate”. Ma non solo: “Ci sono cose oltre alle tasse che frenano gli investitori, principalmente le condizioni del mercato del lavoro “, aggiunge. Una doccia fredda per Renzi che non più tardi di 20 giorni fa nel corso della visita della Merkel all’Expo meneghina aveva tessuto le lodi della sua riforma del lavoro, sottolineando che i dati Inps sull’occupazione a tempo indeterminato “dimostrano come il Jobs Act stia funzionando molto bene”. Evidentemente Berlino, nonostante gli elogi espressi a Roma quando la riforma era appena stata approvata, non la pensa esattamente così. Cosa non va nel Jobs act? “Innanzitutto manca l’implementazione: avete fatto la riforma, ma il sistema giuridico ha ancora un forte peso sul reale impatto della regolamentazione. Se per esempio si confrontano le leggi sul licenziamento e le decisioni dei tribunali sui licenziamenti individuali, non è cambiato molto. Il successo della riforma del lavoro italiana è legato alla riforma del sistema giuridico e non credo che questo possa essere raggiunto facilmente. Avrei preferito una riduzione dell’impatto delle decisioni del sistema giuridico sulla regolamentazione del mercato del lavoro”. Anche perché “avere una chiara indicazione su quanto ti costerà licenziare qualcuno è molto importante per chi investe”. Quanto alla relazione tra le performance dei singoli Paesi Ue e le rispettive bilance commerciali, Feld nega che il surplus tedesco nell’export possa tradursi in un ostacolo per i partner europei. “Le bilance commerciali sono il risultato dalle decisioni individuali di consumatori e imprese dei singoli Paesi. Non appena le diverse economie diventeranno più competitive la bilancia cambierà. In particolare se guardiamo ai dati più recenti possiamo dire che la bilancia commerciale bilaterale tra la Germania e i partner della zona euro è cambiata diventando più equilibrata. Paese a parte è la Francia, non l’Italia. Quindi la bilancia commerciale non è più un problema nell’unione monetaria se non per i francesi. L’abbondante surplus che la Germania sta realizzando arriva da Paesi esterni alla Ue, principalmente dagli Usa, che stanno diventando il più importante partner commerciale al posto della Francia, e dall’altro lato dai Paesi emergenti come la Cina“. Insomma, niente illusioni: “Riequilibrare la bilancia commerciale tedesca attraverso uno stimolo della domanda interna non è al momento un obiettivo del governo di Angela Merkel”. La parola d’ordine rimane sempre la stessa: competitività. Ma non si tratta di pianificare la produzione industriale o di sterzare sul mercato dei servizi. Feld si fida del mercato: “Sono un economista liberale, per questo sostengo che anche in Italia si debba semplicemente aiutare gli investitori e loro troveranno da soli i prodotti che vendono. Sono sempre rimasto impressionato dalla capacità delle imprese italiane di vendere prodotti di alta qualità all’estero nonostante le molte “restrizioni” che subiscono dal lato politico. Ma adesso le “restrizioni” per loro sono troppo forti, al punto che non saranno in grado di innovare come hanno fatto finora. Parliamoci chiaro: ormai molte aziende italiane investono all’estero. E una delle imprese leader, la Fiat, non è più un’azienda italiana”. di F. Baraggino e G. Scacciavillani | 4 settembre 2015 Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/04/taglio-tasse-casa-renzi-bocciato-dal-consigliere-della-merkel-irragionevole-ha-paura-dei-suoi-elettori/2008430/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-09-05 Titolo: MATTEO RENZI ... "Superare gli egoismi nazionali" Inserito da: Arlecchino - Settembre 15, 2015, 05:12:49 pm L'Europa è a un bivio.
Non può più voltare le spalle o le sue ragioni spariranno La lettera del premier a Repubblica: "Superare gli egoismi nazionali" Di MATTEO RENZI 11 settembre 2015 CARO Direttore, all'improvviso tutti, proprio tutti, si sono accorti di ciò che stava accadendo. E davanti alla tragedia hanno capito che non c'era più modo di girarsi dall'altra parte. Non so se è stato un singolo evento: il tunnel di Calais, il TIR in Austria, la foto spezzacuore del piccolo Aylan in Turchia. So che nel giro di qualche giorno è cambiato tutto. Per noi italiani è stato come quando stai guardando un film sull'iPad. Solo che hai le cuffie. E, dunque, soltanto tu stai vedendo e sentendo ciò che passa sullo schermo. All'improvviso ti staccano le cuffie. Tutta la stanza è improvvisamente invasa dal rumore. Non sei più solo. Ma questo non è un film. Sono donne, bambini, anziani. Uccisi; affogati dai trafficanti di uomini. Ne abbiamo visti a decine morire nel Mediterraneo. E ne abbiamo salvate a migliaia di vite con la Marina Militare, la Guardia Costiera, il nostro volontariato. Vite come quella di Khalif. Sua madre ha 24 anni, si chiama Ester. E' partita due anni fa dalla Nigeria insieme al marito. Ha attraversato il deserto per raggiungere la Libia, dove è stata picchiata e imprigionata. Finalmente è riuscita a fuggire, imbarcandosi da sola per la Sicilia in una di queste carrette della morte. Sola, perché suo marito non aveva i soldi per due biglietti da pagare ai nuovi schiavisti. E quando è stata salvata da una motovedetta italiana, Ester ha partorito nel mezzo del Mediterraneo. Khalif ora è salvo, sano e vivo. Suo padre è ancora in Libia e sta mettendo da parte i soldi per sfidare la morte. Per raggiungere la vita. Caro Direttore, l'Italia è orgogliosa dei propri figli che lottano contro le onde per salvare vite umane. Ma l'Italia sa anche che non basta commuoversi, bisogna muoversi. Le emozioni sono importanti, ma le azioni oggi servono di più. Che nessuno immagini di cavarsela con il solito rito del minuto di silenzio. Occorre più visione nella politica estera. Diciamo le cose come stanno: la comunità internazionale, e l'Europa, hanno sottovalutato il peso delle proprie iniziative in Libia e Siria. E sopravvalutato la propria capacità di costruire un futuro in quei territori. Non basta cacciare un dittatore o bombardare un nemico se poi non si vince la sfida educativa, culturale, economica, in quei paesi; e dunque la sfida politica. In Medio Oriente, certo. Ma anche in Libia, ad esempio. Occorre maggiore attenzione all'Africa. E' il cuore del nostro futuro, ha straordinarie opportunità di crescita, è la miniera di una nuova speranza per chi crede negli ideali di un mondo globale. L'Europa si è concentrata negli ultimi anni molto sull'allargamento a Est, ottenendo risultati altalenanti. Personalmente credo che oggi sia un dovere morale proseguire nell'allargamento, cominciando con Serbia e Albania. Ma è anche arrivato il momento per l'Europa di fare un focus sul Mediterraneo, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione (cooperazione internazionale, aiuti allo sviluppo, moral suasion) a cominciare dal prossimo summit a Malta dell'11 e 12 novembre fra i paesi dell'Unione e africani. Occorre, infine, superare la logica dell'egoismo nazionale. E dunque superare Dublino. Giusto che gli hotspot siano gestiti a livello europeo, ma ciò sarà possibile solo se ogni Paese accoglierà un certo numero di ospiti (quote) e i rimpatri per chi non ha diritto di asilo verranno organizzati dall'Unione Europea, e non dai singoli Stati. L'Europa, del resto, è ad un bivio, e non lo dicono solo i giornali o la politica, è sotto gli occhi di ognuno di noi ogni giorno. O ritrova le ragioni, ideali, del proprio stare insieme. Oppure diventa un noioso condominio di regole astratte e sterili. Regole quasi sempre economiche, e per di più molto spesso sbagliate. Chi ha studiato la storia della fine delle grandi civiltà, a cominciare dalla decadenza dell'Impero Romano, sa che il declino non inizia da un dato economico, ma culturale. Spirituale, vorrei dire, nel senso laico del termine. L'Europa deve scegliere se continuare a voltare le spalle alla realtà o affrontarla. Con tutte le sue complessità. Con schiena dritta e sguardo visionario. Con coraggio e intelligenza, Direttore, come chiede lei e i suoi colleghi europei. Dopo mesi in cui noi italiani ci siamo sentiti soli a fronteggiare l'emergenza, non solo in mare, ma anche soprattutto ai tavoli di Bruxelles, oggi tutto sembra cambiato. Sono molto fiero dei passi in avanti economici dell'Italia. Siamo finalmente fuori dalla crisi, il Pil torna a crescere e grazie alla riforma del Jobs Act aumentano i posti di lavoro stabili, di qualità. Tuttavia, so perfettamente che la storia non giudicherà la mia generazione dallo spread o dalle riforme. Ma dal modo con il quale avremmo tutelato e difeso la dignità delle persone. E noi siamo fieri e orgogliosi del modo con il quale in Austria, in Germania, e altrove, i nostri connazionali europei, i nostri fratelli europei, hanno accolto i fratelli rifugiati. Noi lo stiamo facendo da mesi ormai. E non ci siamo stancati, e non ci stancheremo di salvare tutti coloro che guardano alla nostra Europa non più soltanto come a una bella storia del passato, ma come un futuro possibile. Insieme. © Riproduzione riservata 11 settembre 2015 Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/09/11/news/l_europa_e_a_un_bivio_non_puo_piu_voltare_le_spalle_o_le_sue_ragioni_spariranno-122632224/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI Il premier in un’intervista a margine dell’Assemblea Onu: “Che... Inserito da: Arlecchino - Ottobre 08, 2015, 12:03:14 pm Russia, Siria, Europa e uno sguardo all’Italia: cosa ha detto Renzi a Bloomberg
Il premier in un’intervista a margine dell’Assemblea Onu: “Che Berlusconi voti o meno la riforma del Senato a noi non cambia niente” Russia, Siria, Ucraina, emergenza migranti, uno sguardo all’Europa e all’Italia. Matteo Renzi ha parlato a 360 gradi di politica estera e italiana in un’intervista a Bloomberg Television, registrata a margine dei lavori dell’Assemblea generale dell’Onu. Ecco i punti principali dell’intervista. Russia cruciale su molti dossier internazionali “La Russia – ha detto Renzi – è un grande Paese, con una grande storia e un grande futuro”. Dalla Siria all’Ucraina il ruolo di Mosca è evidentemente determinante se si vuole pensare di risolvere i conflitti in corso. Pur sottolineando l’importanza del ruolo statunitense come alleato “di riferimento” per l’Italia, il premier ha esortato a scongelare i rapporti diplomatici con Mosca. Sull’abolizione delle sanzioni contro Mosca è però cauto: “Dobbiamo preservare la sovranità dell’Ucraina, preservare la sua identità e i suoi confini. E per questo è corretto mantenere le sanzioni contro Putin. Tutti devono rispettare il Protocollo di Minsk”. Siria, serve accordo largo. Evitare Libia bis “Abbiamo bisogno di un largo accordo per risolvere la situazione in Siria”. Certo, ha sottolineato Renzi, “c’è un problema legato alla presenza di Assad, ma è necessario trovare un accordo. Personalmente sono dell’idea che dobbiamo assolutamente evitare una Libia bis, dove siamo intervenuti e non abbiamo pensato al futuro. Qualsiasi iniziativa in Siria è praticabile solo se cerchiamo una soluzione per oggi ma anche per domani”. Un’Europa chiusa in se stessa è finita “Se l’Europa è chiusa, è finita”, ha detto Renzi. Il presidente del Consiglio ha ricordato che l’Unione Europea si trova di fronte a sfide cruciali, non solo le prossime elezioni in Francia e Germania, ma addirittura il referendum in Gran Bretagna sull’adesione all’Ue. “Per quanto riguarda i migranti, se crediamo in un’Europa concentrata solo su spread, austerity e spesa, può anche andare bene. Ma questa non è l’Europa”. Voto Berlusconi irrilevante per riforma Senato “Sia che Berlusconi decida di votare la riforma sia che decida di non votarla per me non cambia nulla, il governo è sostenuto da una buona maggioranza. Berlusconi – ha aggiunto Renzi – in un primo momento ha deciso di sostenere la riforma perché tagliava i costi del Parlamento e semplificava il processo legislativo ma in un secondo momento ha cambiato idea”. Ad ora la cosa più probabile “è che il suo partito non voti la riforma, ma è molto difficile fare previsioni su Berlusconi”. Da - http://www.unita.tv/interviste/russia-siria-europa-e-uno-sguardo-allitalia-cosa-ha-detto-renzi-a-bloomberg/ Titolo: MATTEO RENZI. Tasse, Renzi: "Ue non ha titolo per intervenire nel merito. Inserito da: Arlecchino - Ottobre 17, 2015, 05:27:50 pm Tasse, Renzi: "Ue non ha titolo per intervenire nel merito.
Non è maestro che fa esami" Il presidente del Consiglio risponde ai dubbi espressi da Bruxelles sul piano fiscale, soprattutto sullo stop alla tassazione sulla casa. Sul canone Rai in bolletta: "E' al riparo da impugnative". "Esecutivo in campo per il Giubileo e 'dream team' per risolvere i problemi di Roma" 16 ottobre 2015 ROMA - "Bruxelles non ha alcun titolo per intervenire nel merito delle misure della legge di Stabilità". Lo ha detto il presidente del consiglio Matteo Renzi a 24 Mattino su Radio 24, rispondendo così ai dubbi espressi dall'Ue sul piano fiscale e in particolare sullo stop alla tassazione sulla prima casa. "Bruxelles non è il maestro che fa l'esame, non ha i titoli per intervenire sulle scelte economiche del governo. In questi anni c'è stata subalternità psicologica dell'Italia verso gli eurocrati. Certo ci deve consigliare ma noi gli diamo 9 miliardi netti ogni anno e non è che ci deve dire qual è la tassa giusta da tagliare. Se Bruxelles boccia la legge di Stabilità noi gliela restituiamo tale e quale". "Da due anni - ha detto il premier - l'Italia comincia a tagliare le tasse. Questo interessa le persone. Siamo entrati in un linea di sviluppo per cui le tasse vanno ridotte. La discussione sulle coperture mi stupisce. Sono i benaltristi, quelli che per vent'anni non si abbassavano le tasse e ora c'è chi dice che andava fatto in un altro modo". E rassicura: "Non ci saranno aumenti di altre imposte dopo l'eliminazione dell'Imu". Sul tema dell'abolizione della tassa sulla casa è intervenuto anche Silvio Berlusconi: "Ho sentito che questa mattina a una radio Renzi ha detto che sono come un orologio rotto, due volte al giorno segno l'ora giusta... lo ringrazio, ma io almeno due ore al giorno segno l'ora giusta mentre lui in un anno ha fatto una sola cosa giusta: ha tolto la tassa sulla casa". Renzi risponde anche sui dubbi di legalità dell'inserimento in bolletta del canone Rai: "La norma della legge di Stabilità che prevede il canone Rai in bolletta è al riparo da impugnative". E sul palinsesto della tv pubblica afferma: "Il direttore generale Campo Dall'Orto ha annunciato che nei programmi sui bambini non ci sarà più la pubblicità ed io sono felice che vi sia una norma del genere". E sull'aumento del limite al contante che potrebbe aumentare il livello di evasione fiscale dice: "Noi abbiamo un limite al contante più basso d'Europa. Solo il Portogallo lo ha basso come il nostro, a mille euro. I dati dimostrano che non è stato il contanti a ridurre l'evasione, ma l'incrocio dei dati e misure che abbiamo preso come la fatturazione elettronica". Il premier parla anche della bufera politica che si è abbattuta su Roma, rimasta senza sindaco e con il Giubileo alle porte: "Non metto il naso nelle vicende romane. Il mio obiettivo è cercare di mettere a posto il Paese", dice Renzi. "Questo vale anche per la squadra del commissario". Anzi il commissario, spiega il premier, "lo scelgono il prefetto e il ministro dell'Interno, anche se, come ha detto Gabrielli, trattandosi di Roma e non di una città qualunque" la scelta sarà concordata con il governo. L'esecutivo sarà però in campo per il Giubileo, "un Giubileo particolare, non come quello del 2000, ma annunciato dal papa a sorpresa, e diverso dal solito perché molto legato alle periferie del mondo e che riguarda anche le periferie della città che lo ospita". Su questo potrebbe esserci un decreto ad hoc e un 'dream team' bipartisan. "Nelle prossime ore, nei prossimi giorni ci lavoriamo - spiega Renzi - abbiamo la possibilità di utilizzare un provvedimento normativo legato al Giubileo per tenere in ordine gli autobus e alcune realtà della città". Potrebbe essere "un decreto legge approvato dal governo e poi dal parlamento. Vale la pena di fare una piccola squadrettina fuori dai colori politici, che su 4-5 temi utilizzi la scadenza del Giubileo per mettere a posto la città". Rispondendo poi a una domanda sulla legge Boccadutri sul finanziamento ai partiti spiega: "I rimborsi pubblici ai partiti sono stati aboliti con una legge del governo Letta, con una diminuzione graduale. Dopodiché era stata messa una voce di bilancio di 9 milioni il primo annoi, 27 il secondo e 45 il terzo che dava la libera scelta ai cittadini, attraverso il 2 per mille, di poter finanziare un partito. In legge di Stabilità abbiamo diminuito questo stanziamento di 10, 20 e 20 milioni, proprio per ridurre il plafond destinato alle libere scelte". Infine Renzi parla del provvedimento a cui sta lavorando il Governo per garantire ai disabili un futuro dopo la morte dei genitori: "Nella legge di Stabilità ci sono 90-100 milioni per il 'dopo di noi'. Chi ha delle vicende famigliari di questo genere lo sa, ci sono persone che hanno forme di disabilità che fanno un percorso di vita più faticoso di altri. Quello che più preoccupa le famiglie è il tema del dopo. Quando sono nato, nel '75, una persona con la sindrome di Down aveva un'aspettativa di vita inferiore ai 30 anni, oggi fortunatamente è molto più lunga. Questo significa che sopravvive ai suoi genitori. La politica non ci ha mai pensato". © Riproduzione riservata 16 ottobre 2015 Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/10/16/news/renzi_nuova_linea_di_sviluppo_passa_per_meno_tasse_-125189699/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_16-10-2015 Titolo: MATTEO RENZI "In conto ogni intervento ma non si vince solo con le armi" Inserito da: Arlecchino - Novembre 17, 2015, 06:54:01 pm Renzi: "In conto ogni intervento ma non si vince solo con le armi"
Il premier: "Sfida non la vinci semplicemente con le azioni militari" 17 novembre 2015 ROMA - "Bisogna essere equilibrati e avere buon senso. Certo devi mettere in conto tutti i tipi di intervento, ma la sfida la vinci se riesci a vincere la sfida educativa, non semplicemente con le azioni militari". E' intervenuto così il premier Matteo Renzi alla presentazione del settimanale Origami parlando della strage di Parigi e del riaccendersi dell'allarme terrorismo. Renzi definito l'attacco alla capitale francese "una aggressione alla nostra identità. "Sono molto prudente sulle parole. Capisco chi utilizza la parola guerra ma io non la uso. E' evidente che l'attacco di Parigi è strutturalmente un attacco militare - ha spiegato - .E' una gigantesca aggressione all'idea stessa della nostra identità". Contro il terrorismo serve certamente una "reazione" militare, ma non è sufficiente e bisogna fare attenzione ad evitare una "Libia-bis". "Certo che ci vuole anche una reazione, è sacrosanto e comprensibile, e devi mettere in conto tutti i tipi di intervento. Ma la sfida la vinci se vinci la sfida educativa nei prossimi 20 anni. Le reazioni da sole producono la Libia-bis - ha spiegato Renzi - . Serve una soluzione, un accordo sulla Libia. Si può immaginare un maggior ruolo anche dell’Italia nell'accompagnare un governo che si sia insediato in Libia". Terrorismo, Renzi: "No a una Libia bis: reazione da sola non basta" Renzi ha poi affrontato alcune questioni di politica internazionale, in particolare la collaborazione con la Russia per difendere l'Europa dal terrorismo. Sì che possiamo fidarci di Putin. Sarebbe stato assurdo alzare una cortina di ferro tra noi e la Russia. Non possiamo immaginare di costruire l'identità dell'Europa contro la Russia - ha detto - .E' assolutamente cruciale che anche Putin partecipi a questa fase". Parlando dei rapporti Italia-Stati Uniti ha espresso gratitudine perché "se siamo tornati ai tavoli internazionali, che negli ultimi anni sono stati fatti senza l'Italia, è grazie a loro". "L'accordo perché a Vienna tornasse l'Italia è stato fatto grazie agli Usa molto più che grazie ai nostri amici europei. La nostra stella polare è il rapporto con gli Usa", ha detto il premier. Terrorismo, Renzi: "Fidarsi di Putin? Si, assurdo alzare nuova cortina di ferro" Affrontando la possibilità di attacchi al nostro paese il premier ha aggiunto: "Nessuno di noi si può permettere il lusso di dire tranquilli non c'è pericolo: chi lo dice vive su Marte. Hanno colpito persino in Australia". "Nessuno può pensare di essere immune dal pericolo terrorismo". Il premier ha commentato anche le polemiche di questi giorni sul rapporto fra immigrazione e terrorismo. "Se dici 'chiudi le frontiere', come alcuni hanno fatto in questi giorni, dovresti dire che lo fai per tenerli dentro, perché gli assassini nella stragrande maggioranza dei casi sono nati e cresciuti in Europa - ha aggiunto - . La minaccia viene da dentro". © Riproduzione riservata 17 novembre 2015 Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/11/17/news/renzi_in_conto_ogni_intervento_ma_con_equilibrio-127561075/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI La terra degli uomini. Messaggio logistico, innanzitutto. Inserito da: Arlecchino - Dicembre 10, 2015, 07:17:02 pm Matteo Renzi Newsletter
9 dicembre 2015 La terra degli uomini. Messaggio logistico, innanzitutto. Da venerdì alle 21 parte la Leopolda-Terra degli uomini. Sul sito www.leopoldastazione.it tutte le informazioni (grazie a chi vorrà anche contribuire con idee e perché no anche con un sostegno economico). Qualche indicazione. La Leopolda non è un meeting di partito, ma un incontro di persone che credono nel valore della politica. È benvenuto chi vuole condividere idee e proposte, con coraggio e semplicità. Bandito l'uso del politichese, tempi di intervento 5 minuti, apprezzate le proposte più che le polemiche Abbiamo dimostrato che niente è impossibile e partendo dal basso si può scalare la montagna della vecchia politica. Nessuno avrebbe scommesso mezzo centesimo su di noi, eppure torniamo alla Leopolda con il nostro carico di responsabilità e di leggerezza. Il venerdì sera ci racconteremo come abbiamo passato il 2015 e ne sentiremo delle belle, guidati da due leopoldini storici quali il sindaco di Ercolano, Ciro Bonajuto e la vicepresidente del consiglio regionale dell'Emilia Romagna, Ottavia Soncini. Da sabato mattina spazio per interventi di cinque minuti su cosa vogliamo dal 2016. La sera del sabato, per chi vorrà, abbiamo organizzato tre visite in tre luoghi culturali strepitosi di Firenze: il nuovo Museo dell'Opera del Duomo, Palazzo Vecchio, Palazzo Strozzi. È una iniziativa che abbiamo fatto anche altri anni e ci sembra giusto rilanciarla adesso. Perché all'idea che la cultura sia parte della nostra identità noi ci crediamo davvero. E non da oggi. Nella giornata di sabato ci sarà spazio per quattro question time: quattro ministri saranno interrogati dai partecipanti alla Leopolda in un modo innovativo e divertente. Divertente per noi sicuramente, spero anche per i ministri. Domenica il finale sarà come sempre intorno alle 13. In tempo per allontanarci gli uni dagli altri prima di... Juventus-Fiorentina Gli alleati di Marine Le Pen. Una mia considerazione contro corrente. Il risultato delle elezioni regionali in Francia, con l'affermazione - al primo turno, occhio, al primo turno - della Le Pen, non deriva tanto dalla reazione agli attentati del 13 novembre. I risultati non sono così distanti dai sondaggi precedenti a quella tragica notte. È che in tutta Europa è molto forte il messaggio populista e antieuropeo. Personalmente considero l'Europa la più straordinaria novità politica del secolo scorso. Non saremo mai sufficientemente grati ai fondatori per la lungimiranza e la voglia di pace che li ha portati a coltivare il sogno europeo. Oggi chi vuole bene all'Europa deve difenderla da una certa miopia. Certe politiche economiche e certe impuntature tecnocratiche sono il più grande alleato della Le Pen in Francia o di movimenti simili nel resto del continente. L'Italia può permettersi di dirlo perché è tra i pochi paesi che rispettano le regole europee. Che rispetta i vincoli molto stretti del deficit. Che sta facendo le riforme sempre promesse e sempre rinviate fino all'avvento del nostro governo. Che sta finalmente facendo scendere la curva del debito, che ha sempre contribuito al bilancio dell'Europa mettendo più soldi di quelli che prende. Aggiungo: noi rappresentiamo il partito più votato dai cittadini europei. Siamo da sempre su una posizione che sostiene l'Europa e lotta contro la demagogia (del resto nella storia i demagoghi finiscono sempre per diventare come quelli che criticano) Proprio per questo l'Italia può permettersi di dire la verità. Chi vuole bene all'Europa oggi lavora per cambiarne la direzione di politica economica, parlando più di crescita e occupazione che non di rigore e austerità. Negli ultimi sette anni gli Stati Uniti di Obama hanno scelto una linea diversa dall'Europa: i risultati in termini di posti di lavoro e crescita danno ragione agli americani, non agli europei. Noi che vogliamo bene all'Europa dobbiamo lottare perché i vari leader e i loro ministri capiscano che è il momento di cambiare passo. A gennaio 2015 abbiamo ottenuto un primo risultato importante con la flessibilità. Ma c'è da fare di più. E va fatto adesso. Pronti, attenti, via Pronti (abbastanza), attenti (molto), via (finalmente!). Dopo mesi di discussioni sui giornali l'apertura della Porta Santa in Vaticano segna l'inizio del Giubileo della misericordia. Leggo oggi polemiche di chi dice che si sono visti troppi poliziotti per le strade. Se non fosse una cosa seria verrebbe da ridere, pensando che talvolta queste critiche vengono dagli stessi che fino a quindici giorni fa pontificavano sul "diffuso senso di insicurezza nelle nostre strade". Ma indipendentemente dalle polemiche che lasciano il tempo che trovano permettetemi di ringraziare le donne e gli uomini che vestendo una divisa si curano della nostra sicurezza. Siamo grati per il loro servizio. E a quelli che dicono che 80 euro mensili in più per loro sono una mancia, vorrei ricordare che in questo settore c'è chi ha tagliato e chi ha investito. Non tutti sono uguali, diciamo la verità. Noi abbiamo aumentato i soldi. E non per calcolo elettorale, ma perchè è giusto. Quanto al Giubileo confesso che la riflessione sulla misericordia e la giustizia - per come il Papa l'ha proposta - mi ha fatto pensare. Per un credente il rapporto tra misericordia e giustizia è tema di grande suggestione e consolazione. Per un politico, invece, è sicuramente meno facile. Sono però convinto che questo Giubileo della Misericordia, delle periferie sia una grande occasione anche per i laici. E del resto il Giubileo è per definizione un'occasione per promuovere la giustizia sociale: non sprechiamola. Non buttiamola via. Pensierino della sera. Sono molto contento per gli oltre ventimila italiani che hanno deciso di aderire al PD nel corso della mobilitazione della scorsa settimana. E sono grato a quel milione di nostri connazionali che si è portato a casa materiale informativo. Mi colpisce il fatto che la maggioranza - anche dei nostri - non abbia ricevuto informazioni corrette sulle misure della Legge di stabilità. A cominciare dalla rivoluzionaria scelta di politica fiscale che vede abbassare le tasse in modo strutturato e irreversibile: dopo l'Irap e gli 80 euro, l'Imu sulla prima casa, le tasse sull'agricoltura, i superammortamenti. Segno evidente che anziché parlare di divisioni e litigi i dirigenti del PD dovrebbero fare uno sforzo maggiore per comunicare ciò che stiamo facendo. Altro che regole delle primarie e discussioni correntizie: abbiamo risultati concreti da offrire, che cosa stiamo aspettando? Un sorriso, Matteo Post Scriptum. Per chi ha voglia di qualche informazione in più sulla politica internazionale, incollo qui l'intervista che ho fatto domenica al Corriere della Sera. Francia, Germania e Gran Bretagna si stanno muovendo sul fronte della guerra all'Isis. Noi siamo l'unico grande Paese europeo fermo, presidente Renzi qual è la strategia? «La posizione dell'Italia è chiara e solida. Noi dobbiamo annientare i terroristi, non accontentare i commentatori. E la cosa di cui non abbiamo bisogno è un moltiplicarsi di reazioni spot senza sguardo strategico. Tutto possiamo permetterci tranne che una Libia bis». Non teme che così l'Italia rischia di avere un ruolo marginale nella partita libica? «Se protagonismo significa giocare a rincorrere i bombardamenti altrui, le dico: no grazie. Abbiamo già dato. L'Italia ha utilizzato questa strategia in Libia nel 2011: alla fine cedemmo a malincuore alla posizione di Sarkozy. Quattro anni di guerra civile in Libia dimostrano che non fu una scelta felice. E che oggi c'è bisogno di una strategia diversa». E noi restiamo fermi... «No, siamo ovunque. L'Italia è una forza militare impressionante. Guidiamo la missione in Libano, siamo in Afghanistan, in Kosovo, in Somalia, in Iraq. Il consigliere militare di Ban Ki- moon per la Libia è il generale Serra, uno dei nostri uomini migliori. Abbiamo più truppe all'estero di tutti gli altri, dopo gli americani e come i francesi. I tedeschi hanno deciso di aumentare i loro contingenti dopo Parigi, ma ancora non arrivano al nostro livello di impegno. E ciò che loro hanno deciso nel dicembre 2015, noi facciamo dal settembre 2014. Sono fiero e orgoglioso dei nostri militari. Ma proprio perché ne stimo la professionalità dico che la guerra è una cosa drammaticamente seria: te la puoi permettere se hai chiaro il dopo. Quando diventi presidente del Consiglio ti guida la responsabilità, non la smania». Intanto, però, Hollande interviene, e lei no. «Ho grande rispetto, stima e amicizia personale per François Hollande. È un uomo molto intelligente, la sua reazione è legittima e comprensibile. Ma lui sta guidando una Francia ferita, che ha bisogno di dare risposte a cominciare dal piano interno. Noi vogliamo allargare la riflessione, lottando contro il terrorismo e domandandoci quale sia il ruolo dell'Europa oggi. Doveroso intensificare la lotta a Daesh, discutiamo del come. E non dimentichiamo che gli attentati sono stati ideati nelle periferie delle città europee: occorre una risposta anche in casa nostra. Ecco perché servono scuole e teatri, non solo bombe e missili. È per questo che per ogni euro speso in sicurezza l'Italia investirà un euro in cultura». Comincia l'Anno Santo, aumentano i rischi di un attentato? «I rischi ci sono sempre. Non facciamo allarmismi e non sottovalutiamo niente. Speriamo di replicare il successo Expo». Il «rosso» Corbyn dice no all'intervento, come lei, mentre i blairiani sono a favore, non la imbarazza? «Blair passerà alla storia come un gigante, non solo nel Regno Unito. Ma questo non significa che le abbia azzeccate tutte. Credo che sull'Iraq siano stati compiuti errori, possiamo dirlo o è lesa maestà? Detto questo davanti a Daesh e tutte le forme di terrorismo noi siamo pronti, anche militarmente. Se ci sarà una strategia chiara ci saremo. Ma perché questo accada adesso è cruciale un accordo a Vienna sulla Siria e uno a Roma sulla Libia: ci stiamo lavorando. Fa meno notizia di un bombardamento, ma è più utile per sradicare il terrorismo». Lei ha deciso di stanziare 500 milioni per le periferie, ma molti sindaci dicono che sono pochi. «Non sono pochi. E si sommano ai milioni liberati dal patto di Stabilità, agli investimenti sulle scuole e sugli impianti sportivi. Non servono miliardi per combattere il degrado ma cittadini consapevoli e progetti fatti bene, all'insegna di quell'arte del "rammendo" di cui parla Renzo Piano. Piccoli interventi ma fatti bene possono cancellare il degrado e restituire un senso di comunità. Parola di (ex) sindaco». Non crede di aver deluso le imprese spostando le risorse stabilite per taglio all'Ires al bonus per i giovani? «No. Abbiamo eliminato l'Irap costo del lavoro, l'Irap agricola, l'Imu. Abbiamo ridotto in modo strutturale la pressione fiscale sulle imprese e continueremo a farlo. Chi vorrà investire in azienda - anziché mettersi i soldi in tasca - avrà incentivi a cominciare dal superammortamento. E i consumi sono tornati a crescere da quando abbiamo rimesso nelle tasche degli italiani 10 miliardi con gli 80 euro. Nessuno aveva mai fatto così tanto in così poco tempo. Le aziende lo sanno. Si può sempre fare meglio, ma dato il quadro di bilancio - dal prossimo anno il debito finalmente scenderà e questo è un bene per i nostri figli - non possiamo fare di più. Adesso la sfida è soprattutto sui consumi. Gli italiani sono delle formichine e hanno un risparmio privato tra i più alti al mondo. Se smettiamo di piangerci addosso e creiamo un clima che incoraggi a rimettere in circolo i denari, allora l'Italia tornerà locomotiva d'Europa. Il salto di qualità lo faremo quando si smuoverà l'immenso moloch del risparmio privato. E, in misura minore, gli investimenti pubblici». L'Istat ha rivisto in meglio le stime del Pil che aveva dato l'altro giorno. Ma comunque di uno 0,8 si tratta, cambierà qualcosa nella legge di Stabilità o gli interventi previsti sono sufficienti? «Non cambia niente. Fino a un anno fa dicevano che avremmo fatto la fine della Grecia e oggi la musica è diversa. In un anno recuperiamo trecentomila posti di lavoro col Jobs act, i mutui crescono del 94%, il Pil torna positivo dopo tre anni. Certo, il quadro internazionale non ci aiuta, ma l'Italia è forte. E se riparte la scintilla che viene solo dai cittadini, dai consumatori, dagli imprenditori, allora altro che Grecia: faremo meglio della Germania». Il Censis ci descrive come un Paese in letargo... «Quella del letargo è una immagine che non mi convince. Chi sta tenendo in piedi l'Italia è gente che non dorme. Gente che crede nel merito. Che rischia tutti i giorni». State preparando un decreto che esclude dall'applicazione del Jobs act il pubblico impiego. Perché questa disparità di trattamento tra pubblico e privato? «Se sei dipendente pubblico significa che hai vinto un concorso. Non è che se cambia sindaco allora quello ti licenzia. Mi accontenterei di licenziare quelli che truffano, che rubano, che sono assenteisti. Senza che qualche giudice del lavoro li reintegri. Ma nel pubblico è impossibile che, cambiando maggioranza politica, si possa licenziare: sarebbe discriminatorio. In ogni caso le norme sul pubblico impiego saranno interessanti e per certi aspetti rivoluzionarie». Nonostante gli interventi di Draghi, le cose non sembrano funzionare soprattutto nel nostro Paese, si aspettava di più dalla Bce? «Draghi sta facendo un lavoro straordinario e chi lo critica non si rende conto che occorre del tempo per gli effetti del Quantitative easing. Per il momento la ripresa si deve principalmente a fattori interni. Quello che serve oggi è una discussione sulla politica economica europea, con la Commissione. Noi abbiamo ottenuto la flessibilità e la stiamo anche utilizzando. Ma la vera domanda da farci è: la linea economica tenuta fino ad oggi è sufficiente a restituire crescita all'Europa? Per me no, c'è bisogno di cambiare rotta. Questa è la sfida a Bruxelles. Difficilissima ma vale la pena farsi sentire. Siamo l'Italia, noi!». Si è aperta una grande polemica per il salvataggio di quattro banche. «Se il governo non fosse intervenuto queste banche avrebbero chiuso, i dipendenti sarebbero andati a casa e i correntisti non si sarebbero salvati. Rivendico con orgoglio l'azione del governo per salvare le banche, i lavoratori e i correntisti senza usare denaro pubblico. La vicenda subordinati non è facile, ma cercheremo di aiutare queste persone. Che però non sono truffate: hanno siglato contratti regolari, sia chiaro. Quello che è successo a certe banche è il frutto di venti anni di scelte discutibili. In passato i governi hanno deciso di non intervenire per il consolidamento del sistema bancario: credo sia stato un errore. La Merkel ha messo 247 miliardi per salvare il sistema del credito tedesco (che ancora oggi è peggio del nostro), ma chi ci ha preceduto a Palazzo Chigi ha pensato di rinviare i problemi. Adesso i nodi sono al pettine. Noi non ci tiriamo indietro di fronte alle responsabilità. Abbiamo sistemato le popolari, tra mille polemiche. E dopo Natale vogliamo consolidare le banche del credito cooperativo, facendone uno dei gruppi bancari più solidi sul modello del Crédit Agricole». Il Pd sembra in grande affanno, basti pensare a come si divide a Milano tra Sala e Balzani. «Il sindaco di Milano lo scelgono i milanesi, non i rignanesi. Saranno delle primarie bellissime, che vinca il migliore. Tutto il resto è dietrologia, noia, autoreferenzialità. I candidati parlino con i cittadini e chi è più convincente sarà il candidato». Intanto la prossima settimana ci sarà la Leopolda, non è in contraddizione con la mobilitazione dei banchetti pd di oggi? «Nessuna contraddizione, anzi: iniziative complementari. La Leopolda è uno straordinario incubatore di talenti e di idee. Chi ironizza sulla classe dirigente uscita dalla Leopolda dovrebbe verificare i risultati. Un anno fa Jobs act, legge elettorale, riforma costituzionale, riforma della Pubblica amministrazione, buona scuola, riduzione delle tasse sembravano sogni impossibili da raggiungere. A distanza di 12 mesi per noi parlano i risultati. La generazione Leopolda adesso è al potere: dobbiamo dimostrare di cambiare la politica senza permettere alla politica di cambiare noi. Sono stato a Rignano, nel mio paese, per il banchetto del Pd. Mi fa piacere che alla fine, ritrovandosi con gli amici di sempre, ti rendi conto che alla fine dei conti non siamo cambiati, che noi siamo sempre noi, persone semplici, chiamate per un po' a servire il Paese e poi pronte a tornare al proprio ruolo. Nei fatti la Leopolda ha rivoluzionato il sistema politico». In momenti come questi in cui per forza è molto impegnato sul fronte del governo, non pensa che il doppio incarico sia un errore? «No. Ovunque il capo del principale partito è anche leader del governo». Le Amministrative non si profilano vittoriose per il Pd, per questo dite già che non sono un test per il governo? «È banalmente una questione di serietà. Se eleggi un sindaco che c'entra il governo? Le Comunali scelgono i primi cittadini, non i primi ministri. E comunque da qui alle Amministrative ci sono 6 mesi: con tutto il rispetto, noi nel frattempo vogliamo governare». È una domanda posta un po' in anticipo ma da tempo se la fanno tutti o quasi: cambierà l'Italicum? «Credo proprio di no». Se non vuoi più ricevere le newsletter di Matteo Renzi clicca qui per cancellarti. Se la procedura di disiscrizione non funziona, manda un'email vuota con oggetto "CANCELLAZIONE ENEWS" all'indirizzo web@matteorenzi.it Da - http://www.matteorenzi.it/newsletter-templates/enews403/ Titolo: MATTEO RENZI ... Leopolda 6, chiude il premier Inserito da: Arlecchino - Dicembre 17, 2015, 07:22:42 pm Firenze
Leopolda 6, chiude il premier Renzi: «Banche? Nessun favoritismo Non abbiamo scheletri nell’armadio» Matteo Renzi chiude la kermesse a Firenze. Il discorso si infiamma sul salvabanche: «Mi fa schifo chi specula sulla morte delle persone». «Se si votasse oggi noi prenderemmo più di quanto preso alle Europee» e lancia lo slogan: «Via alla grande o vai a casa» Di Alessandra Bravi, Marzio Fatucchi FIRENZE - Leopolda 6, last day. Matteo Renzi sale sul palco alle 12.50 e chiude la kermesse di Firenze - «E ora andiamo a prenderci il futuro, vai alla grande o vai a casa» - con un discorso che dura più di un’ora e alcune parole chiave: fiducia, futuro, visione politica, cambiamento. Rivendica le riforme fatte dal governo e i provvedimenti presi: Jobs Act, Buona Scuola, tasse («un’operazione straordinaria»). Affronta il caso banche, dice che se si votasse oggi «noi prenderemmo più di quanto abbiamo preso alle Europee» e annuncia mille Leopolde per il prossimo anno: «Prima del referendum costituzionale che dovrebbe essere a ottobre e segnerà la storia di questa legislatura, organizziamo mille luoghi di incontro in cui andiamo a raccontare perché l’Italia la stiamo facendo ripartire e vogliamo scommettere sui nostri valori più belli. Noi della Leopolda siam fatti così: o facciamo le cose in grande, perbene, o a vivacchiare posson venire anche gli altri. O le facciamo in grande o abbiamo fallito. O puntiamo in alto o non ci piace». Agnese e i figli sotto il palco C’erano anche Agnese, la moglie di Renzi, e due dei figli ad attenderlo sotto il palco, di fronte alla porta del backstage, al termine del discorso tenuto dal premier e segretario del Pd a chiusura della Leopolda 2015. Si è fermato ad ascoltare l’intervento del presidente del Consiglio anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. E a bordo palco c’erano i ministri Maria Elena Boschi e Roberta Pinotti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, il tesoriere del partito Francesco Bonifazi e numerosi deputati e componenti dello staff della Leopolda. Al termine del discorso, un gruppo di volontari è salito sul palco per una foto ricordo di gruppo e poi numerosi selfie con Renzi, mentre dalla platea continuava la standing ovation e dagli altoparlanti veniva trasmessa «Go Big or go home», recentissima hit degli American Authors, e nuovo slogan renziano. Chiusa la manifestazione, il premier si è fermato con familiari e colleghi di partito e di governo nelle sale dietro il palco. «Banche, sì alla commissione» In conclusione di intervento un affondo sulle banche e una difesa di Maria Elena Boschi, senza mai citarla e del ddl «salva-banche»: «Sì alla commissione di inchiesta sulle banche lo dico a nome del governo e del Pd: non abbiamo nessuno scheletro nell’armadio. Ma quel decreto lo rifirmerei subito: senza quello oggi non avremmo salvato i risparmiatori. La verità è più forte delle chiacchiere. A polemiche e retroscena rispondo con il sorriso. Non ci avrete: non sciupiamo l’Italia su polemiche autoreferenziali. Solidarietà per chi sfoga le proprie frustrazioni nei retroscena. Chi pensa di strumentalizzare la vita delle persone deve fare pace con se stesso, ma chi pensa di strumentalizzare la morte delle persone personalmente mi fa schifo. Le polemiche politiche si fanno a viso aperto e chi parla di favoritismo sta insultando persone perbene. Nessun favoritismo del governo. Il nostro sistema bancario è più forte e più solido di quello tedesco. La verità verrà fuori. Andiamo avanti a modificare quel che va modificato nel sistema bancario, a partire dalle banche cooperative che sono troppe e ci sono troppi amministratori che prendono una prebenda. Lo diciamo da anni e adesso lo facciamo». «Ho fiducia in mio padre» «Mio padre ha ricevuto un avviso di garanzia 15 mesi fa, non ieri. Si è sentito crollare il mondo addosso lui che un giorno sì e poi l’altro parlava di onestà, gli abbiamo detto nessuno dubita di te. Però rispondeva: «I giornali, le provocazioni, i comunicati... voglio replicare, non è semplicissimo dirgli zitto e aspetta». Da allora due volte la Procura ha chiesto di archiviare. Ora passerà il secondo Natale da indagato. Io ho fiducia in mio padre». «Cambieremo il Paese» «Abbiamo rovesciato il sistema politico più gerontocratico d’Europa partendo da qui, da Firenze e abbiamo dato stabilità al Paese che aveva la minore stabilità del nostro continente. Abbiamo orgogliosamente portato il Pd a essere il partito politico più votato in Europa e non ci avrebbe scommesso nessuno. Neanche io», esordisce il premier. «Non abbiamo il volto finto pensoso di chi si ritiene depositario del sapere universale, siamo ragazzi di provincia innamorati della propria terra umili e coraggiosi, che sono artefici della propria occasione: non ce l’hanno data, ce la siamo presa, non ci hanno costruito col blog o con l’ufficio comunicazione. Ci siamo costruiti in campo. Orgogliosi di aver rottamato il complottismo, quell’idea che, quando qualcosa non funziona, sia sempre colpa degli altri. La verità e il tempo sono dalla nostra parte. Cambieremo il Paese senza che la politica cambi noi». «Se si votasse oggi vinceremmo con più del 41%» «Non siamo il partito della nazione ma il partito della ragione. Io sono certo che noi non abbiamo bisogno di misure elettorali o di mancette perché se si votasse oggi noi vinceremmo con percentuali superiori a quelle delle europee. Il Sud ha tutto per risollevarsi. È il momento di dire basta con le chiacchiere. Chi ha il coraggio e la forza di intervenire lo faccia anche perché governiamo tutte le regioni. Se a questo giro non ce la facciamo con che faccia ci ripresentiamo alle prossime regionali? Abbiamo messo 150 milioni in legge di stabilità sulla terra dei fuochi: ho sfidato De Luca egli ho detto `se non sei personaggetto questa la risolvi...´. ». «Bandiera Pd tatuata nel cuore» Poi, il caso bandiere del Pd: «Proprio quando abbiamo perso abbiamo iniziato a vincere. E ora sta a noi continuare a cambiare il Paese. La bandiera del Pd ce l’abbiamo tatuata nel cuore, ma la Leopolda è uno spazio di libertà aperto a tutti. Quelli che l’anno scorso ci hanno detto di mettere le bandiere nel frattempo se ne sono andati dal Pd». Alle accuse di chi dice che entrano nei Cda tutti quelli che sono tutti passati dalla Leopolda, Matteo Renzi replica dal palco: «A parte che non è sempre vero, ma non è mica colpa nostra se abbiamo chiamato qui in questi anni, tanta gente brava, per bene», persone che hanno deciso di mettersi in gioco e che non si fermano a fare «i disfattisti». «Rimettere in moto la fiducia» «La rassegnazione è stata cancellata dal vocabolario della politica, ora c’è bisogno di un salto di qualità. Ma dalla Leopolda parte un insegnamento: le cose in Italia possono cambiare: l’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica è stato un nuovo inizio per l’Italia. Noi non faremo per sempre politica, ma finché la faremo la faremo a viso aperto e a testa alta. Non si passa alla storia rimediando i danni di quelli di prima ma avendo il coraggio di avere visione sul futuro dell’Italia. È nostro dovere rimettere in moto la fiducia. La fiducia è il presupposto per ripartire. Bisogna passare dal tempo dell’invidia e al tempo dell’ammirazione, dal mah al wow! quando qualcosa funziona nel nostro Paese. La fiducia non è esaltazione ingenua dell’ottimismo. È consapevolezza delle nostre opportunità» La difesa delle cose fatte «Nello sciopero generale dell’anno scorso ci dicevano che i precari sarebbero diventati più precari, oggi scopriamo il contrario. Sulle tasse abbiamo fatto un’operazione talmente straordinaria da rasentare l’ambizione». Matteo Renzi dalla Leopolda richiama l’operazione che il Governo sta facendo sul fisco: «Stiamo buttando giù le tasse, è la prima volta che accade». «Ci avevano detto che gli 80 euro erano una mancia elettorale, erano quelli che erano pieni di soldi. Quando le famiglie hanno visto che restavano hanno iniziato a spenderli e i consumi per la prima volta sono tornati a crescere». E se la disoccupazione è calata dal 13,2 all’11,5%, possiamo dire che il Jobs Act ha funzionato? Io direi proprio di sì». L’Europa e i migranti «L’Europa come punto di approdo dei sognatori. Ricordiamoci dello spirito dei padri fondatori dell’Europa, che non era solo “economia”. All’Europa che ci fa la procedura di infrazione perché non abbiamo preso qualche impronta, diciamo che la somma delle burocrazie fa del male a se stessa. Le regole o valgono per tutti o non valgono per l’Europa: noi rispettiamo le regole e chiediamo all’Europa di rispettare le regole, la sua storia, se stessa». «Di fronte a ciò che è avvenuto a Parigi non possiamo far finta di nulla. E diciamo che non si risolve il problema dicendo adesso bombardiamo di qua o di là. Quelle persone che hanno ucciso sono cresciute in Europa: la questione educativa e culturale è centrale. Non ci si può semplicemente blindare mettendosi a chiave». L’intervento di Padoan Prima del discorso di Renzi, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha affrontato lo «spinoso» caso banche: «Il sistema bancario italiano è sano e solido, ha superato a differenza di molti altri Paesi, la grande recessione senza bisogno di alcun intervento pubblico. Le nostre banche sono solide: sono la spina dorsale dell’economia, a maggior ragione dopo l’intervento del governo. Ci sono situazioni che vanno cambiate e responsabilità diffuse di chi ha gestito i rapporti con i risparmiatori magari non fornendo tutte le informazioni. Le responsabilità saranno valutate caso per caso ma saranno presi provvedimenti per evitare che queste cose possano di nuovo succedere. Al di là delle pretestuosità il provvedimento del governo ha portato quattro nuove banche con i bilanci puliti, ha salvato un milione di depositanti, 12 miliardi di depositi, 200mila imprese con crediti, 6000 lavoratori del sistema bancario». E ancora: «La fiducia nei confronti dei vertici di Banca d’Italia e Consob è assolutamente confermata». La manifestazione dei risparmiatori E mentre il ministro parla, a pochi metri dall’ex stazione va in scena la manifestazione dei piccoli risparmiatori delle banche per protestare contro il decreto «salva banche». Una delegazione dei manifestanti poi è stata ricevuta all’interno dell’ex stazione e ha incontrato proprio Padoan. Boschi e Banca Etruria «Per favore, smettiamola con lo sciacallaggio». Lo ha detto Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, ai cronisti che gli chiedevano delle polemiche sul conflitto di interessi del ministro Maria Elena Boschi per il caso di Banca Etruria. Pil e recessione Poi, capitolo Pil e recessione: «Il 2014 si chiudeva con un numero negativo, era l’ultimo da una lunga recessione. Quest’anno chiudiamo da con un numero positivo» di crescita del Pil, «un numero che deriva da fattori internazionali ma anche di una politica del governo orientata alla crescita, con il taglio delle tasse e il sostegno agli investimenti. In un contesto nel quale le riforme strutturali cambiano il modo di fare impresa. Le nostre banche hanno superato la recessione senza bisogno di alcun intervento pubblico tranne una: in Germania sono stati messi 250 miliardi per le banche, da noi no». Gli interventi «Noi siamo il vero Pd quello della trasparenza, della legalità, della bella politica fatta di rapporti umani». Raffaella Crispino, membro dell’Assemblea nazionale del Pd, ha aperto gli interventi nella terza e ultima giornata della kermesse, respingendo le critiche di chi continua a segnalare l’assenza dei simboli del partito. Crispino parla anche dei Circoli «che vanno riformati», perché «serve il contatto diretto per convincere le persone che votano Matteo ma non votano Pd». Dopo di lei sul palco sono saliti anche Oscar Farinetti, Simona Bonafè, Debora Serracchiani, Anna Ascani, Stefano Guarnieri. Il manifesto di governo Sabato è andata in scena la Leopolda di governo. Non è più da due anni una Leopolda di lotta, non è neanche la prima di governo. E allora l’incontro nell’ex stazione ottocentesca diventa qualcos’altro. La Leopolda con i ministri è il manifesto del governo, il suo Bignami, o il «governo for dummies» direbbe la nuova generazione renziana. Il question time annunciato con i ministri non è proprio aggressivo come quelli in Parlamento. Neanche l’unico faccia a faccia previsto (quello tra gli insegnanti in sciopero e la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, annunciato dal premier Renzi) avviene sul palco, si terrà dopo, fanno sapere dal ministero, con un solo precario abilitato che voleva rassicurazioni sui tempi del concorso. Alla fine, il palco della Leopolda serve a fare un riassunto dell’era renziana e poi lanciare le prospettive di governo, davanti a una platea strapiena ma distratta, in cui sembra contare più il rivedersi che l’ascoltare chi c’è sul palco. 13 dicembre 2015 | 09:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/politica/15_dicembre_13/padoan-renzi-chiudono-leopolda-1eaca636-a175-11e5-9f3d-9403d31d243b.shtml Titolo: MATTEO RENZI : "Noi garantisti, la Capuozzo non si deve dimettere". Inserito da: Arlecchino - Gennaio 14, 2016, 06:39:14 pm Quarto, Renzi: “Fine monopolio morale M5s. No croce addosso al sindaco. Chiese aiuto, ora capire se qualcuno ha taciuto”
Il presidente del Consiglio: "Noi garantisti, la Capuozzo non si deve dimettere. Certo, avrebbe dovuto denunciare le minacce. Ma aveva chiesto aiuto ai suoi dirigenti" Di F. Q. | 12 gennaio 2016 Sul caso di Quarto “bisogna evitare strumentalizzazioni “, “è una vicenda per la quale avere grande rispetto” e la regola generale è “il garantismo più totale “. Per questo il presidente del Consiglio Matteo Renzi dice che gli “sembra davvero ingiusto buttare la croce addosso a lei”. Certo, c’è “un dato oggettivo: questa giovane sindaco ha chiesto aiuto ai suoi dirigenti, non si capisce se l’ha ottenuto e se qualcuno ha preferito tacere. Mi sembra davvero ingiusto buttare la croce addosso a lei”. Il riferimento è a quanto raccontano i giornali, anzi meglio le carte dell’inchiesta partita dalle minacce del consigliere comunale ex M5s Giovanni De Robbio al sindaco del Comune napoletano, Rosa Capuozzo. In un’intercettazione un consigliere Cinque Stelle dice che Roberto Fico “dice di andare avanti”. In un’altra la stessa Capuozzo, il 24 novembre (prima dell’espulsione di De Robbio) spiega a un’altra consigliera che Luigi Di Maio era stato “avvertito”. I due membri del direttorio M5s negano di aver mai saputo di minacce e di camorra. Renzi dice “no alle dimissioni, lei avrebbe dovuto denunciare chi la ricattava ma non dimettersi. In quel posto l’hanno messa i cittadini. Io sono per il garantismo più totale. In un Paese civile è un valore costituzionale e costitutivo della sinistra. Certo, il sindaco avrebbe dovuto denunciare ma non è giusto che debba dimettersi”. n ogni caso, secondo il capo del governo e segretario del Pd, con il caso di Napoli è venuta meno l’idea del “monopolio morale” dei Cinque Stelle. “L’idea che il M5S abbia il monopolio della morale, per noi non è mai esistita – ha scandito il presidente del Consiglio – Ma adesso chiaramente è venuta meno anche per gli elettori e i militanti dei Cinque stelle”. Il presidente assicura che “noi nel Pd la pulizia l’abbiamo fatta e non guardiamo in faccia a nessuno. Ma quale era il presupposto? Che il M5S fosse immune, un partito di perfetti. Ma sono come tutti gli altri partiti”. Su cosa sia accaduto tra Capuozzo e i dirigenti del M5s il Pd assicura che la questione coinvolgerà la commissione Antimafia: “Nella riunione di stasera chiederemo di sentirla – spiega il capogruppo democratico in commissione Franco Mirabelli – E’ necessario capire la verità perché non ce la si può cavare con le espulsioni: è evidente il coinvolgimento dei vertici nazionali del M5S. Sia Di Maio che Fico sapevano di questa vicenda da novembre, come risulta dalle intercettazioni. Ma nessuno di loro lo ha denunciato”. DA - http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/12/quarto-renzi-fine-monopolio-morale-m5s-no-croce-addosso-al-sindaco-chiese-aiuto-ma-ora-capire-se-qualcuno-ha-taciuto/2367556/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2016-01-12 Titolo: MATTEO RENZI: "Non è un attacco all'Italia. C’è una manovra su alcune banche. Inserito da: Arlecchino - Gennaio 22, 2016, 08:47:30 pm Matteo Renzi: "Non è un attacco all'Italia. C’è una manovra su alcune banche. È il mercato, bellezza"
Il Sole 24 ore, L'Huffington Post Pubblicato: 21/01/2016 08:43 CET Aggiornato: 5 ore fa All'indomani della tempesta finanziaria che ha colpito tutte le borse, con Milano che ha perso quasi cinque punti nella seduta di ieri, il presidente del Consiglio Matteo Renzi - in una intervista al direttore del Sole 24 ore Roberto Napoletano - prova a rasserenare il clima, escludendo che sia in atto un attacco nei confronti dell'Italia simile a quello messo in atto nel 2011 contro i nostri titoli di Stato. "No, c'è una manovra su alcune banche, punto. “il sistema è molto più solido di quello che legittimamente alcuni investitori temono. Ai miei interlocutori dico sempre che quando alcuni importanti investitori hanno abbandonato l'Italia nel momento più buio del 2011-2012 hanno perso una grande opportunità: se avessero mantenuto le loro posizioni ad esempio sui titoli di Stato - con quei valori - oggi farebbero soldi a palate. Gli eventi di queste ore agevoleranno fusioni, aggregazioni, acquisti. E' il mercato, bellezza. Sarà uno scenario interessante, ne sono certo". Proprio su Mps il premier non ha sollecitato nessuna soluzione particolare, ma si è detto convinto che il mercato farà la sua parte, auspicando comunque che a intervenire sia una banca italiana. "Il Monte dei Paschi oggi è a prezzi incredibili. Penso che la soluzione migliore sarà quella che il mercato deciderà. Mi piacerebbe tanto fosse italiana, ma chiunque verrà farà un ottimo affare", ha detto. Renzi si è soffermato molto sulle tensioni in corso con l'Europa. Secondo Renzi non c'è "nessun rischio" che l'Europa bocci la manovra costringendo il governo a una correzione in corso. "Io non alzo la voce - ha spiegato il premier - alzo la mano. E faccio domande. E' giusto un approccio tutto incentrato sull'austerity quando i populismi sono più forti nelle zone svantaggiate e di crisi economica? E' giusto avere due pesi e due misure sull'energia? E' giusto proseguire a zig zag sull'immigrazione? Su questi punti in tanti pensano che le cose debbano cambiare. La sfida oggi è costruire una serie di proposte, come l'Italia - ritornata grande grazie alle riforme - può e deve fare. Nessuna polemica. Solo proposte. Gli alleati non mancano". Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/01/21/renzi-attacco-italia_n_9037112.html?1453362339&utm_hp_ref=italy Titolo: Renzi a Ventotene: «Accolti al grido “Schenghen, Schenghen” Non lasceremo ... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 30, 2016, 12:34:51 pm La visita
Il premier Renzi a Ventotene: «Accolti al grido “Schenghen, Schenghen” Non lasceremo distruggere l’Europa» Appena atterrato in elicottero sull’isola è andato nel cimitero e ha reso omaggio all’antifascista che scrisse il «Manifesto per un’Europa libera» Di Ernesto Menicucci - il nostro inviato Il premier Matteo Renzi è atterrato con un elicottero sull’isola di Ventotene, e la prima cosa che ha fatto è stata portare un mazzo di fiori sulla tomba di Altiero Spinelli (come testimonia la foto in alto scattata dal responsabile della comunicazione del premier, Filippo Sensi, che ha anche lanciato su Twitter l’hashtag #cosedieuropa). Spinelli è l’ideatore, insieme con Ernesto Rossi, del «Manifesto di Ventotene» che negli anni ‘40 gettò le basi di quella che oggi è diventata l’Unione Europea. La visita con Franceschini e Zingaretti Renzi, accompagnato nella visita dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti, è poi salito su una nave della Capitaneria di porto è sta raggiungendo lo «scoglio» di Santo Stefano sede dell’ex carcere in cui venne rinchiuso da Mussolini, tra i tanti antifascisti, anche Sandro Pertini. Il progetto è quello di recuperare la struttura del carcere e adibirla a luogo simbolo dell’Europa. Dopo la visita a Santo Stefano, Renzi parteciperà ad una iniziativa pubblica a Ventotene con Franceschini e Zingaretti. C’è grande attesa per il suo intervento dal suolo pontino dopo l’incontro di venerdì con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il rientro a Ventotene Dopo la visita al carcere di Santo Stefano, Matteo Renzi, Franceschini e Zingaretti sono rientrati (con una motovedetta della Capitaneria di porto) a Ventotene. Ad attenderli, i manifestanti del Movimento federalista europeo che hanno mostrato i loro cartelli, le bandiere della Ue e scandito slogan: con loro il premier si è intrattenuto qualche minuto. Il premier e il progetto del carcere Renzi ha presentato il progetto di recupero del carcere borbonico, dichiarato monumento nazionale dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2008: «Arriva un momento, quando pensi che tutto vada storto, in cui c’è la necessità di tornare in un luogo protetto, a casa. Ma anche trovare rifugio per chi vive in difficoltà. Noi abbiamo scelto di tornare a casa, dove tutto è iniziato. Gli italiani non sono troppo orgogliosi di cosa è successo qui e fuori da qui: uno scontro che pochi definivano fratricida, una guerra civile europea. Alcuni visionari ebbero coraggio, passione, forza di immaginare l’Europa come luogo di pace». Renzi poi insiste: «L’Europa è la più grande vittoria politica e sembra strano che questa piccola isola sia la culla di tutto questo. Ma ancora oggi quel carcere versa in condizioni indicibili. Siamo stiamo accolti al grido di “Schenghen, Schenghen”. Chi vuole distruggere Schenghen vuole distruggere l’Europa. E noi non lo permetteremo». Il primo cittadino dell’isola Il sindaco di Ventotene, Giuseppe Assenso (al terzo mandato) ha ringraziato le autorità presenti e ricordato: «Mi auguro che questo progetto rilanci Ventotene. Le chiedo di essere tedoforo di questa iniziativa, perché Ventotene può dare un valore aggiunto all’Europa». 30 gennaio 2016 | 10:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://roma.corriere.it/notizie/politica/16_gennaio_30/premier-renzi-ventotene-porta-fiori-tomba-altiero-spinelli-a5fd63ea-c72d-11e5-b16b-305158216b61.shtml Titolo: MATTEO RENZI : "La Ue sbaglia, di sola austerity si muore" Inserito da: Arlecchino - Febbraio 11, 2016, 05:04:22 pm Renzi: "La Ue sbaglia, di sola austerity si muore"
Il premier scrive a Repubblica e risponde a Scalfari sulla proposta di un superministro delle Finanze per l'eurozona: "Il problema non è la leadership ma la scelta della politica economica. Ora vogliamo una svolta" Di MATTEO RENZI 11 febbraio 2016 CARO direttore, in questi ventiquattro mesi di Governo sono stato oggetto più volte delle attenzioni di Eugenio Scalfari. Lo considero un onore, per la stima che nutro nei confronti del fondatore di Repubblica, voce tra le più autorevoli del giornalismo italiano. Il tema che egli pone in queste ultime ore mi impone di provare a rispondere, nel merito. E vado subito al sodo: ho grande rispetto per il dibattito che si è creato e sul quale anche l'Italia ha da dire e dice la sua, ma la questione del superministro europeo del Tesoro non è il punto centrale. Oggi il problema dell'economia dell'Unione non è il superministro, ma la direzione. Perché - questa è la tesi del nostro Governo - negli ultimi anni l'Europa ha sbagliato strada. E se vogliamo bene alle istituzioni europee, dobbiamo far sentire la nostra voce: lo facciamo per l'Europa, non per l'Italia. Molto sinteticamente: negli otto anni di presidenza democratica, gli Stati Uniti hanno puntato su crescita, investimenti e innovazione. L'Europa su austerity, moneta, rigore. A livello economico gli Stati Uniti stanno meglio di otto anni fa, l'Europa sta peggio di otto anni fa. Sintesi da titolo di giornale o se preferisce da tweet: Obama ha fatto bene, Barroso no. L'austerity non basta. E del resto i Paesi che sono cresciuti in Europa lo hanno fatto soltanto perché hanno violato in modo macroscopico le regole del deficit: penso al Regno Unito di Cameron che ha finanziato il taglio delle tasse portando il deficit al 5% o alla Spagna di Rajoy che ha accompagnato la crescita con un deficit medio di quasi il 6%. Se una cura non funziona, dopo otto anni si può parlare di accanimento terapeutico. Non pongo un problema di regole, sia chiaro. L'Italia rispetta le regole, con un deficit che quest'anno sarà il più basso degli ultimi dieci anni (2,5%). La Germania invece non rispetta le regole con un surplus commerciale che continua a essere sopra le richieste della Commissione. E ciò nonostante l'Italia è ripartita grazie alla spinta dei consumi, al sentimento di fiducia dei cittadini, al Jobs Act, alle riforme che costano fatica, ma sono necessarie. Il problema non sono le regole, dunque; il problema è la politica economica di questa nostra Europa. Prima di parlare di superministri, dobbiamo forse chiarirci fra noi sulla linea di politica economica. Perché di sola austerity si muore. E qui vengo all'Italia. La battaglia che abbiamo intrapreso in questi mesi non è funzionale al piano interno, come sostiene qualcuno. Altri dicono che faccia aumentare i consensi. Non so, non mi fido dei sondaggi, sbagliano quasi sempre. Se avessi ascoltato i sondaggi, non avrei mai accettato la sfida di dare un futuro a questa legislatura, imponendo un percorso di riforme al quale non credeva più nessuno. Se avessi ascoltato i sondaggi, non avrei mai caricato su di me la sfida delle Europee 2014. Eppure abbiamo vinto, anzi stravinto. Se avessimo ascoltato i sondaggi, non avremmo mai qualificato la nostra politica sui temi delle migrazioni, a cominciare dalle missioni in Africa, dalla Tunisia al Ghana, dalla Nigeria al Senegal, dal Congo all'Angola. Eppure è giusto farlo. Penso che il compito di un politico non sia inseguire i sondaggi. Uno diventa leader se ha la forza di cambiare ciò che dicono i sondaggi. Se convince i cittadini. L'Italia non fa polemiche in Europa perché ha un problema di consenso interno. Voteremo in Italia dopo il referendum inglese, dopo il nuovo governo spagnolo, dopo le elezioni in Francia, Germania, Olanda, Austria. Siamo - può sembrare un paradosso - il Paese con maggiore stabilità in Europa. Dunque, non abbiamo problemi in questo senso. Noi abbiamo a cuore l'Europa. Però dobbiamo cambiare anche noi italiani. Da un lato ci sono i demagoghi. Quelli che vorrebbero uscire dall'Euro, leghisti e pentastellati. Dall'altro quelli che pensano che ciò che dice Bruxelles è sempre e comunque la verità, a prescindere. E che il nostro compito sia solo obbedire alle decisioni prese altrove. Sbagliano, gli uni e gli altri. Noi italiani dobbiamo avere consapevolezza che l'Europa è la nostra radice, il nostro futuro. E che se l'Italia non fa sentire la propria voce, questo è un male per tutti. Dunque se qualcuno di noi a Bruxelles chiede più attenzione al sociale, alla crescita, al servizio civile europeo, all'innovazione digitale, alla semplificazione burocratica, non è uno sfasciacarrozze isolato. L'Italia ha avanzato e continuerà ad avanzare dettagliate proposte sui singoli dossier, su alcuni dei quali stanno, tra l'altro, lavorando in queste ore vari uffici coordinati da Pier Carlo Padoan. Ma il punto chiave è se, davanti alla crisi di rappresentanza che in numerosi paesi sta mettendo in crisi i partiti tradizionali, l'Europa sarà o meno in grado di ritrovare la strada della politica. Significa una strategia globale sull'immigrazione, fatta di cooperazione internazionale più che di filo spinato. Significa una visione unitaria del sistema finanziario, specie in questo periodo di grande turbolenza anche di qualche banca tedesca. Significa impostare regole comuni sulla selezione dei candidati alla guida dell'Europa, a cominciare dalle primarie per la presidenza della Commissione. Qualche giorno fa ho visitato un luogo simbolo; l'isola di Ventotene. E ho visto con dolore come anni di degrado abbiano ridotto il carcere di Santo Stefano a un rudere. Ma in quel rudere hanno sofferto i padri della patria, i paladini della Resistenza. Ho visto la cella di Sandro Pertini, i luoghi delle discussioni tra Spinelli, Rossi e Colorni (posso ricordare anche Ursula Hirschman?). Insieme al ministro Franceschini e al presidente Zingaretti abbiamo scelto di rilanciare una grande iniziativa per l'Europa, per formare i suoi giovani, per educarne le future classi dirigenti. Da Ventotene partì il sogno europeo. Oggi che sembra destinato a infrangersi sugli scogli dell'egoismo e sulle barriere della paura torniamo all'ideale, torniamo all'orizzonte, alla visione. Il Governo italiano ospiterà programmi di formazione per questa nuova generazione di leader europei. Perché l'unico modo per far vivere la memoria è tramandarla. Dalla crescita alle primarie, dalla formazione per i nuovi europei alla direzione della politica economica, dall'Europa sociale alla lotta contro gli egoismi e le paure nazionali, l'Italia c'è. Ed è in prima fila, a fare la sua parte, giorno per giorno. In prima fila senza timidezza, con la forza delle idee; in prima fila per la potenza — me lo permetterà, in questo caso — della nostra identità culturale ed economica. In prima fila non per prendere tre voti in più alle elezioni, ma per dare un futuro ai nostri figli. E questo, in fin dei conti, è ciò che vale davvero. L'autore è Presidente del Consiglio italiano © Riproduzione riservata 11 febbraio 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/02/11/news/renzi_lettera_a_repubblica_ue-133162994/?ref=HREC1-2 Titolo: Renzi incontra Schulz: "Vogliamo che Ue si muova" Inserito da: Arlecchino - Febbraio 13, 2016, 04:40:17 pm Renzi incontra Schulz: "Vogliamo che Ue si muova"
Il presidente del Consiglio rilancia su meno austerità e più crescita. Il presidente dell'Europarlamento: "Serve un vento nuovo" 12 febbraio 2016 ROMA - Ue, crescita, austerità e le mille polemiche che oppongono l'Italia a Bruxelles. Di questo hanno discusso a Palazzo Chigi Matteo Renzi e il presidente dell'Europarlamento Martin Schulz trovando per altro un sostanziale punto di vista convergente sui problemi sul tavolo. Punto di vista che si può riassumere in una frase: "L'austerità non basta più, serve la crescita". Il leader socialista tedesco è chiaro: "Su tutti i punti c'è intesa di vedute per quanto riguarda la situazione internazionale. In una situazione fragile come oggi, l'Europa deve svolgere un ruolo centrale. L'Italia non è solo un Paese fondatore, è un pilastro, il sostegno dell'Europa. E' il paese con il governo più stabile e io voglio rendere atto al governo di tutti gli sforzi che fa". In Europa, sostiene il presidente del Parlamento Europeo, "abbiamo bisogno di stabilità e di crescita", perché l'Unione si basa su "il patto che si chiama di stabilità e di crescita: non si può puntare solo sulla stabilità, lo si deve fare anche sulla crescita, sono due facce della stessa medaglia. Certo, dobbiamo rispettare le regole, ma le regole devono permettere la crescita". "Renzi ha ragione a suonare la campana d'allarme" in Europa. A dirlo è il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, secondo il quale "il rigore da solo non porta da nessuna parte". Renzi "L'Europa ha bisogno di uno slancio in avanti perché lo statu quo non é sostenibile - dice Schulz in un'intervista a Repubblica, in occasione del suo incontro oggi a Roma con il premier -. A volte, per avanzare, più che di piccoli passi ha bisogno di una spinta. Renzi chiede all'Europa maggiore ambizione? Non posso che essere d'accordo" Poi tocca a Renzi che rilancia: "L'Italia è convinta dell'importanza dell'Europa ma occorre cambiare la direzione di politica sociale ed economica. L'Europa deve occuparsi un po' meno delle regole sulle banche e un po' di più di lavoro e famiglie". Per il presidente del Consiglio serve "un'Europa più sociale e meno finanziaria". Già in mattinata, a Radio Anch'io, il premier aveva orgogliosamente ribadito che "l'Italia sta facendo molto e non sono d'accordo su chi dice che ha fatto poco. Noi non siamo più l'epicentro della crisi, se c'è una banca tedesca in crisi mi dispiace, ormai abbiamo un sistema in cui le banche di tutta Europa stanno insieme". "L'Italia deve mettersi a lavoro pensando che il sistema è solido. L'Europa in questi anni ha sbagliato la politica economica. A fronte di questo, il mio obiettivo non è avere più flessibilità per l'Italia, non sto proponendo di non rispettare le regole, dico che l'Europa non sia solo un mondo di regole a Bruxelles" perché, continua, "noi italiani non siamo gli sfasciacarrozze, non siamo più i malati di Europa, ora c'è un problema di tensione internazionale - ha aggiunto Renzi - noi dobbiamo fare le riforme, consolidare il sistema bancario, ci sono state troppe banche in Italia, e rilanciare il sistema". © Riproduzione riservata 12 febbraio 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/02/12/news/renzi_spread_draghi_schulz-133241498/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_12-02-2016 Titolo: Due anni di Renzi. Adesso fase 2 per dare benessere agli italiani: PER DAVVERO. Inserito da: Arlecchino - Febbraio 27, 2016, 05:42:14 pm Due anni di Renzi: "Serve accordo su adozioni. Italia solida, ma ancora tanto da fare"
Il presidente del Consiglio: "No a bambini di serie A e serie B, la legge si deve chiudere velocemente". E annuncia: "Il 22 dicembre inaugurazione della Salerno-Reggio Calabria". Poi lancia un sondaggio: "Siamo a metà del cammino. Qual è prossima priorità?" Di PIERA MATTEUCCI 22 febbraio 2016 ROMA - È tempo di bilanci per Matteo Renzi, a due anni dall'incarico di guidare il governo. Tanta strada è stata fatta, ma molta resta da fare. E su Facebook si rivolge agli italiani con un sondaggio: "Qual è la prossima priorità"? Il premier, incontrando la stampa estera, sintetizza il lavoro fatto: "L'Italia non è più il problema d'Europa. L'Italia c'è, è forte e solida, ma ci sono ancora tante cose da fare: ho la stessa fame del primo giorno". Il presidente del Consiglio ha sottolineato, ancora una volta gli obbiettivi raggiunti dall'esecutivo: "Mai sono state fatte così tante riforme in così poco tempo, ma siamo ancora affamati perché ci sono ancora troppe persone senza lavoro", ha aggiunto, senza dimenticare, però, che "il futuro è tornato di casa in questo Paese, il passato c'è sempre stato, lo sapete, ma la vera sfida è portare il futuro ad avere residenza in Italia e solo la politica può farlo". Ed è convinto di proseguire fino al 2018: "La legislatura terminerà nel febbraio del 2018, quindi siamo esattamente a metà. In due anni molte delle iniziative che il governo aveva scelto di realizzare stanno andando avanti: legge elettorale, scuola, pubblica amministrazione. L'Italia aveva il segno meno su Pil e occupazione, ora abbiamo il più. Non è ancora chiusa la partita sulla riforma costituzionale, ma è la prima volta in Occidente che un ramo del Parlamento vota per il suo superamento", ha ribadito ancora il premier. Ecco com'è andata Riforme - Lavoro - Tasse - Conti pubblici Spending review - Banda larga Unioni civili. Immancabile una domanda sulle unioni civili, la cui discussione riprende mercoledì al Senato: "Speriamo di chiudere entro qualche giorno", ha detto il presidente del Consiglio. "Via via che gli altri si sfilano, l'accordo" sulle unioni civili "lo facciamo con chi ci sta", ha detto, riferendosi al passo indietro fatto dal Movimento 5 stelle. "Oggi il problema che abbiamo è che non si vada avanti da nessuna parte, che il dibattito sia bloccato, che sia la strada di un emendamento di governo o un accordo parlamentare la certezza è che questa legge si faccia". Il Pd, ha proseguito ha 112 voti: "Occorre arrivare a 161 - ha precisato -. Occorre trovarne altri 49 o 50. Di conseguenza serve l'accordo di qualcun altro e non basta un solo partito. C'era una prova d'intesa col M5s che venti minuti prima di votare l'emendamento Marcucci si è tirato indietro. Si dice che cambiare idea è segno di intelligenza, allora loro sono dei geni assoluti, perché hanno cambiato idea costantemente". Una cosa è certa: non si può più aspettare. "C'è solo una cosa su cui dare certezza: che questa legge si faccia davvero senza che la strategia del rinvio colpisca ancora...Non possono esserci bambini di serie A e di serie B, noi pensiamo sia arrivato il momento di mettere la parola fine a questo lungo rinvio sulla legge sulle unioni civili e nei fatti c'è stato un ostruzionismo. Siamo dell'idea che si deve chiudere velocemente". Ue. "Credo che il referendum non sarà una passeggiata per nessuno. Cameron l'ha detto con franchezza", ha risposto il presidente del Consiglio a una domanda sulla Brexit. Il referendum sull'uscita del Regno Unito dall'Unione europea "sarà su una certa idea di Europa - ha aggiunto - sarà una campagna molto difficile". "Se l’U.K. esce dall'Europa il problema principale è per l’U.K., per le sue aziende e per i suoi cittadini. Restare dentro l'Ue è utile in particolar modo per loro". Renzi ha sottolineato che "siamo a un bivio, o l'Europa cambia oppure rischia di vanificare la più grande operazione di costruzione politica mai fatta". E ha ribadito la sua visione dell'Unione europea, affermando che "L'Italia lavora per questo, non per ottenere qualche briciola di compensazione ma per l'ideale europeo". Migranti. "Con la Germania, con l'opinione pubblica tedesca, ci sono stati problemi rispetto al passato per il fatto che c'erano mani larghe nel controllo degli arrivi. La preoccupazione era che l'Italia non facesse i controlli per tutti: questo è stato parzialmente vero in passato, non ho problemi ad ammettere che non sempre i controlli sono stati impeccabili. Adesso però la situazione è rovesciata e siamo al 100% dei controlli, con le impronte digitali e i rilevamenti. Anche perché si è unita all'esigenza umanitaria anche quella della sicurezza", ha detto Renzi, che ha rivendicato che sulla politica dell'immigrazione "se c'è un Paese che non ha cambiato idea, quello è l'Italia". Niente solidarietà a senso unico. Ancora una volta, Renzi ha sottolineato l'impegno dell'Italia: "Noi ogni anno mettiamo 20 miliardi e ne riprendiamo 12 in fondi europei, noi siamo contributori attivi. A questo punto: o fai come Thatcher 'voglio indietro i miei soldi' o, come noi, sei disponibile a mettere più soldi se c'è un ideale comunitario. La solidarietà in Europa non deve essere a senso unico e la mia opinione molto chiara è che quando si dovrà discutere della programmazione dei fondi, non potremo non tener conto che qualcuno immagina la solidarietà a senso unico". E ha proseguito: "Ho detto al tavolo Ue molto chiaramente che al momento di discutere della programmazione dei fondi non possiamo non tenere conto che qualcuno non è solidale sull'immigrazione. A quel punto è legittimo che i paesi più grandi possano non essere solidali sui fondi". E ha osservato che "se avessimo utilizzato il principio dell'egoismo, oggi non avremmo l'Europa a 28" visto che "sono saltati dei governi in nome dell'allargamento della Ue". Austerità. Il nostro Paese ha fatto i compiti a casa, ha detto il premier: "È evidente che abbiamo un Pil più basso di altri Paesi, perché stiamo facendo tagli da cura da cavallo e la spesa pubblica fa Pil". Ma, ha precisato, "credo che anche se scende più piano di quanto prevede il fiscal compact, è un fatto positivo. L'importante è che scenda. L'Italia ha fatto spending per 25 miliardi. Cottarelli ne aveva chiesti 20. Il deficit era al 3,7 con Monti e oggi è al 2,5. Ma rifiuto di accettare l'austerità come fine a se stessa perché uccide il paziente, però sto dentro le regole europee - ha tenuto a precisare Renzi -. Non ho mai violato le regole europee e ho chiesto alla Commissione di stare dentro un percorso di flessibilità, ma sto dentro le politiche europee". E ha precisato: "Il deficit è il più basso degli ultimi 10 anni. Se avessi fatto il 3%, avrei 10 miliardi di tasse da abbassare". Ai tavoli internazionali da protagonisti. Il panorama internazionale è cambiato, ha ribadito il presidente del Consiglio, e anche il ruolo del nostro Paese: "Al prossimo G7 che si terrà a Firenze nel 2017 io voglio che l'Italia non sia più ultima al tavolo per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo". E ancora: "Sulla Siria la posizione italiana è la stessa della comunità internazionale. In passato l'Italia ha perso qualche occasione, ma adesso è tornata con una presenza in politica estera da protagonista. Ora non solo siamo ai tavoli internazionali, ma vogliamo starci da protagonisti con i nostri partner perché per anni si è fatto credere che l'Italia era talmente in difficoltà da non poter giocare la sua partita". Sulla Siria, ha aggiunto il premier, "siamo impegnati con grande determinazione perché gli accordi siano raggiunti e si possa faticosamente arrivare alla transizione". A marzo negli Usa..."Saremo a marzo al vertice promosso da Obama sul nucleare che si tiene a Washington. Tema su cui l’Italia ha carte da spendere sia in termini politici che industriali per lo smaltimento", ha annunciato ufficialmente il premier. Il vertice si terrà il 30 e 31 marzo, ma "prima di quella data saremo forse in Nevada, Illinois e Massachusetts per una missione", ha precisato. Per quanto riguarda le prossime elezioni Usa, Renzi tifa Clinton: "Da presidente del Consiglio dico che lavoreremo con chiunque sarà il presidente Usa, evidentemente. Da segretario del Pd nel rispetto della democrazia Usa faccio il tifo per Hillary Clinton". ...ad aprile a Teheran... Dopo aver ricevuto il presidente Rohani a Roma, Matteo Renzi ha annunciato di avere in programma un viaggio in Iran: "Sarò ad aprile a Teheran. Al tavolo di Ginevra sull'Iran - ha ricordato Renzi - l'Italia non c'era perché i miei predecessori scelsero di non starci, il che suona stravagante se si considerano i rapporti storici tra Italia e Iran". ...e il 18 giugno a San Pietroburgo. Ma non è finita: "Il 18 giugno sarò a San Pietroburgo su invito di Putin che ho già incontrato al Cremlino a marzo 2015", ha detto poi il premier, rispondendo a una domanda sul forum economico in programma a giugno in Russia. Rispondendo a una domanda sulle sanzioni alla Russia, Renzi ha dichiarato: "Spero si possa chiudere la fase sanzionatoria al più presto, ovviamente con l'implementazione dell'accordo di Minsk. È assurdo - ha aggiunto - non coinvolgere tutte le forze e i Paesi di buona volontà contro l'Is, che è di gravità inaudita. Continuo a pensare sia necessaria una grande convergenza internazionale e il ruolo della Russia sia molto importante, ma deve rispettare i principi di indipendenza e sovranità Ucraina". Sinistra Ue è in difficoltà. "Il contenitore dei socialisti europei ha bisogno di ripensare se stesso", ha detto Renzi, evidenziando che "la sinistra europea è molto in difficoltà, è inutile fare giri strani. Nel Pse sull'immigrazione ci sono posizioni più vicine ad Orban che a Merkel, banalmente è così". E ancora: "Io mi sento di sinistra nel senso di Clinton e Obama, non di una certa sinistra massimalista che non vince neanche le elezioni del condominio. Chi cambia è di sinistra, chi non vuole cambiare è di destra". Infine, parlando della Grecia, ha aggiunto: "Lo sforzo di Tsipras di cambiare la Grecia è serio e sostanziale e l'Italia farà tutto quello che è nelle sue possibilità per dare una mano. L'Europa senza la Grecia perderebbe un patrimonio strepitoso e ideale. I miei rapporti con Alexis Tsipras sono molto buoni Io sto dalla parte di Tsipras. Spero che lui accetti di entrare a far parte del Pse". Salerno-Reggio Calabria: inaugurazione il 22 dicembre. C'è stato, poi, un ulteriore annuncio. Sfidando lo scetticismo dei giornalisti della stampa estera, il premier ha detto: "Tenetevi forte, so che non ci crederete ma così come sembrava impossibile la Variante di valico, il 22 dicembre inauguriamo la Salerno-Reggio Calabria. E a tutti quelli che hanno fatto un 'oohhhh' di stupore gli faremo fare un pezzo di strada e guido io". La prossima riforma. Il premier affida anche alla Rete una sintesi, postando su Facebook le tradizionali slide e chiedendo ai cittadini di indicare la prossima priorità: "Buongiorno. Qui trovate ventiquattro slide sui primi ventiquattro mesi di governo. Siamo a metà del cammino, mancano ancora due anni. Qual è per voi la priorità? Qual è secondo voi la riforma più urgente, adesso?". Così il presidente del consiglio, Matteo Renzi, interpella gli utenti che lo seguono su facebook nel giorno in cui il suo governo compie due anni. © Riproduzione riservata 22 febbraio 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/02/22/news/due_anni_di_renzi_il_premier_su_fb_qual_e_la_prossima_priorita_-133957389/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI. Matteo Renzi attacca Massimo D'Alema e la minoranza Pd. ... Inserito da: Arlecchino - Marzo 13, 2016, 06:19:01 pm Matteo Renzi attacca Massimo D'Alema e la minoranza Pd. Il premier traccia la linea dello scontro finale
Pubblicato: 12/03/2016 21:35 CET Aggiornato: 12/03/2016 21:35 CET “Adesso dovete scegliere: o con me o con D’Alema”. Renzi non lo dice in modo così esplicito, ma il senso di due ore di intervento davanti ai giovani della scuola di formazione Pd è questo: un ultima chiamata a “Bersani & compagni”, con il premier segretario che parla di “partito come comunità”, loda la lealtà di Cuperlo sulle primarie e avverte: “Fate bene a combattermi da dentro il Pd, ma il campo di gioco è il congresso del 2017, non le comunali”. In base alle reazioni della minoranza, il premier calibrerà il documento da mettere ai voti nella direzione Pd del 21 marzo. Potrebbe essere molto duro, una sorta di “prendere o lasciare”. O più sfumato, se a prevalere fosse la linea più prudente di Cuperlo. Alla domanda di un giovane dem, che gli chiede una “riforma del partito per farla finita con tutti questi litigi”, Renzi risponde ecumenico: “Non esiste riforma che possa impedire il legittimo dissenso. E io credo che sia impossibile pensare di sopprimerlo…”. E tuttavia, in due ore di “lezione”, il premier-segretario si leva molti sassolini dalle scarpe. E strapazza la minoranza riunita nelle stesse ore a Perugia. Il primo fendente è per Massimo D’Alema, teorico della scissione a sinistra e nemico giurato: “Non accetto lezioni da chi ha distrutto l’Ulivo e ha consegnato per vent’anni l’Italia a Berlusconi. Durante i governi del centrosinistra, dal primo giorno era tutto un litigio, un bombardamento contro chi guidava la macchina. Questa storia è finita”. Il leader Pd sembra quasi disegnare un nuovo perimetro del partito: cita più volte Reichlin e la sua idea di partito della Nazione (“è la mia stessa idea”) loda Cuperlo per le sue parole di lealtà sui candidati che hanno vinto le primarie nelle città. Agli altri, quelli di Bersani e Speranza, manda un ultimo segnale: “Alle amministrative si scelgono i sindaci. Chi pensa di mandarmi a casa dopo le comunali ha sbagliato campo di gioco. Per quello c’è il congresso e si farà nel 2017. Io se perdo resterò nel Pd a dare una mano, e pretendo lo stesso comportamento dagli altri. Come alle primarie del 2012: ho perso e sono rimasto, non ho portato via il pallone come ha fatto Cofferati in Liguria”. L’unico passaggio benevolo verso la minoranza è quando dice che “chi vuole mandarmi a casa fa bene a fare questa battaglia dentro il partito”. Per il resto sono mazzate. Dalle infrastrutture alla buona scuola, dal Jobs Act agli 80 euro al taglio di Irap e Imu, in due ore il premier rivendica per sé l’idea di sinistra. “Siamo noi che facciamo cose di sinistra, come abbassare le tasse e creare posti di lavoro”. Duella verbalmente con Michela, giovane sindacalista Uil, che gli chiede conto delle tasse aumentate per alcuni cittadini che hanno ricevuto gli 80 euro. Lei gli ricorda che non è stato eletto. E lui prende la palla al balzo: “Il governo Letta era bloccato, è stato il Pd a chiedere al segretario di metterci la faccia. Nessun golpe di palazzo, la Costituzione prevede che il premier e il governo abbiano la fiducia del Parlamento”. E’ un Renzi show, nella sala seminterrata di un albergo vicino a via Nazionale. Il premier scherza con i ragazzi, li invita a fare la “rottamazione nelle loro città”, “fate come ho fatto io, anche se è dura”. Rivendica ancora una volta il suo 40% alle europee, “mai in Italia si era visto uno stacco così forte dal 25% dell’anno prima”. Ribadisce che se ne andrà se perderà il referendum sulla riforma Boschi: “Basta con quelli che dicono ‘ho non vinto’ e poi restano sempre lì. Io se perdo lascio la politica”. E alla minoranza manda a dire: "Alcuni di quelli che mi accusano di volere una coalizione con la destra e con il mostro Verdini sono gli stessi che non volevano il premio alla lista". “Ma fin quando ci sarà il premio alla lista, che ho proposto io, il Pd sarà il partito a vocazione maggioritaria immaginato da Veltroni nel 2007”. Applausi dei giovani in sala. “Se invece ci fosse il premio alla coalizione ci sarebbe il problema delle alleanze, a sinistra o a al centro. Quelli che mi accusano di volere un partito con Verdini sono gli stessi che non hanno votato la fiducia all’Italicum perché non c’era il premio alla coalizione…”. Il premier entra anche nel merito della polemica sulle primarie. Le difende, giocando coi paragoni con i click di Casaleggio e il caos del centrodestra. “Sono laico su possibili modifiche, vogliamo togliere il pagamento di un euro? Fare un albo degli elettori? Discutiamone. Ma sono un presidio della democrazia. Esiste un disegno per screditare lo strumento delle primarie. Per cui chi le perde se ne va. È accaduto a Genova con Sergio Cofferati e per colpa sua abbiamo perso le regionali. Ma così si mette in discussione il partito. E l’alternativa alle primarie sono i capibastone…”. Le parole di D’Alema, simbolo dei rottamati fin dalle prime uscite dell’allora sindaco di Firenze, sembrano quasi avergli messo benzina nel motore. E tuttavia, fuori dal giglio magico, sono in tanti a suggerirgli prudenza verso la minoranza. Tra i renziani circola un certo ottimismo sui prossimi giorni. “Prima del 21 marzo la tempesta è destinata a placarsi”, spiega un fedelissimo. Ma il punto è che Renzi, dopo aver deciso questo intervento fiume per oscurare la kermesse di Bersani & C, non ha ancora deciso cosa scrivere in quel documento. E c’è un punto che lo preoccupa più di tutti: togliere dai giornali le discussioni interne al Pd. “Il mondo fuori da qui non è interessato alle nostre discussioni. Vuole sapere se può avere risposte sull’Italia, non possiamo discutere della realtà parallela del Pd, dobbiamo stare sui fatti”. Per questo i primi 40 minuti della “lezione” alla classe dem sono molto sul merito, dalle strade in Sicilia alla scuola al lavoro. Poi però il premier scaglia il primo fendente contro D’Alema e da lì in poi è tutto un alternarsi tra la rivendicazione delle cose fatte (“Nessuno credeva che avremmo coperto gli 80 euro, l’Expo e chiuso la Variante di valico”) e le botte contro i dissidenti che “portano via il pallone”. “Io sono rimasto nel Pd nel 2012 quando ho perso, mi dicevano che qualcosa non andava, ho chiesto i verbali di una regione ma li avevano bruciati…ma il punto è che avevo perso e l’ho accettato. E quando a Venezia ha vinto Casson che è molto distante da me sono andato a dargli una mano”. Su Roma ribadisce il sostegno a Giachetti, su Napoli la prende larga, parla di “evidenti irregolarità”, e invita a “valutare tutti i ricorsi”. “Ma dal giorno dopo dobbiamo stare tutti insieme a fianco di Valeria Valente, se sarà confermata vincitrice”. Cita più volte il governatore De Luca, lo loda, parla dei progetti per Napoli, da Bagnoli alla Apple. “Dobbiamo restituire una speranza di cambiamento ad una città che sicuramente non passa il tempo a discutere delle questioni del Pd". Le domande dei ragazzi sono tante, Renzi li esorta “veloci veloci”, fa battute, bacchetta una giovane che gli ha dato del “lei”. Poi, sul finire, si concede un diversivo: "Abbiamo deciso che a chi arriva a 18 anni diamo un bonus di 500 euro. Per fare cosa? Per comprare solo libri? Se avessimo fatto così, il primo 18enne a cui davamo i 500 euro, si comprava il Kamasutra e lo pubblicava su Facebook dicendo ‘Renzi grazie di tutto'…”. Poi prende in giro Andrea De Maria, responsabile Formazione del Pd, unico cuperliano in segreteria: “La prossima volta farà lui una lezione di educazione sessuale. Mi raccomando non portare slide o video…”. Risate in sala. Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/03/12/renzi-linea-pd_n_9447070.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Flessibilità, Matteo Renzi cambia tattica: non più richiesta italiana, ma rete.. Inserito da: Arlecchino - Marzo 19, 2016, 04:46:56 pm Flessibilità, Matteo Renzi cambia tattica: non più richiesta italiana, ma rete europea.
Per restare al governo fino al 2018 Pubblicato: 18/03/2016 20:39 CET Aggiornato: 18/03/2016 20:39 CET Matteo Renzi considera accordati i 16 miliardi di euro di flessibilità chiesti nella legge di stabilità 2016. Il premier ne ha parlato in questi termini mercoledì nell’informativa al Parlamento prima del Consiglio europeo. Potrà mancare qualcosina al totale, ma il grosso è fatto, gli hanno detto informalmente dall’Ue. Ora l’obiettivo del premier è ottenere flessibilità nei conti pubblici anche per il 2017 e per il 2018. Per Renzi è la battaglia della vita (politica). Sono i due anni immediatamente precedenti alle elezioni: più il capo del governo riuscirà a “cambiare le politiche europee in senso anti-austerity” per “ridurre le tasse”, più aumentano le possibilità che venga rispettata la scadenza naturale della legislatura nel 2018, prevedono nella sua cerchia. E’ per questo che a Bruxelles, a margine di un Consiglio Ue che discute di Turchia e migranti, Renzi comincia a stendere la sua nuova strategia in politica economica. Non più richieste italiane. “Anzi non sono nemmeno state citate nell’incontro di questa mattina”, precisa Renzi parlando della riunione mattutina al Parlamento Europeo con il presidente Martin Schulz, il commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici (che martedì sarà da Renzi a Palazzo Chigi), il segretario del Pse, il bulgaro Sergej Stanishev. Presente anche il nuovo ambasciatore italiano per l’Ue Carlo Calenda che ufficialmente prende servizio a Bruxelles lunedì. L’obiettivo è fare rete con i socialisti per “proporre prossimamente metodi per una nuova politica economica europea”. Il “gruppo di lavoro” di stamattina sviluppa i temi del vertice socialista di sabato scorso a Parigi, non a caso allargato all’altro alfiere dell’anti-rigore, Alexis Tsipras, ormai habituè delle riunioni con il Pse: c’era anche ieri al pre-vertice all’Albert Hall di Bruxelles. Insomma, la flessibilità non deve più essere una gentile concessione delle Cancellerie europee ma un indirizzo di politica economica da non mettere in discussione ogni volta. “C’è stato il piano Juncker per gli investimenti – dice Renzi - e poi la comunicazione della commissione Ue sulla flessibilità. Ma non basta: bisogna continuare a spingere”. Da qui il cambio di tattica: nessuna richiesta italiana, ma costruire una rete europea su esigenze sempre più comuni di spesa per rilanciare la crescita. “Ne ho parlato anche con Angela Merkel”, dice Renzi. Nel bilaterale di oggi con la Cancelliera, Renzi ha riproposto l’idea di cui aveva già parlato ieri sera alla cena dei 28 leader Ue: lo scorporo dei co-finanziamenti nazionali ai fondi europei. Roba da 7 miliardi l’anno per l’Italia. “E’ un’ipotesi”, spiega oggi. “E poi c’è il tema dei soldi per l’immigrazione…”, aggiunge, in riferimento ai 3 miliardi di euro già varati dall’Ue per la Turchia e gli altri 3 miliardi chiesti da Ankara. “Insomma gli Eurobond sono un tema tutt’altro che tramontato”, continua Renzi riprendendo un argomento caro all’ex ministro dell’economia, ex berlusconiano Giulio Tremonti. Il punto è sempre lo stesso: sganciare un po’ di risorse dal Fiscal Compact che a Renzi continua a piacere sempre meno. “Io sono stupito dal Fiscal Compact ma purtroppo c’è ed è stato votato dal Parlamento italiano dagli stessi che mi dicono che sono nelle mani delle lobby”. E continua: “Ben venga la politica monetaria di Draghi ma serve anche una politica economica per risolvere il problema della deflazione e rilanciare la crescita”. Per Renzi il tema è collegato a quello delle sofferenze bancarie, tema che finalmente non nega trincerandosi dietro la solita frase che “il sistema bancario italiano è solido”. Oggi invece dice: “E’ normale che ci siano i ‘non performing loans’ perché dopo tre anni di crisi la gente non riesce a pagare i debiti, anche se c’è da dire che dagli 89 miliardi di euro di non performing loans di dicembre 2015, siamo passati a 83 miliardi a gennaio 2016”. Ad ogni modo, “il 2016 dovrà essere l’anno in cui l’Italia sistema la questione bancaria”. Con gli strumenti già in atto, specificano i suoi, e sperando in una improbabile modifica dei meccanismi europei del ‘bail-in’. Una cosa è chiara: il promesso taglio dell’Ires per il 2017 e quello dell’Irpef per il 2018 (se non prima) dipende dalla riuscita di questa nuova tattica. Se va in porto, “Renzi continua a governare, dimostrando di poter tagliare le tasse e rispettando la scadenza del voto nel 2018”, dice una fonte renziana ben informata. Se invece tutto salta, allora l’ipotesi del voto anticipato nel 2017 si ripropone con tanto di campagna elettorale infarcita di scontro con l’Ue e vittoria al referendum sulle riforme costituzionali (è la speranza renziana). Ma quest’ultima ipotesi sembra tramontata nell’ultimo mese. Renzi scommette sul cambio di linea in Ue: “Perché la crisi riguarda tutti, non solo l’Italia”, ripete ai suoi. Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/03/18/flessibilita-matteo-renzi_n_9500116.html Titolo: Renzi insiste: non siamo come gli altri. Inserito da: Arlecchino - Aprile 08, 2016, 08:59:18 pm La nota
Per il premier l’incognita delle reazioni europee Renzi insiste: non siamo come gli altri. Se viene omologato, la sua stagione «rivoluzionaria» è chiusa. Sarebbe un dramma la credibilità internazionale La frase-chiave è quella in cui Matteo Renzi rivendica: «Noi non siamo uguali agli altri: sia stampato in testa a chiunque abbia dubbi». Dicendolo alla direzione del Pd, ieri pomeriggio, il premier ha evocato il tarlo che rischia di corrodere la credibilità dell’esecutivo. Il fatto che abbia sentito il bisogno di sottolinearlo è la conferma di una difficoltà. Fino a qualche settimana fa, la novità della fase apertasi nel febbraio del 2014 era scontata. Oggi non più: al punto che è lo stesso presidente del Consiglio a doverla ricordare. La vicenda travalica ciò che è emerso dalle intercettazioni Con il pasticcio, e con l’inchiesta giudiziaria, del petrolio in Lucania e le dimissioni del ministro Federica Guidi, evidentemente a qualcuno sono venuti dei «dubbi». Ed è chiaro che la vicenda travalica la magagna scoperta dalle intercettazioni. Con la difesa a oltranza di quanto è stato deciso, Renzi accredita una scelta utile al Paese, sbloccando lavori fermi da anni. «Se questo è un reato, ho commesso un reato», ha detto lunedì al Pd con un’iperbole mentre i magistrati di Potenza finivano di interrogare come «persona informata dei fatti» il ministro Maria Elena Boschi. Sindrome da accerchiamento? La sfida parallela agli inquirenti, che invita ad arrivare presto alle sentenze, e agli oppositori sottolinea un’irritazione e, secondo i critici, una sindrome da accerchiamento. La minaccia di trascinare in tribunale chi accusa il Pd di essere pagato dai petrolieri segnala un’esasperazione. Mostra un partito che si sente messo ingiustamente nell’angolo. L’operazione è rischiosa, non tanto per le mozioni di sfiducia del M5S e del centrodestra, o per la fronda incattivita della minoranza del Pd. Il tema sono le Amministrative di giugno e il referendum istituzionale in autunno. Se viene omologato, la sua stagione «rivoluzionaria» è chiusa Quello di metà aprile sulle trivellazioni, per quanto forse rianimato dal caso Guidi, continua a essere liquidato da Renzi ribadendo la giustezza dell’astensione. Le bordate delle opposizioni contro Palazzo Chigi e la Boschi, strumentali ma certo logoranti, puntano a indebolire l’esecutivo in vista delle prime due scadenze. Martellano sull’aumento delle tasse che, dicono citando l’Istat, dipende anche dai contributi alle quattro banche locali «salvate», già causa di tensioni. Per questo Renzi avverte: non siamo come gli altri. Se viene omologato, la sua stagione «rivoluzionaria» è chiusa. Sarebbe un dramma per l’Italia e la sua credibilità internazionale Sarebbe un dramma per l’Italia e la sua credibilità internazionale. L’immagine del Paese è già sgualcita dalla vicenda della Basilicata: nelle cancellerie europee e tra gli investitori ci si chiede dove approderà. Finché i «dubbi» a cui ha accennato Renzi riguardano pezzi della sinistra o dell’elettorato, rimangono una questione interna. Se però sfiorano quanti all’estero hanno scommesso sulla cesura col passato, sarebbe un guaio. L’ombra dell’affarismo oscurerebbe il confine tra vecchia e nuova classe dirigente. E restituirebbe l’idea nefasta di un’Italia incapace di rinnovarsi. 4 aprile 2016 (modifica il 5 aprile 2016 | 08:04) © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/16_aprile_05/per-premier-renzi-incognita-reazioni-europee-pd-caso-guidi-f7a48e1c-fa9f-11e5-9ffb-8df96003b436.shtml Titolo: MATTEO RENZI Renzi: "Referendum trivelle dimostra che la demagogia non paga" Inserito da: Arlecchino - Aprile 18, 2016, 12:16:03 pm Renzi: "Referendum trivelle dimostra che la demagogia non paga"
Il premier: "Hanno vinto i lavoratori delle piattaforme". Poi l'affondo: "Trecento milioni buttati, potevamo comprare 350 carrozze per il trasporto pendolare". Emiliano: "Manca di rispetto". I 5 Stelle: "I 15 milioni ai seggi sono degli eroi" Di GIOVANNI GAGLIARDI 17 aprile 2016 Come aveva promesso il premier Matteo Renzi ha aspettato la chiusura delle urne, e il responso del quorum, per dire la sua sul referendum. Il presidente del Consiglio si è presentato davanti alle telecamere dal suo studio di Palazzo Chigi alle 23.18. "Il governo non si annoverano nella categoria dei vincitori ma crede che i vincitori siano gli operai e gli ingegneri che domani torneranno alle loro piattaforme sapendo di aver conservato il posto di lavoro. E' per loro che ho invitato all'astensione. Levo il calice con quelle oltre diecimila persone che hanno conservato il posto di lavoro". Nel suo messaggio Renzi ha voluto chiarire che "gli sconfitti non sono i cittadini che sono andati a votare: chi vota non perde mai. Massimo rispetto per chi va a votare. Ma gli sconfitti sono quei pochi, pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di Regione che ha voluto cavalcare un referendum per esigenze personali politiche". Come avevano anticipato i suoi fedelissimi Renzi ha ribadito le ragioni per cui ha indicato la linea dell'astensione, ha spiegato che occorrerà trarre le conseguenze dal mancato raggiungimento del quorum e ha approfittato per togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe. "I grandi esperti hanno teorizzato spallate, hanno ipotizzato crolli. Una parte della classe dirigente di questo Paese si dimostra autoreferenziale. Vivono su Twitter, su Facebook". Referendum trivelle, Renzi: ''Basta con le polemiche'' Renzi ha tuonato contro il fronte del Sì, contro quel blocco, dalla minoranza dem a FI (perlomeno una parte), da Sel a Movimento 5 stelle che hanno cercato di strumentalizzare l'appuntamento di oggi per dare una spallata al governo. Il messaggio di questo referendum è che "non paga essere demagogici - ha affondato il premier - "E' stato inutile buttare via 300 milioni di euro per questo referendum, quando la prima cosa che viene chiesta alle Regioni è di abbattere le code per la sanità. Con quella cifra avremmo potuto acquistare 350 nuove carrozze per il trasporto pendolare". "Il dibattito sull'ambiente non può essere lasciato a chi va nei talk show e poi non combatte per la raccolta differenziata", ha detto il presidente del Consiglio, che ha poi criticato le regioni che difendono il mare solo da qualche piattaforma e si sono disinteressate invece di costruire dei depuratori. "Come si fa a parlare di mare quando troppe Regioni non utilizzano i fondi europei per pulire le nostre acque?", si è chiesto il premier. "Ho scelto di non votare - ha spiegato Renzi - perché questo era lo strumento più semplice messo a disposizione della Costituzione". Il premier tuttavia ha detto di essere rimasto colpito dalla e-mail di un ragazzo che ha appena compiuto 18 anni che gli chiedeva un suggerimento su che fare, se votare o meno. "Alla fine non sono riuscito a dare un suggerimento a quel ragazzo", ha rivelato. Poi ha lanciato un appello: "Basta polemiche fino al 2018", ha detto Renzi invitando tutti a mettere da parte le contese e "la vecchia politica: mettiamo fine alle polemiche, c'è molto da fare in questo Paese. L'Italia - ha affermato il premier - è uno scrigno, torni ad essere punto di riferimento". "Ripartiamo tutti insieme, sapendo che nei prossimi anni c'è molto da fare - ha esortato ancora il premier, rivolgendosi a chi ha votato sì e a chi ha votato no - Alle elezioni politiche ciascuno potrà votare per chi crede, ma fino ad allora rimbocchiamoci le maniche, l'Italia torni a fare l'Italia senza utilizzare tutte le occasioni per alimentare la vecchia tiritera delle divisioni ideologiche e politiche". Referendum Trivelle, Renzi: "Ha perso chi ha voluto conta interna" L'obiettivo è "fare dell'Italia il paese più verde d'Europa - ha affermato il premier - ma per farlo non possiamo sprecare le energie che abbiamo. il passaggio verso le energie rinnovabili si può fare ma ci vuole tempo". Insomma, come spiegavano i renziani ad urne ancora aperte, è stato respinto l'assalto, così come i fedelissimi del premier auspicano che verrà respinto alla consultazione che si terrà ad ottobre sul ddl Boschi. Ma chi ha sposato la causa del Sì vuole respingere ogni lettura politica. Respingendo anche il "ciaone" del dem Ernesto Carbone. Le reazioni. "Grazie agli oltre 15 milioni di cittadini che hanno detto Sì alla democrazia ed un futuro con mari puliti, energie rinnovabili, efficienza energetica e turismo sostenibile! Sono tantissimi e hanno combattuto una battaglia da eroi della democrazia", si legge sul blog di Beppe Grillo. Dura la replica del governatore della Puglia, Michele Emiliano, capofila del Sì: "Il presidente del Consiglio non se la può cavare parlando di ragioni personali. Io ho fatto mestieri anche di una certa complessità e non ho mai agito per ragioni personali, ma solo per ragioni istituzionali", ha detto replicando alle parole di Renzi. "Io non consento a nessuno, neanche a lui - ha aggiunto Emiliano - di trasformare una battaglia di civiltà come quella che abbiamo condotto, in una vicenda ipocrita. E' inaccettabile. Renzi non è mai venuto a sostenermi neppure in campagna elettorale. Evidentemente aveva un lungo progetto su di me". Referendum trivelle, Emiliano: ''Mai agito per ragioni personali, Renzi non faccia finta'' Emiliano ha promesso che il movimento continuerà a battersi contro le trivelle e ha sottolineato che il voto è stato comunque "un successo" con 14 milioni di votanti. Sono "gli stessi voti che il Pd ha preso nel suo più grande risultato elettorale, che sono le europee di due anni fa", ha osservato, "il governo dovrà tenerne conto". © Riproduzione riservata 17 aprile 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/04/17/news/renzi_referendum-137857476/?ref=nrct-3 Titolo: MATTEO RENZI lancia la battaglia d’autunno: ecco gli avversari già nel mirino Inserito da: Arlecchino - Aprile 21, 2016, 05:38:00 pm Renzi
Governo Il premier archivia la vittoria di ieri e già anticipa il quadro politico e i temi per il referendum costituzionale Renzi non aveva alcuna intenzione, né interesse a trasformare il voto di ieri in un referendum su di sé e il suo governo, anziché semplicemente sulle concessioni per le piattaforme off shore. D’altra parte, la sua intenzione iniziale era di tenere un profilo basso anche per le amministrative di giugno, che sono andate anch’esse invece – più prevedibilmente – caricandosi di significato politico. Chi ha voluto politicizzare il quesito ha fornito il gancio per lanciare con largo anticipo la lunga campagna elettorale che lo porterà all’appuntamento con il referendum costituzionale di ottobre. Già le parole pronunciate ieri sera a urne appena chiuse hanno dato un anticipo di quali saranno i temi e, soprattutto, gli avversari già individuati dal premier, in quella che proverà a dipingere come una battaglia tra l’Italia che guarda avanti e quella che si lascia bloccare da “battaglie ideologiche e politiche”. La prevista “esibizione di politici di vecchio stile che dichiarano di aver vinto anche quando perdono” è già iniziata in queste ore. Altri, come il M5S, hanno preferito mantenere un profilo più basso: spariti su questo tema dai social, si sono limitati a un post sul blog di Grillo, nel quale lo staff del comico ‘la butta in politica’, provando a parlare d’altro. Renzi nel suo intervento ha provato a minimizzare. Ha precisato che “gli sconfitti non sono i cittadini che sono andati a votare”, bensì “pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di regione”, con chiaro riferimento a Emiliano. Ha spiegato che il referendum è stato strumentalizzato per “esigenze di conta interna da parte di qualcuno”. Il fatto che le regioni siano il primo punto d’attacco del premier non è solo perché proprio nove di loro hanno promosso il quesito bocciato ieri. Ma perché proprio da lì potrà venire una buona parte dell’opposizione al referendum di ottobre, che torna a modificare il Titolo V della Costituzione, riportando allo Stato una serie di competenze decentralizzate nel 2001. Non a caso, ieri sera Renzi si è soffermato proprio su alcune questioni (la realizzazione dei depuratori, l’utilizzo dei fondi europei, il turismo, la sanità, i trasporti, lo spreco di fondi pubblici) sulle quali il governo – attraverso la riforma Boschi, ma anche con altri provvedimenti – sta progressivamente intervenendo per accentrare i poteri o sostituirsi alle regioni inadempienti. Scorrendo la lista dei presidenti di regione, comunque, non saranno molti quelli che si opporranno esplicitamente al referendum di ottobre, sia perché sono rimasti ormai pochi i governatori di centrodestra, sia perché anche quelli della minoranza dem e quelli che ieri sono andati alle urne si sono già in gran parte schierati a favore della riforma e sarà complicato per loro cambiare idea, anche nel caso in cui i loro referenti nazionali dovessero decidere diversamente. Ma il tema di un governo “autoritario” che esautora dalle loro competenze i territori sarà certamente utilizzato – e già in parte lo è – dalla propaganda per il No. Renzi bolla questa “classe dirigente” come “totalmente autoreferenziale”. Mentre dall’altra parte “c’è un Paese che chiede concretezza, solidità”. È a questo che si rivolge, ponendosi l’obiettivo di abbattere almeno per il passaggio di ottobre gli steccati partitici. “Tutti gli italiani hanno il diritto di essere portati alle prossime elezioni del 2018 senza le consuete scaramucce dei politici – ha detto ieri – ma di essere messi nelle condizioni di operare una scommessa perché questo Paese vinca le difficoltà”. È il preludio del Partito della Nazione? “Quando ci saranno le elezioni politiche, ciascuno voterà per chi crede”, specifica Renzi. Il suo porsi al di là e al di sopra delle divisioni, anche quando le alimenta, è finalizzato esclusivamente a creare una separazione netta tra il ‘fare’ e il ‘protestare’, tra una democrazia ‘della concretezza’ e uno sterile populismo. In pratica, tra il suo governo e il M5S. Scontrarsi con la sinistra (interna ed esterna al Pd) o con un centrodestra ancora debole e frammentato non è tra le sue priorità, semplicemente perché non verranno da lì gli avversari più temibili, almeno per quest’anno. Se poi se li ritroverà contro nel 2018 (o 2017, il dubbio rimane), dopo aver inferto un colpo pesante all’antipolitica, per Renzi e per il Pd quello sarà lo scenario migliore, anche senza vagheggiare improbabili agglomerati centristi. Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-lancia-la-battaglia-dautunno-ecco-gli-avversari-gia-nel-mirino/ Titolo: MATTEO RENZI “Pd in modalità banchetto permanente. E se va bene, anticipiamo ... Inserito da: Arlecchino - Maggio 09, 2016, 06:10:44 pm Referendum, Renzi: “Pd in modalità banchetto permanente. E se va bene, anticipiamo congresso”
Il presidente del Consiglio ha convocato i suoi per presentare l'agenda dei prossimi mesi in vista delle amministrative e della consultazione confermativa per le riforme costituzionali. Obiettivo ricompattare il partito che sta affrontando, per sua stessa ammissione, la questione morale. Ha poi attaccato i 5 stelle: "Noi fatica della democrazia, loro la comodità della dinastia". E sul caso Nogarin: "Noi siamo genuinamente garantisti, non vogliamo le sue dimissioni" Di F. Q. | 9 maggio 2016 “Il Pd deve essere in modalità banchetto permanente o ‘banchino’ come diciamo in Toscana. E se va bene il referendum, anticipiamo il congresso di qualche mese”. E’ questo il piano di Matteo Renzi per serrare i ranghi del partito in vista delle elezioni amministrative e soprattutto della consultazione confermativa sulle riforme costituzionali di ottobre prossimo a cui ha legato la stessa sopravvivenza del governo. Il segretario dem è intervenuto in direzione Pd proprio mentre il partito, per sua stessa ammissione, affronta la “questione morale” e deve fare i conti con l’arresto del sindaco dem di Lodi Uggetti per turbativa d’asta e l’indagine a carico del consigliere regionale campano Graziano per concorso esterno in associazione camorristica. Renzi ha provato così a dettare una nuova agenda per mobilitare i suoi: “Dal 20 maggio al 15 luglio avremo molte polemiche e questioni aperte. Un minuto dopo il referendum se andrà bene come io credo, si deve continuare il percorso delle riforme. Il 2017 avrà eventi internazionali ma contemporaneamente io anticiperei di qualche mese il congresso“. Il rinnovo della segreteria Pd invece è slittato a subito dopo le elezioni amministrative. Renzi ha dato il via alla direzione Pd lanciando una provocazione ai 5 Stelle: “Ci auguriamo che anche altri trovino lo spazio per sostituire la fatica della democrazia alla comodità della dinastia, come accaduto nel principale partito dell’opposizione”. Il riferimento è al ruolo del figlio di Casaleggio che, dopo la morte del padre e cofondatore del Movimento, ha reso più evidente il suo ruolo di referente per parlamentari e attivisti. Poi sul tema giustizia Renzi ha attaccato sia il fronte dei grillini che quello del Carroccio: “C’è un doppio-pesismo incredibile“, ha detto, “e non mi riferisco solo alla Toscana a 5 Stelle o alla Lombardia in camicia verde, chi è garantista con i suoi e giustizialista con gli altri è insopportabile. Noi siamo genuinamente garantisti, non chiediamo dimissioni Nogarin, lui farà le sue valutazioni con il suo consiglio comunale”. Il riferimento è all’indagine a carico del primo cittadino sulla vicenda della gestione rifiuti. Renzi è tornato quindi a rivolgersi alle toghe pur ribadendo di non volersi esprimere nel merito: “Chiedo ai magistrati di Potenza di andare a sentenza. Perché è un dovere civile di questo Paese sapere se ci sono persone che inquinano oppure no. Noi rispettiamo le sentenze e non le commentiamo. Io le sentenze non le commento, le rispetto”. La direzione Pd è stata convocata in primo luogo per parlare della compattezza del partito in vista del referendum costituzionale e delle amministrative: “Non abbiamo nessun motivo per continuare una sfibrante discussione interna”, ha detto Renzi, “quando altri nostri compagni sono impegnati in prima fila della campagna delle amministrative. Non chiedo una moratoria delle polemiche. Ma si deve fare uno sforzo per non vergognarsi di ciò che abbiamo fatto in questi anni e di ciò che dobbiamo fare sul territorio. Non voglio sottacere i tanti problemi sul territorio: sono meno di quelli che i media raccontano, più di quelli che dovrebbero esserci”. Renzi ha chiesto ai suoi “una mobilitazione permanente” in vista dei prossimi impegni del partito. “Dal 20 maggio al 15 luglio lanciamo una mobilitazione permanente: quel giorno dovremo presentare le firme per il referendum costituzionale. Sono già presentate da deputati e senatori, formalmente il referendum è già in pista. Ma credo che sia giusto che il Pd faccia quello che stanno facendo anche gli altri: andare piazza per piazza a chiedere comunque ai cittadini di mettere la firma sulla richiesta del referendum e diffondere il più possibile comitati dal basso“. Il presidente del Consiglio ha anche parlato del problema migranti e della gestione dell’emergenza da parte dell’Unione europea. “L’Europa continua a inseguire la strada della paura”, ha commentato. “Il Brennero è l’esempio più concreto, ahimè non l’unico. Quando hai scommesso su un’Europa che non abbia confini interni ma a fronte di questo non hai il coraggio di essere conseguente appena emerge un piccolo segnale di difficoltà o disagio, ti mostri poco credibile agli occhi della tua gente. Se crei fantasmi o credi ai fantasmi creati da altri, chi è più bravo ad alimentare paure e generare mostri, vince sempre”. Cuperlo: “La moratoria sulle polemiche deve valere per tutti” L’esponente della minoranza del partito Gianni Cuperlo ha accolto il tentativo di pacificazione del segretario dem Renzi, ma al tempo stesso ha detto che “una moratoria delle polemiche deve valere per tutti”: “Ho aspettato la smentita delle parole di quella ministra che ha messo sullo stesso piano di Casa Pound chi voterà ‘no’ al referendum sulla riforma costituzionale, tra cui ci sono anche membri dell’Anpi e costituzionalisti. Cosa vuol dire che chi nel Pd voterà no al referendum costituzionale è sullo stesso piano di casa Pound?”. Il riferimento è alle parole del ministro per le Riforme Maria Elena Boschi – presente in direzione – che nei giorni scorsi avrebbe detto: “Sappiamo che parte della sinistra non voterà le riforme costituzionali e si porranno sullo stesso piano di Casa Pound e noi con Casa Pound non votiamo”. Cuperlo ha poi detto di essere d’accordo con la necessità che il partito si compatti in vista del voto: “Condivido la necessità di portare avanti con orgoglio le nostre amministrative. L’ultima volta invocai una moratoria sulle questioni che ci vedono in posizioni distinte al nostro interno. Mi pare la decisione più saggia, se pensiamo che la cosa più importante ora sia concentrare i consensi attorno al Pd. Condivido le parole del segretario e le considero una bussola da seguire”. Cuperlo ha parlato anche delle ombre che deve affrontare il partito: “Nessuno ha una benda sugli occhi e quindi vediamo anche le ombre davanti a noi, dall’ingresso formale di Verdini nella maggioranza, così descritto da un autorevole viceministro, a una questione morale di lunga memoria e lunga data. Una questione su cui Renzi ha speso parole molto serie. Vedo tutto questo, così come una ripresa che stenta, qui come in Europa”. Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/09/referendum-renzi-pd-modalita-banchetto-permanente-e-se-va-bene-anticipiamo-congresso/2710004/ Titolo: ALBERTO CUSTODERO. Renzi: "Il giustizialismo fu un errore della sinistra" Inserito da: Arlecchino - Maggio 13, 2016, 05:40:00 pm Renzi: "Il giustizialismo fu un errore della sinistra"
Il premier a 'Porta a porta': "Avviso di garanzia per Pizzarotti e Nogarin non è una condanna". Contesta l'eccesso di attenzione sui truffati dalle 4 banche salvate. "C'era chi prendeva il 7% di interessi". "Disponibile" a porre la fiducia sulla prescrizione. Poi, sui magistrati, dice: "Giudici liberi di dire tutto" Di ALBERTO CUSTODERO 12 maggio 2016 ROMA - Matteo Renzi a 'Porta a porta' fa autocritica sull'uso che il centrosinistra in passato ha fatto del cosiddetto giustizialismo. "L'avviso di garanzia - ha dichiarato il premier - per me non rileva ai fini della valutazione se rimanere o no al proprio posto: rivendico con grande tranquillità che il mio governo per primo lo ha teorizzato in Parlamento. Per anni c'è stata la strumentalizzazione dell'avviso di garanzia anche da parte del centrosinistra che secondo me ha sbagliato". "Oggi - ha aggiunto - ha preso un avviso di garanzia il sindaco di Parma. Non parlo di Pizzarotti o Nogarin per strumentalizzare, ma per dire che un avviso di garanzia non è una sentenza di condanna". Il presidente del Consiglio, da Bruno Vespa, ha toccato tutti i più delicati argomenti dell'attualità, anche i più spinosi, dallo scandalo delle banche salvate, al conflitto tra politica e magistratura. Dalla prescrizione ("Non escludo la possibilità di porre la fiducia sul lodo Falanga. Sono disponibile a farlo"). Al rientro dei capitali dall'estero. "La voluntary disclosure 2 - ha detto - è un’ipotesi molto concreta". Anche grazie al rientro dei capitali esportati illegalmente all'estero, ha spiegato, "lo scorso anno abbiamo battuto il record di recupero dell'evasione fiscale". "Giudici liberi di dire tutto". "I giudici possono dire la loro su tutto, non ho problemi su questo". È, questa, la posizione di Renzi a proposito del dibattito sull'opportunità dei magistrati di impegnarsi nella campagna referendaria sulla riforma costituzionale. "Votino quel che vogliono - ha aggiunto - decidano come organizzarsi. È legittimo che il presidente del Consiglio non apra bocca su come si organizzano i giudici". "Riforma Csm non è una priorità". Sempre sul rapporto politica-magistratura, il premier ha precisato: "La riforma del Csm non la considero una priorità in questo momento. La priorità è che si facciano questi benedetti processi. Altrimenti non pagano i ladri. Siccome non abbiamo niente da nascondere e siamo persone oneste, possiamo guardare negli occhi i magistrati e dire, 'prego, andate avanti'...". La risposta a Davigo sui politici ladri. Tornando sulle polemiche sollevate dalle dichiarazioni del neo presidente del Csm, Piercamillo Davigo, che s'era scagliato contro la corruzione diffusa tra la classe politica, Matteo Renzi ha tagliato corto. "Se mi dicono che tutti i politici sono ladri, dico che non è vero. Così come non dico che i magistrati sono tutti ladri perchè uno è stato indagato". "I truffati prendevano il 7%". Renzi ha contestato l'eccesso di attenzione sui "buggerati veri o presunti" delle "quattro banchette" salvate dal decreto del governo ("Saremo pronti per i rimborsi entro il 30 giugno", ha annunciato). "Questa storia dei truffati... - s'è sfogato il premier - c'è gente che prendeva il sette per cento quando chi porta i soldi in banca prende l'uno". Il presidente del Consiglio ha sottolineato poi che il dibattito su questo punto "copre una grande responsabilità della classe dirigente del Paese". I politici italiani, ha continuato, "hanno lasciato le banche come stavano. Hanno nascosto la polvere sotto il tappeto: d'accordo con pezzi del territorio e anche con alcune testate editoriali, c'era un comune interesse a tacere". Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/05/12/news/renzi_la_sinistra_strumentalizzava_gli_avvisi_di_garanzia_fu_un_errore_-139670848/?ref=HREC1-8 Titolo: Matteo Renzi e Ferruccio De Bortoli, duello a Porta a Porta. Inserito da: Arlecchino - Maggio 13, 2016, 05:42:02 pm Matteo Renzi e Ferruccio De Bortoli, duello a Porta a Porta.
Battute e veleni, ma è sulle banche che il premier punge Pubblicato: 12/05/2016 14:26 CEST Aggiornato: 1 ora fa "Oggi si parla delle quattro banche perché c'è stata una certa vicenda politica... Ma dov'era il sistema paese sulle banche? Perché non diceva?". Matteo Renzi esce dagli studi di Porta a porta e davanti a un gruppo di cronisti ritorna su quello che per lui è punto di orgoglio della puntata appena registrata con Bruno Vespa e Ferruccio De Bortoli. "Sulle banche gliele ho dette...", sottolinea riferendosi a De Bortoli, uno dei direttori più critici col premier. In effetti la scelta, evidentemente premeditata, di approfittare della presenza dell'ex direttore del Corriere della Sera per attaccare il cosiddetto 'salotto buono italiano' è la punta più alta di questo confronto tv che per il premier apre la lunga cavalcata fatta di piazze, media e social verso il referendum di ottobre. Tanto fair play e battute. Ma l'intento del premier è prendersi tutte le rivincite possibili sugli editoriali di De Bortoli. "Sono stupito che li legga", lo interrompe lui. "Io sono un lettore - risponde Renzi - il fatto che lei non sia elettore non fa di me un non lettore...". Ma gli interessa dire che "sulle banche il gruppo dirigente di questo paese ha parlato poco e fanno credere che il problema sia delle quatto banchette", cioè di Banca Etruria, Carichieti, Banca Marche e Cariferrara, salvate dal decreto del governo tra polemiche ancora irrisolte. L'attacco: "Perché lei quando è stato direttore del Corriere o del Sole non ha mai scritto della Banca popolare di Vincenza?" De Bortoli: "Su Lodi lo abbiamo fatto...". Ma Renzi va avanti: "Potrei dire di dinamiche tra alcune banche pugliesi e toscane... Insomma ci sono stati meccanismi in cui il sistema classe dirigente di questo paese non ha messo bocca. Noi non guardiamo in faccia a nessuno: abbiamo modificato le banche del credito cooperativo, riorganizzato il sistema del credito... Ma il punto che mi fa specie è che c'era un meccanismo per cui i politici erano d'accordo con esponenti del territorio e alcuni gruppi editoriali, perché il sistema del credito e molto presente nei sistemi editoriali: legittimo ma c'era un comune interesse a tacere. Se si fosse dedicato tempo a ragionare di come un'intera classe dirigente di destra e sinistra ha vissuto in complicità con le banche locali, gli opinionisti avrebbero potuto aiutare i politici a fare meglio il loro mestiere...". È il messaggio che il premier voleva dare per mettere a posto quei poteri che ora fanno le pulci al governo, guardando anche al referendum di ottobre. "Lei è il primo a personalizzarlo. Lei dice 'apres moi le deluge'", affonda De Bortoli citando il re di Francia Luigi XV. "Figuriamoci: l'ultima volta lei mi ha dato del caudillo, se già andiamo su un imperatore francese...", gli ribatte il premier. "Se però perdo, mi dimetto il giorno dopo. Sulle elezioni decide il presidente della repubblica". "Si ricandida?", chiede Vespa. "No, certo che smetto". Sui giudici la parola d'ordine è "non ci casco". Si sbilancia solo a dire che "mi fido dei giudici. Possono dire la loro su tutto, non solo sulla riforma costituzionale, non ho problemi. Credo che il punto chiave del rapporto tra giudici e politica sia superare un limite del passato: cioè considerare avviso di garanzia come una sentenza. Non è così". E sull'allungamento dei tempi della prescrizione non esclude la "fiducia". E invece l'altro punto di frizione è sulla nomina di Marco Carrai a responsabile big data nello staff del premier a Palazzo Chigi. Renzi non l'ha affatto messa da a parte. Stasera la rilancia. E smentisce le voci secondo cui la Casa Bianca non vedrebbe di buon occhio la scelta in quanto Carrai è legato a interessi e poteri israeliani che con hanno rapporti tesi con la presidenza Obama. "Se Obama pensasse al mio staff, bisognerebbe farlo vedere da uno bravo...". Ma comunque la nomina ci sarà a breve, "spero", aggiunge il presidente del consiglio parlando coi cronisti nel cortile della Rai dopo la registrazione della puntata. "Non appena sbrighiamo la questione sui suoi incarichi attuali: dovrà lasciarli per venire con me". Anche qui De Bortoli prova ad affondare: "Gli amici di infanzia a Palazzo Chigi...". "È riduttivo considerare un amico di infanzia uno che ha creato una roba sui big data per cui guadagna una milionata di euro l'anno, che non guadagnerà più se viene a lavorare con me. Potrei citarle Descalzi, Starace, De Vincenti: persone che ho conosciuto poco prima di sceglierle...". Secco. Fine del match. Sull'immigrazione De Bortoli gli riconosce il merito di "aver agito meglio di altri paesi". Sulle tasse "continueranno a scendere ma non mi sbilancio sul come perché non ho i numeri chiari", dice Renzi. Il rientro dei capitali con una "voluntary disclosure 2 è un'ipotesi molto concreta", aggiunge. E sui meccanismi di flessibilità per chi vuole andare in pensione prima "stiamo studiando il cosiddetto 'Ape', anche se detto a Vespa può sembrare una battuta". Risate in studio. Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/05/12/renzi-de-bortoli_n_9927128.html Titolo: MATTEO RENZI Enews 426 - martedì 10 maggio 2016 Inserito da: Arlecchino - Maggio 13, 2016, 06:18:11 pm Enews 426 - martedì 10 maggio 2016
Matteo Renzi Martedì 10 maggio 2016 1. Bellezza contro gli insulti E dire che non fa nemmeno troppo caldo. Ma a leggere alcune dichiarazioni politiche sembra proprio che a qualcuno sia scappata la frizione. Il Sindaco di Napoli mi insulta e minaccia con volgarità indegne di un uomo pubblico. I Cinque Stelle equiparano il PD alla mafia, cercando in tutti i modi di oscurare il proprio atteggiamento incoerente sulla vicenda del sindaco di Livorno. Berlusconi dice che con queste riforme saremo al regime, ignorando che le ha votate anche lui fino al momento dell'elezione di Mattarella. Salvini accusa il Colle e Palazzo Chigi di avere le mani sporche di sangue per gli immigrati. Davanti a tutto questo scintillare di insulti e accuse, qual è la parola che usiamo per rispondere? Una sola. La parola è bellezza. Vi domanderete adesso: Matteo, tutto bene? Sei sicuro che il “nemmeno troppo caldo” non faccia danno anche a te? Sto benissimo, tranquilli. È che sono proprio convinto: davanti alla guerriglia senza frontiere, davanti alla follia delle minacce, l'unica soluzione è non inseguirli. Lasciarli divertire con la battaglia nel fango, se vogliono. E continuare a parlare di cose vere, serie, grandi. L'Italia sta molto investendo sulla cultura, finalmente. Pompei, Brera, Uffizi, Caserta, Tremiti, Roma, Porto di Trieste, Torino, Capodimonte, San Luca a Bologna, Ventotene. Potrei continuare a lungo. Finalmente abbiamo cambiato registro: altro che “con la cultura non si mangia”. É uno dei segnali di novità più netti degli ultimi anni. Lo facciamo innanzitutto perché gli italiani tornino a essere orgogliosi della propria storia. E di conseguenza a voler bene al proprio futuro. Ma pensiamo anche che non siano sufficienti i grandi musei o i grandi progetti. Chi come me è cresciuto in un piccolo paese sa che ci sono migliaia di luoghi che hanno una storia identitaria per la comunità. Un cinema da riaprire, un teatro da ristrutturare, una chiesetta di campagna da salvare, un sotterraneo da riscoprire. Penso alla mia Rignano e penso alla chiesa di San Leolino che un gruppo di volontari riuscì a rimettere a posto, con l'aiuto della Diocesi. O al cinema Bruschi che invece restò chiuso nonostante i tentativi di rianimarlo. Ma da Sindaco di Firenze ho visto decine di questi luoghi in tutti i quartieri, in tutti gli spicchi di città. Portare i giovani a interessarsi, gli anziani a vivere ancora in modo attivo, le istituzioni a dialogare e fare un progetto con una cooperativa sociale o con un'associazione, con un'impresa artigianale o con la pro loco o il centro anziani significa costruire comunità, richiamare identità. Significa bellezza, insomma. Intervenendo da Fazio ho annunciato che dedicheremo 150 milioni di euro (già pronti) a progetti dal basso che arrivano dai cittadini. E ho invitato tutti coloro che hanno suggerimenti o proposte a scrivere all'indirizzo bellezza@governo.it Una commissione valuterà i progetti migliori e firmerò prima delle vacanze estive il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per assegnare le risorse. È un piccolo segnale, certo. Come è piccolo il messaggio del Bonus Stradivari, una misura che abbiamo pensato sulla base di un'idea dell'onorevole Vignali: un contributo di mille euro per gli studenti dei conservatori che acquistano uno strumento musicale. 15 milioni di stanziamento, dei quali 3,5 già usati in quindici giorni. Perché la musica è cambiata davvero, in tutti i sensi... A quelli che urlano, che insultano, che offendono, la nostra risposta è solo una: progetti concreti, idee semplici, coinvolgimento di cittadini. C'è un'Italia che insulta gli altri, che usa riferimenti alla mafia, che minaccia. E c'è un'Italia che invece dice sì. E ci prova. E giorno dopo giorno si carica la fatica e la gioia di restituire speranza e credibilità al Paese più bello del mondo. 2. Italia che dice sì A proposito dell'Italia che dice sì. Grazie a tutti quelli tra voi che si sono già offerti di formare un comitato. Il sito attraverso cui lanciare ufficialmente i comitati sarà attivato sabato 21 maggio, insieme alla partenza dei tavolini nelle città per raccogliere le firme (obiettivo: mezzo milione di firme, diecimila comitati, autofinanziamento). Intanto stiamo raccogliendo adesioni davvero interessanti. Scrivetemi anche direttamente su matteo@governo.it: basta un sì, e ridurremo il numero dei politici, taglieremo i poteri delle regioni e gli stipendi dei consiglieri regionali, eviteremo il ping-pong parlamentare e la doppia fiducia di Camera e Senato. Basta un sì e rottameremo enti inutili come il CNEL e l'abuso della decretazione d'urgenza grazie alla previsione del voto a data certa in Parlamento. Basta un sì e l'Italia sarà più semplice, come abbiamo sempre detto tutti e come non era mai stato fatto. Adesso la palla è nelle mani dei cittadini, sarete voi a decidere. E dunque noi vogliamo la massima informazione, capillare. A chi ha qualche minuto libero suggerisco di leggere alcuni articoli più pesanti di costituzionalisti o professori che entrano nel merito della riforma: il prof. Cassese sul Corriere della Sera il prof. Fusaro sull’Unità e gli errori di chi dice sempre no il prof. Bin sulla lettera dei professori del No il prof. Ceccanti Da questa partita dipende come ha spiegato bene il presidente emerito Napolitano (qui intervista) il futuro del nostro Paese. Nessuno si senta escluso: abbiamo bisogno di tutti e di ciascuno. Saranno cinque mesi di dialogo intenso con i cittadini. E alla fine vedremo chi sta con il popolo e chi nuota solo nell'acquario della politica politicante, fatta di talk, tv e autoreferenzialità. La sovranità appartiene al Popolo. Il referendum ci dirà se la gente vuole cambiare davvero o si accontenta del solito sistema istituzionale bloccato di questi anni. Io sono in campo, ma la differenza potete farla solo voi: matteo@governo.it 3. Coraggio, Europa Ho detto la mia sull'Europa in questo intervento a Roma, con Juncker, Schulz e Tusk coordinati dal prof. Weiler e in modo più organico e compiuto a Firenze, allo Stato dell'Unione. Ma – è bene dirlo senza troppi giri di parole – se non avete troppo tempo libero vi suggerisco di ascoltare altri due discorsi sull'Europa: quello di Obama e quello del Papa. Ciò che sta avvenendo in Austria dovrebbe farci riflettere. Se la politica cede alla paura, chi fabbrica mostri diventa invincibile. E per essere vincente, fabbrica sempre più mostri. Finisce che i cittadini inseguono i fantasmi delle proprie paure. E chiudono la porta alla speranza, al coraggio, al futuro. Si illudono di chiudere i pericoli fuori dalle porte, ignorando che chi costruisce un muro pensa di farlo per sentirsi al sicuro ma si sta soltanto imprigionando. Coraggio, Europa. Sei nata inseguendo un ideale, non alimentando una minaccia. Noi, italiani, faremo di tutto perché l'Europa torni se stessa. Pensierino della sera Campo sportivo di Cerbaia, comune di San Casciano, domenica mattina. Uno dei miei figli gioca nel torneino di fine stagione: in campo Lanciotto, Fucecchio, Lastrigiana, Affrico. Insieme a qualche decina di genitori assonnati parliamo del più e del meno. Immancabili i selfie, normale qualche borbottio a bassa voce, coloriti i commenti come sempre nelle tribune fiorentine. Poi a un certo punto mi si avvicina una signora, di quasi 90 anni. È residente in questa piccola frazione nel cuore della provincia di Firenze ma è marchigiana. Viene da una storia difficile, ha avuto un grave lutto. Mi parla della figlia che ha perso. Mi parla della pensione minima con cui fatica a tirare avanti. Giustamente mi sollecita a intervenire per situazioni analoghe alla sua. Poi però mi dice: ma io ho sentito in Paese che lei era qui e sono venuta solo per abbracciarla. Perché io voglio tanto bene all'Italia. Non molli, eh! Ho resistito alla commozione, da professionista perché non era facile. Ma pensare che ci sono donne come questa signora che vanno avanti nonostante tutto e tutti ti dà una carica bestiale. Le difficoltà ci sono, certo. Ma noi vogliamo tanto bene all'Italia. E allora avanti tutta. E insieme all’Italia che dice sì. Un sorriso, Matteo Da - https://www.facebook.com/notes/matteo-renzi/enews-426-marted%C3%AC-10-maggio-2016/10154083803268911 Titolo: MATTEO RENZI: "Deluso dalla minoranza. Ogni giorno cannoneggiano il quartier... Inserito da: Arlecchino - Maggio 30, 2016, 05:54:41 pm Matteo Renzi all'Avvenire: "Deluso dalla minoranza. Ogni giorno cannoneggiano il quartier generale Pd"
L'Huffington Post | Di Avvenire Pubblicato: 29/05/2016 10:25 CEST Aggiornato: 14 minuti fa Matteo Renzi è deluso dalla minoranza interna del Partito democratico. "Sono deluso. Inutile girarci intorno" ammette in una intervista all'Avvenire dove il focus è sulla famiglia. "Avevo chiesto un minimo sforzo per le amministrative. Una tregua nella polemica. Ogni giorno invece leader anche autorevoli cannoneggiano sul quartier generale con linguaggio che non usano nemmeno le opposizioni più dure". Difficile non scorgere in controluce una dura critica a Pierluigi Bersani che nei giorni scorsi al Fatto quotidiano aveva lanciato nuove accuse proprio al presidente del Consiglio, sostenendo che "aggiusta le cose a quei 10-15 che contano nel capitalismo". "Non c'è stato un solo giorno senza che dalla minoranza interna non sia partito qualcuno all'attacco contro la segreteria. Ma rispondiamo con un sorriso. Al congresso vedremo chi ha la maggioranza". Nell'intervento al quotidiano cattolico Renzi parla anche del "Migration Compact", la proposta italiana per attutire e gestire il flusso dei profughi: "O lo fa l'Europa o dovremo farlo da soli", dice il premier. "Ma sia chiaro: ancora oggi dopo questa settimana terribile i numeri degli sbarchi del 2016 sono inferiori a quelli del 2015. Quindi buon senso e sangue freddo, questo è ciò che serve in questa fase". "Il nostro sistema di accoglienza non è al collasso. Anzi, è un modello in Europa e nel mondo. Le immagini della poliziotta che da' il biberon alla piccola Favour, la dedizione della Marina militare, della Guardia costiera, la passione dei cittadini che da Lampedusa in su si fanno in quattro per dare una mano a questi fratelli e sorelle come fa il dottor Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, mi emozionano", aggiunge Renzi. "Ma salvarli in mare senza una strategia per l'Africa non risolve il problema. Dobbiamo davvero aiutarli a casa loro, a cominciare dagli investimenti in cooperazione internazionale". Sulle unioni civili invece Renzi pensa che ormai sia "paradossale e soprattutto inutile" riaprire la discussione sulla legge appena approvata per le famiglie omogenitoriali. "Non credo che la legge sia una ferita alla famiglia. Riconosce i diritti ma non fa torto a nessuno, aggiunge diritti senza toglierli ad altri". Infine chiarisce quella frase che ha pronunciato proprio in occasione del varo della legge Cirinnà: "Ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo". "Sono stato criticato anche da chi mi è più vicino per quella frase. La fede è il valore più grande della mia vita. Ma quando agisco rappresentando un Paese, rispondo alla Costituzione non alla dottrina morale della Chiesa o alla gerarchia. Non lo dico in modo polemico, ma constato una realtà". "Sappiamo che le famiglie e il ceto medio soffrono ancora: dunque nel 2017 interverremo per loro e con loro. Quanto e come lo stiamo valutando e lo decideremo a ottobre nella legge di stabilità", dice il premier, che sul bonus bebè promesso dalla ministra Lorenzi afferma: "E' un gesto di attenzione, non una misura strutturale. Giusto farlo, ma non è la risposta. La crisi demografica non si risolve con misure fiscali. Ma le misure fiscali che comunque faremo devono mettere al centro con più decisione la famiglia. Lo abbiamo detto e lo faremo. Come abbiamo mantenuto le altre promesse, dagli 80 euro fino all'Imu". Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/05/29/renzi-avvenire-minoranza_n_10191618.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Riccardo Bonacina Renzi: Sogno un’Italia che abbia i valori che il Terzo ... Inserito da: Arlecchino - Giugno 16, 2016, 12:35:31 pm Renzi: Sogno un’Italia che abbia i valori che il Terzo settore esprime
Di Riccardo Bonacina 14 giugno 2016 Dialogo con Renzi sulla Riforma del Terzo settore e su come la nuova legge potrà contribuire al cambiamento del Paese. «Vogliamo che l’Italia assomigli al Terzo Settore, che abbia dei valori, che si svegli la mattina con positività, che non si rassegni al cinismo e alla paura, alla preoccupazione dell’altro» Venerdì 10 giugno, a Lucca, il premier Renzi è voluto tornare a confrontarsi con una affollatissima platea di volontari a cui due anni fa aveva annunciato la Riforma del Terzo settore. Qui la trascrizione integrale dell’intervista a Matteo Renzi in occasione dell’incontro organizzato dal Centro Nazionale del Volontariato e introdotto da Edo Patriarca. Io credo che l’Italia abbia un futuro se riscopre i suoi valori. Che non vuol dire rinchiudersi sulla difensiva, che non vuol dire giocare con il catenaccio, ma vuol dire avere la consapevolezza che se ci sono 4,5 milioni di volontari in Italia, questo è una ricchezza che vale di più di un punto percentuale di crescita del Pil. La prima domanda è anche un po’ personale perché riguarda la tua storia e la tua persona. Io ho scritto che questa riforma realizza almeno tre sogni del Terzo Settore italiano: il primo sogno è avere, come dice sempre Luigi Bobba, un pavimento civilistico, cioè a tutt’oggi questo mondo nel Codice civile italiano non è riconosciuto, il Codice Rocco, un codice del 1942 che non è che amasse tantissimo le formazioni sociali… Anzi fare un’associazione, una fondazione oggi è più complicato che fare un’impresa. Anche per questo delle trecentomila istituzioni non profit censite dall’Istat, duecentomila hanno scelto di essere non riconosciute. “No grazie non ne voglio sapere di forme riconosciute preferiamo la cosa più light possibile”. Allora dare un pavimento civilistico è un grande sogno, una grande battaglia, una battaglia che era in corso da più di ventina d’anni: cambiare il titolo I del libro II del Codice civile. È poi importantissima la semplificazione della legislazione, è importante un riordino fiscale: tutto questo l’abbiamo chiesto per anni. Il secondo sogno è l’impresa sociale, anche per la cooperazione sociale che oggi è la forma dell’impresa sociale: che possa avere questa sfida di fare di più, di crescere, di conquistare terreno nell’economia di questo Paese e quindi allargare il terreno dell’economia sociale. La terza grande sfida è quella del servizio civile universale. A me però ha colpito che quando sei sbarcato in Giappone per il G7 il 26 maggio ha aperto la conferenza stampa dicendo “so che a voi giornalisti la cosa non vi appassiona più di tanto però io oggi voglio dirvi che sono emozionato e commosso perché durante il viaggio hanno approvato in via definitiva la legge riforma del Terzo Settore impresa sociale e servizio civile”. Quindi anche per te in qualche modo questa Riforma che poco spazio ha sui media è la realizzazione di un sogno... Matteo Renzi: Effettivamente i giornalisti poi non erano particolarmente emozionati perché della frase “Sono emozionato e commosso dell’approvazione della legge riforma Terzo Settore” non vi è stata traccia il giorno dopo sui giornali. La vedo così, lo dico a Riccardo, lo dico ad Edo e lo dico a tutti voi. Per me l’approvazione della legge delega sul Terzo Settore non risolve i veri nodi che sono al centro, perché, lo avete spiegato molto bene, nella tua domanda e nella tua introduzione, la partita si gioca adesso, paradossalmente. È un segnale di grande impatto, di grande forza, ci permette di giocare una partita diversa ma, la partita, inizia ora. Allora perché io ho detto che sono emozionato e commosso? Per due elementi: il primo è di natura personale e il secondo è di natura politica. Permettetemi di essere molto franco dal punto di vista personale. Al netto del piacere di essere qui e rivedersi a Lucca dopo due anni e quindi poter dire missione compiuta, io tutte le volte che vado al G7 o al G20 mi faccio sempre la domanda: “Ma tu qui che ci stai a fare?”. Alla fine io sono comunque un boy scout di Rignano e al di là di tutte le discussioni che vengono fatte, le polemiche, le riflessioni sulle le lobby, questa è casa mia, se posso dire, questa è la mia tribù, vengo da qui. Sono protempore affidato al Governo del Paese, ma il punto centrale è che io considero questa casa mia. Perché quando leggevo Vita e pensavo agli obiettivi del millennio e alla lotta contro la povertà non avrei mai immaginato che al G7 ci sarei andato io a sostenere quelle battaglie a nome dell’Italia. L’elemento dell’emozione e della commozione è esattamente questo: casualmente, del tutto casualmente, proprio la partecipazione al G7 che era fissata in contemporanea all’approvazione della legge è arrivata contestuale. Mi è come scorso un film davanti, le prime discussioni che abbiamo fatto… Riccardo ti ricordi che le abbiamo fatte a Milano nella sede del tuo giornale? C’è qualche amico che non c’è più e probabilmente Francone (ndr. Franco Bomprezzi) dall’alto in modo burbero magari ci giudica e ci guarda. Abbiamo discusso a lungo con molti e molti di voi e poi alla fine questa cosa è arrivata. Allora l’elemento personale è che per me la politica è una cosa molto seria, molto bella, io sono per ridurre i politici lo dico sempre ma non per ridurre la politica. Per me la politica è davvero, come diceva san Tommaso e poi un altro, che spero venga fatto santo, che si chiamava Giorgio La Pira, la forma più alta di carità organizzata. E proprio per questo l’idea che simbolicamente nel momento in cui andavo a rappresentare l’Italia al tavolo dei grandi potessi arrivare con una promessa mantenuta al mondo, dal quale anch’io provengo, era un elemento di grande emozione personale. Vi è però un elemento politico che è più importante di questo perché, parliamoci cinicamente, questo primo intervento rientra nella categoria del “chi se ne frega” dal punto di vista delle persone. Si ok. Siamo contenti per te che eri contento ma andiamo alla sostanza. Permettimi Riccardo due minuti di un racconto di quella che io ritengo la realtà dell’Italia dei prossimi anni. Due anni fa quando siamo arrivati qui, noi ci siamo presi l’impegno di fare la legge sul Terzo Settore ma io credo che molti di voi ci guardassero con lo sguardo perplesso e torvo perché avevamo fatto un elenco di promesse impressionanti. Io sono uscito dal Quirinale e ho detto “entro il mese di marzo presenteremo la proposta di riforma sulla legge elettorale. Entro il mese di maggio – o forse era il contrario marzo maggio – la proposta di riforma sul mercato del lavoro e sulla pubblica amministrazione. Entro il mese di giugno la riforma della giustizia. In campo mettiamo poi anche la riforma costituzionale”. La stragrande maggioranza delle persone che guardava quella conferenza stampa probabilmente avrà pensato di trovarsi di fronte a un pazzo scatenato. Come potevamo mettere in fila quelle proposte di riforma che da anni, decenni, il parlamento non riusciva ad attuare? Attenzione io non sto cercando qui la captatio benevolentiae. Fortunatamente a Lucca non si vota quindi non siamo in fase di discussione elettorale. Però possiamo dire, in tutta onestà, è accaduta una cosa: queste riforme sono state realizzate e questo ci permette di togliere dal tavolo gli argomenti che hanno fatto grande o piccola la discussione politica degli ultimi 20 anni. Cosa voglio dirti Riccardo, abbiamo sparecchiato il tavolo dai problemi del passato. Risolvendoli, secondo noi; affrontandoli in modo negativo secondo gli altri. Ma il dato vero è che l’Italia può finalmente cominciare il futuro. E che cosa c’entra il Terzo Settore? Questo è il punto di visione che io vorrei lascarvi e affidare alla vostra discussione più che alla mia. I l punto centrale qual è? Io la vedo così: nei prossimi 20 anni avverrà un cambiamento epocale superiore a quello che internet ha prodotto negli ultimi 20 anni. La globalizzazione l’interconnessione, l’innovazione spinta, cambieranno faccia al modo di fare economia, impresa. La fabbrica 4.0, i robot e l’intelligenza artificiale. In Giappone non soltanto ci hanno portato nella macchina senza autista; ma ci hanno portato a vedere i modelli organizzativi futuri, ci hanno fatto discutere sui modelli in cui una parte di giapponesi inizia a pensare alle proprie badanti fatte da robot che è una cosa che se noi ci raccontiamo facciamo anche fatica ad immaginare. Non ultimo il fatto nella loro cultura l’intelligenza artificiale e la robotica sono considerate in modo diverso rispetto alla nostra cultura: lì sono già un dato di fatto, una realtà. Cosa voglio dirvi? Io credo che l’Italia abbia un futuro se riscopre i suoi valori. Che non vuol dire rinchiudersi sulla difensiva, che non vuol dire giocare con il catenaccio, ma vuol dire avere la consapevolezza che se ci sono 4,5 milioni di volontari in Italia, questo è una ricchezza che vale di più di un punto percentuale di crescita del Pil. C’è un tessuto di associazionismo che rende forte la coesione e il senso di comunità. Questo aiuta di più un sindaco o un ministro a governare i territori e se vogliamo affrontare davvero la questione delle periferie, delle periferia delle nostre città, ma anche talvolta della periferia della nostra vita quotidiana lo puoi fare non con uno sguardo securitario e liberticida. O con uno sguardo educativo e culturale allo stesso tempo. E finisco. Se mi dicessero “qual è la cosa più importante che ha fatto l’Italia in questi ultimi due anni?”. Qualcuno potrebbe dire niente. Qualcuno potrebbe dire la riforma costituzionale. Che è chiaramente la riforma più importante perché dà o non dà governabilità ed elimina gli inciuci. Qualcuno potrebbe dire il Jobs Act, qualcuno potrebbe dire la riforma del Terzo Settore. Qualcuno la legge sull’autismo, la legge sui diritti civili, che vede opinioni diverse ancora. La legge sul Dopo di noi che dovrà essere approvata tra pochi giorni perché è un altro impegno importante. Queste leggi vanno avanti. Ma se dovessi dire la mia, io direi che la cosa più importante è stata la nostra posizione sulla nostra battaglia europea dove ad un certo punto dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles son partiti tutti ad urlare “blindiamo le frontiere! Chiudiamoli fuori!”. Soltanto l’Italia ha alzato il ditino e ha chiesto “scusate ma questi pericolosi killer e terroristi dove sono nati?” Perché tu puoi anche costruire i muri ma poi finisce come dice Calvino “chi costruisce un muro rimane intrappolato”. Il problema vero è che queste donne e uomini che hanno portato il terrore in Europa sono nati nelle periferie di Parigi, di Bruxelles, il boia dell’Isis, Jihad John, ucciso dagli americani a novembre, era un ragazzo nato e cresciuto nelle scuole inglese. È dentro la nostra periferia, è la periferia europea che si è smarrito il senso di comunità. È lì che si è perso il senso della relazione, che si è totalmente dimenticato il senso del noi. Allora la proposta italiana più importante di questi due anni, prima ancora delle riforme fatte, - e sapete che io alle riforme tengo molto , non fosse altro perché hanno dato quella flessibilità economica che ci consente di abbassare le tasse - la riforma più importante caro Riccardo è stato dire “un euro in sicurezza per un euro in cultura”. Un euro messo nella polizia di periferia e un euro messo per riaprire una scuola, per riaprire un centro culturale. Vuoi mettere le telecamere? Servono e sono fondamentali le telecamere come pure i lampioni. Ma accanto alle telecamere e ai lampioni dai anche un aiuto a riaprire un teatro; a fare una sperimentazione cinematografica con i nuovi mezzi tecnologici, questo crea cultura di comunità. Se questo è vero – ho davvero chiuso – la riforma del Terzo Settore non è il contentino dato ai volontari perché già che eravamo a fare tutte le altre riforme giù giù abbiamo voluto fare anche questa. La legge sul Terzo Settore, con tutte le difficoltà della delega che dovrà essere approfondita, in modo rapido ed efficiente, dice che noi vogliamo che l’Italia assomigli al Terzo Settore, che abbia dei valori, che si svegli la mattina con positività, che non si rassegni al cinismo e alla paura, alla preoccupazione dell’altro, che sappia gustare la bellezza del confronto e del dialogo e che sappia anche essere giustamente critica e capace di stimolare e di spronare la classe politica e la classe dirigente. Noi vogliamo un’Italia che non consideri il Terzo Settore come quella roba lì, che serve ai volontari per passare un po’ di tempo. Vogliamo un’Italia che sappia ripensare se stessa contribuendo a ripensare l’Europa su quel modello. Ecco perché l’emozione e la commozione, c’è un elemento personale, non lo nego, ma c’è anche caro Riccardo una visione, una strategia. Io spero che alla fine anche quelli che sono ostili e hanno tutti i diritti di essere ostili, riconoscano che questa azione di governo porta con sé la visione di essere insieme. Nei primi due anni noi abbiamo dovuto mettere a posto le cose del passato, ma le cose del passato non bastano. Da qui ai prossimi 20 anni i nostri figli vivranno in un mondo totalmente diverso da quello in cui stiamo vivendo noi: totalmente diverso. Cosa resta? Restano i valori, resta il senso del noi, resta il senso di comunità, resta il senso di coesione, resta chi ha il coraggio di costruire legami e non di costruire muri questo è il motivo per cui io credo profondamente nella legge del terzo settore. Grazie per aver ricordato oggi Franco Bomprezzi. Tu continui a parlare di sfida culturale. Anche due anni fa, il 12 aprile proprio qui, quando sorprendendoci lanciasti l’idea di Riforma del Terzo Settore lanciasti anche una sfida dicendo: “ma voi siete pronti ad essere motore della sfida educativa e culturale che questo Paese ha di fronte nei prossimi anni?”. Patriarca oggi dice forse il Terzo Settore è abbastanza pronto. Ma la macchina pubblica, l’amministrazione, lo Stato sarà pronto per mettere in atto una riforma che libera energie, che semplifica i cambiamenti che abbiamo di fronte come Terzo Settore? Le sfide le ha di fronte anche la macchina pubblica e le sue articolazioni territoriali… Matteo Renzi: Non so rispondere a questa domanda. Lo dico con molta franchezza. Non so. Quello che è cruciale è che la pubblica amministrazione cambi. Fatemelo dire, magari tra di voi ci sono donne ed uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. Io ho incontrato una qualità in molti servitori dello Stato che è straordinaria. Quindi l’idea riduttiva e banale, quella di dire che nel pubblico non ci sono professionalità di livello non è vera. È profondamente sbagliata ed ingiusta questa idea. Ci sono straordinarie donne e uomini che lavorano servendo la cosa pubblica e servendo lo Stato. C’è piuttosto un modello organizzativo e burocratico del Paese che tende a bloccare tutto. Questo è il problema. Si tende a dare delle garanzie di non commettere errori più che a far rischiare il cambiamento. La legge sul Terzo Settore è un grande incoraggiamento perché il Terzo Settore prenda grande consapevolezza di quello che è ma anche consapevolezza di quello che dovrà essere. Di che ruolo dovrà giocare ce lo siamo detti due anni fa e ce lo ripetiamo oggi. Noi dobbiamo modificare l’approccio, una parte di questo approccio lo modifichiamo in modo semplice con le norme. Il 15 giugno c’è una serie di norme che vanno in votazione e al governo in fase di ultima lettura sui decreti legislativi della legge sulla pubblica amministrazione. Una, alla quale io tengo molto si chiama SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Sostanzialmente è la possibilità di ridurre i procedimenti di via libera quando qualcuno ha da fare qualcosa. Stiamo cambiando la conferenza dei servizi, chi di voi conosce la conferenza dei servizi si rende conto che modificare le regole di gioco della conferenza dei servizi è una priorità assoluta. Stiamo cercando di modificare la struttura interna, stiamo lavorando sulla scuola, sulla formazione, dobbiamo dire che chi lavora nel pubblico non deve aver paura di essere valutato perché ci sono quelli più bravi e meno bravi e contemporaneamente dire che ci sono dei servitori dello Stato che sono straordinari e anche qualcuno che fa il furbo e quel qualcuno che fa il furbo nel pubblico deve sapere che noi lo mandiamo a casa. Perché se tu vai, timbri il cartellino e poi te ne vai a fare la spesa, non stai semplicemente rubando lo stipendio, stai rubando la speranza e il futuro innanzitutto a quelli che lavorano con te. Allora a fronte di queste misure che noi prendiamo, c’è però un nodo da sciogliere e il nodo da sciogliere è la consapevolezza dell’Italia come Paese. E se vogliamo stare in equilibrio dobbiamo correre. È questo il senso profondo dell’invito al cambiamento che noi stiamo facendo, il Paese non lo cambia chi urla e contesa. Il paese non lo cambia chi urla e chi fischia. Lo cambia chi rischia, chi si mette in gioco chi fa delle proposte, chi ha delle idee. Lo cambia chi la mattina sapendo che può sbagliare però ci prova. E in questo senso la cultura del fallimento va recuperata. Noi siamo stati un Paese che per anni se uno falliva non poteva neanche più votare. In America se un ragazzino prova a creare una start-up e fallisce, il giorno dopo, la società di venture capital gli dà più volentieri i soldi. Perché dall’errore, dal fallimento, ha imparato qualcosa. Allora questa è anche la storia di questi due anni Riccardo. Io avrei voluto tornare già nel 2015 qui con la legge e non ci siamo riusciti. Non ce l’abbiamo fatta nemmeno il per festival del volontariato nel 2016. Ci abbiamo messo un anno in più. Però ci abbiamo provato, però c’erano 896 ragazzi che facevano servizio civile ed oggi, invece, sono 35mila e saranno almeno 42mila quest’anno. È l’idea del passo dopo passo del provare a mettersi in gioco, del cambiare un pezzettino alla volta. Certo chi dice che va tutto male può sempre giocarsi la carta dello scontento. Ma lo scontento porta alla rassegnazione. Io sto girando l’Italia azienda per azienda: sono stato alla Sofidel qualche ora fa, sarò domani nelle aziende in provincia di Caserta e poi in quelle di Reggio Emilia, perché voglio raccontare agli italiani e ai media che mi seguono che c’è un sacco di gente che la mattina, pur lamentandosi, le cose le manda avanti. E sono spesso fatte da realtà, da innovatori e anche da lavoratori e lavoratrici che ci credono, che sono innamorati dell’Italia e della possibilità che ha l’Italia di cambiare. Allora rispetto alla domanda “sei sicuro che la pubblica amministrazione sarà in grado di cogliere tutto il valore del cambiamento della riforma del Terzo Settore?” Non lo so. Non lo so. Sono sicuro che se voi farete quello che volete fare e che potete fare questa riforma produrrà degli effetti non nell’arco di due mesi. Ma sprigionerà il suo effetto nell’arco di 20 anni. Esattamente quegli anni in cui l’Italia sarà ad un bivio – e finisco su questo - c’è chi pensa che l’Italia non abbia futuro. Sono i teorici del declino, sono i teorici del va tutto male, qualcuno mi ha detto sono i teorici di Gino Bartali. No. Perché Gino Bartali diceva è tutto sbagliato, è tutto da rifare ma quando Gino Bartali diceva questo, poi prendeva la bicicletta, inseriva nella canna della bici i documenti falsi per andare a salvare gli ebrei e si faceva Firenze e Assisi, fra i frati e quel grande uomo che era il Cardinale della Costa, e dicendogli è tutto sbagliato, è tutto da rifare, portava il suo pezzettino, il suo contributo. Bartali non era rassegnato. Ecco la filosofia secondo me deve essere questa. Dare una speranza a chi ci prova. E nella pubblica amministrazione dare un’opportunità a chi vuole fare meglio di prima. Noi avremo un processo di digitalizzazione che cambierà totalmente il sistema della pubblica amministrazione. I nostri telefonini diventeranno il terminale degli uffici della pubblica amministrazione. Potrete pagare le tasse con il telefonino. Certo, come diceva Woody Allen “sempre tasse sono”. Il meccanismo di cambiamento porterà ad avere un approccio totalmente diverso. Ma se il terzo settore spiega quello che vuol fare e dispiega la propria forza, la pubblica amministrazione sarà costretta a seguirvi, sarà costretta a fare meglio di voi. Quando la gente vede che qualcuno sta facendo qualcosa, partono e cercano di fare meglio ed è questa la cosa che ha fatto grande l’Italia nei secoli e che farà dell’Italia non il Paese del declino ma il paese che nel grande fenomeno della globalizzazione potrà giocare un ruolo straordinario. Il mondo chiede qualità e bellezza. Quindi chiede Italia. E l’Italia è anche e soprattutto i valori che il Terzo Settore esprime. Quindi la risposta è: non lo so. Però ho cercato di articolartela in modo meno dubbioso di un semplice non lo so. La legge sul Terzo Settore è un grande incoraggiamento perché il Terzo Settore prenda grande consapevolezza di quello che è ma anche consapevolezza di quello che dovrà essere Guardando avanti c’è la partita dei decreti attuativi. Un secondo tempo importante quanto il primo che si è chiuso il 25 maggio. I decreti che io spero veloci e coraggiosi. Ma c’è un tema importante, è quello delle risorse necessarie affinché possa sprigionarsi tutto ciò che c’è di buono nella legge delega; per esempio mi soffermo sul servizio civile che è un tema importantissimo, sono già previsti nel 2017 190 milioni - che è già un gran passo avanti rispetto a qualche anno fa e anche a due anni fa. Ma se quest’anno si vuole sfondare la quota dei 50mila occorrerebbe qualcosa in più, magari facendo un bando straordinario su migrazioni, su periferie, inoltre l’anno prossimo sono i 60 anni dell’Unione europea. Anche sul servizio civile europeo l’Italia potrebbe lanciare una proposta a livello europeo in un ruolo di leadership… Matteo Renzi: Non prendo impegni su soldi e date stavolta. Non perché abbia paura. Vi dico la verità io sono in una fase in cui ho deciso di darmi una moratoria delle promesse. Tutte le volte che prendo un impegno è un modo per costringere poi il governo ad arrivare a raggiungere l’obiettivo. E devo dire che fino a questo momento è andata bene. Nel senso che abbiamo preso l’impegno degli 80 euro ed è andato, Imu e tasi e prima casa è andato, legge elettorale, il jobs act, non vi faccio l’elenco. La legge sul Terzo settore, il servizio civile, le cose che ci siamo detti. Sono andato da Fazio a dare un numero sul servizio civile e immediatamente dopo Bobba è passato all’incasso della ragioneria generale dello Stato la mattina dopo. Domenica sera alla 20.00 la trasmissione, e Bobba era fuori gli uffici della ragioneria generale dello Stato alle otto della mattina. Qual è il punto? Tutte le volte che c’è un impegno, anziché dire “bello che il Governo si impegni su un obiettivo”, viene immediatamente visto come promessa elettorale, e siccome in Italia si vota sempre… Sostanzialmente io la vedo così: vi racconto qual è la visione da qui al 2018 senza prendere impegni sui soldi ma raccontandovi il film. Noi abbiamo un passaggio chiave che è quello del referendum costituzionale. Lì per me si gioca la partita tra un sistema di governabilità e un sistema di ingovernabilità. Poi c’è tutto l’aspetto della riduzione dei costi della politica, le questioni che più appassionano l’opinione pubblica generale. Partendo dal presupposto che la cosa vada, che cosa accade negli ultimi due anni e mezzo di legislatura? Abbiamo un appuntamento cruciale che è quello del 25 marzo 2017. A Roma si riuniranno i 28 paesi dell’Unione europea per rilanciare il percorso dell’Unione europea. Ne ho parlato l’altro giorno con la Merkel ed Hollande. Comunque vada il referendum su Brexit, l’appuntamento chiave per il rilancio dell’Unione europea sarà a Roma nel marzo del 2017. La tua considerazione sul servizio civile europeo e sui valori da portare in Europa è molto azzeccata e puntuale. Quello sarà un appuntamento importante. Poi ci sarà l’appuntamento del G7 e ci saranno più appuntamenti sul G7 con vari temi. Il G7 a livello di capo di governo sarà alla fine di maggio, solo che vogliamo farlo in una cornice che dia attenzione e all’attualità. Lì recupereremo la proposta di un euro in cultura un euro in sicurezza come la proposta fondamentale da fare ai grandi Paesi. Educazione pubblica e privata per l’ Africa per esempio. Coinvolgere le migliori realtà del mondo educativo. Ma quell’appuntamento sarà un grande appuntamento. In quell’anno si tratterà di costruire una prospettiva, una piattaforma sui singoli temi della legge delega che sia in grado di far tornare l’Italia orgogliosa del proprio ruolo educativo e culturale e in qualche modo anche del proprio valore di capitale umano e di coesione umana. Finisco proprio su questo: noi siamo in un luogo straordinario. Lucca è una delle città più belle d’Italia. Quante città abbiamo in Italia che tengono insieme aspetti culturali, realtà del volontariato, l’educazione, imprese sociali, quanti di questi luoghi in Italia possono aiutarci costruire un luogo diverso. Quanti di questi valori possono essere la risposta a questo mondo di paura dove vanno ad alzare i muri al confine dell’est europeo gli stessi che noi abbiamo salvato dall’isolamento nel momento in cui è venuta giù la guerra fredda. Quanta bellezza possiamo tirar fuori? La conclusione del mio ragionamento è la seguente: cari italiani e care italiane che con gli stivali date una mano durante le emergenze di protezione civile, che con la vostra tenerezza andate incontro ai ragazzini in difficoltà nelle periferie, che entrate nei carceri minorili - di cui noi siamo fieri perché abbiamo la recidiva più basse d’Europa, ma la recidiva per noi è ancora troppo alta- , che andate incontro agli altri nelle occasioni di disagio, di difficoltà. Cara italiani e care italiane che credete in questo mondo, dateci una mano a far passare i nostri valori non come residuali ma come centrali in questo Paese. Quando io vado al Consiglio europeo e li guardo diritto negli occhi e dico loro “io posso perdere un punto nei sondaggi, un punto di consenso. Ma se c’è una donna che sta affogando, se c’è un bambino che sta affogando, un uomo che sta affogando. Non me ne frega niente delle vostre paure, noi italiani siamo quelli che andiamo e cerchiamo di salvarli. Noi italiani siamo quelli che ci mettiamo la faccia e tutto il resto e cerchiamo di dargli una mano”. Poi facciamo in Migration Compact, poi cerchiamo di aiutarli a casa loro e creare le condizioni di lavoro sulla cooperazione internazionale, indecorosamente tagliata e finalmente restituita a una minima speranza con la legge approvata in questa legislatura. Ma care italiani e italiane che fate volontario smettiamola di credere ad un’Italia come al paese in cui le cose non vanno mai bene. Abbiamo un sacco di problemi, vogliamo affrontarli, ma questo è un Paese che ha dei straordinari valori educativi, culturali e associativi. E questi valori fanno dell’Italia un punto di riferimento nell’Italia e nel mondo. Non per merito del governo ma per merito degli italiani, anche di quelli che non se ne accorgono, che magari fanno volontariato a livello personale e non si rendono conto che quell’azione di volontariato sta cambiando la percezione dell’Italia in Europa e nel mondo. Grazie buon lavoro a tutti. Abbiamo un sacco di problemi, vogliamo affrontarli, ma questo è un Paese che ha dei straordinari valori educativi, culturali e associativi. E questi valori fanno dell’Italia un punto di riferimento nell’Italia e nel mondo. Non per merito del governo ma per merito degli italiani, anche di quelli che non se ne accorgono, che magari fanno volontariato a livello personale e non si rendono conto che quell’azione di volontariato sta cambiando la percezione dell’Italia in Europa e nel mondo Da - http://www.vita.it/it/interview/2016/06/14/renzi-sogno-unitalia-che-abbia-i-valori-che-il-terzo-settore-esprime/61/ Titolo: Matteo Renzi cerca la rimonta: risorse per tagliare le tasse (e vincere il ... Inserito da: Arlecchino - Giugno 26, 2016, 11:49:37 am Brexit. Matteo Renzi cerca la rimonta: risorse per tagliare le tasse (e vincere il referendum a ottobre)
Pubblicato: 25/06/2016 21:15 CEST Aggiornato: 25/06/2016 21:15 CEST La crisi è anche un’opportunità, dicono gli ottimisti. Ed è ciò che si ripete Matteo Renzi, alle prese con i delicatissimi vertici europei del post-Brexit. Sabato sera all’Eliseo da Francois Hollande. Lunedì, insieme al presidente francese, a Berlino da Angela Merkel: un inedito vertice a tre, che in altri tempi - nemmeno troppo lontani -sarebbe stato un classico vertice a due franco-tedesco. E’ già questa la prima opportunità che il capo di governo italiano si ritrova tra le mani pur nella sciagura dell’Europa post-Brexit. Ma Renzi ne cerca altre di opportunità, per risollevare non solo l’Unione ma anche se stesso, dopo la batosta delle amministrative. Stavola vuole certezze sulle risorse che servono per tagliare le tasse (Irpef) nella prossima legge di stabilità. Ora o mai più: gli serve anche per risollevare la campagna per il sì al referendum di ottobre. Dopo la vittoria della Brexit, è chiaro al premier che c’è anche l’Europa nella lista degli ingredienti amari che gli rendono difficile la vittoria al referendum costituzionale. E dunque basta con le dilazioni europee sui temi della flessibilità. E’ per questo che, dall’alba di ieri, quando il mondo si è svegliato con la scioccante vittoria degli euroscettici britannici, il premier ha tenuto contatti con tutti ma filo diretto con Pier Carlo Padoan. Anche oggi il ministro dell’Economia era a Palazzo Chigi per un vertice con Renzi, prima della partenza del premier per Parigi. E c’era anche il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, uno dei più ascoltati dal premier, ex ambasciatore in Europa che gli ha riferito dei commenti del mondo degli industriali italiani sulla Brexit, le preoccupazioni. Il vertice di oggi pomeriggio è servito insomma ad analizzare i diversi scenari di quanto ancora può accadere ora che Londra ha deciso di divorziare dall’Europa. In collegamento telefonico con il summit di Palazzo Chigi, anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, fresco dell’incontro con i suoi omologhi dei paesi fondatori dell’Europa. Un incontro che tra l’altro era stato programmato già dal 20 maggio quando i ministri degli Esteri di Italia, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo si sono visti a Bruxelles dopo una prima iniziativa insieme a febbraio. Si ricerca un nucleo di ripartenza per l’Europa, si parla di “cerchi concentrici” per rilanciare l’Unione con alcuni che guidano, altri che seguono, a seconda “dei diversi livelli di ambizione tra gli Stati membri in tema di integrazione europea”, recita la nota finale. Idee embrionali, da definire. La parola d’ordine però è che il governo britannico “dia efficacia” alla Brexit “al più presto possibile” per non sprecare tempo nella definizione dei nuovi accordi. Se ne parlerà anche al Consiglio europeo di martedì, dove il premier britannico si fermerà giusto il tempo necessario per informare i colleghi dell’esito del referendum e poi andrà via: primo vertice a 27. Ma al di là delle pratiche da sbrigare con Londra, cruciale resta il vertice a tre di lunedì a Berlino. Un vero e proprio nuovo “direttorio” della Ue, scrive il quotidiano tedesco Faz. Una nuova tolda di comando europeo che Merkel ha deciso di impostare a tre: non più sola con Hollande ma anche con Renzi. Presente il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ma non il presidente della Commissione Jean Claude Juncker che infatti è offeso (“Non sarà un trio a salvare l’Europa”). Il punto è che, ora che l’Ue è sull’orlo del precipizio, riprendono l’iniziativa gli Stati nazionali. Alcuni Stati nazionali. Con l’Italia al posto della Gran Bretagna tra gli interessi strategici di Bruxelles, un’Europa che guarda più verso il Mediterraneo che verso nord, per tornare alla Faz, perché sono i flussi di immigrazione dal Mediterraneo a mettere in crisi la stabilità dell’Unione. Per Renzi è una grande opportunità. Obiettivo: tirare fuori la legge di stabilità 2016 dalla strettoia nella quale si è già infilata, soffocata dalle minacce dei falchi europei dell’austerity. Ora più che mai c’è bisogno di certezze su una svolta delle politiche economiche verso una maggiore flessibilità per investimenti pubblici e per tagliare le tasse. Il pallino fisso del premier resta di riuscire a tagliare l’Irpef già per il 2017. E’ per questo che già stasera è a Parigi dal socialista Hollande, per riprendere il filo del discorso anti-rigore iniziato al vertice straordinario del Pse nella capitale francese a marzo scorso. Invece con Merkel, Renzi punta a ottenere garanzie sull’emergenza immigrazione. Martedì e mercoledì il consiglio europeo dovrebbe dare una risposta sui finanziamenti al migration compact italiano, il piano per l’emergenza in Africa. E anche su questo Roma non accetta dilazioni: è l’ultima chiamata per tenere in piedi l’Europa. “L’Italia può svolgere anche un ottimo ruolo di interconnessione tra Parigi e Berlino – spiega una fonte della Farnesina – con la Francia ci intendiamo sulla flessibilità dei conti pubblici, con la Germania invece abbiamo un dialogo sull’immigrazione”. Roma conta di sfruttare la triangolazione con Hollande e Merkel per ottenere il più possibile. Serve per fermare l’avanzata del M5s in Italia e gli euroscettici nel resto d’Europa, è il ragionamento che Renzi fa ai suoi. Il compito non è semplice però. L’anno prossimo ci sono le elezioni in Germania e anche in Francia. I tre a Berlino dovranno trovare un accordo sulla flessibilità dei conti senza mettere in difficoltà Merkel, assediata dai falchi dell’austerity sul fronte interno. E un’intesa sull’immigrazione senza che Hollande ne paghi le conseguenze in patria, dove sempre più forte è l’offensiva della ultradestra di Marine Le Pen. “Siamo nella cruna di un ago”, sintetizza una fonte italiana a Bruxelles. E chissà se nella cruna c’è spazio per crisi e opportunità insieme. Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/06/25/brexit-matteo-renzi_n_10673034.html?utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI Più crescita e innovazione, sicurezza e migration compact: così ... Inserito da: Arlecchino - Luglio 01, 2016, 05:33:32 pm Più crescita e innovazione, sicurezza e migration compact: così può svegliarsi l’Europa
Di Matteo Renzi* Domenica 26 Giugno 2016 Caro Direttore, la più grande sconfitta degli ultimi anni – il no al referendum britannico – può diventare l’occasione più interessante per il rilancio del disegno europeo. Suona come un paradosso, lo so. Ma è la realtà. «Europa, svegliati», titola Il Sole 24 Ore il suo editoriale di ieri. Ci siamo svegliati male, venerdì mattina. Tutti. I primi messaggini che ricevevo, non da addetti ai lavori, avevano lo stesso tenore: che impressione! Impressione, emozione, sentimento. Non un calcolo razionale sui problemi dei mercati o sulle questioni giuridiche di questa separazione: che impressione! Perché dopo aver aperto le porte a tanti Paesi, dai sei fondatori dei Trattati di Roma del 1957, per la prima volta qualcuno se ne va. E se quel qualcuno è il Regno Unito lo shock è ancora più forte. Proviamo a svegliarci, allora. A svegliarci meglio di venerdì. L’Europa è la nostra casa. La casa in cui viviamo, ma anche la casa che lasceremo ai nostri figli. La casa che non è solo un luogo fisico ma – come tutte le case – un mix di emozioni e sentimenti che non si possono spiegare con le parole. Questa casa ha bisogno urgente di essere rinfrescata, ristrutturata, rimessa a posto. L’Italia lo dice da qualche anno. Lo dice sull’immigrazione, sulla crescita, sull’innovazione, sulla sicurezza interna. Su alcuni punti abbiamo registrato oggettivi passi in avanti. Ma adesso è tempo di muoverci con ancora più determinazione. La sconfitta britannica lo permette e per certi versi, addirittura, lo impone. L’Europa ci ha regalato settant’anni di pace che questo territorio – nella storia – non aveva mai conosciuto. È una comunità di oltre 400 milioni di persone, tra le più innovative del mondo. È un punto di riferimento per la sua cultura, per i suoi valori, per i suoi ideali. L’Europa c’è. Non è finita giovedì nel voto di qualche quartiere inglese devastato dalla crisi della manifattura e dalla mancanza di speranza nel futuro. L’Europa non è finita, c’è. Va solo liberata dal risentimento, dalle procedure, dalle miopie. Deve riprendersi la propria identità. Le politiche di austerity hanno cancellato l’orizzonte. Hanno trasformato il futuro in una minaccia. Hanno spinto alla paura. Tenere i conti in ordine è un valore. Un dovere. Qui nessuno fa il tifo per le cicale contro le formiche. Ma senza crescita non c’è lavoro. Senza investimenti non c’è domani. Senza flessibilità non c’è comunità. L’immigrazione non può essere senza limiti, è ovvio. Ma nessun muro ci salverà dal mondo che preme fuori dal nostro perimetro. Ecco perché occorre un Migration compact finanziato con strumenti innovativi, che ci porta a investire in Africa, creando le condizioni perché da quelle terre non si parta in massa verso la nuova presunta Terra promessa. Le regole servono, ovvio. Senza un patrimonio normativo chiaro vince l’anarchia. Ma la prima regola deve essere il buon senso: viviamo un periodo di crisi europea. Lavoriamo sul come uscirne senza cedere ai pregiudizi burocratici di chi dice quasi sempre: non si può. La sicurezza è un problema. Stare insieme, condividere le informazioni, cooperare a livello internazionale, avere una politica unitaria di difesa non è un segnale di debolezza, ma di forza. E farlo seguendo il principio italiano per cui per ogni euro investito in sicurezza deve corrispondere un euro investito in cultura è oggi una necessità assoluta. I killer degli attentati nelle nostre città sono cresciuti nelle periferie europee, non lontano da noi. L’Italia c’è. Verrebbe da dire, l’Italia è tornata. Le riforme di questi anni infatti – dal mercato del lavoro alle riforme istituzionali, dai diritti alle tasse – ci hanno consegnato la stabilità che non è un valore, ma la pre-condizione per poter essere competitivi. Il passaggio referendario che ci attende acquisisce un significato ancora più importante, adesso: è lo spartiacque tra un sistema solido che favorisce la governabilità e l’incertezza permanente. Come ha ricordato il presidente di Confindustria Boccia: con un no al referendum di ottobre, l’Italia torna in recessione. Ma la vera sfida è quella di aiutare l’Europa a recuperare smalto, energia, ideali. Con questo spirito ieri a Parigi, domani a Berlino, martedì a Bruxelles dovremo portare il senso di responsabilità e il coraggio che hanno contraddistinto per anni gli italiani. Perché alla fine dei conti svegliarsi per l’Europa significa semplicemente tornare se stessa: una terra che ha scelto la pace perché i suoi padri avevano conosciuto la guerra. Che ha investito sulla crescita perché i suoi padri avevano conosciuto la fame. Che costruisce i ponti perché sa quanto male hanno fatto i muri. E che deve riprendersi gli ideali, non solo i parametri e i vincoli. Ci proveremo con tutta la nostra forza. Viva l’Italia, viva l’Europa. * Presidente del Consiglio © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-06-26/piu-crescita-e-innovazione-sicurezza-e-migration-compact-cosi-puo-svegliarsi-l-europa-101930.shtml?uuid=ADXSYVj Titolo: MATTEO RENZI Renzi non cambia linea e l’Italicum non si tocca. Inserito da: Arlecchino - Luglio 05, 2016, 12:08:34 pm Renzi non cambia linea e l’Italicum non si tocca. I malumori senza sbocchi della sinistra
La novità: Franceschini apre al premio di coalizione, Delrio lo stoppa Non cambia la linea del Pd, con questa (nervosetta) riunione della Direzione del Pd. Se questo era il suo obiettivo, Matteo Renzi l’ha centrato. E’ stata una riunione che va letta su più livelli. Il primo è quello, ormai classico, del duro confronto fra il segretario-premier la minoranza. Con l’abituale tono garbato Gianni Cuperlo ha attaccato a fondo, “caro segretario, così porti la sinistra a una sconfitta storica”, perché “è sbagliato il racconto del Paese” che Renzi ha fatto, sottovalutando – è il leit motiv della sinistra interna – la “questione sociale”, proprio quella questione sociale che invece per Renzi è un fiore all’occhiello del suo governo (“mai si era fatto tanto”). E insomma – ha ammonito Cuperlo – il leader deve “uscire dal talent”, cioè da una raffigurazione delle cose che non corrisponde alla realtà. Sferzante replica: “Gianni, io sono fuori dal talent, da questa vostra rappresentazione macchiettistica”. Infine, la questione del doppio incarico, per la verità abbastanza laterale in questo dibattito, con Cuperlo che vorrebbe votare il candidato a palazzo Chigi e il segretario: un ticket. E anche Roberto Speranza ha attaccato il segretario, “tu non hai guidato il partito”, insistendo parecchio sulla preoccupazione per lo stato in cui versa il Pd e il malessere dei suoi aderenti. Speranza ha anche presentato un documento (bocciato a larga maggioranza) che sosteneva la “piena cittadinanza nel Pd anche a chi sostiene il No al referendum”. Ma la sensazione generale è che le critiche della minoranza (priva oggi degli apporti di Bersani e D’Alema) non abbiano ancora uno sbocco chiaro, pratico: e questo forse è il suo limite. Renzi sa che la minoranza ha difficoltà a presentare, oggi, una proposta alternativa. Ma non per questo non ha esitato a criticare “l’attacco al quartier generale”, ammonendo sul fatto che la pratica di azzoppare il leader di turno “non funziona”. Ma soprattutto, soprattutto nella replica appassionata (alla fine si commuove pure) il premier ha rivendicato tutto il lavoro svolto dal suo governo, a partire dall’economia e dal lavoro (il Jobs act “di sinistra”), insistendo sulla necessità che il referendum passi e tornando a spiegare che in caso di fallimento il governo va a casa (“Il parlamento non è una questione mia…”). E un “sassolino” il leader se l’è voluto togliere. Sulle banche. Ricordando che quello che si poteva fare negli anni 90 – “Ciampi ministro, Draghi Governatore” – cioè gli anni di Prodi e D’Alema non fu fatto. E oggi tocca a lui “difendere i risparmiatori”. L’unico elemento davvero nuovo è stato introdotto da Dario Franceschini, nel quadro di un intervento di apprezzamento per il premier: la possibilità di modificare l’Italicum attraverso un premio di coalizione che terrebbe insieme forze di sinistra e di centro attorno al Pd. Un’ipotesi respinta da un altro ministro, Graziano Delrio, il cui intervento odierno segnala una chiara vicinanza al segretario. Duro coi grillini Vincenzo De Luca, non senza la vistosa scivolata – criticata un po’ da tutti, anche da Renzi – di quel “bambolina” affibbiata alla sindaca di Roma Virginia Raggi. Sandra Zampa cita la massima di Arturo Parisi: “Forse abbiamo perso perché ci siamo un po’ persi”, mentre Matteo Orfini e Andrea Orlando, i due leader dei Giovani turchi, sono restati dentro il perimetro delineato dalla relazione con una accentuazione del presidente del Pd sulla necessità di affrontare da vicino la questione del partito. Da - http://www.unita.tv/opinioni/renzi-non-cambia-linea-e-litalicum-non-si-tocca-i-malumori-senza-sbocchi-della-sinistra/ Titolo: MATTEO RENZI: “No allo spacchettamento del referendum” Inserito da: Arlecchino - Luglio 12, 2016, 11:58:05 am Renzi: “No allo spacchettamento del referendum”
Governo In un lungo colloquio con Beppe Severgnini in diretta sul Corriere.it, il premier ha affrontato tutti i temi più caldi legati all’attualità politica “Non apro più bocca sul mio futuro. Non entro più sul tema dello spacchettamento e sulla legge elettorale, su cosa farò da grande. Dirò soltanto che il Referendum è su un punto specifico: tra un parlamento più semplice e che costa meno, e uno più complicato e che costa di più. E secondo me anche l’elettore M5s voterà per ridurre le poltrone”. Lo ha sottolineato il presidente del Consiglio, in un lungo colloquio con Beppe Severgnini in diretta sul Corriere.it. Il premier ha affrontato tutti i temi più caldi legati all’attualità politica, dal referendum costituzionale alla legge elettorale, dalle banche al tema dei migranti. Data del referendum e ipotesi spacchettamento Nove ottobre o attorno al 6 novembre. Sono queste le date ipotizzate da Renzi per il referendum costituzionale. Durante l’intervista, ha infatti precisato che la data della consultazione la stabilisce la Corte di Cassazione e ha aggiunto: “Se dovessi fare una scommessa direi a ottobre”, spiegando che “una volta che si sono presentate le firme e si sono concluse le procedure ci sono due mesi per fissare tra 50 e 70 giorni il referendum. Quindi – ha affermato – ragionevolmente ottobre. C’è chi dice il 9 ottobre e chi il 30 ottobre, anche se il 30 ottobre c’è il ponte, quindi lo escludiamo categoricamente”. Secondo Renzi dunque “se non è il 9 ottobre, a naso sarà il 6 novembre “. Parlando poi dell’ipotesi di divisione in più quesiti, il premier si è detto scettico sull’eventualità di uno “spacchettamento” della consultazione per agevolare gli elettori e per evitare di trasformare il tutto in un voto sul capo del Pd: “Si spacchetta a Natale – ha tagliato corto Renzi -. La decisione spetta alla Corte Costituzionale, ma in ogni caso è tutto riconducibile ad un’unica domanda: se vogliamo cambiare le cose oppure no”. Italicum Quanto alle modifiche alla legge elettorale, il premier risponde così: “Per me ora c’è una legge che prima non c’era, e con questa legge chi arriva primo governerà il paese. Se il Parlamento è in grado di farne un’altra si accomodi. Ma è un fatto che noi siamo partiti da una legge elettorale definita dal suo ideatore Porcellum”. Banche, l’accordo con la Ue è “a portata di mano” “C’è stato un grande dibattito in queste settimane, a mio giudizio il problema delle banche in Europa non è la banca italiana ma la questione del credito in Europa riguarda l’approccio da seguire su alcuni grandi temi. Ciò che mi preoccupa invece – aggiunge il premier – sono i derivati di alcune grandi banche europee. Mi preoccupano di più rispetto agli incagliati delle nostre banche. E poi – aggiunge – è chiaro che in Italia le banche si devono accorpare“. Infine rassicura i risparmiatori italiani affermando come “un accordo sulle banche, compatibile con le norme attuali, sia a portata di mano”. Migranti, non possiamo accogliere tutti “Se scappi dalla guerra o da Boko Haram ti accolgo perchè siamo umani, ma non è possibile accogliere tutti, non è buonismo, sarebbe cattivismo dire si accolgono tutti. Non è pensabile poter accogliere tutti”. Ha affermato Renzi assicurando che i migranti “se in passato sparivano, adesso non possono più sparire perché li stiamo fotosegnalando e prendiamo le impronte a tutti, per la sicurezza. Io non credo che arrivino che i terroristi con il barcone per fare gli attentati, ma c’è un problema di sicurezza. Dobbiamo avere anche il sistema di riconoscimento facciale, a tutti, italiani e no”. Poi, per risolvere il problema dell’immigrazione, “bisogna lavorare nel lungo periodo a investire in Africa e l’Italia su questo sta lavorando. Io sono stato il primo presidente del Consiglio che ha visitato i Paesi sotto il Sahara, è impressionante questo fatto”. Però, ha aggiunto, “quelli che stanno qua” in attesa di sapere se hanno diritto allo status di rifugiato “non li possiamo tenere strascicati per le strade, non può andare avanti così. In modo molto rapido dobbiamo trovare un meccanismo per cui permetti loro di fare qualcosa, un servizio alla comunità, ma non possono passare il tempo ad aspettare che arrivi qualcosa perché è disumano: pone un problema a loro ma anche ai cittadini perché un cittadino non è particolarmente felice quando vede bighellonare e non ha tutti i torti. Ci stiamo lavorando con ministero dell’Interno”. Infine “alcuni si riportano a casa, per alcuni c’è il rimpatrio, all’incirca si sono stati 15 mila rimpatri” ma questo aspetto “deve essere gestito dall’Unione europea non dall’Italia”. Innovazione, “Piacentini avrà il potere di uccidere gangli della burocrazia” L’attuale numero due di Amazon, Diego Piacentini, prenderà servizio il 17 agosto a palazzo Chigi come responsabile della digitalizzazione dell’amministrazione italiana e secondo Renzi avrà “il potere di uccidere i gangli della burocrazia. In due anni deve portarci ad essere i più bravi di tutti nell’amministrazione digitale”. “Quanti mi hanno detto che io metto solo i miei amici nei posti di responsabilità? Ecco – risponde – Diego Piacentini non lo conoscevo. Ma in un posto di responsabilità come il capo dell’innovazione digitale ho messo il più bravo di tutti”. Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-no-allo-spacchettamento-del-referendum/ Titolo: Per il F. T. “Renzi è la speranza migliore dell’Italia per crescita e riforme Inserito da: Arlecchino - Luglio 14, 2016, 04:50:58 pm Per il Financial Times, “Renzi è la speranza migliore dell’Italia per crescita e riforme”
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi incontra il sindaco di Milano Giuseppe Sala a Palazzo Marino, Milano, 12 luglio 2016. ANSA/DANIELE MASCOLO Il quotidiano della City dedica un editoriale all’Italia, spiegando come i problemi della nostra economia derivano da errori commessi nei venti anni precedenti, mentre le riforme di questo governo stanno funzionando L’Italia cresce poco e questo rimane il suo “problema fondamentale”. Parte da qui l’editoriale che il Financial Times dedica oggi al nostro Paese. Uno scarso rendimento della nostra economia che rischia di peggiorare a seguito del referendum sulla Brexit, come già previsto dal Fmi, ma che affonda le proprie radici nei “due decenni” precedenti – fa notare il FT – con una “prolungata cattiva allocazione delle risorse” sia umane che finanziarie, piazzate in settori poco competitivi e in aziende troppo piccole. A fronte di un passato così burrascoso, il quotidiano della City vede invece una “buona notizia” nel fatto che le riforme avviate dal governo Renzi stanno mostrando i propri frutti, soprattutto per quanto riguarda il mercato del lavoro con il Jobs Act. Il FT condivide ora la priorità assegnata dal premier a un intervento sulle banche, per il quale l’editoriale auspica che dall’Europa arrivi una “interpretazione liberale delle regole”, nella direzione auspicata dall’Italia. Così come Bruxelles non dovrebbe preoccuparsi troppo se il debito italiano non dovesse calare troppo rapidamente: “Non è il momento di stringere i cordoni della borsa”, avverte il quotidiano londinese. In vista della scadenza del referendum costituzionale, insomma, il Financial Times invita i partner europei dell’Italia a “mostrare pazienza” e sostenere lo sforzo di Renzi, che “rimane la migliore speranza dell’Italia per le riforme e per tornare a una crescita sostenibile”. Da - http://www.unita.tv/focus/per-il-financial-times-renzi-e-la-speranza-migliore-dellitalia-per-crescita-e-riforme/ Titolo: MATTEO RENZI: J'accuse su Siena: "Colpe di una parte della sinistra". Inserito da: Arlecchino - Luglio 31, 2016, 10:54:49 am Renzi: "Mps, non pagano i cittadini. Niente manovra-bis né aumento dell'Iva"
Intervista al presidente del Consiglio. J'accuse su Siena: "Colpe di una parte della sinistra". Sulla finanziaria: "Eviterò le trappole disseminate da Monti e Letta". Migranti, l'Europa deve aiutarci Di STEFANO CAPPELLINI 31 luglio 2016 Presidente Renzi, quattro banche italiane su cinque hanno superato gli stress test dell'Eba. Ma gli indicatori dicono che la massa di crediti deteriorati nella pancia dei nostri istituti è molto superiore alla media Ue: è la prova che l'economia italiana soffre più delle altre. "Questo è un dato oggettivo. La nostra economia reale è quella che tra il 2009 e il 2014 in Europa ha perso più di tutti. Abbiamo avuto un crollo del pil, tre anni di recessione, la disoccupazione quasi raddoppiata. Pur tuttavia una banca italiana, Intesa, è risultata la migliore a livello europeo. Quattro su cinque vanno bene. Per la quinta, Monte dei Paschi di Siena, ci siamo mossi per dare una risposta tempestiva: la proposta di Atlante ripulisce finalmente e per sempre la questione crediti deteriorati. Insomma grazie all'intervento di Atlante c'è una soluzione di sistema, definitiva. E l'aumento di capitale, finalmente, sarà fatto su una banca totalmente ripulita dai problemi del passato. Tuttavia l'unica soluzione per archiviare definitivamente la crisi bancaria è tornare alla crescita. Dal 2015 abbiamo cambiato verso e invertito la rotta. Il segno del pil è tornato positivo, il Jobs Act ha portato 599mila posti di lavoro in più e la massa dei crediti deteriorati finalmente cala. Ecco perché insisto su investimenti, crescita e flessibiità contro la cultura dell'austerity". Nel piano per Mps è previsto un ruolo anche per Cassa Depositi e Prestiti. Ma qual è la linea del governo: lasciare l'iniziativa al mercato o mettere in campo garanzie pubbliche? "Quando gli altri Paesi come Gran Bretagna, Germania e Spagna hanno salvato le banche, non c'erano vincoli Ue. Li hanno messi nel 2013. E sono stati i governi che ci hanno preceduto a scartare l'ipotesi di una bad bank italiana. Per me è stato un errore, ma inutile piangere sul latte versato. Oggi ci sono dei vincoli complicati da spiegare. In soldoni: se vogliamo fare un intervento pubblico, bisogna che paghino anche i cittadini. E io non voglio che per le responsabilità dei politici del passato, e dei banchieri del passato, paghino i cittadini di oggi. Non è un fatto di consenso, è un fatto di giustizia. Paghi chi ha sbagliato, non la gente comune. Con Padoan abbiamo agito all'unisono, incoraggiando una soluzione di mercato. La BCE e il Cda del Monte dei Paschi di Siena hanno fatto poi la scelta che hanno ritenuto più solida. A me interessa proteggere il correntista e il risparmiatore. Devono sapere che in Italia c'è un governo che si occupa di loro, non delle poltrone dei consigli di amministrazione delle banche come accaduto troppo spesso in passato. Poi se le banche finalmente si ripuliscono dai deteriorati, beh, quella diventa oggettivamente la misura di crescita economica più forte perché significa recuperare credito da dare ai piccoli imprenditori, agli artigiani, alle famiglie". La Corte dei conti solleva dubbi sul ruolo di Cdp come finanziatore di iniziative di politica economica e industriale. La Cdp è diventata il bancomat del Tesoro? "No. Rispetto la Corte dei Conti, ma la realtà è un'altra. Cdp si sta muovendo in totale ossequio alle leggi italiane e alle regole europee. Il fatto che possa dare una mano, oggi in Atlante o domani in Ilva, è a sostegno dell'economia reale del Paese. Ed è totalmente in linea con la missione della Cassa. A ciascuno il suo: cosa fa la Cassa lo decidono i soci e le leggi, non la Corte dei Conti". Dai casi Pop Vicenza ed Etruria, di cui era dirigente il padre del ministro Boschi, fino a Mps la sfiducia di molti cittadini verso il sistema bancario non è solo una questione di indici e test. Ci sono state responsabilità della politica e degli organi di vigilanza. "In Italia c'erano, e ci sono ancora, troppe banche. E ancora poco credito. Noi come governo abbiamo messo le mani in una situazione difficilissima con un obiettivo chiaro: via la politica dalle banche. Via i meccanismi allucinanti delle popolari dove qualcuno faceva campagna elettorale per il rinnovo dei cda attraverso la concessione di credito. E per farlo la riforma delle popolari del gennaio 2015 segna una svolta storica in Italia. Mi piacerebbe che ci fosse più onestà intellettuale nel riconoscerlo. Nel merito delle singole banche, le storie sono diverse. Su Banca Etruria noi siamo stati di una severità esemplare arrivando al commissariamento e alle doppie sanzioni. Ma chi conosce Arezzo sa che le cause di quella vicenda hanno le radici in un passato lontano e sono ben diverse da come sono state raccontate. Su Vicenza mi sono espresso personalmente auspicando chiarezza, anche arrivando all'azione di responsabilità: e i veneti sanno perfettamente chi sono quelli - imprenditori e politici - che hanno fatto i furbi. Su Mps, non prendiamoci in giro: le responsabilità di una parte politica della sinistra, romana e senese, sono enormi. Da Banca121 in poi certe scelte sono state un suicidio, voluto da una politica impicciona e incapace sia a livello territoriale che nazionale". Con ogni probabilità la crescita del Pil 2016 sarà sotto l'1%. Che effetti ci saranno sulla finanza pubblica? Vi serviranno 8 miliardi per scongiurare l'aumento dell'Iva e almeno altri 5 per far fronte al rallentamento o no? "No. Da tre anni conviviamo con il rischio di manovre correttive, ma posso dire con certezza che non ce ne sarà una per il 2016. Purtroppo ci troviamo a fronteggiare questo meccanismo atroce delle clausole di salvaguardia perché i governi Letta e Monti hanno disseminato di trappole le vecchie finanziarie, ma seguiremo la linea già tenuta fin qui scongiurando un salasso da 15 miliardi, dunque l'Iva non aumenterà. E le tasse continueranno a scendere, perché andremo avanti sul taglio dell'Ires". L'emergenza terrorismo sta scuotendo l'Europa. Qual è il rischio per l'Italia? "L'intelligence italiana svolge un lavoro straordinario. E insieme ai servizi voglio ringraziare le forze di polizia, i magistrati, il Viminale, tutto il sistema. Nessun Paese è a rischio zero, nemmeno noi. Ma il lavoro è certosino e costante". Le parole del Papa ("Non è una guerra di religione") hanno suscitato un vivace dibattito. Qual è la sua opinione? C'è un problema a trovare sponde e argini dall'Islam moderato? "Io non uso la parola guerra. Rispetto chi lo fa. Dal Papa, che in queste ore a Cracovia con la Giornata Mondiale della Gioventù mi ricorda i tempi di Parigi o Tor Vergata quando anche io partecipavo a questi raduni, fino a Hollande o Merkel. Loro hanno usato la parola guerra. Io preferisco parlare di terrorismo. La sostanza, tuttavia, non cambia molto. E non cambia soprattutto la necessità che l'Islam moderato faccia sentire la sua voce, forte e chiara e senza alcun tentennamento". Il governo italiano ha mostrato scetticismo su ipotesi di nuovi interventi militari. Ma allora come sottrarre al Califfato i territori del suo "Stato"? "Noi siamo già impegnati a livello militare. Dall'Afghanistan all'Iraq, dai Balcani alla Somalia. La scelta del mio governo è solo quella di evitare avventure improvvisate come quella che i nostri amici francesi imposero in grande stile in Libia arrivando alla distruzione di Gheddafi ma senza un piano per il dopo. E noi siamo i primi a pagarne le conseguenze oggi. Le iniziative militari devono avere una strategia per il domani, non solo una tattica per l'oggi". In Iraq e in Libia sono impiegate forze speciali italiane nella guerra all'Is? "Le strutture italiane impegnate nella lotta contro Daesh sono quelle autorizzate dal Parlamento, ai sensi della vigente normativa. Non si scherza su questi temi". Merkel ha tenuto ferma la linea dell'accoglienza ai profughi. "Sono loro le prime vittime del terrorismo". Come si regolerà l'Italia? "Accoglienza, certo. Siamo in prima fila su questo, da sempre, e lo siamo in particolar modo sul salvataggio di vite umane. Detto questo se c'è un obiettivo che l'Europa non ha ancora centrato è la gestione continentale dei rimpatri. Vogliamo salvare tutti quelli che troviamo in mare, ma non possiamo tenerli tutti in Italia. Ancora i numeri sono gestibili, ma l'Europa deve collegare strategie di cooperazione internazionale con rimpatri, altrimenti il sistema salta". Torniamo in Italia. Il referendum costituzionale si sta trasformando in una chiamata alle armi di una Santa Alleanza anti-renziana. Pentito di aver "personalizzato" legando l'esito del voto alle sorti del governo? Resta la domanda: cosa farà in caso di successo del no? "Personalizzare questo referendum contro di me è il desiderio delle opposizioni, non il mio. Per questo ho già detto che il mio contributo sarà molto chiaro: parlare solo e soltanto di contenuti, tenendomi alla larga rigorosamente da tutti i temi del dopo. Questo referendum riguarda il futuro del Paese più che il mio. Se vince il sì, riduciamo il numero dei politici e le competenze delle regioni, se vince il no rimane tutto come adesso. Se vince il sì ci saranno governi più stabili e l'abolizione degli enti inutili come il Cnel, se vince il no rimane tutto come adesso. Sarà una bellissima campagna elettorale sui contenuti, non sulle paure". La data della consultazione. L'opposizione dice: il governo ha paura e prende tempo. "Penso che il Presidente Mattarella abbia detto parole definitive a riguardo. La data viene decisa sulla base di una precisa procedura che noi stiamo rispettando nel dettaglio, come peraltro è nostro dovere. Ottobre o novembre, cambia poco. L'importante è che i cittadini siano informati sul quesito". Rai, dopo la polemica sui compensi, ora è già battaglia politica sulle prossime nomine per i tg. Lei aveva promesso una Rai smarcata dai partiti, ma l'impressione è che l'azienda sia impelagata nei soliti rituali. "Io non ho messo il naso in nessuna nomina Rai e non intendo farlo adesso. Abbiamo scelto come Governo un manager qualificato come Campo dall'Orto, adesso tocca a lui e alla sua squadra. Il paradosso è che noi non mettiamo bocca nelle scelte e siamo giudicati responsabili per tutto ciò che accade. Buffo, no?". Lei sta per partire per i Giochi di Rio. Intanto sulla candidatura di Roma 2024 pende l'imminente no del Comune a guida M5S. "Siamo oggettivamente i più forti e abbiamo grandi chance di farcela. Adesso credo che sia meglio parlare solo di sport e fare un grande in bocca al lupo agli atleti che ci rappresenteranno in Brasile, a cominciare dalla nostra portabandiera Federica Pellegrini. Durante le Olimpiadi in passato si fermavano anche le guerre: spero più banalmente che per almeno quindici giorni si possano evitare le polemiche politiche anche su questo. E, se mi permette, vorrei per una volta toccare un tema personale". Ovvero? "Dopo 41 anni penso di poter conoscere a sufficienza mio padre per dire che poche cose sono più lontane dal suo codice di condotta di una bancarotta fraudolenta. Sono stato in silenzio, tuttavia, perché era giusto e doveroso rispettare il lavoro dei magistrati. Dopo due anni anche i giudici di Genova la pensano così e la cosa mi fa piacere. Nessuno ha mai fatto polemiche in questi due anni, non ha senso iniziare adesso. Mio padre adesso chiederà i risarcimenti come è legittimo che faccia, questioni sue. Il punto vero è quello di cui ho discusso ieri sera a cena con i miei figli: io so che possono farmi lezioni in tanti, su tante cose. Ma sull'onestà e sulla fedina penale non ho paura di confrontarmi con nessuno". © Riproduzione riservata 31 luglio 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/07/31/news/intervista_renzi-145115541/?ref=HRER3-1 Titolo: Renzi: "Mps, non pagano i cittadini. Niente manovra-bis né aumento dell'Iva" Inserito da: Arlecchino - Agosto 02, 2016, 05:07:47 pm Renzi: "Mps, non pagano i cittadini. Niente manovra-bis né aumento dell'Iva"
Intervista al presidente del Consiglio. J'accuse su Siena: "Colpe di una parte della sinistra". Sulla finanziaria: "Eviterò le trappole disseminate da Monti e Letta". Migranti, l'Europa deve aiutarci Di STEFANO CAPPELLINI 31 luglio 2016 Presidente Renzi, quattro banche italiane su cinque hanno superato gli stress test dell'Eba. Ma gli indicatori dicono che la massa di crediti deteriorati nella pancia dei nostri istituti è molto superiore alla media Ue: è la prova che l'economia italiana soffre più delle altre. "Questo è un dato oggettivo. La nostra economia reale è quella che tra il 2009 e il 2014 in Europa ha perso più di tutti. Abbiamo avuto un crollo del pil, tre anni di recessione, la disoccupazione quasi raddoppiata. Pur tuttavia una banca italiana, Intesa, è risultata la migliore a livello europeo. Quattro su cinque vanno bene. Per la quinta, Monte dei Paschi di Siena, ci siamo mossi per dare una risposta tempestiva: la proposta di Atlante ripulisce finalmente e per sempre la questione crediti deteriorati. Insomma grazie all'intervento di Atlante c'è una soluzione di sistema, definitiva. E l'aumento di capitale, finalmente, sarà fatto su una banca totalmente ripulita dai problemi del passato. Tuttavia l'unica soluzione per archiviare definitivamente la crisi bancaria è tornare alla crescita. Dal 2015 abbiamo cambiato verso e invertito la rotta. Il segno del pil è tornato positivo, il Jobs Act ha portato 599mila posti di lavoro in più e la massa dei crediti deteriorati finalmente cala. Ecco perché insisto su investimenti, crescita e flessibiità contro la cultura dell'austerity". Nel piano per Mps è previsto un ruolo anche per Cassa Depositi e Prestiti. Ma qual è la linea del governo: lasciare l'iniziativa al mercato o mettere in campo garanzie pubbliche? "Quando gli altri Paesi come Gran Bretagna, Germania e Spagna hanno salvato le banche, non c'erano vincoli Ue. Li hanno messi nel 2013. E sono stati i governi che ci hanno preceduto a scartare l'ipotesi di una bad bank italiana. Per me è stato un errore, ma inutile piangere sul latte versato. Oggi ci sono dei vincoli complicati da spiegare. In soldoni: se vogliamo fare un intervento pubblico, bisogna che paghino anche i cittadini. E io non voglio che per le responsabilità dei politici del passato, e dei banchieri del passato, paghino i cittadini di oggi. Non è un fatto di consenso, è un fatto di giustizia. Paghi chi ha sbagliato, non la gente comune. Con Padoan abbiamo agito all'unisono, incoraggiando una soluzione di mercato. La BCE e il Cda del Monte dei Paschi di Siena hanno fatto poi la scelta che hanno ritenuto più solida. A me interessa proteggere il correntista e il risparmiatore. Devono sapere che in Italia c'è un governo che si occupa di loro, non delle poltrone dei consigli di amministrazione delle banche come accaduto troppo spesso in passato. Poi se le banche finalmente si ripuliscono dai deteriorati, beh, quella diventa oggettivamente la misura di crescita economica più forte perché significa recuperare credito da dare ai piccoli imprenditori, agli artigiani, alle famiglie". La Corte dei conti solleva dubbi sul ruolo di Cdp come finanziatore di iniziative di politica economica e industriale. La Cdp è diventata il bancomat del Tesoro? "No. Rispetto la Corte dei Conti, ma la realtà è un'altra. Cdp si sta muovendo in totale ossequio alle leggi italiane e alle regole europee. Il fatto che possa dare una mano, oggi in Atlante o domani in Ilva, è a sostegno dell'economia reale del Paese. Ed è totalmente in linea con la missione della Cassa. A ciascuno il suo: cosa fa la Cassa lo decidono i soci e le leggi, non la Corte dei Conti". Dai casi Pop Vicenza ed Etruria, di cui era dirigente il padre del ministro Boschi, fino a Mps la sfiducia di molti cittadini verso il sistema bancario non è solo una questione di indici e test. Ci sono state responsabilità della politica e degli organi di vigilanza. "In Italia c'erano, e ci sono ancora, troppe banche. E ancora poco credito. Noi come governo abbiamo messo le mani in una situazione difficilissima con un obiettivo chiaro: via la politica dalle banche. Via i meccanismi allucinanti delle popolari dove qualcuno faceva campagna elettorale per il rinnovo dei cda attraverso la concessione di credito. E per farlo la riforma delle popolari del gennaio 2015 segna una svolta storica in Italia. Mi piacerebbe che ci fosse più onestà intellettuale nel riconoscerlo. Nel merito delle singole banche, le storie sono diverse. Su Banca Etruria noi siamo stati di una severità esemplare arrivando al commissariamento e alle doppie sanzioni. Ma chi conosce Arezzo sa che le cause di quella vicenda hanno le radici in un passato lontano e sono ben diverse da come sono state raccontate. Su Vicenza mi sono espresso personalmente auspicando chiarezza, anche arrivando all'azione di responsabilità: e i veneti sanno perfettamente chi sono quelli - imprenditori e politici - che hanno fatto i furbi. Su Mps, non prendiamoci in giro: le responsabilità di una parte politica della sinistra, romana e senese, sono enormi. Da Banca121 in poi certe scelte sono state un suicidio, voluto da una politica impicciona e incapace sia a livello territoriale che nazionale". Con ogni probabilità la crescita del Pil 2016 sarà sotto l'1%. Che effetti ci saranno sulla finanza pubblica? Vi serviranno 8 miliardi per scongiurare l'aumento dell'Iva e almeno altri 5 per far fronte al rallentamento o no? "No. Da tre anni conviviamo con il rischio di manovre correttive, ma posso dire con certezza che non ce ne sarà una per il 2016. Purtroppo ci troviamo a fronteggiare questo meccanismo atroce delle clausole di salvaguardia perché i governi Letta e Monti hanno disseminato di trappole le vecchie finanziarie, ma seguiremo la linea già tenuta fin qui scongiurando un salasso da 15 miliardi, dunque l'Iva non aumenterà. E le tasse continueranno a scendere, perché andremo avanti sul taglio dell'Ires". L'emergenza terrorismo sta scuotendo l'Europa. Qual è il rischio per l'Italia? "L'intelligence italiana svolge un lavoro straordinario. E insieme ai servizi voglio ringraziare le forze di polizia, i magistrati, il Viminale, tutto il sistema. Nessun Paese è a rischio zero, nemmeno noi. Ma il lavoro è certosino e costante". Le parole del Papa ("Non è una guerra di religione") hanno suscitato un vivace dibattito. Qual è la sua opinione? C'è un problema a trovare sponde e argini dall'Islam moderato? "Io non uso la parola guerra. Rispetto chi lo fa. Dal Papa, che in queste ore a Cracovia con la Giornata Mondiale della Gioventù mi ricorda i tempi di Parigi o Tor Vergata quando anche io partecipavo a questi raduni, fino a Hollande o Merkel. Loro hanno usato la parola guerra. Io preferisco parlare di terrorismo. La sostanza, tuttavia, non cambia molto. E non cambia soprattutto la necessità che l'Islam moderato faccia sentire la sua voce, forte e chiara e senza alcun tentennamento". Il governo italiano ha mostrato scetticismo su ipotesi di nuovi interventi militari. Ma allora come sottrarre al Califfato i territori del suo "Stato"? "Noi siamo già impegnati a livello militare. Dall'Afghanistan all'Iraq, dai Balcani alla Somalia. La scelta del mio governo è solo quella di evitare avventure improvvisate come quella che i nostri amici francesi imposero in grande stile in Libia arrivando alla distruzione di Gheddafi ma senza un piano per il dopo. E noi siamo i primi a pagarne le conseguenze oggi. Le iniziative militari devono avere una strategia per il domani, non solo una tattica per l'oggi". In Iraq e in Libia sono impiegate forze speciali italiane nella guerra all'Is? "Le strutture italiane impegnate nella lotta contro Daesh sono quelle autorizzate dal Parlamento, ai sensi della vigente normativa. Non si scherza su questi temi". Merkel ha tenuto ferma la linea dell'accoglienza ai profughi. "Sono loro le prime vittime del terrorismo". Come si regolerà l'Italia? "Accoglienza, certo. Siamo in prima fila su questo, da sempre, e lo siamo in particolar modo sul salvataggio di vite umane. Detto questo se c'è un obiettivo che l'Europa non ha ancora centrato è la gestione continentale dei rimpatri. Vogliamo salvare tutti quelli che troviamo in mare, ma non possiamo tenerli tutti in Italia. Ancora i numeri sono gestibili, ma l'Europa deve collegare strategie di cooperazione internazionale con rimpatri, altrimenti il sistema salta". Torniamo in Italia. Il referendum costituzionale si sta trasformando in una chiamata alle armi di una Santa Alleanza anti-renziana. Pentito di aver "personalizzato" legando l'esito del voto alle sorti del governo? Resta la domanda: cosa farà in caso di successo del no? "Personalizzare questo referendum contro di me è il desiderio delle opposizioni, non il mio. Per questo ho già detto che il mio contributo sarà molto chiaro: parlare solo e soltanto di contenuti, tenendomi alla larga rigorosamente da tutti i temi del dopo. Questo referendum riguarda il futuro del Paese più che il mio. Se vince il sì, riduciamo il numero dei politici e le competenze delle regioni, se vince il no rimane tutto come adesso. Se vince il sì ci saranno governi più stabili e l'abolizione degli enti inutili come il Cnel, se vince il no rimane tutto come adesso. Sarà una bellissima campagna elettorale sui contenuti, non sulle paure". La data della consultazione. L'opposizione dice: il governo ha paura e prende tempo. "Penso che il Presidente Mattarella abbia detto parole definitive a riguardo. La data viene decisa sulla base di una precisa procedura che noi stiamo rispettando nel dettaglio, come peraltro è nostro dovere. Ottobre o novembre, cambia poco. L'importante è che i cittadini siano informati sul quesito". Rai, dopo la polemica sui compensi, ora è già battaglia politica sulle prossime nomine per i tg. Lei aveva promesso una Rai smarcata dai partiti, ma l'impressione è che l'azienda sia impelagata nei soliti rituali. "Io non ho messo il naso in nessuna nomina Rai e non intendo farlo adesso. Abbiamo scelto come Governo un manager qualificato come Campo dall'Orto, adesso tocca a lui e alla sua squadra. Il paradosso è che noi non mettiamo bocca nelle scelte e siamo giudicati responsabili per tutto ciò che accade. Buffo, no?". Lei sta per partire per i Giochi di Rio. Intanto sulla candidatura di Roma 2024 pende l'imminente no del Comune a guida M5S. "Siamo oggettivamente i più forti e abbiamo grandi chance di farcela. Adesso credo che sia meglio parlare solo di sport e fare un grande in bocca al lupo agli atleti che ci rappresenteranno in Brasile, a cominciare dalla nostra portabandiera Federica Pellegrini. Durante le Olimpiadi in passato si fermavano anche le guerre: spero più banalmente che per almeno quindici giorni si possano evitare le polemiche politiche anche su questo. E, se mi permette, vorrei per una volta toccare un tema personale". Ovvero? "Dopo 41 anni penso di poter conoscere a sufficienza mio padre per dire che poche cose sono più lontane dal suo codice di condotta di una bancarotta fraudolenta. Sono stato in silenzio, tuttavia, perché era giusto e doveroso rispettare il lavoro dei magistrati. Dopo due anni anche i giudici di Genova la pensano così e la cosa mi fa piacere. Nessuno ha mai fatto polemiche in questi due anni, non ha senso iniziare adesso. Mio padre adesso chiederà i risarcimenti come è legittimo che faccia, questioni sue. Il punto vero è quello di cui ho discusso ieri sera a cena con i miei figli: io so che possono farmi lezioni in tanti, su tante cose. Ma sull'onestà e sulla fedina penale non ho paura di confrontarmi con nessuno". © Riproduzione riservata 31 luglio 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/07/31/news/intervista_renzi-145115541/?ref=HRER3-1 Titolo: MATTEO RENZI Siamo un paese migliore di come siamo abituati a pensarci. Inserito da: Arlecchino - Agosto 09, 2016, 06:14:58 pm Lunedì 8 agosto 2016
Enews 437 Buongiorno a tutti, ben ritrovati. Mi scuso per questa lunga assenza delle Enews che tornano dopo un periodo ricco di iniziative, di missioni nel cuore dell'Italia profonda e dopo la trasferta brasiliana per le Olimpiadi. Parto da qui, proprio da qui: Rio 2016 1. Orgoglio Tricolore Sono arrivate molte medaglie già nelle prime ore delle Olimpiadi. La cosa divertente è che con le Olimpiadi diventiamo tutti esperti di discipline di cui qualcuno ignora per quattro anni non solo le regole, ma persino l'esistenza. Trovo tutto ciò molto simpatico, una delle tante cose belle delle Olimpiadi. Scoprire la passione per lo sport e per il nostro Paese ritrovandoci commossi ad ascoltare l'inno nazionale quando qualcuno vince, disperarsi insieme dopo la sconfitta di qualcuno che pure sino a due giorni prima era per molti un semisconosciuto. Per gli atleti che arrivano alla prova olimpica, tuttavia, quella non è soltanto un'emozione unica, ma il coronamento di anni di sacrifici, di sfide contro se stessi e contro gli altri, di fatica. Per questo ho detto loro, a tutti e a ciascuno, il nostro più affettuoso grazie. Il grazie di tutte le italiane, di tutti gli italiani. Il mondo ha bisogno anche dei valori dello sport. E l'Italia è in prima fila per offrire una visione alternativa a chi vorrebbe costringerci a vivere di paure e di rifiuto dell'altro. Ecco perché il nostro impegno per lo sport non è soltanto la presenza alle Olimpiadi, ma tocca innanzitutto i 100 milioni di euro che abbiamo stanziato per gli impianti sportivi nelle periferie e il nostro investimento culturale - oltre che economico - perché le palestre nelle scuole tornino a essere accoglienti e aperte al territorio. La candidatura di Roma 2024 non è dunque semplicemente la candidatura a ospitare un grande evento. è l'idea di un Paese che in nome degli ideali rifiuta la cultura della paura, rifiuta la logica del “tutti chiusi in casa” che il terrorismo vorrebbe costringerci ad accettare, rifiuta la fuga dalla propria identità. Evviva i nostri atleti dunque. Quelli che tornano a casa con la medaglia e quelli che ci hanno regalato soltanto un sogno che è valso la pena comunque sognare insieme. Ma viva innanzitutto lo sport, i milioni di volontari che ogni weekend aprono gli impianti, creano presenza sociale sul territorio, danno una mano a rendere più belle le nostre comunità. E viva l'Italia, sempre. Aver illuminato con il tricolore il simbolo di Rio de Janeiro, il Cristo Redentore sul Corcovado è stato un istante di intensa emozione, credetemi. Ci sono dei momenti in cui il Paese si riunisce. Stop alle polemiche di chi vive il litigio in servizio permanente: forza Azzurri e viva lo sport! 2. L'Italia che ci crede. In attesa delle vacanze - che stanno vedendo un grandissimo risultato di tante località turistiche e questo è un segnale ottimo per la nostra economia - ho viaggiato molto in Italia per mille motivi. In Piemonte abbiamo toccato con mano la qualità del made in Italy sia alla Cimberio, in provincia di Novara, che all'Alessi, in provincia di Verbania Sulle strade abbiamo inaugurato il Quadrilatero Marche - Umbria e eliminato tutti i cantieri della Salerno-Reggio che sarà inaugurata formalmente il 22 dicembre, con buona pace di quelli che ridevano dell'Italia e adesso - forse - non ridono più. E ho anche visitato l'Arena a Tolentino e la Rocchetta a Gualdo Tadino, due belle aziende nel cuore dell'Italia profonda Abbiamo firmato l'accordo con il Molise, visitando anche alcune realtà di eccellenza come la Molisana e l'Unilever, ma anche i genitori delle piccole vittime del crollo della scuola del 2002 a San Giuliano. Momento toccante e duro, ma pieno di dolore e umanità. Abbiamo anche firmato l'accordo con la Sardegna, mettendo la parola fine a questioni che duravano da troppi anni, grazie all'ottimo lavoro del presidente Pigliaru. Ho toccato con mano le difficoltà - ma anche le opportunità - della città di Taranto, tornando per la seconda volta in due anni. Non solo Ilva e i suoi problemi, ma anche il museo archeologico, i lavori del porto, la firma degli accordi con la città. A Firenze ho poi ricevuto la visita di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon che ha fatto due importanti annunci per il nostro Paese: l'investimento che porterà ad assumere 1.200 persone a Rieti e il centro per l'intelligenza artificiale a Torino che avrà in partenza solo venti ingegneri ma che in prospettiva può essere interessantissimo. Ho girato molto e in questi giorni l'ho fatto con ancora maggiore determinazione dopo le notizie tragiche che sono arrivate da varie parti del mondo, in particolar modo da Francia e Germania, ma anche da Baghdad e da Kabul. Noi ci siamo commossi giustamente per le vittime europee, come è ovvio che sia. Ma sapere che cento bambini trovino una morte atroce in un mercato iracheno o che delle famiglie afghane siano massacrate mentre stanno solo chiedendo che arrivi l'elettricità in casa propria fa comunque male al cuore. Non ha passaporto il dolore, non ha spiegazione la follia. Per chi - tra l'altro - è interessato a seguire la mia opinione su questi temi qui trovate la relazione fatta nei giorni scorsi all'assemblea nazionale del PD. Però una reazione ci vuole. E coltivare la fiducia, il buon senso, il coraggio richiede piccoli gesti concreti. E poi queste tappe italiane sono preziose perché ti danno la possibilità di incrociare storie autentiche che - anche in mezzo alle difficoltà - regalano speranza e coraggio. La morale per me è semplice: c'è un'Italia che ci prova, ogni giorno. Che non si fa bloccare dalla paura. Che porta il proprio contributo perché il futuro sia migliore. Questa Italia è bella. è un'Italia fatta da persone che si svegliano la mattina presto e provano a cambiare qualcosa anziché lamentarsi soltanto. Questa Italia merita di essere ascoltata, mostrata, incontrata, amata. E io intendo continuare a farlo giorno dopo giorno, passo dopo passo. Alla fine dei conti, questo è il vero ruolo del capo di un governo. Lavorare perché il Paese vada ancora meglio, si metta in gioco, sia capace di vincere le difficoltà. Contro i disfattisti, contro chi dice sempre no, contro chi vive nella lamentazione costante. Lo ha detto in modo semplicemente perfetto Barack Obama intervenendo alla convention di Philadelphia. Se avete cinquanta minuti, ascoltate questo video. Per chi guida un governo l'audacia della speranza è la priorità numero uno. 3. Basta un sì. Nel frattempo il sito www.bastaunsi.it è sempre di più la casa di tutti i cittadini, comitati, amici che vogliono dare una mano in vista del referendum costituzionale del prossimo autunno. In tanti mi hanno detto: “Matteo, questa non è la tua sfida, non personalizzarla”. Vero, questa è la sfida di milioni di persone che vogliono ridurre gli sprechi della politica, rendere più semplici le istituzioni, evitare enti inutili e mantenere tutte le garanzie di pesi e contrappesi già presenti nella nostra Costituzione. Un'Italia più semplice e più forte sarà possibile se i cittadini lo vorranno. Dipende da ciascuno di noi, non da uno solo, dunque, ma da un popolo. In tanti mi state scrivendo segnalando la necessità di spiegare nel merito la questione referendaria. Il quesito infatti non riguarda la legge elettorale o i poteri del Governo, argomenti che non sono minimamente toccati dalla legge costituzionale, ma riguarda il numero dei politici, il tetto allo stipendio dei consiglieri regionali, il voto di fiducia, il Senato, il quorum per il referendum che viene abbassato, l'introduzione del referendum propositivo, l'abolizione degli enti inutili come il CNEL, le competenze delle Regioni. Per vincere questo referendum basta entrare nel merito, basta leggere il quesito, basta chiedere agli italiani se davvero vogliono continuare con la classe politica più numerosa e più pagata dell'Occidente o se invece vogliono ridurre i costi e i posti dei parlamentari, perché per cambiare basta un sì. Basta chiedere agli italiani se davvero vogliono continuare con le Regioni che fanno promozioni turistiche e missioni in autonomia o se invece vogliamo cambiare, con un progetto turismo Italia, perché per cambiare basta un sì. Basta chiedere agli italiani se davvero vogliono continuare con un sistema di scrittura delle leggi che fa fare a Camera e Senato esattamente la stessa cosa, il che succede solo in Italia, o se invece vogliono lasciare a una sola Camera il rapporto fiduciario con il Governo, perché per cambiare basta un sì. I segnali di queste settimane sono davvero buoni. Il comitato del Sì - a differenza di chi dice NO - ha raggiunto le firme necessarie alla presentazione in Cassazione (ne servivano mezzo milione, ne abbiamo avute quasi 600mila, circa il triplo degli altri) I nostri comitati sono tantissimi, arrivano quasi a quota tremila. Abbiamo chiesto un aiuto a chi vuole darci una mano, anche a livello economico. Percorso trasparente, semplice e verificabile, alla luce del sole. Conclusione? A oggi abbiamo ricevuto più di 88.100 euro, quasi tutti con piccole donazioni, da 5-10-20 euro. E sul sito www.bastaunsi.it ci sono sempre più messaggi che provengono dai territori, di persone che spiegano perché - secondo loro, semplici cittadini senza incarichi politici - questa riforma è fondamentale per rendere l'Italia un paese più solido e più semplice. Varie Qui intervista a Gazzetta dello Sport sulle Olimpiadi Qui intervista a Repubblica su banche e dintorni Qui conferenza stampa sui nuovi decreti legati alla riforma della pubblica amministrazione. Il lavoro su questi temi proseguirà anche nei prossimi giorni. I dati sul JobsAct segnano un risultato impressionante: da quando il Governo è in carica abbiamo - secondo i dati Istat, non secondo me - qualcosa come 599.000 nuovi posti di lavoro. È un dato fantastico: se penso che Berlusconi con la promessa, non mantenuta, di un milione di posti di lavoro ha monopolizzato il dibattito sul mondo del lavoro per anni mi domando come sia possibile non dare la sufficiente attenzione a questo recupero di 600 mila nuovi lavoratori che per me sono un elemento di svolta cruciale. Ancora in tanti soffrono, ancora in tanti sono disoccupati: vero. Ma il segnale di ripresa del mondo del lavoro grazie al JobsAct è un punto che dovrebbe far gioire tutti, non essere elemento di divisione Pensierino della sera. Ho scelto di iniziare il viaggio in Brasile da Salvador do Bahia, terra storicamente legata alla mia Firenze per molti motivi. Il più importante dei quali ha un nome e cognome: Renzo Rossi. O come diceva lui: Renzo Rossi, prete. Don Renzo, compagno di seminario di don Milani e di altri personaggi della chiesa fiorentina del XX Secolo, aveva scelto di andare a Salvador nel 1965 come missionario quando i bambini morivano di fame nelle favelas. Per caso si era fatto compagno di strada di alcuni prigionieri politici durante gli anni bui del regime, condividendo la sofferenza di tanti di loro in modo semplice e fraterno (per chi avesse tempo e voglia di scoprire la sua storia c'è un bel documentario di un giornalista di Repubblica, Benedetto Ferrara "Un angelo testardo" che potete trovare su YouTube). Intendiamoci, mezzo secolo dopo l'avvento di don Renzo, grazie al lavoro di tanti come lui, del progetto Agata Smeralda di Mauro Barsi, della cooperazione internazionale italiana (prezioso il lavoro di AVSI, tra i tanti) la situazione è decisamente migliorata. Ma qualche anno fa avevo promesso a don Renzo che nel primo viaggio in Brasile sarei partito da Salvador, casa sua. E ho mantenuto questo impegno, anche adesso che lui ci ha lasciato. Sono arrivato nelle favelas qualche ora dopo che il Parlamento italiano aveva approvato una legge importante contro lo spreco alimentare, un altro tassello del mosaico sulla lotta alla povertà e alla cultura dello spreco grazie all'azione di molti deputati del PD guidati da Maria Chiara Gadda. E sono stato felice qualche giorno dopo di rappresentare l'Italia al fianco di Massimo Bottura, appena eletto ristoratore numero uno al mondo, nella presentazione del progetto Refetto-Rio, un luogo nel centro di Rio in cui fare del cibo uno strumento di riscatto sociale e di uguaglianza sostanziale. L'Italia insomma è anche questo, lotta per l'oro anche nella disciplina olimpica della solidarietà. Non dimentichiamocelo mai. Siamo un paese migliore di come siamo abituati a pensarci. Un sorriso, Matteo PS In tutta Italia continuano le Feste dell'Unità. Domani visiterò due luoghi simbolo delle feste emiliane: Bosco Albergati, in provincia di Modena e Villalunga in provincia di Reggio Emilia. Dicendo innanzitutto grazie ai volontari per la loro disponibilità, per la loro passione, per la loro tenacia: un popolo di militanti che rappresenta l'anima più vera del Partito Democratico. E poi farò un comizio vecchia maniera alle 18.30 a Bosco Albergati e un'intervista serrata a Villalunga con Enrico Mentana. Mi fa piacere che abbia accettato e che domani alle 21.30 saremo sul palco insieme. Nel frattempo grazie ai tanti che parlano di buona politica alle feste del nostro partito. Da - https://mail.google.com/mail/u/0/?pc=it-ha-emea-it-bk&shva=1#inbox/1566c0d7833072a5 Titolo: MATTEO RENZI lancia "Casa Italia": unità nazionale per un piano integrato con.. Inserito da: Arlecchino - Agosto 26, 2016, 08:53:19 pm Terremoto,
Matteo Renzi lancia "Casa Italia": unità nazionale per un piano integrato con fondi pubblici, privati e Ue Pubblicato: 25/08/2016 22:01 CEST Aggiornato: 25/08/2016 22:17 CEST La crisi è sempre anche opportunità. E quindi dopo il dolore per le tante vittime del sisma nel centro Italia, Matteo Renzi rilancia. Si chiama “Casa Italia” la sua nuova scommessa per dimostrare che il suo governo è di altra stoffa, che non è il governo Berlusconi alle prese con il terremoto dell’Aquila. Per dimostrare che invece i borghi colpiti ieri dal sisma tra Lazio e Marche verranno ricostruiti così com’erano. “Niente new Town”, è l’annuncio della conferenza stampa dopo il consiglio dei ministri che stanzia 50 milioni di euro iniziali, delibera lo stato di emergenza, sospende il pagamento delle tasse per i terremotati. Ma c’è dell’altro. Un vero e progetto sulla “prevenzione: dalle bonifiche, al dissesto idrogeologico, la prevenzione sismica, efficienza energetica…”, dice Renzi chiedendo l’unità nazionale su questi temi. Un appello che segue a quello di Sergio Mattarella, che aveva chiesto all'Italia di unirsi nello sforzo della ricostruzione. È la prima volta che il premier parla in questi termini di ambiente. La prima volta che lancia una sfida su questi temi. Da ieri si è messo in testa di non lasciare nulla di intentato dopo la tragedia ad Amatrice, Arquata del Tronto, Accumoli. E’ la sua occasione per fare la differenza rispetto al passato: obiettivo cruciale nei mesi che precedono il referendum costituzionale di novembre, momento decisivo per la sua carriera politica. E allora, anche per questo, unità nazionale. Arriva a parlare di un piano "concertato", parola che non fa parte del suo lessico politico. “Il progetto Casa Italia non è un elenco di parole ma un progetto in cui tutti possano riconoscersi: soggetti sociali, ordini professionali, associazioni di categoria, sindacati, associazionismo fino agli esponenti del mondo ambientalista - spiega - Il fatto che non ci siano riusciti negli anni precedenti, non vuol dire che noi non ci riusciamo. Questa scommessa sulla prevenzione deve diventare un patrimonio condiviso di tutti gli italiani, non è tema di una parte ma avverto la responsabilità come capo del governo che questo tema debba coinvolgere tutti”. Così Renzi tenta di rispondere ai primi spifferi di polemica sulla mancanza di prevenzione rispetto ai disastri naturali in Italia. Anche se “è illusorio pensare di mettere sotto controllo la natura, difficile pensare che ciò che è avvenuto non possa essere considerato come gigantesca calamità naturale, difficile immaginare che potesse essere affrontato con una diversa tecnica edilizia, stiamo parlando di borghi medievali…”, premette. Comunque “nei prossimi 15 giorni cercheremo di incontrare tutti coloro che hanno un ruolo su questo tema, prendendo il meglio da tutti salvo assumerci la nostra responsabilità…”. L’idea è che “Casa Italia” mobili fondi pubblici, privati e anche europei. Anche se “siamo ancora agli inizi” della pianificazione, specifica Renzi. E’ un piano che ha preso forma negli incontri di giornata, prima del consiglio dei ministri. Di primo mattino il presidente del Consiglio aveva ricevuto a Palazzo Chigi Pier Carlo Padoan e poi anche il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Quello con il ministro dell’Economia è un incontro che si sarebbe tenuto anche senza il terremoto, un punto di orizzonte dopo la pausa estiva e prima del bilaterale con Angela Merkel la prossima settimana a Maranello. Ma naturalmente il sisma cambia l’agenda anche di un confronto tra premier e ministro dopo le vacanze: priorità alle misure per i terremotati, poi varate dal Consiglio dei ministri serale (che approva anche 4 decreti della riforma della pubblica amministrazione). Il quadro è complicatissimo. Per Renzi è come muoversi sul crinale di una montagna dell’Appennino, tanto per citare la zona colpita dal sisma. In conferenza stampa, il premier non fa promesse agli sfollati. “Dove passeranno l’inverno? E’ presto per dirlo, sappiamo che passarlo nelle tendopoli è difficile, decideremo insieme ai sindaci e alle comunità colpite, certo le case resteranno inagibili per un lungo periodo…”. Ma una promessa la fa, perchè afferma di sentire "l'impegno morale" di ricostruire i borghi storici devastati dal terremoto. "Per queste persone stare vicino al loro territorio, alle proprie radici, è un diritto". Sulla pianificazione del dopo, la ricostruzione, in giornata aveva chiarito il ministro Dario Franceschini: “Ci chiedono una ricostruzione dei borghi storici che sia fedele all'immagine che nei secoli questi centri storici hanno conservato, credo che sia una sfida che dovremmo raccogliere: l’Italia la deve a quelle comunità". Domani nei luoghi del sisma ci sarà il presidente dell’Anci Piero Fassino per una riunione con i sindaci dei comuni colpiti. Il governatore delle Marche Luca Ceriscioli farà invece il punto con la presidente della Camera Laura Boldrini e i parlamentari. Continua la gara di solidarietà tra le regioni, organizzazioni di volontariato, associazioni. Persino le banche intervengono. E’ l’Abi a invitare le banche a sospendere il pagamento delle rate dei mutui per gli immobili colpiti dal sisma. Tra i primi ad accogliere l’invito, Nuova Banca Etruria che tenta così un recupero di immagine dopo la brutta storia del salvataggio per decreto del governo e bail-in europeo. Per ora dal governo arriva solo il blocco del pagamento delle tasse. Emergenza, ricostruzione, prevenzione. L’onda sismica porta a Palazzo Chigi altri tre compiti o cavalli di battaglia, a seconda dei punti di vista. “Vorrei che questo fosse il compito per il futuro, una volta che le emozioni profonde lasceranno spazio alle reazioni…”, dice Renzi, già calato nella nuova parte assegnata stavolta da Madre Natura. Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/08/25/terremoto-governo_n_11701874.html?utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI Il dolore e la reazione Inserito da: Arlecchino - Settembre 02, 2016, 05:29:22 pm Lunedì 29 agosto 2016
Enews 439 Matteo Renzi Il dolore e la reazione In queste ore l'Italia è una famiglia colpita. Le storie che Amatrice, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto ci consegnano sono storie di disperazione e di morte. Non basterà una vita ad asciugare le lacrime di quella mamma che ha perso il marito e i figli. Di quei genitori che non abbracceranno più la loro piccola creatura. Di quella bambina salvata dalla sorellina più grande a prezzo della vita. Di quel ragazzo rimasto orfano che il prossimo anno farà l'esame di maturità senza avere più i genitori a casa cui raccontare come è andata la versione. Perché vista da fuori, la contabilità dei numeri di un terremoto può apparire una fredda questione di cifre. Ma quei numeri che si calcolano in decine, poi in centinaia, sono storie di persone, nostri fratelli, membri della nostra famiglia colpita. E allora il dolore si fa spazio, prepotente, cattivo dentro la quotidianità del Paese. In questi casi l'Italia sa come fare a reagire. Siamo bravi e generosi, specie nei momenti di difficoltà. La gestione dell'emergenza da parte della Protezione Civile è stata efficace e tempestiva. Ci sono 238 persone che sono state strappate dalle macerie dalla professionalità dei Vigili del Fuoco e dei soccorritori: un numero impressionante. E le colonne mobili di donne e uomini con la divisa o volontari ha immediatamente circondato i luoghi del sisma con un abbraccio concreto, operativo, immediato. Gli amministratori di comuni e regioni stanno lavorando dal primo minuto con dedizione e pazienza. Siamo orgogliosi di questa reazione. Siamo fieri di questo meraviglioso popolo italiano. Il popolo che è arrivato ad Amatrice sin dal giorno stesso ma anche il popolo che organizza le spaghettate all'amatriciana in tante piazze d'Italia come concreta solidarietà, che educa i bambini di tutto lo Stivale a donare un pallone o un giocattolo, che fa sentire la propria vicinanza con le donazioni. Ma tutto ciò non può bastarci. La ricostruzione C'è una ricostruzione da coordinare nel modo più saggio e più rapido. Giusto fare in fretta, ma ancora più giusto fare bene e soprattutto con il coinvolgimento delle popolazioni interessate. La ricostruzione dovrà avvenire nel modo più trasparente con l'aiuto di strutture che abbiamo voluto con forza come l'Autorità Anti Corruzione presieduta da Cantone ma anche con la massima trasparenza online. Ogni centesimo di aiuti sarà verificabile a cominciare da quelli inviati via sms dagli italiani al numero della protezione civile (Sms al numero 45500, ancora attivo per chi vuole dare una mano). Ma soprattutto dovremo tenere viva la presenza delle comunità sul territorio. I luoghi hanno un'anima, non sono semplicemente dei borghi da cartolina. E l'anima gliela danno le storie delle persone, vecchi e bambini, il vissuto quotidiano, gli spazi di una comunità a cominciare dal circolo, dalla chiesa, dalla scuola. L'impegno del governo è che questi luoghi così ricchi di un passato prezioso possano avere un futuro. E per farlo occorrerà lavorare tutti insieme, senza proclami, senza annunci, senza effetti speciali, ma con l'impegno rigoroso di tutti. La storia italiana ci consegna pagine negative nella gestione del dopo-terremoto, come l'Irpinia, ma anche esempi positivi. Su tutti il Friuli del 1976, certo. Ma anche l'Umbria di vent'anni fa. E soprattutto penso al modello emiliano del 2012. Quel territorio ha "tenuto botta", come si dice da quelle parti, ricostruendo subito e bene. Le aziende sono ripartite, più forti di prima. E la coesione mostrata è stata cruciale per raggiungere l'obiettivo. Dovremo prendere esempio da queste pagine positive. E fare del nostro meglio - senza annunci roboanti - per restituire un tetto a queste famiglie e restituire un futuro a queste comunità. Casa Italia Quello che invece in passato non sempre è stato fatto è andare oltre l'emergenza, oltre la ricostruzione. Perché sull'emergenza l'Italia è forte. Sulla ricostruzione ci sono pagine di assoluta efficienza e pagine che invece andrebbero cancellate, lo sappiamo. Ma quello che in passato è spesso mancato è la costruzione di un progetto paese basato sulla prevenzione: non solo reagire, non solo ricostruire, ma prevenire. E dunque serve un deciso cambio di mentalità. Lasciatemi essere chiaro, da padre prima che da premier. L'idea iper razionalistica di chi in queste ore dice "rischio zero" è inattuabile. Da un lato l'Italia è troppo articolata per risolvere in partenza ogni problema legato alle calamità naturali. Dall'altro, io dico soprattutto, la pretesa di tenere sotto controllo la natura è miope e persino assurda. Ovunque nel mondo la Natura miete vittime per alluvioni, uragani, terremoti. E questo riguarda anche Paesi che noi giudichiamo più preparati del nostro: in tutto il mondo i lutti legati a calamità naturali sono numerosi. Ma se mandiamo in soffitta la pretesa ideologica di chi vorrebbe tenere sotto controllo la natura, dall'altro è anche vero che non possono vincere i fatalisti che nel nome del destino continuano a costruire senza visione e strategia o impediscono di creare una cultura della prevenzione. Perché rincorrere quando potremmo anticipare? Nessuno di noi potrà bloccare la natura, ma perché non cambiare mentalità e lavorare - tutti insieme - a un progetto che tenga più al riparo la nostra famiglia, la nostra casa? Questo è il senso del progetto Casa Italia che nei prossimi giorni presenterò a tutti i soggetti interessati, ai professionisti, ai rappresentanti di comuni e regioni, ai sindacati e alle associazioni di categoria, agli ambientalisti e ai costruttori. Il fatto che per 70 anni non siamo riusciti a far partire un progetto coordinato e strategico di prevenzione significa che questa sfida non è facile, fa tremare i polsi. Ma il fatto che sia una sfida difficile, non è un buon motivo per non provarci. È un progetto di lungo respiro, che richiederà anni, forse un paio di generazioni, come ieri mi diceva con lucidità e visione un grande italiano quale Renzo Piano. Ma il fatto che sia un progetto a lungo termine, non è un buon motivo per non iniziare subito. In Casa Italia immagino di inserire non solo i provvedimenti per l'adeguamento antisismico ma anche gli investimenti che stiamo facendo e che continueremo a fare sulle scuole, sulle periferie, sul dissesto idrogeologico, sulle bonifiche e sui depuratori, sulle strade e sulle ferrovie, sulle dighe, sulle case popolari, sugli impianti sportivi e la banda larga, sull'efficientamento energetico, sulle manutenzioni, sui beni culturali e sui simboli della nostra comunità. Un progetto che coinvolga concretamente - non a chiacchiere - tutti i cittadini interessati a dare una mano alla comunità del nostro Paese. Abbiamo decine di argomenti su cui possiamo dividerci e litigare; su questo lavoriamo insieme. Nella mia responsabilità di capo del governo proporrò a tutte le forze politiche di collaborare su questi temi. Con Casa Italia in ballo c'è il futuro dei nostri figli, non di qualche ministero. E proporrò a tutti i partiti, anche a quelli di opposizione, di dare una mano perché la politica italiana offra una dimostrazione di strategia e non solo una rissa dopo l'altra. Noi lo faremo. Senza annunci a effetto, ma con il passo del maratoneta. Cioè con l'impegno di chi sa che la sfida è lunga, difficile e richiede la testa, non solo le gambe. Ma sa anche che passo dopo passo il traguardo diventa ogni istante più probabile. Dunque tre fasi. L'emergenza, la ricostruzione, la prevenzione. Tre fasi diverse, tre cantieri diversi, tre responsabilità diverse. Ma l'impegno comune di far vedere il volto migliore dell'Italia. Lo dobbiamo a chi è stato ucciso dal terremoto e ai loro cari. Lo dobbiamo ai superstiti che hanno il diritto di tornare a vivere. Lo dobbiamo ai nostri figli perché l'immenso patrimonio italiano non è nostro. Non ce lo hanno dato in eredità i nostri genitori, ma ci è consegnato in prestito per i nostri figli. Dobbiamo essere all'altezza di questa responsabilità. Matteo PS. Per una volta non vi parlo di altro. Ci sarà tempo per tornare sull'ordinaria amministrazione e le cose di tutti i giorni: in settimana vi scriverò una enews ad hoc su tutte le cose che stanno andando avanti, su tutti i progetti che continuiamo a seguire, su tutti gli incontri che stiamo facendo. Ma oggi ho avvertito l'esigenza di parlarvi solo del terremoto, ringraziando i tanti di voi che in queste ore hanno scritto e dato una mano. Viva l'Italia. Da - https://mail.google.com Titolo: MATTEO RENZI lancia "Casa Italia": unità nazionale per un piano integrato con... Inserito da: Arlecchino - Settembre 02, 2016, 05:41:18 pm Terremoto, Matteo Renzi lancia "Casa Italia": unità nazionale per un piano integrato con fondi pubblici, privati e Ue
Pubblicato: 25/08/2016 22:01 CEST Aggiornato: 25/08/2016 22:17 CEST La crisi è sempre anche opportunità. E quindi dopo il dolore per le tante vittime del sisma nel centro Italia, Matteo Renzi rilancia. Si chiama “Casa Italia” la sua nuova scommessa per dimostrare che il suo governo è di altra stoffa, che non è il governo Berlusconi alle prese con il terremoto dell’Aquila. Per dimostrare che invece i borghi colpiti ieri dal sisma tra Lazio e Marche verranno ricostruiti così com’erano. “Niente new Town”, è l’annuncio della conferenza stampa dopo il consiglio dei ministri che stanzia 50 milioni di euro iniziali, delibera lo stato di emergenza, sospende il pagamento delle tasse per i terremotati. Ma c’è dell’altro. Un vero e progetto sulla “prevenzione: dalle bonifiche, al dissesto idrogeologico, la prevenzione sismica, efficienza energetica…”, dice Renzi chiedendo l’unità nazionale su questi temi. Un appello che segue a quello di Sergio Mattarella, che aveva chiesto all'Italia di unirsi nello sforzo della ricostruzione. È la prima volta che il premier parla in questi termini di ambiente. La prima volta che lancia una sfida su questi temi. Da ieri si è messo in testa di non lasciare nulla di intentato dopo la tragedia ad Amatrice, Arquata del Tronto, Accumoli. E’ la sua occasione per fare la differenza rispetto al passato: obiettivo cruciale nei mesi che precedono il referendum costituzionale di novembre, momento decisivo per la sua carriera politica. E allora, anche per questo, unità nazionale. Arriva a parlare di un piano "concertato", parola che non fa parte del suo lessico politico. “Il progetto Casa Italia non è un elenco di parole ma un progetto in cui tutti possano riconoscersi: soggetti sociali, ordini professionali, associazioni di categoria, sindacati, associazionismo fino agli esponenti del mondo ambientalista - spiega - Il fatto che non ci siano riusciti negli anni precedenti, non vuol dire che noi non ci riusciamo. Questa scommessa sulla prevenzione deve diventare un patrimonio condiviso di tutti gli italiani, non è tema di una parte ma avverto la responsabilità come capo del governo che questo tema debba coinvolgere tutti”. Così Renzi tenta di rispondere ai primi spifferi di polemica sulla mancanza di prevenzione rispetto ai disastri naturali in Italia. Anche se “è illusorio pensare di mettere sotto controllo la natura, difficile pensare che ciò che è avvenuto non possa essere considerato come gigantesca calamità naturale, difficile immaginare che potesse essere affrontato con una diversa tecnica edilizia, stiamo parlando di borghi medievali…”, premette. Comunque “nei prossimi 15 giorni cercheremo di incontrare tutti coloro che hanno un ruolo su questo tema, prendendo il meglio da tutti salvo assumerci la nostra responsabilità…”. L’idea è che “Casa Italia” mobili fondi pubblici, privati e anche europei. Anche se “siamo ancora agli inizi” della pianificazione, specifica Renzi. E’ un piano che ha preso forma negli incontri di giornata, prima del consiglio dei ministri. Di primo mattino il presidente del Consiglio aveva ricevuto a Palazzo Chigi Pier Carlo Padoan e poi anche il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Quello con il ministro dell’Economia è un incontro che si sarebbe tenuto anche senza il terremoto, un punto di orizzonte dopo la pausa estiva e prima del bilaterale con Angela Merkel la prossima settimana a Maranello. Ma naturalmente il sisma cambia l’agenda anche di un confronto tra premier e ministro dopo le vacanze: priorità alle misure per i terremotati, poi varate dal Consiglio dei ministri serale (che approva anche 4 decreti della riforma della pubblica amministrazione). Il quadro è complicatissimo. Per Renzi è come muoversi sul crinale di una montagna dell’Appennino, tanto per citare la zona colpita dal sisma. In conferenza stampa, il premier non fa promesse agli sfollati. “Dove passeranno l’inverno? E’ presto per dirlo, sappiamo che passarlo nelle tendopoli è difficile, decideremo insieme ai sindaci e alle comunità colpite, certo le case resteranno inagibili per un lungo periodo…”. Ma una promessa la fa, perchè afferma di sentire "l'impegno morale" di ricostruire i borghi storici devastati dal terremoto. "Per queste persone stare vicino al loro territorio, alle proprie radici, è un diritto". Sulla pianificazione del dopo, la ricostruzione, in giornata aveva chiarito il ministro Dario Franceschini: “Ci chiedono una ricostruzione dei borghi storici che sia fedele all'immagine che nei secoli questi centri storici hanno conservato, credo che sia una sfida che dovremmo raccogliere: l’Italia la deve a quelle comunità". Domani nei luoghi del sisma ci sarà il presidente dell’Anci Piero Fassino per una riunione con i sindaci dei comuni colpiti. Il governatore delle Marche Luca Ceriscioli farà invece il punto con la presidente della Camera Laura Boldrini e i parlamentari. Continua la gara di solidarietà tra le regioni, organizzazioni di volontariato, associazioni. Persino le banche intervengono. E’ l’Abi a invitare le banche a sospendere il pagamento delle rate dei mutui per gli immobili colpiti dal sisma. Tra i primi ad accogliere l’invito, Nuova Banca Etruria che tenta così un recupero di immagine dopo la brutta storia del salvataggio per decreto del governo e bail-in europeo. Per ora dal governo arriva solo il blocco del pagamento delle tasse. Emergenza, ricostruzione, prevenzione. L’onda sismica porta a Palazzo Chigi altri tre compiti o cavalli di battaglia, a seconda dei punti di vista. “Vorrei che questo fosse il compito per il futuro, una volta che le emozioni profonde lasceranno spazio alle reazioni…”, dice Renzi, già calato nella nuova parte assegnata stavolta da Madre Natura. Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/08/25/terremoto-governo_n_11701874.html?utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI: oggi in Cina, a Hangzhou, per l'annuale riunione del G20 Inserito da: Arlecchino - Settembre 06, 2016, 03:53:27 pm Lunedì 5 settembre 2016
Enews 441 L'appuntamento del lunedì con le E-News mi trova oggi in Cina, a Hangzhou, per l'annuale riunione del G20. 1. Il summit G20 Hangzhou è una città, bellissima, ha una lunga tradizione di rapporto con l'Italia: ha accolto Marco Polo, i gesuiti guidati da Matteo Ricci e - in tempi più recenti - investimenti significativi a cominciare da quello della Ferrero. La missione è stata anche l'occasione per riflettere sul rapporto con il governo cinese. Abbiamo avuto un incontro bilaterale con il Presidente Xi Jinping, con la comunità di italiani di Shangai, con una delegazione significativa di imprenditori cinesi, con gli studenti dell'università di Tongij tenendo fede alla consuetudine di incontrare in questi viaggi i giovani universitari: l'Italia è una superpotenza della bellezza e dell'educazione e crede alla diplomazia culturale. Abbiamo anche visitato il quartier generale di AliBaba, il colosso cinese dell'e-commerce. Con Jack Ma, fondatore di questa incredibile azienda, abbiamo lavorato in passato e adesso abbiamo raccolto i primi frutti, segnatamente sul vino italiano. Se penso alle occasioni che abbiamo sprecato in passato nella valorizzazione dei prodotti agroalimentari italiani mi viene da piangere. Ma è sufficiente pensare alle potenzialità che abbiamo ancora davanti a noi per far tornare il sorriso. Siamo a quasi 37 miliardi di export agroalimentare, possiamo fare ancora meglio. Del resto tutta la storia di Jack Ma dimostra che nel tempo dell'innovazione ogni sfida può essere vinta e che l'Italia ha molto da guadagnare dalla digitalizzazione e dal cambiamento del modello economico tradizionale. Bisogna crederci, però. E bisogna lavorare insieme, facendo sistema, tutti. Più partecipo a incontri internazionali, più mi rendo conto che l'Italia è molto forte, molto più forte di come viene raccontata. Rispetto ai temi del G20 l'Italia ha insistito molto sulla necessità di coniugare crescita e giustizia sociale. Di investire contro la paura. Di non intestardirsi sulle architetture finanziarie senza coinvolgere i cittadini. E sul bisogno di lavorare come G20 in una modalità diversa dal passato, più capace di coinvolgere la classe media. Abbiamo viste riconosciute come positive molte nostre esperienze, dalle riforme al JobsAct all'Autorità Nazionale Anticorruzione. Ma solo i prossimi mesi ci diranno se quello di Hangzhou è stato davvero un G20 di svolta. Lavoreremo con determinazione in questa direzione. 2. Dopo il terremoto Il ricordo del terremoto, il ricordo delle vittime, il pensiero per i sopravvissuti e soprattutto per gli sfollati, la gratitudine verso i soccorritori, la necessità di Casa Italia, progetto ampio e pluriennale sulla prevenzione: questi temi sono stati il nostro chiodo fisso, anche a migliaia di chilometri di distanza. Dopo aver ringraziato volontari e professionisti del soccorso (compreso il cane Leo, che ha salvato la vita della piccola Giulia), abbiamo nominato Vasco Errani commissario per la ricostruzione, alla luce dell'ottimo lavoro da lui svolto durante il terremoto in Emilia Romagna. Appena rientrato - nella mattinata di martedì - incontrerò Errani, che ha già iniziato a lavorare con la Protezione Civile, per fare il punto della situazione. Abbiamo chiesto al Rettore di una delle migliori università al mondo per l'ingegneria e l'architettura, il Politecnico di Milano, di venire a darci una mano nella gestione del progetto Casa Italia. Il Rettore, professor Azzone, ha accettato e già da martedì incontreremo a Palazzo Chigi i vari soggetti interessati, dalle associazioni ambientaliste fino agli ordini professionali, dai sindacati fino alle associazioni di categoria. Casa Italia seguirà le linee guida del Senatore Renzo Piano per una cultura del “rammendo”, per cantieri leggeri, per un'opera di prevenzione puntuale e strategica. Continuo a sperare, per il bene dell'Italia, che su questo progetto non ci siano polemiche di parte e rinnovo l'appello perché tutte le forze politiche portino le proprie proposte, le proprie idee, il proprio contributo. L'Italia deve cambiare anche nelle modalità di reazione alla tragedia. Siamo tra i più generosi e bravi nell'emergenza, dobbiamo diventarlo anche nella prevenzione e sul lungo periodo. Per me il progetto Casa Italia deve essere uno sforzo comune del Paese, che continuerà per molti anni. Lo affronto come padre, prima ancora che come Presidente del Consiglio. E sono certo che la stragrande maggioranza degli italiani desiderino che su questo tema non ci siano giochetti ma la collaborazione sincera di tutti coloro che vogliono bene all'Italia. Leggo volentieri le vostre considerazioni al matteo@governo.it 3. Basta un sì Sono molto soddisfatto perché finalmente si inizia a discutere del merito del referendum. Nessuno si lamenta più della personalizzazione del referendum e possiamo finalmente parlare di contenuti. C'è molta disinformazione sul referendum: intervistato dalla principale televisione cinese ho iniziato a parlare di turismo, studenti, collaborazione culturale. La giornalista mi ha interrotto e mi ha chiesto perché volessi una riforma costituzionale che dà più poteri al premier. Le ho risposto dicendo la verità: i poteri del premier rimangono gli stessi, sia che vinca il no, sia che vinca il sì. Semplicemente: i poteri del premier non fanno parte di questo referendum. Nella Bicamerale D'Alema e nella riforma Berlusconi i poteri del premier cambiavano e addirittura si contemplava il potere del primo ministro di scioglimento delle Camere. In questa nostra riforma - quella che andrà al voto - i poteri del premier non sono neanche sfiorati. Pesi e contrappesi non cambiano. Si cambiano invece, per esempio, le regole del gioco sul turismo, restituendo allo Stato la strategia di promozione internazionale, anziché continuare con 21 strategie diverse. E sappiamo quanto bisogno vi sia di non parcellizzare la promozione all'estero in tanti viaggi che qualche volta assomigliano più a vacanze a scrocco anziché missioni internazionali. Per ciascuno di voi che legge questa email rimane valido l'invito: dateci una mano, in ogni modo vi sia possibile. Sul sito www.bastaunsi.it trovate le modalità: creare un comitato, diventare un volontario, dare una mano sui social (su Twitter @bastaunsi; su Facebook), organizzare un incontro. Abbiamo bisogno di tutti perché quando inizierà la vera e propria campagna possiamo essere chiari: questo referendum non riduce la democrazia, ma riduce le poltrone. Questo referendum semplifica i rapporti tra Stato e Regioni. Evita il ping-pong incomprensibile tra Camera e Senato. Aumenta la partecipazione dei cittadini abbassando il quorum al referendum. Abolisce enti inutili. Cara Italia, vuoi cambiare? Basta un sì. Se invece le cose vi vanno bene così come sono, votate pure no. Ma a quel punto ci teniamo per decenni la classe politica più numerosa e costosa d'Occidente, la confusione tra Regioni e Stato centrale e un sistema di doppia fiducia a Camera e Senato che è una delle principali cause di instabilità italiana: 63 governi in 70 anni. Il referendum è tutto qui. Ogni giorno che passa vengono meno gli alibi di chi mi accusava di personalizzare il quesito. Adesso che non ci sono più veli e incomprensioni, entriamo nel merito. E chiediamo agli italiani se vogliono cambiare o se preferiscono che tutto resti immobile. Chi di voi può darci una mano, lo faccia. Scriviamo insieme la storia di domani, anziché lasciarla ai rimpianti di chi dice no. Per maggiori informazioni: comitati@bastaunsi.it Informazioni di servizio. Agenda Una volta rientrato a casa, inizierà un lungo viaggio in Italia per parlare soprattutto di Casa Italia, lavoro e referendum. Giusto per dare qualche data: sarò nelle prossime due settimane alle feste dell'Unità di Reggio Emilia, Firenze, Catania (nazionale), Modena, Bologna. In omaggio all'anno scolastico che sta per ripartire e per dare ancora più attenzione alla questione prevenzione sismica visiterò scuole da inaugurare o cantieri in Campania il 12, Lombardia il 13, Piemonte il 14, Lazio il 15. Farò iniziative sul referendum venerdì sera, il 9 settembre a Lecce e lunedì in Campania. Sarò alla Fiera del Levante di Bari sabato mattina. Continua anche il nostro lavoro a livello di Mediterraneo (con Alexīs Tsipras, in Grecia, venerdì 9) e a livello europeo con l'appuntamento di Bratislava il venerdì successivo, 16 settembre. Pensierino della Sera A margine dell'incontro di oggi Francois Hollande mi ha ringraziato per il gesto di Gigi Buffon di interrompere i fischi alla Marsigliese e chiamare un grande applauso di tutto lo stadio di Bari. Gli sportivi possono fare molto in termini di messaggi educativi: capitan Buffon lo ha dimostrato. E credo che tutta l'Italia sia stata orgogliosa di lui. Abbiamo valori che sono molto più grandi dell'inciviltà di chi sa solo fischiare. Sono piccoli contributi di merito che spero siano utili per chi non si accontenta degli insulti dei trolls sui social e ha voglia di verificare se davvero le cose stanno cambiando o no. Grazie per i vostri commenti e per le vostre critiche, vi leggo volentieri. matteo@governo.it Un sorriso, Matteo www.bastaunsi.it da - https://mail.google.com Titolo: MATTEO RENZI sta studiando da statista lasciamolo in pace. Non ce ne sono altri. Inserito da: Arlecchino - Settembre 20, 2016, 10:55:31 am Lunedì 19 settembre 2016
Enews 443 Vi scrivo da New York dove oggi e domani partecipo all'annuale Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Sui social (qui Facebook, qui Twitter, qui Instagram) vi terrò informati su questa riunione che sarà l'ultima del segretario Ban Ki Moon e del Presidente Obama. Sarò in Italia da mercoledì mattina, a Milano per parlare di moda, industria 4.0, innovazione. Fedele all'impegno: "Scrivi meno!", vi evito la lunga carrellata di cose fatte in questa settimana, da Cuneo a Caserta, da Battipaglia a Modena, da Bologna a Milano. È stata una settimana ricca di momenti molto belli sotto il profilo umano, a cominciare dalla Conferenza Nazionale sulla disabilità e dagli incontri con i ragazzi delle scuole. Ma non sono mancate le notizie tristi, penso alla scomparsa del Presidente Carlo Azeglio Ciampi, che voglio ricordare come uno degli uomini che ci ha riportato ad amare la parola Patria e il tricolore. Chi è interessato a saperne di più sulla settimana può cliccare su questo video: due minuti e vi evitate un papiro di due pagine. D'ora in poi cercheremo di raccontare la settimana in modo più semplice del passato: cliccare per credere! Chi invece è più interessato alla lettura politica della situazione qui trova una intervista al Corriere della Sera di ieri, domenica. Leggo volentieri i vostri commenti: matteo@governo.it 1. Ricostruzione e Casa Italia È passato ormai quasi un mese dal terremoto di Amatrice, Accumoli, Arquata. Ho promesso agli abitanti che non li avremmo dimenticati. E adesso che i riflettori dei media, fisiologicamente, si abbassano, ecco adesso tocca a noi. Venerdì con il commissario Errani presenteremo gli interventi per la ricostruzione. E sul grande progetto "CASA ITALIA" stiamo andando avanti. Ho detto ai sindaci di tutta Italia, da San Tammaro a Bagnolo Piemonte di intervenire sulle scuole e sugli asili. Tutto ciò che serve a tenere al sicuro i nostri figli vale più di qualsiasi regola burocratica. Ma i lavori devono essere fatti bene, seguendo la filosofia del recupero, con l'attenzione a ogni centesimo come fossero i lavori di casa nostra. Perché la scuola è casa nostra, è Casa Italia. E rinnovo l'appello a tutti, forze politiche, sindacati, associazioni dei professionisti, mondo ambientalista, costruttori: litighiamo su tutto, ma non su questo. Il Governo vuole fare di Casa Italia un grande piano di prevenzione e rammendo del nostro meraviglioso Paese: durerà anni, ma questo non è un buon motivo per non iniziare, anzi lo è per iniziare subito, tutti insieme. Il primo piano strategico di prevenzione, senza ansie elettorali ma guardando al futuro dei nostri figli: che sia #lavoltabuona anche per questo, nessuno si senta escluso. 2. L'Unione Europea verso Roma 2017 Il vertice europeo di Bratislava non ha prodotto grandi risultati. Dovevamo rilanciare dopo lo shock della Brexit, ma la montagna - per il momento - ha partorito il topolino. Chi ha letto l'intervista al Corriere che ho linkato sopra conosce i dettagli della posizione italiana. L'unico impegno concreto è stato confermare il cammino che avevamo immaginato a Ventotene, che porterà a Roma, nel marzo 2017, per la cerimonia della firma dei 60 anni dell'Unione Europea e per il rilancio dell'ideale continentale. Toccherà al Governo Italiano giocarsi questi sei mesi, decisivi, lanciando proposte concrete. Sogno un'Europa che torni a innovare, a crescere, a essere dinamica e attrattiva. Non solo l'Europa delle burocrazie e dei vertici dei capi di governo. Ho fatto due esempi ai colleghi degli altri Paesi. Sulla politica economica bisogna riconoscere che Obama e l'America hanno fatto bene e che l'UE ha sbagliato direzione. Oggi è un dovere rilanciare sui giovani, sugli investimenti pubblici e privati non solo sull'austerity; sull'Europa sociale e non solo sull'Europa finanziaria. Dalle infrastrutture digitali alla ricerca l'Europa deve avere una strategia, non solo un insieme di regole che ognuno interpreta come vuole, dalle tasse al patto di stabilità. Sull'immigrazione bisogna intervenire in Africa come l'Italia ha proposto, illustrato, spiegato nel dettaglio. Non si possono piangere calde lacrime quando un barcone affonda o viceversa chiudere le frontiere quando la gente scappa dalla fame o dalla guerra. Bisogna intervenire a monte. Per il momento abbiamo visto tante interviste e pochi fatti concreti. Se in nome di regole burocratiche astruse, qualcuno vuole impedire all'Italia di mettere a posto le scuole con gli interventi antisismici come pensate che possa reagire una famiglia normale? Semplice: darà la colpa all'Europa della propria paura per i figli. Odierà l'Europa considerata responsabile di tutto. Poi non ci stupiamo se crescono ovunque i movimenti populisti e demagoghi. Non puoi fare allo stesso tempo le condoglianze per Amatrice e poi bloccare gli interventi antisismici in nome del patto di stabilità. L'alternativa all'antipolitica è il buon senso, non la burocrazia. Ho parlato chiaro senza mandarle a dire dietro, altrimenti i vertici diventano solo parate scenografiche, gite fuori porta. E siccome rappresento l'Italia, uno dei Paesi fondatori, uno dei Paesi che più dona soldi alle istituzioni europee, ho il dovere - non il diritto, il dovere - di difendere l'interesse nazionale. Io credo all'Europa come alla più grande scommessa della storia delle istituzioni. Ma credere all'Europa non significa ignorare l'interesse nazionale. Anzi. 3. Basta un sì, il vostro sì La settimana prossima - come previsto dalla Legge - il Consiglio dei Ministri fisserà la data del referendum. Sono molto contento del fatto che il clima sia cambiato, finalmente, anche dopo alcuni confronti civili di questi giorni. Nessuno parla più di attentati alla democrazia e finalmente la discussione sta entrando nel merito. Il referendum sarà una scelta secca tra chi voterà SI' perché vuole cambiare il bicameralismo paritario, ridurre il numero dei parlamentari, ridurre i costi della politica, sopprimere il CNEL e cambiare il rapporto Stato-Regioni e chi voterà NO perché vuole lasciare le cose come sono adesso. Sono due posizioni ugualmente legittime ma è giusto fare chiarezza: chi vota NO non costruisce una riforma diversa, si tiene il sistema di oggi. E io penso che l'Italia per competere a livello globale, ma anche per dare risposte più incisive alle crisi di questo tempo, abbia bisogno di essere più semplice e più agile. La settimana prossima partirà dunque il conto alla rovescia. È fondamentale che chi crede alla possibilità di cambiare l'Italia ci dia una mano. Sarà una sfida da vincere porta a porta perché tutti i sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani ancora non è informata sul vero contenuto del referendum. Ecco perché chiedo il vostro aiuto, decisivo come mai in passato. Vi chiedo di organizzare i comitati (www.bastaunsi.it), di darci una mano tra i volontari, sui luoghi di lavoro. Il dibattito non è sulla legge elettorale, non è sulla durata della legislatura, non è sui poteri del premier. È più banalmente una possibilità concreta di rendere il nostro Paese più semplice, riducendo il numero dei politici (ecco perché gli altri reagiscono così arrabbiati!) e aumentando il livello della buona politica. Siamo a quota 4.000 comitati, oltre 110.000 euro raccolti, migliaia di cittadini hanno dato la disponibilità a dare una mano con i propri amici, in famiglia, al lavoro: il più grande tam-tam mai realizzato. Non è un caso che noi abbiamo raccolto mezzo milione di firme e i nostri amici del No non ce l'abbiano fatta. Perché dire Sì significa scommettere sulla speranza e sulla proposta, non sulla rabbia e sulla protesta. Dire Sì è più difficile, ma più bello. Chi vota sì, cambia l'Italia. Chi vota no, lascia le cose come sono. Ce la date una mano? Vi aspetto sulla piattaforma degli attivisti digitali. L'email è comitati@bastaunsi.it. Pensierino della Sera. Si sono chiuse le Paralimpiadi. Il Governo le ha salutate con questo video. Voglio scrivere qui i nomi delle medaglie italiane. I nomi: Alberto, Alex, Alvise, Amine, Andreea, Andrea, Arjola, Assunta, Bebe, Cecilia, Efrem, Elisabetta, Fabio, Federico, Federico, Francesca, Francesco, Francesco, Giada, Giancarlo, Giovanni, Giulia, Loredana, Luca, Martina, Michele, Monica, Oney, Paolo, Roberto, Vincenzo, Vittorio. Alex Zanardi è un mito e lo sappiamo. Ero agli scout quando gli accadde il terribile incidente e ancora ricordo alcuni dibattiti in clan dopo che avevamo suggerito ai ragazzi di leggere il suo libro "...Però, Zanardi da Castelmaggiore". Ma tutti questi nostri connazionali hanno storie che ci rendono orgogliosi. Leggete ad esempio questa intervista alla diciannovenne Bebe Vio e guardate il suo video), pieno di entusiasmo, passione, gioia per la vita. Sono semplicemente felice di essere connazionale di queste persone. Grazie Alex, grazie Bebe, grazie tutti per averci emozionato con la vostra forza esplosiva, la vostra delicata tenacia. Viva l'Italia! Un sorriso, Matteo www.bastaunsi.it Da - https://mail.google.com Titolo: MATTEO RENZI: Il no alle Olimpiadi è la metafora di cosa significa il NO... Inserito da: Arlecchino - Settembre 26, 2016, 05:26:29 pm Referendum, Renzi attacca Raggi: “Il no alle Olimpiadi è la metafora di cosa significa l’Italia del No”
Referendum Costituzionale Il premier riscalda i toni dopo l'iniziale calma. Giovedì a La7 aveva detto: "Non ho mai fatto polemica con il sindaco di Roma, lei ha vinto le elezioni" Di F. Q. | 24 settembre 2016 “L’immagine del no alle Olimpiadi è la straordinaria metafora di cosa significa l’Italia del No. Spero che i consiglieri comunali abbiano un sussulto di riflessione “. Dopo la quiete, la tempesta. Matteo Renzi inizialmente più accomodante sul caso Roma 2024, è tornato sul tema per tirare la volata al referendum costituzionale. “Non si fermano le grandi opere ma si fermano i ladri. Se invece dici di no, hai paura, ti fermi davanti una grande sfida e preferisci non metterci la faccia hai sbagliato mestiere”, ha ribadito il premier dal palco di un comizio per il Si al referendum costituzionale. “L’Italia è divisa tra chi sta alla finestra a guardare e chi sta nell’arena e se vede una cosa che non va la cambia. Questa è la differenza tra la politica e il bar dello Sport”, ha poi affondato. E ancora: “Il fatto di dire che non si fanno le Olimpiadi per timore della corruzione è una incredibile ammissione di incapacità da parte della dirigenza di quella città”. Quindi ha ribadito che “se tu hai davanti otto anni se hai un minimo di credibilità e autorevolezza, tu i ladri li cacci”. Infine il parallelo con gli schieramenti rispetto alla consultazione popolare. Soltanto due giorni prima davanti alle telecamere di La7 i toni erano stati ben più concilianti. “Se la Raggi dice no alle Olimpiadi, prendiamo atto. Non ho mai fatto polemica con il sindaco di Roma, lei ha vinto le elezioni. Io faccio il tifo per l’Italia. Se Roma va bene son contento, se va male mi spiace”, aveva detto lasciando dando a intendere che la partita era virtualmente chiusa. “Dipenderà dal consiglio comunale ma se il sindaco ha deciso di dire no immagino che pensi di avere la sua maggioranza con lei. Se i consiglieri voteranno il no nessuno vuole fare i Giochi contro il Comune”, dice. “In campagna elettorale la sindaca si era impegnata a fare un referendum – aveva poi spiegato – ma la titolarità della decisione spetta a lei. Quello che mi amareggia è l’idea che si dà del paese ovvero che i grandi eventi non si possono fare perché qualcuno ruba. Questo è impressionante. E’ come se i grillini dicessero: non riusciamo a cambiare le cose”. Di F. Q. | 24 settembre 2016 Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/24/referendum-renzi-allattacco-del-sindaco-di-roma-limmagine-del-no-alle-olimpiadi-e-la-straordinaria-metafora-di-cosa-significa-litalia-del-no/3054107/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2016-09-24 Titolo: MATTEO RENZI: "Il Cav e D'Alema usano referendum per ritornare in campo" Inserito da: Arlecchino - Settembre 29, 2016, 05:10:25 pm Renzi: "Il Cav e D'Alema usano referendum per ritornare in campo"
Il premier ai microfoni di Rtl: "Votano No per rientrare insieme e fare una bella Bicamerale". E parla anche di Irpef, di patto di Stabilità, dei sindaci che devono governare e non aumentare i followers e di Brunetta che gli invia sms con il cuoricino. La replica dell'ex presidente del Consiglio: "Renzi pensa che gli italiani siano sprovveduti" 28 settembre 2016 "Berlusconi punta a fare un'operazione del tutto legittima che è quella di tornare in campo assieme a D'Alema e a tanti altri che utilizzano il referendum per questo, e per fare una bella Bicamerale". Matteo Renzi risponde così, ai microfoni di Rtl 102.5, a una domanda sul Cavaliere alla vigilia del suo ottantesimo compleanno. "Aspetterei sempre a giudicare Berlusconi come un uomo del passato. Non c'è dubbio che ha più vite di un gatto e questo gli fa onore" aggiunge. "Gli auguro di tornare, anche col no a referendum insieme a D'Alema con cui ha vissuto la stagione delle Bicamerali, ma io sto dall'altra parte della barricata. Auguri dal profondo del cuore, così come a Bersani che compie gli anni lo stesso giorno, il 29 settembre". D'Alema gli risponde subito: Renzi insiste con le sciocchezze, anche da questo è evidente che ritiene gli italiani degli sprovveduti. Il mio No è un servizio per il Paese, non per la mia carriera. Giustizia, "in Aula non posso mettere la fiducia contro i magistrati" Ma Renzi ce ne ha anche per Brunetta. "Mi manda sempre i messaggini con il cuore, con l'emoticon, con il cuore rosso", rivela Renzi. "Io non condivido nulla di quello che dice ma perchè devo parlare male di lui? Fa una battaglia contro di me del tutto legittima. Poi alla fine se gli italiani preferiscono Brunetta, questa è la democrazia", aggiunge il premier. E il capogruppo Fi alla Camera si irrita parecchio: "Ha una faccia di bronzo" replica Brunetta, "sul Ponte delle Stretto è un piccolo bluffatore di provincia". Quanto al referendum e le polemiche sulla data di dicembre, Renzi la vede così: "Abbiamo scelto la prima data più lontana da Natale ma sufficiente per la campagna elettorale. Ma cosa cambia tra il 4 dicembre e il 27 novembre? Qualcuno guarda l'oroscopo per decidere come votare? La verità è che utilizzano tutti gli argomenti pur di non parlare del merito". La sostanza, per il premier Renzi è che "se si vota no ci teniamo il parlamento più costoso e numeroso del mondo". Sui grillini: "Non si utilizzi il referendum in nome del desiderio di buttar giù il governo. Si manda a casa per sempre la riforma, è un'occasione perduta. E' più bello se si potesse votare nel merito e poi scegliere un front runner del centrodestra e dei 5 stelle, che, con Di Maio, credo non se la passi benissimo". E sulla Raggi e il suo no alle Olimpiadi, ancora una stoccata: "Non si diventa sindaco per aumentare i followers ma per cambiare le cose". Il giorno dopo l'approvazione dell'aggiornamento del Def a notte alta e il rilancio del Ponte sullo Stretto, di fronte a una platea di imprenditori, Renzi tratteggia anche un prossimo obbiettivo: "Mettere mano all'Irpef rimane il mio grande sogno, abbiamo detto che lo faremo per il 2018 e dobbiamo andare in questa direzione". Ed elencando le misure della legge di stabilità, ha aggiunto: "Ancora una volta la pressione fiscale va giù: va giù piano, ma va giù". Sulle norme dell'Unione europea sulla Stabilità, il premier scherza: "Che barba, che noia...", citando la frase della coppia Mondaini-Vianello. "Sono tre anni - spiega Renzi - che facciamo gli stessi discorsi. Ci sono delle regole, che rispetto ma che non condivido, legate al patto di Stabilità. Confermo però che gli stanziamenti previsti per le scuole, per il terremoto e per l'immigrazione, ne resteranno fuori. Le altre misure si atterranno alle regole - conclude - cosa che l'Italia fa sempre e che altri Paesi non fanno". © Riproduzione riservata 28 settembre 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/09/28/news/renzi_il_cavaliere_e_d_alema_usano_referendum_per_il_ritorno_in_campo-148671304/?ref=HREC1-5 Titolo: RENZI Il dibattito televisivo su La7 tra Matteo Renzi e Gustavo Zagrebelsky Inserito da: Arlecchino - Ottobre 01, 2016, 06:17:09 pm Faccia a faccia Renzi-Zagrebelsky, il premier: “Taglio dei costi non è argomento demagogico”
Il costituzionalista: «Poche garanzie nell'elezione del capo dello Stato» Il dibattito televisivo su La7 tra Matteo Renzi e Gustavo Zagrebelsky 30/09/2016 «La riforma non l’ho voluta solo io l’ha voluta il parlamento e sono 30 anni che tutta la classe politica dice che bisogna passare dal bicameralismo paritario ad una sola Camera che dà la fiducia e che bisogna semplificare il sistema. Parliamo di un lasso di tempo di 34 anni in cui il mondo fuori è cambiato e tutti politici in Italia dicevano di fare le riforme». Così il premier Matteo Renzi ha aperto il confronto sul referendum costituzionale con Gustavo Zagrebelsky a “Si o No”, su La7. “Taglio dei costi non è argomento demagogico” Con la riforma costituzionale «si interviene a fare chiarezza sul rapporto tra Stato e regioni, con una riforma della riforma» del titolo V fatta nel 2001. Inoltre, la riforma «dà un messaggio dei semplicità: questo porta anche alla riduzione dei costi, che è considerato un argomento demagogico, ma serve a dire ai cittadini che finalmente si taglia e la palla è nelle loro mani». Renzi: “Se vogliamo cambiare l’Italicum, il Pd prenderà l’iniziativa” Zagrebelsky: “Deve avere cambiato idea sui parrucconi e sui gufi” «Renzi deve avere cambiato idea sui “parrucconi” e sui “gufi”, altrimenti non sarei qui davanti al presidente del Consiglio». Lo ha detto Gustavo Zagrebelsky, allo Speciale La7 “Si o No”, durante il confronto sul referendum con Matteo Renzi. Zagrebelsky: “Poche garanzie nell’elezione del capo dello Stato” L’elezione del presidente della Repubblica? «Nelle ultime votazioni, quelle decisive, vale la volontà della maggioranza dei presenti. Un quorum sui componenti è garanzia per coloro che non sono d’accordo, basta non presentarsi. E non bloccare ma per riaprire la discussione sulla deliberazione» aggiunge il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky a “Si o No”, su La7. Totalmente in disaccordo il premier Matteo Renzi che, più volte, ribadisce: «c’è il quorum dei 3/5, il quorum è aumentato, non diminuito, ed è maggiore del 51% della maggioranza assoluta». “Il ping pong tra le Camere” «Il nostro sistema di bicameralismo paritario dà vita a un costante `ping pong´ che determina ritardi clamorosi». È un sistema che «assomiglia più ad una doppia assemblea di condominio» ha spiegato Renzi. Parole sul quale Zagrebelsky non concorda affatto. «Le difficoltà che lei sottolinea, il ping pong, deriva dal fatto che le forze politiche non sono d’accordo, non dal bicameralismo perfetto. La radice di queste difficoltà è politica non istituzionale», sostiene il costituzionalista secondo il quale, in Paesi che non hanno il bicameralismo paritario, come Francia e Usa, entrambe le Camere «partecipano al processo legislativo». In Italia «Camera e Senato hanno stessi poteri ma non fanno la stessa cosa», aggiunge l’ex giudice costituzionale. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2016/09/30/italia/politica/faccia-a-faccia-renzizagrebelsky-il-premier-taglio-dei-costi-non-argomento-demagogico-ONEe05jn0itr2AGbEvsNHP/pagina.html Titolo: Renzi: nessuna deriva autoritaria, le preoccupazioni sono esagerate Inserito da: Arlecchino - Ottobre 05, 2016, 12:50:49 pm Renzi: nessuna deriva autoritaria, le preoccupazioni sono esagerate
Il presidente del Consiglio alla scuola di formazione del Pd torna sul confronto con Zagrebelsky. «Ma in tv non c’è una verifica puntuale dei fatti» Di Cesare Zapperi La democrazia non è in pericolo. Nemmeno la riforma della Costituzione può rappresentare un’insidia. Matteo Renzi mantiene il referendum del 4 dicembre al primo posto della sua agenda. «Sono molto contento che nel confronto sul referendum costituzionale con Gustavo Zagrebelsky «sia emerso finalmente che non c’è il rischio di deriva autoritaria. E che era una preoccupazione un tantino esagerata». Così il debutto dell’intervento del premier alla Scuola di formazione politica del Pd mentre su l’Unità annuncia che lunedì 10 ottobre si terrà la Direzione del partito, poi il 29 tutti in piazza a Roma. L’attacco ai Cinque Stelle Poi Renzi ha iniziato a spaziare sui diversi temi del dibattito politico. «Abbiamo fatto la legge sul dopo di noi, le unioni civili, abbiamo aumentato i fondi per la non autosufficienza. Per queste cose bisognerebbe essere orgogliosi di far parte del Partito democratico invece che litigare dalla mattina alla sera. Abbiamo fatto tanto ma molto resta da fare. Non si fa politica per le leggi elettorali o per le iniziative istituzionali o ancora per i talk show, ma per venire incontro alle esigenze delle persone». Quindi l’attacco al Movimento 5 Stelle “Un Parlamento che sceglie Alessandro Di Battista e non Ilaria Capua è un parlamento che sceglie la morale doppia. La doppia morale dei 5 stelle fa ridere i polli» spiega Renzi, ricordando gli attacchi del grillino alla ex deputata di Scelta civica, e sottolinea «noi crediamo alla scienza e al futuro». E la foto della Raggi sul tetto? «Mi suscita simpatia, è una boccata d’aria fresca, non dobbiamo fare polemica su questo, il problema non è quello che la Raggi fa sul tetto, e quello che fa quando scende. Hanno nominato assessore alle partecipate un indipendentista veneto. È una scelta meravigliosa. Interessante e coraggioso che lui abbia accettato. Vediamo cosa fanno». 2 ottobre 2016 (modifica il 2 ottobre 2016 | 10:40) © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - http://www.corriere.it/politica/referendum-riforma-costituzionale/notizie/renzi-nessuna-deriva-autoritaria-preoccupazioni-sono-esagerate-8a50b1b8-8877-11e6-b4f3-799d61076f6b.shtml Titolo: Referendum, Renzi: «Bersani ha votato tre volte la riforma» Inserito da: Arlecchino - Ottobre 10, 2016, 12:21:47 pm Referendum, Renzi: «Bersani ha votato tre volte la riforma»
09 ottobre 2016 «Bersani ha votato sì tre volte a questa riforma, non l'ho scritta io da solo a Rignano sull’Arno, è stata due anni e quattro giorni in Parlamento. Bersani l’ha votata 3 volte, se cambia idea per il referendum ognuno si farà la sua opinione». Lo ha detto Matteo Renzi, a L’Arena, parlando della decisione dell'ex segretario Pd di votare no al referendum. «A me interessa - ha detto Renzi - che i cittadini sappiano su che cosa si vota, che non è né la faccia mia né quella di Bersani». Nel Pd la rottura sul referendum sembra insanabile e la direzione del partito convocata per domani sembra dovrà sancire una spaccatura che oggi si è già consumata attraverso dichiarazioni ai giornali e alle tv. Se vince il no non cambia nulla, ma non votare in base all’antipatia «C’è chi fa politica per cambiare il paese e chi solo per attaccare gli altri. Quando uno vota per antipatia è un elemento che dimostra una scarsa visione del paese», ha detto il premier. «Molti fanno scenari foschi io semplicemente dico che se vince il No non cambia niente, non dico che arriverà la peste, continueremo con gli stessi numeri e gli stessi costi», ha detto Renzi. Fare di più per semplificare il paese Serve un paese più semplice. «Ai cittadini dico ora: è giusto o no ridurre il numero dei parlamentari, diminuire il costo delle istituzioni ed evitare il ping pong tra Camera e Senato che spesso è indecoroso?», ha detto il premier Matteo Renzi nel corso dell’intervista a Massimo Giletti. «Lo vogliamo più semplice questo Paese o no - ha proseguito Renzi -? Vogliamo una riforma che riduca i costi o vogliamo lasciare le cose così come stanno?». Mi piacerebbe. ha detto il premier, «che questo Paese andasse a una velocità normale». La crescita è l’1 per cento, ma vogliamo andare più veloci Tornando sulla polemica sulla crescita, Renzi ha detto che «le previsioni le fanno gli uffici ad hoc. Comunque il governo italiano ha previsto un tasso di crescita dell’1%, il Fondo monetario internazionale, che non mi sembra un’assemblea di scapoli e ammogliati, ha detto che sarà dello 0,9%. Insomma, parliamo di decimali, di previsioni», ha detto il premier. «Io dico che stiamo andando comunque piano e che vorrei andare più veloce e avere un Paese più semplice e contro la burocrazia». Il paese, ha detto, «va come al rallenty della moviola in tv, vorrei che il paese andasse a velocità normale». Martedì il decreto sulla ricostruzione Per quel che riguarda la ricostruzione post terremoto «martedì faremo il decreto legge», ha confermato il premier. «Abbiamo aspettato - ha dichiarato - per fare tutti gli articoli, anche per coinvolgere i sindaci, che sono bravissimi, i presidenti delle Regioni, tutte e quattro», «abbiamo coinvolto tutti e c’è un decreto che io andrò a presentare personalmente ai sindaci, che lo hanno seguito e ci stanno aiutando a scriverlo». Prima del ponte sullo Stretto, altre priorità Il ponte sullo Stretto di Messina è un'infrastruttura pubblica su cui si deve lavorare, anche per non disperdere i fondi sin qui spesi e non dover pagare pesanti penali, «ma non è la priorità», ha detto il presidente del Consiglio, ricordando che «ci sono da fare la banda larga, i viadotti in Sicilia e la Salerno-Reggio Calabria». E ha sottolineato che quando priorità di questo calibro saranno risolte, si affronterà il tema del ponte sullo Stretto. © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-10-09/referendum-renzi-bersani-ha-votato-tre-volte-riforma-155842.shtml?uuid=ADYxo5YB Titolo: ANDREA CARUGATI Renzi agli industriali: "La cultura del no fa perdere l'Italia" Inserito da: Arlecchino - Ottobre 10, 2016, 10:55:09 pm Renzi agli industriali: "La cultura del no fa perdere l'Italia"
Il premier: "Basta con il metodo Bubka di alzare sempre l'asticella". Camusso: "Basta divisioni? Finora le ha volute il premier". L'appello di Rossi e Merola: no a scissioni. Grillo lancia l'invito agli indecisi: "Riforma è un pastrocchio, votate 'no'" Di ANDREA CARUGATI 10 ottobre 2016 "L'Italia deve essere patria di visione, non di divisioni. Con Expo abbiamo dimostrato che la cultura del No e dell'odio non funziona, con la rassegnazione non si va da nessuna parte". Matteo Renzi, ospite a Milano di Assolombarda, parla col "cuore in mano" alla platea di imprenditori. Nessun riferimento esplicito alla battaglia referendaria e allo scontro nel Pd a poche ore dalla direzione convocata alle 17 alla sede del Nazareno a Roma. Ma un appello a credere che l'Italia possa vincere la sfida del futuro. Un Paese che "ha bisogno di essere rincuorato", per superare la "cultura dell'odio che ci ha fatto perdere tante occasioni". Parole che mirano a relegare le polemiche interne, quelle delle opposizioni contro il governo e gli attacchi dentro al suo partito, a temi minori. "Nel dibattito politico italiano c'è il metodo Bubka", spiega il premier riferendosi al grande saltatore con l'asta ucraino Sergej Bubka. "Ogni mattina c'è qualcuno che fa a gara ad alzare l'asticella di un centimetro. Ma siamo a un bivio di fondo: ci crediamo o no nel futuro del paese". Ma il premier, a domanda sulla giornata che lo attende, replica con un'alzata di spalle: "Giornata difficile? E per chi?". Tra chi ogni giorno alza l'asticella, è facile intravedere i ribelli della minoranza dem guidata da Bersani. Che già domenica ha annunciato il suo No al referendum. Una giornata di guerra, quella di ieri, dentro al Pd. In mattinata le interviste di Bersani e Roberto Speranza per annunciare il voto contrario. Per ribadire che, nonostante le promesse, quelle del premier sulla legge elettorale sono solo "chiacchiere" e il "tempo ormai è scaduto". Dopo pranzo la replica di Renzi all'Arena su Raiuno: "Dicono no solo per antipatia nei miei confronti. Bersani ha votato Sì tre volte a questa riforma alla Camera, se cambia idea ciascuno si farà una sua opinione. Nel Pd è un anno e mezzo che mi danno contro". Per tutta la giornata, una serie di interventi di big del Pd per chiedere a Bersani un "ripensamento". Da Franceschini a Orfini l'accusa all'ex segretario di "usare il referendum per regolare i conti nel Pd". La critica per aver detto il suo No prima ancora della riunione della direzione, convocata per oggi alle 17 proprio per discutere di eventuali modifiche alla legge elettorale. "Così si lacera il partito", avverte Franceschini. "Trovo davvero sbagliato che si lavori per una spaccatura invece di cercare fino all'ultimo una soluzione", ribadisce il presidente dem. Renzi si riserva di proporre delle modifiche alla legge elettorale. "Io apro comunque, ma c'è chi vuol far saltare tutto. Il loro No è solo un pretesto", ha spiegato ai collaboratori. Nel pomeriggio in direzione il premier illustrerà le sue ipotesi di modifica della legge elettorale. Ma fare anche un appello a superare quella cultura per cui "l'importante non è fare, ma che quello accanto a me non faccia". Un concetto che vale per il mondo delle imprese, ma anche per i leader politici. La leader della Cgil Susanna Camusso, presente in platea ad Assolombarda, commenta le parole del premier: "Ha detto cose utili e ha detto anche una cosa sicuramente nuova: che non bisogna fare politiche divisive. Sarebbe un interessante programma perchè finora abbiamo avuto solo politiche divisive. Vediamo se questo rappresenta un cambiamento all'orizzonte". Camusso ha parlato anche della manovra: "Non mi pare all'altezza delle necessità di investimento che il Paese ha. Mi pare che sia il presidente di Assolombardia sia il presidente del Consiglio abbiano detto chiaramente che il tema è cambiare le politiche europee. Questo è lo sforzo che ancora non si riesce a fare". Tra le due fazioni Pd prova a mediare il governatore della Toscana Enrico Rossi: "Ieri ho fatto un appello Renzi perchè dialogasse con i compagni del No. Con analoga fermezza rispondo a chi ventila scissioni: qui non è in gioco il destino individuale di ciascuno di noi, ma il lavoro, l'impegno e gli ideali di milioni di persone che guardano ancora con fiducia al Pd". Anche il sindaco di Bologna Virginio Merola si pone tra le due fazioni in lotta: "Se si è disponibili a cambiare la legge elettorale lo si dica con un testo scritto, per essere credibili", l'invito a Renzi. Ma c'è anche un messaggio alla minoranza: "Il rischio è arrivare all'implosione del partito. Questa contrapposizione su un referendum che finalmente dopo 20 anni fa quel minimo di riforme necessarie non credo sia comprensibile fuori dal dibattito interno del Pd e quindi come sindaco mi permetto di dire: cercate un accordo perchè altrimenti la situazione sfugge di mano". E mentre si attende la resa dei conti all'interno del partito, Beppe Grillo, in Rete, torna ad attaccare Renzi e la riforma: "La riforma è un pastrocchio Incomprensibile. Indecisi: lasciatevi guidare dalla pancia. Ti fidi di Renzi e Verdini? io non mi fido e #iodicono", ha scritto su Twitter, mentre sul suo blog ha aggiunto: "Il primo vincitore della consultazione è la confusione, e quindi l'astensione che in questo caso non invalida il referendum perché per quelli di rango costituzionale non è previsto il quorum. Non è accidentale: l'astensione è voluta". E ancora: "La riforma è un pastrocchio incomprensibile e l'informazione che viene fatta sul tema è parziale e ricamata su misura dei falsi slogan del governo". Per Grillo "il cittadino indeciso rischia di fare la fine dell'asino di Buridano che non sapendo scegliere tra due balle di fieno identico quale mangiare decide di stare fermo e morire di fame. Deve agire di pancia". © Riproduzione riservata 10 ottobre 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/10/10/news/pd_renzi-149462025/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_10-10-2016 Titolo: Renzi: “Delegazione Pd per cambiare l’Italicum, la riforma è troppo importante. Inserito da: Arlecchino - Ottobre 12, 2016, 05:58:31 pm Renzi: “Delegazione Pd per cambiare l’Italicum, la riforma è troppo importante. Basta alibi”
Il discorso del premier alla direzione: «Abbiamo scelto la democrazia interna, non i caminetti». Cuperlo: senza accordo, voto no e mi dimetto. Speranza: non basta 10/10/2016 A cura della redazione web «Da 18 anni ci chiediamo chi ha ammazzato il centrosinistra e l’Ulivo, non vorrei passare i prossimi 18 anni a interrogarci chi abbia deciso di chiudere la prospettiva del Pd, è un dibattito che i nostri elettori e l’Italia non meritano, le discussioni dentro il partito non possono tenere fermo il Paese. Il Pd non è nato per questo». Così Matteo Renzi, nel suo discorso alla direzione del Partito Democratico, si è rivolto alla minoranza, aprendo a una discussione per cambiare la legge elettorale: «Provo a offrire una soluzione, nel rispetto di tutti. Io ho il compito politico di affrontare il tema del cosiddetto combinato disposto tra riforma costituzionale e legge elettorale. Essendo così importante la riforma costituzionale mio compito è cercare ulteriormente le ragioni di un punto di accordo. Se ognuno immagina di usare la legge elettorale come alibi, lo smontiamo, per non perdere l’occasione della riforma costituzionale». Superamento del bicameralismo, riduzione del numero dei parlamentari e dei costi, soppressione del Cnel: i punti chiave della riforma, «più il miglioramento del titolo V che deriva anche dalle difficoltà della nostra riforma del 2001, sono quelli che tutti i leader degli ultimi anni hanno sostenuto»: Renzi ricorda che sono state accolte 122 proposte emendative, oltre 5200 voti, in oltre due anni di discussione: «Ognuno quando si fa un compromesso deve rinunciare a qualcosa perché chiedere un compromesso e pretendere di averla vinta su tutto è il contrario del compromesso: è fanatismo, come diceva Amos Oz. Io ho rinunciato all’idea del Senato dei sindaci» ha sottolineato Renzi, Italicum, Renzi apre a modifiche dopo referendum «Rispettiamo chi cambia idea e vuole votare no nelle urne. Per me la legge elettorale non è un punto dirimente, ma essendo la riforma costituzionale più importante per il Paese il mio compito è trovare le ragioni per un punto d’incontro. Lo faccio non perché penso che la legge elettorale sia un errore». Il premier propone una discussione sulla legge elettorale «in tempi certi», non durante la campagna referendaria, ma con l’impegno di iscriverla nelle commissioni competenti nelle due settimane immediatamente successive. «Propongo una delegazione formata dal vicesegretario del Pd come coordinatore, i capigruppo, il presidente, più un esponente della minoranza. Siamo totalmente disponibili a lavorare per un confronto, chiedo solo che la delegazione senta tutti gli altri partiti, anche i 5 stelle», ha aggiunto il segretario dem. Cuperlo: “Senza accordo, voto no e mi dimetto” Con la relazione di Matteo Renzi «abbiamo fatto un passo sul sentiero e chiedo se c’è quella volontà politica di evitare una frattura - ha replicato Gianni Cuperlo, leader di Sinistradem -. Una proposta non può essere rinviata al dopo, io dico di andare a vedere la sostanza di queste parole nei prossimi giorni, poi ognuno assumerà le proprie decisioni. Se un accordo non ci dovesse essere, io non potrò votare quella riforma ma se tu mi spingerai a quella scelta, io comunicherò il giorno stesso alla presidente della Camera le mie dimissioni da deputato». Speranza: “Proposta di Renzi non sufficiente” «Il punto non è accontentare la minoranza, non è capire se recuperiamo spazio sul referendum. Il punto è capire che chi dice che questo meccanismo», Italicum e riforma costituzionale, «cambia sostanzialmente la forma di governo pone un argomento vero. Se non si risolve questo combinato disposto si è di fronte a un cambio della forma di governo, sul piano sostanziale». Lo ha detto l’esponente della minoranza dem, Roberto Speranza. «Io fino all’ultimo istante non mi voglio sottrarre a nessun tentativo. Si vuole fare un comitato? Si faccia. Ma diciamoci la verità: se vogliamo cambiare l’Italicum dobbiamo mettere in campo noi, qui, una iniziativa con la spinta del governo. La proposta che Renzi ha fatto oggi non è sufficiente, sconta ancora questa debolezza», ha aggiunto. La replica: “Non c’è più il combinato” «Facciamo uno sforzo per trovare un punto di caduta ma non trasformiamolo in tormentone» ha detto Renzi nella sua replica, dicendosi pienamente d’accordo con l’intervento, precedente, di Piero Fassino. «Nei prossimi giorni la commissione si deve mettere a lavorare a discutere e a lavorare» per poi fare «una verifica dello stato dell’arte» dopo il referendum. «Da oggi non è c’è più il combinato disposto visto che abbiamo deciso di ridiscutere la legge elettorale. Ora non ci sono più alibi, anzi preoccupazioni». «Nessun astenuto, nessun voto contrario». Così il presidente dell’assemblea del Pd, Matteo Orfini, ha annunciato che la proposta del segretario è stata approvata dalla direzione. Al voto finale non ha partecipato la minoranza del partito. “Paese smosso dalla palude” «Abbiamo scelto la democrazia interna e non i caminetti dei big o presunti tale. Lo avevamo promesso nelle primarie e l’impegno congressuale vale più dei mal di pancia dei leader quindi parliamo qui» aveva detto Renzi in apertura del suo discorso presso la sede del partito in via Sant’Andrea delle Fratte: un appuntamento che sa di resa dei conti, con al centro la campagna referendaria e le eventuali modifiche all’Italicum. «Questo Paese si è smosso dalla palude», sottolinea Renzi, rivendicando le azioni del suo governo: «Se avessimo utilizzato un decimo dei tweet per parlare di tutto ciò che abbiamo fatto, ora saremmo molto più avanti. Questo partito sarebbe più orgoglioso, questo partito sarebbe più ricco». “Scontro permanente” «È surreale che si discuta» su un modello elettorale «ma penso che sia giusto parlarsi con grande chiarezza e trasparenza. Dal momento in cui sono diventato presidente del Consiglio non ho vissuto un giorno senza polemica», ricorda il premier parlando di «scontro permanente». «Fuori da qui lo scontro è ancora più forte, c’è l’insulto e la contestazione nei confronti dell’altro», osserva. «Questa direzione è stata preceduta da un appello all’unità e poi il giorno prima ha visto una girandola di interviste» in cui già si dava per scontata la rottura, ha sottolineato. “La crescita non basta, ma è la direzione giusta” «Tra le stime del governo e le stime del Fmi, che non è un covo di pericolosi comunisti, si possono fare valutazioni ma che si aprano discussioni sui quotidiani per due giorni fa scattare un sorriso anche perché le stesse voci preoccupate non si levarono quando nel 2012-2013 la crescita era del meno due per cento. Dal meno due siamo passati al più 1, non è ancora sufficiente ma è chiaro che la direzione è tornata giusta». “15 miliardi di euro recuperati dall’evasione” «Grazie alla digitalizzazione abbiamo recuperato 14,8 miliardi di euro dall’evasione. Nel 2016 vogliamo fare meglio, anche se non sarà facile, superare il muro dei 15 miliardi. Il 2015 doveva essere l’anno di grazia degli evasori. Invece è stato assicurato più denaro di tutti alle casse dello stato dalla lotta all’evasione». Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2016/10/10/italia/politica/renzi-litalia-schiava-delle-divisioni-e-di-chi-dice-sempre-di-no-8x5vgoUfpIMwxKNUCL0k3N/pagina.html Titolo: MATTEO RENZI “Questa Europa non ha ambizioni” Inserito da: Arlecchino - Ottobre 14, 2016, 11:30:07 am “Questa Europa non ha ambizioni”
Il premier interviene alla Camera in vista del prossimo Consiglio Europeo del 20 ottobre e rilancia: “Si tratta di improntare una nuova strategia, un percorso inedito. Roma 2017 è la data ultima di questo percorso”. 12/10/2016 Roma «Il prossimo vertice europeo arriva in un momento in cui l’Europa ha subito un duro shock con la Brexit e con un quadro di incertezze sul futuro». Così, questa mattina, il premier Matteo Renzi ha inaugurato il lavori in aula alla Camera, in vista del Consiglio Europeo del 20 0ttobre. Non nasconde la delusione per come stanno procedendo i lavori in Europa, e lamenta l’assenza di ambizioni che caratterizza questo periodo: «La risposta dell’Ue, come ha detto Jurgen Habermas, sembra caratterizzata da un ’frenetico immobilismo’ - ha continuato Renzi - Dopo i vertici di Berlino, Bruxelles e Ventotene dove avevamo immaginato per Bratislava un significativo programma di riforme, ambizioso per il futuro, abbiamo dovuto realizzare che il frenetico immobilismo portasse poco più che a niente. Un documento banale, somma di tanti riassunti, elenco di buone promesse assolutamente non all’altezza della grande sfida Ue». L’Aula è scoppiata in un applauso quando il premier ha ribadito la linea dell’Italia sulla questione dei migranti: «La Ue si accinge a discutere il prossimo bilancio, nei prossimi mesi si tornerà a discutere la divisione del bilancio Ue. È fondamentale che l’Italia sia promotrice di una posizione durissima nei confronti dei paesi Ue che hanno ricevuto molti denari dalla comune appartenenza e in questa fase si stanno smarcando dai propri impegni sulla ricollocazione degli immigrati». Renzi ha anche invitato a non drammatizzare i giudizi di Bruxelles: «Soltanto in Italia le considerazioni che vengono dall’Ue e dalla Commissione occupano pagine intere di giornali mentre altri Paesi sono molto più abituati ad accogliere i suggerimenti e poi fare come credono senza che si crei uno psicodramma internazionale». Nei giorni in cui si sta stringendo sulla manovra, il premier ha inoltre ricordato che «l’Italia ha oggi la rotta di discesa del deficit più significativa, rispetto ad altri Paesi citati come punto di riferimento». E non ha mancato di ricordare il caso spagnolo: «l’Italia ha un deficit del 2,4% altri il 5,1%. E ogni riferimento alla Spagna è puramente voluto». Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2016/10/12/italia/politica/questa-europa-non-ha-ambizioni-w0L6S96IgG7YMd8nsviUVJ/pagina.html Titolo: "Patti chiari, amicizia lunga": Renzi, Obama e il senso delle parole Inserito da: Arlecchino - Ottobre 21, 2016, 12:41:36 pm "Patti chiari, amicizia lunga": Renzi, Obama e il senso delle parole
La visita del premier a Washington: quando si parla una lingua che non è la propria, occorre usare frasi idiomatiche che spesso vanno intese non in maniera letterale ma estensiva. Un po' come 'stai sereno' Di STEFANO BARTEZZAGHI 18 ottobre 2016 INCONTRANDO Matteo Renzi, Barack Obama gli ha rivolto un saluto e una frase gentile in italiano. Con questo sforzo ospitale ha così contribuito alla settimana della lingua italiana nel mondo. L'aveva inaugurata il giorno prima proprio Renzi, a Firenze, con un discorso sulla necessità di diffondere di più la conoscenza della nostra lingua e anche dei nostri prodotti. "Non dobbiamo fermarci alla letteratura", ha concluso: ma è quel che ha fatto lui stesso, il giorno dopo, quando ha risposto a Obama con un excursus culminante nell'Ulisse dantesco, che sta bene su tutto: "Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza". Si poteva temere che scegliesse in funzione referendaria: "Le genti / del bel paese là dove 'l sì suona". Ma si è trattenuto in tempo, meglio così. Il problema è stato invece un altro. Quando si parla una lingua che non è la propria occorre usare frasi idiomatiche che spesso vanno intese in senso non letterale ma estensivo. Va così per quella scelta da Obama: "Patti chiari, amicizia lunga". Non poteva sapere che non è l'affettuosa constatazione che potrebbe sembrare: in Italia la usiamo in senso minaccioso. Un po' come "stai sereno", insomma. Obama riceve Renzi parlando in italiano: ''Patti chiari, amicizia lunga'' © Riproduzione riservata 18 ottobre 2016 Da - http://www.repubblica.it/esteri/2016/10/18/news/_patti_chiari_amicizia_lunga_renzi_obama_e_il_senso_delle_parole-150069198/?ref=HREA-1 Titolo: MATTEO RENZI E news 448 Inserito da: Arlecchino - Ottobre 25, 2016, 05:40:55 pm Enews 448
1. Emozioni americane Mi risulta molto difficile contenere le emozioni della visita di Stato della settimana scorsa negli Stati Uniti. A livello personale, innanzitutto, perché considero quella di Barack Obama una storia incredibile e la sua presidenza un passaggio cruciale nella storia americana. La scelta di dedicare all'Italia e al suo governo l'ultima cerimonia ufficiale della sua presidenza è figlia di una stima verso il nostro Paese di cui dovremmo essere molto orgogliosi. Tutti, nessuno escluso, indipendentemente dal colore politico. E dovremmo essere molto orgogliosi anche delle persone che hanno composto la nostra delegazione a cominciare dal meraviglioso quartetto al femminile con la più grande scienziata italiana, Fabiola Gianotti, la curatrice del Moma di New York Paola Antonelli, il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini e l'atleta paralimpica Bebe Vio. Sulla mia pagina facebook trovate alcune immagini di questa missione. Qui il mio saluto al presidente Obama all'inizio della cerimonia ufficiale al mattino. 2. Giù le tasse, più soldi per i malati Meno emozioni, forse, arrivano dalla Legge di Bilancio 2017. Ma si tratta di un passaggio importante per il nostro Paese, sottovalutato nella discussione di queste ore. Non a caso ho deciso di dedicare alcune uscite televisive originariamente previste per il referendum all'approfondimento del Bilancio: oggi sarò in diretta al Tg5, domani con i ministri Calenda e Madia a Porta a Porta (dopo la bellissima fiction sui Medici). Perché mi sono accorto che anche i punti principali della Legge di Bilancio non sono stati illustrati a dovere. L'eliminazione di Equitalia e la possibilità di pagare le multe senza le supersanzioni e gli interessi di mora. I due miliardi di euro in più sulla sanità a cominciare dai farmaci oncologici innovativi. I soldi di Industria 4.0 con un pacchetto di misure per la competitività che non ha eguali nel recente passato. L'abbassamento delle tasse, ulteriore: dall'Ires al 24% alle partite Iva, all'Iri, al canone RAI che scende da 100€ a 90€, fino alle tasse agricole. L'aumento delle pensioni per chi prende meno di mille euro: avranno una quattordicesima. E la possibilità di andare in pensione con qualche anno di anticipo con la formula "Ape". E la possibilità di sbloccare alcune partite ferme da tempo sul pubblico impiego, a cominciare dal comparto sicurezza, dai contratti e da nuove assunzioni nei settori di prima necessità (come infermieri e agenti di pubblica sicurezza). Potrei continuare a lungo. Ma la sintesi è semplice: in questa stabilità ci sono diverse buone notizie (e non ho citato quelle per gli enti locali, per gli studenti e i ricercatori, per la scuola, per gli abbonamenti ai pendolari: l'elenco potrebbe continuare). Queste buone notizie sono state possibili nonostante un lavoro incredibile di abbassamento del deficit visto che siamo a 2,3%, il livello più basso degli ultimi dieci anni. Passo dopo passo, stiamo restituendo ai cittadini dignità e servizi. A me piacerebbe che sui temi della legge di stabilità anche chi fa sempre polemica trovasse un minuto di onestà intellettuale per discutere nel merito. Erano tutti a favore di un aumento dei fondi alla sanità, perché fare polemica adesso? Erano tutti per chiudere Equitalia, perché fare polemica adesso? Aspetto le vostre mail: matteo@governo.it 3. Viaggio in Italia Prosegue il mio viaggio dentro il cuore profondo del Paese (qui il video sintesi della settimana). A Pistoia abbiamo visitato la Hitachi, ex Breda, che ha fatto nuovi investimenti nelle fabbriche e si accinge a produrre per Ferrovie dello Stato 300 nuovi treni pendolari. Non pensiamo solo all'alta velocità insomma. Al Sant'Anna di Pisa ho sfidato gli studenti e i ricercatori a sommergerci di idee, proposte, suggerimenti e critiche in una sorta di gara di idee per il Paese. A Taormina abbiamo presentato il logo del G7. A Messina abbiamo firmato il Patto per la città: nelle prossime ore faremo lo stesso a Napoli. A Palermo abbiamo inaugurato l'anno accademico, cosa che faremo alla fine di questa settimana anche a Padova. E dal profondo sud ovest di Trapani fino al nord est di Vicenza (giovedì prossimo, pomeriggio), passando per Avellino, continuano gli appuntamenti di Basta un Sì. A proposito: mentre Massimo D'Alema non trova di meglio che insultare gli elettori anziani, io continuo a fare confronti - credo civili e pacati - con il mondo del NO. Dopo Travaglio e Zagrebelsky, è la volta di Ciriaco De Mita che sosterrà le ragioni del NO in un confronto da Enrico Mentana su la7 venerdì prossimo alle 22.30 Chi vuole darci una mano per sostenere le ragioni del Sì, smentire le "Bufale del No", fare un comitato o aiutarci a livello economico (stiamo per raggiungere quota mezzo milione) può digitare l'indirizzo www.bastaunsi.it. Mancano 41 giorni al voto e noi abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti i cittadini che credono che sia arrivato il momento di cambiare. Perché - come ci spiega qui in modo inappuntabile la nonnina - se voti no, non cambia niente. Ah, ultima considerazione. Ricordate la polemica sulla scheda? Bene. Dopo giorni di discussione il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dei professori del NO. Questa è la scheda che troverete in cabina elettorale, dunque. La domanda è chiara, la risposta adesso è nelle mani del popolo italiano. Ci sarebbero molti altri argomenti: la legge sul caporalato, il rapporto Green Economy, i dati del lavoro (nonostante il minor aumento siamo a più 588.000), il rapporto Export, ma ci torneremo in una delle prossime enews. Per adesso tutti al lavoro e a quelli che vogliono bene al PD l'invito a partecipare alla manifestazione sabato 29 ottobre a ROMA in PIAZZA DEL POPOLO nel primo pomeriggio. Il weekend successivo, da venerdì 4 a domenica 6 novembre, invece ci sarà la Leopolda. Un sorriso, Matteo www.bastaunsi.it Pensierino della Sera. Da padre, dico che la frase di oggi del Presidente Mattarella sui vaccini è quantomai importante: "Occorre contrastare con decisione gravi involuzioni, come accade, ad esempio, quando vengono messe in discussione, sulla base di sconsiderate affermazioni, prive di fondamento, vaccinazioni essenziali per estirpare malattie pericolose e per evitare il ritorno di altre, debellate negli anni passati." Si perdono voti a dirlo? Forse. Ma è giusto e doveroso pensare ai nostri bambini. Voi che dite? matteo@governo.it DA - https://mail.google.com/mail Titolo: MATTEO RENZI Proviamoci”, Matteo Renzi chiude la Leopolda 2016 Inserito da: Arlecchino - Novembre 08, 2016, 11:16:37 pm “Non dipende più da me, ma da noi.
Proviamoci”, Matteo Renzi chiude la Leopolda 2016 La cronaca della giornata conclusiva della settima edizione della Leopolda INVIATO A FIRENZE – Si conclude la tre giorni della Leopolda e si conclude come sempre con il discorso che tutti attendevano, quello di Matteo Renzi. L’aveva detto, voleva levarsi dei sassolini dalle scarpe e qualcuno, in effetti, se l’è tolto. Non ha affondato il colpo, ma ha voluto prendere le distanze da quei leader del No, compresi quelli del suo partito. Una compagine molto eterogenea che va da D’Alema a Salvini e che se “messi nella stessa sala per trovare un’idea comune non escono più”. I convitati di pietra di questa Leopolda sono stati D’Alema e Bersani, il primo spesso nominato, e anche fischiato, il secondo invisibile. Di Bersani non si è parlato direttamente alla stazione fiorentina, il suo nome non si è ascoltato, ma i messaggi rivolti a lui sono stati molti. A prevalere è stato comunque il messaggio del cambiamento, l’idea che il referendum del 4 dicembre è uno snodo cruciale per scegliere tra una generazione che vuole guardare al futuro e una che “vuole solo tornare in pista”. Con due passaggi chiave: la Leopolda non finisce qui, comunque vada il referendum, anzi Renzi ha già annunciato le date del prossimo anno; i sondaggi contano poco e, come successe alle Europee del 2014, possono essere capovolti. LIVEBLOG “Cosa dobbiamo fare lo sanno perfettamente gli italiani: cambiare per affrontare le sfide globali. Adesso non dipende più da me, ma da noi”. “Dalla Leopolda io vi dico proviamoci, non lasciamo il futuro nelle mani di chi vuole frenare. Quando ci dicono voi siete l’Italia proviamolo un moto d’orgoglio”. “Quando abbiamo incontrato Barack Obama e sua moglie c’è una cosa che mi ha colpito del suo pensiero: ‘L’Europa è a un bivio e voi siete importanti perché siete l’Italia’, il presidente Obama nell’ultima sua cena di stato che ha deciso di fare con il nostro Paese, non con me, ci ha voluto dire voi siete l’Italia” “Abbiamo 28 giorni potenzialmente meravigliosi: a voi la scelta se essere spettatori, leoni da tastiera che poi non riescono a guardarti negli occhi, ogni riferimento a Marco Travaglio è puramente casuale, o protagonisti. Se pensare che fare politica sia fare zapping, fatelo, io non voglio cambiare canale, voglio cambiare il Paese”. “Nel 2014 i sondaggi dicevano Renzi e Grillo alla pari, ci si domandava che succederà al Governo visto l’imminente sorpasso. Tutti sappiamo com’è finita, noi il 40 loro al 20 e il sorpasso è rimasto solo un magnifico film”. “Oggi per la prima volta c’è l’occasione di abbattere i privilegi della casta, se non vince il Sì non c’è il ritenta, non ci sarà una nuova occasione” “Una parte del nostro partito, quelli che 18 anni fa hanno decretato la fine dell’Ulivo perché non erano loro al comando, gli stessi che oggi vogliono decretare la fine del Pd perché hanno perso un Congresso. Bernie Sanders ora sta facendo campagna per Hillary, questo andrebbe spiegato ai sostenitori della ditta quando comandano loro” “Gli 80 euro sono la prima manovra di ridistribuzione del reddito e di sinistra mai fatta, ed è in vigore da due anni e mezzo. Questa idea è nata 6 anni fa alla Leopolda”. “Chi era che diceva ‘Con la cultura non si mangia’? Uno dei leader del No, per noi con la cultura si cresce, si crea lavoro. Per noi la cultura sono i 3 milioni di visitatori a Pompei, le tante persone in coda per vedere la Reggia di Caserta” “E’ un’Italia che guarda all’Europa o un’Italia che guarda a una classe politica che ha già fallito e che fallirà ancora”. “Tra due giorni avremo un nuovo presidente degli Stati Uniti, io mi auguro che sia una donna”. “Quelli del No se li chiudi in una stanza per partorire una idea comune non escono più. Cosa hanno in comune quelli che sostengono l’uscita dall’Euro e quelli che sostengono l’austerity”. “C’è gente che ha votato 6 volte Sì, tra Aula e commissione, e ora è il capo del No nel suo partito, mi riferisco a Renato Schifani. Poi c’è lo statista della lega, non mi riferisco a quello che si mette le magliette della polizia per sembrare dalla loro parte anche se con il suo partito ha bloccato gli stipendi delle forze dell’ordine per 7 anni, mi riferisco a l’altro statista che dopo aver fatto la legge elettorale ha detto ‘E’ una porcata'” “Massimo D’Alema dice che lui l’avrebbe fatta meglio, perché non l’hai fatta te allora? Ne hai avuto l’occasione. Silvio Berlusconi ha detto che questa riforma rischia di creare un uomo solo al comando, lui che aveva fatto una riforma che il Presidente del Consiglio poteva sciogliere le Camere, noi che non abbiamo aumentato i poteri del premier. Noi saremo quelli della dittatura, non l’ha detto Grillo che ha detto che non l’ha studiata, se l’è fatta spiegare da Di Maio che non l’ha capita”. “I leader del No, non vogliono difendere la Costituzione ma la loro posizione, perché sanno che il 4 dicembre è l’ultima occasione per tornare in pista”. “Quando si dice di voler difendere la Costituzione e s’incappuccia e si scaglia un cartello stradale contro le forze dell’ordine non si difende, ma s’insulta la Costituzione. Se volevate venire alla Leopolda basta mandare una mail, basta iscriversi, non c’è bisogno di lanciare sassi. Il prossimo anno sarà dal 20 al 22 ottobre segnatevi le date per tempo. Se da piazza San Marco si gira per via Cavour non si vuole venire alla Leopolda, non serve Tuttocittà per capirlo, si vuole sfasciare la città e noi questo non lo permettiamo”. “Noi abbiamo un’unica possibilità, ed è quello di recuperare la cosa più bella della politica, andare in contro alla gente e spiegargli questa riforma, chiedergli se vogliono scegliere il futuro o il passato, l’innovazione o la conservazione”. “Se non fai le cose non sei in grado d’incidere sul futuro delle persone. Siamo ad un punto cruciale che è un derby tra la rabbia e la proposta, tra la nostalgia e il domani”. “Noi stiamo restituendo all’Italia ciò che merita, ma per farlo abbiamo dovuto sostituire un gruppo dirigente che ci aveva governato fino ad allora”. “Noi alla Leopolda abbiamo sempre parlato di futuro, ma non ci siamo accorti che parte di quel futuro l’abbiamo già realizzato. Se oggi molti quarantenni amministrano le città, non solo nel nostro partito, è perché qui abbiamo detto che non ci rassegnavamo a rispettare la fila. Certo non è l’età a garantire la buona politica, alcuni giovani sindaci sanno dire solo No”. “Noi siamo quel governo che dice ai sindaci di ricominciare a fare progettazione per l’edilizia scolastica, tornate a progettare scuole perché le spese non saranno conteggiate nel patto di stabilità che piaccia o non piaccia ai burocrati di Bruxelles, perché i nostri figli valgono più dei bilanci”. “Quello che serve dopo questo terremoto è l’idea che le prossime generazioni potranno vivere in case più sicure, andare a scuola ed essere al sicuro, è questo il senso della buona politica, guardare al futuro. Magari non porterà voti, non ne vedremo i risultati, ma è la cosa giusta da fare. Quando va giù la chiesa di San Benedetto a Norcia è normale che va ricostruita”. “Qualche vignettista si dovrebbe rendere conto che con quella vignetta non offende noi, ma tutti quelli che non hanno più niente”. “Il pensiero non solo della Leopolda ma di tutti gli italiani deve andare a tutti coloro che sono stati coinvolti nel terremoto del centro Italia. Va bene dire che siamo al loro fianco, va bene dire che lo stato c’è, noi che crediamo nell’Italia non dobbiamo solo ricostruire, ma dobbiamo costruire una diversa filosofia dell’Italia”. “Sono molto felice per questa Leopolda, è stata sorprendente non solo per il Richetti cerimoniere, ma soprattutto perché nonostante sia una manifestazione organizzata da un partito di governo è riuscita ad entusiasmare” Ritorna la corrente e Matteo Renzi inizia il suo intervento. Finiscono gli interventi, sale sul palco Matteo Renzi, ma nel momento in cui il premier deve prendere la parola un blackout fa calare la Leopolda nell’oscurità. E’ il momento di Giulio Del Balzo, che si sofferma sull’importanza di un futuro collegato all’Unione europea per i giovani, quindi sul palco Claudia Conte, architetto e prossima mamma, e Veronique Orofino, mamma da 48 giorni. Entrambe raccontano l’esigenza del rinnovamento per i propri figli, anche grazie alla riforma costituzionale. Sul palco Massimo Recalcati: “Il Sì non altera, non profana i principi della nostra Costituzione. Non li altera perché resta fedele a quei principi, perché solo innovandola si resta fedele ai suoi principi. Vedo nella sinistra del No 3 sintomi: 1) La paura del cambiamento: Matteo Renzi per loro è il nemico assoluto, perché rappresenta il cambiamento, per loro l’immobilismo è la condizione migliore. 2) Il fascino masochista per il No: Per loro la sinistra è di lotta, ma Berlinguer ci ha insegnato che senza il governo la sinistra è solo distruzione, mentre la sinistra dovrebbe essere costruzione. 3) Il paternalismo: dicono sono ragazzi, non sanno scrivere, è la sindrome del padre che continua a dare lezione ai figli e non li ascolta, quei padri che non vogliono che i figli progrediscano. Matteo Renzi ha avuto il merito di riportare nell’alveo democratico molti giovani, che da anni finiscono nelle mani dei populisti”. E’ il turno di Lorenzo Musotto, volontario per il Sì a Milano: “Ho 22 anni e mi sono avvicinato alla politica da un anno con il progetto del Pd Milano di ‘Bella ciao Milano’, le magliette gialle. Poi con la campagna che ha portato Beppe Sala a Palazzo Marini. Io vengo da un quartiere periferico dove la politica non interessa molto ai giovani e molti mi chiedono ‘Ma cosa pensi di cambiare? ’ per me fare politica, buona politica è l’unico modo per cambiare le cose, e il Sì al Referendum è un passaggio fondamentale per determinare il mio futuro”. Sale sul palco il premio Strega 2011 Edoardo Nesi: “Nella sfida del 4 dicembre da una parte c’è il progresso, dall’altra la conservazione. Non c’è niente di male ad essere conservatori, ogni tanto sono anch’io conservatore quando credo nella scienza piuttosto che alle scie chimiche. E’ molto facile dire che si vuole il cambiamento e mantenere la conservazione, vestirsi da innovatori ed essere conservatori, dire di non essere contro il cambiamento, ma contro questo cambiamento”. Sul palco della Leopolda il presidente della regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini: “Io vengo da una terra che ha saputo diventare uno dei luoghi con la qualità della vita migliore d’Europa partendo da una situazione in cui si era una delle terre con una qualità della vita peggiore. L’abbiamo fatto con il coraggio, il riformismo e la visione del futuro. Ecco chi è in dubbio oggi dovrebbe guardare alla storia della mia terra. Noi per primi abbiamo diminuito le indennità dei consiglieri regionali, non siamo degli eroi abbiamo fatto in anticipo quello che c’è scritto nella riforma costituzionale fatta da questo governo. Dobbiamo votare Sì per il futuro del nostro Paese e dei nostri figli”. E’ il momento di Oscar Farinetti: “So che vinceremo perché abbiamo voglia di vincere e la voglia di vincere ci farà vincere non per noi, ma per il Paese. Quando si fa una scelta la si fa in funzione di quello che succederà dopo: se vince il No prenderanno piede gli estremisti. Se vinceranno i Sì prevarranno i più moderati e noi potremo dialogare anche con persone che la pensano in maniera differente da noi senza dover urlare”. Sale sul palco Silvia Del Riccio, futura mamma di Alice che legge una lettera “scritta” dalla nascitura. Sale sul palco per parlare di futuro un papà, il sindaco di Prato Matteo Biffoni: “Nel 2010 ero qui con molta speranza e molte idee, nel corso di questi anni molti di noi hanno avuto ruoli pubblici e quelle idee sono diventate realtà. Questa riforma porterà un pezzo di futuro che chiedevamo fin dal 2010. L’Italia che ci piace è quella che porta in fondo le proprie idee con coerenza, un’Italia che ha coraggio, la stessa che salva migliaia di migranti, la stessa che ricostruirà i paesi colpiti dal terremoto, la stessa che il 4 dicembre ci consegnerà il futuro sperato”. Alla Leopolda arriva anche il Brunelleschi della serie tv sui Medici, Alessandro Preziosi: “Interpretando Brunelleschi ho capito quanto scetticismo ha dovuto affrontare. Quando si fa qualcosa di geniale, qualcosa fuori dalla comprensione, qualcosa d’innovativo si va sempre incontro allo scetticismo, è il destino degli innovatori. L’arte riesce a rendere possibile quello che sembra impossibile, la politica dovrebbe fare lo stesso, per fare questo bisogna comprendere le ragioni dell’altro. Auguro al presidente Renzi e ai suoi ministri di comprendere sempre le ragioni degli altri per rafforzare le proprie”. Sale sul palco Patrizia Asproni, ex presidente Fondazione Torino Musei: “Spesso sento definire la cultura come oro o come petrolio. Ma la cultura è come l’acqua della mente, è quella sostanza senza la quale non c’è la vita. E come l’acqua deve esser di tutti, sostenibile e accessibile a tutti. Io dico Sì a questa riforma e per dire Sì al futuro e alla cultura.” E’ il momento del lavoro con il segretario della Fim Cisl, Marco Bentivogli: “Non sono del Pd, ma sono qui per dirvi che non c’è solo un sindacato ideologico, non c’è solo un sindacato che non vuole guardare al futuro, c’è anche un sindacato che vuole il cambiamento. Noi vogliamo arginare il saccheggio populista del movimento operaio, quella storia è troppo importante per cederla ai populisti. Si può fare a meno di una parte di sindacato, quella parte che ha confuso i diritti con l’abuso dei diritti, che ha confuso il diritto di sciopero con l’abuso al diritto di sciopero. Il sindacato deve fare il sindacato, non politica. Deve rappresentare i lavoratori, non gli interessi personali di futuri leader politici”. L’intervento di Bentivogli è stato molte volte interrotto dagli applausi del platea che ha dimostrato di apprezzare molto le sue parole. Sale sul palco Veronica Catania, storica frequentatrice della Leopolda e mamma di Clio: “Ho scelto di votare Sì perché voglio un sistema sanitario equo, giusto e unico, per le mie figlie quella che porto in grembo e quella già nata”. Il sindaco di Bari: “Se votiamo No il giorno dopo non troveremo qualcuno che farà meglio la riforma, non avremo una riforma per anni, per questo voterò Sì, per il futuro dei miei figli”. Dopo Andrea Occhipinti è nuovamente il turno di un sindaco, il presidente dell’Anci Antonio Decaro: “I sindaci non chiedono ai cittadini chi hanno votato, i sindaci risolvono i problemi dei cittadini. Io da presidente dei sindaci non ho chiesto la provenienza politica dei sindaci di Camerino o Visso che mi chiedevano di aiutarli a ricostruire, oppure la provenienza politica del sindaco di Porto Sant’Elpidio che ora fa il doppio sindaco per i suoi cittadini e per gli sfollati che ha accolto nella sua città. Quando parliamo di accoglienza e integrazione dovremmo ispirarci al sindaco di Riace. Io i sindaci li rispetto tutti, quelli che voteranno Sì e quelli che voteranno No. Io voterò Sì per un Paese migliore, più veloce e più giusto”. Si parla di cinema con Andrea Occhipinti: “Quando è stata approvata la legge sul cinema ero a Los Angeles e ho iniziato a raccontare agli americani questa legge e loro erano entusiasti, mi dicevano ‘L’Italia si sta muovendo, finalmente avete fatto qualcosa per l’industria cinematografica’. Ripeto ero a Los Angeles, la capitale mondiale del cinema, un’industria in attivo che produce utili e impiega numerose persone”. Giorgio Gori: “La politica è discutere, decidere, fare. Se discuti decidi e non fai c’è un problema. L’Italia non si può permettere di impiegare 563 giorni per approvare un provvedimento. Quanto ci è costata l’anarchia delle politiche energetiche, quanto è costata la frammentazione delle politiche turistiche, è ora di avere una politica unica per tutte le regioni su alcuni temi chiave. Il 4 dicembre facciamo fare un salto nel futuro a questo Paese, facciamo vincere il Sì”. Matteo Richetti apre la terza e ultima giornata della Leopolda e ricorda che ieri era l’anniversario della morte di Giorgio La Pira, che è stato sindaco di Firenze e chiama sul palco Giorgio Gori che farà il primo intervento della giornata. Da - http://www.unita.tv/focus/e-adesso-il-futuro-la-terza-giornata-della-leopolda-7-diretta Titolo: Renzi Chi vota No è un’accozzaglia? Mi scuso se ho offeso, ma non è ... Inserito da: Arlecchino - Novembre 21, 2016, 11:38:29 am Renzi: “Chi vota No è un’accozzaglia? Mi scuso se ho offeso, ma non è un’alternativa”
Il premier a In Mezz’ora accusa Landini: «Siete per la casta». La replica: «Non è vero» Pubblicato il 20/11/2016 Ultima modifica il 20/11/2016 alle ore 16:19 «Non sto dicendo che è un’accozzaglia chi non vota come me o per me. Sto dicendo come può un’accozzaglia di persone e forze politiche totalmente diverse che non la pensano allo stesso modo, costruire un’alternativa a questo governo. Se ho offeso qualcuno mi scuso, ma io intendevo fare un complimento». Lo dice il premier Matteo Renzi a In Mezz’ora. “Non fatevi fregare, con No non si cambia più” «Vi stanno cercando di fregare, i senatori saranno eletti dai cittadini. Il punto è che non prenderanno lo stipendio e i rimborsi. Nessun pericolo per la democrazia» ha aggiunto Renzi. «I cittadini devono decidere se farsi fregare da chi dice che c’è una non ben definita pecca nell’ingranaggio. Se vince il No non cambierà più niente, nessuno nella prossima legislatura ridurrà i parlamentari». Renzi: “Siete per la Casta”. Landini: “Non è vero” «Ho il sospetto che la riforma non l’abbia letta, Landini. Glielo dico con rispetto. Bisogna cambiare le cose, non difendere la Casta come fate voi» spiega il premier. “Non è vero, la Cgil era per un Senato vero delle autonomie, questa cosa invece è un animale bicefalo che non si capisce se verrà eletto. Io sono contro il doppio lavoro sempre e non capisco come si possa fare il sindaco o consigliere e il senatore. Questa riforma è malfatta», ribatte Maurizio Landini. “Impensabile difendere il Cnel” Lo scontro va avanti a lungo. «Capisco la solidarietà tra colleghi sindacalisti, ma difendere il Cnel è impensabile per chiunque», attacca Renzi. «Sul Cnel non ho problemi ma la Costituzione non può essere cambiata all’ingrosso, siete voi a far votare 40 articoli insieme», replica il leader Fiom. «Non dica che la procedura legislativa è incomprensibile perché basta leggerla», afferma il premier. «Avevamo proposte perché non siamo perché le cose rimangano come adesso. I titoli sono giusti, il problema è lo svolgimento», dice Landini. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2016/11/20/italia/politica/renzi-chi-vota-no-unaccozzaglia-mi-scuso-se-ho-offeso-ma-non-unalternativa-ToD3AD9E5lIrQv7IyeLdvO/pagina.html Titolo: Renzi ha perso con il 40% di consensi. L'assenteismo è in declino ... Inserito da: Arlecchino - Dicembre 05, 2016, 10:05:48 am Con questi due elementi si può ragionare sul punto di oggi.
Oggi il Movimento 5Stelle si prepara a governare (d'obbligo gli scongiuri anche quelli volgari se funzionano). La Lega pensa al come conservare il potere locale, dove può (dicendo che il CentroDestra non esiste se non come Polo). Il PD deve ammorbidire, subito, le carni indigeste e dure del suo attuale spezzatino, per farne (dopo averlo tritato) una compatta polpetta o carne da ragù. La stupidità di molti la si vedrà maramaldeggiare, per un poco di tempo, sopra il corpo politico del Renzi ferito. Poi dipende da Renzi se perire (sempre politicamente) o esprimere meglio cosa ne vuol fare del consenso che ha saputo raccogliere, malgrado errori di gioventù. Noi dell'Ulivo potremmo riproporre le tesi Prodiane RIVISTE E AGGIORNATE, e mantenere la serenità di chi ha buone idee, ... che non sono state ancora comprese da chi ne avrebbe un gran bisogno, gli Italiani. ciaooooooo Titolo: Hanno vinto veri poteri forti (non quelli paventati dai nani politico-economici Inserito da: Arlecchino - Dicembre 05, 2016, 04:26:06 pm Hanno vinto i veri poteri forti (non quelli paventati dai nani politico-economici anti-renziani di casa nostra) che stanno da anni assaporando pezzi d’Italia economica per arrivare, grazie ai "vincitori" di oggi, a sottometterci anche politicamente (è un fardello storico il nostro essere appetiti da stranieri). Ciaooo Da FB del 05/21 in Arlecchino Titolo: Matteo Renzi avvia le "consultazioni" a Palazzo Chigi: "Resto fuori dal governo" Inserito da: Arlecchino - Dicembre 10, 2016, 11:32:17 am Matteo Renzi avvia le "consultazioni" a Palazzo Chigi: "Resto fuori dal governo".
Ipotesi Gentiloni premier Pubblicato: 09/12/2016 18:51 CET Aggiornato: 23 minuti fa E’ metà mattinata quando Paolo Gentiloni varca la soglia di Palazzo Chigi. Ad attenderlo c’è il premier dimissionario Matteo Renzi, tornato a Roma oggi dopo aver trascorso il giorno dell’Immacolata in famiglia a Pontassieve. Mentre al Quirinale Sergio Mattarella avvia il suo secondo round di consultazioni con ben 17 gruppi e gruppetti parlamentari solo nella giornata di oggi, è nel palazzo del governo che si cerca la quadra per la nascita di un nuovo esecutivo. Renzi avvia di fatto le sue ‘consultazioni’ con i leader Dem. Oltre a Gentiloni, riceve Pier Carlo Padoan. Incontra Matteo Orfini e sente al telefono Graziano Delrio. A Palazzo Chigi arriva anche Maurizio Martina. I contatti con Dario Franceschini sono continui. La giornata cancella l’ipotesi di un Renzi bis. E rafforza invece la carta di Gentiloni premier di un governo che confermerebbe Padoan all’Economia. Gentiloni potrebbe giurare già domenica. Ma Renzi vuole la garanzia che si voti a primavera e chiede di chiudere un’intesa su un sistema elettorale semi-proporzionale. Intanto si prepara a lanciare la fase congressuale già il 18 dicembre, nell'assemblea nazionale del Pd. All’ora di pranzo la campanella che dice “sbrigatevi” la suona la Bce. L’istituto di Francoforte respinge la richiesta di Mps di aver maggior tempo per l’aumento di capitale. Tradotto: serve un intervento del governo, un decreto, serve ‘un governo’. E’ questa urgenza che nel primo pomeriggio, mentre a Palazzo Chigi continua l’andirivieni di leader e contatti, i telefoni squillano, le trattative fervono, rafforza la carta Gentiloni. Al Colle invece la storia Mps rafforza la carta Padoan. Mattarella insiste fino all'ultimo sul ministro del Tesoro. Ma Renzi è irremovibile e su Gentiloni stringe il patto con il Pd. Così il ministro degli Esteri diventa punto di mediazione tra Renzi e Mattarella. Dopo che è caduta l’ipotesi iniziale del capo dello Stato: cioè un reincarico di Renzi. In quanto, spiegano fonti istituzionali di alto livello, a norma di Costituzione nulla obbliga il premier a dimettersi dopo la sconfitta referendaria. Ma Renzi fa un altro ragionamento. “Io non sono disponibile”, ha spiegato a chi lo ha incontrato a Palazzo Chigi. Intorno, i primi scatoloni del trasloco. Al premier uscente non sarebbe dispiaciuta l’ipotesi disegnata dal pentastellato Luigi Di Maio: congelare tutto così com’è, Renzi resta a Palazzo Chigi dimissionario con tutto il governo fino alla sentenza della Consulta a gennaio e poi si vota. Insomma, una gestione degli affari correnti e basta. Ma la bomba a orologeria di Mps spazza via anche questo scenario, che comunque non era gradito a Mattarella. Renzi non vuole un reincarico, “perderei la faccia”, continua a dire ai suoi. E allora emerge l’ipotesi Gentiloni, frutto anche di un patto interno con Franceschini, con cui Renzi ha un chiarimento a sera: faccia a faccia a Palazzo Chigi. Della serie: “Nulla nasce contro il segretario del Pd”, ha continuato a dire in questi giorni il ministro dei Beni Culturali. Dietro, c’è la ‘last call’ del Quirinale. Della serie: ‘Se non sei tu, indica un nome, caro Matteo che resti segretario del Pd. Altrimenti facciamo noi’. Certo ancora fino al primo pomeriggio, pure dal Pd - oltre che dal Colle - arrivavano sollecitazioni su Padoan. Più tecnico, più neutro, meno politico: contro di lui si scatenano meno invidie e gelosie. Ma per il premier la carta preferita è Gentiloni, uno dei pochi fedelissimi non toscani, punto di riferimento della cerchia del segretario Pd a Roma. Con l’esperienza maturata alla Farnesina può gestire agevolmente gli appuntamenti esteri importanti del prossimo futuro: dal Consiglio europeo della prossima settimana alla celebrazione dei 60 anni del Trattato di Roma a marzo. Ma non il G7 di Taormina. Non per incapacità di Gentiloni, bensì perché Renzi vorrebbe aver votato per quella data di fine maggio. Sta qui il nodo di tutto il puzzle. A sera Gentiloni torna a Palazzo Chigi per un nuovo faccia a faccia con Renzi. Con i suoi interlocutori Dem il premier uscente ragiona anche di data e sistema elettorale. Vuole garanzie che si torni al voto al più presto, approfittando magari della finestra delle amministrative di primavera. Twitta il renziano Andrea Marcucci: Si può votare dal 15 aprile al 15 giugno, indicano dalla cerchia del premier, una tornata che interessa circa mille comuni e che per Renzi potrebbe ben estendersi alle politiche. Per avere una garanzia sulla data, Renzi vuole anche garanzie sulla legge elettorale, per seminare e raccogliere subito dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum. Insomma, per non farsi trovare impreparato. L’Idea è un semi-proporzionale che piace anche a Silvio Berlusconi. L’ex Cavaliere salirà domani al Colle: nel Pd sono tutti in attesa di sapere cosa andrà a dire a Mattarella. L’auspicio è di poter stringere un patto di non belligeranza sulla base della legge elettorale. La squadra Del governo Gentiloni continuerebbe a far parte Luca Lotti, braccio destro del segretario che resterebbe a Palazzo Chigi come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Padoan verrebbe riconfermato all’Economia. E in squadra resterebbero sia Orlando che Franceschini, Delrio e Martina, Poletti e anche Alfano confermato al Viminale. Ma non farebbero parte del governo i ministri bocciati dai fatti. Tre nomi: Giannini per le contestazioni alla Buona scuola, Lorenzin per alleggerire il peso di Ncd nel governo, Boschi (al suo posto si fa il nome di Giachetti) per via della sconfitta al referendum che su di lei funzionerebbe come con Renzi. Via tutt’e due dall’esecutivo. In bilico anche Madia, per via della bocciatura della sua riforma da parte della Consulta, ma il ministro della Pubblica Amministrazione potrebbe restare per i decreti attuativi ancora sul tavolo. Nella squadra di Gentiloni non entra alcun ministro verdiniano. A sostituire quello che dovrebbe essere il prossimo premier alla Farnesina si fa il nome di Carlo Calenda, attuale responsabile dello Sviluppo Economico. Davanti a Palazzo Chigi, il fotografo di Renzi, Tiberio Barchielli, prende una boccata d’aria e per la prima volta non porta con se la macchina fotografica. Segno anche questo che il suo compito dietro al premier è terminato, magari comincerà a seguire solo il segretario. Perché nell’accordo interno al Pd che dovrebbe portare Gentiloni a giurare al Quirinale c’è anche il congresso del partito a partire da subito. Primarie aperte per la nuova segreteria. Renzi le lancerà il 18 dicembre, in occasione dell'assemblea nazionale del Pd. Lo chiedono con forza i Giovani Turchi, lo chiede il governatore Michele Emiliano che scalpita per candidarsi, come il governatore toscano Enrico Rossi e chissà forse anche Sergio Chiamparino. Una chiamata alla sfida interna che Renzi avalla: gli serve per rilegittimarsi dopo la sconfitta pesante del 4 dicembre. E per ora sa di avere dalla sua parte i Giovani Turchi che a quanto pare non candiderebbero il ministro Andrea Orlando ma sosterrebbero l’attuale segretario. Il perché sta nei 13 milioni di sì comunque incassati al referendum, così te la spiegano. “Con primarie aperte vince lui”, ti dicono. E Franceschini? Nell'incontro serale a Palazzo Chigi, ha avuto un chiarimento con Renzi e gli ha garantito appoggio. Anche per il congresso. “Lui sta con chi vince”, prevedeva già nel pomeriggio più di un renziano. Per loro, vince ancora Renzi. Chissà. La prossima settimana una nuova direzione nazionale – forse martedì – potrebbe portare allo scoperto le posizioni in campo tra i Dem. Un campo minato. Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/12/09/matteo-renzi-palazzo-chigi_n_13531930.html?utm_hp_ref=italy Titolo: Arlecchino su FB Il Referendum ha battuto "l'indifferenza" Inserito da: Arlecchino - Dicembre 10, 2016, 09:25:59 pm Il Referendum, del 4 dicembre ci obbliga, ma obbliga soprattutto "il Potere", alla considerazione che gli "Ultimi" non possono seguitare a rimanere tali, ai livelli cui siamo arrivati oggi.
Siamo ad un punto in cui gli Ultimi sono cresciuti, arrivando ad una misura tale e con una estensione nei vari segmenti del sociale che paralizza la razionale ricerca delle ragioni del convivere. Il Referendum ha battuto "l'indifferenza"! Adesso tocca al Potere discernere, "rovistando tra l'accozzaglia" dei NO, per non commettere l'errore di dare a quei NO significati nebulosi, annebbiati dalla peggiore tifoseria, o addirittura rendendolo pericoloso strumento nelle mani di incapaci o peggio. La Democrazia è difficile da vivere ma non dobbiamo farne fare un uso distorto di corto respiro. La CULTURA deve avere la forza di mettersi alla testa degli Ultimi come motore di Rinascita e Nascita di una società diversa e più giusta. I Piccoli Editori Indipendenti, anche loro tra Ultimi (perché poveri, ma non incapaci) sono l'avanguardia coraggiosa di una Dignità Nazionale da dissotterrare, liberare da chi l'ha sepolta, rilanciare nel Mondo. Ciaooo Da FB del / dicembre 2016 Titolo: Nicoletta COTTONE. Il post di Renzi: «Torno a casa davvero» Inserito da: Arlecchino - Dicembre 11, 2016, 05:36:06 pm Il post di Renzi: «Torno a casa davvero»
Di Nicoletta Cottone 11 dicembre 2016 «Torno a Pontassieve, come tutti i fine settimana. Entro in casa, dormono tutti. Il gesto dolce e automatico di rimboccare le coperte ai figli, un'occhiata alla posta cartacea arrivata in settimana tanto ormai con internet sono solo bollette, il silenzio della famiglia che riposa. Tutto come sempre, insomma. Solo che stavolta è diverso. Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti. Ho chiuso l'alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi. Torno a casa davvero». Inizia così un lungo post pubblicato in piena notte da Matteo Renzi su Facebook e Twitter nel giorno in cui lascia palazzo Chigi. Renzi ha confermato così che l’ipotesi di un reincarico non è sul tavolo. In mattinata arriva la convocazione al Quirinale alle 12,30 per l’attuale ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Ho sofferto a chiudere gli scatoloni «Ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot. Ma so anche che l'esperienza scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire. E che è nei momenti in cui la strada è più dura che si vedono gli amici veri, l'affetto sincero. Grazie a chi si è fatto vivo, è stato importante per me», ha proseguito Renzi. Confermando il suo impegno in politica: «Ci sentiamo presto, amici», è la promessa con cui chiude il messaggio. Mille giorni di governo «davvero fantastici» Ripercorre i «mille giorni davvero fantastici» di permanenza al governo, fa l'elenco «impressionante delle riforme>, ma annuncia anche che il suo non è un addio alla politica: «non ci stancheremo di riprovare e ripartire». Sono stati, scrive, «mille giorni di governo fantastici. Qualche commentatore maramaldo di queste ore finge di non vedere l'elenco impressionante delle riforme che abbiamo realizzato, dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall'innovazione alle infrastrutture, dalla cultura alla giustizia». Delusione per la riforma costituzionale «Certo - scrive ancora - c’è l’amaro in bocca per ciò che non ha funzionato. E soprattutto tanta delusione per la riforma costituzionale. Un giorno sarà chiaro che quella riforma serviva all’Italia, non al Governo e che non c'era nessuna deriva autoritaria ma solo l'occasione per risparmiare tempo e denaro evitando conflitti istituzionali. Ma quando il popolo parla, punto. Si ascolta e si prende atto. Gli italiani hanno deciso, viva l'Italia. Io però mi sono dimesso. Sul serio. Non per finta. Lo avevo detto, l'ho fatto». L’ultima fiducia mercoledì con 170 voti Ricorda che il suo governo ha i voti in Parlamento. «Di solito si lascia Palazzo Chigi perché il Parlamento ti toglie la fiducia - ricorda il premier dimissionario - Noi no. Noi abbiamo ottenuto l’ultima fiducia mercoledì, con oltre 170 voti al Senato. Ma la dignità, la coerenza, la faccia valgono più di tutto. In un Paese in cui le dimissioni si annunciano, io le ho date. Ho mantenuto l'impegno, come per gli 80 euro o per l'Imu. Solo che stavolta mi è piaciuto meno:-)». Non ho il paracadute del seggio elettorale «Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità. Riparto da capo, come è giusto che sia. La politica per me è servire il Paese, non servirsene». Poi fa gli auguri a chi andrà a palazzo Chigi dopo di lui. E racconta che nei prossimi giorni sarà impegnato «in dure trattative coi miei figli per strappare l'utilizzo non esclusivo della taverna di casa: più complicato di gestire la maggioranza». E lancia un messaggio «ai milioni di italiani che vogliono un futuro di idee e speranze per il nostro Paese dico che non ci stancheremo di riprovare e ripartire. Ci sono migliaia di luci che brillano nella notte italiana. Proveremo di nuovo a riunirle. Facendo tesoro degli errori che abbiamo fatto ma senza smettere di rischiare: solo chi cambia aiuta un Paese bello e difficile come l'Italia». © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-12-11/il-post-renzi-torno-casa-davvero-104730.shtml?uuid=ADwU0iBC Titolo: Beniamino Pagliaro Perché l’Italia si è spaccata e ... (per colpa di Bersani). Inserito da: Arlecchino - Dicembre 12, 2016, 04:17:04 pm Perché l’Italia si è spaccata e Matteo Renzi potrebbe invitare a cena Pier Luigi Bersani
Dopo il referendum non si parla più di riforme costituzionali: ha vinto il «No» ma quanto è sostenibile il No al cambiamento? Pubblicato il 12/12/2016 Beniamino Pagliaro La netta vittoria del No al referendum sembra aver convinto tutti che le riforme alla Costituzione non siano più necessarie. La classe politica ha ora altri pensieri e si è doverosamente ritirata in buon ordine, perché il popolo ha parlato. E chi siamo noi per giudicare il popolo? Vince la maggioranza ed è giusto così. Ma non dovremmo confondere la maggioranza con la verità assoluta. Il voto «contro» ha travolto tutto e le ragioni del Sì sono state un’arma debole contro la possibilità - offerta su un piatto d’argento - di cacciare il governante in carica. Non viene in mente un premier degli ultimi vent’anni che non sarebbe stato travolto in un Paese con la disoccupazione all’11,6% e dopo anni pesanti, se al popolo fosse stata data questa possibilità. Ora che di Costituzione non si parlerà più per un po’, però, si può dire che la gran parte delle misure era una sacrosanta semplificazione, richiesta evergreen e bipartisan, a un sistema da tutti definito troppo complicato, in cui da anni ci si lamenta dei troppi decreti e di un Parlamento inadeguato. Si poteva fare meglio, si poteva scrivere meglio il testo, si poteva trovare una maggiore condivisione (la condivisione di molti in Parlamento c’era ed è stata poi ritirata) e la poca chiarezza sull’elezione dei senatori non ha aiutato. Ma non prendiamoci in giro sulla sostanza. Per colpe varie, in primis di Matteo Renzi, il voto non è stato sulla Costituzione. Parliamo del resto. Sono giorni senza vincitori. Il No ha vinto ma i sostenitori non possono andare al voto, chi voleva la riforma si trova davanti un governo anomalo, allo stesso tempo simile e molto diverso da quelle precedente. C’è una parte del Paese profondamente delusa dall’esito del voto, che lunedì scorso pensava di vivere il remake italiano del risveglio dopo Brexit. Quello di giugno era stato uno shock. Questo è meno forte, perché riguarda più l’Italia che tutta l’Europa, perché troveremo un modo per uscirne pure questa volta, perché gli italiani sono fatti così. La delusione ha qualcosa a che fare con l’effimera sensazione che negli ultimi tempi l’Italia si fosse mossa un po’. Non bisogna essere renziani e nemmeno del Pd per riconoscere alcuni fatti. L’amore di polemica e i tormentoni travolgono tutto e semplificano: per esempio tanti pensano davvero che Renzi sia come Berlusconi a causa dello stile personalistico della comunicazione. Ora, sarà vero che Renzi a volte esagera, ma non è Berlusconi, né nel bene né nel male. Nel male per esempio: Renzi non è Berlusconi per conflitti di interessi e inchieste giudiziarie. Eppure quel messaggio è passato. I fatti: alcuni indicatori economici dicono che l’economia italiana è migliorata durante il governo Renzi. La crescita è debole e alcuni fondamentali potrebbero essere migliorati anche grazie al lavoro dei governi Monti e Letta. I conti pubblici non migliorano ma le famiglie italiane stanno meglio e la disoccupazione è calata, pur restando alta. Chi non ha lavoro e ha perso le speranze ha ragioni da vendere per andare a votare «contro». Ciascuno dei No, e forse in particolare i No maturati da sofferenze economiche, meritano rispetto. Il problema è che la somma dei singoli No, e il No gridato al Sistema, non offre in risposta alcuna garanzia di uscire dal problema stesso. È come andare a un corteo la domenica mattina: è sacrosanto manifestare se si crede in qualcosa, ma poi ugualmente il pranzo non sarà gratis, offerto dai valori di un tempo. L’Italia è in effetti spaccata. La parte di Paese che lavora e compete nel mondo, indipendentemente da aver votato Sì o No, sa benissimo che non ha alcun senso rifiutare il Sistema. Lo sa perché ne fa parte, paga fior di tasse, e lavora tanto, perdendo a volte il tempo con burocrazie ottocentesche. Questa parte sa che non c’è welfare che possa tenere se non c’è lavoro, sa che il lavoro non c’è se non ci sono gli investimenti. Questa parte di Paese, lunedì mattina, si è sentita un po’ presa in giro ma dopo tutto si è rimessa al lavoro: è abituata a fare le cose nonostante lo Stato. Il dramma è di chi è senza lavoro e speranze: è un’altra parte di Paese, che conterebbe sull’aiuto dello Stato e ha votato No per dire che così non va. Il dramma è che la riforma, a volerci credere anche solo parzialmente, prometteva un cambiamento. Un governo più stabile è quello che qualunque investitore vorrebbe vedere. Senza governo gli investimenti possono rallentare e così il lavoro. Non è un ricatto, non è turbocapitalismo: è semplicemente capire le regole del gioco, se si vuol giocare. È tutto parte di un problema più ampio, ovviamente, e ciò è maledettamente noioso e poco sexy e non cattura l’attenzione dell’elettorato, creando un bel problema. Proprio chi poteva tifare di più per un cambiamento ha votato No e rischia di pagarne le conseguenze. Nel 2009 negli Stati Uniti l’amministrazione Obama ha deciso di spendere 787 miliardi di dollari per rilanciare l’economia dopo la crisi finanziaria iniziata nel 2007. I risultati si sono visti perché oggi la disoccupazione è scesa sotto al 5%. Si può dire che l’America abbia creato il lavoro. Pur essendo un sistema economico diverso e molto più competitivo, con ancora meno garanzie per i lavoratori, viene da chiedersi: perché Renzi non ha fatto altrettanto? Non aveva quei soldi, perché l’Italia presenta ogni anno il proprio bilancio alla Commissione europea, che con l’obiettivo politico di tenere insieme l’Unione economica bacchetta i Paesi che spendono troppo rispetto a quanto incassano. La reazione immediata è «al diavolo l’Europa!», e in parte anche Renzi ha chiesto di cambiare questa visione sui conti in Europa. Ma non è affatto semplice, perché l’Italia si presenta con il suo grande debito pubblico e non riesce da sola a condizionare le decisioni. Secondo molti la linea dell’Europa non è saggia, ma anche in questo caso vince la maggioranza, è democrazia: sono i risultati delle elezioni europee, che eleggono il Parlamento, la cui maggioranza pesa poi nella nomina della Commissione europea. La reazione immediata-bis, «usciamo dall’Europa», presenta grandi rischi. Sarebbe bello avere una risposta che stia in una sola frase, ma non l’abbiamo ancora trovata. Come è potuto succedere, insomma, che proprio i più deboli non abbiano voluto votare per cambiare? Per fortuna a questo abbiamo una risposta: è colpa della politica. È colpa di Renzi, che non ha mantenuto la promessa fatta per venire incontro alle partite Iva e ai lavoratori giovani, liberalizzando alcuni settori, temendo di essere impopolare per esempio con i tassisti. Era una scommessa a metà. Un calcolo politico comprensibile, frutto di un compromesso perché la coperta è corta, che puntava a premiare alcune fasce del Paese, dai redditi bassi con gli 80 euro ai proprietari di casa con la cancellazione dell’Imu. Perché gli italiani che detestano la politica non hanno voluto diminuire il numero dei senatori e tagliare alcuni costi? È colpa di Renzi, che ha messo al centro se stesso e non la riforma, anche se forse non aveva grandi alternative. Ma che facciamo ora? La sensazione di avere un premier tutto sommato normale è stata rimpiazzata dal timore di non avere più alternative. La frase «Renzi era l’ultima occasione» viene pronunciata spesso ed è probabilmente sbagliata. Ma è vero che Renzi ha fatto cose inedite in Italia, dalla riforma del lavoro, criticata ma considerata essenziale, alla legge sulle unioni civili. La questione dell’ «ultima occasione» chiama in causa le alternative a Renzi, che fino a oggi sono state in grado di divenire molto popolari ma allo stesso tempo poco chiare. Dalla confusione personalistica del centrodestra ancora dipendente da Silvio Berlusconi e scosso dalla rincorsa della Lega, al Movimento 5 Stelle che a volte sembra impreparato, a volte ripete logiche poco trasparenti nelle sue decisioni politiche più importanti. Forse Renzi, considerato da molti un abile politico, ha sottovalutato proprio la strategia politica. Forse è così che funziona quando una proposta nuova, come quella di Renzi nel Pd, deve confrontarsi con la fatica del governo. Ora molti guardano ancora a Renzi, convinti che saprà trovare una nuova via. Senza il peso del governo potrà occuparsi del partito e in primis ricomporre le fratture, anche se è faticoso ammettere di aver sbagliato. Dopo il voto Pierluigi Bersani commentava in televisione il risultato del referendum e spiegava con la metafora della mucca nel corridoio l’esigenza di ascoltare il Paese che sta male, soprattutto perché non ha lavoro. È il Bersani delle liberalizzazioni ma anche quello della militanza orgogliosa. Pochi minuti prima di lui in tv c’era Graziano Delrio, che sembrava voler offrire una sintesi tra due mondi che non si parlano: difendeva Renzi per lo sguardo ottimista sul Paese così criticato dalla minoranza, senza però rinnegare la capacità di capire chi soffre. Ora, se in gioco c’è il Paese sarebbe davvero incomprensibile che un leader che si è proposto come il nuovo e ha fatto già un pezzo importante di strada come Renzi non trovi il modo di chiudere questo solco, invitare a cena Bersani, parlare chiaro, mettere da parte le incomprensioni e i personalismi, i ricorsi storici della sinistra. Se così farà, che vinca o no il probabile congresso, Bersani o chi per lui non potrà tirarsi indietro. Soprattutto, se il Pd trovasse la forza di uscire da questa crisi obbligherebbe anche gli altri partiti a un cambio di passo: il centrodestra farebbe le primarie, il M5S presenterebbe un programma di governo. Così, infine, potremmo scegliere. beniamino.pagliaro@lastampa.it @bpagliaro Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2016/12/12/italia/politica/perch-litalia-si-spaccata-e-matteo-renzi-potrebbe-invitare-a-cena-pier-luigi-bersani-oyPbkoXIoSiQL8CLf4ihtK/pagina.html Titolo: Renziani allo sbando in parlamento, senza Matteo è dura Inserito da: Arlecchino - Dicembre 17, 2016, 01:53:42 pm Renziani allo sbando in parlamento, senza Matteo è dura
Con l’ex premier in esilio a Pontassieve c’è il “rischio di sbandare” Pubblicato il 16/12/2016 Ultima modifica il 16/12/2016 alle ore 22:35 Andrea Carugati Roma La necessità di incontrarsi, di serrare i ranghi, perché col Capo momentaneamente fuori gioco nel suo esilio a Pontassieve c’è “il rischio di sbandare”. Mercoledì mattina, palazzo Madama. I senatori renzianissimi si incontrano guidati da Andrea Marcucci in un auletta, poco prima della fiducia a Gentiloni. Sono una ventina, quelli dell’inizio. I fedelissimi. Ci sono Rosa Maria Di Giorgi, Roberto Cociancich, Mauro Del Barba, Stefano Collina, Laura Cantini. “Senza Matteo è dura”, il sospiro di molti. Fino al 4 dicembre la linea la dava lui, senza esitazioni. E ora? “Dobbiamo capire cosa vuol fare domenica all’assemblea”. Tra i senatori di stretta osservanza non ci sono molti dubbi. “Bisogna votare al più presto”, ripete Marcucci ai suoi. “Se si passa l’estate come la reggiamo la polemica dei 5 stelle sui vitalizi? Diamo l’idea di avere paura del voto”, rincara Cociancich che ha guidato il comitato per il Sì al referendum. Le paure, i fantasmi, non solo legati solo al fuoco delle opposizioni. Ma anche agli equilibri dentro il Pd. I renziani temono la presa di Franceschini sui gruppi parlamentari. Di perdere il controllo mano a mano che la legislatura dovesse allungarsi. E vedono tutti gli ostacoli di qui al voto in primavera: a partire dalla legge elettorale. In Senato la commissione Affari costituzionali ha perso la guida ferma di Anna Finocchiaro. “E ci sono ben tre senatori della minoranza, tra cui Gotor e Migliavacca”, spiega Marcucci. Il rischio è che senza una guida sicura la commissione si trasformi in un pantano. La soluzione per la presidenza potrebbe essere Vannino Chiti, non renziano ma considerato leale. “E adesso c’è pure la vicenda Mediaset che potrebbe spingere Berlusconi a far durare il governo il più possibile”, avverte un senatore. Insomma, il Piano A, quello delle primarie a marzo per il candidato premier e delle urne “entro giugno” si è già messo in salita. E anche tra i diversamente renziani c’è chi ha iniziato a suggerire al leader che è meglio” una fase di decompressione”. Evitare quindi una corsa alle primarie e al voto. Lasciare che Gentiloni faccia qualche correzione per recuperare consensi. Tra questi “prudenti” si iscrivono calibri del peso di Lorenzo Guerini e Graziano Delrio. La partita quindi non è più solo coi bersaniani che premono per evitare le urne, o con Franceschini e i Giovani turchi di Orfini e Orlando. Il “che fare?”, dopo la botta del 4 dicembre, si sta facendo strada anche tra i renziani. Suscita domande. Rischia di far sbandare. “Per il G7 serve un nuovo governo fresco di elezioni”, insiste Cociancich. Che pure, a domanda sulla tenuta dei gruppi, ammette: “E’ possibile che non tutti, nella maggioranza che guida il partita, ci seguano su questa strada”. Ma anche dentro la riunione c’è chi vede questa road map come impraticabile. “Ho molti dubbi che l’agenda ci consenta di votare un primavera”, mette in chiaro Rosa Di Giorgi. “Prima c’è da aspettare la Consulta il 24 gennaio, poi gli impegni internazionali. Ci sono da fare decreti attuativi per molte riforme che noi abbiamo portato avanti…”. “Bisogna riflettere con molta attenzione”, avverte. “Analizzare il risultato del referendum, pensare bene alle conseguenze delle nostre decisioni, senza fare danni al Paese. A me pare che serva un momento di riflessione”. D’accordo con lei anche Lepri e altri renziani cattodem. Sullo sfondo l’avvicinarsi della pausa natalizia, che potrebbe congelare i dubbi del Pd fino a metà gennaio. Soprattutto se Renzi, come qualcuno sussurra, domenica all’assemblea dovesse decidere di non convocare le primarie per marzo. “Il tempo gioca contro Matteo”, si sfoga un fedelissimo. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2016/12/16/italia/politica/renziani-allo-sbando-in-parlamento-senza-matteo-dura-x25kNDEHvdtPwXKaQdEn9H/pagina.html Titolo: Mario Lavia - “Niente meline”, Renzi è già con la testa alle elezioni. Inserito da: Arlecchino - Dicembre 20, 2016, 06:22:19 pm Focus Mario Lavia @mariolavia · 18 dicembre 2016 “Niente meline”, Renzi è già con la testa alle elezioni. Sul Mattarellum sfida Berlusconi Sordina alle polemiche interne (tranne Giachetti verso la sinistra) Un Matteo Renzi anche umanamente segnato dalla sconfitta dal referendum. Ma pronto a dare battaglia, perché “non si può scendere dicendo ‘mi sono stancato'”, anche se la tentazione di “mollare” ce l’ha avuta eccome. Quaranta minuti di analisi autocritica sul rovescio del 4 dicembre, un po’ di stilettate qua e là contro il M5S e tanto orgoglio per il suo Pd. Ma il sentiment della lunga relazione di Renzi alla Assemblea nazionale del Pd pare soprattutto questo: la voglia, anzi l’impazienza, di giocare la prossima partita, la più importante, quella delle elezioni. “Stiamo andando verso il voto”, ha detto rivelando questa sua fretta. Per questo obiettivo, fra l’altro, il segretario ha bisogno di un clima diverso nel suo partito: ed ecco che le varie componenti della maggioranza (con Franceschini, Delrio, Orlando, Martina) si pongono sulla stessa lunghezza d’onda. Certo, Gianni Cuperlo chiede il Congresso presto. Ma è solo Roberto Giachetti a rompere quello che lui stesso chiama “clima idilliaco” scagliandosi contro Roberto Speranza con frase che rimarrà negli annali: “Hai la faccia come il culo”. Goccia che fa traboccare il vaso della sinistra che non prende la parola (prima aveva parlato con toni dialoganti Guglielmo Epifani) e alla fine nemmeno vota la relazione del segretario, che infatti passa con 481 voti a favore, solo 2 voti contrari e 10 astensioni. Renzi “vede” le elezioni – anche se non insiste esplicitamente, davanti al nuovo premier Gentiloni -e infatti mette fretta a tutti: “Non si faccia melina sulla legge elettorale”. E’ il punto forse più importante e nuovo della relazione. Significa un ammonimento (anche ai suoi?) a non pensare di trascinarla in lungo, oltre l’estate (ha fatto persino un fugare accenno alla questione dei vitalizi che scattano a ottobre). C’è un modo per “chiudere” relativamente presto sulla legge elettorale: riprendere il Mattarellum. Da oggi, questa è la proposta ufficiale del Pd: gli altri calino le loro carte. E se il segretario – come ci ha poi spiegato direttamente – aveva previsto un sì di Meloni e Salvini, attende ora da Berlusconi una scelta chiara. La lunga parte autocritica – sul Sud, sui giovani, sul web – è servita a Renzi non solo per ribadire le proprie responsabilità (e quella più enorme è “non aver visto che arrivava la politicizzazione, credevo fosse possibile parlare del referendum”) ma per cominciare a rimettere in sesto il Partito come strumento. Su questo, una serie di indicazioni di lavoro, a partire dalla insoddisfazione per come ha funzionato la segreteria – mercoledì la prima riunione operativa post-voto. Ha dato l’impressione, Renzi, di volersi dare un nuovo profilo, meno presenzialista, più “aggregatore”, più disposto all’ascolto: ma non meno leader. Ha preferito mettere la sordina alle polemiche interne (anche per questo ha proposto di non fare subito il Congresso, “la conta”) preferendo piuttosto insistere sulla necessità di ricostruire un pensiero vincente, in vista della grande competizione elettorale di cui egli non ha indicato i tempi ma ha lasciato capire che comunque è nel vicino orizzonte. E sapendo che il corpo del partito è con lui. Da - http://www.unita.tv/focus/niente-meline-renzi-e-gia-con-la-testa-alle-elezioni/ Titolo: MATTEO RENZI al lavoro sulla nuova squadra. Priorità: dialogo e ... Inserito da: Arlecchino - Dicembre 20, 2016, 06:31:07 pm Focus
Rudy Francesco Calvo @rudyfc · 19 dicembre 2016 Renzi al lavoro sulla nuova squadra. Priorità: dialogo e apertura alla società Il segretario torna a dedicarsi a tempo pieno al partito, con in testa la road map che dovrà condurre il Pd a primarie di coalizione e al voto in primavera Una segreteria del tutto nuova o solo poche sostituzioni chirurgiche per rilanciare l’attività del partito. È questo il primo dubbio sul quale Matteo Renzi sta riflettendo nelle sue ritrovate vesti di segretario del Pd a tempo pieno. La seconda soluzione sarebbe quella più semplice, attuabile in tempi rapidi. La tentazione di un azzeramento è però molto forte nel leader dem, che darebbe così l’idea più netta di una svolta e coglierebbe l’occasione per valorizzare quelle nuove energie provenienti dal basso di cui ha parlato in assemblea, a cominciare dai sindaci. Da qui l’idea di escludere del tutto dalla nuova squadra i parlamentari in carica. Certo, i tempi si allungherebbero, ma probabilmente non troppo. Anche perché Renzi ha promesso di dare il via, parallelamente alla campagna d’ascolto che occuperà il mese di gennaio, a una “struttura che sia in grado sul programma di fare un lavoro puntuale”. E sui giornali comincia già a girare qualche nome delle personalità che potrebbero essere coinvolte, come il ministro Maurizio Martina, Tommaso Nannicini (già sottosegretario a palazzo Chigi) o Piero Fassino. Ma è ancora presto per il totonomi. Mercoledì intanto si riuniranno a Roma i segretari provinciali dem proprio per iniziare a impostare il lavoro dei successivi trenta giorni, che culmineranno con la mobilitazione nazionale preannunciata per il 21 gennaio. È il tentativo di aprire finalmente all’esterno quei circoli che finora sono stati in gran parte principalmente un luogo di scontro e di conta fra le correnti e quei potentati locali, con i quali Renzi ha promesso di voler chiudere una volta per tutte. Un primo passo, almeno. Perché se lo stesso Renzi (e Gianni Cuperlo dopo di lui) hanno ben evidenziato lo scollamento tra il gruppo dirigente nazionale (tutto, di maggioranza e minoranza) e la base di iscritti ed elettori del Pd, nessuno ha ancora avanzato proposte organiche per ricucire il rapporto tra il partito e la società, a cominciare proprio dai circoli. E un mese non potrà certo bastare, senza cambiare dirigenti, regole, abitudini ormai incancrenite. L’allontanarsi del congresso sembra congelare però questa discussione. La road map che Renzi ha in mente per il medio termine è ben diversa e vede come sbocco le elezioni politiche da tenere – nelle sue intenzioni – non più tardi della prossima primavera. Ecco allora la proposta sulla legge elettorale da condurre in porto. Ed ecco l’intenzione – mai in realtà esplicitata – di svolgere le primarie per la scelta del candidato premier del nuovo centrosinistra che, se si voterà con un Mattarellum più o meno rimaneggiato, si presenterà sotto le stesse insegne nei collegi uninominali. Non si tratta solo di un modo per riaffermare un principio di stampo maggioritario (“la sera del voto si sa chi governa”), mentre dopo l’esito del referendum in molti hanno cercato di riportare il Paese verso le secche del proporzionale. Allargare il confronto a tutto il centrosinistra è anche un modo per chiamare a raccolta quegli elettori che non sono intenzionati a votare Pd, ma che sono a pieno titolo coinvolti in un confronto tra due linee, che ormai vanno ben al di là dei confini del partito, ma che attraversano trasversalmente anche altre forze, a cominciare dalla nascente Sinistra italiana. Da una parte, la maggioranza dem (renziani, ma anche AreaDem, Giovani turchi e Sinistra è cambiamento di Martina) e il ‘Campo progressista’ guidato da Giuliano Pisapia, riunito proprio oggi a Bologna per l’iniziativa ‘Per un nuovo centrosinistra’ con Cuperlo e i sindaci Merola e Zedda: sono queste le forze intenzionate a dialogare per ricucire i rapporti, con la possibilità di trovare anche qualche sponda sul fronte centrista. Dall’altra, la minoranza bersaniana del Pd e i vendoliani di Sel, che con l’ex premier sembrano ormai aver chiuso i rapporti. Non si capisce ancora con quali conseguenze sul piano politico e organizzativo. La nuova segreteria del Pd rifletterà molto probabilmente anche questa divisione: in squadra saranno chiamate personalità in grado di gettare ponti, non di alzare muri, né dentro il partito né all’esterno. Programma, comunicazione, organizzazione: tutti i settori principali dovranno avere questa impronta. Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-pd-segreteria-elezioni-primarie-coalizione/ Titolo: Torna Renzi e accelera, scelta del premier e elezioni presto Inserito da: Arlecchino - Dicembre 20, 2016, 06:32:19 pm Focus
Mario Lavia @mariolavia · 17 dicembre 2016 Torna Renzi e accelera, scelta del premier e elezioni presto Domani l’Assemblea Nazionale dalle 10 La situazione italiana è su un crinale molto pericoloso, misto di debolezza della politica e grande ansia nella società: bisogna in un certo senso ricominciare a costruire un progetto all’altezza della situazione. Per questo occorre che il popolo decida, con nuove elezioni, quale sia il progetto migliore. Quello del Pd sarà in campo: è in questo quadro che Matteo Renzi torna a candidarsi per la guida del Paese. Da Pontassieve, dove Renzi si è rintanato in questi giorni, continua a filtrare pochissimo. Ma siamo in grado di anticipare che domani alla Assemblea Nazionale del Pd (a Roma, hotel Ergife, dalle 10, diretta streaming su Unità.tv), Renzi in estrema sintesi proporrà questa analisi e questa semplice road map: primarie del centrosinistra e poi elezioni politiche. Il tutto in primavera. E preceduto, per quello che riguarda il Pd, da un’ampia discussione a tutti i livelli, con lui stesso segretario: il Congresso che dovrà confermarlo o sostituirlo si terrà dopo le elezioni. Non è ad un resa dei conti interna che Renzi punta quanto a una “sfida finale” con un Movimento Cinque Stelle sfibrato dalla vicenda romana e una destra contraddittoria ma egemonizzata dal populismo della Lega. Il clima della riunione di domani sarà inevitabilmente segnato dalla contrapposizione fra Renzi e la minoranza, a sua volta alle prese con un’indicazione chiara sul da farsi (prima voleva il Congresso subito, poi ha cambiato posizione, oggi ha lanciato Speranza come avversario dell’attuale segretario ma non come unico nome): ed è possibile che anche altre aree del partito spingano per un Congresso subito. Ma in realtà il punto vero di dissenso con Renzi è la data delle elezioni. Non è detto, anzi, che esponenti di correnti diverse come AreaDem o Giovani Turchi non si spendano per un proseguimento della legislatura a dopo l’estate con un governo Gentiloni che vede ammonticchiarsi sul suo tavolo sempre nuovi dossier. Senza contare che i bersaniani non solo insisteranno per il Congresso in vista del quale Renzi dovrebbe dimettersi ma premeranno perché si celebri il referendum della Cgil sul Jobs act, secondo round della partita tesa a demolire le politiche del governo Renzi. Dal segretario del Pd si attendono naturalmente la lettura sulla grande sconfitta del 4 dicembre – e l’autocritica Renzi l’ha fatta sin dalla sera del referendum – e forse anche indicazioni sulla vita interna di un partito che sotto molti aspetti ha bisogno di nuove cure. Da - http://www.unita.tv/focus/torna-renzi-e-accelera-scelta-del-premier-e-elezioni-presto/ Titolo: Luigi Di Gregorio Rottamato dal “clima di emozione” Inserito da: Arlecchino - Dicembre 28, 2016, 11:33:48 pm Rottamato dal “clima di emozione”
Luigi Di Gregorio 27 dicembre 2016 “Sulla riforma costituzionale mi gioco tutto”. Con queste parole, ripetute più volte, Matteo Renzi ha condannato il suo governo a una fine anticipata, legata all’esito del referendum del 4 dicembre. “L’Italicum lo copieranno in tutta Europa”. Oggi quella legge elettorale attende un giudizio – per molti negativo – della Corte costituzionale ed è già stata ampiamente messa in discussione da tutte le forze politiche, anche all’interno del partito dell’ex premier. “Il jobs act non si tocca. Non si può dire: ragazzi abbiamo scherzato”. Pare, invece, che il governo Gentiloni stia lavorando a diverse modifiche all’impianto normativo per evitare che l’eventuale referendum abrogativo faccia a pezzi la riforma e dia un altro colpo “mortale” al Pd. Cosa è successo? Che cosa ha trasformato, in pochissimo tempo, Renzi da rottamatore “smart” e di successo in una specie di perdente seriale? Molti dicono: “è la realtà che ha condannato Renzi”. Ora però, mi chiedo: quale realtà può aver bocciato una riforma costituzionale mai partita? E una legge elettorale mai utilizzata? Sul jobs act, poi, ci sono numeri e pareri discordanti. Io ho sempre pensato che sarebbe stato condannato da un’altra realtà (la stessa che condanna qualunque leader politico oggi, in Italia e nel mondo): la realtà mediaticamente determinata che produce il clima d’opinione. Molto semplicemente, Renzi è passato da rottamatore vincente a rottamato perdente perché la sua immagine si è logorata in 3 anni di governo. Nessuno è in grado di sopravvivere, oggi, a 3 anni di governo senza perdere fiducia, credibilità e appeal sul popolo. Perché le opposizioni hanno “carta bianca” per sintonizzarsi con i nostri desiderata e perché i media cavalcano ogni notizia sensazionalistica (anche quando notizia non è) per venderci informazioni. E, solitamente, le cose positive non fanno notizia. Il tutto condito dalla crescita costante della post-truth society e della “bolla dei filtri”: un pezzo ampio della popolazione crede ormai a ciò a cui vuole credere (va oltre il vero e il falso, siamo al “così è, se mi piace”) e continua a (dis)informarsi in una bolla mediatica “su misura”, confezionata dagli algoritmi del web che a furia di personalizzare le nostre ricerche non fanno altro che chiuderci in un mondo pseudo-informativo fatto apposta per le nostre preferenze e non per risolvere i nostri dubbi e soddisfare la nostra curiosità. Se una verità non ci piace, spesso finiamo per convincerci ancora di più del suo contrario. Si chiama “backfire effect” in psicologia cognitiva, non mi dite che non avete ampie prove di questo atteggiamento… In questo trionfo di bias cognitivi e in questa alluvione di stimoli, anche parlare di “opinione” sembra un eufemismo. Più che clima di opinione, infatti, sarebbe il caso di parlare di “clima di emozione”. Nessuna opinione maggioritaria pro-riforme costituzionali, pro-legge elettorale majority assuring, pro-riforma del mercato del lavoro può diventare nell’arco di pochissimo tempo indiscutibilmente minoritaria. Se lo è diventata è perché più che un’opinione sulle politiche del governo è un insieme di emozioni legate a una persona, Matteo Renzi. Se prima tutto ciò che toccava diventava oro, oggi tutto ciò che ha toccato diventa un rottame. Questo fenomeno non può essere spiegato “razionalmente”, non può, cioè, essere un’opinione su opzioni di policy. È un’emozione, una sensazione generalizzata che ha cambiato verso. Come direbbe colui il quale ha cavalcato la prima ondata per crescere ed è rimasto inabissato sotto l’onda di ritorno. “Volete il potere attraverso l’immagine? Allora perirete di ritorno di immagine”. Così scriveva Bourdieu diversi anni fa e oggi questo fenomeno sembra ancora più evidente. Vale per Renzi, ma vale per tutti. Chiunque ambisca a governare, è bene che sappia a cosa va incontro. Da - http://www.glistatigenerali.com/governo_partiti-politici/rottamato-dal-clima-di-emozione/ Titolo: Renzi e “l’accozzaglia”, oggi. I numeri e la politica Inserito da: Arlecchino - Dicembre 28, 2016, 11:42:37 pm Renzi e “l’accozzaglia”, oggi. I numeri e la politica
Il voto referendario sembra dunque aver congelato gli schieramenti in campo: e il suo risultato ha confermato nelle proprie convinzioni la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica Il referendum del 4 dicembre ha davvero rivoluzionato il paesaggio politico italiano, rilanciando la corsa del Movimento 5 stelle verso il governo e lesionando gravemente la figura e il potenziale elettorale di Matteo Renzi? Nonostante le analisi – o gli auspici – di qualche frettoloso commentatore, sembrerebbe proprio di no. “Sorprende un poco, anzi, non poco, questo sondaggio – scriveva Ilvo Diamanti ieri su Repubblica commentando l’ultimo sondaggio Demos –, perché, dai dati delle interviste, non sembra sia cambiato molto, nell’orientamento degli elettori. Verso il governo, verso i partiti, verso lo stesso Renzi. Nonostante le grandi polemiche e le mobilitazioni che, negli ultimi mesi, hanno opposto il ‘fronte del Sì’ e il ‘fronte del No’, le stime di voto non mostrano cambiamenti significativi rispetto alle settimane prima del referendum. Il Pd – malgrado la ‘sconfitta personale’ del leader – risulta stabile, primo partito, appena sopra il 30%. Seguito dal M5S, quasi 2 punti sotto. In calo di poco più di un punto”. Neppure il gradimento di Renzi ha subito scosse: anzi, secondo i dati raccolti da Diamanti sarebbe addirittura salito di un punto, al 44%, mentre Beppe Grillo resta lontano al 31%. Il voto referendario sembra dunque aver congelato gli schieramenti in campo: e il suo risultato ha confermato nelle proprie convinzioni la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica. Vista da punto di vista di Renzi, la situazione è senz’altro di grande interesse. A leggere i giornali e a guardare i talk show, infatti, l’ex presidente del Consiglio appare circondato da una generale ostilità, la sua parabola politica si sarebbe già ingloriosamente conclusa, e le possibilità di ritorno sulla scena sarebbero assai limitate. Al contrario, lo studio di Diamanti dimostra che il consenso di Renzi è rimasto intatto e che il suo partito gode della fiducia di poco meno di un terzo dell’elettorato. L’idea di abbattere il renzismo per via referendaria, accarezzata tanto da Grillo e dalla Lega quanto dalla minoranza del Pd, sembra dunque rivelarsi illusoria. Renzi ha perso consenso nel corso dell’ultimo anno e mezzo – e infatti ha perso il referendum –, ma lo “zoccolo duro” di cui dispone, probabilmente galvanizzato proprio dalla sconfitta, lo colloca tuttora al centro del paesaggio politico. In queste condizioni, e tanto più se si dovesse votare con una legge di impianto proporzionale, la prossima legislatura ricomincerebbe là dove si è interrotta: con una forza politicamente omogenea, guidata da un leader riconosciuto, che gode del consenso della maggioranza relativa dell’elettorato, e un’“accozzaglia” numericamente forte ma politicamente debolissima e strutturalmente incapace di offrire un’alternativa di governo. Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-e-laccozzaglia-dopo-il-referendum-numeri-alla-mano-2/ Titolo: Renzi benedice lo schema Gentiloni: “Così si capisce che il Pd vuole votare” Inserito da: Arlecchino - Dicembre 31, 2016, 02:14:40 pm Renzi benedice lo schema Gentiloni: “Così si capisce che il Pd vuole votare” Plauso dell’ex premier per la squadra di governo fotocopia, pressing sulla legge elettorale Pubblicato il 30/12/2016 Carlo Bertini Tanto per cominciare, il piano sui sottosegretari è stato rispettato alla lettera: varare una squadra fotocopia con scambi di poltrone che si contano sulle dita di una mano era la migliore soluzione per far capire che il Pd vuole elezioni subito. «E non era scontato farcela», raccontano gli uomini dell’ex premier. Dunque anche questa mossa è piaciuta al convitato di pietra di questa giornata campale, cioè Matteo Renzi. «Rivendico questa continuità sul piano politico», mette le cose in chiaro Gentiloni, come a dire idealmente che «io e Matteo siamo una cosa sola». E che sia proprio così lo dimostrano segnali vari, come il fatto che Filippo Sensi in questa fase faccia da portavoce a entrambi - premier ed ex premier - o come la scelta di Gentiloni di nominare capo del suo staff Antonio Funiciello, presidente del Comitato del Sì e spin doctor di Luca Lotti a Palazzo Chigi. Gli scambi whatsapp e le chiacchiere sui cellulari riportano dunque solo carezze per chi sta pedalando in tandem con Matteo nella stessa direzione di marcia, ovvero il voto anticipato. Nessun rilievo di sorta al neo premier. Il che, per una tribù sospettosa e abituata a pensar male come quella del «giglio magico» è fatto raro, specie se si tratta di commentare le azioni di chi ora mena le danze. Promosso alla prova del fuoco della conferenza di fine anno dal suo predecessore, che dalle Dolomiti ha seguito a distanza la condotta del suo prescelto. «Paolo va benissimo, è stato bravo, del resto Matteo sul voto e sulla legge elettorale non mette prescia a lui, ma al Parlamento», racconta il fiorentino David Ermini, amico di Renzi nonché responsabile giustizia del Pd. Che apprezza i toni e le professioni di lealtà dimostrate ad ogni piè sospinto. «Potete crederci o no, ma gliel’ho chiesto io alla Boschi», giura Gentiloni, caricandosi sulle spalle anche il fardello della riconferma della testimonial della riforma costituzionale, addossato finora solo al leader. Il quale ovviamente ha gradito questo gesto, così come non sono sfuggite le parole di «massima considerazione» nei riguardi di Lotti. Renzi viene menzionato dal premier per dare plastica rappresentazione di una lealtà formale e sostanziale, con toni perfino protettivi in vari passaggi: riproducendo un copione di sintonia umana e politica che arriva fino al paradosso di non nutrire istinti difensivi verso la propria poltrona di premier. Perché quando Gentiloni dice che «non si può vedere il voto come una minaccia», non fa che ammettere la sua disponibilità a lasciare Palazzo Chigi quando glielo chiederanno: cioè quando Renzi farà capire a Mattarella che il Pd non vorrà andare oltre, una volta ottenuta l’armonizzazione dei sistemi elettorali tra le due Camere. «Con Renzi ho un rapporto di stima e collaborazione e penso che questo sia un vantaggio per il Pd e il governo», dice Gentiloni, facendo capire quale sia la vera polizza per la stabilità. Un rapporto che consente ai legionari del renzismo di battere da giorni su ordine del leader le truppe nemiche, «Nessuna melina sulla legge elettorale, i partiti si muovano, questo famoso 60% del No era una bufala, perché quando dal No si passa a dover dire un Sì tutti scappano», è lo sfogo del leader con i suoi interlocutori. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2016/12/30/italia/politica/renzi-benedice-lo-schema-gentiloni-cos-si-capisce-che-il-pd-vuole-votare-3waSOuS461zc7cX7eQLgMM/pagina.html Titolo: Renzi e la fretta di andare a votare ad ogni costo Inserito da: Arlecchino - Gennaio 03, 2017, 08:42:28 pm Renzi e la fretta di andare a votare ad ogni costo.
Un incrocio pericoloso con Mattarella Pubblicato: 02/01/2017 20:14 CET Aggiornato: 4 ore fa L’ossessione (di Matteo Renzi) si chiama voto. Anche senza primarie o senza uno “schema politico” o una nuova visione, dopo la frana del 4 dicembre. Per tornare presto in scena perché, spiegano i suoi, “il tempo gioca a suo sfavore”. Voto, anche giocando al limite col Quirinale. Ecco che, ventiquattr’ore dopo il discorso di Sergio Mattarella, il primo falco renziano che vola sulle urne di giugno è Matteo Orfini, presidente del Pd. Che in un’intervista al Corriere, nel giorno in cui sui giornali va il discorso del capo dello Stato, dice senza tante diplomazie: “Se riusciamo a far partire la nostra road map si può votare a giugno con una nuova legge. Qualora invece gli altri partiti ci lasciassero soli nel tentativo sincero di cambiarla, dovremmo sperare che il doppio Consultellum sia il più possibile omogeneo. Inevitabilmente si voterebbe con i sistemi indicati dalla Corte costituzionale e non certo per responsabilità del Pd”. Significa che, alla ripresa, il Pd farà un giro di incontri, con scarsa convinzione, con le altre forze politiche. Più per dimostrare che ogni sforzo è stato tentato che per cercare un’intesa. Base di partenza, il Mattarellum, legge dall’impianto maggioritario. Se va a vuoto, c’è la legge che verrà partorita dalla sentenza della Corte. Che Orfini spera produca il cosiddetto Consultellum, ovvero un proporzionale molto simile alla prima Repubblica, praticamente la filosofia opposta al Mattarellum. Proporzionale, maggioritario. L’una o l’altra pari sono, anche se funzionano in modo opposto. Perché l’unico schema è la fretta. Il pressing più che ricerca di interlocutori in Parlamento. La velocità più che il disegno. O meglio, il disegno di potere più che il disegno politico, dove l’ossessione del voto coincide con l’ossessione della stanza dei bottoni - palazzo Chigi – perché “con quel 40 per cento comunque Renzi arriva primo e l’incarico lo danno a lui”: “Tutto – sussurra a microfoni spenti un democrat di rango – è funzionale a far tornare presto in campo Matteo. Non può stare fuori e non può arrivare così alle amministrative di primavera, dove si vota in mille comuni. Se non si vota a giugno si arriva al 2018 e chissà se ci arriva candidato”. Anche le parole e gli avverbi dell’intervista di Orfini (“inevitabilmente si voterà coi sistemi indicati dalla Corte”) incrociano pericolosamente quelle di Sergio Mattarella. Il quale, nel discorso di fine anno, ha fatto intendere che votare con due sistemi dissimili per Camera e Senato produrrebbe “un alto rischio di ingovernabilità”. E che è necessario uniformare il sistema. Prima o dopo la sentenza della Corte che al momento è imprevedibile e non è detto che produca ciò che il gruppo dirigente del Pd auspica. Dopodiché sarà possibile sciogliere senza indugio se lo chiederanno i partiti, anche a giugno. L’incrocio pericoloso non è tra Mattarella che non vuole sciogliere e il Pd che chiede lo scioglimento. È tra Mattarella che chiede un sistema ordinato tra le due Camere (prima di sciogliere) e il Pd che invece di rimuovere gli ostacoli che si frappongono a uno svolgimento ordinato del voto procede a strappi. Anche in nome di Mattarella: “Siamo noi – dice Orfini all’HuffPost - il partito pro Mattarella, che vuole fare la legge elettorale. Quelli che citano il Quirinale senza agire in realtà vogliono solo allungare legislatura”. E Lorenzo Guerini, colomba renziana: “L’iniziativa del Pd per un confronto immediato con tutte le forza politiche sulla legge elettorale è il modo più serio e responsabile per raccogliere gli auspici indicati dal presidente della Repubblica”. Tradotto: il Pd proverà a utilizzare questo paio di settimane per dire che ce l’ha messa tutta per trovare un’intesa come chiesto dal capo dello Stato, ma che purtroppo non tutti hanno avuto lo stesso senso di “responsabilità” e dunque, non resta altra strada che andare al voto con quel che dice la Corte. Anche se nessuno è in grado di dire se dalla Corte uscirà un sistema uniforme tra Camera e Senato o che sistema uscirà. La sensazione è che il vero incrocio pericoloso, col Quirinale, ci sarà allora, se da un lato l’unico schema sarà la fretta e dal Colle si continuerà a chiedere un sistema uniforme. Da - http://www.huffingtonpost.it/2017/01/02/matteo-renzi_n_13930088.html?utm_hp Titolo: MATTEO RENZI intervistato da EZIO MAURO Inserito da: Arlecchino - Gennaio 17, 2017, 11:25:59 am Renzi: "Sinistra, governo e banche: così riparto dai miei errori. Il M5s è solo un algoritmo"
L'intervista. L'ex premier e il ritorno in campo: "Ho fatto tante riforme senza capire che serviva più cuore e meno slide". "Brucia la sconfitta. Ora nel Pd facce nuove e valori forti. Non ho fretta di votare ma evitiamo un bis del 2013" Di EZIO MAURO 15 gennaio 2017 Segretario Renzi, la sua prima intervista dopo il referendum si può incominciare solo così: che sventola! Quanto le brucia? "E deve domandarmelo, non se lo immagina? Brucia, eccome se brucia. Tanto che il vero dubbio è stato se continuare o lasciare. Ma poi uno ritrova la voglia e riparte". Davvero ha pensato di uscire dalla politica? "Sì, nei primi giorni. Mi tentava: e devo dirle, un po' per curiosità, un po' per arroganza". Poi? "Poi ho pensato che solo il vigliacco scappa nei momenti di difficoltà. Ho ripensato alle migliaia di lettere ricevute, al desiderio di futuro espresso da milioni di persone. La nostra battaglia è appena incominciata". Una rivincita o una vendetta? "Nessuna delle due: sono parole che pensano al passato. Noi guardiamo avanti, non indietro". Non è anche questo un modo per scappare dalla sconfitta? "Se uno nasconde la testa sotto la sabbia e fa finita di niente, sì. Ma vorrei ricordarle che io mi sono dimesso, in un Paese dove di solito le dimissioni si annunciano". Era difficile resistere dopo aver perso 41 a 59, lo ammette? "Sarei andato via anche con il 49 per cento. In realtà mi sono dimesso tre volte". Perché tre? "La prima appena usciti risultati, domenica sera. La seconda davanti a Mattarella, lunedì. Poi il Presidente mi ha chiesto di portare a casa la legge di bilancio, l'abbiamo fatta in 48 ore. E con 173 voti a favore presi al Senato mi sono dimesso per la terza volta. Adesso c'è il presidente Gentiloni cui va tutto il nostro sostegno". E lei cosa sta facendo? "Rifletto, leggo, sto in famiglia. Vado al ricevimento professori dei genitori dei miei figli. Ho ripreso a usare la bici. Riorganizzo la struttura del partito. Uso gli occhi e le orecchie più che la bocca. C'era tempo solo per correre, prima. Adesso mi sono fermato: avrei preferito non farlo ma non è così male". Ma non ha appena detto che le brucia? "Umanamente è una grande lezione, come tutte le sconfitte. Sa cosa mi spiace soprattutto? Non essere riuscito a far capire quanto fosse importante per l'Italia questa riforma. Abbiamo perso un'occasione che per decenni non ricapiterà. Ma nessuno ci toglierà i mille giorni che abbiamo fatto, straordinari. E soprattutto nessuno può toglierci il futuro. Abbiamo il tempo, l'energia, la passione per imparare dalla sconfitta e ripartire ". Improvvisamente lei parla al plurale dopo una vita politica vissuta al singolare. E' il momento di dire "noi", dopo troppi "io"? "E' stato uno dei miei limiti. Ma l'Italia che abbiamo trovato nel 2014, con il pil al meno due per cento, aveva bisogno di una scossa. Dire io e metterci la faccia è stato necessario". Insomma, "noi" non riesce a dirlo fino in fondo? "Sto imparando, vorrei ci provassimo tutti. Vede, il Pd potrebbe vantarsi di un Jobs act votato dalla sinistra, di unioni civili votate dai cattolici, della legge sul caporalato e del miliardo e otto stanziato per la povertà, degli oltre 17 miliardi di recupero dalla lotta all'evasione, dell'abbassamento delle tasse. Invece i nostri votano in Parlamento, e tacciono nel Paese, anche sulle cose più positive". Non starà qui a snocciolare la propaganda, visto che lo ha fatto ad ogni ora del giorno e della notte in tv e non le è servito, non le pare? "Quella che lei chiama propaganda sono riforme che hanno aiutato un pezzo di Paese a vivere meglio. Non ci hanno fatto vincere? Ok, ma sono fiero di averle fatte e quei 13 milioni di voti raccolti al referendum sono un patrimonio di speranza per il futuro". Alt, lei non può annettersi quel 41 per cento in automatico: non è un voto politico per Renzi, è un voto referendario. Diverso, no? "Diverso quanto vuole. Ma non è che il 59 per cento è un voto politico e il 41 no. O siamo al paradosso per cui Renzi conta solo nei voti contrari e non in quelli a favore? Il 59 per cento è molto diviso al proprio interno, il 41 no. Temo che qualcuno faccia i conti senza l'oste". Vediamo gli errori dell'oste, prima: qual è stato il più grave? "Non aver colto il valore politico del referendum. Mi sono illuso che si votasse su province, Cnel, regioni. Errore clamoroso. In questo clima la parola riforma è suonata vuota, meccanica, artificiale. Nel 2014 il Paese sapeva di essere a rischio Grecia, l'efficienza aveva presa, funzionava perché serviva. Tre anni dopo avrei dovuto metterci più cuore, più valori, più ideali. Insomma, meno efficienza e più qualità". Prima diceva che ha corso troppo, ora aggiunge addirittura che vuole più cuore. In questi tre anni abbiamo scritto tante volte che lei sostituiva il performer al politico, l'acrobata al leader. Non tutto è prassi, dunque? "Un leader è sempre un po' acrobata, altrimenti vivacchia ma quelli che vivacchiano non sono leader. Poi talvolta cade, ma preferisco rischiare piuttosto che vivere nell'immobilismo. Ma se vuole andare più a fondo, ci sto: ho agito spesso senza riuscire a fare una teoria di quel che facevamo, senza "ideologizzare" la rotta del governo, senza raccontare la profondità culturale di quel che proponevamo al Paese. Abbiamo fatto la più grande redistribuzione di reddito della storia fiscale italiana - gli 80 euro - ma abbiamo accettato che fosse presentata come una mancia. Ma almeno noi lo abbiamo fatto, dopo anni di chiacchiere". Più cultura, dunque, non solo politique d'abord? "Se cerca uno slogan ne ho uno migliore: meno slide, più cuore". E magari meno Giglio Magico, no? Non crede sia una mancanza di ambizione scegliere i più fedeli a Firenze invece che i più bravi in Italia? "Dissento radicalmente: io ho sempre cercato di scegliere i più bravi. Ogni leader nel mondo ha un gruppo di collaboratori storici, anche del proprio territorio. E se lei si riferisce a Boschi e Lotti le dico che sono due persone straordinarie, professionisti eccellenti". E la Manzione, capo dei vigili urbani a Firenze che diventa responsabile del dipartimento affari giuridici di Palazzo Chigi? "Talmente brava che è stata confermata anche da Gentiloni. Tutto qui questo mitico Giglio Magico?". E il suo amico Carrai candidato per settimane a guidare la cyber security? "E poi non lo abbiamo nominato. Forse avrebbe fatto comodo la sua competenza, sa? ". Ma ci sarà pure un ufficiale dei carabinieri laureato all'Mit che è altrettanto competente e in più ha giurato fedeltà alla Repubblica e non a lei, no? "Adesso ascolti me: all'Eni dopo un lungo colloquio ho nominato De Scalzi, che non conoscevo, all'Enel Starace che non avevo mai visto, alle Ferrovie Mazzoncini che non è certo fiorentino, a Finmeccanica Moretti, alla Cdp Costamagna. Vogliamo parlare delle nomine nelle forze dell'ordine o ai servizi? Vogliamo discutere di Guerra e Piacentini che hanno accettato di rinunciare a stipendi milionari per lavorare con me? Vogliamo dire che col mio governo Fabiola Gianotti è arrivata a dirigere il CERN e Filippo Grandi l'Alto Commissariato per i rifugiati? Sono orgoglioso di queste scelte, altro che gigli e magie". E alla Rai? "Alla Rai cosa? Ho scelto un capo azienda del mestiere e l'ho lasciato lavorare". Ma quel capo azienda lo ha scelto nel bouquet della Leopolda o sbaglio? E due nomi per lei scomodi come Berlinguer e Giannini non sono stati sostituiti? "Non mi pare che partecipare a un convegno alla Leopolda sia un reato. L'amministratore delegato l'ho scelto per il mestiere, gli ho dato i poteri con la legge e i soldi con il canone in bolletta. Per il resto sfido chiunque a dire che ho messo bocca in una sola nomina. L'unica cosa che è veramente figlia di una mia proposta è stata la cancellazione della pubblicità dalla tv dei bambini. Sul resto io devo solo cercare il meglio per il futuro delle aziende. E lo farò anche per il Pd". Cioè? "Il Pd deve riflettere: a cosa serve un partito oggi? Come può la sinistra rispondere alla crisi? Come dobbiamo cambiare? Si guardi in giro: in Francia i socialisti non stanno benissimo. In Spagna per il Psoe abbiamo visto com'è finita, in Inghilterra con Corbyn il Labour non vince, in Germania la Merkel va al 42,9 per cento, superata solo da Adenauer, negli Usa Obama raccoglie risultati positivi nell'occupazione per 75 mesi e il Paese vota Trump. Non le dice niente?". Sta pensando che la famiglia socialista appartiene al passato? "Niente affatto, si ricordi che ho portato io il Pd nei socialisti europei, cosa che quelli di prima non erano riusciti a fare. Anni fa, quando qualcuno mi consigliava di fare un partito nuovo, ho sempre risposto che se fosse capitato un giorno di andare a palazzo Chigi un conto sarebbe stato andarci come capo della sinistra italiana, e tutt'altro conto come un passante che ha vinto alla lotteria. Io credo che la sinistra possa vincere e convincere. Ma deve entrare nel nuovo secolo, tenere insieme le tradizioni e il futuro ". Come? "Le nuove polarità sono esclusi e inclusi, innovazione e identità, paura e speranza. Gli esclusi sono la vera nuova faccia delle disuguaglianze, dobbiamo farli sentire rappresentati. L'identità è ciò che noi siamo, senza muri e barriere, e non dobbiamo lasciarla alla destra. Quanto all'innovazione, è indispensabile per non finire ai margini, ma ne ho parlato in termini troppo entusiastici, bisogna pensare anche ai posti di lavoro che fa saltare. Insomma, c'è un gran da fare per la sinistra". E come può farcela un Pd diviso, negletto, ridotto ai minimi termini? "Non so di quale Pd parli lei. Quello che conosco io ha preso il 40,8 per cento alle Europee, miglior risultato di un partito politico in Italia dalla Dc del 1959. Sono convinto che se il 4 dicembre si fosse votato per i partiti, saremmo risultati nettamente primi. Certo, adesso c'è da fare. Lanceremo una nuova classe dirigente, gireremo in lungo e largo l'Italia, scriveremo il programma dei prossimi cinque anni in modo originale. Siamo ammaccati dal referendum ma siamo una comunità piena di idee e di gente che va liberata dai vincoli delle correnti. Ci sarà da divertirsi nei prossimi mesi dalle parti del Nazareno". Per questo vuole andare a votare subito senza far finire la legislatura? "Mi è assolutamente indifferente. Io non ho fretta, decidiamo quel che serve all'Italia, senza ansie ma anche senza replicare il 2013 dove abbiamo pagato un tributo elettorale al senso di responsabilità del Pd. Forse alcuni parlamentari - specie dei nuovi partiti - sono terrorizzati dalle elezioni perché sanno che non avrebbero i voti neanche per un'assemblea di condominio. Ma noi no. Noi faremo ciò che serve al Paese ". Ma lei è sicuro che le piaccia il mestiere di segretario del Pd ed è sicuro di saperlo fare? "Vedremo se sarò capace, le rispondo tra qualche mese. Perché me lo chiede?". Perché ha dato l'impressione spesso di usare il partito come un taxi per arrivare a palazzo Chigi. "Io credo nel Pd, credo nell'intuizione veltroniana del partito maggioritario, credo possa essere la spina dorsale del sistema, soprattutto in un quadro bipolare come piace a me". Quindi rimane favorevole al ballottaggio, anche con Grillo in campo? "Sì, è il modo per evitare inciuci, governissimi, larghe intese tra noi e Forza Italia che non servono al Paese e aprono un'autostrada al grillini. Ballottaggio, o se no Mattarellum. Se poi dalla Corte verrà fuori un sistema diverso ci confronteremo con gli altri. Col maggioritario il Pd è il fulcro di un sistema simile alla democrazia americana. Con il proporzionale torniamo a un sistema più simile alla democrazia cristiana. Ma il Pd sarà decisivo comunque. Il futuro dell'Italia passa da noi, dai nostri sindaci, dalla comunità di valori della nostra gente. Che non ne può più di chi tutti i giorni spara contro il quartier generale ". Scusi, anche a me non piacciono gli inciuci e le large intese, ma si ricorda che lei ha scelto di governare con Verdini? "Scelto? Sono io che ricordo a lei che alle ultime elezioni politiche il Pd - non guidato da me - aveva preso il 25 per cento, non il 40. Senza Verdini lei oggi non avrebbe le unioni civili". E se nel Pd si preparasse una scissione a sinistra? "Non mi sembra l'aria. Una parte del gruppo dirigente ha votato "no" con Lega, Grillo e Berlusconi, ma il 91 per cento degli elettori del Pd ha votato sì. La scissione la farebbero i parlamentari, non gli iscritti. Nonostante le leggende nere, abbiamo perso a destra, non tra i compagni". Dica ai compagni che non lascerà morire l'Unità: può dirlo? "Faremo di tutto. Vedrò Staino e gli editori la settimana prossima. Ma se il giornale vende poco davvero pensiamo che la colpa sia del segretario del partito? Lavoreremo a una soluzione con umiltà e buon senso". Da segretario lei è sembrato credere nell'Anno Zero, nel renzismo, accontentandosi di rappresentare solo metà partito, non tutto. E' così? "Se ho dato questa impressione, ho sbagliato. Ma non c'è stato giorno senza che una parte della vecchia guardia mi abbia attaccato, anche in modo sgradevole a livello personale, quasi fosse stata lesa maestà sconfiggerli al congresso. Perché non dice che sono stato circondato nel Pd da un vero e proprio pregiudizio, secondo cui non ero degno di rappresentare la sinistra? ". Lei sente di rappresentarla? "Certo, secondo la sua storia e le mie convinzioni. Per me essere di sinistra è anche innovare: essere garantisti sulla giustizia, abbassare le tasse, non andare necessariamente a rimorchio del sindacato che contesta ideologicamente i voucher e poi li usa. Lo farò. L'ho fatto. La battaglia sull'accoglienza agli immigrati in Europa l'abbiamo fatta noi. E anche quella contro l'austerità come ideologia, non come necessità. Io ricordo benissimo il primo vertice europeo a Ypres nel giugno 2014, siamo finiti 2 contro 26 nel voto. Poi la nostra linea ha camminato. Troppo poco? Può darsi. Risultati parziali? Non c'è dubbio. Ma da dove eravamo partiti?" Lo dica lei. "Crede davvero che se non fossimo stati sul bordo della palude avrebbero dato la guida del governo a uno di 39 anni, senza quarti di nobiltà e senza padrini politici?". Non avrà sangue blu, ma ha un'indubbia attrazione per il potere economico e imprenditoriale: non è eccessivo? "Rivendico gli incontri con chi salva un pezzo di produzione industriale in questo Paese. Ma non è vero che cerco solo gli imprenditori. Vado a Torino vado alla Fiat, certo, dove riparte Mirafiori, ma vado anche al Cottolengo. Colpa mia se per voi Marchionne fa notizia e don Andrea no? Dove non mi troverà mai è nei salotti, soprattutto a Roma". Nelle banche però vi hanno trovati, da Etruria a Mps: non crede che vi sia costato molto elettoralmente? "Sì. Ma è una clamorosa menzogna. E non vedo l'ora che parta la commissione di inchiesta per fare chiarezza sulle vere responsabilità, dai politici ai manager ai controllori istituzionali". Ma lei come ha fatto a dire che "Mps è un bell'affare, un brand su cui investire" mentre andava a rotoli? "Ho detto in pubblico quel che ho ripetuto a tutti gli investitori stranieri. Avevamo creato le condizioni per un investimento estero importante - il fondo del Qatar - che ha detto no il giorno dopo il referendum per l'instabilità politica. Non ci sarebbe stata operazione pubblica da venti miliardi con la vittoria sulle riforme". E perché ha voluto far fuori Viola per far posto a Morelli gradito a Jp Morgan? "Sfido chiunque a dimostrare che ho preso posizione contro Viola o a favore di Morelli. Piuttosto, sulle banche abbiamo perso con Monti la vera occasione di fare la bad bank come la Merkel. Ci sono responsabilità politiche decennali. E sul Monte prima o poi qualcuno racconterà la vera storia, da Banca 121 a Antonveneta. A proposito, vediamo cosa dirà la commissione di inchiesta sulle popolari venete". E Etruria quanto vi è costata, col padre della Boschi in Consiglio? "Molto. Ma abbiamo fatto tutto quello che andava fatto. Abbiamo commissariato la banca, mandato a casa gli amministratori compreso il padre della Boschi, Etruria è l'unica banca sanzionata due volte, ci sono indagini della magistratura e ci saranno processi: vedremo chi sarà condannato e chi no. Ma noi siamo stati di una trasparenza cristallina. In tempi di post verità e di bufale virali posso sperare che ci sia ancora qualcuno che legge le carte e non i tweet preparati in modo scientifico dalla Casaleggio e associati? Mi colpisce molto che Arezzo e Siena siano tra le poche città in cui il Sì ha vinto: segno che chi sta sul territorio conosce la verità e non crede alle rappresentazioni di comodo ". C'è ancora la Consip, i cui dirigenti sono stati avvertiti delle "cimici" disposte dalla Procura di Napoli e le hanno tolte prima che funzionassero. La soffiata, dice l'amministratore delegato, viene dal ministro Lotti, dal comandante dei Carabinieri Del Sette e dal comandante della Toscana Saltalamacchia. Non è grave? Non è giglio? Non è logico pensare che anche lei potesse sapere, visto che suo padre ha legami con l'imprenditore Romeo, indagato nell'inchiesta? "La mia linea è sempre una sola: bene le indagini, si vada a sentenza. Noi chiediamo ai giudici di fare presto, sempre. Abbiamo visto polveroni su Tempa Rossa, Penati, Errani, Graziano e non c'è stata condanna. Notizie sparate in prima pagina per le richieste e nascoste per le assoluzioni. Aspetto di vedere la sentenza. Qualcuno ha violato la legge? Si dimostri con gli articoli del codice penale, non con gli articoli dei giornali. E chi ha sbagliato, se ha sbagliato, paghi". C'è un fatto già certo: quelli le cimici le hanno tolte perché qualcuno li ha avvertiti, e i suoi uomini sono sospettati della soffiata. Non è già questo gravissimo? "Mi interessano le sentenze, non i sospetti. Ovviamente non ho alcun dubbio sulla totale correttezza dei carabinieri e dei membri del governo in questa vicenda. Ma del resto basta aspettare per averne certezza". Nel frattempo, mi scusi, non sarebbe bene che i vostri familiari si astenessero da affari che riguardano il settore pubblico, per il periodo temporaneo in cui avete l'onore di guidare la sinistra o il Paese? "Condivido il principio e non mi risultano affari di mio padre con il pubblico. Si è preso un avviso di garanzia appena io sono andato a Palazzo Chigi. Quando è accaduto io sono andato in tv, da premier, e ho dato solidarietà, ma ai magistrati, non a mio padre. Alla fine è stato archiviato. Male non fare, paura non avere". Non crede che il Pd abbia bisogno di aria fresca, troppi indagati, troppi notabili, troppe compromissioni come denunciava Saviano? "Il mancato rinnovo della classe dirigente è stato un mio limite. Saviano lo ha detto con un tono discutibile, ma nel merito aveva ragione. Non si cambia il Sud poggiando solo sul notabilato. Idee nuove e amministratori vecchi? Sbagliato, non funziona. Togliere le ecoballe è importante, ci mancherebbe. Ma più ancora aprire il Pd a facce nuove. Voglio farlo". Rimpiange di essere salito a palazzo Chigi dall'ascensore di servizio e non dallo scalone d'onore, con il voto? "No. Per la mia immagine è stato un errore, ma serviva al Paese e l'Italia vale di più della mia immagine. Ma lei ricorda quei momenti? Eravamo bloccati e impauriti, la disoccupazione cresceva, il Pil crollava. Ora l'Italia ha qualche diritto in più e qualche tassa in meno. Ancora non andiamo bene, ma andiamo meglio di prima. Dobbiamo stringere i denti e fare di più". Non sente oggi come suona male quella continua polemica coi gufi e i rosiconi? "Bisognava dar l'idea della svolta. Forse non dovevo usare quelle parole, va bene: ma l'ottimismo fa parte della politica. Detto questo adesso posso confessarlo: a me i gufi stanno simpatici. Gli animali, intendo". Grillo punta invece sul catastrofismo: conviene? "Sì. Lui vince se denuncia il male. Non se prova a cambiare. Quei ragazzi sono già divisi, si odiano tra gruppi dirigenti, fanno carte e firme false per farsi la guerra. Ma sono un algoritmo, non un partito. Lui è il Capo di un sistema che ripete ai seguaci solo quello che vogliono sentirsi dire, raccogliendo la schiuma dell'onda del web. Dovremmo fare una colletta per liberare la Raggi e i parlamentari europei dalle orrende manette incostituzionali che multano l'infedeltà al partito, ogni ribellione o autonomia. Ma quelli che vedevano la deriva autoritaria nella riforma costituzionale, su questo tacciono. Se l'immagina una misura del genere nel Pd? Io non voglio una sinistra dell'algoritmo: la voglio libera, capace di pensare con la sua testa, coi suoi valori, la sua cultura, i suoi ideali". Meglio tardi che mai, segretario, la strada è lunga. E se alla fine non dovesse portarla a palazzo Chigi, se non ci tornasse più? "Chissà, vedremo. In ogni caso che male c'è? Ho lasciato il campanello a Paolo e ho visto i miei amici entrare in sala Consiglio mentre io me ne andavo. Penso che sia giusto così. Quando si perde deve pagare il capo, non un capro espiatorio a caso. Mentre camminavo sulla guida rossa, col drappello militare che rendeva gli onori al Capo del governo uscente, inchinandomi alla bandiera, ho pensato che in questi tre anni ho cercato di fare il mio dovere con disciplina e onore come dice la Costituzione. Se torneremo a Chigi, faremo tesoro degli errori e proveremo a fare ancora meglio. Se non ci torneremo, abbiamo servito il Paese più bello del mondo per mille giorni. Dica lei: che posso volere di più?". © Riproduzione riservata 15 gennaio 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/01/15/news/intervista_ezio_mauro_a_matteo_renzi_l_italia_il_governo_il_pd_la_sinistra-156041821/?ref=HREC1-1 Titolo: Carlo Bertini : ecco il piano di Renzi per rilanciare il Pd Inserito da: Arlecchino - Gennaio 17, 2017, 11:43:49 am Segreteria con nomi nuovi e agenda sociale: ecco il piano di Renzi per rilanciare il Pd
Oltre a Fassino e Nannicini possibile un incarico anche allo scrittore Carofiglio Pubblicato il 14/01/2017 Ultima modifica il 13/01/2017 alle ore 20:51 Carlo Bertini Oltre un’ora di chiacchierata, la prima a tu per tu dallo scambio della campanella del passaggio di consegne a palazzo Chigi. Matteo Renzi va a trovare Paolo Gentiloni nella sua stanza al Gemelli e insieme fanno il punto della situazione, toccando tutti i temi sensibili, dalla legge elettorale che impegnerà il leader Pd, ai temi del lavoro sui quali si pronuncerà il governo nei prossimi giorni per tentare di sminare i due referendum della Cgil sui voucher e sugli appalti. Ed è proprio sull’agenda sociale che premier e segretario lavoreranno in tandem, visto che Renzi vuole accentuare il profilo del partito di governo sui temi del lavoro e dei giovani che hanno visto il Pd più in affanno in questi mesi, come dimostrato dai vari test elettorali. Gentiloni sta bene, si è completamente rimesso, ieri ha visto pure la Boschi per preparare il consiglio dei ministri: stamattina infatti uscirà dall’ospedale diretto non a casa, bensì a Palazzo Chigi, dove vuole presiedere la riunione del suo gabinetto che presenta un ordine del giorno corposo: decreti attuativi sulla scuola e sulle unioni civili ed altri provvedimenti. Con il premier, dopo una mattinata passata al Nazareno per una serie di incontri, Renzi si è di certo voluto confrontare anche sulla nuova road map che lo vedrà protagonista: lunedì prossimo dovrebbe dare il via libera alla nuova composizione della segreteria del Pd, «più collettiva, più aperta, più autorevole», come la definisce lui, che verrà formalizzata in una riunione della Direzione. Il leader non riuscirà a fare della segreteria un organismo snello come avrebbe voluto, ma ci saranno diversi innesti e novità: Piero Fassino, che Renzi ha mandato a Lisbona a presenziare per i funerali di Mario Soares, si occuperà degli Esteri e curerà i rapporti con i socialisti europei, Tommaso Nannicini si occuperà del programma (il 23 gennaio organizzerà un seminario sull’evasione fiscale) e tra gli intellettuali potrebbe fare il suo ingresso lo scrittore Enrico Carofiglio. Entrerà anche il ministro Maurizio Martina - capo della corrente di sinistra leale al leader. E in segreteria resteranno non solo diversi parlamentari - tra i più accreditati David Ermini, Ernesto Carbone, Alessia Rotta, ma anche tutte le anime del partito tranne la minoranza ribelle dei bersaniani: sarà rappresentata la corrente di Cuperlo - con cui Renzi ha perlato ieri a lungo - così come quella dei «giovani turchi» di Orfini e Orlando, e quella di Franceschini. Renzi parteciperà poi ad un’assemblea dei circoli il 21 gennaio a Roma e a quella con gli amministratori locali del Pd il 27-28 gennaio a Rimini: i primi appuntamenti pubblici che segneranno la ripresa della sua attività a pieno ritmo, che lo vedrà presente nella capitale nel suo ruolo di segretario Pd almeno tre giorni a settimana. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/01/14/italia/politica/segreteria-con-nomi-nuovi-e-agenda-sociale-ecco-il-piano-di-renzi-per-rilanciare-il-pd-dIxGYoy2j1BD9lq3IBXgVO/pagina.html Titolo: Renzi: “La sconfitta brucia, ma sono pronto a ripartire”. E rilancia il Pd Inserito da: Arlecchino - Gennaio 18, 2017, 06:13:36 pm l'Unità TV > Focus
Unità.tv @unitaonline 15 gennaio 2017 Renzi: “La sconfitta brucia, ma sono pronto a ripartire”. E rilancia il Pd Politica Il presidente del consiglio Matteo Renzi durante la conferenza stampa nella sede del Partito Democratico sui risultati delle elezioni amministrative comunali, Roma, 06 giugno 2016. ANSA/ANGELO CARCONI Referendum, voto anticipato, Pd e il futuro del Paese. Matteo Renzi, in un’intervuista a Repubblica, parla per la prima volta dopo le dimissioni La sconfitta al referendum “brucia, eccome”, ammette Matteo Renzi che confessa, in una intervista a Repubblica di aver pensato “al ritiro”, ma di essere anche pronto, ora, a ripartire dagli errori, e a rilanciare il Pd. “Credo nel Pd – dice – lo rilanceremo con facce nuove e valori forti”. E sul voto: “Io non ho fretta, decidiamo quel che serve all’Italia, senza ansie ma anche senza replicare il 2013″. Renzi analizza gli errori commessi: “Mi sono illuso che si votasse su province, Cnel, regioni. Errore clamoroso. In questo clima la parola riforma è suonata vuota, meccanica, artificiale. Nel 2014 il Paese sapeva di essere a rischio Grecia, l’efficienza aveva presa, funzionava perché serviva. Tre anni dopo avrei dovuto metterci più cuore, più valori, più ideali. Insomma, meno efficienza e più qualità”. E credo per il futuro nelle opportunità della sinistra che può “vincere e convincere. Ma deve entrare nel nuovo secolo, tenere insieme le tradizioni e il futuro”. Tant’è che spiega cosa vuol dire essere di sinistra per lui: “Per me essere di sinistra è anche innovare: essere garantisti sulla giustizia, abbassare le tasse, non andare necessariamente a rimorchio del sindacato che contesta ideologicamente i voucher e poi li usa. Lo farò. L’ho fatto”. Nel Pd “adesso c’è da fare. Lanceremo una nuova classe dirigente, gireremo in lungo e largo l’Italia, scriveremo il programma dei prossimi cinque anni in modo originale. Siamo ammaccati dal referendum ma siamo una comunità piena di idee e di gente che va liberata dai vincoli delle correnti. Ci sarà da divertirsi nei prossimi mesi dalle parti del Nazareno”. L’ex premier è chiaro anche sul voto anticipato: “Io non ho fretta, decidiamo quel che serve all’Italia, senza ansie ma anche senza replicare il 2013 dove abbiamo pagato un tributo elettorale al senso di responsabilità del Pd. Forse alcuni parlamentari – specie dei nuovi partiti – sono terrorizzati dalle elezioni perché sanno che non avrebbero i voti neanche per un’assemblea di condominio. Ma noi no. Noi faremo ciò che serve al Paese”. Il ballottaggio “è il modo per evitare inciuci, governissimi, larghe intese tra noi e Forza Italia che non servono al Paese e aprono un’autostrada al grillini”. Dunque la posizione del Pd sulla riforma elettorale resta “ballottaggio o se no Mattarellum”. E “se poi dalla Corte verrà fuori un sistema diverso ci confronteremo con gli altri”. “Col maggioritario – sottolinea Renzi a Repubblica- il Pd è il fulcro di un sistema simile alla democrazia americana. Con il proporzionale torniamo a un sistema più simile alla democrazistiana. Ma il Pd sarà decisivo comunque. Il futuro dell’Italia passa da noi, dai nostri sindaci, dalla comunità di valori della nostra gente. Che non ne può più di chi tutti i giorni spara contro il quartier generale”. Renzi non risparmia una riflessione anche sul Movimento Cinquestelle e il suo leader Grillo “vince se denuncia il male. Non se prova a cambiare. Quei ragazzi sono già divisi, si odiano tra gruppi dirigenti, fanno carte e firme false per farsi la guerra. Ma sono un algoritmo, non un partito”. “Lui è il Capo di un sistema che ripete ai seguaci solo quello che vogliono sentirsi dire, raccogliendo la schiuma dell’onda del web” – afferma, e aggiunge – “io non voglio una sinistra all’algoritmo: la voglio libera, capace di pensare con la sua testa, coi sui valori, la sua cultura, i suoi ideali”. Nell’intervista Renzi mette a fuoco anche la questione banche: “Il caso Etruria ci è costato molto. Ma abbiamo fatto tutto quello che andava fatto. Abbiamo commissariato la banca, mandato a casa gli amministratori compreso il padre della Boschi, Etruria è l’unica banca sanzionata due volte, ci sono indagini della magistratura e ci saranno processi: vedremo chi sarà condannato e chi no”. E invece il commento dell’ex premier sulla crisi delle banche. “Non vedo l’ora che parta la commissione di inchiesta per fare chiarezza sulle vere responsabilità, dai politici ai manager ai controllori istituzionali”, ha aggiunto. Infine sul futuro del quotidiano L’Unità, assicura che “lavoreremo a una soluzione con umiltà e buon senso”. “Faremo di tutto – dice- Vedrò Staino e gli editori della settimana prossima. Ma se il giornale vende poco davvero pensiamo che la colpa sia del segretario del partito?”. Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-la-sconfitta-brucia-ma-sono-pronto-a-ripartire-e-rilancia-il-pd/ Titolo: Carlo Bertini. Il primo blitz sulla nuova segreteria Pd non riesce a Renzi. Inserito da: Arlecchino - Gennaio 19, 2017, 05:49:18 pm Il primo blitz sulla nuova segreteria Pd non riesce a Renzi. Le correnti del partito si oppongono Per ora reggono i veti. Il segretario prende tempo e ragiona su nuove uscite, fuori dal palazzo Pubblicato il 19/01/2017 Carlo Bertini Roma La verità è che il primo blitz non gli è riuscito: la mossa che doveva dare il là al suo ritorno, un azzeramento della vecchia segreteria per farla ripartire con pochi nomi, nuovi incarichi e piglio molto operativo, è stata sventata dalla resistenza delle correnti. Tanto per citarne una, la corrente di Franceschini, a detta degli stessi uomini del ministro, ha subito fatto sapere di non gradire un gesto che avrebbe contraddetto con la volontà di costruire una gestione-narrazione più plurale e meno individuale del partito. Quindi non stupisce che ora Renzi si sia preso altri tre giorni per ponderare la lista di nomi sul suo tavolo, che di ora in ora si aggiorna. Altro esempio: il tira e molla dell’ultim’ora del ministro Martina, leader di un’altra corrente della sinistra lealista, restio a entrare in segreteria senza incarichi di peso come l’organizzazione o un ruolo di vice unico. Anche per questo si era pensato ad allargare la segreteria a tutti i pezzi da novanta del partito, dai due capigruppo Zanda e Rosato (entrambi area Franceschini), al presidente Orfini dei «giovani turchi». Ma Renzi ci ha subito ripensato, «poi sembra uno dei soliti “caminetti”, non se ne fa nulla». Per dare un’idea dell’inferno dantesco in cui riesce a trasformarsi il Pd quando c’è da nominare un qualche organismo, perfino per la ventilata nomina di Ciro Bonaiuto, sindaco di Ercolano e pupillo di Maria Elena Boschi, ci sarebbe stata una sollevazione di altri primi cittadini campani, gelosie locali che hanno sconsigliato però di procedere. Si capisce dunque perché Renzi stia al Nazareno «come un leone in gabbia». Così lo dipingono gli amici, consci di quanto poco il segretario riesca a digerire le logiche dei bilancini. Anche per questo, per sottrarsi al gioco dei veti incrociati, Renzi non resterà tanto tempo nel suo studio di segretario al secondo piano del Nazareno: sempre più spesso farà altre uscite a sorpresa come quella a Scampia. Meglio uscire dal palazzo, anche da quello del suo partito. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/01/19/italia/politica/il-primo-blitz-sulla-nuova-segreteria-pd-non-riesce-a-renzi-le-correnti-del-partito-si-oppongono-Zco6SmrMCA2GbON4wRMD9L/pagina.html Titolo: Giorgio MERLO Come cambia il “racconto” di Renzi”? Inserito da: Arlecchino - Gennaio 24, 2017, 06:13:38 pm Opinioni
Giorgio Merlo - @giorgiomerlo · 23 gennaio 2017 Come cambia il “racconto” di Renzi”? Il “racconto” o la “narrazione” renziana possono tranquillamente continuare in questa fase politica se cambiano registro rispetto a ciò che abbiamo ascoltato in questi ultimi tempi Diciamoci la verità. Tutti i grandi leader politici, almeno quelli della seconda repubblica, sono divisivi. Anzi, fortemente divisivi. Si impongono per talento naturale e attraverso le modalità più disparate. Ma è indubbio che la leadership non si può contestare. Così è stato per Berlusconi, e per Bossi. E così è stato per Grillo e ultimamente per Matteo Renzi. Ora, per fermarsi proprio al leader del Pd, e al Pd nello specifico, credo che non si possono sottacere alcune caratteristiche. Innanzitutto Renzi è un leader “naturale”. Per il suo dinamismo, per la sua energia, per la sua capacità di attrarre attenzione e, soprattutto per la innata propensione a suscitare emozioni e passioni e, di conseguenza, consenso. Nel caso specifico, il consenso politico. E, al di là del carattere – che resta un aspetto personale e del tutto incontestabile – emerge una oggettiva capacità politica. Quella capacità che ha saputo rilanciare il Pd attraverso una energica iniziativa politica sfociata con la conquista del partito prima e del Governo poi. Dopodiché sono arrivate le elezioni amministrative del giugno scorso e la storica sconfitta di Torino, oltre a Roma, Napoli e moltissimi altri comuni e, soprattutto, la batosta del referendum del 4 dicembre. E, come sempre capita in politica dopo una sonora sconfitta, qualunque sia la stagione in cui si vive, emerge come da copione una domanda. Sempre la stessa domanda: ma quel “racconto” politico regge ancora? Ovvero, per essere più precisi, la cosiddetta “narrazione” renziana è ancora il valore aggiunto per il Pd, per il centro sinistra e per un riformismo di governo di marca progressista? Perché, al netto delle polemiche personali, dei rancori e delle stesse lotte di potere, il tema di fondo è sempre quello. Soprattutto in un contesto politico dove la personalizzazione della politica ha il sopravvento e i partiti sono diventati progressivamente partiti “personali” espressione del leader. Questo, credo, è il nodo politico per eccellenza. Cioè il messaggio politico di Renzi in questa stagione politica. Dopo la doppia sconfitta elettorale di giugno e di dicembre. E la domanda di fondo, al di fuori delle polemiche politiche e personali, è molto semplice: il progetto politico del Pd può essere sempre lo stesso? In altri termini, le parole d’ordine dovranno continuare ad essere quelle che abbiamo ascoltato in questi ultimi 3 anni? Sia per quanto riguarda il partito e sia per l’azione del governo? Ora, attorno a queste domande le risposte sono molteplici. Le conosciamo tutti. Da chi dice, sempre nel Pd, che adesso la vera priorità è quella di cambiare al più presto la guida del partito a chi, specularmente, sostiene che senza Renzi finiremmo tutti in un baratro e sarebbe la fine per il Pd, per il centro sinistra e chi più ne ha più ne metta. Io, e come me credo la stragrande maggioranza dei Democratici, ritengono che tra le opposte tifoserie – o gli opposti estremismi – c’è sempre una via di mezzo. Cioè, per dirla con parole semplici, la strada del buon senso e della responsabilità politica. Perché una cosa è chiara. Lo scenario politico che si è aperto dopo il voto del 4 dicembre è cambiato, profondamente cambiato. Sarebbe puerile negarlo aprioristicamente. Ecco perché, allora, adesso è necessaria una strategia che contenga alcuni punti fermi. Innanzitutto si deve lavorare per garantire e conservare una vera unità del partito. Una precondizione indispensabile per rafforzare il progetto del Pd, per essere una credibile alternativa politica ai vari populismi e per poter dispiegare una credibile azione di governo. Basta con le “rese dei conti” nel partito da un lato e con gli attacchi pretestuosi e pregiudiziali al segretario nazionale dall’altro. In secondo luogo, e al di là del futuro sistema elettorale, occorre uscire dall’isolamento e dall’autosufficienza politica ed elettorale. Il Pd deve recuperare la logica della coalizione non per bloccare l’ascesa del movimento 5 stelle ma perché, semplicemente, in Italia la politica è sempre stata “politica delle alleanze”. In ultimo, per fermarsi a soli 3 aspetti, va riconosciuto il pluralismo culturale nel partito e va praticata una vera collegialità nella gestione del partito stesso. E questo non per favorire consociativismi o ricreare caminetti ma, al contrario, per evitare che il tutto si riduca sempre e solo ad appaltare le scelte all’uomo solo al comando o, peggio ancora, a sperare nel ruolo salvifico e miracolistico del leader. Dunque, il “racconto” o la “narrazione” renziana possono tranquillamente continuare in questa fase politica se cambiano registro rispetto a ciò che abbiamo ascoltato in questi ultimi tempi. La capacità di un leader è anche quella. Cioé, oltre ad essere un valore aggiunto per il suo talento naturale, c’è anche quello di saper cambiare lo stile e l’approccio quando le condizioni te lo impongono. Perché altrimenti il rischio concreto che si corre è sempre quello di portare tutti a sbattere. E prima o poi quella previsione si può verificare. Da - http://www.unita.tv/opinioni/come-cambia-il-racconto-di-renzi/ Titolo: MATTEO RENZI Ci sono molti modi di cominciare. E di ricominciare. Inserito da: Arlecchino - Gennaio 26, 2017, 12:23:21 pm Il futuro, prima o poi, torna
Ci sono molti modi di cominciare. E di ricominciare. Chi è cresciuto con l’esperienza scout sa che il modo più bello è mettersi in cammino. Un cammino fisico, fatto di passi, incontri, sguardi. Con vecchi amici che non vedi da tempo, perché finalmente hai più tempo per te e per loro. Con nuovi luoghi da osservare, scrutare, toccare per la prima volta, come mi è accaduto a Scampia qualche giorno fa. Ma è anche il cammino virtuale e condiviso di una comunità. Ci sono milioni di italiani che hanno un’idea chiara e bella del futuro dell’Italia. Con tutte le difficoltà che nessuno vuole negare. Questi milioni di italiani non si arrendono alla rassegnazione. Io voglio camminare con loro. Ci sono dei momenti — nella vita di un Paese — in cui il futuro sembra scomparire. Tutto diventa schiacciato sul presente. Sognare sembra vietato, progettare impossibile, avere idee una colpa. Vale solo il presente indefinito, dove l’unica cosa che conta è non disturbare la rendita di chi ha sempre fatto in un certo modo e vuole continuare a fare così. Intendiamoci. Noi siamo pronti a ogni verifica sul passato. Noi siamo quelli che hanno da offrire mille giorni di lavoro al Governo, che hanno portato tanti risultati. Con alcuni errori, certo, ma nella stragrande maggioranza abbiamo fatto passi in avanti per noi e per il Paese. Oggi l’Italia ha qualche diritto in più e qualche tassa in meno: dal Cantiere sociale ai diritti civili fino agli 80 euro o all’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Ha attraversato, indenne dal terrorismo, eventi come Expo e Giubileo mentre in altre zone d’Europa le cose andavano diversamente. Ha recuperato in tre anni 600mila posti di lavoro, di cui tre quarti a tempo indeterminato ed è passata dal meno due per cento del PIL 2013 al più uno per cento di oggi. Ha sbloccato opere pubbliche ferme da decenni e ha iniziato l’operazione banda larga che cambierà il volto delle città. Ha investito nelle periferie, nello sport, nelle scuole, nelle imprese, nei musei e nei teatri perché con la cultura si definisce l’identità di un popolo. Noi siamo fieri dei nostri mille giorni. Ma, ragazzi, anche basta. Quello è il passato, ormai. E questo Blog non è pensato per i reduci. É un luogo dove camminare verso il futuro. Insieme, in tanti. La sconfitta al referendum ci ha fatto male, vorrei vedere il contrario. Con le riforme, volevamo un Paese più semplice e più forte: è andata male. Volevo tagliare centinaia di poltrone e alla fine l’unica che è saltata — come era giusto e doveroso che fosse — è stata la mia. Ma anche quella sconfitta appartiene al passato. E ci sono milioni di italiani, milioni, che hanno votato “sì” e che vogliono vedere tornare il futuro. Questo Blog non è solo mio, è di tutti loro. Ed è anche di chi ha votato “no” ma ha voglia di dare un contributo, di discutere, di confrontarsi. Perché nel tempo dell’insulto e dello scontro, è bello dialogare. È bello essere civili, senza sciacallaggi, polemiche, odio ad personam. Noi siamo quelli che fanno politica per qualcosa, non contro qualcuno. Discuteremo di tutto. A cominciare, già dalle prossime ore, dal ruolo dell’Europa in questa fase delicata. A cosa servono le istituzioni europee in un’era che i commentatori immaginano dominata dal rapporto Trump-Putin (tutto da verificare, peraltro)? A cosa serve l’idea dell’Europa nata a Ventotene? A inviare letterine ridicole per chiedere assurde correzioni sul deficit, come quelle che ci hanno inviato senza risultati per tre anni? Davanti a 45mila scosse di terremoto e all’inadempienza dell’Unione Europea sugli immigrati, come rispondiamo non alle regole — che rispettiamo — ma alle miopi interpretazioni delle regole fatte da qualche euro burocrate? E ancora: che spazio c’è per un centrosinistra che tagli le tasse come è doveroso che si continui a fare in Italia, che trovi una forma di protezione per i nuovi esclusi dalla globalizzazione, che combatta la povertà partendo dai bambini e dalla crescita, che usi l’innovazione non solo per digitalizzare i servizi ma anche per rendere più competitiva l’Italia, che non segua lo sciacallaggio quotidiano ma investa su Casa Italia come pensata da Renzo Piano, che sappia coniugare in modo nuovo la parola sicurezza? E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Vi aspetto in giro per l’Italia. Ma vi aspetto anche qui, con i vostri commenti, contributi, idee. Il futuro, prima o poi, torna. A noi il compito di costruirlo, non solo di aspettarlo. Un sorriso, Matteo Ps: idee? suggerimenti? critiche? proposte? scrivimi a matteo@matteorenzi.it da - https://blog.matteorenzi.it/il-futuro-prima-o-poi-torna-c87519dd367c#.lgkn2uh85 Titolo: Renzi riparte lanciando un blog: “Il futuro prima o poi torna” Inserito da: Arlecchino - Gennaio 26, 2017, 12:27:25 pm Renzi riparte lanciando un blog: “Il futuro prima o poi torna”
L’ex premier ha salutato con un sms i membri della vecchia segreteria annunciando di fatto la nuova squadra Pubblicato il 25/01/2017 - Ultima modifica il 25/01/2017 alle ore 12:31 Matteo Renzi riparte con un blog. «Il futuro, prima o poi, torna», è lo scritto con cui spiega di rimettersi in cammino con un blog «non pensato per i reduci» ma per «camminare verso il futuro» aprendo a discussioni su Ue ma anche sul centrosinistra. «La sconfitta al referendum - ammette Renzi - ci ha fatto male. Con le riforme, volevamo un paese più semplice e più forte: è andata male. Volevo tagliare centinaia di poltrone e alla fine l’unica che è saltata è stata la mia. Ma anche quella sconfitta appartiene al passato». Renzi lancia il primo tema di discussione sull’Unione europea. «A cosa servono - si chiede l’ex premier - le istituzioni europee in un’era che i commentatori immaginano dominata dal rapporto Trump-Putin (tutto da verificare, peraltro)? A cosa serve l’idea dell’Europa nata a Ventotene? A inviare letterine ridicole per chiedere assurde correzioni sul deficit, come quelle che ci hanno inviato senza risultati per tre anni? Davanti a 45mila scosse di terremoto e all’inadempienza dell’Unione Europea sugli immigrati, come rispondiamo non alle regole -che rispettiamo- ma alle miopi interpretazioni delle regole fatte da qualche euro burocrate?». L’ex premier, poi, guarda avanti. E saluta la vecchia squadra con un messaggio di poche righe. «Grazie per quanto avete fatto per il Pd». Secondo quanto apprende l’Agi, Renzi ha salutato così i membri della segreteria del Nazareno annunciando di fatto la nuova squadra. «Riorganizzeremo il partito», dice il segretario, «continueremo a combattere insieme». È quindi imminente l’annuncio del prossimo team, «anche se - spiega uno dei big del Nazareno - dal messaggio non si capisce se cambia tutta la squadra o soltanto alcuni membri». L’sms comunque è stato inviato a tutti i componenti della segreteria. Renzi intanto attende il pronunciamento della Consulta sulle modifiche all’Italicum. Qualora le previsioni dovessero essere rispettate, una delle strade sarebbe quella di cercare di armonizzare le due leggi esistenti con un provvedimento, magari anche un decreto. Il Pd punta sul Mattarellum ma qualora il tentativo di trovare un’intesa non si concretizzasse, in presenza di una sentenza della Consulta “auto-applicativa”, si potrebbe - osservano fonti parlamentari dem - andare a votare anche con le due leggi esistenti, ovvero l’Italicum per la Camera e il Consultellum al Senato. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/01/25/italia/politica/renzi-riparte-lanciando-un-suo-blog-il-futuro-prima-o-poi-torna-V9ZcuRvk8kaUVXPrNk9xHI/pagina.html Titolo: Il miraggio del 40% Inserito da: Arlecchino - Gennaio 29, 2017, 08:38:06 pm Il miraggio del 40%
Pubblicato: 26/01/2017 22:03 CET Aggiornato: 26/01/2017 22:04 CET Però il numero magico di Matteo Renzi è rimasto: 40 per cento - come lo stabiliante successo alle Europee del 2014, come il livello della diga dei Sì nella pur devastante sconfitta del Referendum del 4 dicembre 2016, e ora, come la soglia minima per ottenere il premio di maggioranza nella versione della legge elettorale licenziata dalla Consulta. Un filo di percentuali di consensi per il premier, che rende certamente non casuale la scelta del 40 per cento nella scrittura della prima versione dell'Italicum. Questa cifra è, come appare in queste ore, una percentuale di consensi altissima per un sistema che sembra andare verso uno spappolamento dei partiti e del maggioritario? O non è, invece, proprio uno dei segreti motori dell'indicazione fornitaci dalla scelta della Consulta? In effetti, la decisione della Corte vista nel suo complesso, e al netto delle future letture e modifiche, sembra consegnarci uno strumento di forte ambiguità - un proporzionale che, come ha notato Tomaso Montanari nel suo più recente post per HuffPost, mantiene "il cuore plebiscitario della legge: l'abnorme premio di maggioranza che mette il Parlamento nelle mani di 4 italiani su 10". Sembra una contraddizione, ma è in effetti forse, nella sua ambiguità, un meccanismo che tiene insieme l'incredibile spappolarsi dei partiti e l'aspirazione politica a un sistema a leadership forte. Una doppiezza, in senso letterale, che può fortemente determinare la ricostruzione della politica nelle prossime settimane. La parte proporzionale introduce un elemento rassicurante per le sfilacciate organizzazioni che combattono per la loro sopravvivenza oggi (basterà solo un 3 per cento) e guardano alle alleanze post elettorali per un loro ruolo. Al proporzionale guardano con simpatia infatti anche le sfere pensose dello Stato, che vedono nelle alleanze un modo "soffice" per in canale il consenso, una sorta di sostituzione della partecipazione. E vi pensano infatti come toccasana (al momento almeno) contro ogni sorta di populismo, in particolare quello M5S, e anche ogni tentazione da "uomo forte", come quella di Renzi. Ma se il diavolo fa le pentole e non i coperchi, anche la Consulta sa fare il proporzionale, ma senza proprio escludere il maggioritario. Troviamo qui infatti, dentro la decisione della Consulta, un secondo motore del meccanismo: quel 40 per cento, che visto dalle numerose organizzazioni in crisi sembra un traguardo impossibile, è invece, visto dal punto di vista di un ambizioso leader, la vera occasione. Quanto facile può apparire questa sfida a quel Renzi che il 40 per cento lo ha toccato, altrettanto facile può apparire ai pentastellati, galvanizzati essi stessi dai loro risultati. Aggiungiamo che, conoscendo i due, Grillo e Renzi, questo assalto al cielo è esattamente quello che intendono fare. E perché no? È il loro progetto da quando sono apparsi sulla scena politica. Così mentre già ci addentriamo nelle alchimie delle liste (a destra, a sinistra-sinistra, nel Pd, etc) si profila un secondo aspetto che potrebbe essere alla fine dominante nel definire la politica dei prossimi mesi. L'incentivo ad arrivare alla soglia minima per il premio di maggioranza può essere uno stimolo fortissimo per la creazione di superliste, confluenze spurie di uomini e di idee - ma tenute insieme dal miraggio della vittoria assoluta. Con un'impronta a forte leadership, consolidata dalla permanenza dei capilista bloccati, strumento che lascia nelle mani del capo del partito le leve di definizione principale degli eletti. È davvero impossibile ipotizzare che nell'area Pd potrebbe scattare una vasta trattativa per recuperare tutte le correnti in cambio di posti eletti, e di aggiungere nel frattempo alla raccolta le aree "limitrofe" come Ncd, quel che resta di Scelta Civica, i verdiniani, e tutto quel che può essere ulteriormente aggregato a destra e sinistra? Parallelamente i pentastellati potrebbero fare la stessa operazione aggregando a destra senza disdegnare un'ampia fetta di sinistra che neanche morta andrebbe con il Pd, soprattutto se a guida renziana. Difficile invece pensare a una mossa del genere in area berlusconiana, la cui capacità di attrazione nei confronti dei moderati e della destra appare molto esile. Ma la minaccia di queste megaliste come quelle che stiamo descrivendo potrebbe provocare qualche reazione. I segni di questa tendenza ci sono comunque tutti - la battaglia già iniziata nel Pd sui tempi del Congresso (farlo subito o no?) ha a che fare proprio con la cruciale forza che resta nelle mani di Renzi, in quanto segretario, nella sua funzione della formazione delle liste. I segnali che Grillo invia sono ancora più espliciti. La soglia del 40 per cento per il premio di maggioranza lasciata in campo apre insomma alla possibilità delle "megaliste", che sono una forma di fatto di "coalizione" fatta "prima" del voto al fine di ottenere la maggioranza assoluta, piuttosto che tentare di formare faticose coalizioni fra partiti "dopo" il voto. In fondo, si può sostenere che dentro le forme del proporzionale come ci viene indicato pulsa un meccanismo che favorisce il rientro dalla finestra di un maggioritario di fatto, che tiene aperta la strada per un governo del leader. Come dire: quanto di più italiano ci possa essere. Per ipocrisia e sottigliezza. Da - http://www.huffingtonpost.it/lucia-annunziata/il-miraggio-del-40_b_14419376.html?utm_hp_ref=italy Titolo: MATTEO RENZI Renzi offre una tregua a Bersani: “Ma servono le urne sennò è la... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 29, 2017, 09:05:01 pm Renzi offre una tregua a Bersani: “Ma servono le urne sennò è la palude”
Matteo Renzi Direzione il 13 febbraio, poi via alla campagna elettorale. Telefonata a Speranza per dividere l’opposizione interna ed evitare il big bang Dal nostro inviato TOMMASO CIRIACO RIMINI. C'è un tempo buono per la pace e uno giusto per la guerra. E così, mentre Massimo D'Alema lancia l’Opa sulla scissione della sinistra dem, Matteo Renzi torna a confrontarsi con Roberto Speranza. Una telefonata inaspettata, una "linea rossa" a un passo dal baratro. "Ciao Matteo ", "ciao Roby", è l'esordio imbarazzato dopo mesi di gelo assoluto. C'è molta pretattica, naturalmente. Ma prevale un interesse comune: limitare gli effetti della scissione dalemiana. Ed evitare l'esplosione del Pd. Il palco di Rimini dista 339 chilometri dal centro congresso Frentani di Roma. Lì, nel cuore di molte delle separazioni della sinistra comunista, D'Alema ha appena reclutato per una nuova battaglia i comitati del No al referendum. È pronto, raccoglie fondi per arrivare prima di Giuliano Pisapia a un nuovo partito alla sinistra del Pd. "Non abbiamo bisogno di richiamare i riservisti - picchia durissimo Debora Serracchiani - c'è chi lavora sempre alla scissione dell'atomo, senza produrre energia". Quando le agenzie battono la minaccia dalemiana all'unità dem, Renzi è ancora lontano dal palacongressi della riviera romagnola. Chiama subito i fedelissimi e fissa la linea. "Non lo attacco, anzi neanche lo nomino ", promette. E mantiene l'impegno, deciso piuttosto a incunearsi nelle divisioni della minoranza puntando tutto sul dialogo con i bersaniani, i più tiepidi sull'ipotesi di una scissione. A metà pomeriggio Speranza mette piede nell'enorme emiciclo del palacongressi. L'accoglienza è sorprendente. Neanche un fischio, alla faccia della Leopolda pre-referendaria. Assieme a Nico Stumpo, l'ex capogruppo si arrampica fino in cima alla platea, quasi a voler restare in disparte. Ma a metà del cammino l'organizzazione li richiama e li fa accomodare in prima fila, perché così ha raccomandato il capo. Segnali, preparati con cura anche dal vicesegretario Lorenzo Guerini. I rapporti tra Renzi e la minoranza restano pessimi, naturalmente. La fiducia reciproca è esaurita da tempo. E nel giorno della sentenza della Consulta, Renzi aveva riservato proprio a Speranza e Bersani i concetti più ruvidi: "Ora non sanno cosa fare - aveva confidato - sono in un angolo. Se vanno via, non raggiungono certo l'otto per cento al Senato...". Se invece restano, il sottinteso, dovranno bere l'amaro calice della minoranza e accontentarsi di pochissimi posti - meno di dieci - da capolista bloccati. Il quadro, però, è mutato in fretta. Per ottenere le elezioni di cui ha tanto bisogno, il leader di Rignano ha capito che è necessario tenere assieme proprio il Pd. Ed è pronto, per questo, a garantire anche la storia della minoranza bersaniana. Si vedrà. Di elezioni Renzi parla pochissimo, dal palco di Rimini. Si concentra soprattutto sullo schema di campagna elettorale che ha in mente. Picchia duro su Grillo, attacca l'euroburocrazia e spinge al massimo sul voto utile. Tra le righe, però, attiva anche il timer elettorale, convocando per il 13 febbraio la direzione del partito. "Sarà allora - spiega in privato - che faremo capire di non essere disposti ad accettare la palude ". Sarà allora, soprattutto, che fisserà i paletti per tornare alle urne: un ritocco elettorale in tempi brevi, oppure elezioni. "La linea non cambia", sussurra il capogruppo Ettore Rosato. Ecco il nodo delle prossime settimane, allora, quello su cui si giocherà la trattativa con la minoranza bersaniana. Elezioni in cambio di rappresentanza. In fondo, è quello che si lascia sfuggire a sera anche Speranza: "D'Alema e Renzi? Io lavoro perché non diventino due partiti diversi, ma Matteo deve evitare l'avventura elettorale a giugno. Sarebbe folle, ma se commettesse questo errore dovrebbe almeno convocare prima un congresso, oppure primarie per la premiership ". La partita per la sopravvivenza è appena cominciata. © Riproduzione riservata 29 gennaio 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/01/29/news/renzi_offre_una_tregua_a_bersani_ma_servono_le_urne_senno_e_la_palude_-157112162/?ref=HREC1-2 Titolo: Renzi preme per il voto, Napolitano frena: “Nei Paesi civili si aspetta la ... Inserito da: Arlecchino - Febbraio 01, 2017, 08:45:47 pm LaStampa.it
Renzi preme per il voto, Napolitano frena: “Nei Paesi civili si aspetta la scadenza del mandato” L’ex presidente della Repubblica: «Per togliere la fiducia deve accadere qualcosa». Bersani avverte Renzi: «Se continua a forzare muore il Pd ma nascerà un nuovo Ulivo». Orfini: se si va al voto anticipato, Renzi farà le primarie Pubblicato il 01/02/2017 - Ultima modifica il 01/02/2017 alle ore 19:02 Il presidente emerito della Repubblica frena sull’ipotesi di voto anticipato, spiegando che nei paesi civili alle elezioni si va a scadenza naturale, e qui da noi manca ancora un anno. In Italia c’è stato un abuso al ricorso voto anticipato: no ai calcoli tattici di qualcuno, dice. «Nei paesi civili alle elezioni si va a scadenza naturale e a noi manca ancora un anno. In Italia c’è stato un abuso del ricorso alle elezioni anticipate. Bisognerebbe andare a votare o alla scadenza naturale della legislatura o quando mancano le condizioni per continuare ad andare avanti. Per togliere le fiducia ad un governo deve accadere qualcosa. Non si fa certo per il calcolo tattico di qualcuno...» spiega Napolitano commentando l’ipotesi di un voto anticipato. «Per togliere la fiducia a un governo deve accadere qualcosa, non si fa certo per il calcolo tattico di qualcuno...» ha aggiunto conversando con i cronisti in Senato. Nel dibattito interviene anche la presidente della Camera Laura Boldrini: «Lasciar intendere che la maturazione dell’eventuale pensione possa essere il criterio-guida in base al quale i deputati decideranno sulla conclusione della legislatura rischia di contribuire alla delegittimazione del Parlamento. Ho già espresso l’auspicio che, nel periodo restante della legislatura, si completino importanti interventi legislativi nel contrasto alla povertà e in materia di diritti». L’accelerazione sui tempi verso il voto consentirebbe al Pd di portare avanti la propria strategia: verificare rapidamente se c’è la possibilità di un accordo blindato sulla legge elettorale, e in caso contrario di lasciar cadere il confronto per andare alle urne entro giugno con i due sistemi per Camera e Senato usciti dalle due sentenze della Corte Costituzionale. Il Pd proverà dunque nei prossimi giorni (più probabilmente dopo l’arrivo delle motivazioni della sentenza della Consulta, verso il 10 febbraio) a stringere un accordo blindato tra i partiti, da portare poi in Commissione e in Aula. Qui il contingentamento dei tempi aiuterebbe questo intento. Anche se l’atteggiamento intransigente di M5s e l’ostilità di Fi al voto anticipato rendono stretto il percorso. La corsa al voto a giugno vede contrari non solo Fi, SI, Ap e gli altri partiti che sostengono il governo, ma anche diversi parlamentari del Pd. E intanto Bersani avverte: «Se Renzi forza, rifiutando il Congresso e una qualunque altra forma di confronto e di contendibilità della linea politica e della leadership per andare al voto, è finito il Pd. E non nasce la cosa 3 di D’Alema, di Bersani o di altri, ma un soggetto ulivista, largo plurale, democratico». Parole a seguito delle quali Orfini assicura: «Possiamo convocare il congresso da giugno in poi. Qualora ci dovesse essere un’accelerazione sul voto, non faremo in tempo a fare il congresso ma se c’è l’esigenza di ridiscutere con quale candidato andiamo alle elezioni, come chiede Bersani, potremmo tranquillamente trovare il modo di fare le primarie prima delle elezioni. Lo dico da presidente del partito che garantisce lo statuto. Il segretario del partito non ha intenzione di sottrarsi». Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/02/01/italia/politica/renzi-preme-per-il-voto-napolitano-frena-nei-paesi-civili-si-aspetta-la-scadenza-del-mandato-I78mJYdMPGUhL8eObrA6gI/pagina.html Titolo: Renzi verso le dimissioni da segretario. “O si vota a giugno o si fa il ... Inserito da: Arlecchino - Febbraio 13, 2017, 12:45:16 pm Renzi verso le dimissioni da segretario. “O si vota a giugno o si fa il congresso”
Telefonata con il ministro dell’Economia Padoan: “Bisogna trattare con l’Ue, niente manovra” Bersaglio. Il segretario del Pd Matteo Renzi vuole accelerare: «Non ci sto a fare il bersaglio per mesi» Pubblicato il 11/02/2017 - Ultima modifica il 11/02/2017 alle ore 09:01 Carlo Bertini Roma Doppio colpo, primarie a fine aprile, con dimissioni da segretario preannunciate lunedì in Direzione. E voto per le politiche a giugno, dopo essersi ripreso il partito con il consenso del popolo dei gazebo. È lo schema ambizioso - tattico e minaccioso - che in queste ore scalda gli animi del segretario Pd e del suo cerchio magico. Renzi non demorde: rincuorato dai sondaggi che danno i 5stelle in calo del 2,7% dopo il caso Raggi - e temendo di pagare nel 2018 lo stesso prezzo che costò a Bersani il sostegno al governo Monti - vuole votare a giugno. Possibilmente l’11: un «election day» per cercare di evitare la sconfitta in molte città in bilico, da Genova a Palermo, con il traino delle elezioni nazionali. Un sogno, in una fase come questa in cui il partito del non voto si ingrossa ogni giorno. Ma al quale Renzi non rinuncia, conscio di esser quello che dà le carte come ricorda Salvini. Dunque il voto in estate, al massimo in settembre (gira anche una data, il 24): dopo aver fatto trascorrere le prossime settimane dimostrando al Paese e alle più alte istituzioni che il Parlamento non riescono a fare una nuova legge elettorale. «E se non ci riesci ora, perché dovresti riuscirci a farla tra sei mesi? Cosa cambia?», chiede il fedelissimo David Ermini. La mediazione e le correnti Ma dietro le minacce c’è il realismo che induce alla mediazione. Lunedì metterà le carte sul tavolo. Della serie, «ditemi se vogliamo fare la legge elettorale e andare a votare, oppure si fa subito il congresso». Mettendo tutti di fronte alle responsabilità di una decisione, quella di rinviare le urne, che può penalizzare il Pd e il Paese. Per lanciare un segnale sui rischi di urne nel 2018, ieri ha benedetto un post del fiorentino Dario Parrini, che cita l’economista Guido Tabellini: per il Paese sarebbe «assai rischioso far coincidere il massimo di incertezza politica - la campagna elettorale - con un evento come la fine del maxiscudo Bce a dicembre 2017, che può aprire una fase di forte turbolenza sui mercati». Anche Padoan in Direzione Si vedrà in Direzione, dove Renzi ha invitato Padoan per fargli illustrare i successi del suo governo, come la prenderà la minoranza. Il congresso subirebbe questo timing: voto nei circoli sui candidati alla segreteria, con primarie per la leadership a fine aprile, il 23 o il 30. E poi rinvio all’autunno delle votazioni sugli organismi dirigenti locali. Fare il congresso e votare implicherebbe però una fortissima accelerazione: convocare il congresso subito, per chiudere all’angolo Bersani e compagni costringendoli a cimentarsi in battaglia. E far venire meno le ragioni di vita del governo, portando Gentiloni a dimissioni lampo il giorno dopo le primarie. Qualcuno azzarda: magari dopo un incidente parlamentare: perché la presa di distanze dal governo con la lettera dei 37 fedelissimi guidati dal fiorentino Fanucci - mirata a far quadrare i conti solo con tagli di spesa e proventi da evasione fiscale, senza aumenti di accise - è un avvertimento. Anche se gli stessi renziani più fedeli lo definiscono «un boomerang», perché «avremmo dovuto essere almeno tutti quelli della prima ora, così sembra che perdiamo pezzi», dice uno dei firmatari. Lo stesso Renzi, nella telefonata di ieri a Padoan, ha comunque ribadito la linea: «La manovra correttiva non serve, non dovete toccare le accise, continuate a trattare con l’Ue». Il colloquio con Orlando Un piano che si scontra con i potentati interni, con Dario Franceschini, con cui pare abbia parlato ieri, e altri capicorrente. A partire da Andrea Orlando, con il quale Renzi si è intrattenuto ieri al Nazareno. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/02/11/italia/politica/renzi-verso-le-dimissioni-da-segretario-o-si-vota-a-giugno-o-si-fa-il-congresso-NqNCXeAqo9TRQOMu2DSsuM/pagina.html Titolo: MATTEO RENZI Renzi: il Pd riparte da Torino: appuntamento al Lingotto dal 10... Inserito da: Arlecchino - Febbraio 17, 2017, 12:11:10 am Renzi: il Pd riparte da Torino: appuntamento al Lingotto dal 10 marzo
«Faremo anche le pulci all’azione di governo per costruire il prossimo programma» Pubblicato il 15/02/2017 Ultima modifica il 15/02/2017 alle ore 17:09 TORINO Il Pd riparte da Torino. Lo scrive il segretario del Pd Matteo Renzi nella sua enews. «Per prepararci a vivere il congresso non come scontro sulle poltrone, ma come confronto di idee ho bisogno del vostro aiuto: intanto sui progetti per il futuro dell’Italia. Dal 10 al 12 marzo con gli amici che sosterranno la mozione congressuale ci vedremo a Torino, al Lingotto. Nel luogo dove nacque il Pd a fare... il tagliando a quell’idea di quasi dieci anni fa». Lo scrive il segretario del Pd Matteo Renzi nella sua enews. Renzi spiega che il Lingotto, lo stesso luogo dove dieci anni fa Veltroni lanciò la sua candidatura a primo segretario del Pd, sarà anche il luogo in cui «fare le pulci all’azione di governo di questi tre anni per costruire il prossimo programma. Cosa ha funzionato, cosa no. Cosa dobbiamo fare meglio, oggi e domani. Una discussione vera, senza rete. Su ambiente, cultura, scuola, lavoro, università, sanità, infrastrutture, tasse, giustizia e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Venite al Lingotto, se potete. Intanto c’è una email per chiedere maggiori informazioni e per raccogliere le vostre proposte: lingotto@matteorenzi.it Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/02/15/cronaca/renzi-congresso-pd-a-torino-al-lingotto-dal-marzo-aqXW1PGRJIWLpmK2gf2avK/pagina.html Titolo: Caro Renzi, con il fascismo alle porte, affrontare il futuro in conflitto con... Inserito da: Arlecchino - Febbraio 25, 2017, 09:05:30 pm Caro Renzi, con il fascismo alle porte, affrontare il futuro in conflitto con gli ex-PCI non solo non ci convince, ma ci preoccupa.
Il POLO DEMOCRATICO (ne scrivo da tempo) che si metta a lavorare ad un Progetto Unitario da realizzare insieme, ma ognuno dalla propria Casa (il proprio Partito) toglierebbe molti sassi dalle scarpe, consentendovi di dedicarvi al Progetto (e al relativo Governo) con efficacia togliendoci il fastidio di sentirvi e vedervi "bisticciare" invece di produrre Giustizia Sociale. Pensaci. Da FB del 22/02/2017 Titolo: MATTEO RENZI Il nostro dibattito vi ha stancato? Aiutateci a ribaltarlo, per ... Inserito da: Arlecchino - Febbraio 26, 2017, 12:23:25 am Focus
Matteo Renzi - @matteorenzi · 21 febbraio 2017 Il nostro dibattito vi ha stancato? Aiutateci a ribaltarlo, per l’Italia Che qualcuno lasci ci addolora ma non possiamo più restare fermi Primissime ore del mattino, arrivo in aeroporto e butto un occhio sui canali delle news: tutti ripetono ossessivamente le sfumature e i dettagli delle posizioni interne al PD. Da qualche giorno l’apertura di tutti i media italiani è la scissione – o fuoriuscita, per dirla con le parole di Paolo Mieli – del Partito Democratico. Ne sono molto dispiaciuto, anche perché i motivi di questa divisione sono difficili da comprendere anche a noi, addetti ai lavori: figuriamoci ai cittadini normali. Facciamola semplice, senza troppi giri di parole. Dal primo giorno della vittoria alle primarie del 2013 alcuni amici e compagni di strada hanno espresso dubbi, riserve, critiche sulla gestione del partito e soprattutto alla gestione del Governo. Penso che sia legittimo e doveroso in un partito democratico, di nome e di fatto, che chi ha idee diverse possa presentarle in un confronto interno, civile e pacato. Vinca il migliore e poi chi vince ha il diritto di essere aiutato anche dagli altri: si chiama democrazia interna. L’alternativa è il modello partito-azienda. E sia detto con il massimo rispetto: a me non convince. Certo, è più facile essere guidati da un capo che decide da solo. Ieri un signore di Genova e uno di Milano – senza alcuna carica istituzionale – sono arrivati a Roma insieme e hanno spiegato ai rappresentanti di quella città che cosa fare e che cosa non fare nel governo del Campidoglio. Dall’altra parte accade che da vent’anni in una villa in Brianza si prendono le decisioni che riguardano la destra in Italia, senza la fatica di fare congressi o discussioni vere. Ormai si è affermato il modello del partito azienda e capisco di conseguenza che noi democratici sembriamo quelli strani. Un’azienda è più semplice da gestire rispetto a un partito. Ma credo sia giusto difendere i principi della democrazia interna, l’idea di far parte di una comunità di persone che decide sulla base di regole condivise. Che sono sempre quelle, non cambiano sulla base delle esigenze. Per questo motivo il nostro dibattito deve essere autentico. Il PD ha la sua forza nella partecipazione, sia nei circoli che alle primarie. Personalmente ho giurato a me stesso che non sarò mai il leader di qualche caminetto, messo lì da un accordo tra correnti: si vince prendendo i voti, non mettendo i veti. Per settimane intere gli amici della minoranza mi hanno chiesto di anticipare il congresso, con petizioni online e raccolte firme, arrivando persino al punto di minacciare “le carte bollate”. Quando finalmente abbiamo accolto questa proposta, ci è stata fatta una richiesta inaccettabile: si sarebbe evitata la scissione se solo io avessi rinunciato a candidarmi. Penso che la minoranza abbia il diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi. E se è vero che la parola scissione è una delle più brutte del vocabolario politico, ancora più brutta è la parola ricatto. Dunque: abbiamo indetto il congresso, secondo le regole dello Statuto. Si terrà nei tempi previsti dallo Statuto. Chi ha idee si candidi. E vinca il migliore. Se qualcuno vuole lasciare la nostra comunità, questa scelta ci addolora, ma la nostra parola d’ordine rimane quella: venite, non andatevene. Tuttavia è bene essere chiari: non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del Paese. È tempo di rimettersi in cammino. Tutti insieme, spero, ma in cammino. Non immobili. Il destino del PD e del Paese è più importante del destino dei singoli leader. Per vincere il congresso però non basta arrivare primi. Bisogna vincere nel consenso, certo, ma anche vincere esprimendo idee, sogni, partecipazione. Il dibattito del PD vi ha stancato? Bene, aiutateci a ribaltarlo. Aiutateci a mettere a fuoco i problemi e le soluzioni vere del Paese. Mettiamo al centro l’Italia, sul serio. Per questo dal 10 al 12 marzo ci vedremo a Torino, al Lingotto. Abbiamo già ricevuto oltre mille email di idee, suggerimenti, proposte. Vi sono grato per questa esplosione di entusiasmo, segno che c’è tanta voglia di partecipare, di proporre, di rilanciare. Il Lingotto sarà l’occasione per mettersi definitivamente alle spalle le polemiche di queste ore. E per raccontare che tipo di Paese vogliamo per i prossimi anni. Intanto vi ricordo l’email: lingotto@matteorenzi.it per darci una mano. E mentre gli organismi statutari decidono le regole del Congresso, io sono in partenza per qualche giorno per gli Stati Uniti. Vi racconterò sul blog.matteorenzi.it il mio diario di bordo dalla California dove incontreremo alcune realtà molto interessanti. Soprattutto nel campo del fotovoltaico, un settore dove si incrociano innovazione, sviluppo e ambiente. Priorità: imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell’innovazione. Perché se è vero – ed è vero – che dopo il 4 dicembre l’Italia sembra aver rimesso indietro le lancette della politica (proporzionale, scissioni in tutti i partiti, polemiche, palude: prima o poi qualcuno rifletterà sulle conseguenze politiche del voto referendario, non solo su quelle personali che sono decisamente meno importanti), è anche vero che il mondo, là fuori, corre e corre a un ritmo impressionante. Continuo a pensare che l’Italia abbia tutto per farcela e che ciò che ci serve sia soprattutto l’energia di rischiare e la volontà di sfidare il cambiamento senza vivere di rendita. Non rassegniamoci amici, non rassegniamoci alla palude. Vi aspetto con le vostre idee al Lingotto e per email: matteo@matteorenzi.it Nei prossimi giorni, con calma e minore intensità rispetto al passato, tornerò anche a partecipare a trasmissioni televisive. E riprenderemo i dialoghi su Facebook, inaugurando un modello diverso. Dopo aver più volte lanciato il “MatteoRisponde”, daremo spazio dalla prossima settimana a qualche “MatteoDomanda”, mettendoci in ascolto delle idee e delle proposte di chi vorrà farsi sentire. Ascolto, partecipazione, coinvolgimento: queste le parole chiave del lavoro che faremo durante la campagna congressuale. Pensierino della sera. A me piace una definizione che molti giudicano fuori tempo: mi piace l’espressione “patriota”. Mi sento cittadino del mondo e sono orgogliosamente italiano. Voglio bene al mio Paese. Per questo adesso che non sono più alla guida del Governo voglio dire con ancora più forza di prima che faccio il tifo per l’Italia. Credo sia giusto evidenziare che in queste ore il Governo sta facendo cose molto importanti di cui si parla poco. Quando il premier Gentiloni firma l’accordo del Progetto-periferie a Cagliari, quando il ministro Delrio presenta il nuovo Polo Mercitalia – strategico per il futuro dei nostri trasporti – insieme ai vertici di FS, quando il ministro Padoan spiega alle aziende tutti i benefici della Legge di Bilancio 2017 a cominciare da Industria 4.0 e dall’abbassamento delle tasse, quando il ministro Minniti prova a definire una nuova visione di sicurezza (e ho fatto solo quattro esempi, ma potrei continuare a lungo) tutti gli italiani che si sentono davvero patrioti hanno il dovere di sperare che le cose vadano meglio, non lamentarsi e criticare soltanto. Giudicatemi pure fuori moda, fuori tempo, insomma sempre fuori dai: ma essere patriota è bello. Abbiamo mille difetti, lo sappiamo, ma siamo un grande Paese. Non dimentichiamolo mai. Ed è giusto ribadirlo soprattutto adesso che sono totalmente fuori dal Palazzo. Viva l’Italia Un sorriso, Matteo (E news n.460) Da - http://www.unita.tv/focus/il-nostro-dibattito-vi-ha-stancato-aiutateci-a-ribaltarlo-per-litalia/ Titolo: Renzi si dimette e sfida la minoranza. «Così il segretario sceglie la via ... Inserito da: Admin - Febbraio 26, 2017, 12:02:03 pm Assemblea pd Renzi si dimette e sfida la minoranza. «Così il segretario sceglie la via della scissione» 19 febbraio 2017 Dimissioni e poi Congresso subito. Nei tempi statutari (entro 4 mesi dalle dimissioni del segretario). Matteo Renzi tira dritto ma la minoranza, che aveva lanciato con Michele Emiliano segnali di fumo nel senso di una possibile pacificazione, torna sui suoi passi e dà la scissione come inevitabile. Perché l’ex premier non cambia rotta. E non fa concessioni alle richieste di una svolta politica del partito venute dalla minoranza dei democratici. «Fermiamoci, fuori ci prendono per matti. Oggi discutiamo ma poi mettiamoci in cammino», esorta nel suo atteso intervento all’Assemblea del partito che potrebbe sancire la scissione del Pd a dieci anni dalla sua nascita. Annuncia la sua ricandidatura a guidare il partito e lancia la sfida alla minoranza Dem: «Mettetevi in gioco - dice - non potete chiedere a chi si dimette di non candidarsi perché così si svita la scissione. Perchè questa non è una regola del gioco democratico». Cita Conrad: «si va avanti allegri, basta zig zag». In apertura dei lavori all’hotel Parco dei Principi ai Parioli è stato il presidente del partito Matteo Orfini a comunicare la decisione di Renzi. «Sono arrivate le dimissioni formali del segretario e quindi per statuto si prevede la convocazione dell'assemblea» ha detto Orfini aprendo per due ore la possibilità, prevista da Statuto, di candidarsi alla segreteria con 117 firme dei delegati al termine delle quali Orfini ha annunciato che non erano pervenute candidature alla segretaria dopo le dimissioni di Renzi. Dunque al termine dell'Assemblea nazionale del Pd «partirà automaticamente il congresso» anticipato ha annunciato Matteo Orfini. Aggiungendo che nei prossimi giorni fisserà la direzione che nominerà la commissione per il congresso. “È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima” Emiliano, soluzione a portata mano, fiducia in Renzi Nel pomeriggio il presidente della Regione Puglia aveva parlato di unità «a portata di mano»: «Siamo a un passo dalla soluzione. Un piccolo passo indietro consente a una comunità di farne cento avanti. Io sto provando a fare un passo indietro, ditemi voi quale, che consenta di uscire con l'orgoglio di appartenere a questo partito. Senza mortificare nessuno» aveva detto Emiliano in assemblea. «Stasera non posso che dire al segretario che ho fiducia in lui» aveva aggiunto, chiedendogli un'ultima mediazione sulla conferenza programmatica. «Nessun passo indietro, cerco un’intesa». Ma poi, ad Assemblea finita, il comunicato della minoranza «Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c'è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un'assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima», hanno affermato Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza con un comunicato in serata. Fiano: la parola di Emiliano vale per mezz’ora «Avevamo capito dalle parole di Emiliano in assemblea che ci fosse una volontà di riconciliazione e di dialogo. Ma, a giudicare dall'ultimo comunicato dei tre candidati alla segreteria, la parola di Emiliano vale poco più di mezz'ora, visto che quell'apertura non sembrerebbe più esistere», è stato il commento di Emanuele Fiano, capogruppo Pd in commissione Affari costituzionali alla Camera. L’assemblea aveva preso il via con l’inno nazionale e poi con l’intervento dell’ex segretario. «Cominciamo la riunione di oggi proponendo la parola chiave. Io propongo la parola rispetto - ha detto ai delegati - una delle parole più belle, che attiene al guardarsi dentro, intorno e negli occhi. Avere rispetto è una delle prime cose che i nostri genitori ci insegnano e un partito deve scegliere di rispettarsi sempre» ha detto aprendo tra gli applausi il suo intervento. «Fuori di qui ci stanno prendendo per matti. La scissione ha le sue ragioni che la ragione non conosce» ha spiegato. «Adesso basta, si discuta oggi ma poi ci si rimetta in cammino. Io spero che si possa camminare insieme, ma non possiamo continuare come in questi due mesi a stare fermi e a discutere al nostro interno» ha detto Renzi. Renzi, senza congresso diventiamo come altri «Se non si fa il congresso diventiamo come gli altri, trovare un equilibrio non è difficile ma per fare cosa se il Pd ha già vissuto passaggi analoghi nel ’98 con Prodi, nel 2009 quando si è dimesso Veltroni» ha spiegato l’ex premier ricordando altri leader 'azzoppati' dagli scontri interni. Il Pd si basa sui voti e non sui veti, il congresso è l'alternativa al modello Casaleggio o al modello Arcore». E poi: «Basta con la discussione e con le polemiche sul governo. Vi chiedo un applauso per Paolo Gentiloni e per il suo governo, e per quello che stanno facendo. È impensabile che si trasformi il congresso in un congresso sul governo. Sarebbe un errore allucinante per tutti. Io non ho cambiato idea. Rispettiamo i poteri del governo e i poteri costituzionali del presidente della Repubblica e diamo tutti una mano perché vada avanti» ha detto Renzi. «La scissione ha le sue ragioni che la ragione non conosce. La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Adesso basta: si discuta oggi ma ci si rimetta in cammino. Non possiamo continuare a stare fermi a discutere al nostro interno». Renzi: mi dimetto, congresso con tempi statuto, scissione è ricatto «Ho accettato la proposta di Piero Fassino, ho comunicato formalmente le dimissioni. Il congresso ha dei tempi statutari. La parola scissione è una delle parole più brutte. Peggio c’è solo la parola ricatto. E la scissione è stata usata come un ricatto» ha sottolineato l’ex segretario davanti all’assemblea. Rilanciando: «Siamo fermi e impelagati nel dire 'congresso si-congresso no'. Lo voglio dire in totale chiarezza. Resti agli atti ciò che è accaduto in questi mesi. Io ho cercato di accogliere le proposte degli altri. Sono stato insultato andando all'assemblea del 18. Due delegati dell'assemblea, due amici storici, mi hanno detto bonariamente a male parole che stavo commettendo un errore. Non proprio così, ma si può immaginare cosa mi hanno detto». Renzi a minoranza, non democratico chiedere io via «Tutti si sentano a casa nel Pd, liberi di discutere ma se in tutte le settimane c'è un'occasione di critica, se per tre anni si è pensato che si stava meglio quando si stava peggio, io non dico che siamo nemici né avversari ma dico 'mettetevi in gioco', non continuate a lamentarvi ma non potete immaginare di chiedere a chi si dimette per fare il congresso di non candidarsi per evitare la scissione non è una regola democratica». Epifani: Renzi tira dritto, per stare dentro ci vuole rispetto E' affidata a Guglielmo Epifani la prima replica della minoranza bersaniana alla relazione di Matteo Renzi all'assemblea del Pd. «Io avrei chiamato i tre candidati e con loro trovare una soluzione» al problema delle regole condivise sul congresso. «Perchè se la contendibilità non è equa, il congresso nasce con il piede sbagliato. Noi su questo aspettavamo una proposta. Il segretario invece ha inteso tirare dritto sulla sua posizione» ha replicato l’ex segretario della Cgil. «Se questo viene meno- dice in relazione alle regole del congresso- e' chiaro che per molti si apre una riflessione che poi porterà a una scelta. La parola scissione per me non ha senso, non avendone mai fatta una. Ma per stare dentro il partito ci vuole il rispetto da parte di tutti» ha concluso Epifani. Pd: Veltroni a minoranza, no scissione, Pd ha bisogno voi Dopo aver dato l’addio alla politica è tornato a parlare Walter Veltroni, primo segretario del Pd. «Mi sembra sbagliato quanto sta accadendo e voglio rivolgere un appello a tutti perché non si separi la loro strada da quella di tutti noi. Lo faccio non usando l'argomento tradizionale dell'invito all'unità ma dicendo ai compagni e agli amici che delle loro idee, del loro punto di vista il Pd ha bisogno». Se la prospettiva e' il ritorno a un partito che sembra la margherita e a un altro che sembra i Ds, «allora non chiamatelo futuro: chiamatelo passato» ha detto Veltroni. Bersani, aspettiamo replica ma Renzi ha alzato muro «A me non convince. Siamo a un punto certamente delicato, non è vero che abbiamo già scelto. Una parte pensa che si va a sbattere, e con il Pd anche l'Italia. Non diciamo abbiamo ragione per forza, vogliamo mandare a casa Renzi per forza, diciamo che vogliamo poter discutere di una urgente correzione di rotta. Il segretario ha alzato un muro, ha detto si va avanti cosi, vuol dire fare un congresso cotto e mangiato in tre mesi dove non sarà possibile aprire discussione. Ma c'è ancora la replica da sentire e poi si prenderà una decisione» ha spiegato Pierluigi Bersani intervenendo alla trasmissione 'In Mezz'ora' sui Rai tre. Pd. Rossi: tempi maturi per formare una nuova area «È stato alzato un muro, sia nel metodo che nella forma. Per noi la strada e' un'altra. Sono maturi i tempi per formare una nuova area» ha replicato il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, dopo la relazione di Matteo Renzi all'assemblea del Pd. Orlando: conferenza programmatica per non dividerci «Propongo la conferenza programmatica non per allungare il brodo ma per vedere se ci sono le condizioni per andare avanti insieme. Dobbiamo riflettere su questo tema ma, allo stesso tempo, dobbiamo essere netti su un altro: allontanare lo spettro della scissione» ha spiegato il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Sulla stessa onda l’intervento di Michele Emiliano, con toni più morbidi e fiduciosi. © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-02-19/assemblea-pd-si-tenta-l-ultima-mediazione-evitare-scissione-110743.shtml?uuid=AEPqtDZ Titolo: MATTEO RENZI Gli altri parlano di me, io dell’Italia Inserito da: Arlecchino - Febbraio 28, 2017, 11:11:37 pm Opinioni
Matteo Renzi - @matteorenzi · 27 febbraio 2017 Gli altri parlano di me, io dell’Italia Il Governo ha il compito di guidare il Paese fino alle elezioni e noi facciamo il tifo per l’Italia, quindi per tutto l’esecutivo IL PD Dopo lunghe polemiche finalmente il Partito Democratico ha scelto la strada del congresso. Domani, martedì 28 febbraio, sarà l’ultimo giorno per iscriversi al PD per chi vorrà: si potrà così partecipare alla fase del confronto tra gli iscritti, circolo per circolo. Per festeggiare la fine del tesseramento domani sarò a pranzo insieme agli amici del circolo in cui sono iscritto, a Firenze, lo storico circolo Vie Nuove. Bello avere dei luoghi in cui ti chiami per nome. Dove comunque vada ci sono sempre gli amici ad aspettarti. Poi Domenica 30 aprile le primarie per la scelta del leader. Perché finalmente si discuta di cosa serve all’Italia, e non più di quanto è antipatico Tizio o Caio, è fondamentale rilanciare sui contenuti, sulle idee, sulle proposte. Sulla sanità, la cultura, le tasse, l’innovazione, il capitale umano. E allora a tutti e ciascuno chiedo di dare una mano con la presenza e con il contributo per il Lingotto, l’appuntamento che si terrà a Torino dal 10 al 12 marzo. Gli altri parlano di me? E noi parliamo dell’Italia, con il sorriso e senza rabbia. Ci sono milioni di persone che credono in noi: guai a disperdere questa energia. IL GOVERNO… Spero che nessuno alimenti la polemica con il Governo. Il Governo ha il compito di guidare il Paese fino alle elezioni e noi facciamo il tifo per l’Italia, quindi per tutto l’esecutivo. Ci sono cose da fare, avanti tutta! Nei mille giorni abbiamo commesso alcuni errori e ottenuto risultati storici, ma abbiamo anche lasciato un’eredità concreta. Non mi riferisco alle statistiche, ma ai progetti già finanziati. Ci sono quasi due miliardi di euro sulla povertà: niente chiacchiere, si spendano! Ci sono cinquecento milioni di euro già pronti sulle periferie (e con quelli già stanziati si arriva a oltre due miliardi): si parta, i progetti – alcuni molto belli – sono già pronti da mesi. E sull’Europa noi non vogliamo violare le regole, anzi. Nei mille giorni abbiamo ridotto al minimo le infrazioni europee, segno che vogliamo che le regole siano rispettate (quelle che non ci piacciono le vorremmo cambiare, ma questa è un’altra storia): l’impor tante è che il Paese sia forte e autorevole nella trattativa con Bruxelles sui numeri del bilancio. E noi stiamo dalla parte dell’Italia, sempre. … NOI! E noi? Libero da ogni incarico, libero da ogni responsabilità mi sono rimesso in viaggio e continuerò a girare, con l’allegra curiosità di chi è innamorato della vita e del futuro, scrivendo i miei appunti su un taccuino che diventerà libro molto presto. E incontrando storie, persone, volti. Molta ironia è stata fatta sul viaggio in California (di cui ho parlato sul blog.matteorenzi.it); spero che sia dedicata uguale attenzione ai viaggi nelle periferie che ho fatto, a cominciare da Scampia, e che continuerò a fare. Oggi ad esempio sono a Cernusco sul Naviglio in provincia di Milano. Vado lì perché c’è un sindaco, bravo, Eugenio Comencini che è stato tra i primi a stimolarmi ad investire nell’edilizia scolastica a cui avevo promesso che avrei visitato il cantiere della scuola che ha voluto con dedizione e tenacia. E il nostro Governo ha liberato risorse come nessun altro prima sull’edilizia scolastica: dal 2014 abbiamo avviato 7890 cantieri, di cui 5.800 conclusi. Oltre sei miliardi messi a disposizione degli Enti Locali, di cui 1,4 con il mutuo della Banca Europea degli Investimenti, circa 80 scuole totalmente nuove, cento milioni a disposizione entro il 30 aprile per le verifiche antisismiche. Sono numeri, cifre, dati che forse suonano freddi. Ma dietro ci sono sindaci come Eugenio. Che ci hanno messo faccia, cuore e sudore. E che costituiscono la parte migliore della politica. Oggi vado a dire grazie a lui e a loro. Nei prossimi giorni continuo il mio viaggio in Italia. C’è chi passa il tempo sulla rete con i trolls: io preferisco il trolley. In viaggio, lungo la strada, ascoltando, imparando, dialogando. Mi sono segnato tutti i luoghi che mi avete suggerito: se li dovessi visitare tutti prima delle elezioni bisognerebbe votare nel 2037. Ma cercherò di fare tesoro delle vostre indicazioni, preziose come sempre. Ma quanto è ricca di bellezza e di stimoli, l’Italia! Pensierino della sera. Le favole finiscono. È normale. Prima o poi finiscono. Ma quando finiscono male la tristezza pervade non solo i bambini che hanno creduto alla favola. Lo scorso anno il calcio mondiale è stato letteralmente rivoluzionato da una piccola squadra inglese, il Leicester, che grazie a un italiano coraggioso e tenace come Claudio Ranieri ha trionfato in Premier League. A distanza di otto mesi la squadra gli si è rivoltata contro e mister Ranieri è stato esonerato: gli stessi che esaltavano l’impresa, hanno maramaldeggiato sul mister romano. Ma anche se le favole finiscono, prima o poi, le persone vere restano. Chi conosce Ranieri sa che lui tornerà, mentre i giocatori che lo hanno tradito… chissà. Viva il calcio, viva le favole. Da - http://www.unita.tv/opinioni/gli-altri-parlano-di-me-io-dellitalia/ Titolo: L’appello di Renzi ai dirigenti Pd: “Bloccate le macchine della divisione e ... Inserito da: Arlecchino - Febbraio 28, 2017, 11:31:36 pm Focus
Unità.tv @unitaonline · 17 febbraio 2017 L’appello di Renzi ai dirigenti Pd: “Bloccate le macchine della divisione e dei ricatti” E’ l’appello che il segretario del Pd Matteo Renzi lancia in una intervista al Corriere della Sera. “Salvare il Pd è ancora possibile. Faccio un appello ai dirigenti: bloccate le macchine della divisione. Non andatevene, venite. Partecipate. Le porte sono aperte, nessuno caccia nessuno. Ma un partito democratico non può andare avanti a colpi di ricatti. Apriamo le sedi dei circoli e discutiamo. E, finalmente, torniamo a parlare di Italia”. E’ l’appello che il segretario del Pd Matteo Renzi lancia in una intervista al Corriere della Sera. “Ma – ribadisce – non accetto ricatti: il congresso va fatto, l’ha chiesto la minoranza. I tempi? Non li decido io, c’è lo statuto”. “Io voglio evitare qualsiasi scissione. Se la minoranza mi dice: o congresso o scissione io dico congresso – spiega l’ex premier -. Ma se dopo che ho detto congresso loro dicono ‘comunque scissione’ il dubbio è che si voglia comunque rompere, che tutto sia un pretesto. Toglieremo tutti i pretesti, tutti gli alibi. Vogliono una fase programmatica durante il congresso? Bene, ci stiamo. Martina, Fassino, Zingaretti hanno lanciato proposte concrete. Vanno bene. Però facciamo scegliere la nostra gente: davvero qualcuno ha paura della democrazia?” Renzi ribatte anche a chi, nella minoranza dem, sostiene che il Pd è diventato il PdR, il partito di Renzi. “Non scherziamo. Il Pd non è un partito personale, è più forte dei singoli – sottolinea -. Prodi, Veltroni, Bersani, Renzi: i leader passano, il Pd resta. Ma essere un partito democratico significa accettare anche il dibattito, il confronto. La democrazia interna. La minoranza deve sentirsi a casa. Ma sentirsi a casa non significa che o si fa come dicono loro o se ne vanno”. Per quanto riguarda il congresso Renzi entra nei dettagli. Perché non fare primarie in autunno e votare tra un anno? “Perché l’ha chiesto la minoranza, su tutti i giornali, per un mese. Ci sono ancora le petizioni che girano su Internet. E l’ha votato la direzione 107-12: una comunità deve rispettare le regole interne. Abbiamo proposto il congresso a dicembre, e ci è stato chiesto di rinviare. Allora abbiamo proposto la conferenza programmatica, e ci è stato detto che sarebbe stata inutile senza le primarie. Ci siamo attrezzati per le primarie, e hanno detto: o congresso o scissione. Allora abbiamo accettato di fare subito il congresso, tornando alla casella iniziale. E adesso ci dicono che è meglio la conferenza programmatica? Stiamo facendo il congresso perché ce l’hanno chiesto loro. Due settimane fa erano in tv per promuovere la raccolta di firme per chiedere il congresso e adesso chiedono di rinviare il congresso? Basta polemiche, vi prego. Non c’è luogo più democratico del congresso per parlare del futuro dell’Italia”. “Io voglio evitare qualsiasi scissione. Se la minoranza mi dice: o congresso o scissione, io dico congresso. Ma se dopo che ho detto congresso loro dicono ‘comunque scissione’, il dubbio è che si voglia comunque rompere. Che tutto sia un pretesto”. “Non so se e quando tornerò a Palazzo Chigi – afferma ancora Renzi-. Lasciarlo mi è costato molto, ma era giusto e doveroso. Ho perso il referendum e mi sono dimesso da tutti gli incarichi, caso più unico che raro per un politico. Ma non posso dimettermi da italiano. E non voglio. Ci si dimette da una poltrona, non ci si dimette dalla speranza che tutti insieme vogliamo portare avanti”. Quando si va a votare? “E chi lo sa? La data del voto interessa solo gli addetti ai lavori. La gente vorrebbe sapere cosa pensiamo di tasse, burocrazia, lavoro, infrastrutture, innovazione. Non è interessata al quando, ma ai contenuti. Non sarò io a decidere la data, non sono più il presidente del Consiglio”. Questo significa che si può arrivare alla fine della legislatura? “In teoria, certo. In pratica deciderà il presidente della Repubblica, sulla base della situazione politica”. “D’Alema nutre nei miei confronti un rancore personale che è evidente. Non voglio più polemiche. C’è stato un tempo ormai lontano in cui lui ha rappresentato la speranza di fare le riforme in Italia: adesso conduce solo battaglie personali. Di solito il suo obiettivo è distruggere il leader della sua parte quando non è lui il capo. Ci è riuscito con Prodi, Veltroni, Fassino. Vediamo se ce la farà anche stavolta. Io spero di no ma lo decideranno i votanti alle primarie”. Afferma il segretario Pd. Emiliano? “Michele ne dice tante…E’ così, gli voglio bene anche per questo – risponde Renzi -. Dieci giorni fa minacciava le carte bollate per fare il congresso, adesso chiede di rinviare, però è simpatico”. Se il Pd si spaccasse si rischia di consegnare il Paese a Grillo o alle destre. “I grillini sono alti nei sondaggi nonostante gli imbarazzanti risultati di Roma – conclude -, Berlusconi e Salvini sono pronti a riprendersi la scena. Domando: chi ci va dai militanti della festa dell’Unità a spiegare perchè si deve rompere il Pd?” Da http://www.unita.tv/focus/renzi-bloccate-le-macchine-della-divisione-e-dei-ricatti/ Titolo: Renzi: “La scissione? Un piano di D’Alema. Ora vediamo chi ha più voti” Inserito da: Arlecchino - Marzo 01, 2017, 05:30:45 pm Focus
Unità.tv @unitaonline · 27 febbraio 2017 Renzi: “La scissione? Un piano di D’Alema. Ora vediamo chi ha più voti” L’ex premier ed ex segretario Dem a “Che tempo che fa”: “Posso rinunciare a poltrona non a ideale” La scissione del Pd è un disegno “di Palazzo scritto, ideato e prodotto da Massimo D’Alema”. Al ritorno dalla California e alla sua prima apparizione in tv da candidato alle primarie Dem è soprattutto all’ex segretario dei Ds che Matteo Renzi indirizza i suoi strali. Scegliendo di non nominare né Pier Luigi Bersani né Enrico Rossi ma derubricando gli attacchi di Roberto Speranza a discorsi che “non interessano i cittadini”. E Renzi, dopo il suo viaggio dalla California, prende le distanze anche dalla durata del governo. “Le elezioni sono previste nel 2018. Se Gentiloni vorrà votare prima lo deciderà lui”, sottolinea l’ex premier, in risposta alla domanda se oggi scriverebbe “paolostaisereno”. E l’ex leader Pd osserva anche come sia “giusto” che il ministro Padoan “abbia tutte le rassicurazioni” sul fatto che l’Italia eviterà una procedura d’infrazione. E’ sulla scissione, tuttavia, che l’ex premier si sofferma a lungo nel corso della sua intervista a ‘Che tempo che fa’. Puntando il dito contro D’Alema e invitandolo, provocatoriamente, “a non scappare ma a correre alle primarie. Vediamo chi ha più voti” è la sfida. Anche perché secondo Renzi, i problemi posti dagli scissionisti non riguardano l’ Italia ma “i cavilli” e la sua stessa persona: “Nel mondo il problema della sinistra sono Trump e Le Pen, possibile che il problema della sinistra in Italia sia io?”, chiede retoricamente l’ex premier dicendosi comunque “dispiaciuto” della scissione. “Abbiamo fatto di tutto per evitarla”, afferma, ma “la sinistra deve accettare che se uno vince la competizione interna, anche se non ha la stessa storia dei capi di prima, ha diritto a fare il proprio lavoro”. Su temi delicati, come l’inchiesta Consip e la tenuta del governo, Renzi appare più prudente. Sulle indagini che coinvolgono anche il padre Tiziano e Luca Lotti, l’ex premier sottolinea: “Conosco mio padre e i suoi valori ma, essendo un personaggio pubblico, non posso che dire che sto con i magistrati. Però i tempi del processo devono essere brevi”. Sulla possibilità che si torni alle urne già a settembre, invece, Renzi getta la palla nel campo ristretto dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi. “Io sono fuori, riparto da zero con la forza delle idee”, puntualizza, dando la “parola ai deputati” anche sulla legge elettorale. Ponendo tuttavia l’auspicio di un traguardo minimo, quello del Mattarellum. Dalla California, inoltre, Renzi torna con la proposta del lavoro di cittadinanza. “Il reddito di cittadinanza vuol dire ‘tranquillo, ci pensa papi, che e’ lo Stato. Così l’Italia muore”, sottolinea Renzi bocciando una delle bandiere del M5S e incassando la piccata replica di Luigi Di Maio: “La sua è bieca propaganda, ha in mente un carrozzone democristiano e poltrone di cittadinanza”. Mentre da La Spezia, Andrea Orlando si dice “compiaciuto” del fatto che Renzi si ponga il problema e annuncia, a giorni, una sua proposta. Un altro punto del suo programma sarà il taglio dell’Irpef, sul quale Renzi sceglie di non mettere alcuna pressione al governo (“è una proposta per i prossimi cinque anni”). Anche se, in vista della manovra in aprile, lancia un invito: “Non è che se c’è un problema si va sempre dai cittadini a dire alziamo la benzina o le sigarette”. Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-la-scissione-un-piano-di-dalema-ora-vediamo-chi-ha-piu-voti/ Titolo: Renzi scrive a Grillo: “Sciacallo, non ti fermi davanti a nulla” Inserito da: Arlecchino - Marzo 05, 2017, 11:04:22 pm Focus
Unità.tv - @unitaonline · 4 marzo 2017 Renzi scrive a Grillo: “Sciacallo, non ti fermi davanti a nulla” L’ex premier risponde alle pesanti accuse rivoltegli dal leader del M5s a proposito dell’indagine a carico del papà Tiziano “Tu, caro Grillo, oggi hai fatto una cosa squallida: hai detto che io rottamo mio padre. Sei entrato nella dinamica più profonda e più intima – la dimensione umana tra padre e figlio – senza alcun rispetto. In modo violento”. Così Matteo Renzi sul suo blog. “In una trasmissione televisiva ieri ho spiegato la mia posizione, senza reticenze – prosegue Renzi -. Da uomo delle istituzioni ho detto che sto dalla parte dei giudici. Ho detto provocatoriamente che se mio padre fosse colpevole meriterebbe – proprio perché mio padre – il doppio della pena di un cittadino normale. E ho detto che spero si vada rapidamente a sentenza perché le sentenze le scrivono i giudici, non i blog e nemmeno i giornali. Per decidere chi è colpevole e chi no, fa fede solo il codice penale, codice che pure tu dovresti conoscere, caro Beppe Grillo”. “Dire queste cose costa fatica quando è indagato tuo padre – sottolinea -. Ma è l’unico modo per rispettare le Istituzioni. Perché quando hai giurato sulla Costituzione, quando ti sei inchinato alla bandiera, quando hai cantato l’inno nazionale davanti a capi di stato stranieri rimani uomo delle Istituzioni anche se ti sei dimesso da tutto. Anziché apprezzare la serieta’ istituzionale tu hai cercato di violare persino la dimensione umana della famiglia. Non ti sei fermato davanti a nulla, strumentalizzando tutto”. Qui il post integrale che Matteo Renzi ha pubblicato sul suo blog Caro Beppe Grillo, ti rispondo da blog a blog dopo aver letto le tue frasi su mio padre. Non sono qui per discutere di politica. Non voglio parlarti ad esempio di garantismo, quello che il tuo partito usa con i propri sindaci e parlamentari indagati e rifiuta con gli avversari. Quando è stata indagata Virginia Raggi io ho difeso la sua innocenza che tale rimane fino a sentenza passata in giudicato. E ho difeso il diritto-dovere del Sindaco di Roma di continuare a lavorare per la sua città. Ma noi siamo diversi e sinceramente ne vado orgoglioso. Niente politica, per una volta. Ti scrivo da padre. Ti scrivo da figlio. Ti scrivo da uomo. Da giorni il tuo blog e i tuoi portavoce attaccano mio padre perché ha ricevuto qualche giorno fa un avviso di garanzia per “concorso esterno in traffico di influenza”. È la seconda volta in 65 anni di vita che mio padre viene indagato. La prima volta fu qualche mese dopo il mio arrivo a Palazzo Chigi: è stato indagato per due anni e poi archiviato perché – semplicemente – non aveva fatto niente. Vedremo che cosa accadrà. Mio padre ha reclamato con forza la sua innocenza, si è fatto interrogare rispondendo alle domande dei magistrati, ha attivato tutte le iniziative per dimostrare la sua estraneità ai fatti. Personalmente spero che quando arriverà la parola fine di questa vicenda ci sia la stessa attenzione mediatica che c’è oggi. La verità arriva, basta saperla attendere. Ma tu, caro Grillo, oggi hai fatto una cosa squallida: hai detto che io rottamo mio padre. Sei entrato nella dinamica più profonda e più intima – la dimensione umana tra padre e figlio – senza alcun rispetto. In modo violento. In una trasmissione televisiva ieri ho spiegato la mia posizione, senza reticenze. Da uomo delle istituzioni ho detto che sto dalla parte dei giudici. Ho detto provocatoriamente che se mio padre fosse colpevole meriterebbe – proprio perché mio padre – il doppio della pena di un cittadino normale. E ho detto che spero si vada rapidamente a sentenza perché le sentenze le scrivono i giudici, non i blog e nemmeno i giornali. Per decidere chi è colpevole e chi no, fa fede solo il codice penale, codice che pure tu dovresti conoscere, caro Beppe Grillo. Dire queste cose costa fatica quando è indagato tuo padre. Ma è l’unico modo per rispettare le Istituzioni. Perché quando hai giurato sulla Costituzione, quando ti sei inchinato alla bandiera, quando hai cantato l’inno nazionale davanti a capi di stato stranieri rimani uomo delle Istituzioni anche se ti sei dimesso da tutto. Anziché apprezzare la serietà istituzionale tu hai cercato di violare persino la dimensione umana della famiglia. Non ti sei fermato davanti a nulla, strumentalizzando tutto. Allora lascia che ti dica una cosa. Mio padre è un uomo di 65 anni, tre anni meno di te. Probabilmente ti starebbe anche simpatico, se solo tu lo conoscessi. È un uomo vulcanico, pieno di vita e di idee (anche troppe talvolta). Per me però è semplicemente mio padre, mio babbo. Mi ha tolto le rotelline dalla bicicletta, mi ha iscritto agli scout, mi ha accompagnato trepidante a fare l’arbitro di calcio, mi ha educato alla passione per la politica nel nome di Zaccagnini, mi ha riportato a casa qualche sabato sera dalla città, mi ha insegnato l’amore per i cinque pastori tedeschi che abbiamo avuto, mi ha abbracciato quando con Agnese gli abbiamo detto che sarebbe stato di nuovo nonno, mi ha pianto sulla spalla quando insieme abbiamo accompagnato le ultime ore di vita di nonno Adone, mi ha invitato a restare fedele ai miei ideali quando la vita mi ha chiamato a responsabilità pubbliche. Questo è mio padre. Buttati come sciacallo sulle indagini, se vuoi, caro Beppe Grillo. Mostrati per quello che sei. Ma non ti permettere di parlare della relazione umana tra me e mio padre. Perché non sai di che cosa parli e non conosci i valori con i quali io sono cresciuto. Spero che i tuoi nipoti possano essere orgogliosi di te come lo sono di Tiziano Renzi i suoi nove nipoti Mattia, Francesco, Gabriele, Emanuele, Ginevra, Ester, Maddalena, Marta e Maria. E spero che un giorno ti possa vergognare – anche solo un po’ – per aver toccato un livello così basso. Ti auguro una buona serata. E ti auguro di tornare umano, almeno quando parli dei valori fondamentali della vita, che vengono prima della politica. Matteo Renzi Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-scrive-a-grillo-sciacallo-non-ti-fermi-davanti-a-nulla/ Titolo: Ecco la sintesi della mozione congressuale di Matteo Renzi Inserito da: Arlecchino - Marzo 10, 2017, 12:27:21 pm Focus
Unità.tv - @unitaonline · 6 marzo 2017 Ecco la sintesi della mozione congressuale di Matteo Renzi L’ex segretario del Pd attraverso la consueta enews pubblica la sintesi delle linee programmatiche della sua mozione congressuale Con la consegna delle firme e l’ufficializzazione delle candidature inizia realmente il Congresso. Tre sono i candidati che ambiscono alla segreteria, Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano. In questi giorni dibattiti, iniziative e discussioni nei circoli comporranno le mozioni congressuali in base alle quali gli elettori Pd il 30 aprile sceglieranno il prossimo segretario tramite le primarie. Matteo Renzi attraverso al sua enews ha voluto pubblicare la sintesi delle linee programmatiche della sua mozione congressuale. La democrazia dovrebbe essere il sistema che, meglio di qualunque altro, permette a una comunità di determinare il corso della propria esistenza. Ma da alcuni anni è cresciuto in tutt’Europa, e anche al di là, il numero dei cittadini che hanno la sensazione di aver perso il controllo sul proprio destino, di essere in balia di forze incontrollabili che riducono la possibilità di ciascuno di influire sulle circostanze della propria vita. In alcuni casi si tratta di una preoccupazione di carattere economico, ma spesso questo sentimento di insicurezza va anche al di là, e investe la sfera della cultura, dell’identità e dello stile di vita. Abbiamo la sensazione che il mondo cambi vorticosamente intorno a noi e che i nostri strumenti per influenzarne il corso siano sempre più fragili e invecchiati. La politica tradizionale – e le forze progressiste in modo particolare – hanno tardato a dare una risposta a queste preoccupazioni. Poco a poco, il pragmatismo si è così trasformato in fatalismo, agli occhi di una fascia crescente dell’opinione pubblica occidentale. È questo il filo che unisce l’ascesa dei nazionalisti dell’Europa dell’Est, la Brexit, l’elezione di Donald Trump e il crescente protagonismo di Marine Le Pen in Francia e della nuova destra in Germania. L’ingrediente che accomuna i nuovi nazionalisti è la promessa di restituire agli elettori un grado di controllo sulla loro vita. E i mezzi che propongono per raggiungere quell’obiettivo hanno sempre un elemento in comune: la chiusura. Chiudere le frontiere, abolire i trattati di libero scambio, proteggere chi sta dentro, elevando un muro, metaforico o reale, rispetto all’esterno. Dimostrare che le loro ricette sono velleitarie nel migliore dei casi, e potenzialmente catastrofiche nel peggiore, non basta. Bisogna prendere sul serio la logica del ragionamento, aldilà delle provocazioni e del folklore. E la logica dei nuovi nazionalisti dice questo: solo la chiusura può permetterci di riappropriarci del nostro destino, di non essere in balia di decisioni prese altrove, passivi, vulnerabili. La nostra sfida, oggi, è dimostrare che è vero esattamente il contrario. E che le scommesse sul futuro, sul lavoro, sull’ambiente, sull’integrazione sociale, sulla cultura e sul capitale umano, sono l’unico modo per restituire davvero ai cittadini il controllo del proprio destino, anziché precipitare in una spirale di risentimento destinata a ridurre inesorabilmente ogni possibilità di essere protagonisti. Non si tratta di imbastire una guerra tutta ideologica tra “chiusura” e “apertura” ma di far vivere nel concreto del dialogo sociale e della prassi di governo una nuova alleanza tra libertà e protezioni, tra opportunità e fragilità. E di allargare la sfera dei bisogni: includendo accanto a quello di sicurezza anche il bisogno di appartenenza (sentendosi parte di una comunità) e il bisogno di cooperare (realizzando obiettivi comuni). Sono sfide enormi, soprattutto per un partito di centrosinistra. Il nostro mondo democratico e progressista, aperto e libero, appare oggi in crisi. E forse una delle ragioni per cui al momento si stenta a intravedere un’alternativa credibile all’onda della contestazione populista dipende proprio dal fatto che l’investimento simbolico nella politica e nella storia non è più vivo e forte come una volta. Chiunque abbia ancora la capacità e la voglia di guardare al futuro, immagina grandi meraviglie o immani catastrofi figlie dello sviluppo economico e della tecnica, non di grandi movimenti sociali e politici. Ma spetta ancora alla politica il compito di immaginare e realizzare una via di uscita. Se l’investimento simbolico nella politica non è più vivo e forte come una volta, essere democratici significa proprio lavorare per riattivarlo. Perché solo in questo sforzo si può sperare di ritrovare le energie morali, intellettuali e politiche per provare a compiere, tutti insieme, un salto dal passato al futuro. L’Europa resta l’orizzonte strategico di queste sfide. L’unica dimensione sufficientemente vasta per fronteggiare il cambiamento garantendo il rispetto dei nostri valori e del nostro stile di vita. L’Unione Europea è il primo tentativo nella storia di creare un insieme sopranazionale in tempo di pace, senza armi e senza minacce, sulla base della libera adesione dei popoli. Nell’ultimo quarto di secolo, si è trasformata da una zona di libero scambio costituita da 12 piccole nazioni, schiacciate tra due blocchi imperiali, a un colosso formato da 28 paesi e popolato da mezzo miliardo di persone, la maggior parte delle quali condivide un’unica moneta e un’unica frontiera. Da molti punti di vista – e alla luce della storia del nostro continente – si tratta di un miracolo. Ma purtroppo negli ultimi anni, la miopia di una classe dirigente succube del pensiero tecnocratico ha ribaltato la percezione dei cittadini. Per molti europei, oggi, l’Unione è diventata il problema, più che la soluzione. Un ulteriore fattore di perdita di controllo sul loro destino, anziché lo strumento per cogliere le opportunità di un mondo più grande. Lo si è visto nel caso della Brexit e lo si vede anche nell’evoluzione dell’opinione pubblica in paesi storicamente europeisti come la Germania, la Francia e l’Italia. A 60 anni dai Trattati di Roma l’antidoto contro i sovranismi consiste in una convergenza che faccia perno sulle tre più grandi democrazie europee dell’Eurozona, su un modello originale che concilii integrazione e democrazia. Un modello che distingua nettamente la zona di integrazione politica dall'area di semplice cooperazione economica; che confermi la legittimazione diretta del Presidente della Commissione di fronte all'assemblea parlamentare; e che riduca l’area delle decisioni intergovernative e costruisca effettivamente, sulla base del principio di sussidiarietà, un modello con due livelli di governo ben distinti, uno federale con un adeguato bilancio da gestire e uno rinviato alla responsabilità degli Stati, singoli o in forma associata nel Consiglio europeo. Questo dovrebbe essere il discrimine fondamentale delle prossime elezioni francese, tedesca e italiana, chiarendolo sin d’ora ai cittadini. Europeizzando così le elezioni nazionali in modo da ricevere un mandato chiaro per un’integrazione amica della democrazia, in grado di invertire la spirale di estraneità dei cittadini europei rispetto a scelte che impattano sulle loro vite. Nei prossimi mesi, in ogni caso, l’assetto politico dell’Unione subirà una trasformazione decisiva. Se le candidature progressiste ed europeiste in Germania e in Francia troveranno uno sbocco positivo, si creeranno per la prima volta le condizioni per una svolta che allenti la morsa dell’austerità e rilanci la prospettiva di un’integrazione fondata sul progresso e sulla crescita. Se, al contrario, a prevalere saranno i nazionalisti, in particolare il Front National di Marine Le Pen, l’Unione si troverà di fronte alla crisi di gran lunga più grave dal momento della sua fondazione. In entrambi gli scenari, dovremo farci trovare pronti. Il PD è stato il primo, tra i partiti del PSE, a promuovere con forza l’idea di un’Europa diversa, capace di dare una risposta vera ai problemi che abbiamo davanti, a partire dalla crisi economica, dall’immigrazione e dalla sicurezza. Su questi fronti, non smetteremo di incalzare i nostri partner, perché siamo convinti che siano quelli decisivi per restituire ai cittadini europei il sentimento di avere il controllo del proprio destino. Al di là delle necessarie riforme dell’assetto istituzionale, si devono da subito porre le basi per una nuova politica europea in campo sociale, nella gestione dei flussi migratori, rispetto alla difesa comune e in materia fiscale, per esempio arrivando a regole fiscali comuni per le imprese europee e stabilendo un indirizzo condiviso all’interno della nuova fase di competizione internazionale. Il progetto europeo non è incompatibile con l’orgoglio di essere italiani e con il nostro interesse nazionale. Al contrario, nei suoi momenti migliori, i due aspetti sono andati di pari passo, rafforzandosi a vicenda. Com’è accaduto quando gli sforzi compiuti dai governi di Giuliano Amato, di Carlo Azeglio Ciampi e di Romano Prodi ci hanno permesso di accedere alla prima fase dell’euro. Interpretata nel modo giusto, l’apertura non cancella l’identità, ma la esalta, perché in un mondo aperto ogni paese, ogni territorio deve puntare su quel che sa fare meglio, su ciò che ha di unico. E ciò che ha di unico l’Italia è la capacità di mettere l’uomo al centro: come diceva Luigi Barzini, il piacere di trovarsi in Italia “è dovuto al fatto che si vive in un mondo fatto dall’uomo, per l’uomo, sulla misura dell’uomo”. Si tratta di credere fino in fondo a questo modello, che è il modello dei sindaci, con il loro straordinario impegno quotidiano al servizio delle comunità piccole e grandi e che è il vero modello italiano, per il quale mobilitare tutte le risorse disponibili. È quel che abbiamo iniziato a fare nei mille giorni del governo Renzi e che stiamo continuando a fare con il governo Gentiloni. Non un calendario astratto di compitini ricopiati da un manuale tradotto dall’inglese (o dal tedesco), ma il tentativo sistematico di risvegliare le energie migliori del nostro paese, a partire dalla cultura, dalla scuola, dal lavoro dei giovani e dal terzo settore. Lo sforzo dei mille giorni non ha soltanto prodotto un risultato economico, con il PIL che è passato da negativo (-2) a positivo (+1), con 700 mila posti di lavoro in più grazie al JobsAct, con lo sblocco di infrastrutture e eventi. Ma anche e soprattutto un risultato nel campo dei diritti e del sociale. Il dopo di noi, la legge sullo spreco alimentare, gli investimenti nelle periferie, le unioni civili, i soldi per le marginalità e le povertà, la legge sull’autismo, la legge sulla cooperazione internazionale hanno fissato in modo inequivocabile una pagina di grande importanza nella storia sociale e comunitaria del nostro Paese. Certo, non sono mancati errori e incidenti di percorso, che dovranno essere sottoposti a un giudizio critico rigoroso, innanzitutto da parte nostra. Ma la direzione è quella giusta e l’errore più grande sarebbe ora quello di provare a invertire la marcia per tornare indietro. In ballo c’è la possibilità di tracciare un disegno comune che sia ancora capace di incontrare desideri e interessi, necessità e aspirazioni degli italiani. Le elezioni europee del 2014 hanno dimostrato, per la prima volta, che la sinistra può sconfiggere il populismo e il nazionalismo se è capace di prendere sul serio le preoccupazioni delle persone, iniziando a fornire delle risposte concrete. E se oggi la fiducia nella politica non è più viva e forte come una volta, essere democratici significa proprio lavorare per riattivarla. Serve più politica, in Italia e in Europa. E serve una forza politica che sia all’altezza delle sfide del suo tempo. Una forza politica come il Partito democratico, che guarda al futuro senza complessi ma affonda le sue radici nella storia e vuole dare risposte nuove alla sfida più antica di tutte: costruire una società più giusta, ispirata ai valori di solidarietà, libertà e uguaglianza. Il Partito Democratico è nato su due pilastri. Da una parte le culture politiche sulle quali si è fondata nel secondo dopoguerra la democrazia italiana e che nel corso dei decenni della storia repubblicana ne hanno alimentato e rinnovato le prospettive. Dall’altra l’idea di centrosinistra che è stata al cuore dell’esperienza dell’Ulivo: una forza di cambiamento reale e non solo un campo identitario, dove ciò che conta è rappresentare per governare, dove l’unità si realizza nella condivisione di un progetto ambizioso e realistico di trasformazione nel segno della coesione sociale e dell’innovazione economica. Oggi, partendo da quelle fondamenta, abbiamo il dovere di ristrutturare radicalmente la nostra casa comune, superando la dicotomia tra “partito leggero” e “partito pesante” che ha rappresentato per troppo tempo una gabbia solo ideologica. Nell’epoca della crisi della democrazia e della delegittimazione della politica, non solo in Italia ma ovunque in Occidente ci si interroga sulle nuove forme di organizzazione della militanza e delle competenze pubbliche. Se non torneremo ai partiti della Prima Repubblica, perché di quella stagione sono definitivamente scomparsi i blocchi sociali e le rappresentazioni ideologiche che ne sorreggevano l’impianto politico, è indispensabile dotare la democrazia italiana di strumenti rinnovati ma stabili di organizzazione di partito. E se altri hanno scelto e continuano a scegliere la strada della privatizzazione della politica, con modelli di partito-azienda costruiti con gli strumenti del marketing o gestiti con gli algoritmi, il PD non può che far vivere anche al proprio interno i valori di partecipazione orizzontale, trasparenza e responsabilità pubblica sui quali fonda la propria proposta per il paese. Serve quindi un patto di comunità aperto a chi condivide un progetto di trasformazione dell’Italia, orientato a conquistare consensi al di là di confini identitari che rischiano troppo spesso di diventare barriere difensive, permeabile alle competenze e alla passione civile di quei milioni di italiani che si impegnano ogni giorno nella dimensione pubblica e associativa pur restando ancora diffidenti nei confronti della militanza di partito. Un partito che sia rete di reti, con forme di militanza che possano assumere forme e tempi differenti anche indipendentemente dalla presenza fisica in un dato momento e in un determinato luogo. Se le infrastrutture territoriali – i circoli e le federazioni – stanno completando il percorso di razionalizzazione già avviato in questi anni e svolgeranno un’indispensabile funzione di presidio, sarà necessaria la loro integrazione con i nuovi strumenti di partecipazione dentro i quali si svolge e si amplifica il confronto pubblico. La Rete, ovviamente, ma non solo. Affinché la militanza di base, gli amministratori, i dirigenti e i parlamentari formino un ecosistema dentro al quale le notizie possano circolare, le buone prassi siano assunte a modello, la partecipazione diventi circolare e si alimenti in tempo reale il confronto con l’esterno. Un partito che torni a formare i propri rappresentanti a tutti i livelli, senza la pretesa di produrre solo dentro le proprie mura qualunque ricetta amministrativa e di governo, ma che sia capace di trasferire dall’esterno all’interno le competenze e le passioni che già vivono nella società civile: un luogo, quest’ultimo, che non può più essere rappresentato come il campo delle virtù contrapposto ai vizi della politica ma verso il quale il PD possa finalmente sviluppare una virtuosa relazione di osmosi, allo scopo di contaminare e dunque rinnovare il primato della politica che rappresenta la vera ragione del nostro stare insieme. Un partito, infine, che sia realmente democratico perché sottratto una volta per sempre alle decisioni di piccoli gruppi che si autoproclamano depositari della volontà generale. L’esperienza delle primarie ha rappresentato, da questo punto di vista, il contributo più originale che è venuto dal Partito Democratico alla pratica di partito in Europa, tanto da essere presa a modello in numerosi altri paesi. Da quell’esperienza non intendiamo tornare indietro, perché il PD è e rimane un partito aperto e plurale, radicato sul territorio e rivolto alla rappresentanza per la buona amministrazione e la trasformazione della cosa pubblica. Per questo, analogamente a quanto accade in tutte le democrazie parlamentari anche basate su sistemi proporzionali, crediamo che la leadership che si propone per il governo del paese debba essere la stessa che guida il partito. E’ su queste basi che chiediamo per Matteo Renzi e Maurizio Martina un mandato per cambiare l’Italia e l’Europa, per avere un partito che contribuisca a questo scopo, con un leader che si candida a guidare dapprima la nostra comunità politica e poi il governo del Paese. Consapevoli di queste sfide e animati da queste ambizioni, ci ritroveremo al Lingotto di Torino dal 10 al 12 marzo. Nel luogo simbolo della nascita del PD come partito pilastro della democrazia italiana, faremo le pulci all’azione di governo di questi ultimi tre anni ed elaboreremo nuove proposte per superare le grandi fratture che ancora dividono il nostro paese (sociale, territoriale, generazionale e di genere). Una discussione vera, senza rete. Per costruire un programma per l’Italia e per l’Europa. Da - http://www.unita.tv/focus/ecco Titolo: Renzi: no aumento Iva, dubbi su taglio cuneo. Consip? Si vada a sentenza Inserito da: Arlecchino - Marzo 22, 2017, 12:20:20 pm L’ex premier a porta a porta
Renzi: no aumento Iva, dubbi su taglio cuneo. Consip? Si vada a sentenza 8 marzo 2017 Sul taglio del cuneo fiscale «io ho qualche dubbio. La misura dei cinque punti nell'esperienza del governo Prodi non ha portato risultati. Ma se la vogliono fare... Io non l'ho fatta. Il governo deciderà e sulla base della proposta che viene fatta discuteremo». Lo dice l'ex premier Matteo Renzi ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta su Rai Uno. IL CASO CONSIP 8 marzo 2017 Fisco: errore politico oggi aumentare Iva «Non voglio aumentare le tasse perché sarebbe un errore politico» ha detto poi l'ex premieri, spiegando che «è un errore politico oggi aumentare l'Iva in un momento come quello che stiamo vivendo». Parlando poi della flat tax, Renzi ha sottolineato che «ci sono super ricchi che mettono la residenza fuori e pagano le tasse fuori. Tu li chiami alla possibilità di avere una tassazione fissa se investono in Italia. Questo può portare soprattutto capitali stranieri. C'è lo sceicco che vuole abitare a Capri. Bene ma paghi qualcosa». Emiliano, a cercar voti su vaccini si perde faccia «Non parlerò male degli altri, grande rispetto per Emiliano. Ma le sue parole sui vaccini un po' mi hanno fatto male: non è stato chiaro come altri suoi colleghi» sull'obbligo dei vaccini, ha detto poi Renzi replicando a un post del candidato alla segreteria Pd, Michele Emiliano, che nei giorni scorsi scriveva che nel «programma di governo della Regione Puglia non rientra la proposta di vietare l'accesso a scuola dei bambini che hanno scelto di non effettuare vaccinazioni obbligatorie». «Non giochiamo sulla pelle della gente, su queste cose non si scherza - ha aggiunto Renzi -. Litighiamo su tanti argomenti, sui vaccini per avere un voto in più si perde la faccia e la dignità del Pd». Consip: si vada a sentenza e si vedrà la verità Sulla vicenda Consip «Si vada a sentenza - ha affermato l'ex segretario Pd - . Ci sono politici che sperano che le cose cadano nel dimenticatoio. Io chiedo che si vada a sentenza e ricordatevi di queste ore e andiamo a vedere se ci saranno sentenze di condanna... chi è innocente non ha paura a della verità». «Ci tengo alla mia diversità» ha aggiunto Renzi. Lavoro 7 marzo 2017 Cuneo fiscale, si parte da un taglio da 1,5 miliardi. Sconto di 3-5 punti sui neo-assunti Consip: umanamente con mio padre, ma sto con giudici Parlando del coinvolgimento di suo padre Tiziano nell'inchiesta Consip, Renzi ha aggiunto che «ci sono due dimensioni profondamente diverse. Una è la dimensione del figlio, che quando vede il padre in difficoltà è umanamente preoccupato ed è anche molto lieto dei valori che la famiglia gli ha trasmesso. Ma dal punto di vista istituzionale io non entro minimamente nella questione delle indagini, non la giudico. Ho servito la bandiera del mio paese. Io sto dalla parte dei giudici». Sistema potere toscano? Solo su giornali «Il sistema» toscano di potere «è presente solo nei vostri editoriali, non nella realtà. C'è mai stato un ricambio di potere come quello dal 2014? No» ha continuato l'ex premier sempre in merito alla vicenda Consip. «Dicono che è una cosca? Querelo domani mattina - ha aggiunto - e se mi danno del mafioso o del camorrista mi arrabbio. Un reato di toscanità? Rivendico il diritto alla 'c' aspirata, difendo la ribollita. Che in qualche salotto della capitale siamo stati considerati corpo estraneo è estremamente vero ma l'ho cercato». Fiat: Marchionne l'ha salvata ma tasse estero su gozzo «Io credo che Sergio Marchionne abbia salvato la Fiat, perché oggi a Melfi si fanno le Jeep che vanno in America, a Pomigliano non si fanno le Panda perché si fa l'Alfa, a Mirafiori non sono più in cassa integrazione» ha continuato poi l'ex segretario dem, spiegando che «se non ci fosse stato Marchionne sarebbero tutti a casa, ma sul tema della tassazione portare la sede in un altro Paese risponde agli interessi di Fca ma non agli interessi dell'Italia». «Il nodo della tassazione mi sta sul gozzo anche a me» quando «le aziende spostano la sede dove la tassazione è meno elevata», ha detto ancora. «Fiat è stata salvata e questo ha permesso a migliaia di persone di tornare a lavorare» ma «perché non devo avere lo stesso fisco dell'Olanda? Ci siamo fatti un po' fregare dall'Ue, per questo dico diamo una mano al governo». © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-03-08/renzi-no-aumento-iva-dubbi-taglio-cuneo-consip-si-vada-sentenza--213759.shtml?uuid=AEFmgWk Titolo: ALBERTO INFELISE. Il Pd signora mia... Matteo Renzi scopre l’autocritica Inserito da: Arlecchino - Aprile 03, 2017, 04:45:01 pm Il Pd signora mia... Matteo Renzi scopre l’autocritica
Pubblicato il 01/04/2017 - Ultima modifica il 01/04/2017 alle ore 15:58 ALBERTO INFELISE I nuovi orizzonti sulla legge elettorale e le possibili alleanze dopo il voto sembrano aver portato segnali di distensione nel centrosinistra. Matteo Renzi ha fatto il primo passo: «Qualcosa non è andato nella mia gestione del partito e quel qualcosa sono stato io. Troppi personalismi e poca attenzione a una sinistra che ho sottovalutato». Renzi ha poi detto che se avrà la fortuna di vincere le primarie porterà nel suo staff rappresentanti delle diverse correnti del partito, «persone che ho sempre ammirato e stimato», ha aggiunto. Pierluigi Bersani, in un discorso invero privo di metafore derivate dalla vita di provincia, ha accolto con sorpresa e favore le parole dell’ex premier: «Sapevo che Matteo avrebbe maturato le qualità di un vero leader del centrosinistra. Qualità che ora che il Novecento volge al termine sono sempre più importanti in un partito radicato nella vita reale del nostro tempo. Da parte nostra ci sarà la massima collaborazione, visto che tutti quanti lavoriamo allo stesso obiettivo, facendo tutti parte a buon diritto della stessa famiglia». Dello stesso avviso Roberto Speranza, che è arrivato a promettere di esprimere un’idea autonoma dal suo capocorrente (chiunque egli o ella sarà in futuro) nel giro di un anno o al massimo due. «Questo è lo spirito di coesione e serena condivisione che abbiamo sempre sognato per il Partito Democratico – ha chiosato Massimo D’Alema –, è importante veleggiare tutti nella stessa direzione, non importa chi sia a tenere il timone tra le mani, disciamo. Da parte mia, posso dire che farò il massimo per portare acqua al mulino comune, senza passare le giornate a imporre la mia figura di più intelligente e influente di tutti alla ricerca di esser riconosciuto come il più intelligente e influente di tutti». Pronto il nome del nuovo partito unitario: PdA, Pesce d’Aprile Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/04/01/italia/politica/il-pd-signora-mia-matteo-renzi-scopre-lautocritica-O7mBRvK0ZdtQKE1xIlWdSM/pagina.html Titolo: MATTEO RENZI Europa sì, ma non così Inserito da: Arlecchino - Aprile 22, 2017, 09:25:38 am Martedì 18 aprile 2017
Enews 468 Matteo Renzi 1. Europa sì, ma non così Viviamo un momento di grande tensione internazionale, dalla Siria alla Corea del Nord. Mi ha molto colpito questa intervista a un fotografo che è riuscito a salvare la vita a un bambino, pubblicata oggi da Repubblica. Ma non sfugge a nessuno che, accanto al dramma umano, in queste ore sia in corso una sfida geopolitica, a cominciare dal ruolo che vorrà avere la nuova amministrazione americana con Trump. Per tutti questi motivi, ritengo fondamentale che l'Europa batta un colpo. Non possiamo relegare il Vecchio Continente a semplice spettatore di ciò che accade. E per questo motivo il desiderio di cambiare le politiche in Europa (dalle regole economiche fino all'elezione diretta dei leader, dalla strategia di politica estera fino alle questioni sociali, dall'immigrazione fino alla ricerca) costituisce il cuore della mia campagna per le primarie. Ecco perchè ho deciso di chiudere la campagna a Bruxelles, andandoci come ultima tappa del mio tour Primarie venerdì 28 aprile. Il messaggio è chiaro. Secondo i populisti, l'Europa va distrutta. Secondo conservatori e burocrati va tutto bene come è adesso. Noi diciamo "Europa sì, ma non così". Io voglio guidare il PD - che con noi è diventata la più grande forza politica europea - a cambiare l'Europa. E dunque l'Italia. Noi non parliamo male degli altri candidati, noi non facciamo polemiche: noi raccontiamo le nostre idee per il futuro dell'Italia e dell'Europa. Lo faremo nei prossimi giorni anche sulla scuola, sull'economia, sul sociale, sulla cultura. Vi chiedo di restare in contatto anche tramite la APP-Matteo Renzi che da stasera sarà disponibile anche per chi non ha facebook. Ma vi chiedo soprattutto di aiutarmi a coinvolgere chi ha voglia di dare una mano in positivo, spiegando perché vogliono cambiare l'Italia con noi. Non siamo contro qualcuno, noi siamo per qualcosa. Ma abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti: essere per qualcosa anziché contro fa meno rumore. Ma è più utile. Mancano 12 giorni alla sfida finale sulle primarie. Per chi vuole votare in un comune diverso dal suo (magari perché fa il ponte) ci sono tutte le informazioni su questo sito: www.primariepd2017.it. Potete anche scrivere a primarie@matteorenzi.it per le informazioni sui seggi. O dare idee per gli ultimi giorni di campagna. Vi aspetto. E come sempre conto su di voi. 2. Quante bugie smascherate con il DEF! Giusto per orientarsi nel mare di bugie (pardon, adesso vanno chiamate post-verità o fake news) che sono uscite in questi mesi, dopo che il Governo ha approvato martedì scorso il DEF, possiamo finalmente dire che: Non c'è nessun aumento di IVA, né della benzina, né dello zucchero. L'ultima volta che in Italia è aumentata l'IVA risale al 1° ottobre 2013, un altro governo. Noi le tasse non le aumentiamo. E il Governo Gentiloni ha scelto la stessa strategia. Anche per il futuro, a giudicare da quello che c'è scritto nel DEF. Il PD non è più il partito delle tasse, abbiamo davvero rottamato Dracula. Non c'è nessun buco di Bilancio, ma un bel tesoretto. Il Governo ha scelto di aderire alla richiesta europea di ulteriore riduzione del deficit, una delle tante richieste che vengono fatte a cadenza annuale nelle consuete trattative tra Bruxelles e le varie capitali. Normale amministrazione. I soldi necessari vengono da provvedimenti ideati in passato (rottamazione Equitalia e split payment su tutti): non abbiamo lasciato nessun buco. Abbiamo però lasciato molti soldi per i principali provvedimenti di cui l'Italia ha bisogno. Su tutti il fondo da 47 miliardi di euro - che abbiamo costruito nella Legge di Bilancio e voluto come DPCM, cioè come Presidenza - per gli investimenti che il Presidente Gentiloni firmerà nei prossimi giorni. Sintesi giornalistica: abbiamo lasciato un tesoretto, non un buco. E il tesoretto - non il buco - contiene anche le risorse per affrontare le tre emergenze sociali, le tre P: pensioni, periferie, povertà. Sono tre settori su cui il Governo dei mille giorni ha lasciato i fondi e adesso si tratta solo di far partire concretamente gli interventi. Sulle periferie già si sono firmati gli accordi, sulla povertà venerdì scorso Poletti ha annunciato il decreto che costituisce un importante passo in avanti. Sulle pensioni è di stamani la firma del Presidente Gentiloni sulla cosiddetta APE, l'anticipo pensionistico. 3. La verità prima di tutto e di tutti. Sulla vicenda Consip si è aperta un'ulteriore indagine che ipotizza il falso da parte di un pubblico ufficiale nella gestione delle indagini. Il falso riguarderebbe non solo un indizio su mio padre ma soprattutto riguarderebbe il sottoscritto, in quel momento Presidente del Consiglio pro tempore. Dunque si tratta di una vicenda molto grave, su cui sarà ovviamente doveroso fare totale e piena chiarezza. Ripeto quello che ho già detto sia da Vespa che dalla Gruber: noi chiediamo la verità. E non ci stancheremo di reclamarla, giorno dopo giorno. Chi vuole attaccarci lo faccia in modo pulito, rispettando le regole e le leggi. E se qualcuno pensa di poterci intimidire, sappia che otterrà l'effetto opposto: non ci stancheremo mai di chiedere che sia fatta piena e totale luce su questa vicenda. Non finirà nel dimenticatoio, ve lo garantisco. Alcuni pensieri di questi giorni: Sul campo di concentramento di persone omosessuali in Cecenia. Qui Sul fatto che Tesla abbia superato Ford e GM come valore di borsa per società automobilistica. Qui Sul Bilancio che verrà dell'Unione Europea. Qui Sulla Ferrari che vince (qui) e su un podista che viaggia decisamente a un ritmo diverso (qui) Sull'Arma dei Carabinieri in prima fila contro la 'ndrangheta. Qui. Sui martiri cristiani qui E sui vaccini non posso che riportare ciò che ha scritto questa mattina il prof. Burioni dopo la trasmissione Report. Qui invece il video del mio intervento con Burioni a Linea Notte Sulla legalità vi segnalo una bella iniziativa del Ministro Marco Minniti e del Sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà Per chi se li fosse persi. L'integrale di Porta a Porta del 10 aprile L'integrale di Otto e mezzo del 13 aprile Pensierino della sera. Ieri, per la prima volta dopo anni la Reggia di Caserta è rimasta aperta grazie all'impegno dei lavoratori e del direttore - che ormai conoscete, visto che ve ne ho parlato spesso - Mauro Felicori. Sì, proprio quello nominato dal nostro governo e subito accolto da una polemica di qualche sigla sindacale perché "lavorava troppo"!! Vi confesso che non finisco di emozionarmi quando penso alla bellezza dell'Italia e penso che, nonostante la mancanza di organizzazione che troppo spesso caratterizza i nostri beni culturali, le cose stanno cambiando. Chi di noi ha visitato luoghi e posti significativi in questi giorni si rende conto che c'è, è lì, è pronta una #ItaliaBella che non dobbiamo stancarci di raccontare, di coccolare, di ammirare. La bella trasmissione Rai Kilimangiaro ha recentemente dato il premio di miglior Borgo d'Italia a Venzone (Udine). Ma quanti borghi magnifici, quanti luoghi incantevoli ci sono. Anche per questo mi piacerebbe che ciascuno di noi si sentisse parte di questo racconto collettivo. Abbiamo bisogno di risvegliare in noi lo stupore e l'orgoglio di essere italiani. Di dirlo e di dircelo di più. Anche sui social, che oggi collezionano in prevalenza campagne di odio e di negatività. La nostra #ItaliaBella aspetta solo l'orgoglio e l'impegno di ciascuno di noi. Dobbiamo esserne all'altezza. Un sorriso, Matteo blog.matteorenzi.it matteo@matteorenzi.it PS: Mi raccomando la APP Matteo Renzi per chi ha voglia di darci una mano. Scaricatela, diffondetela, utilizzatela. Ci aiuta a restare meglio in contatto e fare squadra, non solo in rete. Buona Settimana a tutti. E buon ponte a chi lo fa Da - https://mail.google.com/mail ... Titolo: Renzi chiude la campagna elettorale a Bruxelles: “I partiti socialisti devono... Inserito da: Arlecchino - Aprile 29, 2017, 12:51:38 pm Renzi chiude la campagna elettorale a Bruxelles: “I partiti socialisti devono guardare anche al centro”
Pubblicato il 28/04/2017 - Ultima modifica il 28/04/2017 alle ore 14:25 «L’Europa va salvata dai populisti» ma ha anche «bisogno di un cambiamento radicale». Lo dice Matteo Renzi nella conferenza stampa tenuta, in inglese, in un albergo nei pressi del Parlamento europeo come evento di chiusura della campagna per le primarie. Con Renzi, il ministro Maurizio Martina ed il sottosegretario Sandro Gozi. «Scegliere di chiudere la campagna a Bruxelles significa che noi siamo profondamente europei». “Per cambiare l’Italia abbiamo bisogno che resti in Europa” «L’Ue non è il luogo dove venire a prendere ordini, è la casa dei nostri figli, per questo diciamo Europa si ma non così» ha aggiunto Renzi «Se vogliamo cambiare l’Italia - afferma - abbiamo bisogno di un’Italia che resti in Europa a testa alta, consapevole che l’interesse comunitario non è in contrasto con l’interesse nazionale». Renzi ha quindi elencato cinque punti «per cambiare l’Europa». “La vittoria di Macron ottima ma non è finita” «La vittoria di Macron in Francia potrebbe essere un ottimo messaggio per l’Europa ma Hollande ha ragione quando dice che non è finita». “I socialisti devono guardare anche al centro” I partiti socialisti in Europa «devono sì investire nei diritti sociali» e sui temi più tipici della sinistra «ma dobbiamo investire anche nel centro» perché «con i radicali si vincono le primarie ma poi si perdono le elezioni». È il ragionamento di Matteo Renzi prendendo spunto dalla situazione in Francia, dove nel partito socialista dopo il ritiro di Hollande le primarie sono state vinte da Hamon, «ma anche in Gran Bretagna con Corbyn». Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/04/28/italia/politica/renzi-chiude-la-campagna-elettorale-a-bruxelles-i-partiti-socialisti-devono-guardare-anche-al-centro-1rsX2gE8SwNSjRMXsz8REP/pagina.html Titolo: Sapevi che avresti vinto e hai vinto! Inserito da: Admin - Maggio 01, 2017, 05:36:45 pm Sapevi che avresti vinto e hai vinto!
Adesso devi far vincere il Centro Sinistra (senza la sinistra amara e vecchia) e l'Italia. Cazzate ne dirai ancora, forse qualcuna ancora la farai, importante che tu ci dica (nei fatti) dove intendi finisca il Centro e dove comincia la Destra. Mettilo per iscritto per onestà di comportamento. Ciaooo Da FB del 1 maggio 2017 a Renzi Titolo: Renzi, sì a Forza Italia e no agli ex Pd: “Hanno tradito”. Inserito da: Admin - Maggio 03, 2017, 10:31:36 am Renzi, sì a Forza Italia e no agli ex Pd: “Hanno tradito”.
Orlando: “Con Berlusconi o Pisapia? Referendum e vediamo…” L'ex premier nel confronto Sky ha detto di non poter escludere un'alleanza di governo con Berlusconi. Oggi definisce "ovvio che non faremo accordi con chi è andato via: la gente non capirebbe". Il ministro: "Non importa se sarò segretario o no, chiederò un voto tra gli iscritti per scegliere l'intesa con il leader di centrodestra o con l'ex sindaco" Di F. Q. | 27 aprile 2017 Con Berlusconi un’alleanza per governare si può fare, con gli ex del Pd invece di sicuro no. Matteo Renzi raffina meglio la sua opinione sui possibili accordi del Partito democratico. Nel confronto tv su Sky l’ex segretario ha detto di non poter escludere le larghe intese con il centrodestra anche per via di questa legge elettorale anche se precisa a Rtl che il suo rapporto con il leader di Forza Italia “è inesistente da mesi” anche perché “Berlusconi è venuto meno ad un impegno sulle riforme scegliendo di appoggiare chi pensava che la riforma costituzionale fosse un attentato alla Costituzione”. Di una cosa però l’ex presidente del Consiglio è certo: “Con quelli che sono andati via dal Pd, è ovvio che non faremo alleanze. Non perché hanno insultato me ma perché hanno tradito decine di migliaia di militanti”. A suo avviso, “la gente non ci capirebbe: se ci mettessimo insieme il giorno dopo le elezioni penserebbero a una questione di poltrone”. Così è diventata la differenza più evidente tra Renzi e i suoi rivali nella corsa alla segreteria del Partito democratico. Andrea Orlando lo ribadisce a RepubblicaTv: “Se si dovesse porre questo tema, io chiederò la convocazione di un referendum, previsto dallo Statuto, per decidere se andare da con Berlusconi o Pisapia. Io tra Pisapia e Berlusconi scelgo Pisapia, se per questioni di rancore personale per Renzi non è così non credo sarà compreso dal nostro popolo”. Il ministro della Giustizia definisce “stravaganti” le dichiarazioni di Renzi sul tema delle alleanze. Anzi, il referendum – dice Orlando – si farà che lui diventi segretario oppure no. “E credo che avrò una maggioranza schiacciante”. D’altra parte le parole di Renzi sono coerenti con quello che neanche troppo sotto traccia è avvenuto nelle ultime settimane. Primo: un’intervista al Foglio del capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda che aveva parlato di “un fronte anti-Grillo” e aveva aggiunto che per questo “anche i Democratici devono sperare in Forza Italia”. Secondo: in un’altra intervista al Foglio, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda teorizza un programma di governo condiviso tra centrosinistra e centrodestra in modo da poter costruire più facilmente le larghe intese dopo il voto. Terzo, ma più importante, la richiesta del Pd in materia di legge elettorale in commissione Affari costituzionali della Camera: il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione. “Siamo al quinto mese di rinvii – dice oggi Renzi – Ho l’impressione che i partiti non ne vogliano sapere, d’altra parte io l’avevo detto prima del referendum che sarebbe stata la palude. Ora faccia la proposta il fronte del No, la mia base resta il maggioritario ma io sono minoranza”. “Serve un meccanismo come i collegi”, aggiunge, per creare un rapporto con il territorio altrimenti “se fai le liste bloccate i deputati cambiano casacca 6-7 volte”. Ma anche qui trova il controcanto di Orlando: “Chiedere a quella che lui chiamava accozzaglia di fare proposta su legge elettorale è divertente. Lo abbiamo detto noi che era una sommatoria di posizioni tutte diverse, ora per Renzi si mettono d’accordo? E’ un espediente retorico. Toccherà al Pd fare una proposta”. Il ministro della Giustizia, tra l’altro, rende esplicito oggi quello che si è già capito all’epoca dello stallo sull’approvazione della riforma del processo penale e della prescrizione che in autunno provocavano non pochi problemi alla maggioranza. “La riforma della giustizia – racconta il Guardasigilli – non è stata supportata da tutta la compagine del governo. Renzi nel momento in cui si è deciso di sospendere qualsiasi attività nei 6 mesi prima del referendum, ha deciso che quella cosa non doveva essere sul tavolo. Io ritenevo che fosse mio dovere istituzionale farla andare avanti”. Anche per questo Orlando esclude che farà ancora il ministro di un governo Renzi: “Gli errori del governo Renzi, del quale ho fatto parte, hanno avuto cartina di tornasole nel voto del referendum”. Sì ma non è poco credibile presentarsi come alternativa dopo aver fatto parte dello stesso governo? “Errare umano perseverare è diabolico. Se lui può fare autocritica non so perché non posso farla io. Io ho sempre insistito sul fatto che il Pd, così com’era, non era in grado di supportare un percorso riformista”. Di F. Q. | 27 aprile 2017 Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/27/renzi-si-a-forza-italia-e-no-agli-ex-pd-hanno-tradito-orlando-con-berlusconi-o-pisapia-referendum-e-vediamo/3547010/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2017-04-27 Titolo: MATTEO RENZI Obama, Macron e le nuove generazioni. Inserito da: Arlecchino - Maggio 09, 2017, 05:24:28 pm Martedì 9 maggio 2017
Enews 472 Obama, Macron e le nuove generazioni. Sono stato felice di incontrare ieri a Milano Barack Obama. Sapete tutti quello che penso di lui: lo considero un grande leader e un punto di riferimento per molti di noi. Non credo ci sia stato meeting internazionale dalla Nato al G20, dal G7 ai vertici bilaterali in cui non mi abbia dato consigli, suggestioni, spunti. Fino ovviamente alla visita di stato ufficiale, l'ultima della sua amministrazione, che ha voluto dedicare all'Italia con un gesto di amicizia davvero impressionante. Ma quello che mi ha colpito è il progetto che Obama ha per i prossimi anni. Non solo la Biblioteca Presidenziale, o il libro, o le conferenze: tutte attività “tradizionali” per un Presidente emerito, ma soprattutto un lavoro strutturato e capillare di formazione di giovani leader in tutto il mondo. Perché questo è il punto chiave per il futuro: nel mondo della post-verità e delle fake news educare all'approfondimento, alla leadership, allo studio una generazione di persone che sono già interconnesse e che insieme possono cambiare la società globale. La nuova generazione, insomma, è quella che può sconfiggere il populismo con il proprio impegno. I ragazzi come i depositari della sfida più intrigante del nostro tempo: persone su cui scommettere, facendo leva sull'ottimismo e sulla tenacia. Yes, we can. Ieri il Presidente Obama mi ha illustrato i dettagli di questa grande sfida. Sarà affascinante collaborare anche dall'Europa a questo progetto che avrà sede in Chicago. E sarà affascinante farlo con i giovani italiani che vogliamo coinvolgere nella cosa pubblica perché questo è e sarà una delle chiavi del mio mandato come leader dei democratici italiani. Chiacchierando in albergo e in macchina prima della cena ho visto Obama in ottima forma, meravigliato dalla bellezza di Milano (era la prima volta per lui mentre Agnese aveva accolto Michelle e le figlie all'Expo due anni fa) e pronto a ripartire alla grande. Insieme abbiamo telefonato al neo Presidente francese Emmanuel Macron, che ha vinto domenica le Presidenziali ed è chiamato oggi a una sfida difficile ma cruciale: cambiare l'Europa iniziando dal cambiare la Francia. Il cambiamento dell'Europa - perché l'Europa così com'è non va bene e chi vuol bene all'ideale europeo lo sa - è uno dei grandi temi dei prossimi mesi, come ci siamo detti a Bruxelles chiudendo la campagna per le primarie. Facciamo il tifo come tutti per il Presidente Macron e per il suo tentativo coraggioso. In cammino, en marche! Il nuovo PD, tra mamme e magliette gialle Si è svolta l'assemblea del PD a Roma, la prima dopo la fine del congresso. Bella atmosfera e bel clima: non è un caso se dopo le polemiche, le scissioni, gli scandali veri o finti che fossero, il vento sta cambiando. E i sondaggi - per quello che valgono - fotografano una impressionante ripresa del PD. Bene così. Vi risparmio il mio intervento che potete comunque trovare qui integrale. Ho proposto tre parole come temi cardine del PD per il 2017: lavoro, casa, mamme. Ne riparleremo, anche per recuperare alcune polemiche che ci sono state. Ma io credo che dobbiamo a tutti i costi cambiare linguaggio e forme della politica, discutendo di temi reali, non di questioni da addetti ai lavori. E la grande tematica delle donne e delle pari opportunità oggi passa anche dal permettere non solo alle mamme di occuparsi di politica - cosa che stiamo cercando di fare a cominciare dalle quote rosa - ma anche e soprattutto alla politica di occuparsi di mamme. Sono felice di leggere i vostri commenti: matteo@matteorenzi.it. Perché noi vorremmo un PD capace di parlare di problemi reali, non di inseguire il chiacchiericcio e i retroscena. Questo non significa non intervenire anche su questioni più politichesi. Ieri ad esempio abbiamo chiesto conto ad alcuni deputati Cinque Stelle delle loro vergognose frasi contro Renato Soru, il fondatore di Tiscali e nostro deputato europeo, che è stato assolto da tutte le accuse a suo carico e che era stato insultato e denigrato in TV dal fango pentastellato. Riusciranno a mettere insieme cinque lettere e pronunciare la parolina magica: SCUSA? Mettere i puntini sulle i è giusto e doveroso: noi non possiamo sempre subire le accuse infamanti e false stando in silenzio. Anche per questo ci stiamo organizzando ogni giorno meglio sul web e anche per questo dobbiamo rispondere con più forza nei talk e nelle trasmissioni televisive. Ma dobbiamo ricordarci che saremo giudicati per quello che facciamo noi, non per gli errori degli altri. Anche per questo domenica 14 maggio le Magliette Gialle - il simbolo del PD che sta sul territorio e coniuga valori alti e progetti concreti - sbarcheranno a Roma. Con la città invasa dai rifiuti e nell'incapacità dell'amministrazione comunale di dare risposte, il PD romano presenterà le proprie idee sulla gestione dell'emergenza dei rifiuti ma lo farà dopo che per una mattinata saremo stati a pulire la città. Un PD che chiama a raccolta tutti quelli che ci stanno, volontari, cittadini, associazioni. E che fa le proprie proposte politiche. Le fa dopo aver organizzato con i generosi volontari ciò che l'amministrazione non riesce a fare con i propri professionisti, o presunti tali. Teniamoci in contatto: la app Durante le primarie vi ho sollecitato più volte a tenerci in contatto, a darci idee, a farvi sentire. Bene, adesso che le primarie sono finite, vorrei... sollecitarvi di più. Già, perché questo periodo che si è aperto con la rielezione a segretario sarà un periodo fantastico se riusciremo a coinvolgere quante più persone possibili a dare idee, portare un contributo, dare una mano. In questo senso invito tutti quelli interessati a scaricare la app - Matteo Renzi (siamo già oltre trentamila) per dare idee, condividere messaggi, presentare progetti, tenersi reciprocamente aggiornati. Nelle prossime settimane arriveranno anche altri strumenti digitali, a cominciare per chi è interessato, dalla app del PD. Ma intanto per chi ha voglia di dare una mano l'invito è scaricare la app - compreso il nuovo sondaggio sulle tasse - anche perché nei prossimi giorni organizzeremo un Matteo risponde su questo tema, costruito tutto con chi ha scaricato questa applicazione. Un sorriso, Matteo blog.matteorenzi.it matteo@matteorenzi.it Pensierino della sera. È passata praticamente sotto silenzio la liberazione di 82 ragazze sequestrate e tenute prigioniere per anni da Boko Haram in Nigeria. Hanno subito ogni tipo di violenza, inenarrabile. Oggi sono libere, ma dovranno rifarsi da capo una vita. Fa male solo il pensiero. Eppure credo sia giusto ridirselo. In troppe parti del mondo - ancora oggi - le nostre ragazze, quelle che hanno la stessa età delle nostre figlie, sono oggetto di violenza, rapimento, mercimonio. Denunciare non basta. Ma denunciare serve. Continuare a dire e a ridire che l'Italia sta da un'altra parte e che farà di tutto per difendere i diritti delle ragazze e delle donne è solo il primo passo. Ma un primo passo da fare. Perché quando diventiamo insensibili davanti a questi drammi, nei fatti perdiamo noi stessi. E non possiamo lasciare questo tema solo ai convegni delle donne. Noi uomini, per primi, dobbiamo farci sentire di più. Matteo Renzi Condividi Facebook - Matteo Renzi Condividi Twitter Da - Enews 472 | Martedì 9 maggio 2017 Titolo: “Così riporterò il Pd al 40 per cento” Intervista a tutto campo con Matteo Renzi Inserito da: Arlecchino - Maggio 16, 2017, 02:11:02 pm “Così riporterò il Pd al 40 per cento”. Intervista a tutto campo con Matteo Renzi
“Il governo deve durare fino al 2018. Sì alla battaglia di Macron per un ministro dell’Economia europeo. Se Berlusconi si allea con i populisti ci lascia un’autostrada. De Bortoli? Un mix di ossessione e falsità”. Parla il segretario Pd Di Claudio Cerasa cerasa@ilfoglio.it 13 Maggio 2017 alle 06:00 “Così riporterò il Pd al 40 per cento” Intervista a tutto campo con Matteo Renzi “Che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella. Praticamente tutte le banche d’Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase” (foto LaPresse) Il dopo primarie e il dopo Francia. Il governo Gentiloni e il governo Grillo. L’europeismo possibile e il rapporto con Sergio Mattarella. La partita a scacchi sulla legge elettorale e ovviamente il caso Ferruccio de Bortoli-Maria Elena Boschi. A due settimane dalla vittoria alle primarie del Partito democratico, Matteo Renzi accetta di rilasciare al Foglio la sua prima intervista da segretario rieletto. E rispetto a tredici giorni fa – giorno in cui l’ex presidente del Consiglio ha ricevuto il 69 per cento dei voti ai gazebo del Pd – il mondo sembra essere già improvvisamente cambiato: l’europeismo è tornato di moda, l’euro è tornato a essere inattaccabile, il riformismo è tornato a essere l’unica àncora di salvezza dei partiti tradizionali, i movimenti anti sistema sono stati costretti a fare i conti con un brusco ridimensionamento delle proprie prospettive e l’economia europea ha iniziato a ingranare davvero, portando il nostro continente a migliorare le previsioni di crescita per il 2017 (+1,8). In tutto questo, naturalmente, il paese che nei prossimi mesi verrà osservato con maggiore attenzione sarà l’Italia, dove l’instabilità politica è diventata un fattore non meno destabilizzante del livello del nostro debito pubblico. Iniziamo da qui con Matteo Renzi: cosa ci dicono gli ultimi mesi del posizionamento possibile dell’Italia all’interno dell’Europa? “La prospettiva dell’Europa – dice Matteo Renzi – per me è chiara. Da un lato ci sono i populisti che vanno sconfitti. Dall’altro ci sono i tecnocrati che però sono spesso i migliori amici dei populisti, perché non si rendono conto che l’Europa deve cambiare. Deve cambiare sulle periferie, sul sociale, sul ministro economico condiviso (sono d’accordo con Macron). Deve cambiare sull’austerity. Dopo di che ringrazio Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco, perché è l’unico che ha detto con chiarezza che le riforme italiane sono state riforme molto serie, che in passato non erano state fatte. Stupisce che nessun ‘rigorista’ abbia commentato questa frase di apprezzamento delle nostre riforme da parte del campione della linea dura. Noi abbiamo fatto molto. Ma vogliamo cambiare ancora l’Europa: Europa sì, ma non così. A cominciare dalle primarie, perché senza voti, l’Europa, diventa la patria dei veti. O c’è la democrazia o l’Europa non ha futuro”. Le elezioni francesi ci dicono molte cose ma ci dicono soprattutto questo: i partiti tradizionali sono in crisi e senza un "Dicono Italicum, ma in realtà sognano il Cespugliellum. Stanno lavorando per far tornare in Parlamento partiti con pochi voti" rinnovamento con i fiocchi sono a un passo dal collasso. “Le ultime elezioni europee, in realtà, non ci dicono che i partiti tradizionali sono al collasso. Ci dicono che la sinistra europea è al collasso, non i partiti tradizionali. Cdu, Conservatori e Popolari spagnoli stanno benone. Hanno perso i repubblicani francesi, solo per lo scandalo Fillon. Altrimenti saremmo qui a raccontare un’altra storia. I socialisti europei invece sono messi male in Olanda e Francia. Non se la passano benissimo in Spagna e Gran Bretagna. Il Partito democratico, invece, torna a crescere nei sondaggi e al momento è l’unica forza politica riformista che sta sopra il 30 per cento in Europa”. Restiamo ancora un istante sulla vittoria di Macron. Che impressione le ha fatto vedere in Francia un candidato vincere le elezioni con un sistema elettorale che in Italia, come ha dimostrato il professor Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, oggi non verrebbe considerato costituzionale dalla nostra Consulta? “Che impressione mi fa? Rosico. Perché Macron ha di fronte a sé cinque anni di presidenza, avendo preso il 23 per cento al primo turno, mentre a noi, per affermarci, non è bastato il 41 per cento delle europee o quello del referendum. Effettivamente, la giurisprudenza italiana considererebbe incostituzionale il modello francese e sicuramente quello americano, dove chi prende più voti popolari può perdere le elezioni come accaduto alla Clinton. E non oso pensare che cosa potrebbero dire allora del sistema inglese. Ma il tempo è galantuomo. Ogni giorno che ci allontana dal quattro dicembre consente di mettere a fuoco un dato di fatto: quella riforma era un’occasione per l’Italia. I partiti che hanno chiesto di votare No sapranno assumersi le loro responsabilità”. Il quattro dicembre, già. Qual è la più grande differenza tra il Renzi 1 e il Renzi 2, dal punto di vista politico e anche personale? “Guardi, non credo siano tanti quelli che hanno lasciato tutto come ho fatto io. Sono uscito da Chigi e dal Nazareno senza rete di protezione, senza garanzie, senza indennità, senza vitalizio. Sono contento di questo. Per me è stata la lezione delle tre U. Umiltà, che serve sempre. Umanità, perché sono tornato ai rapporti disinteressati. Umore, perché ho ricominciato a sorridere liberato dal carico di responsabilità. Avrei preferito vincere il referendum. Ma le tre U mi hanno molto aiutato a cambiare la mia quotidianità”. "Mi piacerebbe sapere se dietro il gioco di scatole cinesi che esiste all'interno del blog di Grillo c'è o no una storia di evasione fiscale" Alle tre U forse bisognerebbe aggiungerne una: la U di urne. Il professor Francesco Giavazzi ieri sul Foglio ha suggerito di andare a votare prima della prossima legge di Stabilità per evitare di ritrovarci di fronte a una Finanziaria troppo minimalista e troppo elettorale. Secondo lei una maggioranza incapace di fare una legge elettorale può essere capace di fare una nuova legge Finanziaria? “Vede, quando il Partito democratico ha dato la disponibilità a votare in estate, è partito il coro di chi ha detto: ‘Sono irresponsabili, minano la stabilità’. Adesso che diciamo di votare nel 2018 in molti sottolineano come sarebbe meglio fare la nuova legge di bilancio con il nuovo governo. Io mi affido a Sergio Mattarella e a Paolo Gentiloni. Il Pd è l’unico partito già pronto alle elezioni. Ma siccome siamo persone serie ci va benissimo votare nella primavera del 2018, non abbiamo fretta. Quindi lasciamo lavorare il governo, assicurando il massimo sostegno possibile”. Su molte questioni però nelle ultime settimane la linea del leader del Pd non sembra essere coincisa perfettamente con quella del governo. Dal caso Anac ai voucher passando per Alitalia e la legittima difesa. Vale anche per il governo il motto scelto per l’Europa? Governo sì, ma non così? “Paolo Gentiloni, che non ha bisogno di consigli, è una persona seria. Su periferie, povertà, pensioni sta facendo un lavoro prezioso, di continuità e di rilancio. Sui voucher sappiamo come è andata”. “Ma il presidente del Consiglio ha preso un impegno per trovare una soluzione e io sono al suo fianco per ottenere il risultato”. Resta il fatto che un Parlamento che non è in grado di fare una legge elettorale non si capisce come possa fare una buona legge di Stabilità. “Guardi, sulla vicenda elettorale mi lasci dire come la penso. Prima erano tutti contro l’Italicum, ora sono tutti a favore. Ricordo che gli stessi che ora vogliono l’Italicum uscirono dall’Aula parlando di Aventino e dandomi del fascista perché proponevo l’Italicum. Com’era quella canzone? Come si cambia, per non morire. Ma di soppiatto, in nome del nuovo Italicum, vogliono togliere l’8 per cento di soglia al Senato, l’unica garanzia di freno al potere dei piccoli partiti, e vogliono permettere a chiunque di candidarsi eliminando il vincolo sulle firme. Noi siamo pronti a votare l’Italicum ma chi sostiene questo tipo di riforma in realtà sogna il Cespugliellum. In ogni caso se riusciamo ad accogliere l’appello di Mattarella e fare una legge che aiuti davvero la governabilità e il maggioritario per me è meglio. Se poi vogliamo andare ancora di più nel dettaglio, Andrea Mazziotti, che è il relatore della legge elettorale in commissione Affari Costituzionali alla Camera, è un bravissimo avvocato ma purtroppo non fa parte di un partito che sa prendere voti. Lo stimo a livello professionale e conosco la stima di cui gode tra molti imprenditori. Ma purtroppo non fa parte di un partito che ha molti voti. E il suo unico obiettivo sembra essere quello di far tornare in Parlamento partiti con pochi voti. Io penso che la vera sfida sarebbe provare a dare un sistema semplice all’Italia. Se ci fosse la possibilità di provarci perché dire no?”. I sondaggi di questi giorni dicono che il Partito democratico sta tornando a crescere e che oggi sarebbe di nuovo il primo partito italiano. Ma Matteo Renzi crede davvero che il Pd abbia possibilità di tornare al quaranta per cento alle prossime elezioni? “Io penso di sì. Il Partito democratico oggi ha una grande capacità attrattiva e lo spazio per tornare a quei numeri ottenuti alle europee del 2014 e al referendum del 4 dicembre ci sono. So bene che in questa fase storica gli elettori vanno e vengono ma io credo che oggi abbiamo ancora un’opportunità straordinaria: dimostrare che il Pd è l’unico grande partito di governo che esiste in Italia. Se poi guardiamo i sondaggi dobbiamo dire anche un’altra verità: la scissione ha lasciato una traccia emotiva vera e profonda nei cuori di qualche militante ma a livello elettorale non ci ha danneggiato. Anzi: il nostro consenso, oggi, è superiore a quello che abbiamo registrato al momento della scissione”. "Da italiano spero che Berlusconi faccia un centrodestra popolare ed europeista. Ma se si allea con i populisti, da politico, mi conviene" Proviamo a superare il perimetro del suo partito e occupiamoci per un istante di un altro partito che dopo il risultato francese sembra aver imboccato una svolta potenzialmente significativa: Forza Italia e in particolare Berlusconi. La sconfitta di Marine Le Pen ha portato Berlusconi (e anche qualche esponente della Lega, come Roberto Maroni) a rendere più evidente la presenza nel nostro paese di un centrodestra alternativo al modello Le Pen. Matteo Renzi crede che in Italia possa esistere davvero un partito di centrodestra che provi a trasformarsi davvero in una Cdu italiana? “Sì, credo che la possibilità ci sia, ma come al solito dipende tutto dalle scelte che farà Berlusconi, e a oggi sinceramente non è chiaro che strada voglia prendere. Vuole importare in Italia il modello del Partito popolare europeo e dar vita a un centrodestra che metta insieme anche l’attuale area popolare? O si attrezzerà, invece, per fare un grande listone dove mettere dentro tutto quello che c’è a destra di Forza Italia? Io da italiano, da elettore e cittadino, mi auguro che Berlusconi scelga la strada della Cdu. Ma più cinicamente da leader politico spero che faccia il listone. I sondaggi ci dicono che con una lista unica i partiti di centrodestra perdono circa il tre per cento rispetto a quello che potrebbero raccogliere andando da soli. E una buona parte di quel tre per cento, dicono sempre i sondaggi, è destinato a finire al Pd. In presenza di una lista unica del centrodestra il Pd, secondo i dati che abbiamo, vola al 32 per cento. E per questo da leader politico dico che se Berlusconi vuole allearsi con i populisti faccia pure: ci lascia un’autostrada al centro...”. Lei ultimamente ha scelto di insistere molto sul tema dei vaccini per mettere in luce il rapporto perverso che potrebbe esistere tra la post verità e il Movimento 5 stelle. Lei crede davvero che il grillismo sia un pericolo per la nostra democrazia? “E’ difficile da dire. Ma sul punto che vi sia una sintonia speciale tra il movimento 5 stelle e la post verità non ho dubbi. Così come non ho dubbi sul fatto che, come dice Macron, il populismo deve essere affrontato con un’arma precisa: il coraggio della verità. In nome di questo principio, il Partito democratico ha scelto di presentare un esposto alla procura di Roma attraverso il quale chiede che vengano verificati i profili fiscali del blog di Grillo e della Casaleggio. Oggi sappiamo con certezza che Grillo è un pregiudicato. Ora ci piacerebbe sapere se dietro al gioco di scatole cinesi che esiste all’interno del blog di Grillo c’è o no una grande storia di evasione fiscale”. “De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina?” La storia del movimento 5 stelle però ci dice anche altro: ci dice che in questo momento in cui vi è un partito che sogna di superare la democrazia rappresentativa non c’è nessuna reazione vera da parte della nostra classe dirigente e da parte di tutti coloro che per una vita hanno manifestato in giro per l’Italia in difesa della democrazia e della Costituzione. Come si spiega? “Sinceramente non mi stupisce. Chi anni fa faceva i girotondi in difesa della democrazia ha scelto di allearsi con il movimento 5 stelle il giorno del referendum costituzionale e quell’alleanza che si è creata il quattro dicembre non è un’alleanza casuale: è un’alleanza che nasconde un preciso disegno per il paese”. Andrà anche lei a pulire con la ramazza la Roma di Virginia Raggi? “Vedremo. Ma vorrei cogliere l’occasione per scusarmi con i cittadini di Roma: vista la reazione che c’è stata alla nostra idea di pulire una città incredibilmente sporca, forse avremmo dovuto pensarci prima e aiutare il movimento 5 stelle a fare quello che oggi non riesce a fare nella Capitale d’Italia: pulirla”. Segretario, arriviamo al punto di questi giorni: che idea si è fatto del caso sollevato da Ferruccio de Bortoli? Se il dottor Federico Ghizzoni, ex amministratore delegato di Unicredit, dovesse confermare la versione suggerita dall’ex direttore del Corriere della Sera, che nel suo libro ha accusato Maria Elena Boschi di avergli chiesto di occuparsi di salvare Banca Etruria, si aprirebbe o no un problema politico per il sottosegretario ed ex ministro? “Direttore, come al solito le parole definitive arrivano dal vostro Giuliano Ferrara. Parole definitive, da scolpire, e quando ho letto il suo articolo di giovedì scorso sono partiti 92 minuti di applausi. De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina? Chi ci crede è bravo. Ma voglio dire di più. Ferruccio de Bortoli ha una ossessione personale per me che stupisce anche i suoi amici. Quando vado a Milano, mi chiedono: ma che gli hai fatto a Ferruccio? Boh. Non lo so. Forse perché non mi conosce. Forse perché dà a me la colpa perché non ha avuto i voti per entrare nel Cda della Rai e lo capisco: essere bocciato da una commissione parlamentare non è piacevole. Ma può succedere, non mi pare la fine del mondo. Detto questo, che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella. Praticamente tutte le banche d’Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Come pure il dossier Ferrara, il dossier Chieti, il dossier Banca Marche. Lo hanno visto tutti e nessuno ha fatto niente. Arriverà un giorno in cui si chiariranno le responsabilità a vari livelli e se c’è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire. Non vedo l’ora che la commissione d’Inchiesta inizi a lavorare. Come spiega sempre il professor Fortis, vostro collaboratore, Banca Etruria rappresenta meno del 2 per cento delle perdite delle banche nel periodo 2011-2016. Boschi senior è stato vicepresidente non esecutivo per otto mesi e poi noi lo abbiamo commissariato: mi pare che non sia stato neanche rinviato a giudizio. Se vogliamo parlare delle banche, parliamone. Ma sul serio. Per concludere vorrei ricordare un dettaglio. Ferruccio de Bortoli ha detto falsità su Marco Carrai. Ha detto falsità sulla vicenda dell’albergo in cui ero con la mia famiglia. Ha detto falsità sui miei rapporti con la massoneria. Non so chi sia la sua fonte e non mi interessa. So che è ossessionato da me. Ma io non lo sono da lui. E’ stato un giornalista di lungo corso, gli faccio i miei auguri per il futuro e spero che il suo libro venda tanto”. In conclusione due domande su questioni molto dibattute in questi giorni: il caso delle ong, con le relative e reiterate accuse del procuratore di Catania, e la legittima difesa, legge che il Pd ha approvato in Parlamento e che Renzi ha contestato dopo essere stata approvata. “Sul caso delle Ong eviterei facilonerie: se ci sono, e credo che qualche problema ci sia, casi problematici in cui risulti palese il mancato rispetto delle norme bisogna essere duri, e intervenire. Ma resto convinto che il problema, se esiste, riguardi casi specifici, e attaccare in modo generalizzato le Ong mi sembra un errore molto grave”. E sulla legittima difesa? “Nel merito non contesto nulla. Ma poteva essere scritta meglio”. Conclusione finale, dato che ne abbiamo parlato molto: ma che cos’è secondo lei la post verità? “Dico che è un problema che esiste, molto grave, che coincide con una stagione della storia in cui qualcuno pensa che sia sufficiente far diventare virale un contenuto per far diventare vero quel contenuto. Ci sono partiti che provano a vincere le elezioni così. Poi ce ne sono altri che proveranno a vincerle facendo l’opposto: mettendo in campo il coraggio della verità”. Da - http://www.ilfoglio.it/politica/2017/05/13/news/renzi-cosi-riportero-il-pd-al-40-per-cento-134399/ Titolo: MATTEO RENZI Banca Etruria, attacco di Renzi: «De Bortoli ha un’ossessione per.. Inserito da: Arlecchino - Maggio 17, 2017, 05:53:04 pm Banca Etruria, attacco di Renzi: «De Bortoli ha un’ossessione per me»
La replica dell’ex direttore L’ex premier in una intervista al «Foglio» si scaglia contro l’autore di «Poteri forti (o quasi)». E sull'istituto toscano dice: «Praticamente tutte le banche hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Bene la commissione d’inchiesta, avremo modo di studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti - per modo di dire» Di Fabrizio Massaro Il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi rompe il silenzio sulla vicenda dell’interessamento dell’ex ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, alla vendita di Banca Etruria, di cui era vicepresidente suo padre, Pier Luigi. E lo fa con un attacco diretto a Ferruccio de Bortoli, l’ex direttore del Corriere della Sera che nel suo libro «Poteri forti (o quasi)» ha rivelato la richiesta di Boschi all’allora amministratore delegato di Unicredit, di «valutare una possibile acquisizione» dell’istituto aretino in grave crisi. «De Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent’anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina? Chi ci crede è bravo», risponde l’ex premier in un’intervista al Foglio. «Ma voglio dire di più. Ferruccio de Bortoli ha una ossessione personale per me che stupisce anche i suoi amici. Quando vado a Milano, mi chiedono: ma che gli hai fatto a Ferruccio? Boh. Non lo so. Forse perché non mi conosce. Forse perché dà a me la colpa perché non ha avuto i voti per entrare nel Cda della Rai e lo capisco: essere bocciato da una commissione parlamentare non è piacevole. Ma può succedere, non mi pare la fine del mondo». «Unicredit su Etruria? Segreto di Pulcinella» Renzi entra nel merito anche delle condizioni della Popolare dell’Etruria: «Che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella. Praticamente tutte le banche d’Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Come pure il dossier Ferrara, il dossier Chieti, il dossier Banca Marche. Lo hanno visto tutti e nessuno ha fatto niente». E continua: «Arriverà un giorno in cui si chiariranno le responsabilità a vari livelli e se c’è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire. Non vedo l’ora che la commissione d’Inchiesta inizi a lavorare». Il riferimento è alla commissione d’inchiesta sulle banche la cui legge istitutiva dovrebbe essere votata definitivamente questo mese e ai ruoli anche di Banca d’Italia e di Consob. «Boschi senior? Nemmeno rinviato a giudizio» Il segretario del Pd non parla della richiesta del ministro Maria Elena Boschi a Ghizzoni ma sottolinea che «Banca Etruria rappresenta meno del 2 per cento delle perdite delle banche nel periodo 2011-2016. Boschi senior è stato vicepresidente non esecutivo per otto mesi e poi noi lo abbiamo commissariato: mi pare che non sia stato neanche rinviato a giudizio. Se vogliamo parlare delle banche, parliamone. Ma sul serio». Quindi, di nuovo su de Bortoli: «Per concludere vorrei ricordare un dettaglio. Ferruccio de Bortoli ha detto falsità su Marco Carrai. Ha detto falsità sulla vicenda dell’albergo in cui ero con la mia famiglia. Ha detto falsità sui miei rapporti con la massoneria. Non so chi sia la sua fonte e non mi interessa. So che è ossessionato da me. Ma io non lo sono da lui. È stato un giornalista di lungo corso, gli faccio i miei auguri per il futuro e spero che il suo libro venda tanto». 13 maggio 2017 (modifica il 13 maggio 2017 | 11:32) © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - Titolo: Renzi al Costanzo show: Gentiloni? Bersani lo voleva lasciare fuori dalle liste Inserito da: Arlecchino - Maggio 26, 2017, 05:21:23 pm Focus
Unità.tv - @unitaonline · 24 maggio 2017 Renzi al Costanzo show: “Gentiloni? Bersani lo voleva lasciare fuori dalle liste” A cena con qualche leader? “Sono a dieta…” Una frase che scatenerà polemiche, quella che Matteo Renzi ha detto al Maurizio Costanzo show in onda domani: “Nel 2013 Bersani aveva lasciato fuori dalle liste Gentiloni. Io fui molto contento di farlo includere – racconta Renzi – perché è una persona seria. E io credo che stia facendo bene, gli faccio molti auguri per il G7. È a Taormina perché un leader importante dell’Ue disse che la Sicilia è solo mafia: non è così e allora lo abbiamo spostato da Firenze a Taormina”. Nel corso dell’intervista, il segretario del Pd tocca ovviamente anche altre questioni. Sul terremoto, l’attuale premier “ha fatto ancora di più di quanto fatto da noi. Però c’è la burocrazia, che diventa spesso un problema. Io voglio che in tutti i comuni, ogni settimana si affacci un parlamentare del Pd a chiedere che cosa serve”. L’intervista con Maurizio Costanzo è anche l’occasione per un nuovo affondo sul caso Consip: “Non ho alcun dubbio sulla onestà di mio padre ma ho detto che se verrà giudicato colpevole è giusto che paghi più”, ha detto Renzi, aggiungendo che naturalmente “è una provocazione, perché la legge è uguale per tutti. Dopo di che la cosa incredibile è che io vorrei capire se è vero o no che qualcuno ha fabbricato prove false. Io aspetto da un momento all’altro, e tutti i giorni lo ribadirò con forza, che voglio la verità. Voglio che sia fatta luce“. Il segretario del Pd è convinto che le intercettazioni vadano regolate: “Il dottor Gratteri fece una buona proposta che purtroppo non siamo stati in grado” di fare approvare. “Io ho molta stima del procuratore Gratteri, ma apprezzo che si arrivi a sentenza e non tutti lo fanno. Nella vicenda che riguarda mio padre c’è una dimensione umana. Ma voglio la verità su questa vicenda perché ci sono troppe cose poco chiare”. Poi Renzi ci scherza su: “Mamma, babbo volevo dirvi che nel febbraio del ’93 ho fatto forca a scuola. Lo dico pubblicamente, prima che esca una intercettazione sui giornali”. Maurizio Costanzo gli chiede da chi accetterebbe un invito a cena tra i protagonisti della politica italiana. E Renzi: “Un invito a cena? Sono a dieta. Comunque, a Berlusconi chiederei chi ha rotto e quando il Patto del Nazareno. A D’Alema come ha fatto a cambiare tante posizioni. A Salvini come fa a sostenere certe posizioni, anche se è stato molto umano nei miei confronti dopo il referendum”. Poi chiude con un selfie e una promessa, una nuova intervista al Costanzo Show se ridiventerà premier. Ma se non ridivento premier un posto in terz’ultima fila lo prendo sempre volentieri”. Da - http://www.unita.tv/focus/renzi-costanzo-show-gentiloni-bersani-lo-voleva-lasciare-fuori-dalle-liste/ Titolo: Renzi: “Era giusto provarci, ma i Cinque Stelle sono inaffidabili” Inserito da: Arlecchino - Giugno 10, 2017, 11:11:25 am Renzi: “Era giusto provarci, ma i Cinque Stelle sono inaffidabili”
L’intervista al segretario del PD di Aldo Cazzullo – Corriere della Sera Pubblicato il 10 giugno 2017 in News, Primo piano Renzi, adesso cosa succede? «Era doveroso provarci; ma adesso la partita è chiusa. Abbiamo un orizzonte di quasi un anno prima del voto. Lavoriamo per l’Italia. Prepariamoci con l’approccio del maratoneta, non del centometrista». La legge elettorale non si farà più? «Mi pare difficile, se la legge che ha in teoria il consenso dell’80% dei parlamentari va sotto al primo passaggio a scrutinio segreto. Dopo l’appello del Capo dello Stato, il Pd ha provato seriamente a scrivere insieme le regole del gioco. È evidente chi è stato a far fallire tutto». I 5 Stelle negano: sono sempre stati a favore dell’emendamento. «Non prendiamoci in giro. In commissione avevano votato contro. O l’accordo vale per intero, o salta». Ci sono stati anche franchi tiratori del Pd. «Sei o sette su 300.I grillini si sono mostrati attendibili sulla legge elettorale come lo sono sui vaccini o sulle scie chimiche. E pensare che una parte della classe dirigente li considera interlocutori affidabili…». A chi si riferisce? «Una parte dell’establishment di questo Paese liscia il pelo ai populisti; mentre nel resto d’Europa si fa argine contro di loro. In Inghilterra l’Ukip sparisce, in Francia Macron prende il 23% al primo turno e il 66% al secondo perché è un baluardo contro il populismo. In Italia il Pd è la diga contro i populisti: chi piccona la diga, mette a rischio il Paese». Forza Italia sostiene che non si può fermare tutto per un dettaglio. «Non è un dettaglio: riguarda i diritti delle minoranze linguistiche, i trattati internazionali. Ora noi dobbiamo evitare un fallo di reazione. Questo regalo a Grillo non glielo facciamo. Il fatto che Grillo abbia fatto cadere l’accordo, su un emendamento presentato da una deputata di Forza Italia, non significa che ora si possa fare una legge contro Grillo, o contro Berlusconi». Quindi la legge elettorale non si farà. «Se si fa, deve avere il consenso dei 5 Stelle e di Forza Italia. E poi una legge c’è: quella uscita dalla sentenza della Consulta. Tutti sanno che il modello tedesco non era il nostro; ma sarebbe stato positivo per il Paese avere regole condivise. È andata così». Pare quasi sollevato. «No. Però almeno ora possiamo parlare di Jobs Act, di superare l’accordo di Dublino sui migranti, di come buttare ancora giù le tasse, di come portare a Milano l’Agenzia europea dei farmaci. Andare sui contenuti». Quando si vota? «Nel 2018, alla scadenza della legislatura. Come ho sempre detto. Questo governo è il nostro governo. Noi lo difendiamo. Non ero io a chiedere a tutti i costi di votare». Come no? «Almeno due dei contraenti del patto, Grillo e Salvini, volevano le elezioni. E in effetti, approvata la legge, il tema si sarebbe posto. Ma ora che la telenovela si è chiusa, la scommessa è fare una buona legge di bilancio per consolidare la ripresa. Abbiamo poco meno di un anno di tempo: dobbiamo impiegarlo senza perdere neanche un minuto, per stare fuori dal chiacchiericcio della politica politicante e dentro ai problemi reali. La questione demografica in Italia è più importante della legge elettorale, l’occupazione dello sbarramento. Siamo a 854 mila posti di lavoro creati dal 22 febbraio 2014; possiamo arrivare al milione». Guardi che siamo il Paese che cresce meno in Europa. «Non è così, come dimostrano gli ultimi dati Istat. E nel 2017 le cose miglioreranno grazie alle misure che abbiamo preso durante i mille giorni, da Industria 4.o agli investimenti. Certo, abbiamo margini di crescita decisamente superiori». I fondatori del Pd, Prodi e Veltroni, sono molto critici con lei. L’accordo con Berlusconi, dicono, sarebbe un disastro. «Ho visto Veltroni, ho sentito Prodi. Ho molto rispetto per le loro considerazioni. Non c’è dubbio che il Pd nasca a vocazione maggioritaria. Di per sé il maggioritario non garantisce la governabilità, come vediamo ora in Inghilterra; l’unica formula è il ballottaggio, contro cui erano in prima fila molti dei commentatori che si sono scagliati contro le larghe intese del tedesco. Ma aver equiparato un patto istituzionale a un patto di governo è stato un salto logico». Ma se tutti dicono che lei e Berlusconi siete già d’accordo. «Berlusconi si è speso moltissimo contro di me e contro il referendum, dopo aver contribuito a scrivere la riforma e averla votata nelle prime letture. Il governo con Berlusconi l’ha fatto Enrico Letta, non io». Comunque si voterà con il proporzionale. E lei avrà bisogno di alleati. Pisapia? «Alla Camera il premio al 4o% consente di tentare l`operazione maggioritaria, anche se non è facile. Con le forze alla sinistra del Pd siamo alleati in molti Comuni dove ora si vota. Pisapia ha fatto per cinque anni il sindaco di Milano con il contributo fondamentale del Pd. Noi ci siamo; vediamo che farà lui». ‘ Anche se c’è D’Alema? «D’Alema è uscito dal Pd contro di me; non credo adesso voglia fare coalizione. Comunque non dipende dalle persone ma dai contenuti: tagli all’Irpef, periferie, lotta alla povertà, Jobs Act. Non ho niente contro i fuoriusciti. Credo però che alcuni faranno fatica anche a tornare alle feste dell’Unità; perché la nostra gente ha vissuto come una ferita il fatto che se ne siano andati non sulla base di un’idea, come nella tradizione anche nobile della sinistra, ma sulla base di un atavico odio ad personam. Da ultimo mi sono sentito fare la morale perché non sostengo Gentiloni da gente che nel 2013 non l’avrebbe neanche candidato, e ora non gli vota la fiducia». Sarà un altro Parlamento composto da nominati. «Non è vero, i capilista bloccati sono cento su 63o. Dobbiamo scovare, valorizzare e candidare non soltanto i soliti noti, ma espressioni solide della società italiana. Quando si tratta di prendere voti con le preferenze, con le primarie, con i collegi, il Pd la sua parte la fa. Altri nei Comuni hanno preso da 9 a 47 preferenze: vada a vedere i risultati di Toninelli a Crema, di Di Maio a Pomigliano. E questi hanno immaginato di essere i grandi strateghi degli accordi elettorali?». Ci sarà il suo nome sul simbolo? «No, come non c’era alle Europee. Magari porta bene». Nel 2018 sarà lei il candidato premier? «A decidere il candidato sono i voti, non i veti. Al momento opportuno gli italiani decideranno. Noi intanto dobbiamo occupare lo spazio politico del buon senso, della ragionevolezza, contro gli urli e i populisti. È uno spazio che forse non vale il 51%; ma esiste. Una forza tranquilla». La tranquillità non pare la sua dote migliore. «A volte leggo di me sui giornali e non mi riconosco. Io non sono come mi raffigurate. Non sono accecato dall`ansia della rivincita. Vivo questa stagione con uno straordinario senso di gratitudine al Paese che mi ha permesso di fare il premier per mille giorni, nonché per gli italiani che mi hanno chiesto di guidare uno dei più grandi partiti europei». Aveva detto che avrebbe lasciato la politica. «Mi sono dimesso da Palazzo Chigi e dalla segreteria del Pd. Ma ho capito da tanti amici che non potevo dimettermi da cittadino. Nessuno è ripartito da zero come ho fatto io. Ma se sono qui è perché mi hanno votato centinaia di migliaia di persone». Perché ha mandato via Campo Dall’Orto dalla Rai? «Ma dai, io non c`entro nulla. Il cda ha bocciato il suo piano per l’informazione, con l’unico voto contrario del mio amico Guelfo Guelfi. Ad Antonio ho chiesto una cosa sola: togliere la pubblicità alla tv dei ragazzi, non decidere il conduttore di Ballarò». Allora perché i suoi uomini della comunicazione attaccavano la Rai ogni giorno? «Se si è dimesso, ci sarà stato qualcosa che non funzionava. Sono orgoglioso degli uomini che ho scelto per aiutarmi a guidare l’Italia: Descalzi, Del Fante, Starace, Cantone, Piacentini, Costamagna, Guerra, Mazzoncini. E adesso mi lasci dire buon lavoro a Orfeo». E suo padre? «Questa storia ha due aspetti. Il primo è umano: dopo aver letto sui giornali di suoi incontri segreti, ho dubitato di mio padre; e questo mi ha fatto male. Non me lo perdono. Perché la notizia era falsa». Ma suo padre non farebbe meglio a occuparsi dei nipoti? «E quello che vorrebbero anche i nipoti. Ma in uno Stato di diritto un cittadino non può leggere quello che abbiamo letto: “Datemi un pezzo di carta perché così arresto Tiziano Renzi”. Uno, perché gli arresti li fanno i giudici, non qualche ufficiale di polizia giudiziaria. Due, perché le prove vanno trovate, non fabbricate. Qui c’è l’aspetto politico: ho letto preoccupati commenti di esponenti delle istituzioni sul fatto che i quattro principali partiti si accordavano sul proporzionale; ma non ho sentito una voce per denunciare questi fatti di gravità inaudita. Non ho sentito nessuno darmi una risposta per sapere se è vero o no che un ufficiale giudiziario ha scientemente mentito, accusandomi di aver usato i Servizi segreti per fermare un`inchiesta. Io ho grande rispetto per i carabinieri e la magistratura; ma voglio sapere se qualcuno ha fabbricato prove false per arrestare il padre dell`allora presidente del Consiglio. Su questo andrò fino in fondo, senza arretrare di un centimetro. Extra costituzionale non era il patto sulla legge elettorale: fuori dalla Costituzione c’è questa roba qua. E io da cittadino voglio la verità». Da - http://www.partitodemocratico.it/primo-piano/renzi-giusto-provarci-cinque-stelle-inaffidabili/ Titolo: SILVIO BUZZANCA E apre a Pisapia. Ma lui: "Coalizione? Faccia le primarie" Inserito da: Arlecchino - Giugno 10, 2017, 11:20:31 am Renzi: "Non sono ottimista su nuovo accordo".
E apre a Pisapia. Ma lui: "Coalizione? Faccia le primarie" Legge elettorale, il segretario del Pd su Facebook. "Il fallimento è tutta colpa di Grillo. Ha tradito noi e i suoi elettori". Il leader di Campo Progressista: "Aperti al dialogo, no ad alleanze con il centrodestra" Di SILVIO BUZZANCA 09 giugno 2017 ROMA - Renzi e la mazzetta dei giornali. Renzi in diretta Facebook che commenta editoriali e notizie. Renzi che smentisce online i retroscena. "Non ho mai detto a Berlusconi che nono controllo i miei. È falso", dice. Come è falso che il piano B del segretario del Pd è ancora di andare alle urne presto usando le leggi di risulta delle sentenze della Consulta, aggiustate da una decreto legge del governo e con dimissioni del governo in carica. Infine il nuovo Renzi interessato al centrosinistra e al rapporto con quelli che stanno alla sua sinistra. Il segretario del Pd fa pensare ad un ripensamento della sua strategia quando commenta il voto britannico: "Corbyn adesso aprirà sicuramente un dibattito nella sinistra europea". La replica di Pisapia. L'offerta di Renzi però non riscalda troppi i cuori. "Se davvero vuole la coalizione di centrosinistra, faccia le primarie. Poi vediamo chi le vince", ha spiegato il fondatore del Campo progressista, Giuliano Pisapia, intervenendo alla festa di Radio Popolare. Per l'ex sindaco di Milano, le primarie sono l'unico modo per avere una coalizione "ampia e unita, che possa governare in futuro". "Dopo mesi in cui ci stiamo impegnando nella costruzione di un nuovo centrosinistra - ha affermato Pisapia - radicalmente innovativo, ampio e aperto, in cui siano rappresentate le tante anime dell'ambientalismo, della sinistra, del civismo, dell'associazionismo, del volontariato laico e cattolico, in discontinuità col passato, leggo di una proposta da parte del segretario del Pd quantomeno insolita. Per di più arrivata poche ore dopo il tentativo fallito della segreteria del Pd di far approvare, con coalizioni diverse, una legge elettorale che avrebbe portato all'ingovernabilità o a larghe intese con la destra". "Rimango sempre favorevole al dialogo - ha concluso - ma tenendo fermo il punto che qualsiasi alleanza con il centrodestra è contro i nostri valori, oltre che un inganno agli elettori". Rassegna stampa Pd. Durante la diretta Facebook, Renzi è passato poi alla legge elettorale: "Avanti tutta con il governo Gentiloni. Pieno sostegno a questo esecutivo, che in queste ore sta lavorando alle questioni del Paese. Su questo, non accettiamo provocazioni. Nessuno di noi vuole un decreto”, ha commentato sfogliando i giornali. Giornali pieni di cronache e interpretazioni del voto di ieri alla Camera. Renzi ha spiegato che "ieri c'è stato un fallimento davvero impressionante della proposta di legge elettorale condivisa dai cinque principali partiti, perché anche Sinistra italiana aveva concorso ad approvare questo testo. Visto l'appello del capo dello Stato - ha aggiunto - abbiamo deciso di fare di tutto per provare a fare un accordo sulla legge elettorale, perché accettare il proporzionale tedesco era per noi un sacrificio. Aver accettato quel punto di accordo è stato un fatto giusto, il Pd aveva il dovere di stare nell'accordo e abbiamo fatto bene". Renzi poi ha ricordato che c’era un sesto contraente del patto: la Svp, il partito della minoranza tedesca altoatesina, che sarà sempre difesa dal Pd. E ha puntato il dito contro i grillini: "Chi ha preso in giro gli italiani ha un nome e cognome: Beppe Grillo. E non v'è chi non veda quanto sia grave quel che è accaduto". "I Cinque Stelle - ha continuato il segretario Pd - sono stati inaffidabili come sulle unioni civili e su altre cose. Sono inaffidabili per definizione, hanno la stessa credibilità quando parlano di legge elettorale di quando parlano di vaccini e scie chimiche". Sul futuro della legge elettorale, Renzi ha ammesso di "non essere ottimista". "La legge elettorale c'è, ha bisogno - per qualcuno - di alcuni accorgimenti tecnici. Dobbiamo evitare il fallo di reazione. Se qualcuno arrivasse oggi a dire di fare una legge contro Grillo, sarei il primo a dire che non dobbiamo farlo. Grillo ha tradito il patto con i propri iscritti al blog. Ha tradito loro, non noi. Vedremo se ci saranno le condizioni di fare una nuova legge con tutti gli altri, ma su questo non sono ottimista". Infine Renzi si è occupato del caso Consip: "Vogliamo sapere se qualcuno ha deciso di fabbricare delle prove false contro colui che allora era il presidente del Consiglio, non importa chi fosse. Chi prova a fabbricare prove false contro altri deve risponderne". Lo show renziano su Facebook ha toccato tanti altri argomenti. Ma uno ha colpito in particolare: "Sono usciti i dati Istat: 854mila posti di lavoro in più. Sono convinto che si potrà arrivare a un milione. Qualcuno lo ha fatto come slogan, altri lo fanno con i fatti". Una stoccata a Berlusconi, che sulla legge elettorale vuole continuare a trattare e a provare. E che al momento sembra il suo migliore alleato. © Riproduzione riservata 09 giugno 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/06/09/news/renzi_nessun_decreto_sulla_legge_elettorale_falso_che_non_controllo_i_miei_-167648444/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1 Titolo: PAOLO GALLORI Renzi: "Non ho nostalgia dell'Unione. Centrosinistra? ... Inserito da: Arlecchino - Luglio 02, 2017, 04:57:43 pm Renzi: "Non ho nostalgia dell'Unione. Centrosinistra? Senza il Pd c'è solo la sconfitta"
Il segretario dem chiude la riunione dei circoli dem a Milano. "Si aspettavano che parlassi di coalizioni e legge elettorale. Pd è scrivere il futuro. Entro fine legislatura un milione di posti di lavoro. E fuori dal Pd non c'è la rivoluzione marxista-leninista, c'è il M5s" Di PAOLO GALLORI 01 luglio 2017 MILANO - "Si aspettano che io parli di coalizioni, legge elettorale. Noi invece siamo qui a parlare di tutt'altro". Matteo Renzi esordisce così, nel suo discorso di chiusura dell'incontro tra i circoli Pd dall'evocativo titolo "Italia 2020". Il futuro, il cui disegno è cifra politica di Matteo. In effetti, nel suo intervento non ci sarà spazio per coalizioni e legge elettorale. Ma, pur proteso sul domani e sul da farsi, il segretario dem non evita affatto di rispondere, tra un punto e l'altro, a molte delle obiezioni sollevate all'interno del partito e nella sua orbita dopo il pesante risultato delle ultime amministrative. Senza nominarli, Renzi risponde a Prodi sulla faticosa cucitura del centrosinistra, a Franceschini che chiede una discussione interna dopo un voto che testimonierebbe come qualcosa si sia rotto nel rapporto tra il Pd renziano e il Paese. L'unico a cui Matteo dedica una citazione è Walter Veltroni, ma solo per ricordare la primigenia intuizione di una forza politica che trovi la ragion d'essere dello stare insieme per qualcosa, non contro qualcuno. L'analisi di un voto delle amministrative, per Renzi, è solo il pretesto per mettere in discussione la sua leadership nel partito o per dare fiato al "nemico vicino" che parla di veti, quando è evidente che, per le sue dinamiche, da quel voto locale non può derivare una lettura nazionale. Conta invece il voto delle gente che alle primarie ha scelto lui, Matteo, per guidare il partito, e l'Italia, verso il futuro. E a chi, dalle sinistre ai movimenti, ragiona su un centrosinistra senza il Pd, ma il Pd di Matteo Renzi, il leader dem parla molto chiaramente: "Chi immagina un centrosinistra senza il Pd vince Nobel della fantasia". Un discorso, quello del segretario, pieno di "noi", esplicito richiamo al potentissimo Me, We di Muhammad Alì. Come a sottolineare che l'avvertimento di Don Ciotti, poco prima, dallo stesso palco, contro gli "abusivi e incantatori" della politica, che dicono "noi" ma continuano a pensare "io", non lo riguardi. "Noi - riprende Renzi, al Teatro Ciak di Milano - invece siamo qui a parlare di tutt'altro. Perché pensiamo che la politica sia una cosa seria. Vorrei proporvi un percorso che superi la nostalgia. Nostalgia, viene dal greco, che fa riferimento al tornare e al dolore. C'è un sacco di gente che sta riscrivendo il passato, invece dobbiamo scrivere il futuro. La nostalgia non può essere il paradigma della politica". Renzi: "La politica non può essere guidata dalla nostalgia" Il percorso dipinto da Renzi parte da "tre anni fa", quando "l'Italia era in fondo alle graduatorie, i media dicevano che avrebbe fatto la fine della Grecia. L'occupazione aveva il segno meno, come il Pil. I grafici ci vedevano agli ultimi posti tra i Paesi industrializzati. Expo sembrava una sfida impossibile. Investire sulla cultura sembrava impossibile. La parola d'ordine era austerità e fiscal compact. Questo tre anni fa, quando non io ma noi insieme abbiamo preso per mano questo Paese. Oggi il Pil cresce più delle previsioni del Fmi. L'occupazione ha il segno più. Da qui a fine legislatura potremmo arrivare al milione di posti di lavoro in più". Inevitabile, la battuta del segretario sull'assonanza tra una possibile realtà e il celebre slogan, rimasto tale, del Berlusconi che fu. "Pensionati - prosegue Matteo -, non credo che la legge Fornero sia tutta sbagliata. Partiva da un presupposto giusto, ma aveva degli scalini e scatti eccessivi. Tutti hanno fatto scioperi, il Pd invece ha scelto con forza di dare una straordinaria occasione a 30mila persone di andarsene con l'anticipo pensionistico. Ce ne saranno altre, ma intanto i pensionati avranno la 14ma. E lo abbiamo fatto noi, non altri che parlano di sinistra ma non l'hanno fatto quando al governo c'erano loro. E si sono messi soldi sula cultura. La parola in Europa ora è flessibilità e investimenti, non più austerità". "Voi non lo avete fatto...". Il secondo affondo di Matteo ai nostalgici arriva con il discorso sulle primarie. "Solo due mesi fa. Due milioni di persone che votassero non se li aspettava nessuno. Nemmeno io. C'era anche il ponte. Nel Pd chi comanda non è il segretario, è la gente. Io rispondo ai cittadini, non ai capicorrente. Si sono fatte le primarie perché sono un esercizio democratico. E quando la democrazia parla si fa quello che dice la gente. Qualcuno dice: tu, Matteo devi essere più inclusivo. Ma essere inclusivo non vuol dire che devo decidere le candidature dei prossimi mesi offrendone un tot a te e un tot all'altro. E' andare nei circoli. Dopo le primarie i sondaggi sono andati bene - sottolinea Renzi -. Troppo bene, allora è partita la discussione interna. Non è un problema, figurarsi, ho passato i premi mesi del 2017 a cercare di capire chi fabbricava prove false contro di me e la mia famiglia. Ma questa discussione è un attacco contro il Pd, che è l'unica barriera contro i populisti. E io difendo questa comunità di donne e uomini. Fuori dal Pd non c'è la rivoluzione marxista-leninista, c'è il M5s. Chi immagina di fare il centrosinistra senza il Pd vince il Nobel della fantasia". Renzi: "Fuori dal Pd non c'è la vittoria del centrosinistra ma solo la sconfitta" Ed ecco l'inevitabile passaggio sul risultato delle amministrative. "E' impossibile fare a livello nazionale un'analisi seria del voto, perché è sempre la stessa storia. A Padova ha vinto Giordani, il Pd è stato bravo ma hanno vinto le donne e le uomini che tre anni prima avevano perso. A Padova, nel 2014, avevamo preso 20mila voti alle amministrative e 45mila alle europee. A Palermo, come percentuale, il risultato è più o meno quello di Torino dello scorso anno. Ma a Torino abbiamo perso, perché la legge elettorale è diversa. Vogliamo stare ancora a discutere delle amministrative? Senza il Pd non avrebbe vinto Sala, né avrebbe vinto Pisapia, senza il Pd a sinistra non vince nessuno". Prodi e Veltroni, padri fondatori del Partito democratico che proprio sul voto delle amministrative hanno puntellato le loro "osservazioni", sono invece protagonisti in chiaroscuro dell'unica nostalgia di Matteo Renzi. Quella per "il Pd che guardava al futuro, non dei tavoloni dell'Unione dove tutti si parlavano addosso. Non del ministro che scendeva in piazza contro il suo presidente del Consiglio. Ho nostalgia dell'intuizione di Veltroni, quando immaginò che nel Pd si stesse insieme per qualcosa, non contro qualcuno". Quel "qualcosa", nel programma di rilancio renziano, è fatto di tre parole. "Lavoro casa mamme. Siamo il partito del lavoro, non dell'assistenzialismo - puntualizza Renzi -. Il reddito di inclusione lo facciamo noi, ma voglio che tu ci provi, studi, faccia fatica. Non hai diritto al sussidio, ma ha il diritto ad avere un'occasione. Io sono contento di essere al 34% di disoccupazione giovanile, ma solo perché penso da dove siamo partiti. C'è un'emergenza, l'Italia è divisa in due, Lombardia e Vento hanno ripreso a correre, il Sud, nonostante segnali positivi, è indietro". "I giornalisti non hanno pezzo, non si doveva parlare di Pisapia? - ragiona ad alta voce e ironicamente il segretario dem -. Bene, su queste cose sono disposto a discutere con chiunque, ma sul futuro dell'Italia non può fermarci nessuno". Investire in cultura, uno degli asset basilari della narrativa renziana, diventa la cartina di tornasole con cui Matteo svela la vacuità di tanto parlare. "Un Paese che non investe in cultura è finito. Giusto mettere il poliziotto di periferia, ma bisogna ricordare chi siamo e da dove veniamo. Sapete cosa vuol dire Boko Haram? L'istruzione occidentale è peccato. La cultura è peccato. Noi siamo l'opposto. E se non lo facciamo nelle nostre città dove lo faremo? Rimettiamoci in cammino senza andare dietro alle discussioni finte, che non servono più. Fuori c'è un Paese dove tanta gente non va a votare e a cui non frega niente di quale sarà il sistema elettorale. Quando il 24 settembre chiuderà a Imola la Festa dell'Unità, saliremo su un treno e andremo in tutte le province italiane. Tanti non sanno cosa ha fatto il governo del Pd, datemi una mano. Il treno avrà la carrozza social, lo spazio degli incontri. Orgogliosi di fare un pezzo di strada con persone della società civile che si oppongono alla società incivile. Perché una società che non vaccina i figli è incivile. Siamo nel tempo delle falsità, ma ci sono verità su alcune cose. Sul fatto che un vaccino serve a salvare una vita, che la prevenzione è fondamentale contro le droghe, che non ci sono le scie chimiche, che non ci sono gli allunaggi inventati e che nel Mediterraneo ci sono i migranti e non le sirene. E non rinunciamo allo Ius Soli, un principio sano: chi ha concluso da noi il ciclo di studi, ha il dovere, non il diritto, di essere considerato nostro cittadino". Alla guida del governo c'è Paolo Gentiloni, Renzi sui migranti parla da futuro premier. "C'è un'enorme problema con l'Europa, che ha perso il senso della propria vocazione. Ci hanno dato dei confusionari perché abbiamo battuto i pugni sul tavolo. In questo momento si ricordano Simone Veil ed Helmut Kohl. Dobbiamo distruggere un mondo di pregiudizi. Ha ragione Minniti quando dice che l'Europa non può far finta di niente sull'emergenza migranti. Dirò di più: a chi non rispetta le regole sui migranti, a quei Paesi che non accolgono la loro quota, noi smettiamo di mettere 20 miliardi nel bilancio europeo, soldi di cui si avvalgono proprio loro, e li mettiamo sulla gestione dei migranti. Quello che dovremo fare nella prossima legislatura sarà ancora di più, tutti insieme. E che l'Europa torni a Maastricht, a Lisbona e a Ventotene. Essere un buon europeo non vuol dire andare a prendere ordini". In conclusione di intervento, Renzi dedica un ultimo pensiero ai nostalgici. "Nel tempo della paura bisogna mettersi in gioco. Loro urleranno, si lamenteranno. Noi studieremo e costruiremo, senza rincorrere i veti degli altri. Vogliono fare la gara contro di noi? La facciano, noi non siamo contro nessuno. Ma gli italiani hanno diritto al lavoro, l'articolo 1 della Costituzione. Lavoro, non assistenzialismo, non reddito di cittadinanza. Lavoro, priorità numero uno e non solo nel Mezzogiorno. Ma l'Italia ha bisogno anche del sogno. In questi due mesi, dopo le primarie, si è voluto far credere che la politica sia solo sistemare le persone, discussioni tra addetti ai lavori su quello che si sarebbe fatto da grandi. Con il ritorno della nostalgia, tanti non si rendono conto che quello che serve è una visione, un orizzonte. Ci viene richiesto di fare un programma preciso che ci porti al 2020. Che ci sblocchi finalmente Bagnoli, ad esempio. Senza un sogno non si va da nessuna parte". © Riproduzione riservata 01 luglio 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/07/01/news/matteo_renzi_circoli_pd_italia_2020-169670511/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1 Titolo: MAURO FAVALE Renzi: "Polemiche favoriscono il centrodestra". Inserito da: Arlecchino - Luglio 02, 2017, 05:17:18 pm Renzi: "Polemiche favoriscono il centrodestra".
L'ira di Prodi: "Stare più lontano? Gia fatto L'analisi del segretario del Pd dopo i risultati dei ballottaggi: "Il dibattito sulla coalizione addormenta gli elettori e non serve". La replica del professore: "Sposterò la tenda più lontano senza difficoltà. Intanto l'ho messa nello zaino" Di MAURO FAVALE 27 giugno 2017 ROMA - La sconfitta del Pd ai ballottaggi è colpa anche delle "continue esasperanti polemiche nel centrosinistra" che, alla fine, "non fanno altro che agevolare il fronte avversario. È stato sempre così". L'analisi del voto di Matteo Renzi arriva nel corso di Ore 9, la rassegna stampa del segretario Dem in diretta su Facebook. Nella mezz'ora di lettura dei giornali, Renzi liquida anche la discussione sulla coalizione di centrosinistra, quella alla quale stanno lavorando in molti, dalla minoranza Dem a Romano Prodi e al suo tentativo di farsi da "collante" tra Pd, Mdp e Campo progressista: "Il dibattito sulla coalizione addormenta gli elettori e non serve - afferma Renzi - non è di per sé la coalizione che segna la vittoria. È il candidato, il leader, il territorio che segna la sconfitta o la vittoria ai ballottaggi. Le coalizioni non sono l'argomento su cui intrattenere gli italiani per i prossimi 12 mesi. Quello che interessa loro è cosa facciamo sulle tasse. Le coalizioni affascinano gli addetti ai lavori, il modo con cui si risolvono i problemi è il nostro campo di gioco". Ma Prodi ribatte, prontamente. "Leggo che il segretario del Partito democratico mi invita a spostare un po' più lontano la tenda. Lo farò senza difficoltà: la mia tenda è molto leggera. Intanto l'ho messa nello zaino", replica il professore in una nota. L'analisi di Renzi vuole chiudere il dibattito interno al Pd all'indomani del risultato dei ballottaggi che hanno registrato il balzo in avanti del centrodestra all'interno del quale, per altro, secondo l'ex premier, si muovono due tendenze contrastanti: "Un giorno stanno con la Merkel e un giorno contro di lei con Afd. Quale centrodestra ha vinto, quello del Partito popolare europeo o del partito populista europeo?", si chiede il segretario del Pd. C'è spazio anche per un commento all'intervista a Walter Veltroni pubblicata oggi da Repubblica: "Ha ragione Veltroni, non presentarsi contro ma per, è tema che giudico fondamentale", ricorda il segretario. Che aggiunge: "La discussione su cos'è la sinistra e come si vince o si perde non può essere staccata dalla realtà. È di sinistra fare i convegni sugli esodati o fare l'anticipo della pensione? Chi combatte il precariato: chi fa dotte analisi o chi concretamente permette di aumentare i contratti di lavoro a tempo indeterminato? Si vincono o si perdono le elezioni sui risultati ottenuti e sulle idee concrete e i progetti per il futuro. Su questo siamo più forti di tutti, non abbiamo da inseguire le scie chimiche - sottolinea - la nostra grande opportunità è discutere di idee. Trovatemene uno interessato alle coalizioni e gli diamo un premio fedeltà". Poi torna sul governo e sul decreto sul salvataggio delle banche venete: "La posizione del governo l'ha espressa molto chiaramente Gentiloni: una scelta legittima e doverosa. La penso come lui, è legittima e doverosa nella situazione in cui si era, spero che i nostri parlamentari europei siano in grado di fare una grande battaglia perché i criteri molto selettivi delle banche venete siano applicate agli istituti di altri Paesi del Nord come quelli tedeschi". Infine, rivendica la battaglia sullo Ius soli: "Non si può cambiare idea per un sondaggio che dice che gli italiani sono meno favorevoli, tendenza che non è legata all'insicurezza sugli attentati. Non rinuncio a un'idea per un sondaggio, come non abbiamo rinunciato alla battaglia sui diritti civili, sul jobs act, sull'expo. Noi siamo capaci di prenderci le nostre responsabilità". © Riproduzione riservata 27 giugno 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/06/27/news/renzi_le_polemiche_nel_centrosinistra_fanno_vincere_il_centrodestra_-169241668/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1 Titolo: MATTEO RENZI Un patto con l’Europa per poter abbassare le tasse Inserito da: Arlecchino - Luglio 10, 2017, 01:43:24 pm Focus
Matteo Renzi @matteorenzi · 9 luglio 2017 Un patto con l’Europa per poter abbassare le tasse Tornare a Maastricht. Per la mia generazione questa cittadina olandese dal nome difficilmente pronunciabile era sinonimo di austerità. Stare dentro i parametri di Maastricht sembrava un’impresa quasi impossibile, al punto che quando l’Italia raggiunse quel traguardo per molti fu festa grande. Oggi Maastricht – paradossalmente – ha cambiato significato. L’avvento scriteriato del Fiscal compact nel 2012 fa del ritorno agli obiettivi di Maastricht (deficit al 3% per avere una crescita intorno al 2%) una sorta di manifesto progressista. Noi pensiamo che l’Italia debba porre il veto all’introduzione del Fiscal compact nei trattati e stabilire un percorso a lungo termine. Un accordo forte con le istituzioni europee, rinegoziato ogni cinque anni e non ogni cinque mesi. Un accordo in cui l’Italia si impegna a ridurre il rapporto debito/Pil tramite sia una crescita più forte, sia un’operazione sul patrimonio che la Cassa depositi e prestiti e il ministero dell’Economia e delle Finanze hanno già studiato, sebbene debba essere perfezionata; essa potrà essere proposta all’Unione europea solo con un accordo di legislatura e in cambio del via libera al ritorno per almeno cinque anni ai criteri di Maastricht con il deficit al 2,9%. Ciò permetterà al nostro paese di avere a disposizione una cifra di almeno 30 miliardi di euro per i prossimi cinque anni per ridurre la pressione fiscale e rimodellare le strategie di crescita. La mia proposta è semplice: questo spazio fiscale va utilizzato tutto, e soltanto per la riduzione delle tasse, per continuare l’operazione strutturale iniziata nei mille giorni. A chi legittimamente domanda: “E perché, se ne sei così convinto, non lo hai fatto prima?” rispondo semplicemente: “Perché non ce lo potevamo permettere”. Quando siamo arrivati, la parola d’ordine per l’Italia era reputazione. Mostrarci capaci di fare le riforme. Il Jobs Act, il decreto sulle popolari, l’abbassamento delle tasse, la spending review, l’Expo, il rinnovamento anche generazionale hanno mostrato che l’Italia è in grado di farcela. Ma non basta, adesso. La prossima legislatura, qualunque sia il giorno in cui comincerà, dovrà mettere sul tavolo uno scambio chiaro in Europa: noi abbassiamo il debito, ma la strada maestra per farlo è la crescita. Quindi abbiamo bisogno di abbassare le tasse. Punto. Questo obiettivo – che porterà il deficit italiano a essere comunque più basso di quello di Francia e Spagna e vedrà un’inversione strutturale della curva debito/Pil – sarà la base della proposta politica del Pd per le prossime elezioni. Ma è soprattutto un obiettivo ampiamente condiviso dai principali soggetti privati che operano sui mercati internazionali e intorno al quale c’è un consenso diffuso: senza una grande scommessa sulla crescita, l’Italia non ripartirà mai. Per farlo occorre una visione di medio periodo, non limitata al giorno dopo giorno. Quando la prossima legislatura entrerà nel vivo dovremo uscire dallo stillicidio della trattativa mensile con Bruxelles e proporre al mondo finanziario ed economico un piano industriale degno di un paese solido e credibile. Noi siamo pronti, anche nei dettagli. Aspettiamo solo le elezioni, adesso. Perché una sfida così grande ha bisogno di un governo di legislatura per negoziare un accordo duraturo a Bruxelles. Ma aspettiamo soprattutto che l’Europa torni a fare l’Europa. Torni a Ventotene, negli ideali; a Lisbona, nella strategia; a Maastricht, nella crescita. Non è un tour, non è un viaggio: è, più semplicemente, l’ultima possibilità che abbiamo. Da - http://www.unita.tv/focus/un-patto-con-leuropa-per-poter-abbassare-le-tasse/ Titolo: Guido Gentili. Italia-Europa, il grande strappo di Renzi Inserito da: Arlecchino - Luglio 10, 2017, 01:53:43 pm L’EDITORIALE
Italia-Europa, il grande strappo di Renzi –di Guido Gentili @guidogentili1 09 luglio 2017 Era in gestazione da tempo, dall'autunno del 2016 e ben prima della bocciatura sul referendum costituzionale che lo portò a lasciare la guida del Governo tre anni dopo la fulminante vittoria alle elezioni europee nel 2014. E oggi l’ex premier Matteo Renzi, di nuovo leader di un Pd attraversato al suo interno da forti tensioni politiche sul tema delle alleanze, presenta il suo strappo. Quello più grande che investe il rapporto tra Italia e Europa. Nero su bianco, in un capitolo del suo libro (“Avanti”) Renzi apre un fronte che sarà oggetto di discussioni e valutazioni nazionali e internazionali. “Sarà questo – scrive - il primo banco di prova del governo della prossima legislatura, chiunque lo guiderà”. Renzi vuole contrattare condizioni migliori per l’Italia e in cambio dell’impegno a ridurre il debito pubblico chiede un uso più flessibile del deficit. Cinque anni con il deficit in rapporto al Pil al 2,9%, appena sotto la fatidica soglia del 3%, in modo da disporre di 30 miliardi per il prossimo lustro da destinare esclusivamente alla riduzione della pressione fiscale in chiave pro-crescita che a sua volta è l’unica possibilità per tagliare il debito. Sulla carta, lo scambio perfetto. Ma siamo già in campagna elettorale e, in attesa di chiarimenti sulla reale possibilità di scalare la montagna del debito, l’eco della propaganda si sente. Per almeno tre volte. 1) L’Italia che “alza la voce” contro gli euro-burocrati è uno slogan, e anche logoro. 2) Lo stare per anni con uno 0,1% sotto l’invalicabile 3% sa di un anche troppo sottile e astuto rispetto delle regole. 3) L’avvento, definito “scriteriato”, del Fiscal Compact (Renzi prospetta il veto alla sua introduzione nei Trattati europei) dovrà pure fare i conti con il fatto che il principio del pareggio di bilancio è stato inserito nel 2012 nella nostra Costituzione. Tuttavia, lo strappo del leader del partito azionista di riferimento del Governo Gentiloni è un atto politico forte, comunque lo si giudichi. È evidente che di fatto finirà per pesare anche sull’attività del Governo in vista della legge di bilancio 2018. È un fatto che sarà all’attenzione della Commissione Ue con la quale l’Italia deve discutere la sua politica economica. È altrettanto un fatto che il senso della proposta e la netta critica di Renzi al centro-sinistra (“per cacciare Berlusconi ha fatto leva anche sull’Europa, permettendole di entrare in casa nostra”) prefigurano l’opzione per un possibile accordo di governo col centro-destra a trazione berlusconiana. Renzi definisce il suo un “manifesto progressista”. Vedremo come sarà giudicato sotto questo profilo. Di sicuro è un’altra fortissima scommessa, personale e politica. © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-07-08/italia-europa-grande-strappo-renzi--225344.shtml?uuid=AE2M9RuB Titolo: MATTEO RENZI Personale, per una volta una enews personale, si chiama "Avanti". Inserito da: Arlecchino - Luglio 11, 2017, 09:37:49 am Lunedì 10 luglio 2017
Personale, per una volta una enews personale. Non resoconti sui numeri dell'Istat o condivisione di traguardi da raggiungere. Ma una semplice chiacchierata informale, tra amici. In questi mesi ho lavorato molto per scrivere un libro. Uscirà tra mercoledì e giovedì in tutta Italia, si chiama "Avanti". Spero ne sia valsa la pena, me lo direte voi se e quando lo leggerete. L'email la conoscete: matteo@matteorenzi.it Le prime anticipazioni già dimostrano che farà discutere. Perché ci sono diverse idee per il futuro del nostro Paese: raddoppiare i fondi per le periferie, ad esempio. O l'assegno universale per i figli perché la questione demografica sia affrontata anche sotto il profilo fiscale. O cambiare completamente l'approccio sul fisco (qui Il Foglio oggi anticipa un capitolo interessante di Avanti). Per non parlare dell'immigrazione o della proposta di ritornare a Maastricht su cui ieri ha aperto il Sole 24 Ore e di cui trovate eco nel numero 9 di Democratica che potete scaricare da qui Mi piace che si discuta delle idee. Anche perché altrimenti le polemiche sono tutte banali e stropicciate sulle coalizioni, sulle candidature, sul futuro degli addetti ai lavori. Queste cose lasciamole fare ad altri. Noi preoccupiamoci dell'Italia, noi occupiamoci dell'Italia. E se dunque abbiamo da offrire risultati e proporre idee, bene: facciamolo. Ascoltando gli altri, partendo dal presupposto che il loro contributo ci renda migliori. Ma senza rinunciare a una proposta: perché stare insieme nasce dal condividere idee, non dall'essere contro qualcuno. E questo è stato il più grande limite che talvolta ha caratterizzato la sinistra del passato: essere contro qualcuno, più che per qualcosa. Ma il libro "Avanti" è qualcosa di profondamente diverso. Le idee ci sono. Gli aneddoti pure. Il patto del Nazareno e Berlusconi, lo Stai Sereno e Letta, le Banche e i veri scandali del mondo del credito. Gli appassionati di gossip politico andranno a nozze. Me li immagino a misurare gli aggettivi. Ma il punto vero è umano, personale. Vorrei parlare di questo con voi che siete da anni i compagni di viaggio di questa avventura straordinaria. Che mi sopportate ogni settimana. E che mi riempite di suggestioni e proposte. Scrivere serve, sempre. Fissa su carta ciò che il cuore non riesce fino in fondo a scandagliare. Personalmente ho vissuto un periodo delicato e bellissimo. La cosa che ancora oggi fatico a comprendere non è la sconfitta al referendum o la pubblicazione di intercettazioni personali, non è la scissione o la polemica post-primarie quando uno sperava di poter finalmente parlare di politica anziché di polemica. La cosa che proprio fatico a digerire è la possibilità che pezzi delle istituzioni abbiano fabbricato prove false contro l'allora Presidente del Consiglio. Perché questa vicenda - su cui continuiamo a chiedere verità e giustizia - continua a sembrarmi enorme per la credibilità delle istituzioni. Scrivere, in un periodo come questo, mi ha permesso allora di mettere in fila le cose. Mi ha permesso di rispondere a commenti un po' superficiali di chi magari non ha seguito il tuo ragionamento ma ti giudica senza appello, come è accaduto per la frase sui migranti quando io ho detto - e ribadisco - che dobbiamo davvero aiutarli a casa loro. Davvero. Con la cooperazione internazionale, in primis. Con gli aiuti allo sviluppo. Con la prima legge in Europa sui minori migranti. Con l'investimento in cultura importante quanto l'investimento in sicurezza. E voglio vedere se c'è una persona di buon senso che possa contestare questo davvero. Lo dice anche Salvini? Vero. Ma la Lega i soldi per la cooperazione internazionale li ha tagliati. Il PD in Africa ha mandato il Presidente del Consiglio, non i diamanti in Tanzania, come ha fatto qualche camicia verde. E se qualcuno avesse ancora dubbi può guardare questa intervista di ieri al Tg2. Quando qualcuno indica la luna, guardare il dito non aiuta. Da tempo ogni mia/nostra parola viene vivisezionata in profondità cercando le contraddizioni, i limiti, gli errori. Tutto naturale, fa parte delle regole del gioco. Però ti viene voglia di reagire. Non urlando, ma sussurrando quello che realmente sei. Nel libro - questo è ciò che volevo condividere - c'è anche e soprattutto la piccola storia di una persona, la grande storia di un popolo, che semplicemente crede nella politica. È un libro umano, tutto qui. C'è un'anima rinchiusa, non solo un'idea o un retroscena. Ecco allora che nel libro troverete i miei dubbi, le mie incertezze, le mie cicatrici. Non solo le mie idee, le mie battute, le mie rivendicazioni. Troverete il momento in cui faccio fatica, umana fatica, a fare gli scatoloni. E troverete i commenti della mia famiglia. Troverete i miei errori, perché solo chi non fa nulla non sbaglia mai. Ma troverete anche l'incredibile serie di risultati ottenuti, un'altra storia rispetto a quella raccontata quotidianamente dal pensiero unico dei commentatori e degli oppositori. E mentre il mondo fuori passa il tempo a provare a farmi cambiare carattere, noi proviamo a cambiare l'Italia. Che, con tutto il rispetto per il mio carattere, è decisamente più importante. Troverete anche laggiù, in lontananza ma più vicino di quello che pensiamo, il futuro che vogliamo costruire, non solo aspettare. Dipende da noi, da ciascuno di noi. E più persone saremo in grado di coinvolgere, più sarà bello andare avanti, insieme. L'ho scritto io, questo libro. Può sembrare un'aggravante, forse lo è. Ecco perché ci ho messo così tanto. Lo ribadisco per sottolineare che non è un'operazione commerciale per far discutere la gente nella stagione delle prossime Feste dell'Unità. È un modo per mettersi a nudo davanti alla propria gente. Tutto sommato se io sono ancora in cammino è perché ho incontrato gente più tenace e più ostinata di me che mi ha dato una scossa e mi ha detto, con il voto democratico di qualche milione di italiani, "Torna al tuo posto e lavora". Non si è mai soli in politica. Mai. C'è un popolo che cammina con te anche quando gli addetti ai lavori non se ne accorgono. Questo libro - dedicato esplicitamente a chi mi ha permesso di non mollare - è un libro che mi piacerebbe fosse recensito, criticato, discusso insieme a voi. C'è la ricostruzione di una parte del passato, c'è la visione di una parte del futuro. Ma ci sono io e ci siete voi. Ci siamo noi, insomma. Ecco perché vi dico, prima di tutto, grazie. Un sorriso, Matteo blog.matteorenzi.it matteo@matteorenzi.it Da - Enews 482 Titolo: Il nuovo libro di Renzi: “Quanti errori sulla Libia. In Italia ancora nessuno... Inserito da: Arlecchino - Luglio 11, 2017, 09:59:50 am Il nuovo libro di Renzi: “Quanti errori sulla Libia. In Italia ancora nessuno ha fatto vera autocritica”
Pubblicato il 09/07/2017 Ultima modifica il 09/07/2017 alle ore 11:41 MATTEO RENZI Durante il G7 di Ise-Shima in Giappone del maggio 2016 apriamo i lavori con una cerimonia scintoista molto suggestiva. Nel silenzio della visita mi astraggo mentalmente per un momento dal rigido protocollo nipponico per ripassare tutti i particolari del G7 successivo, quello che abbiamo deciso di portare a Taormina contro tutto e contro tutti. Un autorevole leader internazionale due anni prima mi ha fatto una battutaccia sulla mafia e la Sicilia. E la mia reazione era stata secca: “Pensate questo del mio paese? Bene. Allora anziché a Firenze il G7 lo facciamo in Sicilia”». (...) La Casa Bianca Proprio alla fine della cerimonia scintoista, mentre ci avviciniamo in un’altra area sacra per piantare degli alberi, mi si accosta Obama. “Ho un’idea per te.” “Per me?” “Sì. Mi piacerebbe che l’Italia fosse l’ospite della mia ultima cena di stato alla Casa Bianca. Ci tengo molto, e ++vorrei organizzare una grande visita, magari tra settembre e ottobre.” Camminata finita. Io, ovviamente, entusiasta. “Non dire nulla, annunciamo tutto più in là. Ma se sei d’accordo, affare fatto: chiudiamo in bellezza, chiudiamo con l’Italia.” È un piccolo gesto, ma un grande riconoscimento. Tornato in Italia, rifletto sull’invito di Obama. Mi rendo conto che non è un omaggio al governo, ma al nostro paese. Così decido di non dare al viaggio un tono troppo istituzionale, spiegando a tutti i ministri cortesemente invitati dai loro interlocutori che possono restare a casa: niente di personale, ma non porto in gita il governo. Con me verrà solo il ministro degli Esteri, Gentiloni. Gli altri resteranno qui a lavorare. Mi dedico quindi a comporre una delegazione rappresentativa del nostro paese, e parto dalle donne. (...) Benigni e il “dittatore” Tornando alla delegazione, naturalmente siamo onorati della presenza delle grandi icone. Giorgio Armani è l’ospite d’eccellenza per la moda, e non potrebbe essere diversamente. John e Lavinia Elkann, che rappresentano l’azienda italiana che ha salvato un pezzo dell’industria automobilistica americana con l’operazione Fiat-Chrysler, siedono giustamente al tavolo d’onore. E poi c’è il mondo del cinema, con Nicoletta Braschi, Roberto Benigni e Paolo Sorrentino. Che danno vita a un siparietto che purtroppo noi ci perdiamo e che nessuno – ahimè – ha filmato. Chi lo ha visto racconta sia degno di Amici miei, con Sorrentino che cerca di fumare nel giardino della Casa Bianca, forse il luogo più antitabagista del pianeta sotto la presidenza Obama, spalleggiato da Benigni nel dialogo con la sicurezza americana. In compenso, appena rientrato dentro la Casa Bianca e portato alla stretta di mano col presidente, Benigni parte: “Stai attento, Barack, che questo che hai accanto,” dice indicandomi con sguardo truce e portando la mano all’orecchio del presidente, “è un pericolosissimo dittatore. Lo sappiamo tutti in Italia. Facciamo anche un referendum per questo. Ricordatelo: è un dittatore”». (...). Obama preoccupato Dell’ultimo incontro alla Casa Bianca non porto con me solo la gioia per un ritrovato prestigio internazionale dell’Italia o per la cerimonia ufficiale, durante la quale riconosco a Obama che la storia sarà generosa con lui perché lui ha provato a cambiarla. Porto con me anche alcune conversazioni strategiche. La grande preoccupazione per l’Europa del presidente americano uscente: “Paradossalmente, siete voi europei in questo momento la frontiera più inquieta,” mi dice. Ed è vero. Obama capisce ciò che i leader riluttanti fingono di non vedere, e cioè che il progetto europeo ha bisogno di nuova linfa, altrimenti rischia di finire su un binario morto. E soprattutto rischia di diventare facile preda dei populisti e dei sovranisti. L’unico modo per rispondere all’offensiva non è difendere lo status quo, ma rilanciare l’ideale europeo. Obama lo ha chiaro, chiarissimo. Molto più chiaro di tanti leader continentali, compressi da una visione burocratica. (...). Il referendum Mentre Obama mi parla, pregusto il momento in cui anche l’Italia finalmente avrà un sistema semplice. Basta un Sì al referendum, mi dico. Purtroppo è un Sì che non arriverà mai, e la speranza di conoscere anche in Italia la sera stessa delle elezioni chi governerà il paese andrà a infrangersi contro il risultato negativo del referendum costituzionale. Nei mesi dopo l’esito della consultazione del 4 dicembre in tanti si sono lamentati del rischio palude, dei difetti del proporzionale, della mancata possibilità di avere governi stabili. Ma piangere sul latte versato non serve, non basta. La Consulta Il destino è non meno beffardo con il presidente Obama. Perché il passaggio di consegne sarà, sì, ordinato. La telefonata di concessione sarà, sì, effettuata con tutti i crismi. Ma il vincitore sarà Donald Trump, non Hillary Clinton. Nessun errore nei sondaggi: il voto popolare vedrà prevalere la candidata democratica per quasi tre milioni di voti. Ma il voto dei delegati dà un altro responso, facendo passare il voto popolare in secondo piano: sarebbe curioso conoscere la tesi della nostra Corte costituzionale in proposito, vista la giurisprudenza sulle leggi elettorali maturata negli ultimi anni. (...). Obama e il clima Personalmente, considero straordinariamente positivi i risultati dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015, e ho visto con i miei occhi la tenacia di Obama nei confronti di cinesi e indiani, in primis, anche negli ultimi incontri con il primo ministro Narendra Modi direttamente a Parigi. Siglare all’Onu l’accordo sul clima è stata una delle emozioni più grandi della mia esperienza al governo. (...). Sicuramente controverso il giudizio sul Mediterraneo del Sud, il Nord Africa. Dall’Egitto alla Libia, molte sono le questioni rimaste aperte. Ma Obama ha avuto il coraggio di ammettere – da presidente ancora in carica, in un’intervista a “The Atlantic”, ed è stata una prima volta – di aver sbagliato in Libia. Libia, le colpe italiane L’intervento in Libia si è rivelato un dramma totale. Del quale dovrebbero scusarsi in tanti, a cominciare da Cameron e Sarkozy. Le foto dei due leader accerchiati dalla popolazione festante di Bengasi hanno avuto grande risonanza mediatica nei loro paesi, ma non hanno certo aiutato la composizione di un puzzle tribale difficilissimo. Forse anche in Italia è mancato un giudizio critico, e autocritico, sull'atteggiamento del paese e del governo in quel delicato passaggio. Nessuno tra gli autorevolissimi protagonisti istituzionali di quella scelta – a differenza di Obama – ha mai avvertito l’esigenza di una sana autocritica. Stiamo ancora pagando le conseguenze di quella scelta del 2011 in termini di ridimensionamento del nostro ruolo nel Mediterraneo, ma soprattutto di afflusso impressionante di migranti. Migranti che, complice un sistema statuale indebolito, arrivano in Libia da mezzo mondo e da Sabrata tentano l’approdo nel nostro paese, attraversando quel Mediterraneo che è frontiera ma anche collegamento tra Europa e Africa. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/07/09/italia/cronache/quanti-errori-sulla-libia-in-italia-ancora-nessuno-ha-fatto-vera-autocritica-cAYQt8UquqgE1nq29Qk9hO/pagina.html Titolo: MATTEO RENZI LO STRAPPO DEL LEADER PD Inserito da: Arlecchino - Luglio 11, 2017, 10:06:50 am LO STRAPPO DEL LEADER PD
La sfida di Renzi alla Ue: deficit al 2,9% per cinque anni di Matteo Renzi 09 luglio 2017 Dal 2018 l’Europa discuterà di come spendere i soldi del periodo 2020-2026. Noi ogni anno mettiamo sul tavolo più o meno 20 miliardi di euro e ne riprendiamo 12. Il saldo netto è dunque negativo. Bene, giusto così. Nessuna piccola polemica provinciale: siamo un grande paese, è giusto aiutare chi è in difficoltà. Si chiama solidarietà. La solidarietà però non si ferma alle questioni economiche L’ANALISI Italia-Europa, il grande strappo di Renzi Se, davanti alla crisi migratoria, i paesi dell'Est – che beneficiano dei contributi nostri e degli altri paesi – non collaborano, non devono poi stupirsi se i criteri di bilancio cambiano. La solidarietà non sta solo nel prendere, ma anche nel dare. In mancanza di un diverso atteggiamento da parte loro sull’immigrazione, dovrà cambiare il nostro atteggiamento sui denari. Qualcuno lo chiama ricatto politico, io lo chiamo principio etico. E, quando tratterà questo punto, il prossimo governo dovrà farsi valere con determinazione e senza incertezze. Su questo punto forse sono un inguaribile romantico ma mi piacerebbe che tutte le forze politiche italiane, nessuna esclusa, per una volta remassero nella stessa direzione. L’Italia chiede all’Europa di assumere la regola “un euro in cultura, un euro in sicurezza”. L’Italia chiede all’Europa di rispettare le disposizioni sul surplus commerciale che sono oggi totalmente disattese dalla Germania, creando un danno all’intero continente. Io ho combattuto contro una visione anti-italiana in Europa. Una visione fatta di pregiudizi più che di giudizi. La visione per la quale un semisconosciuto ministro olandese, per caso presidente dell’Eurogruppo, può dire che i paesi del Sud spendono i soldi per donne e alcol. Una considerazione che, prima ancora di essere sessista e razzista, è stupida. Il presidente della Commissione Barroso ha detto di aver salvato l’Italia in più di una circostanza. Non ho mai apprezzato molto lo stile di Barroso. Quando è stato assunto con superstipendio da Goldman Sachs, mi ha colpito l’attacco durissimo che gli ha rivolto François Hollande. Io ne sono rimasto fuori: più che di Barroso – che ha fatto benissimo ad accettare, dal suo punto di vista – l’errore è stato di Goldman Sachs. È proprio vero che non ci sono più le banche d’affari di una volta. Non accetto che l’Italia sia trattata come una studentessa indisciplinata da rimettere in riga. È un atteggiamento che fa male all’Europa, che, da speranza politica, diventa guardiana antipatica. E il mio paese non lo merita. Non sopporto nemmeno il provincialismo italiano, per cui una cosa diviene importante solo se rilanciata da un oscuro terzo portavoce del vicecommissario a Bruxelles. Su questo la nostra stampa si muove in modo provinciale. In Francia nessuno dedica così tanto spazio agli euroburocrati. Un po’ è colpa anche del centrosinistra – diciamo la verità –, che per cacciare Berlusconi ha fatto leva anche sull’Europa, permettendole di entrare in casa nostra. Negli altri paesi non accade così. Ma non è solo un problema legato a Berlusconi. Per anni una parte delle élite di questo paese ha considerato l’Europa come lo strumento per attuare in Italia riforme altrimenti irrealizzabili. Ci sono stati premier che sono andati in Europa come noi andavamo a scuola: con la giustificazione in mano. E poi tornavano a casa dicendo: “Ce lo chiede l’Europa”. Perché erano convinti che facendo così avrebbero “fatto capire” al popolo italiano le cose da fare. Quella stagione ha forse migliorato i conti pubblici ma ha disintegrato l’idea di Europa che i padri fondatori ci avevano consegnato. Bene, quella stagione l'abbiamo messa in soffitta, spero per sempre. Adesso non è l’Europa che chiede all’Italia di cambiare, ma l’Italia che chiede all’Europa di tornare se stessa. Di riabbracciare quei valori che l’hanno fatta grande. Di recuperare la dimensione della sfida. Chi ci sta, ci sta. Politica fiscale comune, sicurezza e politica estera unitaria, elezione diretta del governo europeo. Questo serve per fare ripartire di slancio l’Europa. È un orizzonte impegnativo. Ma è il nostro orizzonte. L’Europa deve tornare a scaldare i cuori. Ma per farlo non ci saranno nuove regole, nuovi trattati. È inutile negarlo: per come stanno le cose nei ventisette paesi, è quasi impossibile scrivere nuove regole che siano universalmente accettate. A questo si somma il fatto che in molti paesi occorrerebbe un referendum di ratifica difficilissimo da vincere: gli ultimi esempi di referendum non sono stati incoraggianti, e noi ne sappiamo qualcosa, ma – pure su quesiti diversificati – dall’Olanda alla Francia fino a Regno Unito e Italia la classe dirigente ha sempre perso le sfide referendarie. L’unica eccezione, peraltro di misura, è la Turchia di Erdogan del 2017, ma è un esempio che fa storia a sé per decine di motivi e che sinceramente è fuori, in tutti i sensi, dalla cultura politica europea. La nostra proposta, allora, è che per tornare credibile l’Europa torni simbolicamente in tre luoghi fisici: a Ventotene per quel che riguarda gli ideali; a Lisbona per la strategia; a Maastricht per la direzione economica. A Ventotene perché quell’utopia, lanciata da personaggi che sembravano sconfitti e mandati al confino, ha superato ogni frontiera spaziale e temporale. Ed è viva, più che mai. Non siamo ancora agli Stati Uniti d’Europa, lo sappiamo. E probabilmente non ci arriveremo mai. Ma tornare all’Europa di Ventotene significa non limitarsi a fare delle istituzioni europee un condominio di buone pratiche in cui discutere di aspetti marginali. Significa riportare al centro della discussione la politica e non soltanto la tecnocrazia. E, simbolicamente, noi abbiamo offerto il progetto italiano per la creazione di una scuola europea che ospiti giovani del nostro continente e del Mediterraneo. Un progetto che coinvolga il vecchio carcere dell'Isola di Santo Stefano, diroccato e abbandonato, su cui il governo dei mille giorni ha investito 80 milioni di euro insieme alla Regione Lazio. E che faccia di quest’isola il centro della riflessione ideale e culturale dell’intero Mediterraneo. L’Europa deve ritornare a Lisbona per ciò che attiene alla strategia e puntare a recuperare quel disegno proposto all’inizio del millennio e mai attuato: volevamo allora fare del nostro continente il luogo più avanzato nei settori della conoscenza e dell’innovazione. Le vicende di questi anni dimostrano che così non è stato. Dalla Silicon Valley al Sudest asiatico, molte altre regioni del mondo sono più competitive di noi in questo settore. Ma qui si gioca il futuro, e non possiamo lasciarlo solo agli altri. E sicuramente vale la pena prendere in considerazione la necessità di uno sforzo maggiore sull’alfabetizzazione digitale. L’Europa dovrebbe a mio giudizio farsi portatrice di una iniziativa coraggiosa che dia a tutti la capacità di essere protagonisti e non solo consumatori passivi del mondo nel quale stiamo entrando. Si tratta di effettuare una gigantesca campagna di alfabetizzazione digitale che, partendo dalle scuole dell’infanzia, introduca il coding tra le materie insegnate in tutte le scuole europee e permetta al nostro continente di cogliere fino in fondo le opportunità offerte dalla quarta rivoluzione industriale. La società della conoscenza, della ricerca, dell’innovazione segna oggi in modo profondo il futuro anche economico delle nazioni. Le classifiche americane sulla ricchezza vedono sempre di più nelle prime posizioni realtà che hanno scommesso sull’innovazione, e lo stesso Prodotto interno lordo americano è costituito quasi per il 50% da attività nate, sviluppate e cresciute nell’ultimo quarto di secolo. Se a questo si aggiunge – come vedremo nel prossimo capitolo – che una sfida chiave per l’Italia e per l’Europa è quella culturale nel rapporto tra identità e sicurezza, ci rendiamo conto che tornare a Lisbona 2000 significa tornare a fare dell’Europa il luogo dove la globalizzazione può diventare gentile e civile. Infine, tornare a Maastricht. Per la mia generazione questa cittadina olandese dal nome difficilmente pronunciabile era sinonimo di austerità. Stare dentro i parametri di Maastricht sembrava un’impresa quasi impossibile, al punto che quando l’Italia raggiunse quel traguardo per molti fu festa grande. Oggi Maastricht – paradossalmente – ha cambiato significato. L’avvento scriteriato del Fiscal compact nel 2012 fa del ritorno agli obiettivi di Maastricht (deficit al 3% per avere una crescita intorno al 2%) una sorta di manifesto progressista. Noi pensiamo che l’Italia debba porre il veto all’introduzione del Fiscal compact nei trattati e stabilire un percorso a lungo termine. Un accordo forte con le istituzioni europee, rinegoziato ogni cinque anni e non ogni cinque mesi. Un accordo in cui l’Italia si impegna a ridurre il rapporto debito/Pil tramite sia una crescita più forte, sia un’operazione sul patrimonio che la Cassa depositi e prestiti e il ministero dell’Economia e delle Finanze hanno già studiato, sebbene debba essere perfezionata; essa potrà essere proposta all’Unione europea solo con un accordo di legislatura e in cambio del via libera al ritorno per almeno cinque anni ai criteri di Maastricht con il deficit al 2,9%. Ciò permetterà al nostro paese di avere a disposizione una cifra di almeno 30 miliardi di euro per i prossimi cinque anni per ridurre la pressione fiscale e rimodellare le strategie di crescita. La mia proposta è semplice: questo spazio fiscale va utilizzato tutto, e soltanto per la riduzione delle tasse, per continuare l’operazione strutturale iniziata nei mille giorni. A chi legittimamente domanda: “E perché, se ne sei così convinto, non lo hai fatto prima?” rispondo semplicemente: “Perché non ce lo potevamo permettere”. Quando siamo arrivati, la parola d’ordine per l’Italia era reputazione. Mostrarci capaci di fare le riforme. Il Jobs Act, il decreto sulle popolari, l’abbassamento delle tasse, la spending review, l’Expo, il rinnovamento anche generazionale hanno mostrato che l’Italia è in grado di farcela. Ma non basta, adesso. La prossima legislatura, qualunque sia il giorno in cui comincerà, dovrà mettere sul tavolo uno scambio chiaro in Europa: noi abbassiamo il debito, ma la strada maestra per farlo è la crescita. Quindi abbiamo bisogno di abbassare le tasse. Punto. Questo obiettivo – che porterà il deficit italiano a essere comunque più basso di quello di Francia e Spagna e vedrà un'inversione strutturale della curva debito/Pil – sarà la base della proposta politica del Pd per le prossime elezioni. Ma è soprattutto un obiettivo ampiamente condiviso dai principali soggetti privati che operano sui mercati internazionali e intorno al quale c’è un consenso diffuso: senza una grande scommessa sulla crescita, l’Italia non ripartirà mai. Per farlo occorre una visione di medio periodo, non limitata al giorno dopo giorno. Quando la prossima legislatura entrerà nel vivo dovremo uscire dallo stillicidio della trattativa mensile con Bruxelles e proporre al mondo finanziario ed economico un piano industriale degno di un paese solido e credibile. Noi siamo pronti, anche nei dettagli. Aspettiamo solo le elezioni, adesso. Perché una sfida così grande ha bisogno di un governo di legislatura per negoziare un accordo duraturo a Bruxelles. Ma aspettiamo soprattutto che l’Europa torni a fare l'Europa. Torni a Ventotene, negli ideali; a Lisbona, nella strategia; a Maastricht, nella crescita. Non è un tour, non è un viaggio: è, più semplicemente, l’ultima possibilità che abbiamo. © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-07-08/la-sfida-renzi-ue-deficit-29percento-cinque-anni-231710.shtml?uuid=AEaMTNuB Titolo: MATTEO RENZI Ci fu una trattativa parallela D’Alema-Berlusconi per il Quirinale Inserito da: Arlecchino - Luglio 16, 2017, 04:50:59 pm Opinioni
Matteo Renzi @matteorenzi · 11 luglio 2017 “Ci fu una trattativa parallela D’Alema-Berlusconi per il Quirinale” I giorni cruciali delle elezioni di Sergio Mattarella al Quirinale Mattarella è alla sua prima crisi di governo, dopo due anni di mandato. La sua elezione ha costituito un punto di svolta importante nella vita della legislatura: il parlamento nel 2013 si era dimostrato incapace di trovare una soluzione alla scadenza del settennato e tale inconcludenza della politica aveva costretto Giorgio Napolitano ad accettare un secondo mandato, caso inedito nella storia repubblicana. La gestione parlamentare dell’elezione di Mattarella invece ha mostrato una novità rispetto all’epoca dei franchi tiratori, e il largo consenso da lui raccolto – in aula e nel paese – ha oggettivamente rafforzato la credibilità delle istituzioni. Scegliere Sergio Mattarella per il Quirinale ha provocato però una rottura con Berlusconi e i suoi. Tutto il pacchetto delle riforme era nato da un accordo istituzionale con Forza Italia, che si era impegnata a superare il Senato, impostare una legge elettorale sul modello di quella dei sindaci, ridurre il potere delle Regioni: in un incontro nella sede del Pd, in largo del Nazareno, avevamo concordato questo percorso, poi ribadito in quattro incontri successivi a Palazzo Chigi. Incontri piacevoli, mai polemici, sempre molto chiari e alla luce del sole: abbiamo idee diverse sulla politica, ma si lavora insieme per il cambio delle regole. Scrivere le regole insieme per me è un dovere civile e morale. Non è un caso se la riforma della legge elettorale denominata Italicum e la riforma costituzionale poi bocciata al referendum hanno visto il pieno apporto di Forza Italia alla redazione del testo e nelle prime votazioni parlamentari. Noi abbiamo sempre cercato di scrivere le regole insieme agli altri. Ci siamo sottoposti a snervanti riunioni pubbliche con i grillini – che con noi facevano lo spettacolino in streaming e poi andavano a decidere a porte chiuse nella sede della Casaleggio & Associati Srl – per coinvolgere anche loro. Siamo rimasti fedeli a questo metodo anche quando – fallito il referendum – il Presidente della Repubblica ha chiesto a tutte le forze politiche uno sforzo di dialogo e di confronto. Scrivere le regole insieme agli altri impone flessibilità e capacità di ascolto. Non puoi fare come ti pare, mai. E questa regola, che abbiamo sempre seguito, continuiamo a ritenerla più vera e necessaria che mai. Non siamo stati noi a tirarci indietro dalle riforme che avevamo scritto insieme all’altra parte politica. E, allo stesso modo, in questo scorcio finale di legislatura, non faremo leggi elettorali a maggioranza contro Berlusconi o contro Grillo. Dopo la sconfitta del 4 dicembre, alcuni opinionisti mi hanno rinfacciato la rottura del Patto del Nazareno, commentando che, se solo fosse rimasto integro l’accordo istituzionale, il referendum avrebbe avuto un’altra storia. Ci rimugino mentre salgo per l’ultima volta al Colle. La verità mi appare allora molto più forte di ogni considerazione ex post: chi ha partecipato a quei tavoli sa perfettamente che è stata Forza Italia a rompere con noi. Quando, a fine gennaio del 2015, si tratta di votare per il Quirinale, Berlusconi mi chiede un incontro, che resterà, ma io non posso ancora immaginarlo, l’ultimo per anni. Perché quando si siede – accompagnato da Gianni Letta e Denis Verdini – mi comunica di aver già concordato il nome del nuovo presidente con la minoranza del Pd. Mi spiega infatti di aver ricevuto una telefonata da Massimo D’Alema, di aver parlato a lungo con lui e che io adesso non devo preoccuparmi di niente, perché “la minoranza del Pd sta con noi, te lo garantisco”. Te lo garantisco? Lo stupore colora – o meglio sbianca – il volto di tutti i presenti. Berlusconi ha sempre un modo simpatico di raccontare la realtà. La sua ricostruzione della telefonata con D’Alema è divertente, ma lascia tutti i partecipanti al tavolo senza parole. Non solo non avevamo mai inserito l’elezione del capo dello stato nel Patto del Nazareno, ma l’idea che Berlusconi abbia già fatto una trattativa parallela con la minoranza del mio partito sorprende anche i suoi. In quel momento – sono più o meno le due di pomeriggio del 20 gennaio –, nel salotto del terzo piano di Palazzo Chigi, capisco che il Patto del Nazareno non esiste più: il reciproco affidamento si è rotto. Non è un problema di nomi: la personalità su cui Berlusconi e D’Alema si sono accordati telefonicamente è di indubbio valore e qualità. Ma è anche difficile da far accettare ai gruppi parlamentari – sempre pronti a esercitare l’arte del franco tiratore – e all’opinione pubblica. E poi c’è un fatto di metodo, prima ancora che di merito. Io ho scelto un percorso trasparente e partecipato, con tanto di streaming, dentro il Pd e davanti al paese per evitare di tornare allo stallo del 2013. Sono impegnato in un iter parlamentare difficilissimo per condurre una maggioranza su un nome condiviso. E in una sala ovattata al terzo piano di Palazzo Chigi devo scoprire che si è già chiuso un accordo tra Berlusconi e D’Alema, prendere o lasciare? E, come se non bastasse, da questo prendere o lasciare dipende la scelta se continuare o meno con il percorso di riforme, che pure erano state scritte insieme. Non ho mai capito perché Berlusconi nutrisse dubbi su Mattarella. Le sue qualità parlavano per lui: professore di diritto; giudice costituzionale serio e rispettato; ministro per i Rapporti con il parlamento, della Pubblica istruzione, della Difesa; uomo di rigore e legalità nella Dc siciliana e nazionale; parlamentare di comprovata esperienza. Forse la ruggine per le dimissioni di Mattarella dal governo Andreotti venticinque anni prima contro la legge voluta da Craxi sulle tv, la famosa legge Mammì, ostacolava ancora il Cavaliere. Fatto sta che, quando mi trovo a dover scegliere tra l’asse Berlusconi-D’Alema (non ricordo un solo accordo Berlusconi-D’Alema che alla fine sia stato utile per il paese) e la soluzione più logica per il parlamento e per l’Italia, non ho dubbi, con buona pace di tutti i retroscenisti. Del resto, come canterà Vasco Rossi qualche mese dopo: “Essere liberi costa soltanto qualche rimpianto”. Da quel momento Berlusconi mi dichiara guerra, vanificando l’approccio condiviso alle riforme che fino ad allora era stato strettissimo. Già, perché le riforme istituzionali le abbiamo votate insieme, specie nelle prime letture, e molti dei campioni della campagna per il No al referendum in realtà avevano votato Sì in parlamento. Questo dovrebbe far riflettere a lungo sulla natura politica del voto referendario. Il mio rapporto con il Cavaliere è peculiare. Sono tra i pochi della sinistra che non ha mai voluto fargli la guerra sulle sue vicende giudiziarie. Ho sempre spronato i miei compagni di partito a portare avanti una proposta per l’Italia, non contro Berlusconi. Quando era premier ho fatto di tutto, nella mia veste di sindaco, per lavorarci insieme a livello istituzionale. Dopo lo strappo sull’elezione del presidente della Repubblica, i nostri rapporti si interrompono. Quando però, nel giugno del 2016, Berlusconi si sente male e viene ricoverato, lo chiamo per sincerarmi delle sue condizioni di salute. E, come sempre, il Cavaliere è simpatico e gentilissimo: “Caro Matteo, grazie per avermi chiamato, non dovevi disturbarti, sto bene”. Sono i giorni successivi al primo turno delle amministrative di Roma. Intervenendo a Ostia alla chiusura della campagna elettorale per Marchini, sfidante di Virginia Raggi e Roberto Giachetti, Berlusconi non aveva esitato a chiedere un voto per evitare di sfociare nella pericolosa “dittatura” del sottoscritto, parlando di “regime”, di “democrazia sospesa”, del “signor Renzi che occupa militarmente ovunque qualsiasi cosa”, di “bulimia smisurata di potere”. Un intervento pacato e sobrio, insomma. Durante la telefonata io ovviamente evito di parlare della mia “deriva autoritaria” e rimango sul piano strettamente personale, augurandogli pronta guarigione. Il finale di Berlusconi è un vero colpo da maestro, Ko tecnico alla prima ripresa: “E poi, caro Matteo, sappi che mi dispiace molto per quanto ti stanno attaccando, ce l’hanno tutti con te”. Ma come? Lo stesso che pubblicamente mi dà dell’aspirante dittatore a distanza di due giorni mi porta la sua solidarietà per gli attacchi? Mentre pigio il tasto rosso che mette fine alla telefonata, scoppio in una risata: è inutile, anche se mi sforzassi, Berlusconi non mi starà mai antipatico. Sul Quirinale però non potevo consentire né a lui né a D’Alema di sostituirsi al parlamento e decidere per tutti. La simpatia è una cosa, la politica è un’altra.* *Tratto dal nuovo libro di Matteo Renzi in libreria da domani Da - http://www.unita.tv/opinioni/tutta-la-verita-sul-patto-del-nazareno/ Titolo: ANDREA CARUGATI. Parlamentari renziani in allarme dopo le anticipazioni del ... Inserito da: Arlecchino - Luglio 16, 2017, 05:12:37 pm Parlamentari renziani in allarme dopo le anticipazioni del libro del segretario del pd
Il timore è per «l’eccesso di aggressività» di Matteo, per i «troppi fronti polemici che sta aprendo» Pubblicato il 15/07/2017 - Ultima modifica il 15/07/2017 alle ore 19:57 ANDREA CARUGATI ROMA “Speriamo che Richetti riesca a farlo rinsavire almeno un po’, altrimenti si va a sbattere…”. Tra i parlamentari renziani l’allarme ormai è a livello di guardia. Le anticipazioni del libro di Renzi e il tour mediatico martellante del segretario, con relativa e lunghissima coda di polemiche, sta suscitando sempre più preoccupazione nella truppa di chi lo ha sostenuto alle primarie, anche tra alcuni renziani di lungo corso. Il timore è per “l’eccesso di aggressività” di Matteo, per i “troppi fronti polemici che sta aprendo”. Qualche sera fa a Roma un gruppo di senatori e deputati di area renziana si sono ritrovati, come spesso accade, a cena. E si sono scambiati dubbi e perplessità: “Ma fino a dove vuole arrivare?”. Preoccupano lo strappo con Prodi, la riapertura della ferita con Enrico Letta, il gelo con Franceschini. “Vuole mandare fuori anche Dario?”. “C’era davvero bisogno di offendere così Enrico dopo tre anni?”. “E se Prodi va con Pisapia?”. Sono tante le domande che sono circolate durante la cena, pochissime le risposte. “E’ il suo carattere, quando si sente sotto assedio reagisce così: vende cara la pelle”, spiega una senatrice chiedendo l’anonimato. “Ha stravinto le primarie, ora è il momento di unire, non può stare in tv 24 ore al giorno, rischia di stancare, come è successo il 4 dicembre”. I nervi sono tesi. Nei giorni scorsi alla buvette del Senato altri conciliabili, così al ristorante di palazzo Madama. Senatori di area Renzi e vicini a Franceschini si scambiavano pensieri. Ansie. “In Emilia Romagna lo strappo con Prodi è devastante”, spiega uno di loro. “Molti dei nostri che hanno votato Sì al referendum e Matteo al congresso sono furiosi. Ci chiamano per dirci ‘ma come aveva detto che si passava dall’io al noi, e invece fa tutto come prima’…”. LEGGI ANCHE - Pensioni, bollo auto e prima casa. Tre conigli dal cilindro del Cav (Magri) Matteo Richetti, portavoce della segreteria, è subissato di chiamate dai colleghi: “Pensaci tu, fallo ragionare”. Nei giorni scorsi lo stesso Richetti in un’intervista aveva detto di voler fare apprezzare al segretario “quanto rumore può fare il silenzio”. E quanto fosse opportuno parlare solo di cose concrete, senza aggredire questo o quello. “Sono d’accordo con Richetti, dobbiamo stare solo sui contenuti, e non possiamo limitarci a ripetere le cose fatte, quelle gli italiano le sanno già”, spiega il senatore renziano e cattodem Stefano Lepri. “Serve uno stile pacato e attento a costruire, che ci aiuti a ritrovare empatia con gli italiani, non è più il tempo di imitare l’aggressività dei 5 stelle””. Un alto dirigente del Pd, nel Transatlantico del Senato, alza le spalle: “Passo giornate intere a ricucire, fuori e dentro il partito. Se vogliamo andare avanti non si può insultare Alfano, dirgli che fa il ministro e non ha un voto, quello rischia di perdere senatori che tornano dal Cavaliere…”. “Matteo le cose non le manda a dire, ama gli eccessi”, sorride amaro Giorgio Tonini, presidente della commissione Bilancio del Senato: “Ma noi in autunno dovremo fare una manovra difficile e la scissione di Mdp ci sta rendendo la vita difficile. Vogliono spingerci a votare sempre più spesso con Forza Italia per poterci attaccare, questo ci danneggia”. Aggiunge Tonini: “La polemica con Franceschini ci mette in difficoltà. Qui in Senato in tanti sono a cavallo tra i due leader, già la situazione in maggioranza è pericolosa, bisogna lavorare per spegnere le polemiche dentro il Pd”. E invece nella minoranza tira sempre più il vento della scissione, nonostante gli sforzi di Andrea Orlando e Gianni Cuperlo per frenare. Richetti getta secchiate d’acqua sul fuoco, il rischio di nuovi addii (dopo quello di Elisa Simoni, deputata e parente di Renzi) allarma anche i seguaci del segretario. “Ma come facciamo a puntare al 40% se restiamo sempre in meno?”, sospira un deputato. Il sospetto è che Matteo “voglia rottamare il Pd e costruire un nuovo partito sul modello di Macron”. Ma in tanti, anche tra i suoi supporter, temono che stavolta l’azzardo finisca male. “L’uno contro tutti non ha funzionato il 4 dicembre, perché dovrebbe funzionare adesso?”. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2017/07/15/italia/politica/parlamentari-renziani-in-allarme-dopo-le-anticipazioni-del-libro-del-segretario-del-pd-iB4B8nhMeVGntcrw3sJBrI/pagina.html Titolo: Il voto contro Letta, Speranza ammette: “Ha ragione Renzi” Inserito da: Arlecchino - Luglio 16, 2017, 05:22:06 pm Focus
Unità.tv @unitaonline · 14 luglio 2017 Il voto contro Letta, Speranza ammette: “Ha ragione Renzi” In un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera Roberto Speranza ripercorre i motivi sul perché il Pd decise di chiudere l’esperienza dell’esecutivo guidato da Enrico Letta In un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera Roberto Speranza ammette che la ricostruzione sul perché il Pd decise di chiudere l’esperienza dell’esecutivo guidato da Enrico Letta, fatta da Renzi nel suo libro “Avanti”, è assolutamente veritiera. Per il segretario del Pd non fu un complotto ma un’operazione politica alla luce del sole. In questi giorni le versioni su quanto accaduto e le letture si sono sovrapposte sollevando dei leciti dubbi. Inoltre la reazione dello stesso Letta non è stata per nulla pacata. Ora però viene fatta chiarezza. Ecco cosa chiede Monica Guerzoni e cosa risponde Speranza: Fu lei, Roberto Speranza, a chiedere a Renzi di soffiare la poltrona di Palazzo Chigi a Letta? «Ebbene sì, noi della allora minoranza del Pd lo costringemmo con tutte le nostre energie, perché lui proprio non ci voleva andare… Non sapevo che nel Pd fossero ai miei ordini. La cosa buffa è che ancora mi accusino di essere anti-renziano!». Scherzi a parte, Renzi rifarebbe quella staffetta domani. E lei, voterebbe di nuovo contro Letta in direzione? «All’inizio del 2014 Renzi aveva una carica innovativa che offriva al Pd la possibilità di essere una diga più alta rispetto ai partiti anti-sistema. Poi le scelte di merito hanno rovesciato quell’energia, al punto che oggi Renzi non è più la diga, ma la garanzia per lo sfondamento delle forze antisistema e delle destre». Per Letta, Renzi è un caso psicanalitico. Concorda? «Dal 4 dicembre Renzi sta cercando disperatamente una rivincita e lo hanno capito tutti, perché gli italiani sanno distinguere tra verità e falsità. La mia sofferenza è che questo atteggiamento sui temi del lavoro, della scuola, o delle riforme ha portato alla rottura del Pd e poi del centrosinistra, che oggi è frammentato». Dichiarazione che di certo non faranno piacere a Pier Luigi Bersani che invece ha sostenuto una versione differente attaccando Renzi: “Ma c’è ancora qualcuno in giro che può credergli a quest’uomo qui?”. Il passaggio politico, per gli appassionati del genere, che viene ben spiegato qui: Quando Speranza e Cuperlo chiusero l’éra Letta. Da - http://www.unita.tv/focus/il-voto-contro-letta-speranza-da-ragione-a-renzi/ Titolo: MATTEO RENZI Il libro "Avanti" ha fatto molto discutere in questi giorni. Inserito da: Arlecchino - Luglio 18, 2017, 04:21:25 pm Lunedì 17 luglio 2017
Enews 483 Matteo Renzi Buona settimana, amici delle E-News. Avanti, insieme. Il libro "Avanti" ha fatto molto discutere in questi giorni. Mi fa piacere. Un libro in fin dei conti serve a questo, a farti pensare: le polemiche lasciano il tempo che trovano, le idee entrano in circolo. In "Avanti" ci sono tre cose: 1. Il racconto di alcuni fatti. Qualcuno mi ha scritto: "Ma perché hai ricordato il passato, Matteo? Adesso non serviva riaprire la pagina del Patto del Nazareno o della staffetta di febbraio 2014 o della nottata con Tsipras al Consiglio Europeo o delle banche". Non ho alcun interesse a riaprire le polemiche del passato. In un libro, tuttavia, la verità va scritta: i fatti sono fatti. La verità di ciò che è accaduto davvero deve essere salvaguardata, specie in questa epoca di post-verità. Poi ognuno si fa liberamente la sua opinione. 2. Le proposte per il futuro. Possiamo essere d'accordo o meno sull'assegno universale per i figli come sul raddoppio dei fondi delle periferie. Possiamo essere tifosi dell'austerity o della flessibilità. Ma quel che è certo è che adesso finalmente si discute di idee concrete. E per questo alla ripresa autunnale il PD organizzerà la propria conferenza programmatica, come proposta da tanti a cominciare da Andrea Orlando, nei giorni che vanno dal 12 al 15 ottobre. Proprio nel decennale della fondazione del PD. Insieme a Maurizio Martina e Tommaso Nannicini chiederemo a un piccolo team di cinque persone di coordinare i lavori della Conferenza perché sia davvero un'occasione utile di confronto sul futuro del Paese. Ci sta a cuore il futuro dell'Italia, non il futuro delle singole carriere personali. 3. La condivisione delle emozioni. Ve l'ho scritto nella scorsa enews. Il libro è pieno di impressioni personali, di emozioni anche intime. Perché fanno politica le persone in carne e ossa e non gli algoritmi. Fanno politica coloro che vivono di sangue e passione e non gli algidi esecutori di un programma burocratico. E quindi ho inserito molti momenti personali. Mostrare l'anima e il cuore del politico costa molto in termini personali, ma forse è giusto e necessario. Su quest'ultimo punto - quello personale, che è anche il meno analizzato per adesso dai commenti - torneremo in futuro. Lasciatemi però segnalare un bellissimo articolo di Massimo Recalcati su Repubblica di oggi. Per chi di voi ha tempo e modo di leggerlo, mi farebbe piacere conoscere i vostri commenti: matteo@matteorenzi.it Per parlare del libro e dei suoi contenuti sarò: martedì 18 a Napoli, alle 16 al Mattino (dove parleremo anche di Bagnoli, di Scampia, di Pompei e della Reggia di Caserta e di molto altro) mercoledì 19 a Milano, alle 18.30 al Teatro Parenti giovedì 20 a Roma, alle 18.30 alla Libreria Nuova Europa i Granai, in Via Rigamonti 100 venerdì 21 a Firenze, in un posto bellissimo. Talmente bello che ancora non abbiamo deciso dove. Ma non temete, sarà davvero bellissimo. Altrimenti non sarebbe Firenze:-) Nel frattempo tutti i giorni arriva sul telefonino di chi lo vuole un piccolo giornalino chiamato "Democratica": otto pagine di notizie utili, riflessioni, link, commenti. La forza dei fatti e delle idee contro chi insegue scie chimiche e polemiche. I dati dell'export, le procedure per il bonus asili nido, i dati delle pensioni, domani i numeri dell'edilizia scolastica (incredibili!). Lo inviamo tutti i giorni a chi è interessato, via sms, whatsapp, email. Per riceverlo basta mandare un messaggio al 3486409037 Stare tenacemente e allegramente dalla parte dei contenuti, delle idee, delle proposte. Lasciando ad altri il presidio delle polemiche quotidiane. Questo è il nostro compito, proviamoci insieme. Un sorriso, Matteo blog.matteorenzi.it matteo@matteorenzi.it Pensierino della sera. Tantissimi i campioni sportivi di questa settimana che mi piacerebbe portare alla vostra attenzione nel pensierino della sera. A cominciare, ovviamente, da Roger Federer. Lo vedi giocare e pensi: e chi lo rottama quello lì? Campione senza tempo, strepitoso. Ho pensato però che il vero campione della settimana si chiama Valerio. Si tratta di un atleta paralimpico di nuoto, affetto dalla sindrome di Down. Mercoledì scorso a Sabaudia ha salvato una bambina di 10 anni che rischiava di annegare. Penso che l'Italia debba essere orgogliosa di concittadini come Valerio. Nel mio piccolo, io sono orgoglioso di essere concittadino di questo campione. Titolo: MAURO FAVALE Renzi: "Mio padre è stato male, mi sono sentito in colpa. Inserito da: Arlecchino - Agosto 08, 2017, 06:06:47 pm Renzi: "Mio padre è stato male, mi sono sentito in colpa. Ora faccio cose normali come tutti i papà
Dall'inchiesta Consip e dai rapporti con il papà Tiziano alla sconfitta referendaria e ai voltafaccia degli ex alleati. Ma anche i giochi con i figli e i rimproveri della moglie. L'ex premier si racconta in un'intervista a Vanity Fair: "Non lo immaginavo, ma la discesa dal carro è un momento spassoso" Di MAURO FAVALE 08 agosto 2017 "QUANDO, qualche settimana fa, mio padre si è operato al cuore e l'ho visto sul lettino, in ospedale, ho pensato fosse colpa mia". Ancora gli strascichi del caso Consip, ancora il rapporto personale tra Matteo Renzi e suo padre Tiziano, coinvolto nell'inchiesta della procura di Napoli. A parlarne, in un'intervista a Vanity Fair in edicola domani, è il segretario del Pd che torna su una vicenda che, spiega, "fa male, molto male". Mesi fa, attraverso alcune intercettazioni finite sui giornali, erano emerse le frizioni tra padre e figlio, con Renzi che sembrava dubitare della buona fede del papà. Frizioni che, assicura l'ex premier, non hanno lasciato tracce nel rapporto tra i due. Renzi racconta però i suoi sentimenti dopo l'operazione al cuore subita da Tiziano: "C'era mia madre con me e mi è sembrato di vedere nel suo sguardo lo stesso mio dubbio. Mi sono venute le lacrime agli occhi, ma le ho trattenute e nessuno si è accorto di nulla". È convito che, alla fine di questa storia, "il procedimento contro mio padre sarà archiviato anche stavolta. Non c'è nulla, se non il cognome che porta. Ma saranno i giudici a decidere, io aspetto di sapere i nomi di chi ha falsificato le prove contro l'allora premier. Nessuno ne parla, ma a livello istituzionale questo è un fatto di una gravità inaudita". Nelle anticipazioni dell'intervista al settimanale, altri momenti 'personali' della vita dell'ex presidente del Consiglio, tornato a casa dopo i 1.000 giorni a Palazzo Chigi. Tre anni che hanno ridefinito gli equilibri interni alla famiglia: "È stata brava Agnese - racconta Renzi parlando della moglie - quando ha deciso che i nostri figli non sarebbero venuti a Roma. Io, all'inizio, non ero d'accordo, ma con il senno di poi le do ragione. Stare a Pontassieve ha consentito ai miei figli di vivere una vita normale. E avere, al massimo, solo qualche compagno che li prendeva in giro per il referendum o per la mia pronuncia inglese". Ancora scorci di vita privata, del Renzi che rientrava a casa da Roma mettendosi a disposizione dei figli "per giocare alla playstation o fare solo cose divertenti". Atteggiamento "non educativo", secondo la moglie Agnese: "Diceva: non è che io sto sei giorni qui a spaccarmi la schiena e poi arrivi tu e fai lo splendido. Però ci sono stati anche momenti spiacevoli per me - prosegue il segretario Dem - per esempio quando i miei figli non mi volevano alle loro partite perché avevo 10 persone di scorta. Adesso che sono più spesso a casa faccio le cose normali che fanno tutti i papà, tipo mettere la sveglia alle 3 di notte per andare a prendere mio figlio dopo una festa. E non sentire la sveglia…". Infine, i riflessi della sconfitta referendaria: "Li ho visti i leccaculo professionisti, potrei tenere un corso per riconoscerli. Non lo immaginavo, ma la discesa dal carro è un momento spassoso: quelli che prima ti adulavano smettono di salutarti. Ma è un gioco e io sto al gioco". © Riproduzione riservata 08 agosto 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/08/08/news/renzi_mio_padre_e_stato_male_ho_pensato_per_colpa_mia_ora_faccio_cose_normali_-172644288/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P3-S1.4-T1 Titolo: Direzione Pd, Renzi: "Nostri avversari non sono quelli andati via" Inserito da: Arlecchino - Ottobre 07, 2017, 05:49:24 pm Direzione Pd, Renzi: "Nostri avversari non sono quelli andati via"
Approvata all'unanimità la relazione del segretario, che tiene aperto il dialogo con Pisapia e la sinistra a sinistra del suo partito. Evidenziando come la legge elettorale del Rosatellum chiami alla "creazione di una coalizione più ampia". Elezioni siciliane. "Bene Orlando quando nega il legame tra risultato delle urne e leadership nel partito. E vedremo se la destra unita stavolta non vince". Orlando: "Mdp batta un colpo" 06 ottobre 2017 ROMA - "Su sicurezza e lavoro dobbiamo fare una grande battaglia culturale contro i nostri avversari, che non sono quelli che se ne sono andati via di qui". Così Matteo Renzi durante la direzione del Pd. Aperto, dunque, il canale del dialogo con la sinistra "a sinistra del Pd" e in particolare con il "cantiere" aperto da Giuliano Pisapia per compattare e federare il campo progressista. Pisapia entrato a sua volta in rotta di collisione con Mdp per la sua manifesta vocazione alla "poligamia" in politica. Inoltre, ha sottolineato il segretario dem, la legge elettorale "chiama alla creazione della coalizione, il Pd resta baricentro ma con il Rosatellum serve una coalizione più ampia". La relazione del segretario del Pd, con mandato sul Rosatellum bis, è stata approvata all'unanimità dalla direzione del Pd. Secondo Renzi, "gli altri partiti sono più in difficoltà di noi. La Meloni sui referendum per le autonomie, Salvini che su Instagram pubblica cose da mangiare, Berlusconi che riesce ad essere lunedì alfiere dell'Europa e il martedì alfiere del populismo. Anche i Cinque 5 sono in calo, anche se vanno presi sul serio". Per questo, secondo Renzi, è ancora più importante evitare di indebolire dall'interno il Pd. "Non dobbiamo dividerci. Non dobbiamo rinunciare al confronto interno, ma da qui a inserire Tafazzi nel nostro pantheon ce ne passa. Sono il primo a farmi carico di questo - ha sottolineato il segretario - perché chi non gioca con la squadra fa fare goal agli avversari". Il Pd non deve commettere l'errore di guardare al proprio ombelico, ma alle sue responsabilità nei riguardi dell'Italia. "La conferenza programmatica di Napoli dovrà fare chiarezza sul nostro modo di procedere. Abbiamo preso un Paese in difficoltà e lo abbiamo portato fuori dalla crisi - rivendica con orgoglio Renzi -. Non dobbiamo certo fare rievocazioni storiche ma questo Paese ha più posti di lavoro, il Pil cresce e i consumi aumentano. E dobbiamo essere orgogliosi di aver fatto cambiare strada all'Europa sull'austerity. E' una battaglia che dobbiamo rivendicare perché ha portato oltre 900 mila posto di lavoro in più". L'ex premier è tornato poi sulla misura degli ottanta euro: "Non è una mancia elettorale come dice per esempio Salvini, sono uno strumento - ha sottolineato - con il quale 10 milioni di italiani hanno visto aumentare la loro capacità di spesa e noi vogliamo aumentare quei soldi". Il Pd, dunque, ha tutte le ragioni per presentarsi "in campagna elettorale con grinta e coraggio, a testa alta. I risultati ottenuti sono il trampolino per il futuro. Il momento è semplice: o il Pd blocca il populismo o il populismo vince solo in Italia". Matteo Renzi ha quindi accennato alle elezioni siciliane, elogiando la posizione del ministro della Giustizia, e suo avversario alle primarie, Andrea Orlando. "L'ho molto apprezzato - ha sottolineato il segretario - quando ha sostenuto l'inesistenza di un legame tra le elezioni siciliane e la leadership" del Partito democratico. "E vedremo - ha aggiunto - cosa farà la destra unita, se sarà la prima volta che da uniti non vincono". Durante il suo intervento in direzione, Andrea Orlando ha affermato che "la legge elettorale, così come me si sta configurando, sarebbe un successo politico della linea per la quale mi sono battuto. Reintroduzione del concetto di coalizione è fondamentale". "Naturalmente - ha aggiunto - non basta la legge elettorale, bisogna lavorare anche sulla legge di bilancio e bisogna avere disponibilità a interloquire sulla legge elettorale stessa, nell'interesse del centrosinistra e nell'interesse del Paese". Perché, ha spiegato, "ha ragione Renzi quando dice che di legge elettorale se ne occupano 350 persone, ma il giorno dopo gli effetti riguarderanno tutti". E "sulla legge elettorale - ha insistito - bisogna lavorare per avere anche qualche segnale dall'altra parte, perché, se il giudizio rimane quello di legge truffa, sarà difficile trovare un dialogo. Per questo bisogna lanciare un appello a Mdp a battere un colpo". © Riproduzione riservata 06 ottobre 2017 Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/10/06/news/direzione_pd_renzi_nostri_avversari_non_sono_quelli_andati_via-177537737/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1 Titolo: Renzi in tv: “Di Maio non può scappare. Vorrei tagliare le tasse a chi a una ... Inserito da: Arlecchino - Novembre 12, 2017, 12:36:21 pm Renzi in TV: “Di Maio non può scappare. Vorrei tagliare le tasse a chi a una badante”
Lancia la sua sfida elettorale nello studio di Floris, a «diMartedì»: saremo il primo gruppo parlamentare e che il centrodestra si spaccherà il giorno dopo Pubblicato il 07/11/2017 - Ultima modifica il 07/11/2017 alle ore 23:02 «Nei nostri sondaggi il Pd è al doppio di Forza Italia, lo scrivete? Puntiamo al 40%, chiederemo agli italiani: preferite Grillo o Berlusconi? Alle fine delle elezioni saremo il primo gruppo parlamentare e che il centrodestra si spaccherà il giorno dopo». Matteo Renzi si proietta verso la campagna elettorale e rilancia la sua sfida nello studio di Floris, a “diMartedì”, dove si presenta nonostante Luigi Di Maio abbia annullato il confronto: «Mi dispiace che non ci sia, l’aveva chiesto lui. Si è comportato come quei compagni di classe che dicono: “Ti aspetto fuori”. Poi suona la campanella, tu scendi e lui se ne è andato. È il leader di un partito importante- dice-, potrebbe essere il futuro presidente del Consiglio, non può usare questi metodi. Gli avrei chiesto perché imperversa negli studi tv e ha partecipato solo al 30% delle votazioni». Rinunci all’immunità parlamentare, lo esorta. Le elezioni e il programma Sulla data delle elezioni ammette che avrebbe voluto votare prima, nel corso dell’anno, ma che a va bene ciò che deciderà il presidente della Repubblica. «Vorrei introdurre la possibilità di scaricare dalle tasse integralmente il costo della badante purché sia in regola» annuncia. Rivendica lo stanziamento del bonus da 80 euro , l’abolizione delle tasse sulla prima casa, si dice disponibile a una battaglia in Europa per il taglio delle aliquote Irpef. Definisce «una follia» il reddito di cittadinanza e ribadisce la contrarietà alla flat tax: «Chi è ricco paghi di più». Nessuna ansia di tornare a tutti i costi a Palazzo Chigi: «Adesso c’è Paolo Gentiloni e non è che ci è arrivato per caso lì. Vivo con ansia e con angoscia il fatto che si ritorni indietro, che si torni al -2% del Pil». La sconfitta in Sicilia «Abbiamo perso», esordisce. Incalzato da Floris spiega di non essersi disimpegnato dalla elezioni regionali in Sicilia («Non condivido nulla della storia politica di Musumeci, ma onore al merito»), ma di non avere voluto sovrapporre la sua faccia a quello del candidato Pd. Ripercorre successi e sconfitte delle sue campagne elettorali: «Io sono responsabile di una vinta alle europee e una persa al referendum, sulle amministrative abbiamo vinto in 5 regioni e perso in 2. Sono un segretario vincente per il Pd? Glielo dico il giorno dopo le elezioni politiche». I sondaggi danno il Pd al 26%? «È chiaro che abbiamo molto da recuperare, su fette di persone o deluse che sono tante o incerte, che sono tantissime o astenute, sempre tante» ammette Renzi spiegando che gli fa male che «ci accusino di essere stati troppo amici di chi ha potere». E replica alle parole del presidente del Senato Pietro Grasso: «Non credo che il Paese sia stanco e deluso, c’è tanta bella gente che vuole mettersi in gioco, che voglio incontrare e anche candidare». “D’Alema pensi al suo partito” «La politica non è un risiko dei rapporti personali», risponde a Floris che gli chiede se è disposto a ricucire con D’Alema e Bersani. Il mondo della sinistra è aperto a tutti e senza veti, chiarisce. «Noi abbiamo dato il messaggio a tutti gli sherpa, i pontieri di lavorare. Ma parlando di cose concrete, perché nel mondo la sinistra sta crollando. Qual è la proposta di D’Alema? Che io mi dia fuoco in piazza? Lo accontenterei, ma mi sembra un po’ eccessivo. Pensi al suo partito. Lì dove io sono non mi ci hanno messo D’Alema o Bersani ma non mi ci son messo da solo. Mi ci hanno messo due milioni di voti alle primarie». Definisce «sterile» la discussione sul nome del futuro premier. perché il potenziale premier lo decide il Parlamento e « purtroppo, non essendo passata la riforma costituzionale... lo sceglie il presidente della Repubblica che dà un incarico». LEGGI ANCHE Renzi: “Cercano di mettermi da parte ma non mollo” “Parlate solo di Banca Etruria, troppi misteri su Mps” Sulla sua immagine e sulla sua classe dirigente si difende: «Chi ha sbagliato su Banca Etruria deve pagare. Il vicepresidente lo abbiamo mandato a casa noi» rivendica e attacca: «Parlando di banche parlate solo di Etruria. Negli anni hanno spolpato le banche e tutti zitti, banchieri, giornalisti e politici. Se uno ha paura di stare contro le burocrazie ha gli scheletri nell’armadio, io non ne ho e voglio la verità». «Monte Paschi di Siena è una banca su cui ci sono troppi misteri, a cominciare da quel pover’uomo che è morto in quel modo, nel 2013: David Rossi». Definisce pervicaci gli intrecci del passato. «Io avrei cambiato il governatore di Bankitalia, ma ho rispetto per Gentiloni che ha deciso in autonomia». “Vorrei un altro Jobs act e altri 986mila posti” «Nel 2014, quando sono arrivato a Palazzo Chigi Obama in una telefonata mi ha detto `farete la fine della Grecia se non cambiate´. Questa era la situazione - racconta-. Il Pd è molto più grande di Renzi e di altri leader. In questi anni abbiamo perso Roma e Torino e vinto altrove, ma l’elemento nuovo sono gli 986mila posti di lavoro in più. Di questi il 71% a tempo indeterminato. Io non mi accontento, vorrei un altro Jobs act, con altri 986mila posti di lavoro». Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati Da - http://www.lastampa.it/2017/11/07/italia/politica/renzi-di-maio-potrebbe-essere-il-futuro-premier-non-pu-fare-il-codardo-e-scappare-bREIh28tVY9vSb4GELmp2O/pagina.html Titolo: MATTEO RENZI Enews 500 Inserito da: Arlecchino - Novembre 24, 2017, 08:44:52 pm Mercoledì 22 novembre 2017
Enews 500 Quando raggiungi un numero tondo, in questo caso 500 come le E-News inviate in questi anni, ti viene sempre voglia di fare bilanci. Nate per gioco e destinate solo a tenere in rete trenta amici fiorentini con i quali avevamo iniziato a fare politica insieme, le E-News vanno avanti con cadenza quasi settimanale da anni e raggiungono oggi centinaia di migliaia di persone in tutta Italia. Raro esempio di perseveranza e tenacia. In questi anni abbiamo avuto responsabilità importanti a livello cittadino, nazionale e europeo, abbiamo raggiunto risultati impressionanti e imprevedibili, abbiamo perso battaglie fondamentali come il referendum costituzionale. Abbiamo ottenuto cose meravigliose, dalla pedonalizzazione del Duomo di Firenze fino alla flessibilità in Europa e abbiamo subito cocenti sconfitte a cominciare - lo ricorderanno solo gli aficionados - dal rimpasto di Giunta del 2002 a Firenze. Ma quello che conta è che lo abbiamo sempre fatto insieme. Insieme. Io ho sempre avvertito nel popolo delle enews un compagno di viaggio prezioso e insostituibile. Anche quando non rispondo alle vostre risposte, leggervi mi dà una particolare forza e una chiave di lettura diversa dalle altre. Nei giorni successivi alle dimissioni da Chigi mentre sciavo sulle Dolomiti una donna mi ha aspettato alla fine della seggiovia e mi ha detto solo: "Un sorriso!” Io la guardo stranito. E lei mi risponde: "Continua a scrivere, Matteo. Noi ci siamo. E come dici tu in chiusura delle enews, un sorriso”. E siamo ripartiti sulle piste. Mi dicono: Renzi vuol fare tutto da solo, non ascolta nessuno, pensa solo a se stesso. Se solo una volta leggessero le risposte settimanali alle enews, se solo sapessero che storie pazzesche stanno dietro al popolo che condivide la nostra avventura politica, se solo capissero quanta vita vera c'è nelle persone che incontriamo ogni giorno in carne e ossa a cominciare dal treno e che mi scrivono quotidianamente, i nostri critici avrebbero la risposta che cercano alle domande che li assillano: perché nonostante tutte le critiche, nonostante i tanti attacchi, nonostante l'odio che qualcuno ci spara addosso talvolta a reti unificate noi siamo ancora qui. Più sorridenti di sempre. E più desiderosi di non mollare mai. Grazie, popolo delle enews. Il popolo delle E-News ha un appuntamento anche fisico, la Leopolda. Il sito è www.leopoldastazione.it, il programma fitto di storie e di in/contro come dice il titolo. L'invito a chi verrà a Firenze è raccontarci per cosa ciascuno di voi vuole lottare. L8, Leopolda 8, si presta al gioco di parole. L8 per... Scriveteci a leopolda8@matteorenzi.it. E registratevi se vi va di venire con noi a scambiarci un abbraccio, non solo una email. Nelle prossime ore se riesco vi invio una enews solo sulla Leopolda. Sarà un'edizione poco governativa e molto vecchio stile, con un gruppo di ragazzi nati negli anni Novanta che mi aiuteranno a guidare la discussione. Anni Novanta, ci rendiamo conto? Il Treno riparte oggi chiudendo le province rimaste ancora da visitare sotto Roma: Latina, Frosinone, Isernia, Caserta. Sui miei social trovate moltissime immagini e video del viaggio, viaggio di cui purtroppo i media non parlano nel merito ma che è fantastico. Faremo un libro entro Natale con tutte le immagini e le storie del #TrenoPd e a gennaio tireremo fuori un film su questa esperienza impressionante e bella. Ho incontrato ieri all'Eliseo Emmanuel Macron. L'idea di dire "Europa sì, ma non così” che caratterizza tutto il libro "Avanti” e di cui abbiamo parlato per mesi continua a rimbalzarci nella testa. Noi abbiamo bisogno di rilanciare con forza l'ideale europeo. Dobbiamo farlo con idee credibili e compagni di viaggio capaci. L'Europa non può essere lasciata nelle mani di chi le attribuisce ogni colpa ma nemmeno di chi la vive come un regolamento burocratico. È incredibile quanto sia carico di spessore e speranza l'ideale europeo: tutte le volte che faccio lezione con gli studenti americani di Stanford, dove tengo un corso ogni settimana, vedo nei loro occhi di non europei lo stupore per quanto grande possa essere questo progetto. Ma compito della nostra generazione - Macron lo sa bene - è rilanciare in avanti, non vivere di ricordi. Lo faremo, avanti insieme. Per favore, oltre alle enews, utilizzate anche due canali ulteriori Democratica, che ogni giorno alle 13.30 porta argomenti e idee utili al dibattito La APP di Matteo Renzi che potete scaricare a questo link E tutte le polemiche sui partiti, le alleanze, la situazione politica? Rimando per tutto a Bruno Vespa. Nel senso che ieri sera ho partecipato a Porta a Porta dialogando civilmente con due giornalisti (Cusenza e Tito) e rispondendo a delle domande dei medesimi: un'intervista, insomma, non un interrogatorio. E ho parlato di tutto, dalla beffa EMA fino all'articolo 18, dal rapporto con MDP (quante email riceviamo sull'argomento!) agli 80 Euro. Se vi va qui trovate l'intera puntata e qui un video con alcuni passaggi di ieri sera. E qui il link a uno strano inizio, tutto basato su domande personali. Un sorriso, Matteo P.S. Ci siamo detti, all'inizio, che questa è una comunità di storie diverse, un popolo. Proprio per questo vorrei mandare un messaggio a due di noi, amici toscani che da sempre si impegnano nel PD in vario modo e con grandi responsabilità, che sono davanti in queste ore al dolore più atroce, inspiegabile e inimmaginabile della vita. Vorrei che Isa e Leo e il piccolo Niccolò Alessandro sentissero l'abbraccio di tutti noi, anche di quelli che non li conoscono. E vorrei che il ricordo della piccola Maria Sole li accompagnasse sempre, accarezzando dolcemente la loro quotidianità che da oggi non potrà più essere la stessa. Questi sono i veri drammi della vita. Questo il momento di stringersi nel più affettuoso degli abbracci per un dolore che un padre e una madre non dovrebbero mai vivere. Da – PD Renzi Titolo: MATTEO RENZI Auguri di un bellissimo Natale e di un felice 2018. Inserito da: Arlecchino - Dicembre 23, 2017, 08:53:12 pm Sabato 23 dicembre 2017
Enews 506 Auguri, a tutti. Auguri di un bellissimo Natale e di un felice 2018. In questi giorni di fine legislatura abbiamo portato a compimento alcuni percorsi che duravano da molto tempo. E sono buone notizie che voglio condividere con voi. Ce ne sarebbero tanti ma mi limito a segnalarvi alcuni tweet dei competenti membri del Governo 1. Qui Marianna Madia che spiega la firma del nuovo contratto dei dipendenti della PA: stanotte si è chiuso il primo accordo, quello sulle amministrazioni centrali. Adesso in rapida successione andranno in porto anche quelli sulla scuola, sulla sanità e sugli Enti Locali. Le risorse, faticosamente trovate in questi anni, sbloccano i contratti dopo 10 anni. Perché i politici che governano si dividono tra chi i contratti li blocca per anni e chi li rinnova come succede nei paesi normali. Noi apparteniamo alla seconda categoria. 2. Qui Maurizio Martina che ha seguito il bellissimo progetto Human Technopole, nell'area che fu l'area Expo. I primi ricercatori si sono insediati ed è meraviglioso sapere che l'eredità della grande esposizione universale sarà nelle mani di chi scommette sulla scienza e sull'innovazione. Viva il futuro! 3. Qui Graziano Delrio che rivendica la legge sulla mobilità ciclistica, nata dalle idee di Antonio De Caro e Paolo Gandolfi. Ne abbiamo parlato anche durante il viaggio in Treno con gli amici della Fiab nella tappa di Trino Vercellese, pedalando lungo la pista ciclabile che abbiamo finanziato per collegare Venezia a Torino (Ven.To). La bici non è (più) l'ultima ruota del carro. 4. Qui Beatrice Lorenzin sul disegno di legge - seguito a lungo da molti parlamentari PD - sulla riforma delle professioni sanitarie. Che è innanzitutto il modo per aiutare i pazienti e chi tutti i giorni vive le difficoltà del mondo della salute. 5. Qui Andrea Orlando sulla riforma dei testimoni di giustizia, divenuta legge nelle ultime ore della legislatura con l'obiettivo di dare più tutele a chi sceglie di stare dalla parte giusta, dalla parte dello Stato. 6. Qui Maria Elena Boschi sulla legge che tutela orfani vittime di crimini domestici. Anche questa legge è stata appena approvata ed è un ulteriore tassello delle tante politiche contro il femminicidio e la violenza sulle donne. 7. Qui Carlo Calenda sull'accordo di programma firmato a Portovesme nel cuore del Sulcis insieme al Presidente della Regione Sardegna Pigliaru per far ripartire finalmente Alcoa. 8. Qui Luca Lotti sugli investimenti liberati dall'ultimo CIPE che ha stanziato 6 miliardi di euro. Naturalmente potremmo proseguire a lungo con tante altre questioni aperte. Ma ho scelto solo gli ultimi tweet che ho rilanciato per mostrare anche plasticamente che le cose che abbiamo messo in cantiere sono davvero tantissime. Governare significa provare a fare le cose per bene. Senza demagogia, senza polemica, senza rabbia. Oggi leggevo che l'amministrazione comunale di Roma sta chiedendo aiuto per la gestione dei rifiuti all'Emilia Romagna: facile fare gli ambientalisti con i termovalorizzatori degli altri, no? E ironia della sorte vuole che l'aiuto venga da Parma dove la polemica contro il termovalorizzatore era stata una delle ragioni della vittoria a Cinque Stelle. La differenza tra noi e gli altri, alla fine, è innanzitutto nella capacità concreta di governare. Perché è difficile far credere che riuscirai a gestire le conseguenze di un referendum sull'Euro se quando amministri non riesci a tenere in vita un povero albero di Natale in piazza Venezia (Spelacchio, riposi in pace). La notizia più bella di queste ore, tuttavia, è più personale. Riguarda cioè una persona, un nostro amico, che è stato sottoposto per due mesi a una gogna mediatica assurda in ragione di una denuncia basata su sms privati. Si chiama Mattia Palazzi ed è il bravissimo sindaco di Mantova. Nei primi giorni dell'inchiesta molti chiedevano le sue dimissioni amplificando la grancassa mediatica orchestrata dai giustizialisti. Niente di nuovo sotto il sole, amici. I giustizialisti hanno scarsa fantasia, dicono sempre la stessa cosa. Mattia ha resistito e sinceramente non era facile per le pressioni incredibili che ha subìto: in quei giorni, e in quelle notti, l'ho sentito provato. Ma lo conosco come una persona generosa e sono fiero di esserne amico. Ieri è arrivata la richiesta di archiviazione perché gli sms erano stati intenzionalmente modificati (sta diventando un vizio, a quanto pare) e dunque Mattia potrà passare un Natale più tranquillo, nonostante tutto ciò che ha passato. Ci sarebbe da arrabbiarsi, da gridare, da scandalizzarci. Invito tutti a ricordarci ciò che ci stiamo dicendo da mesi, in tante vicende: ragazzi, il tempo è galantuomo, il tempo gioca con la nostra maglia. Lasciamo le polemiche a chi vive di quello. Noi teniamoci stretta la verità. Perché la verità prima o poi viene fuori e quando viene fuori la verità vera, la gioia di riabbracciare chi è davvero amico vale doppio. A tutte e tutti il sorriso più grande insieme all'augurio di Buon Natale! Un sorriso, Matteo https://mail.google.com/mail Titolo: CARLO BERTINI. Renzi: “Il Pd ha rimesso l’Italia in carreggiata, Europa e ceto.. Inserito da: Arlecchino - Dicembre 28, 2017, 06:41:31 pm Renzi: “Il Pd ha rimesso l’Italia in carreggiata, Europa e ceto medio le nuove sfide”
«Un accordo con Grasso? Vedendo i loro sondaggi non mi pare realistico. Il premier? Spero per l’Italia che sia un uomo del nostro partito» Su Berlusconi. «Ho fatto i calcoli delle ultime tre proposte elettorali di Berlusconi. Siamo già oltre 150 miliardi e la cosa folle è che non si scandalizzi nessun editorialista. Come le paga? Spunta un miliardario cinese all'improvviso come è successo per il Milan o alza le tasse?» Pubblicato il 28/12/2017 CARLO BERTINI ROMA Si chiude una legislatura tra le più travagliate. Matteo Renzi, quali sono le riforme che più hanno trasformato il Paese? «Lavoro, tasse e diritti. Ma nessuna riforma di questa legislatura ha trasformato radicalmente il nostro Paese, sarebbe presuntuoso sostenere il contrario. Più semplicemente l’Italia era in grave difficoltà, a un passo dalla bancarotta: con l’impegno di questa legislatura siamo tornati in carreggiata. Le riforme più importanti hanno riguardato il mondo del lavoro con il Jobs Act e Industria 4.0; il mondo delle tasse con 80 euro, Irap costo del lavoro, Imu prima casa; il mondo dei diritti, dalle unioni civili al terzo settore, dal “dopo di noi” al “fine vita”. Lavoro, tasse, diritti: in questi settori il cambio di passo c’è stato e nessuno che sia in buona fede può negarlo. Ma è un cambio di passo, non una trasformazione radicale. La strada è ancora lunga». Lei era sceso in campo per cambiare l’Italia. Dove sente di aver colto i risultati maggiori e quali sono state le resistenze più difficili da superare? «Il fatto che la cultura non sia più giudicata la cenerentola dei bilanci ma richieda investimenti straordinari, dalla gestione dei musei al finanziamento dei privati è una piccola cosa nel dibattito pubblico ma per me è elemento di grande orgoglio. Non siamo invece riusciti a portare con noi la maggioranza dei lavoratori del pubblico impiego e soprattutto della scuola: spero che il rinnovo del contratto sia una buona occasione ma non c’è dubbio che questo sia stato uno dei settori in cui abbiamo sofferto di più le resistenze». E ora quale dovrebbe essere una nuova agenda di riforme per il prossimo governo? «Non ci sono ricette magiche, ma c’è solo da continuare migliorando ciò che è stato impostato. Secondo Istat i lavoratori italiani erano 22 milioni nel 2014, sono 23 milioni oggi. Bene, un milione in più. Dobbiamo creare le condizioni per arrivare a 24 milioni, certo. Ma dobbiamo anche porci il problema di come migliorare la qualità di quel lavoro, non solo la quantità. E per farlo servono gli incentivi e gli sgravi certo, ma anche la certezza della giustizia o la semplicità della burocrazia. Una visione di insieme per i prossimi anni. Possiamo permetterci di parlare di futuro perché abbiamo fatto uscire l’Italia dalle sabbie mobili. Ma dire futuro non significa sparare promesse in libertà: oggi ho fatto i calcoli delle ultime tre proposte elettorali di Berlusconi. Siamo già oltre 150 miliardi e la cosa folle è che non si scandalizzi nessun editorialista. Come le paga? Spunta un miliardario cinese all’improvviso come è successo per il Milan o alza le tasse? Noi del Pd non proporremo riforme mega-galattiche, non scriveremo un libro dei sogni: siamo coerenti e concreti». Solo in Gran Bretagna risiedono 500 mila nostri connazionali, in gran parte giovani che hanno lasciato l’Italia negli ultimi 15 anni. Quali riforme potrebbero convincerli a tornare? «L’Italia deve essere all’avanguardia nell’attrarre intelligenze. Dobbiamo creare centri di ricerca globali dove poter far crescere i nostri talenti. Dove ricollocare chi vuole tornare in Patria, certo. Ma anche dover invitare i migliori cervelli di tutto il mondo. Non c’è solo l’emergenza dell’immigrazione da barconi, che abbiamo affrontato con umanità e onore, a differenza di altri Paesi europei: c’è anche un’immigrazione diversa, da coltivare e promuovere nelle università del Sud-Est asiatico o dell’America latina, nei centri di ricerca europei e africani. Fare dell’Italia un grande centro di attrazione di cervelli di tutto il mondo, bloccando la fuga e iniziando a importare ciò che oggi esportiamo». Obama ritiene che le democrazie avanzate debbano porsi la necessità di un nuovo welfare per far fronte all’impatto delle nuove tecnologie sul mercato del lavoro. Anche l’Italia ha bisogno di un nuovo welfare? «L’Italia ha un sistema di welfare che gli americani si sognano. Però possiamo e dobbiamo fare meglio. Perché la mancanza di sicurezza non è solo nella paura del crimine, ma anche nella paura del futuro. La gente è spaventata perché non ha più le certezze del passato, chiede protezione. E studiare un paracadute nuovo che protegga il ceto medio spaventato è una delle imprese più difficili da realizzare. Qui però sta la grande sfida dell’Europa. E la prossima legislatura dovrà vedere un protagonismo italiano su questo punto, accompagnando e stimolando la crescente leadership della Francia di Macron». Come mai ha scelto di correre per fare il senatore dopo aver caldeggiato la trasformazione della Camera alta in Senato delle autonomie? Non le pare una contraddizione? «Non è un contrappasso dantesco, ma la scelta responsabile di inchinarsi alla volontà popolare. Continuo a pensare che questo Paese avrebbe funzionato meglio con una sola Camera a dare la fiducia, ma ho perso quella battaglia. I cittadini hanno scelto di tenere vivo il Senato e adesso trovo doveroso sottopormi al voto degli italiani per entrare o meno in Senato. Anzi: ho letto che Salvini vuole sfidarmi dove mi candido io: lo aspetto nel collegio senatoriale di Firenze». Quale atteggiamento terrà nei riguardi dell’Europa di qui al voto? In primavera come sempre dovranno giudicare i nostri conti pubblici... «Noi diciamo da tempo che siamo per un’Europa capace di ripensarsi. Europa sì, ma non così. Tuttavia se guardiamo gli schieramenti in campo noi siamo l’unico polo realmente europeista. Pur di prendere una trentina di collegi in più Berlusconi ha imbarcato Salvini, unico caso europeo di popolari e populisti che stanno dalla stessa parte. Dall’altro i Cinque Stelle sono impressionanti nella loro assurda visione europea: propongono un referendum che non si può fare per votare no alla permanenza nell’Eurozona, sapendo che questa scelta affosserebbe la nostra economia. In questo scenario il centrosinistra è davvero l’unica chance di un’Italia europeista che vuole un’Europa diversa, più forte e più giusta. Quanto ai conti pubblici, abbiamo messo a posto i conti, nonostante il Fiscal Compact: dall’Europa ci attendiamo elogi, non polemiche». In caso di stallo dopo le urne, lei darebbe il suo ok ad un governo istituzionale, magari a guida Gentiloni? O chiederebbe un ritorno alle urne? «Quello che accadrà il giorno dopo lo deciderà il Presidente della Repubblica dopo aver visto i risultati e aver ascoltato le forze politiche. Nutro un rispetto non formale per le attribuzioni che la Costituzione ha dato al Capo dello Stato. Spero in un Governo guidato da un premier Pd non per spirito di corpo ma perché lo considero un fatto positivo per l’Italia. L’Italia è più sicura se guidata dal Pd: non è tempo di apprendisti stregoni che si qualificano come nuovi o del ritorno di chi ha fatto schizzare lo spread a livelli record. È tempo di solidità e di forza tranquilla». Ritiene possibile dopo il voto un accordo con il partito di Grasso per formare un governo, se aveste i numeri sufficienti? «Non abbiamo niente contro Grasso, ma vedendo quanto sono accreditati nei sondaggi non mi pare l’ipotesi più realistica». Il Pd cala nei sondaggi, anche per via delle banche. Cosa farà per invertire il trend? «Sulle banche rivendico ciò che abbiamo fatto a cominciare dalla riforma delle popolari. Non credo che i sondaggi calino per quello, ma c’ un solo modo per invertire la rotta: faremo tutti insieme la campagna elettorale. E appena partirà la campagna, finalmente, la musica cambierà. Il Pd se la gioca sul filo dei voti per essere il primo partito contro i Cinque Stelle: non dimentichiamo che due terzi dei seggi vengono attribuiti sulla base del sistema proporzionale dove conta il singolo partito. Sul terzo restante, che viene definito dai collegi, sono fiducioso del fatto che metteremo i candidati migliori. E che saremo il primo gruppo in Parlamento: pronto a scommetterci». Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. http://www.lastampa.it/2017/12/28/italia/politica/renzi-il-pd-ha-rimesso-litalia-in-carreggiata-europa-e-ceto-medio-le-nuove-sfide-tk4KPVmZ6PtASxVw29nzPJ/pagina.html Titolo: MATTEO RENZI Renzi si nasconde ma rischia di sparire Inserito da: Arlecchino - Gennaio 24, 2018, 11:40:14 pm Renzi si nasconde ma rischia di sparire
La scelta strategica del segretario Pd: silenzio, ciclismo, triathlon e spesa al supermercato. Intanto il premier Gentiloni si fa strada Di fronte a Beppe Grillo che rilancia la vena antimodernista dei Cinquestelle inneggiando alla povertà e alla “decrescita felice”, e a Silvio Berlusconi che torna a divertirsi nelle cerimonie ufficiali e aspetta sempre più fiducioso la sentenza di Strasburgo che deve riconsegnargli l’onore politico; la scelta di Matteo Renzi è di tutt’altro genere: si inabissa. L’ex premier, infatti, ha deciso di uscire (momentaneamente, of course) di scena e dedicarsi ad altre attività che non siano la politica: va in piscina, fa spesa al supermercato, si cimenta con il triathlon. Si tratta di un periodo di decantazione e di decompressione sia politica che personale: a quanto pare, una volta recuperato in pieno l’ottimale stato psico- fisico, il segretario del Pd tornerà più forte di prima per indicare la strada più breve che porta alle urne. I motivi di questa decisione appartengono in toto alla discrezionalità di Renzi. C’è anche chi, in vena di parallelismi storici, ha tirato in ballo Charles De Gaulle quando nel 1953, insoddisfatto della piega che avevano preso gli avvenimenti, si ritirò nella residenza di Colombey- le- deux- Eglises e ci restò sei lunghi anni o quasi, fin quando cioè i maggiorenti della Quarta repubblica, travolti dallo smacco algerino, non andarono in pellegrinaggio a pregarlo di tornare. Cosa che il generale fece, vergando una riforma costituzionale che toglieva di mezzo la «dittatura parlamentare» (definizione dello stesso rientrante) e consegnava poteri consistenti nelle mani del presidente della Repubblica eletto direttamente dai cittadini. Chissà se andrà così, se cioè Paolo Gentiloni si calerà nei panni di Chaban Delmas. E se il presidente attuale, Sergio Mattarella, sarà della stessa opinione. In ogni caso – e più realisticamente – nell’epoca della comunicazione social, istantanea e totalizzante, i sei anni di ritirata di de Gaulle sono destinati a diventare tutt’al più sei giorni. La rigenerazione renziana, infatti, minaccia di essere troncata dallo stop obbligatorio derivante dalla pronuncia della Corte costituzionale che l’11 gennaio deciderà se ammettere o no i referendum sul jobs act. Si tratta del cuore del renzismo, e se la Consulta darà via libera è impensabile che l’ex presidente del Consiglio se ne rimanga in disparte. Se non altro perchè se lo facesse darebbe l’impressione di non volersi cimentare in una battaglia che potrebbe essere il bis del referendum costituzionale. il suo atteggiamento verrebbe cioè interpretato come un atto di debolezza e non certo di forza. Nè è verosimile che Renzi taccia dinanzi al voto sulle mozioni di sfiducia presentate da Cinquestelle, Lega e Sinistra Italiana nei riguardi del ministro Giuliano Poletti. Siamo nell’ambito dello stesso campo: le politiche sul lavoro. Ma con una dose di veleno in più. La sinistra dem che fa capo a Roberto Speranza, infatti, ha annunciato che se non ci sono modifiche alla legge sui voucher e sull’articolo 18, potrebbero unire i loro voti ai sottoscrittori della mozione e dire sì alla sfiducia. Si potrebbe andare avanti, ma il senso è chiaro. In omaggio ad un impegno preso e ad una promessa fatta in tempi diciamo più facili, Renzi di fronte alla “strasconfitta” del 4 dicembre ha lasciato palazzo Chigi. Rimanendo però leader del Pd, ossia non solo del partito più grande d’Italia ma anche del perno sul quale, volenti o nolenti, poggia il sistema politico- istituzionale del Paese. Immaginare di conservare quella posizione e contemporaneamente di astenersi dall’intervenire sulle questioni politiche è inverosimile oltre che impraticabile: e questo Renzi lo sa benissimo. Infatti il nodo vero non sta nella strategia di sapore morettiano del “mi si nota di più se non ci sono o il contrario? ”, quanto nella difficoltà di individuare una convincente piattaforma politico- programmatica da offrire non solo al Nazareno ma alla larga fetta di italiani che in Renzi ancora confidano. La realtà è che il corposo no referendario non si è portato via solo le proposte di modifica costituzionale della legge Boschi ma, anche e soprattutto, ha azzerato la storytelling dell’ex sindaco di Firenze. Renzi infatti più di ogni altra cosa era le sue riforme. Cancellate quelle – prima i cambiamenti alla Costituzione e ora, forse, anche il jobs act – della visione renziana resta quasi nulla. O meglio, resta la rottamazione che tuttavia minaccia di travolgere proprio chi l’ha messa in campo. Dunque nel mentre si impegna a fare la spesa e si cimenta nel trittico nuoto- ciclismo- corsa, Renzi deve anche pensare a cosa dire agli italiani, a quale sogno consegnare loro per sedurli di nuovo e riconvincerli a seguire le sue indicazioni. Sapendo che nel frattempo non di sogni bensì di ostiche realtà è fatta l’agenda del suo successore. E che si tratta di realtà che non consentono fughe o rimpiattini. Come è noto, in politica non esistono vuoti. Più Renzi si ritrae, più gli spazi lasciati liberi verranno occupati da Gentiloni e dalla sua azione di governo. La cinghia di trasmissione esecutivo- partito funzionerà così. Magari risulterà sbilenca: ma allo stato alternative non ce ne sono. Da - http://ildubbio.news/ildubbio/2016/12/27/renzi-si-nasconde-rischia-sparire/ Titolo: MATTEO RENZI Martedì 27 febbraio 2018 Inserito da: Arlecchino - Febbraio 27, 2018, 05:34:47 pm Martedì 27 febbraio 2018
Enews 517 Cinque giorni al voto. Gli altri sono letteralmente terrorizzati dal fatto che noi saremo il primo gruppo parlamentare. E dunque ancora, in questi giorni, tutti attaccano noi. Sempre noi. Solo noi. I Cinque Stelle non parlano più di reddito di cittadinanza, ma solo di poltrone. E dicono che votare il PD non serve. Poi però chiedono ufficialmente al PD di appoggiare un inverosimile governo Di Maio. Delle due l'una: se i Cinque Stelle avranno i numeri per governare, noi faremo opposizione. Se i Cinque Stelle non hanno i numeri, non possono certo venire a chiederli a noi. E siccome non hanno i numeri, stanno falsificando i sondaggi come fossero bonifici ma non basta. L'ho detto forte ieri a Matrix. Forza Italia e la Lega cercano di nascondere le loro differenze attaccando "le sinistre". Sarà che abbiamo dimostrato, numeri alla mano, che la loro grande idea, la Flat Tax, non sta in piedi (il pezzo di Yoram Gutgeld è perfetto), ma loro si sono buttati sulla vecchia demagogia, anche a costo di sfiorare il senso del ridicolo (a Brescia Brunetta ha proposto di rimpatriare i 600.000 immigrati, cento alla settimana: occorrono solo 111 anni, come ha ben spiegato Bazoli). Qui però è finito il tempo delle chiacchiere. Non si può scherzare col fuoco. Vi ricordate come eravamo messi fino a qualche anno fa? Vogliamo ingranare la retromarcia? Mi appello ai moderati: davvero volete mettere l'Italia in mano a chi l'ha impoverita? In questi giorni l'odio contro di noi sta raggiungendo punte impressionanti. Sui social gira di tutto, dalle minacce di morte alle infamie più squallide. Addirittura esponenti delle Istituzioni e sindaci di grandi città pubblicano queste foto ovviamente nel silenzio dei media tradizionali. Penso che dobbiamo rispondere con il sorriso e una grinta ancora più forte. Punto su punto. Il PD sarà il primo gruppo parlamentare se tutti noi - nelle prossime ore - andremo alla ricerca degli indecisi, che sono ancora tantissimi. Io un indeciso l'ho convinto. O meglio: non sono stato io a convincerlo. Ma la sua famiglia lo ha convinto. Perché la differenza potete farla voi, facendovi sentire in casa, sul lavoro, al bar, nelle chat degli amici. Vi ricordate il primo spot? Adesso qui potete vedere il finale questo. Pensaci. Noi stiamo chiedendo il voto puntando al cuore e al cervello, non alla pancia. Pensaci. Noi siamo quelli che hanno la squadra più credibile, il programma più concreto, i risultati più realizzabili. Tre pensierini. Mi scrive Francesca: "Bene i 100 punti, Matteo. Ma non si vince con quella sfilza di cose fatte. I miei amici neanche vogliono leggerla. Qual è la priorità degli ultimi cinque giorni?" Risposta secca: le famiglie. Nella legislatura appena terminata abbiamo fatto il pieno alle imprese: irap costo del lavoro, ires, incentivi JobsAct, industria 4.0, pir, patent box. Continueremo con altre misure anche in questo settore. Ma la priorità numero uno sarà la famiglia. Abbiamo fatto il pieno alle imprese, facciamo il pieno alle famiglie. Soldi per ogni figlio, carta universale dell'infanzia, sostegno ai genitori sui servizi, piano asili nido e lotta alla povertà educativa, sociale, badanti, non autosufficienza, sanità pubblica. Leggete il programma: sono argomenti di cui non parla nessuno, ma che fanno la differenza. C'è chi propone di tagliare le tasse ai super ricchi, noi proponiamo di tagliare le tasse alle famiglie. Per chi vuole approfondire, ecco le schede elaborate dal nostro team economico. Salvini giura sul Vangelo e con il rosario in mano. "Non giudicate e non sarete giudicati" ci dicono i sacri testi. Ognuno fa come crede. Dico solo che a me quell'immagine stride. Perché portare in campagna elettorale, in quel modo, i simboli della fede mi sembra una strumentalizzazione.So che una parte del mondo cattolico non vuole votarci per le unioni civili: tra di loro ci sono anche miei amici, persone che conosco, persone cui voglio bene e a cui vorrò sempre bene. A loro ripeto: la fede è il valore più importante della mia vita. Ma non arriverò mai a strumentalizzarla su un palco elettorale. E se qualcuno decide di non votarmi per questo, lo rispetterò sempre ma un premier giura sulla Costituzione, non sul Vangelo. Si chiama laicità. Credo che mettere la fiducia sulle unioni civili sia stata una scelta giusta e doverosa, la rifarei domattina. Credo anche che questa legislatura sarà ricordata nel mondo cattolico anche come quella della riforma sul dopo di noi, sul terzo settore, sul reddito di inclusione, sull'autismo, sullo spreco alimentare, sulla difesa dell'ambiente con il Trattato di Parigi e gli ecoreati, sulla lotta al caporalato, sulle assunzioni perché senza lavoro non c'è dignità, sul servizio civile, sulla lotta per salvare le vittime dell’odio religioso come Meriam, sui salvataggi in mare, sulla battaglia contro la pena di morte all'ONU. E su molto altro. Ma se qualcuno – a fronte di tutto questo – vota Salvini perché Salvini giura sul Vangelo e sul rosario, faccia pure; sappia che io non farò a gara, non rilancerò. Non arriverò mai a strumentalizzare ciò che ho di più prezioso nella vita solo per prendere un voto in più. Sulla sicurezza. La destra ha bloccato per anni i contratti del comparto sicurezza. I Cinque Stelle propongono di tagliare gli stipendi delle forze dell'ordine. Noi siamo quelli che propongono diecimila nuove assunzioni, dopo aver sbloccato i contratti e fatto il riordino delle carriere. Le donne e gli uomini che vestono l'uniforme meritano il nostro sostegno, il nostro affetto. Ne parliamo questo pomeriggio al Nazareno con i ministri interessati e alcuni rappresentanti del mondo della sicurezza. Serietà e concretezza, non demagogia: questo è il PD. Sulla sicurezza gli altri hanno tagliato o vogliono tagliare: noi siamo gli unici che hanno investito e continueranno a farlo. Qui alcune interviste di questi giorni. Graditi come sempre i vostri commenti: Un sorriso, amici. Matteo P.S. Qui la mia app, qui quella del pd, qui i materiali da diffondere, via whatsapp, via email, sui social. Grazie, grazie di cuore per l'aiuto che ci state dando nel diffonderli. Domani uscirà un nuovo report sulla disinformazione e sulle fakenews. Anche per questo è fondamentale il vostro aiuto per combattere le falsità di questa campagna elettorale e per ribadire che la verità e la serietà pagano sempre. Da – Pd nazionale Titolo: Renzi: "Lascerò dopo nuovo governo. Pd all'opposizione". Inserito da: Arlecchino - Marzo 06, 2018, 02:09:37 pm Renzi: "Lascerò dopo nuovo governo. Pd all'opposizione".
Ma è scontro nel partito: "Via subito". Orfini: "Percorso previsto dallo statuto" L'addio del segretario sembrava imminente già in mattinata, ma ci sono state ore di riflessione col suo stato maggiore, poi il discorso. Che di fatto congela il passo indietro. E pone paletti sul futuro: "Noi all'opposizione, il prossimo segretario deve essere scelto con le primarie". Malumore, non solo nella minoranza. Zanda: "Non si danno dimissioni con manovre". Cuperlo: "Non si fa così, subito la direzione". Finocchiaro: "Dimissioni ma vanno annunciate, ma date". Orlando: "No a partito nel bunker". I renziani Ascani e Anzaldi contro chi attacca il leader: "Vogliono l'inciucio". Interviene Guerini: "Dimissioni sono verissime, lunedì la direzione" 05 marzo 2018 ROMA - "Lascio la guida del Pd, doveroso aprire una pagina nuova". Il segretario dem Matteo Renzi parla al Nazareno, dopo la netta sconfitta delle politiche. Ma precisa subito che resterà in carica fino alla composizione delle Camere e alla nascita del nuovo governo. Elezioni, Renzi: ''Lascio segreteria Pd, ma congresso dopo formazione governo'' Condividi Una pesante ipoteca sul futuro del partito. Significa che sarà proprio l'attuale segretario a guidare le consultazioni al Colle. Renzi avverte: "Saremo all'opposizione, il Pd non sarà mai il partito-stampella di un governo di forze anti-sistema". E ancora: "Da Di Maio e Salvini ci dividono tre elementi chiavi: il loro anti-europeismo, la loro anti-politica e l'odio verbale che hanno avuto contro i militanti democratici", quindi, "nessun inciucio, il vostro governo lo farete senza di noi. Provate se ne siete capaci, noi faremo il tifo per l'Italia". Rivendica i successi del governo di centrosinistra: "Siamo orgogliosi dei nostri risultati, ora riconsegniamo le chiavi convinti che di aver contribuito a creare un Paese migliore. Il nostro errore è stato non votare nel 2017". Pone anche paletti per la scelta del prossimo segretario dem: "Non deve essere espressione di caminetti ristretti" e chiede nuovamente le primarie. "Poi cosa farò io? Il senatore semplice". In pratica dimissioni sì, ma congelate. Fino al nuovo governo. O a nuove elezioni. Tanto che nel partito esplode il malcontento. Espresso subito da un veterano, il capogruppo dem al Senato Luigi Zanda: "La decisione di Matteo Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo. Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide di darle, si danno senza manovre. Quando Veltroni e Bersani si sono dimessi lo hanno fatto e basta. Un minuto dopo non erano più segretari". Stessa posizione di un'altra big storica del partito, Anna Finocchiaro: "Le dimissioni si danno, non si annunciano". E Gianni Cuperlo: "Da Renzi, coazione a ripetere gli errori. Chiedo l'immediata convocazione della direzione". Dal fronte renziano, intervengono Anna Ascani e Michele Anzaldi. La prima dice: "Zanda vuole inciuci e caminetti o vuole candidarsi a segretario". Il secondo: "Da Zanda polemica senza senso". Dal fronte opposto, scende in campo Andrea Orlando, ministro della giustizia ancora in carica. E le sue sono parole durissime: "Di fronte alla sconfitta più grave della storia della sinistra italiana del dopoguerra mi sarei aspettato una piena assunzione di responsabilità da parte di un segretario che, eletto con il 70% al congresso, ha potuto definire, in modo pressoché solitario, la linea politica, gli organigrammi e le candidature. Invece siamo alla ormai consueta elencazione di alibi e all'individuazione di responsabilità esterne. Lo stesso gruppo dirigente che ci ha condotto alla sconfitta oggi si riserva il compito di affrontare, senza nessuna autocritica, questa travagliatissima fase per il Pd e per il Paese. Noi siamo, tanto quanto Renzi, contro i caminetti ma anche contro i bunker." Deve intervenire il coordinatore, Lorenzo Guerini: "Nessuna dilazione, le dimissioni di Renzi sono verissime. Lo ha detto chiaramente in conferenza stampa: il Pd è all'opposizione, in coerenza con quanto detto in campagna elettorale da tutto il Pd. E nessuna gestione solitaria dei prossimi passaggi: lunedì prossimo faremo la Direzione nazionale e quello sarà il luogo e il momento per aprire una riflessione seria e responsabile sui risultati". E il presidente, Matteo Orfini: "Alla luce delle dimissioni del segretario, ho convocato la direzione per lunedì alle 15. E dopo la direzione fisserò la data di convocazione dell'assemblea nazionale che, come previsto da statuto, dovrà recepire le dimissioni e avviare gli adempimenti conseguenti. Questo prevede il nostro statuto, che come sempre rispetteremo". Alessandro Di Battista, dal Movimento 5 Stelle, fiuta subito l'aria di tempesta nel campo avversario: “Un discorso così strampalato non l'ho mai ascoltato, Renzi è veramente in confusione e non se ne rende nemmeno conto, pur di non dimettersi realmente è disposto a frantumare quel che resta del Pd e cosa pensa il Pd?". Già in mattinata, non appena si era diffusa la notizia delle possibili dimissioni, Beppe Grillo - arrivato a Roma da Genova - avea commentato a caldo: "Lo abbiamo biodegradato", tra le risate dei presenti. Elezioni, Di Battista: "Renzi? Pur di non dimettersi frantuma il Pd" L'addio alla segreteria dem di Matteo Renzi (era stato eletto l'8 dicembre 2013 con il 67,5% dei voti) stamani sembrava questioni di minuti poi la sua prima uscita pubblica di commento al voto è slittata fino al tardo pomeriggio. Con il leader chiuso per ore nel suo ufficio insieme ai fedelissimi. In mattinata l'agenzia Ansa aveva dato per certo il suo addio in giornata ma dopo pochi istanti era arrivata una precisazione dal suo portavoce, Marco Agnoletti: "A noi non risulta". Però su twitter il suo stretto collaboratore aveva poi scritto: "Il segretario parlerà oggi pomeriggio alle 17". Orario che poi è slittato di poco più di un'ora. Segno di una discussione infinita all'interno del partito. Una battaglia destinata a continuare. © Riproduzione riservata 05 marzo 2018 Da - http://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni2018/2018/03/05/news/elezioni_2018_renzi_si_dimette-190497785/?ref=RHPPTP-BL-I0-C12-P1-S1.12-T2 Titolo: Renzi si dimette da segretario del Pd: “Nessun inciucio, faremo opposizione” Inserito da: Arlecchino - Marzo 06, 2018, 02:22:21 pm Renzi si dimette da segretario del Pd: “Nessun inciucio, faremo opposizione”
Dopo il flop elettorale il segretario fa un passo indietro e chiede non un reggente “scelto dal caminetto” ma un candidato uscito dalle primarie Pubblicato il 05/03/2018 - Ultima modifica il 05/03/2018 alle ore 19:30 Matteo Renzi lascia la guida del Pd. Si presenta nel tardo pomeriggio al Nazareno, dopo numerosi rinvii per commentare il risultato delle Politiche. Rivendica con orgoglio le cose fatte in questi anni («Restituiamo le chiavi di casa, con una casa in ordine tenuta bene. Sono cresciuti Pil, export, consumi e posti di lavoro»). «Non faremo accordi. Il nostro posto in questa legislatura è all’opposizione. Lì ci hanno chiesto di stare i cittadini italiani e lì staremo», chiarisce. «Mi sento garante di un percorso politico e culturale. Abbiamo detto no a un governo con gli estremisti. Non abbiamo cambiato idea in 48 ore. Ci sono almeno tre elementi che ci separano da Salvini e Di Maio: l’anti europeismo, l’antipolitica e l’odio verbale che ha caratterizzato la loro campagna. Se siamo mafiosi, corrotti, impresentabili, con le mani sporche di sangue, sapete che c’è? Fate il Governo senza di noi». Punta il dito contro l’ingovernabilità uscita dalle urne anche da parte di chi ha vinto le elezioni, al termine di una campagna elettorale che definisce «piena di bugie», facendo risalire tutto a un anno e mezzo fa, al risultato del Referendum costituzionale. Individua l’errore principale nel non essere andati alle urne in «una delle due finestre del 2017, in cui si sarebbe potuta imporre una campagna sull’agenda europea». La prima finestra, indicata da Renzi, era quella in concomitanza con le amministrative, la seconda con quelle tedesche. «Non abbiamo colto quella opportunità» commenta con un implicito riferimento al Capo dello stato Mattarella. L’altro errore è stato essere stati in campagna elettorale «fin troppo tecnici, non abbiamo mostrato l’anima delle cose fatte e da fare». Per la sostituzione alla guida del partito ha chiesto a Orfini di convocare l’assemblea Nazionale per aprire la fase congressuale: «Non c’è nessuna fuga. Terminata la fase dell’insediamento del Parlamento e della formazione del governo, io farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice, il senatore di Firenze, Scandicci, Insigna e Impruneta. Si riparte dal basso, dal recupero del rapporto con tutte le periferie del nostro territorio, le periferie della quotidianità». Sarà ancora lui a gestire per il partito la fase delle consultazioni. Poi chiede ai suoi non un reggente «scelto dal caminetto» ma un candidato uscito dalle primarie. Renzi è stato circondato in giornata da pochi fedelissimi: Guerini, Orfini, Lotti, Bonifazi. A un certo punto è arrivata da Bolzano una raffreddata Maria Elena Boschi, tra i pochi big a vantare la vittoria nel collegio grazie al sostegno massiccio della Svp, che si è infilata in ascensore ammettendo che sì, per il Pd «è stata una sconfitta netta». Nella sala ingombra di telecamere, presenti anche tanti cronisti stranieri, nessun esponente del partito da dove sono presto arrivate le critiche. «La decisione di Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo» dice il capogruppo Pd Luigi Zanda. «Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide, si danno senza manovre». Serve «collegialità che è l’opposto dei caminetti» e «annunciare le dimissioni e rinviarne l’operatività per continuare a gestire il partito e i passaggi istituzionali delle prossime settimane è impossibile da spiegare». «Quando Veltroni e Bersani si sono dimessi - ricorda Zanda - lo hanno fatto e basta. Un minuto dopo non erano più segretari». Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. Da - http://www.lastampa.it/2018/03/05/italia/speciali/elezioni/2018/politiche/renzi-si-dimetter-nel-pomeriggio-martina-verso-la-guida-del-pd-MSmLLvs2r2hx3fuNxMSiHM/pagina.html Titolo: RENZI meriti molti (uno aver isolato l'ipocrisia di questi Comunisti nell'Ulivo) Inserito da: Arlecchino - Marzo 07, 2018, 01:51:23 pm Meriti molti (uno per tutti aver eliminato l'ipocrisia di "questi" Comunisti nell'Ulivo)
Comunisti "altri e diversi", invece, ci saranno indispensabili. Altro merito avere scosso la "crosta" di certi immobilismi muffiti nel CentroSinistra (operazione ancora in fase iniziale). Per i difetti: se smette non ci interessa elencarli, se invece seguita nell'impegno a favore del CentroSinistra se la vedrà con noi strada facendo. Non ci ha convinto ieri e oggi, ancor meno potrà farlo domani, se non cambia se la vedrà con i Semplici Cittadini di CentroSinistra. ciaooo Da Fb del 6 marzo 2018 Renzi. Titolo: RENZI ha molti meriti (uno per tutti aver eliminato l'ipocrisia di "questi" ... Inserito da: Arlecchino - Marzo 09, 2018, 05:42:38 pm Meriti molti (uno per tutti aver eliminato l'ipocrisia di "questi" Comunisti nell'Ulivo)
Comunisti "altri e diversi", invece, ci saranno indispensabili. Altro merito avere scosso la "crosta" di certi immobilismi muffiti nel CentroSinistra (operazione ancora in fase iniziale). Per i difetti: se smette non ci interessa elencarli, se invece seguita nell'impegno a favore del CentroSinistra se la vedrà con noi strada facendo. Non ci ha convinto ieri e oggi, ancor meno potrà farlo domani, se non cambia se la vedrà con i Semplici Cittadini di CentroSinistra. ciaooo Da Fb del 6 marzo 2018 Renzi. Titolo: MATTEO RENZI scrive una enews e 'brucia' la direzione Dem: da oggi 'guerra' ... Inserito da: Arlecchino - Marzo 15, 2018, 10:05:51 am Renzi c'è, si fa intervistare dal Corsera, scrive una enews e 'brucia' la direzione Dem: da oggi 'guerra' nel partito
Si era ritratto dalla scena, diceva di 'non esistere' e invece il segretario dimissionario piazza le sue mine e torna alla lotta 12/03/2018 13:50 CET | Aggiornato 6 ore fa Angela Mauro Inviata speciale - Huffpost Italia Democratic Party (PD) leader Matteo Renzi talks during a news conference, the day after Italy's parliamentary election, in Rome, Italy March 5, 2018. REUTERS/Remo Casilli Aveva detto che se ne andava a sciare e che comunque oggi in direzione non sarebbe venuto. Chiunque della stampa lo abbia sentito dopo la sconfitta elettorale, si è visto rispondere: "Non esisto, occupatevi degli altri partiti...". E invece Matteo Renzi, pur dimissionario dalla segreteria Pd e comunque assente dalla direzione nazionale di oggi, c'è, eccome. Si fa intervistare da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera. E poi scrive pure una enews, a ridosso della direzione Pd del pomeriggio. Di fatto, 'brucia' la riunione convocata per formalizzare le sue dimissioni e per stabilire il percorso da qui all'assemblea di aprile. Annuncia battaglia. Nella enews, pubblica la risposta ad un elettore ammalato di Sla, conosciuto a Milano nel tour elettorale. Eccola: " Caro Paolo, io non mollo. Mi dimetto da segretario del PD come è giusto fare dopo una sconfitta. Ma non molliamo, non lasceremo mai il futuro agli altri. E quando penso che in Italia ci sono persone come te, innamorate della vita e talmente coraggiose da non aver paura di sfidare malattie devastanti, ti dico che sono orgoglioso di averti conosciuto. E di lottare insieme a te. Abbiamo perso una battaglia, caro Paolo, ma non abbiamo perso la voglia di lottare per un mondo più giusto. Lo faremo insieme, con il nostro sorriso e con la nostra libertà. Io non mollo, ma soprattutto non mollare tu! Ti abbraccio e ti voglio bene, Matteo. A tutti quelli che mi hanno scritto chiedendomi di non mollare rispondo nello stesso modo. E dico innanzitutto grazie per questi bellissimi anni di lavoro insieme. Il futuro prima o poi torna. Nell'intervista al Corsera, ribadisce che il posto Pd è all'opposizione, nega di voler andar via dal Pd: "Me ne vado dalla segreteria, non dal partito". Parla di "viltà" e "piaggeria", sparge veleni, cominciando a togliersi vari sassolini dalle scarpe. "Da oggi comincia la guerra", ci dice una fonte renziana scrutando i movimenti delle truppe in cui sono divisi i Dem. Dietro, c'è la consapevolezza che l'area di maggioranza, finora militarizzata intorno al segretario fiorentino, si stia sfaldando. E come sempre succede in questi passaggi complicati per il Pd, i riflettori sono puntati sulle truppe di Franceschini, terra di mezzo e 'tesoretto' di ogni maggioranza interna. Non tanto per i numeri: i franceschiniani sono stati ridotti dall'ultimo congresso, sia in direzione, che in assemblea. Quanto perché, una volta dimesso Renzi, il ministro dei Beni Culturali e i suoi potrebbero fare scouting tra gli stessi renziani e in altre aree, per dire tra i parlamentari del vicesegretario Maurizio Martina, che oggi dovrebbe ricevere l'incarico di traghettare il partito fino all'assemblea di aprile, che eleggerà un segretario (ipotesi Delrio per ora è la più gettonata dall'attuale maggioranza, sempre se resterà tale). Dal punto di vista renziano, l'obiettivo di queste manovre dovrebbe essere quello di eleggere capigruppo più moderati. Vale a dire più aperti ai richiami alla responsabilità di Sergio Mattarella: oggi il presidente ne ha fatto un altro, il secondo nel giro di quattro giorni. Insomma, manovre per spostare pian piano il Pd da una posizione di opposizione dura e pura ad una più flessibile di governo ed evitare così il ritorno al voto. Si vedrà. Ma ciò che è ancor più chiaro oggi è che Renzi non starà a guardare. Combatterà. Per ora dentro il Pd. E chissà che dal suo cilindro non esca un accordo con il centrodestra, escluso quello con il M5s. Non passa giorno senza che Renato Brunetta ripeta l'appello al Pd. Oggi lo fa su Radio Capital: "Il centrodestra potrebbe anche dire 'diamo una presidenza delle Camere al Partito democratico', nella linea di un percorso da costruire, di un appoggio esterno ad un prossimo governo...". Per ora Renzi sembra aver già messo da parte la sconfitta. E torna alla lotta, come faceva quando doveva scalare il partito o il governo. Nella enews scrive dei suoi propositi da senatore Dem: Avevo promesso ai miei concittadini di lavorare ad una proposta di legge sui temi delle botteghe, dell'artigianato, dei piccoli negozi di vicinato. Nei prossimi giorni riunirò le associazioni di categoria fiorentine per farmi aiutare a valorizzare i punti più importanti, dalla burocrazia alla sicurezza, dalle tasse alla gestione del web. Se, tra gli amici del popolo delle E-News, qualcuno ha voglia di dare una mano, aspetto volentieri i contributi su matteo@matteorenzi.it. Ma soprattutto sottolinea che adesso il tono è cambiato: Visto che non ho più ruolo istituzionale posso permettermi di tornare ai vecchi tempi quando le E-News erano ricche di consigli di lettura o di visione. Il consiglio di questa settimana settimana è vedere The Post. Non solo perché un film diretto da Steven Spielberg con Meryl Streep e Tom Hanks vale la pena a prescindere. Ma anche perché il tema del rapporto tra stampa e potere è fondamentale e lo sarà sempre di più nei prossimi anni. "La libertà di stampa è fatta per i governati, non per i governanti": concetto bellissimo che vale per il mondo del 2018, non solo per quello di mezzo secolo fa. E infatti quanto bisogno abbiamo di giornalisti che facciano scoop con le vere notizie – togliendo ogni alibi al potere – e non si limitano a rincorrere il chiacchiericcio quotidiano... Un film bellissimo, da vedere. Fossimo ai tempi del liceo mi piacerebbe farci un cineforum con qualche giornalista e qualche politico. Tema fantastico per le assemblee studentesche, insomma. E non solo per quelle. Nel frattempo voglio che sia chiaro che continueremo il nostro impegno contro le Fake News ringraziando fin da adesso i tanti amici che vorranno darci una mano con segnalazioni dal mondo della rete. Anche in quella battaglia non si molla. Un sorriso, oggi doppio (nonostante il tempo fuori). Matteo Da - http://www.huffingtonpost.it/2018/03/12/renzi-ce-si-fa-intervistare-dal-corsera-scrive-una-enews-e-brucia-la-direzione-dem-da-oggi-guerra-nel-partito_a_23383257/?utm_hp_ref=it-homepage Titolo: Renzi aveva il potere è l'ha gestito male, vittima del suo essere! Inserito da: Arlecchino - Aprile 14, 2018, 06:20:03 pm Renzi aveva il potere è l'ha gestito male, vittima del suo essere!
Nel senso che, nella situazione in cui si è voluto mettere (con una buona scelta), procurandosi un gran numero di nemici", doveva realizzare se stesso e sviluppare con molta più energia il suo “fare politica”. Tenendo in miglior conto la giungla di avversità esistenti in Italia. Avere rinunciato all’idea del Partito della Nazione è stato un errore, che altri hanno sfruttato. Confliggere con i piani alti della politica (anche quella di "casa" PD) e “chiacchierare” con la gente usando un linguaggio che non appariva e non era, nazional-popolare lo ha danneggiato, in quanto l’ha reso meno credibile anche sulle questioni positive, già di fatto realizzate. Da Sindaco a Statista c’è molta strada da percorrere, ed è in salita. Oggi l’errore definitivo che Renzi può commettere è rinunziare ad un’azione di forza, ritirando le dimissioni e presentandosi alla direzione con un progetto di pochi punti targato CentroSinistra. Non più solo PD. Far nascere adesso (in ritardo, ma in tempo) il Polo Democratico di CentroSinistra legato ad un Progetto di Scopo da realizzare nell'immediato futuro, è la leva vincente per prepararsi alle prossime elezioni, stabilendo, con chi stare, fissando i limiti dei valori di Centro progressista e della Sinistra social-democratica con cui realizzare, insieme, un Riformismo reale e non mistificato da Ideologie di tipo diverso. Egoismi compresi. ciaooo Titolo: Caro Matteo Renzi, 6 mesi non sono pochi, potrebbero anche essere "tempi giusti" Inserito da: Arlecchino - Aprile 22, 2018, 02:14:31 pm Caro Matteo Renzi, 6 mesi non sono pochi, potrebbero anche essere "tempi giusti", ma per fare cosa?
La "prova del nove" si fa dopo aver eseguito un'operazione aritmetica ... l'operazione "politico-sociale" che proponi, c'è già o ci sarà? Se c'è già gradiremmo conoscerla per ragionarci tra noi "non ancóra renziani". Se la conosceremo solo da ottobre in avanti sarà possibile che molti di noi cambino l'ancóra con un più (diventando "non più renziani"). Oppure altri salpino l'àncora e si mettano in navigazione per altri lidi. ciaooo Titolo: MATTEO RENZI Enews 524, giovedì 19 aprile 2018 Inserito da: Arlecchino - Aprile 24, 2018, 05:10:18 pm Enews 524, giovedì 19 aprile 2018
19 aprile 2018 Ben ritrovati, care amiche e cari amici. Ho saltato un paio di settimane nel nostro filo diretto e spero che possiate perdonarmi. Ho iniziato a viaggiare in giro per il mondo, come un ex premier deve fare, compatibilmente con gli impegni da Senatore. Viaggiare serve per restare aggiornato, per aiutare le realtà italiane, per imparare. La visita in Qatar è stata dovuta all’inaugurazione di una splendida Biblioteca Nazionale voluta dalla Sceicca Mozah che avevo incontrato a Palazzo Chigi: ricordate il nostro slogan “per ogni euro investito in sicurezza, un euro investito in cultura”? Lo trovo più attuale che mai. La difesa della cultura, l’investimento nella conoscenza: questo è il primo modo per prevenire il terrorismo, per combattere la povertà educativa, per affermare una visione diversa della nostra società. Ci credo molto. E del resto, come diceva Marguerite Yourcenar, “fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro l’inverno dello spirito”. Vedere bambini e soprattutto bambine stare in biblioteca con un libro in mano è il gesto più rivoluzionario per il Medio Oriente e per il mondo intero. Non posso aggiornarvi sull’attività parlamentare perché fino a quando non si forma il Governo le Commissioni non partono. E l’Aula procede a rilento. D’altro canto eravamo stati facili profeti nel dire che dopo la bocciatura della riforma costituzionale formare un Governo sarebbe stato molto complicato per chiunque. Non faccio dunque polemiche: questa situazione era stata largamente annunciata da chi come noi aveva combattuto per quel referendum. Adesso, come abbiamo detto dal primo giorno, tocca ai vincitori delle elezioni. E vediamo se saranno in grado di farcela. Tocca a loro, come diciamo da sempre. Nel 2014, quando siamo andati al Governo, non avevamo tempo. Avevamo l’acqua alla gola. Nel giro di qualche settimana abbiamo dovuto dare la svolta. Nei primi 45 giorni – gli stessi che ci separano dal voto del 4 marzo – avevamo già approvato le misure di urgenza: gli 80 euro, il tetto ai dirigenti pubblici, la diminuzione dell’Irap per le aziende, i primi decreti legge su PA e Lavoro. Avevamo del resto un PIL a meno 2%, il Fiscal Compact senza flessibilità in agguato, la questione immigrazione esplosa e una crisi aziendale dopo l’altra. Non potevamo permetterci il lusso di rinviare. Oggi la situazione del nostro Paese è migliore. E bisognerebbe avere l’onestà intellettuale di riconoscerlo. Il Fondo Monetario ha appena rivisto al rialzo le stime sul PIL, gli occupati crescono secondo i dati INPS, i flussi migratori sono in netto calo. Persino su alcuni argomenti poco piacevoli come il pagamento delle tasse, chi in queste ore è alle prese con la dichiarazione precompilata tocca con mano le novità dei nostri mille giorni. C’è ancora moltissimo da fare. Ma l’Italia sta meglio rispetto a quattro anni fa grazie alle riforme. E se anche non ci viene riconosciuto dalla grande maggioranza dei commentatori, tutti sanno che questa è la verità. Chi in queste ore sta trattando per formare il Governo sa di non avere la spada di Damocle come avevamo noi quattro anni fa. Da italiano sono contento. Perché per noi l’Italia viene prima di tutto. Vi leggo sempre volentieri: matteo@matteorenzi.it A quelli che sentono la mancanza delle nostre iniziative politiche (e magari mi contestano di essere troppo lontano come mi hanno scritto in tanti dopo la pubblicazione di questo post) vorrei inviare un abbraccio grande. E l’invito a sbarrare nell’agenda le date 19-20-21 ottobre 2018. Quel fine settimana tornerà la Leopolda. Si chiamerà “La prova del Nove” e il titolo non ha bisogno di molte spiegazioni. Sarà il nono anno, certo. Ma non solo per questo sarà la prova del Nove. Sto ricevendo molte segnalazioni del popolo delle E-News su argomenti specifici da portare all’attenzione del Senato. Vi sto leggendo e vedo che ci sono molti stimoli. Ci sono molti colleghi bravissimi e cercherò d’accordo con il capogruppo Marcucci di farmi aiutare da loro per affrontare i tanti spunti che mi state ponendo. Ai sindaci, soprattutto, dico che ci sono dei bravissimi colleghi – sia alla Camera che al Senato – che hanno fatto esperienza come primi cittadini. Vorrei che i sindaci di tutta Italia, di qualsiasi colore politico, sapessero che siamo a disposizione per cercare di affrontare insieme le questioni delle singole comunità. Proporrò che si costituisca un gruppo di lavoro su questi temi, coordinato da un ex sindaco. Per quello che riguarda il mio meraviglioso collegio, segnalo una bella iniziativa del Sindaco di Firenze sull’educazione civica, che mi impegno a portare avanti insieme ai colleghi appena iniziati i lavori. Segnalo anche un paio di date: il millenario dell’abbazia di San Miniato che parte il prossimo 27 aprile e il prossimo 7 maggio una bella iniziativa sull’Aeroporto organizzata al teatro Puccini. Sul fronte sanitario ho partecipato all’inaugurazione della Fondazione Paolo e Marlene Fresco a Fiesole con la nuova sede che sarà centro di iniziative per la lotta contro il Parkinson, in collaborazione con New York University e istituzioni italiane. Pensierino della sera. Vorrei che arrivasse un abbraccio grande a Paolo Borrometi e a Federica Angeli. Sono due giornalisti, minacciati per ciò che hanno scritto. Minacciati cioè per aver fatto il loro lavoro. Vorrei che sentissero forte l’affetto del popolo delle E-News ma anche di tutte le donne e gli uomini di buona volontà del nostro Paese. Vivere sotto scorta non è piacevole nonostante la professionalità degli agenti che ti aiutano. Farlo perché sei un giornalista è inaccettabile. Mi sono lamentato spesso del modo con il quale molte testate ci trattano (e continuerò a farlo, naturalmente ). Ma vedere due ragazzi più o meno della nostra generazione rischiare la vita per quello che hanno scritto è inaccettabile. Un abbraccio a Paolo, un abbraccio a Federica, noi siamo con voi. Comunque e ovunque. Un sorriso, amici E buon 25 aprile a tutti! Matteo P.S. Segnalo una bella intervista di oggi a Francois Hollande, la trovate qui. Titolo: Renzi: “M5s? Metodi da baby gang. Inserito da: Arlecchino - Aprile 26, 2018, 06:04:25 pm Renzi: “M5s? Metodi da baby gang.
Piuttosto che governare con loro torniamo al voto, tanto mi rieleggono” L'ex premier, secondo Il Giornale, si sente messo con le spalle al muro ma avverte: "Scelgo il muro. Io in Parlamento ci torno, Franceschini non so. Questi non hanno capito che non mi faccio intimidire". E si affida al pallottoliere: "Per fare l'accordo non basta avere il 51% della direzione, devi assicurarti almeno l'85% dei gruppi. Numeri che non avranno mai". Mattarella pronto a dare più tempo a Fico Di F. Q. | 26 aprile 2018 “Hanno impostato una trattativa violenta, con minacce e ultimatum. Vogliono mettermi con le spalle al muro: o dico sì al governo con i grillini o c’è il muro, cioè le elezioni. Ma io scelgo il muro, cioè le elezioni. Tanto io in Parlamento torno, Franceschini non so. Questi non hanno capito che non mi faccio intimidire. Sono pronto a trattare pure con Belzebù, ma certo non ho paura di chi nelle trattative politiche si comporta come sul web, con i metodi delle baby gang“. Sono i commenti attribuiti dal Giornale a Matteo Renzi, che avrebbe “comunicato agli amici” queste valutazioni rispetto all’ipotesi – che per l’ex segretario dem è da escludere – di un esecutivo M5s-Pd. Prospettiva che il presidente della Camera Roberto Fico cercherà di concretizzare con il nuovo giro di consultazioni partito oggi nell’ambito del mandato ricevuto dal capo dello Stato Sergio Mattarella. Il giorno dopo il “sondaggio” dell’ex premier tra i fiorentini sull’opportunità di un accordo, Yoda – alias Augusto Minzolini – sulle pagine del quotidiano berlusconiano dà conto anche di come Renzi si senta forte dei calcoli al pallottoliere sui voti in direzione Pd e in Parlamento. Non a caso, come ricorda La Stampa, ha fatto convocare per mercoledì 2 maggio, lo stesso giorno in cui si terrà la direzione (ma oggi si è saputo che slitterà al 3) una riunione del gruppo al Senato dove i numeri sono a suo favore. “Per fare un governo con i grillini”, è la riflessione che gli attribuisce il Giornale, “non basta avere il 51% della direzione, devi assicurarti almeno l’85% dei gruppi parlamentari. Numeri che non avranno mai, specie con la rivolta che c’è nel partito”. L’ex segretario: “Possiamo dare il Paese ai giustizialisti?” – Secondo il Giornale, il senatore di Rignano imputa a chi ha aperto al dialogo di aver impostato male la trattativa, o di puntare solo a mantenere salda la poltrona. E annota che tra i “colpevoli” verrebbe annoverato pure il Colle, che “ha accelerato i tempi del confronto e non ha impedito che i grillini usassero l’arma di ricatto delle elezioni”. Insomma, Renzi si sente messo al muro da “minacce, ricatti e ultimatum”, per di più da parte di quelli che – annota Yoda – giudica “giustizialisti” per le reazioni alla sentenza palermitana sulla trattativa Stato-mafia. Pd spaccato. Bindi: “Valutare accordo ma non sulle poltrone” – Il Pd però è spaccato, con il reggente Maurizio Martina schierato tra gli aperturisti insieme – come riporta il Corriere – al governatore pugliese Michele Emiliano, al deputato Francesco Boccia e ai compagni di corrente, da Dario Ginefra a Beppe Lumia. E anche Dario Franceschini, Piero Fassino, Andrea Orlando, Graziano Delrio e Anna Finocchiaro, tra gli altri, spingono per il confronto. Per Rosy Bindi, intervistata da Repubblica, “prima vengono gli interessi del Paese, poi quelli del Pd. Perciò penso che occorra valutare se un accordo con i 5Stelle sia possibile. Ma attenzione, non è che si vanno a vedere le carte in nome di un nobile motivo e poi lo si trasforma in un accordo di potere, sulle poltrone, sul numero dei ministeri, su chi va a Palazzo Chigi e chi no”. Scalfarotto: “Distanza enorme sui valori, nascerebbe mostro incomprensibile” – Contrari invece i fedelissimi renziani Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Matteo Orfini, Michele Anzaldi, Simona Bonafè, Silvia Fregolent, Alessia Morani, Alessandra Moretti. Ma anche il ministro dello Sviluppo uscente Carlo Calenda che ribadisce: “Tra noi e il M5S c’è una distanza siderale, bisogna avere un minimo comune denominatore”. Un’alleanza con M5s “sarebbe un voltafaccia ai nostri elettori”, dice dal canto suo Anzaldi in un’intervista al Foglio. “Per tutta la campagna elettorale abbiamo detto ‘mai con gli estremisti‘ e ora ci alleiamo con chi non soltanto ci ha dato per cinque anni dei ladri, dei mafiosi e via insultando, ma ha anche un programma che è opposto al nostro? Credo che nessun elettore Pd capirebbe. Basta vedere come reagiscono i nostri militanti sui social, ma lo stesso avviene con le persone nei bar o per strada”. “A un governo con i grillini sono decisamente contrario, e non solo per le differenze programmatiche. Esiste una distanza enorme sui valori“, aggiunge il deputato dem Ivan Scalfarotto intervistato da Repubblica. Dall’intesa tra Pd e M5S “verrebbe fuori un mostro incomprensibile per gli elettori di entrambe le forze”. “Poche ore fa ero in piazza per il 25 aprile, a Milano. Non c’era una bandiera dei Cinquestelle. Come dice Di Battista, per loro fascismo e antifascismo sono categorie superate. Per noi no, la libertà deriva dalla Resistenza”. “Io sono per rispondere no all’offerta di Di Maio”, commenta Sandro Gozi. “I dieci punti dei Cinque Stelle saranno anche di buon senso. Ma loro sono per abolire il Jobs act? Bene, noi no. Loro sono per l’abolizione della riforma Fornero? Noi no”. Il Corriere attribuisce anche a Paolo Gentiloni la valutazione che un accordo con M5s è “implausibile “. Ma in mattinata fonti di palazzo Chigi hanno smentito le frasi sulle “scelte che attendono il Partito democratico”. Da - https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/26/renzi-m5s-metodi-da-baby-gang-piuttosto-che-governare-con-loro-torniamo-al-voto-tanto-mi-rieleggono/4317057/ Titolo: Renzi ha ragione! Inserito da: Arlecchino - Aprile 26, 2018, 06:06:05 pm Renzi ha ragione!
Concedersi, senza dettare condizioni, ad un rivale che tende ad annientarti, è stupido e vile. Da mesi noi, Cittadini di CentroSinistra, si propose su Fb quello che adesso i 5Stelle sbatacchiano furbescamente sul tavolo, la stesura di un Programma di Governo da presentare agli elettori delle due parti in gioco (non lo si fece nel PD e i risultati li conosciamo). Con i bari si può anche tentare di giocare, ma assolutamente vanno disarmati ... truffati e ammazzati sarebbe troppo. ciaooo Titolo: MATTEO RENZI indica la necessità delle RIFORME DI SISTEMA! Inserito da: Arlecchino - Aprile 30, 2018, 10:02:09 am Renzi parla in chiarezza e propone ciò di cui abbiamo (in Italia) necessità impellente: le RIFORME DI SISTEMA!
La stupidità politica del NO al Referendum, deve essere annullata e corretta con una migliore cernita delle priorità da riformare. Ma soprattutto sarà necessaria una migliore e meno arrogante Comunicazione agli elettori, del perchè e il come si intende mettere mano alle Riforme. Dopo il Caos generato dai NON vincitori di oggi, è aumentata la capacità di riflettere del Cittadino. ggiannig Titolo: MATTEO RENZI in TV indica una nuova via ... giusta! Inserito da: Arlecchino - Maggio 01, 2018, 12:26:59 pm A CHE TEMPO CHE FA
29 aprile 2018 - 22:02 Renzi: «No a un governo con i 5 stelle Pronti a discutere con tutti su regole» Di Redazione Online «O M5s e Lega fanno il governo» o «scriviamo le regole insieme»: legge elettorale e una riforma costituzionale per «fare iniziale davvero la terza Repubblica» perché con due Camere «il ballottaggio non è possibile». Così l'ex premier ed ex segretario del Pd Matteo Renzi, ospite di «Che tempo che fa» su Rai1, ha chiuso la porta a una possibile intesa con il Movimento 5 stelle, rilanciata nella mattinata di oggi, dalle colonne del Corriere della Sera, da Luigi Di Maio. «Siamo seri, chi ha perso le elezioni non può andare al governo. Il Pd ha perso, sette italiani su dieci hanno votato M5s o Lega. Non possiamo con un gioco di palazzo rientrare dalla finestra dopo che abbiamo perso le elezioni. Se sono capaci ci provino Di Maio e Salvini». Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione propri e di terze parti per le sue funzionalità e per inviarti pubblicità e servizi in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie clicca qui. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. L'incontro? «In streaming» Quando Fazio gli ha domandato se il Pd avesse intenzione di incontrare il Movimento 5 Stelle, Renzi ha precisato: «È un bene incontrarsi. È un fatto normale. L'incontro però andrebbe fatto in streaming. Così vediamo se hanno cambiato idea su vaccini, tav, reddito di cittadinanza...». Però «votare la fiducia ad un governo Di Maio no», ha concluso. C'è una parte del Pd pronto a votare quella fiducia? «Deciderà la direzione», ha replicato l’ex segretario dem. «Ci sono 52 senatori Pd e per fare il governo bisogna che 48 votino a favore. Io non ne conosco uno». «Pd non è socio di minoranza della Casaleggio associati» «Io ho iniziato a fare politica contro il partito-azienda, era il partito azienda di Berlusconi, vorrei evitare che il finale del Pd sia quello di diventare socio di minoranza di un altro partito-azienda la Casaleggio associati. Se posso dare un suggerimento ai 5 Stelle, stracciate quel contratto incostituzionale che avete firmato con una azienda privata», ha proseguito l'ex premier. «Andare a fare i badanti a un governo Cinque stelle sarebbe offensivo per loro, oltre che per il Pd». Le «truppe» Pd E se il Movimento rinunciasse alla condizione di affidare a Luigi Di Maio il ruolo di premier? «Questo lo hanno escluso loro. Questa storia di Di Maio premier a tutti i costi la pensa solo Di Maio: ha preso il 32 per cento, è un bellissimo risultato ma l'aritmetica ha le sue regole. Il 32 per cento non è il 51 per cento. Ma venire a chiedere a chi hai accusato di tutti i mali e con cui non condividi l'idea del futuro di fare un governo...», ha chiarito Renzi. «Io dico la mia, poi deciderà la direzione, l'assemblea dei parlamentari: il Pd ha perso, non abbiamo paura e ripartiamo da zero». L'intesa sulle regole Quanto a Movimento 5 Stelle e Lega, se non dovessero riuscire a formare il governo dovrebbero, secondo Renzi, fare «una proposta per cambiare la legge elettorale e una proposta di riforma costituzionale» per arrivare al ballottaggio alle urne. «Io dico: "scrivete voi le regole". Noi saremmo disponibili. Vogliono far partire la Terza Repubblica? Siano capaci di fare una proposta per il Paese». «Collaboratrice domestica di Fico in nero? È grave» Inevitabile, al termine dell’intervista, un riferimento alla vicenda raccontata da «Le Iene» — e ripresa da Gian Antonio Stella sul Corriere — che riguarda il presunto pagamento in nero di una collaboratrice domestica da parte del presidente della Camera, Roberto Fico. «È grave? Sicuramente sì. Il concetto è molto semplice — ha concluso Renzi — non puoi dire “io facevo beneficenza e lei si sdebitava”». Il senatore Pd ha anche detto che «è giusto che Fico venga in Parlamento a chiarire». La replica di Bugani: «Renzi arrogante» Immediate le repliche del Movimento. «Quando vuol far ridere, sbaglia la battuta. Quando vuol fare lo statista, pecca di arroganza. Quando vuol fare il realista, emerge un finto modesto. Quando vuol giocare in attacco, sbanda in curva. Quando vuol ribaltare la frittata, gli cadono le uova sui piedi», ha scritto in un post su Facebook Massimo Bugani, consigliere comunale M5S di Bologna, membro dell'associazione Rousseau e tra gli esponenti più vicini ai vertici del Movimento — commentando, senza citarlo direttamente, le parole di Renzi in tv. Da - http://www.corriere.it/politica/18_aprile_29/renzi-chi-ha-perso-elezioni-non-puo-andare-governo-no-un-governo-pd-m5s-f33ff0e2-4bdc-11e8-8cfa-f9edba92b6ed_amp.html Titolo: Merola usa argomenti "contro Renzi" da condominio di periferia. Inserito da: Arlecchino - Maggio 02, 2018, 06:37:04 pm Merola usa argomenti "contro Renzi" da condominio di periferia.
Renzi ha fatto bene a dimettersi, hanno sbagliato tutti gli altri, corresponsabili del fallimento PD, che le hanno accettate senza dimettersi anche loro. Non possiamo accettare di far zittire un nostro Leader (che ci fa incazzare a volte e anche spesso) ma è capace di idee sulle riforme istituzionali per una svolta corretta, solo perchè i nani di partito e i politici concorrenti ne hanno invidia. ciaooo Da Fb 1 maggio 2018 (sindaco contro) Titolo: MATTEO RENZI ha certamente aspetti e comportamenti da correggere, ma ... Inserito da: Arlecchino - Maggio 06, 2018, 06:31:04 pm Renzi ha certamente aspetti e comportamenti da correggere, ma gli si deve riconoscere almeno tre meriti:
1) avere evitato al PD una scelta da mentecatti (avvicinarsi ai 5Stelle); 2) avere indicato un Progetto, da elaborare ma non abbandonare mai più (le Riforme Istituzionali); 3) aver fatto emergere, alla nostra conoscenza, la personalità contorta di alcuni protagonisti del vertice PD. ciaooo Titolo: Commenti su Renzi Inserito da: Arlecchino - Maggio 13, 2018, 05:59:03 pm Commenti su Renzi
vincesko • 2 settimane fa Articolo del 19.5.2015. Io so solo che: 1. Renzi ha una sola stella polare: la sua carriera, come concretizzazione della sua autoaffermazione, che trova l'energia formidabile nel suo essere un Edipo nato e pasciuto. 2. A questo obiettivo strategico egli è disposto a sacrificare tutto, dimostrando una spregiudicatezza, una flessibilità, una spietatezza fuori dal comune. 3. Non ha veri valori, se non come effetto indiretto di reminiscenze infantili e adolescenziali: vedi ad esempio il ripristino del nome di Festa dell'Unità, appetto di una sua scelta concreta di abbandonare al suo destino di chiusura il giornale che le dava il nome e lo giustificava. 4. Egli è un bugiardo inveterato, educato alla scuola spietata e finalizzata al contratto del venditore diretto. 5. Ha iniziato il suo percorso governativo mosso da intenti di sinistra: iscrizione del PD al PSE, dopo anni che se ne parlava e non lo si faceva; gli 80€/mese; un messaggio forte orientato all'abbandono della famigerata ed ossimorica austerità espansiva, per il quale occorrevano molte risorse finanziarie. 6. Ma si è scontrato col muro tedesco della egemone Merkel e l'inconsistenza dell'appoggio del mediocre e subito "convertito" Hollande, intimidito - pare - nei consessi latomistici di stampo elitario e reazionario, per cui con spregiudicatezza e prontezza tattica e irretito dalla prospettiva di far parte dei suddetti consessi ha rinunciato subito (ammesso e non concesso che l'avesse coltivata per un solo istante) all'opzione di reperire i soldi all'interno chiedendoli agli unici che, dopo 330 mld di manovre correttive molto inique varate nella scorsa legislatura dai governi Berlusconi (per 4/5) e Monti (per 1/5), li hanno, cioè i ricchi, ha fatto rapidamente una conversione a 180 gradi e sposato le proposte di Marchionne, della Confindustria e del prudente Padoan (latore degli input UE basati sul rigore) e sacrificato sia gli interessi delle classi medio-basse, sia le scelte di sinistra e chi (apparentemente) li rappresentava all'interno del PD. 7. In un quadro siffatto, è perfino ridicolo riesumare, come ha fatto incongruamente la voltagabbana Serracchiani, il nome dell'"ottuso" (= intelligentone) massimalista Bertinotti, per dire dell'inclinazione tafazziana dei "sinistri", il solito mantra di fare il gioco del nemico. Quando il nemico è ora in casa e - oggettivamente - si chiama Renzi. Io, da sempre riformista di sinistra, già alle elezioni europee, cambiando la mia scelta pluridecennale, non ho votato PD, semplicemente perché: a) Renzi (che io, fino alla defenestrazione sleale del debole Letta, pur non avendolo mai votato, avevo sempre difeso) è un contaballe compulsivo (difetto esiziale, secondo me, per un leader di sinistra) e b) il PD non mi rappresentava più, anzi rappresentava scelte opposte di stampo destrorso. Il PD, perciò, non è un paradosso, ma la mutazione degli interessi rappresentati. Da - http://www.glistatigenerali.com/milano_partiti-politici/scegliere-da-che-parte-stare/ Titolo: Ora Renzi non può più farsi il suo partito. E ha un piano B. di FRANCESCO RUSSO Inserito da: Arlecchino - Maggio 30, 2018, 11:40:45 pm Ora Renzi non può più farsi il suo partito. E ha un piano B
Fossero vere o meno le voci sulle intenzioni dell'ex premier di fondare un soggetto politico 'macroniano', le elezioni anticipate cambierebbero tutto. Ora l'obiettivo è riconquistare la leadership dem. Usando Calenda come ariete Di FRANCESCO RUSSO 30 maggio 2018, 07:00 Incassata la peggior sconfitta elettorale della storia del Pd, dopo il 4 marzo al Nazareno la proverbiale "analisi della sconfitta" si è trasformata in un processo a Matteo Renzi, il leader che aveva prima portato il partito al trionfale 40% delle elezioni europee e poi, un po' vittima di un successo forse irripetibile, lo aveva progressivamente trascinato verso un inarrestabile erosione di consensi. I giorni successivi al voto furono agitatissimi, con il segretario che prima annunciava le dimissioni e poi le congelava (con l'apparente obiettivo di bloccare una possibile intesa con il M5s) e poi lasciava la reggenza al vice Maurizio Martina. Un passo di lato che però non diminuì il tasso di litigiosità all'interno di un partito spaccato, che faticosamente cercò l'unità in una convulsa direzione per poi tornare a sfasciarsi il giorno dopo, con Dario Franceschini nel ruolo di nuova nemesi dell'ex sindaco di Firenze. Pochi giorni prima le tensioni avevano aggiunto l'apice con l'apparizione di una sorta di "lista di proscrizione" dei membri del partito favorevoli all'accordo con i grillini, prospettiva poi tramontata perché, alla conta, i renziani si sarebbero rivelati maggioranza. Il Pd resta sull'Aventino. L'apertura (effimera) a Gentiloni L'8 maggio, quando la prospettiva di un voto anticipato appariva abbastanza concreta, Renzi annuncia che il candidato premier del Pd sarà Gentiloni e alcune divisioni appaiono ricompattarsi. Verrebbe da dire che, se Renzi avesse preso questa decisione prima del 4 marzo, il Pd non sarebbe andato così male. I dem si erano infatti presentati alle urne senza un candidato premier chiaro, probabilmente perché Renzi stesso puntava a tornare a Palazzo Chigi. Ma la mancata ricandidatura del premier uscente, che pure godeva di una buona popolarità, aveva dato agli elettori l'idea che fosse il Pd per primo a non credere nei risultati del suo governo. Senza contare una campagna elettorale sbagliata, che non aveva puntato su due dei maggiori traguardi dell'esecutivo Gentiloni che, se sottolineati con efficacia, avrebbero arginato i consensi di grillini e leghisti: ovvero il reddito di inclusione da una parte e la riduzione degli sbarchi di migranti dall'altra. Ora Renzi non può più farsi il suo partito. E ha un piano B Paolo Gentiloni e Matteo Renzi Un partito personale? Il sodalizio tra Di Maio e Salvini e il successivo incarico a Giuseppe Conte cambia tutto. La prospettiva (poi tramontata in pochi giorni) di un esecutivo in carica per cinque anni riaccende le voci su un Renzi che, stanco di un partito perennemente spaccato, dove uno dei principali motivi del contendere è la sua persona, sarebbe pronto a lanciare un partito autonomo di profilo centrista ed europeista, sullo stile di En Marche! insomma. E misurare la sua popolarità personale di fronte agli elettori. A scriverne in modo esplicito è Il Giornale, secondo il quale “le due anime del Pd, o di quel che ne è rimasto, stanno volando verso la scissione, o meglio, l'anima renziana punta a rinascere in un nuovo soggetto politico. Un nuovo soggetto in gestazione, la cui costruzione è in fase avanzata con tanto di modelli e di scadenze, affidata alle cure di un vero e proprio team”. Il quotidiano di Sallusti parla di una nuova "Leopolda" in autunno che segni la nascita del nuovo soggetto politico. Fosse o meno questo l'intento dell'ex premier, il naufragio dell'esecutivo giallo-verde (salvo il probabile colpo di scena di un nuovo tentativo con l'appoggio di Fdi) e la prospettiva di nuove elezioni già in estate, lo ha reso impraticabile. Ora Renzi deve provare, nuovamente, a riprendersi il partito. Il 'fronte repubblicano' Le polemiche seguite alla crisi istituzionale che ha coinvolto il Quirinale, dopo il veto su Paolo Savona a via XX settembre e la conseguente remissione dell'incarico affidato a Conte, ricompattano, per una volta, il Pd che si schiera compatto a fianco di Mattarella. Renzi appare in diretta su Facebook mostrando i toni battaglieri di un tempo. Accusa Lega e M5s di aver consegnato il Paese all'instabilità, definisce le prossime elezioni un "referendum sull'Europa" e invita alla formazione di un "fronte repubblicano", un "fronte ampio contro gli sfascisti". Nelle stesse ore i medesimi concetti vengono espressi da Carlo Calenda. Una sintonia che appare concordata. "Va fatto un Fronte repubblicano che unisca chi si riconosce nelle istituzioni repubblicane e nella nostra collocazione europea e occidentale. Lista unica e un solo obiettivo: non vedere distruggere quello che è stato costruito da tre generazioni di italiani", dice Calenda, utilizzando praticamente le stesse parole. Secondo Il Sole 24 Ore, Gentiloni si appresta ormai a diventare il candidato degli antirenziani, mentre Renzi - che non intende correre di nuovo per Palazzo Chigi ("giocherò da mediano", dice) vuole puntare sul ministro dello Sviluppo Economico uscente. I due si somigliano, sia per i modi franchi e a volte bruschi che per l'orientamento centrista e non ideologico. "Come che sia, sia Gentiloni sia Renzi sia Calenda sono consapevoli che qualche possibilità di successo c’è per il Pd solo se a vincere sarà l’unità e la fine delle liti sulla leadership e sulla composizione delle prossime liste elettorali", prosegue il quotidiano, "intanto la reggenza di Maurizio Martina alla guida del Pd si avvia per così dire a stabilizzarsi, ipotesi sostenuta da settimane da Franceschini e dallo stesso Gentiloni, dal momento che di fronte al nuovo scenario di elezioni a settembre i renziani non hanno più l’intenzione di porre all’ordine del giorno la questione del congresso anticipato. Non ci sarebbe il tempo, e le priorità sono cambiate velocemente". Calenda, intanto, in un'intervista al Corriere mette le mani avanti: il leader del "fronte repubblicano" c'è già. E si chiama Paolo Gentiloni. Un messaggio a Forza Italia L'invito a coalizzare le forze europeiste appare rivolto a Forza Italia. Sulla carta, l'alleanza di centrodestra rimane ma tra gli azzurri il nervosismo cresce e in molti temono che Salvini possa scegliere di continuare a lavorare con i Cinque stelle. Berlusconi non vuole però prendersi la responsabilità della rottura e il primo 'stress test' è stato superato: Forza Italia, come la Lega, non voterà la fiducia a Cottarelli (sempre che - in queste ore la situazione è assai fluida - l'ex commissario alla spending review si presenti davvero alle camere). Certo, nel lungo periodo il partito potrebbe dissolversi e, se sempre più suoi esponenti cercheranno riparo all'interno della Lega, non è da escludere che i più moderati si farebbero attrarre da un Pd 'macronizzato' con il quale sarebbero sicuramente più in sintonia. Che un simile scenario possa concretizzarsi nel tempo, sembra molto breve, che ci potrebbe separare da nuove elezioni non appare semplice, a meno che a decidere, clamorosamente, di rompere non sia Salvini. Se dopo il voto anticipato si riproponesse il sodalizio giallo-verde, invece, il "partito della nazione" che Renzi non ha mai smesso di sognare potrebbe diventare realtà molto in fretta. Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it Da - https://www.agi.it/politica/renzi_pd_governo_elezioni-3966850/news/2018-05-30/ Titolo: Che fine ha fatto Renzi? La vita da giramondo dell'ex premier Inserito da: Arlecchino - Giugno 04, 2018, 12:34:30 pm Che fine ha fatto Renzi? La vita da giramondo dell'ex premier
In un'intervista al Corriere dice di voler stare fuori dai giochi per qualche mese e si toglie qualche sassolino dalle scarpe 04 giugno 2018, 09:36 Cristiano Minichiello / AGF Una nuova vita "fuori dal giro per qualche mese". Matteo Renzi parla dalle pagine del Corriere della Sera e traccia la sua nuova 'road map': rimanere dietro le quinte, aiutare la ricostruzione del Pd limitando le incursioni nella scena politica. Un nuovo inizio da raccontare, quello di senatore semplice di Firenze e Scandicci che ha iniziato a girare il mondo facendo discorsi, invitato in Paesi stranieri tra lobby, partiti politici, capi di Stato e grandi imprenditori. "Sul Pd la palla è in mano a Martina. Io sono intervenuto solo per bloccare l'intesa con il M5s. Non mi interessa fare alcuna corrente" promette. Renzi, nelle settimane scorse, era già volato in Kazakistan per tenere un discorso, pochi giorni dopo essere stato in Qatar, assieme al fidato Marco Carrai, per incontrare l'emiro Tamim Bin Hamad al-Thani, che gestisce un fondo sovrano da 250 miliardi di dollari. Domenica l'ex premier si trovava a Pechino per tenere un discorso sulla Via della Seta e la cultura e tornando dalla Cina per poche ore si presenterà in Aula per votare (contro) la fiducia al governo Conte. "Hanno promesso sogni da 100 miliardi: il reddito di cittadinanza ne vale 20, la Flat tax 60, quota 100 vale 16, le clausole Iva 12" riflette Renzi "iI libro dei sogni del governo Lega-MES costa 100 miliardi. Dobbiamo essere i primi a farci sentire quando finirà la luna di miele". I mesi di basso profilo dell'ex premier dovrebbero durare fino ad ottobre, quando (dal 19 al 21) a Firenze tornerà la Leopolda, appuntamento al quale Renzi si presenterà per il lancio del nuovo libro che sta scrivendo: "Sarà un evento vecchio stile, come all'inizio, con protagonista la società civile". E con un ultimo sassolino: "Chi mi ha combattuto per anni dall'interno del Pd, dicendo che ero poco di sinistra, ora si trova Salvini al Viminale". Da - https://www.agi.it/politica/che_cosa_fa_renzi-3988447/news/2018-06-04/ Titolo: Renzi cambia vita, tra viaggi e conferenze (pagate). (quindi Gomez che vuoi?) Inserito da: Arlecchino - Giugno 10, 2018, 12:55:55 pm Renzi cambia vita, tra viaggi e conferenze (pagate). “Starò fuori dal giro per qualche mese”, ma resta al Senato e nel Pd
L'ex premier gira il mondo tra Qatar, dove ha incontrato l'emiro al-Thani, Stati Uniti e Sudafrica, dove viene invitato da lobby, partiti politici, capi di stato e grandi imprenditori per tenere interventi remunerati. In un colloquio con il Corriere promette di rimanere dietro le quinte, ma al contrario di altri "ex" diventati oratori, come Blair e Clinton, lui è ancora un politico Di F. Q. | 4 giugno 2018 Aveva detto che avrebbe fatto semplicemente il senatore, ma ha iniziato a girare il mondo tenendo conferenze remunerate, grazie agli inviti di lobby, partiti politici, capi di stato e grandi imprenditori. E’ la nuova vita del 43enne Matteo Renzi raccontata dal Corriere della Sera: “Starò fuori dal giro per qualche mese”, è la nuova promessa dell’ex premier. Dovrebbe rimanere dietro le quinte almeno fino al 19 ottobre, giorno in cui a Firenze tornerà la Leopolda. Intanto seguirà gli esempi di Tony Blair e Bill Clinton, per citare i più noti, da tempo impegnati in conferenze e dibattiti. Loro però sono diventati oratori dopo aver abbandonato la carriera politica, mentre Renzi, tra speech e viaggi, continuerà a percepire lo stipendio a Palazzo Madama e a rimanere all’interno del Pd. La meta preferita sembrano essere gli Emirati arabi, dove nel suo ultimo viaggio, secondo la ricostruzione dal Corriere, ha incontrato, insieme a Marco Carrai, l’emiro Tamim Bin Hamad al-Thani che gestisce un fondo sovrano da 250 miliardi di dollari. Ma volerà anche negli Stati Uniti per le celebrazioni dei 50 anni dall’assassinio di Bob Kennedy e poi in Sudafrica per il centenario dalla nascita di Nelson Mandela. Tra un viaggio e l’altro, Renzi ha garantito che si tratterrà dal fare incursioni nei dibatti interni al Partito democratico: “La palla è in mano a Maurizio Martina: non mi interessa fare alcuna corrente “, ha detto nel colloquio con il quotidiano di via Solferino. L’ultimo intervento di Renzi però, ospite da Fabio Fazio su Rai1 a “Che tempo che fa”, aveva fatto saltare l’accordo tra i dem e il M5s, con Luigi Di Maio che aveva commentato: “Il Pd non riesce a liberarsi di lui. Oggi abbiamo avuto la prova che decide ancora tutto Renzi col suo ego smisurato “. L’attuale senatore Pd ha rivendicato ancora quella scelta, dicendo di aver fatto “la cosa giusta “. Poi ha attaccato il nuovo governo: “Lega e grillini hanno promesso un libro dei sogni da 100 miliardi – ha detto al Corriere – E noi dovremo essere i primi a farci sentire quando gli italiani capiranno che le risorse per realizzare i sogni non ci sono, e finirà la luna di miele”. “Adesso tocca a loro”, ha ripetuto ancora l’ex premier. Che nel frattempo a un’agenda fitta di impegni, grazie alla rete di relazioni internazionali intessute nei sui mille giorni a Palazzo Chigi. E’ già stato in Kazakistan, poi dall’emiro al-Thani insieme a Carrai. Sarà a Palazzo Madama giusto il tempo per il voto di fiducia al governo Conte, dove forse potrebbe già infrangere la promessa del silenzio, prima di volare nuovamente via dall’Italia, ad Arlington, per tenere un discorso in ricordo di Bob Kennedy. Il 18 luglio invece sarà in Sudafrica per un altro intervento, in questo caso sulla figura di Mandela. Tutto in vista del ritorno sulla scena politica che, se stavolta riuscisse davvero a mantenere la promessa, è programmato per la tre giorni della Leopolda a fine ottobre. Il periodo coinciderà anche con il lancio di un nuovo libro a cui Renzi già sta lavorando. “Sarà un evento vecchio stile, come all’inizio, con protagonista la società civile”, ha raccontato al Corriere. L’ex premier spera nei passi falsi del governo M5s-Lega e vuole farsi trovare pronto: “Bisogna riprendere il contatto con la realtà delle cose, con i problemi della gente fuori”, ha predicato, senza però resistere alla tentazione di un’ultima stoccata ai rivali interni al suo partito: “Chi mi ha combattuto per anni nel Pd, dicendo che ero poco di sinistra, ora si trova Salvini al Viminale”. … Grazie, Peter Gomez di F. Q. | 4 giugno 2018 Titolo: Matteo Renzi compra una villa a Firenze da 1,3 milioni di euro. Inserito da: Arlecchino - Giugno 30, 2018, 05:11:38 pm Matteo Renzi compra una villa a Firenze da 1,3 milioni di euro.
A gennaio aveva detto: “Sul conto ho 15mila euro” Il quotidiano La Verità racconta come l'ex segretario abbia firmato un preliminare d'acquisto per una casa da 1.230.000 più altri 70.000 per un terreno agricolo di 1.580 metri quadrati adiacente al giardino. Due settimane fa ha versato una caparra da 400mila euro con 4 assegni circolari da 100mila euro. Solo sei mesi fa, invece, aveva mostrato a Matrix il suo conto corrente Di F. Q. | 29 giugno 2018 Una villa in via Tacca a Firenze, 276 metri di superficie catastale, 11,5 vani, due livelli con salotto triplo, grande cucina abitabile, studio, tre camere e tre bagni, terrazza. Costo: un milione e trecentomila euro. Acquirenti: il senatore Matteo Renzi e la moglie Agnese Landini. L’ex presidente del consiglio ha comprato una nuova casa. O meglio sta per comprare: lo scrive il quotidiano La Verità che racconta come Renzi abbia firmato un preliminare d’acquisto nello studio fiorentino del notaio Michele Santoro per una villa da 1.230.000 più altri 70.000 per un terreno agricolo di 1.580 metri quadrati adiacente al giardino. Due settimane fa – ricostruisce il giornalista Giacomo Amadori – l’ex segretario del Pd ha versato una caparra da 400mila euro con quattro assegni circolari da 100mila euro l’uno, emessi il 12 giugno scorso dal Banco di Napoli, l’istituto a cui si affidano i parlamentari. Il resto, e cioè circa 900mila euro, Renzi proverà a trovarli con un mutuo, il quarto che si andrebbe a sommare alla rata mensile da 4.250 euro che paga del 2012. Insomma, un’uscita fissa pesante anche per un senatore. Soprattutto perché, come ricorda sempre il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, solo pochi mesi fa Renzi aveva assicurato in televisione di avere un conto corrente molto più modesto. “Non ho niente da nascondere, da premier non mi sono arricchito. Ecco il mio conto corrente. Il 30 giugno 2014, quando ho cominciato a fare il presidente, avevo 21.895 euro e oggi ho 15.859 euro. Sempre se mia moglie nel frattempo non ha fatto qualche spesa. C’è l’idea che chi fa politica magari sia un po’ traffichino, uno che mette il naso in tante vicende”, aveva detto a Matrix il 18 gennaio del 2018. Sei mesi dopo, però, ecco che l’ex sindaco di Firenze ha comprato casa dalla signora Natalia Gajo, classe 1928, e dai suoi due figli: Giusto Puccini, 68 anni, docente di Istituzioni di diritto pubblico, tra i giuristi favorevoli al Sì al referendum costituzionale, e la sorella Oretta, 61 anni, dal 1987 dipendente dell’ex Provincia di Firenze, guidata da Renzi tra il 2004 e il 2009. La villa di via Tacca era stata messa in vendita originariamente a un milione e mezzo ma l’ex premier è riuscita a ottenerla offrendo duecentomila euro in meno. Non è l’unico colpo di fortuna di questa storia. Il 23 aprile del 1986 (dopo l’entrata in vigore della legge sui condoni edilizi del 1985) i proprietari presentano domanda di sanatoria edilizia per “alcuni ampliamenti e modifiche interne ed esterne”. Quando arriva la risposta del comune di Firenze? Più di trent’anni dopo. Alla richiesta, infatti, “ha fatto seguito il rilascio da parte del sindaco della concessione edilizia in sanatoria numero 3150/2017”. “Come mai ci sono voluti 31 anni e l’attuale giunta per ottenere risposta?”, attacca Francesco Torselli, capogruppo di Fratelli d’Italia al consiglio comunale. “A Firenze evidentemente esiste un metodo infallibile per uscire dalle sabbie mobili della burocrazia: avere Matteo Renzi come prossimo acquirente. Di tutto questo, ovviamente, chiederemo spiegazioni al sindaco Nardella”. Ma non solo. Perché il consigliere comunale del partito di Giorgia Meloni racconta anche altro. “Pochi giorni fa i residenti della zona mi hanno chiamato per ringraziarmi per la battaglia condotta negli ultimi 4 anni per consentire che questa “strada privata” fosse dotata di una sbarra – dice Torselli – Dal 2014 a oggi si erano rivolti senza fortuna ai vari assessori alla Mobilità e avevano persino presentato esposti in Tribunale. Ma ora sembra che l’autorizzazione alla chiusura da parte del Comune sia arrivata. Purtroppo, visto il nome del nuovo residente, temo di non potermene intestare il merito”. E visto che adesso Renzi è a caccia di un mutuo da 900mila euro, La Verità ne approfitta per fare i conti in tasca all’ex premier, già titolare di tre finanziamenti. Uno è del 2004: 300mila euro restituibili in vent’anni a 1.600 euro al mese per la villa comprata dall’allora presidente della provincia di Firenze a Pontassieve e mai venduta. Un altro è del 2009, da 160mila euro – 800 euro ogni trenta giorni – sempre per lo stesso immobile. Il terzo era arrivato nel 2012 quando il padre e la madre di Renzi avevano venduto la loro casa a Rignano sull’Arno ai quattro figli. Che per comprarla avevano dovuto accendere un mutuo da 1,3 milioni di euro: all’allora primo cittadino del capoluogo toscano era toccata una rata da 325mila euro, cioè 1.850 euro al mese. In totale sono 4.250 euro di mutui che dal 2012 escono ogni trenta giorni dal conto corrente di Renzi per estinguere i vari finanziamenti. A questi si andrebbe a sommare una nuova, sostanziosa, rata se alla fine il mutuo per la villa di via Tacca dovesse essere concesso. Da - https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/29/matteo-renzi-compra-una-villa-a-firenze-da-13-milioni-di-euro-a-gennaio-aveva-detto-sul-conto-ho-15mila-euro/4459552/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2018-06-29 Titolo: "Con l'estate finirà anche la luna di miele tra governo e elettori. Inserito da: Arlecchino - Luglio 29, 2018, 01:04:12 pm "Con l'estate finirà anche la luna di miele tra governo e elettori. Già vedo i primi segnali" L'ex segretario ora senatore del Pd Matteo Renzi ha parlato in una lunga intervista al Sole 24 Ore 27 luglio 2018, 08:13 "Questo è il decreto disoccupazione". "Con l'estate finirà la luna di miele e M5S e Lega dovranno dire in legge di bilancio cosa faranno e cosa no". Così Matteo Renzi in una lunga intervista a Il Sole 24 Ore, la prima a tutto campo dalle elezioni politiche. "Ho visto finalmente le prime proteste delle aziende del nord est. Sono certo che è solo l'inizio, e che nelle prossime settimane la reazione si estenderà a tutto il Paese". "Di Maio mette in difficoltà le imprese creando incertezza - continua Renzi-. Con il Jobs act non sono solo aumentarti gli occupati di oltre un milione, raggiungendo un risultato storico, ma sono anche drasticamente diminuiti del 75% i contenzioni in materia di lavoro che hanno sempre creato problemi e difficoltà alle imprese e agli investimenti per l'occupazione". "Con l'estate finirà la luna di miele, dovranno dirci cosa faranno e cosa no [...] Dovranno dirci cosa faranno e cosa no, dopo aver promesso la luna, dal reddito di cittadinanza alla Fornero". Secondo Renzi il ministro dell'Economia Tria "ha una responsabilità molto pesante, essendo l'unico di cui i mercati si fidano. Ma non basta". L'ex premier e segretario del Pd è molto critico anche sulla vicenda Ilva: Di Maio, ha detto "ha promesso per cinque anni di chiudere l'Ilva e ora sta solo cercando di salvare la faccia. Alla fine sarà costretto ad ammettere che noi abbiamo salvato Taranto" e sulla decisione di azzerare il Cda di Ferrovie dello Stato: "Vogliono solo prendersi le poltrone, altrimenti non si spiega come possano mandare via un amministratore delegato e un Cda che ha portato Fs oggi a fare investimenti per il 2018 pari a 8 miliardi e a far crescere del 25% il numero dei passeggeri". E ricordando lo scomparso Sergio Marchionne "che ha salvato la Fiat quando sembrava impossibile" trae un ammonimento generale: "C'è chi crede che il futuro sia il reddito di cittadinanza e i sussidi. E chi crede che sia l'impegno, la fatica, l'industria. Io non ho dubbi sulla parte da cui stare". Secondo Renzi il vero banco di prova per il governo giallo-verde sarà la prossima legge di bilancio: "Già a fine settembre, con la nota di aggiornamento al Def, si capirà se l'Italia sta andando nella direzione dello sforamento del deficit". E sulle frizioni tra Salvini-Di Maio e Tria: "Dopo cinque mesi dalle elezioni è l'ora di finirla con le schermaglie tattiche. Sono il Governo, governino se sono capaci. Altro che propaganda come hanno fatto con vitalizi, decreto Di Maio, aereo di Stato". Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it Da - https://www.agi.it/politica/matteo_renzi_intervista-4206851/news/2018-07-27/ Titolo: ANDREA CARUGATI. Renzi, accoglienza da star a Ravenna: “M5s ha una classe ... Inserito da: Arlecchino - Settembre 08, 2018, 08:37:12 pm Renzi, accoglienza da star a Ravenna: “M5s ha una classe dirigente di scappati di casa”
Satira spietata sul governo, a cominciare dal ministro del Trasporti, definito «Toni Nulla» E ai “compagni”: «Avete combattuto il Matteo sbagliato» Pubblicato il 06/09/2018 - Ultima modifica il 07/09/2018 alle ore 00:16 ANDREA CARUGATI La folla a Ravenna è grande, e anche molto calda. Per Matteo Renzi è la prima volta da ex alla festa nazionale dell’Unità, ma l’accoglienza resta da star: più di un migliaio di persone lo abbraccia, applausi a scena aperta, quasi una nostalgia per il segretario che c’era e che – sottolinea lui stesso- ora non c’è più. Renzi conferma che non correrà per la terza volta alle primarie da leader, «per due volte mi hanno fatto la guerra dall’interno, ho subito il fuoco amico, ora basta!». La voglia di combattere è rimasta intatta, «ma non vengo qui per fare polemiche tra le correnti del Pd». La vis polemica è contro il governo gialloverde, «M5s ha una classe dirigente di scappati di casa, che rischia di far fare all’Italia la fine del Venezuela». Non una parola sui perché della sconfitta di marzo («Per chi è interessato c’è un mio video su Facebook»), «ma ora basta con l’autoanalisi è il momento di rimetterci in marcia e fare l’opposizione». L’ora di comizio si trasforma in una satira spietata e indignata sul governo e sui ministri, dal premier Conte che «non è andato al Consiglio dei ministri perché doveva fare un esame di inglese» fino a Di Maio, Salvini, Toninelli. Col ministro del Trasporti, definito «Toni Nulla», Renzi è durissimo: «E’ un bugiardo, mente sapendo di mentire, dice di aver subito pressioni sul ponte di Genova e porta documenti con la data di gennaio». E poi Salvini: «Sta facendo passare un’immagine dell’Italia con la clava, come se fossero arrivati al governo i Flinstones. Quando governavamo noi ci facevano le pulci, ora che lui se ne frega della sentenza sui 49 milioni di euro della Lega tutti zitti». E qui partono i sassolini da levarsi dalle scarpe: «Il ministro dell’Interno vuole ignorare le sentenze, è in gioco la tenuta democratica, chi tace è complice. Dove sono i costituzionalisti in servizio permanente che ci accusavano di deriva autoritaria?». Ce n’è anche per i «compagni» che hanno contrastato Renzi negli anni scorsi: «Avete attaccato il Matteo sbagliato, avete contribuito a rompere l’argine contro il populismo». Il Matteo furioso torna più volte sul caso dei soldi della Lega: «Ora il vecchio slogan di Bossi si può tradurre ‘Lega ladrona, il M5S perdona’». E giù bordate contro «chi gridava onestà», «l’unico cambiamento del governo è che cambiano idea ogni giorno, e non solo sui vaccini». Ma «questa magia finirà», è convinto l’ex segretario, «caro Salvini che citi i sondaggi, ti posso assicurare che la ruota gira, io sono un esperto». Renzi mostra alcuni passaggi del suo documentario tv su Firenze e le bellezze italiane, spezzoni girati al museo degli Uffizi. «Bisogna ripartire da educazione e bellezza, andare nelle scuole a spiegare la differenza tra realtà e fake news, che stanno distruggendo una generazione. Serve una resistenza civile e culturale all’ignoranza e al qualunquismo». E assicura: «Non sarò alle primarie, ma il mio impegno sarà doppio, abbiamo il dovere di restare in campo perché l’Italia abbia il coraggio di farla finita con questo governo». Renzi non annuncia le sue scelte in vista del congresso, e si tiene alla larga dalla discussione interna. Chi sarà il suo candidato? Neanche una parola. Ma dalla platea parte un coro: «Congresso subito!», «Congresso subito!». Lui non risponde sui tempi. «Votate chi volete, ma chi vince dovrà avere tutto il Pd con sé. Non come è successo a me, che ho avuto i principali avversari dentro il partito». Segue un lungo bagno di folla tra selfie e strette di mano con i volontari nelle cucine. C’è tempo anche per discutere di ricette con alcune cuoche. Licenza Creative Commons Da - http://www.lastampa.it/2018/09/06/italia/renzi-accoglienza-da-star-a-ravenna-ms-ha-una-classe-dirigente-di-scappati-di-casa-XHQQFX6O3D5Ke1fvjtDBtN/pagina.html Titolo: MATTEO RENZI Una enews di dieci punti, stavolta sintetici. Inserito da: Arlecchino - Settembre 27, 2018, 12:45:30 pm Lunedì 24 settembre 2018
Enews 542 Una enews di dieci punti, stavolta sintetici. L'inciucio. Sulla RAI, Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio concedono il bis. Forza Italia e Movimento Cinque Stelle, infatti, a dispetto delle dichiarazioni vanno d'amore e d'accordo. Alla Camera i forzisti votano Roberto Fico. Al Senato i grillini votano Maria Elisabetta Alberti Casellati. Alla Rai tutti insieme votano Marcello Foa, l'uomo che insultava Sergio Mattarella. Come abbiamo sempre detto: la Destra e il Movimento Cinque Stelle stanno insieme, anche di nascosto. Piaccia o non piaccia, siamo gli unici a fare opposizione: ci attaccano anche per questo. L'ignoranza. Essere opposizione per definizione non è sufficiente. Hanno approvato la vergogna cosmica contro l'obbligo dei vaccini. Ha vinto l'ignoranza, ha perso la scienza. I nostri amici della Camera hanno fatto ostruzionismo anche di notte (guardate che bello il tweet di Paolo Siani, pediatra e uomo coraggioso), al Senato le abbiamo provate tutte. Non è bastato. Qui la mia dichiarazione di voto in Aula. Non arrendiamoci, la battaglia è appena cominciata. Reagire. In tanti dicono: non basta criticare, quali sono le vostre proposte? Vi aspettiamo alla Leopolda, dal 19 al 21 ottobre www.leopoldastazione.it: è un paradosso, ma rischia di essere una delle edizioni più partecipate di sempre. Chi vuole intervenire ci mandi un video di 59 secondi a videoleopolda@matteorenzi.it, chi vuole iscriversi segua questo link, chi ha voglia di dare una mano o fare il volontario si faccia vivo! Dalla settimana prossima anche la possibilità di contribuire economicamente e la prima bozza di programma. Il manganello. Rocco Casalino è il portavoce del Premier Conte. Dopo aver già dato bella mostra di sé con giudizi razzisti sui poveri, nelle ultime ore ha minacciato in modo scurrile alcuni dirigenti pubblici. Il premier Conte - nella sua veste di portavoce del portavoce - lo ha difeso. Persino il Presidente della Camera Fico si è accodato nel difendere Casalino e attaccare i giornalisti. E chi non si allinea viene massacrato sui social. Siamo al manganello via web e mi dispiace molto per chi non si accorge delle conseguenze di questo atteggiamento. Le tasse. E del resto si vede che nessuno vuole scostarsi dalla linea ufficiale anche dalla priorità delle notizie. Per esempio quando Istat dice che tra il 2014 e il 2017 c'è stata la più grande riduzione fiscale della storia, nessuna testata dà rilievo a questa notizia. Nessuna! Eppure la sintesi è che nell'Italia Repubblicana, nessun Governo prima del nostro ha fatto un taglio di tasse corposo come il nostro (Dal 43,6% al 42,2% comprendendo Imu, Irap costo del lavoro, Ires, tasse sul lavoro, tasse agricole e senza considerare Canone Rai e 80€). Ma non se ne parla, forse perché Casalino non vuole. Il 15%. Questo permette a Salvini di mentire quotidianamente sulle proposte economiche. Salvini ha detto che la Flat Tax non sarà per tutti ma solo per un milione di persone, ma nessun giornalista ha fatto notare che già oggi è così (e grazie a Enrico Zanetti per la segnalazione). Poi come ha giustamente fatto notare Luigi Marattin si sono inventati una tassa al 5% sulle start-up che già c'è. Hanno vinto promettendo la luna, non riescono a fare ciò che hanno promesso, ma il controllo sistematico della comunicazione permette di far finta di nulla. La chiusura domenicale. Nel frattempo ho fatto una missione di qualche giorno in Cina. E vedo tra Shangai e Hong Kong un futuro fatto di intelligenza artificiale, di big data, di innovazione, di inaugurazioni di nuovi tratti dell'alta velocità. Da noi non solo si fermano Tav e Tap: da noi si vogliono chiudere i negozi la domenica, licenziando mezzo milione di persone. Mi hanno fatto notare che solo il 10% del miliardo e trecento milioni di cinesi ha il passaporto ma nei prossimi cinque anni questa percentuale raddoppierà. Ma hanno bisogno di voli e di infrastrutture: e chi glielo dice che dalle nostre parti Toninelli vuole bloccare anche gli aeroporti? Partito Democratico. Domenica prossima il segretario del PD, Martina, ha convocato una grande manifestazione in Piazza del Popolo. L'appuntamento è alle 14. Nel frattempo sono iniziati i congressi, a cominciare da quelli regionali. I primi a bruciare le tappe per i congressi sono i toscani e lasciatemi fare i complimenti a Simona Bonafè che dopo quasi la metà dei circoli sta vincendo con oltre il 70%. Brava Simo, avanti così. Linkedin. Per gli interessati, ho aperto un canale su Linkedin. Si unisce ai canali già esistenti su YouTube, Facebook, Instagram, Twitter. Cerchiamo di organizzare la nostra presenza in rete. È importante anche per combattere le Fake News. Ci serve l'aiuto di tutti. Mi date una mano? Contro la logica del manganello web, se volete inviatemi le vostre segnalazioni scrivendomi su matteo@matteorenzi.it. Vi leggo. Link. Ho fatto alcune uscite in questi giorni. Ne segnalo due: il video della partecipazione a Porta a Porta, l'articolo su una prestigiosa testata tedesca Die Welt. Pensierino della Sera. Mi ha personalmente toccato un articolo che riflette sul rapporto tra fede e politica partendo dalle immagini di questi giorni. Giuseppe Conte espone la sua immagine di Padre Pio da Vespa, Luigi di Maio bacia la teca di San Gennaro, Matteo Salvini sfodera il rosario in campagna elettorale. Considero la fede un dono prezioso, il pilastro dell'esistenza. Proprio per questo non riuscirò mai a strumentalizzare una dimensione così importante della mia vita. Non giudico gli altri. Ma penso che da Vespa si debba spiegare quanto sarà il deficit, in campagna elettorale si debbano raccontare i programmi. Magari gli italiani la pensano in modo diverso e considerano giusto questo modo di fare. Io no. E non cambio idea per prendere un voto in più. Perché c'è una dimensione personale che ha il diritto di essere lasciata fuori dalla propaganda e dalla campagna elettorale. E voi che ne pensate? matteo@matteorenzi.it Un sorriso, Matteo P.S. Dopo 40 giorni di proclami, nessuno sa chi ricostruirà il Ponte di Genova. Il Decreto Legge annunciato come già chiuso dal premier, dieci giorni fa, è sparito. E nessuno sa che fine ha fatto. Il Governo ha proclamato guerra a Autostrade, ai poteri forti, ai governi precedenti. Ma qualcuno che spieghi dove hanno nascosto il decreto lo troveranno? Non è una #Favoletta, è una tragedia continua. Da - https://mail.google.com/mail/u/0/?hl=it&shva=1#inbox/FMfcgxvzKkrCHMwRbsxcFsQKxRlWxCxM Titolo: Renzi chiude la Leopolda: “Campagna d’odio contro di noi. Il governo finirà sul Inserito da: Arlecchino - Ottobre 21, 2018, 11:15:26 pm Renzi chiude la Leopolda: “Campagna d’odio contro di noi. Il governo finirà sul patibolo”
L’appello dell’ex segretario del Pd a Salvini e Di Maio: «Sulla manovra siete ancora in tempo, fermatevi» Pubblicato il 21/10/2018 - Ultima modifica il 21/10/2018 alle ore 17:03 «Alla Leopolda siamo il doppio dell’anno scorso, quando eravamo al governo. L’opposizione fa bene alla Leopolda, ma male al Paese purtroppo», ha detto Matteo Renzi nel suo intervento di chiusura a Firenze. «La campagna di odio ricevuta in questi mesi è senza precedenti, sempre di più, pensavo si fermassero dopo le elezioni - ha aggiunto -. L’odio fa male, quintali di fango non ci hanno sporcato l’anima, ma non si risponde con l’odio, che si ritorcerà su di loro: i giacobini finiranno sul patibolo come sempre. Alla mistificazione costante contro di noi rispondiamo con i numeri, con la realtà». “Falso che sento Salvini, lui e Di Maio si fermino” «Dicono che sentirei Salvini tutti i giorni, è una falsità. Sono mesi che non lo vedo in Senato. Ascolta i miei consigli? Non mi pare, dalla direzione che prende... Se Salvini mi ascoltasse, a Di Maio se mi capisse, darei un consiglio: caro Matteo, caro Luigi, fermatevi finché siete in tempo, ritirate la manovra, state sfasciando i conti e non mantenendo le promesse elettorali, seguite i consigli della contromanovra che abbiamo fatto con Padoan» dice. “No al governo con i Cinque Stelle perché la politica non sono le poltrone” «Noi abbiamo detto di no» al governo Pd-M5s «non per i popcorn, ma perché pensiamo che la politica sia passione, idealità, valori, non poltrone» ha proseguito. «C’era un disegno - ha spiegato - sostenuto da personaggi di grande rilevanza, trasformarci in una sorta di piccoli alleati saggi del M5s e pensare che l’ala più razionale della destra dovesse fare altrettanto con Salvini, per arrivare a un bipolarismo populista». “Contro di noi pezzi di establishment” «I barbari li avevano già romanizzati, pezzi importanti dell’establishment avevano già detto no al referendum, come pezzi del sistema economico e finanziario e l’Economist» ha aggiunto «Il guru di Di Maio si chiama Enzo Scotti, un ex ministro democristiano, lo chiamavano Tarzan per la facilità con cui passava da una corrente all’altra - ha aggiunto -, ha fondato la Link University, è il punto di riferimento di un pezzo della classe dirigente». “Il mio carattere? Finché erano ministri nulla da dire” «Ci sono compagni di strada che non hanno avuto niente da dire sul mio carattere fintanto che grazie a quel carattere stavano a fare i ministri: quando è finito tutto, si sono accorti del problema del mio carattere» ha concluso Renzi. «L’ondata populista - ha aggiunto - non nasce dal carattere di uno di Rignano, ma da un fenomeno culturale che va affrontato, o non vinceremo mai più». Licenza Creative Commons Da - http://www.lastampa.it/2018/10/21/italia/renzi-leopolda-odio-governo-qkmrcKK3RakklnoUL9wayM/pagina.html Titolo: MATTEO RENZI Cresce il sospetto che l'ex premier voglia dare vita a un nuovo ... Inserito da: Arlecchino - Dicembre 03, 2018, 04:03:48 pm Le mosse di Renzi mettono in ansia il Pd
Cresce il sospetto che l'ex premier voglia dare vita a un nuovo partito e tornare a stringere rapporti più stretti con Forza Italia 03 dicembre 2018, 07:13 Non è bastata la precisazione di Matteo Renzi sull'incontro con Romani di martedì scorso. L'ex premier ha bollato come bufala la tesi di voler costituire un soggetto politico con FI. Altra cosa è, invece, costruire in Parlamento, anche in prospettiva futura, una rete 'anti-sovranista. Ma nel Pd aumentano i sospetti sull'ex segretario e sulla sua tentazione di fare un proprio partito. "Il Pd non venga visto come una 'bad company'", la posizione di Zingaretti, espressa in più occasioni. Ma anche gli altri due candidati sono perplessi per le mosse dell'ex presidente del Consiglio. Sia per Martina che per Minniti, riferiscono fonti parlamentari dem, le manovre di Renzi alimentano confusione, danneggiano il Pd, concentrano l'attenzione di mass media ed elettori sul futuro di una singola persona e non sulla ricostruzione di una comunità. Anche i fedelissimi dell'ex premier non nascondono dubbi sui comitati civici ma nessuno ovviamente prende le distanze. Tuttavia anche chi è più vicino all'ex premier non nasconde che Renzi non si straccerebbe le vesti qualora nessuno riesca a raggiungere il 51% alle primarie. Tra gli oppositori dell'ex segretario c'è chi è convinto che Renzi in realtà non voglia far partire 'una cosa nuova' per paura di un insuccesso; chi, invece, sostiene che in realtà in questo modo voglia fare pressioni su Minniti per imporre le sue condizioni in futuro. Ragionamenti respinti dai renziani secondo i quali Zingaretti e Martina temono più che altro di fare flop alle primarie. Le colpe dei padri Resta il fatto che nel Pd c'è fibrillazione a causa della volontà di Renzi di guardare nel campo del centrodestra. "Puntare al mondo berlusconiano è come mettere un dito nell'occhio del Pd", si lamenta un 'big' del Nazareno. Intanto i pentastellati, facendo riferimento ad un articolo della 'Verità', attaccano Renzi chiedendogli di rivolgere le sue scuse a Di Maio: "Siamo curiosi di sapere come adesso il Pd commenterà la vicenda venuta fuori sui lavoratori senza contratto gestiti da Matteo Renzi e suo padre, quando li mandavano a distribuire giornali a nero nella loro Firenze", si legge in una nota del Movimento. Ieri mattina è arrivata subito la risposta di Tiziano Renzi: "Sostenere che il lavoro degli strilloni fosse un 'lavoro in nero per i Renzi e alle paghe ci pensava Matteo' è l'ennesima diffamazione. E dire che basterebbe conoscere le leggi per capire". Poi è intervenuto lo stesso ex presidente del Consiglio: "Ogni accostamento dei guai dei Di Maio alla mia famiglia fa fioccare le azioni civili per risarcimento danni". Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it Da - https://www.agi.it/politica/renzi_nuovo_partito-4697000/news/2018-12-03/ Titolo: MATTEO RENZI Buongiorno a tutti. Vi scrivo dagli Stati Uniti dove passerò i... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 04, 2019, 06:18:00 pm Venerdì 4 gennaio 2019
Enews 559 Buongiorno a tutti. Vi scrivo dagli Stati Uniti dove passerò i prossimi giorni in attesa di riprendere l'attività in Senato. E non potendo fare la nostra Top Ten da Palazzo Giustiniani ne faccio una via email utilizzando la prima enews dell'anno. Il 2019 si apre all'insegna della cultura. Mentre il direttore degli Uffizi ha ufficialmente chiesto alla Germania la restituzione di alcune opere trafugate dai nazisti, il Sovrintendente di Pompei Osanna ha presentato il restauro della Schola Armaturarum, meglio nota come casa dei Gladiatori. Fino a qualche anno fa Pompei faceva notizia per i crolli, ora supera tutti i record di visitatori. Che orgoglio, evviva! E grazie a chi ci ha creduto. Umberto Contarello è un uomo di cultura, sceneggiatore del film "La Grande Bellezza" di Paolo Sorrentino, premiato con l'Oscar nel 2014. Mi ha scritto questa lettera sul Foglio di un paio di giorni fa. Gli ho risposto con una lunga lettera– anche questa pubblicata sul Foglio – che è diventata poi un post Facebook. Questo nostro scambio ha suscitato un grande dibattito tra molti amici. Leggo volentieri le vostre considerazioni: matteo@matteorenzi.it Oggetto? Tutti a Itaca, leggendo si capisce perché. Sempre sulla cultura: domani, sabato 5 gennaio, ore 21.25 sul Canale Nove ultima puntata di FirenzeSecondoMe. Siamo già alla fine della nostra camminata fiorentina, grazie a chi ci ha seguito e ci seguirà. Toccheremo Santa Croce, San Miniato, le piazze di Firenze da Santa Maria Novella al Carmine, il Museo Galileo e il Bargello parlando di tutto, dal calcio storico all'alluvione. Ho fatto una chiacchierata su Firenze Secondo Me anche sul settimanale OGGI. Attendo domani sera di conoscere le vostre ultime valutazioni, poi tireremo le somme di questa esperienza straordinaria. Ancora tante polemiche sulla Legge di Bilancio. Il Governo Salvini-Di Maio è convinto di aver fatto ciò che serviva all'Italia. Secondo me non è così. Ma ormai non resta che attendere. Riuscirà questa Legge di Bilancio a proseguire il nostro percorso di crescita? Il 2019 sarà l'anno della verità. Anche e soprattutto per i populisti. Una cosa è certa: loro stanno rivendicando questa legge di bilancio, loro saranno i responsabili dei risultati economici. L'ho detto con forza in Aula, lo ribadisco qui: la realtà alla fine ti presenta il conto. E questi non possono ingannare tutti per sempre. La foglia di Fico. Il Presidente della Camera si è detto dispiaciuto per la compressione dei tempi durante il dibattito parlamentare: ha detto che lui combatterà sempre per la centralità del Parlamento. Mi domando: fino a che punto può arrivare l'ipocrisia di un uomo che rappresenta la terza carica dello Stato? Pensavo che avesse raggiunto il limite con le sue dichiarazioni sul lavoro nero, invece rilancia sulla centralità del Parlamento dopo aver umiliato la Camera dei deputati. Ogni giorno un po' più in alto: Roberto Fico è il Sergei Bubka dell'ipocrisia (e questa la apprezzeranno solo gli amanti del Salto con l'Asta). Sui costi della politica ho scritto un post impopolare. Lo trovate qui. Se avete coraggio e non temete le reazioni barbariche dei grillini, condividetelo su twitter, facebook, instagram. Loro non gradiranno ma credo sia giusto dire le cose come stanno. E proseguiamo con le posizioni impopolari: la fatturazione elettronica. Sono felice del fatto che la fatturazione elettronica stia diventando sempre più una realtà in Italia. Nata da una proposta Leopolda del 2010 con Ernesto Maria Ruffini, attuata sotto il mio Governo, oggi viene estesa anche ai privati. Molte polemiche, moltissime. E sicuramente si potrà sempre migliorare l'attuazione. Ma l'idea di utilizzare la digitalizzazione per contrastare l'evasione è vincente come già lo era stata a dichiarazione precompilata e il canone in bolletta: proprio il canone è il simbolo perché se si paga tutti, si paga meno. Naturalmente questo è il contrario dell'approccio avuto da Di Maio e Salvini in questi mesi: si sono fatti un paio di condoni vergognosi. Con questo Governo chi non ha pagato le tasse, chi non ha pagato le multe è stato premiato, i furbetti hanno ricevuto il premio e vedremo se nell'elenco dei beneficiari spunterà casualmente qualche nome familiare. Con noi invece il meccanismo è stato semplice: semplificare, digitalizzare, pagare meno ma pagare tutti. La fatturazione elettronica può stare antipatica ma è utile. A fare i condoni si prendono i voti. A fare la fatturazione elettronica si combatte l'evasione. Per tenersi in forma Salvini ha bloccato una nave con 49 persone al largo di Lampedusa perché notoriamente se teniamo 49 persone in mare per venti giorni si risolvono i problemi dell'immigrazione, ovvio no? Tra l'altro il numero 49 ha scatenato la fantasia dei vignettisti a cominciare dal maestro Makkox. La polemica si è spostata poi sulle dichiarazioni dei sindaci contrari al Decreto Sicurezza. Io la penso come il Sindaco Dario Nardella: il decreto Salvini è scritto male, creerà molti problemi e pasticci e forse sarà sanzionato dalla Corte Costituzionale. Ma in attesa della decisione della Consulta, le leggi si rispettano. Salvini tre anni fa invitava alla disobbedienza civile contro le nostre leggi sui diritti civili, sul canone Rai e su molto altro. Proprio perché noi non siamo come Salvini. Nel frattempo tornano alla carica i comitati civici "Ritorno al Futuro". Qui un pezzo oggi su Repubblica, qui il link per creare un comitato. Vogliamo combattere la cialtroneria con idee, allegria e controproposte. Senza rabbia, senza rancore. Ci diamo una mano? Gli auguri. Mi ha colpito molto un pensiero di B.H-Levy: "Innanzitutto esprimo l’augurio che sia possibile formularne; perché sembra che molti miei contemporanei abbiano deciso di unire le forze contro i fomentatori di desideri, i cospiratori della speranza, gli sperimentatori del futuro: sembra che abbia preso in odio l’oggi, ogni futuro, ogni progetto, ogni temporalità, ogni intensità...". Io nel dubbio vi auguro il meglio per un 2019 meraviglioso. Ci aspetta un 2019 in cui lavorare tanto, amici Un sorriso Matteo App Matteo Renzi P.S. mi spiace che il nuovo-vecchio direttore di Rai2 Freccero abbia cancellato la striscia di Luca e Paolo sul Tg2. Luca e Paolo mi hanno fatto morbido tante volte, sono stati loro a trasformare “Stai sereno” in un tormentone, durante il Sanremo 2014. Dicono che la loro esclusione derivi dal fatto che facessero ironie su Toninelli. Non credo sia questo il motivo: Toninelli fa ridere anche da solo. Matteo Renzi Condividi Facebook Matteo Renzi Condividi Twitter Da - https://mail.google.com Titolo: La lettera a Renzi di Contarello Inserito da: Arlecchino - Gennaio 04, 2019, 06:26:25 pm La lettera a Renzi di Contarello
Caro Matteo, ti parlo della “vuotanza”, somma stupida di due parole regali: speranza e vuoto. Eccola la “vuotanza” che mi sussurra un punto implausibile della tua storia. Forse proprio un saluto non vissuto. Un ciao scivolato via così Di Umberto Contarello 2 Gennaio 2019 alle 12:03 La lettera a Renzi di Contarello Al direttore - Dunque, caro Matteo, hai indeciso. Lo so, “caro” è una parola delicata, che fugge via come le saponette, un figlio è caro, un partente natalizio è caro. Però è caro anche chi si conquista un sentimento dalla distanza. Certo, si dice nel trito logorio della parola moderna, che la politica può sollecitare grandi passioni, ma io non della passione ti voglio parlare. Non amo ciò che nasce dal patimento. Ti voglio parlare di un sentire che non riesco a scrollarmi di dosso. Ho cercato, ma non ho trovato una parola adeguata che lo definisse e quindi me ne sono inventata una. E’ la prima volta che invento una parola e già questo è un segnale che mi fa pensare. Se non possiedo una parola per definire la percezione di un fatto, è una percezione inedita, orfana di sinonimi. Ho provato a mischiare due parole ed è uscita la brutta parola “vuotanza”. Lo so, non ha un bel suono, ma questa involontaria sgradevolezza potrebbe non essere un caso. E’ la somma stupidina di due parole regali: speranza e vuoto. Non è una parola maestosa, non è il “vuoto di una grande speranza”, non c’è enfasi nella vuotanza, non c’è melodramma né tragedia, non c’è scomparsa, non c’è addio, non c’è nemmeno la nostalgia per un biglietto d’aereo mai usato. Te la definisco così: “quel sentimento provocato da qualcosa che doveva succedere e che non è successa”. Il fatto è che non mi sono care solo le persone, certe persone, ma anche le storie – perché di storie vivo – che sono solo bugie plausibili. Parlo delle storie classiche, con l’inizio, gli imprevisti, le fermate, gli evviva e i saluti. Eccola la vuotanza che mi sussurra un punto implausibile della tua storia. Forse proprio un saluto non vissuto. Un ciao scivolato via così. Prima di dirti a cuore aperto perché mi è uscito quel che cazzo vuol dire quel “farò il semplice senatore?”, esibisco una penosa dichiarazione “d’amor perduto”. Ho cominciato a seguirti perché mi hai piano piano liberato dalla mia gioventù iperidealizzata, dolciastra, epicizzata da quel coacervo asfissiante di pensieri certi che incerti erano. E’ successo proprio all’inizio, in quell’attimo, prima dello sfasciacarrozze, delle stazioni vivaci, dei referendum, dei gigli, delle direzioni ipnotiche. E’ la prima parola che hai pronunciato, l’inizio della tua storia. Hai semplicemente cambiato un pronome. Hai detto Io, non hai detto Noi. Questo mi ha accalappiato come un cane vagabondo che va sonnolento. Questa è stata la bestemmia che ho amato e che non ti hanno perdonato perché hai detto “Io” nella chiesa dove si officiava il Noi. Era infamia della presunzione, stimmate di chi vive per sé, non per gli altri. Hai solo messo a disposizione il tuo tassì, che è nello stesso tempo un’auto privata e pubblica. Un posto incerto e libero, senza fisso galateo, nel quale si respirava un incanto promiscuo. Sapessi, per molti di noi che hai sedotto e convinto razionalmente, sapessi che spettacolo quella tracotanza vilipesa dagli zii acquattati in quel noi che tutto giustificava. Per questo mi sei diventato caro a distanza, perché in quella tua sillaba ho visto coraggio, impudenza, ingenuità, follia, affondi lucidi, difese avanzate. Ho visto una storia gonfia di fantasia. Ho rivisto finalmente una grande storia dentro alla politica. Ma questo Io abbondante conteneva un paradosso ineluttabile. Lo sai, Matteo, quel tuo Io estremo, adesso, non è ti appartiene più. Chi convince anime morte, bocche sfiatate, pomeriggi serali, mi spiace, non può dimettersi da quell’Io. Certo, ciascuno può tentare di andarsene da sé. Va bene, l’ho capito, non ce la fai a gettarti come un dado in un congresso con quelle facce, a rischiare anche di perderlo, e non ce la fai adesso a portarmi da qualche altra parte, dove guidare altrove il tuo tassì. Ma per annunciarlo, Matteo, te lo dico con quel caro davanti, non si elencano gli appuntamenti della tua agenda. No, non mi meritavo questo tuo svanire nella prosa. Perché non c’è calma, non c’è pace, non c’è bonaccia, non c’è il tempo della norma. Dopo il Natale del pasticciaccio, dopo l’inaudita insipienza, dopo tutto questo che è avvenuto e che avverrà, l’opposizione oggetto di prece domenicale, è un sentimento che rimane inespresso, contratto, e ammala i sistemi nervosi irrorati di impotenza. Quell’opposizione rimane acquattata nel silenzioso sentire delle persone per bene: dispersa come la sabbia di Luglio. Perché non ha bocca a cui affidarla. Dimmelo. L’ingiuria, la disdicenza, l’orrore dell’idiozia, i tuoi passi incerti, i tuoi passi falliti, gli agguati, i tradimenti da coltellino svizzero, davvero, giustificano la dissolvenza in un’agenda di impegni? Bastava rileggersi quel” Non troverai nuove terre, non troverai altri mari… non c’è nave per te, non c'è altra via.” Oppure bastava un semplice, banale, autentico, “Non ce la faccio”, maestosamente impotente come era potente quel “Io ce faccio”, che fu sparo. Umberto Contarello Da - https://www.ilfoglio.it/politica/2019/01/02/news/la-lettera-a-renzi-di-contarello-231164/ Titolo: MATTEO RENZI Come reagire alla “vuotanza”? Inserito da: Arlecchino - Gennaio 08, 2019, 11:50:18 pm Renzi e il ritorno a Itaca
Come reagire alla “vuotanza”? L’ex premier ci spiega perché non si può aver paura di rimettersi in marcia Di Matteo Renzi 3 Gennaio 2019 alle 06:00 Renzi e il ritorno a Itaca [Pubblichiamo la replica dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi alla lettera firmata da Umberto Contarello pubblicata dal Foglio mercoledì 2 gennaio]. Grazie, caro Umberto Contarello. Grazie del pensiero, grazie degli auguri, grazie anche del “caro” con cui inizi la tua lettera di ieri sul Foglio. Saper giocare con le parole non è da tutti. Utilizzarle per raccontare, emozionare, ispirare è un privilegio di pochi. E tu che hai questo talento ci fai un regalo condividendo i tuoi pensieri. Anche quando riesci a coniare espressioni come “vuotanza” neologismo per esplicitare il sentimento di tanti, in questi giorni carichi di inquietudine. Vero, verissimo: c'è tanta opposizione “acquattata nel silenzioso sentire delle persone per bene”. Anche perché scandalizzarsi per questo governo non va ancora di moda. Certo, un giorno ci ritroveremo a pensare quanto sia clamoroso che in Italia ci si scandalizzi solo se a ciò espressamente autorizzati dal pensiero unico. I costituzionalisti gridavano contro l’abolizione del Cnel ma nelle ore dello svuotamento del Parlamento erano – evidentemente – tutti a fare i regali di Natale. I sindacati che facevano sciopero generale contro tutte le nostre manovre espansive devono essere ancora in settimana bianca. I professori che manifestavano contro la Buona scuola oggi tacciono davanti ai tagli sull’alternanza scuola lavoro, sull’unità di missione dell’edilizia scolastica, sugli insegnanti di sostegno. In Italia sembra che scandalizzarsi sia consentito solo se va di moda. La protesta va bene solo se è à la page. Manca poco, però. Caro Umberto, manca poco alla fine dell’incantesimo. Questo governo è un palloncino che sembra irraggiungibile ma può scoppiare all’improvviso. Tutta la loro maldestra arroganza, tutta la loro tracotante mediocrità non può reggere. Perché la realtà è implacabile, prima o poi ti presenta il conto. E già sono evidenti a occhio nudo le crepe dell’edificio gialloverde. Ma oggi nel tuo cuore, e non solo nel tuo, alberga la vuotanza. Manca la speranza, mancano leader in grado di incarnarla. Ed è vero: questa opposizione ha bisogno di politici che sappiano ritrovare la forza, il gusto di dire io. E io che faccio? Oggi dico io in modo diverso. Combatto una battaglia culturale, non solo con il documentario su Firenze ma con l'insistenza colpo su colpo nel complicato mondo dei social, nel dialogo con i ragazzi più giovani, nei discorsi in Parlamento. Dico io forte e chiaro ma gioco una partita diversa da quella che tanti si aspetterebbero. Non faccio falli di reazione contro chi mi ha scalciato da dietro. Finché la nostra priorità era cambiare l’Italia, le cose marciavano. Poi all’improvviso la sinistra ha cambiato obiettivo. I pensatori, i commentatori, i compagni di strada, i colleghi hanno deciso che cambiare il paese non fosse più la priorità, bisognava cambiare il carattere. Un carattere in particolare. Ok, forse quel leader aveva un caratteraccio. Ma pensando a cambiare carattere, stile, priorità ci siamo persi. E abbiamo perso. Succede, sono cose che capitano. Ora quella storia è storia. Cronaca, più probabilmente. Passato, comunque. Quando mi giro a guardarla, sempre più raramente, mi scappa un sorriso. Quante cose incredibili abbiamo fatto. Tutte cose che ci dicevano: “Questo non si può fare”. E come bambini disobbedienti abbiamo toccato tutto quello che i grandi ci dicevano di non toccare, dalle banche popolari allo Statuto dei lavoratori, dalla parità di genere al merito nella scuola, dall’abbassamento delle tasse alla riforma del Titolo V. Abbiamo dato un scossa a questo paese. E lo abbiamo tolto dalla recessione in cui si trovava. Prima o poi ci verrà riconosciuto anche dai commentatori più implacabili. Ma la loro tardiva riconoscenza non ci appassionerà. Oggi tutte queste riforme, riuscite o fallite, sono ricordi. In politica la memoria è fondamentale, ma la nostalgia è inutile, forse persino dannosa. Oggi è tempo di scrivere una pagina nuova. Davanti agli sciacalli e ai prestanome che guidano questo governo, la battaglia è culturale. Figurati se ho paura, Umberto. E certo non mi dimetto dall’Io. In questi anni ho sopportato il silenzio davanti a servitori dello stato che dicevano “Dammi le prove per arrivare a Renzi, devo arrestare Renzi”. Ho sopportato la calunnia sui bambini dell’Africa e sui voli di stato, sui regali di Natale e sui dati del Jobs Act. Ho sopportato i voltafaccia di chi per anni si stendeva adorante al mio passaggio e oggi finge di non avermi conosciuto e i tradimenti di chi ha ancora un presente in politica perché ho combattuto a mani nude per lui. Ti immagini se posso avere paura di mettermi in marcia? Lo zaino è lì, sempre pronto, come ai tempi degli scout quando bastavano una bussola e una borraccia per renderci autonomi. Abbiamo tante storie “gonfie di fantasia” da raccontare e soprattutto da scrivere. Ma bisogna saper scegliere i tempi. La vuotanza serve soprattutto a questo, a capire i tempi giusti. La signoria del tempo sulla politica è implacabile. Tutto muta freneticamente, specie in queste ore. Quando arriverà il momento del viaggio, ci saremo. Però dobbiamo ancora chiarirci su un’ultima cosa: perché a me il “tuo” Kavafis – quello della Città – non piace granché. Non mi piace l’immagine del nostro cuore “come un morto sta sepolto”. Il “mio” Kavafis è quello di Itaca “Se per Itaca volgi il tuo viaggio, fai voti che ti sia lunga la via, e colma di vicende e conoscenze. Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi o Poseidone incollerito: mai troverai tali mostri sulla via, se resta il tuo pensiero alto e squisita è l’emozione che ci tocca il cuore e il corpo. Né Lestrigoni o Ciclopi né Poseidone asprigno incontrerai, se non li rechi dentro, nel tuo cuore, se non li drizza il cuore innanzi a te. Fai voti che ti sia lunga la via. E siano tanti i mattini d’estate che ti vedano entrare (e con che gioia allegra) in porti sconosciuti prima. Fa scalo negli empori dei Fenici per acquistare bella mercanzia, madreperle e coralli, ebano e ambre, tutta merce fina, anche profumi penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi, va’ in molte città egizie, impara una quantità di cose dai dotti. Sempre devi avere in mente Itaca. La tua sorte ti segna a quell’approdo. Ma non precipitare il tuo viaggio”. Non possiamo precipitare il nostro viaggio, amico mio. Abbiamo tempo, entusiasmo, libertà. Abbiamo sogni e sappiamo come realizzarli. Abbiamo gambe e testa. Abbiamo voglia e un desiderio profondo di fare dell’Italia un giardino di opportunità anziché una gabbia di paure. Lo abbiamo iniziato a fare, continueremo a farlo. E lo faremo ancora meglio, facendo tesoro dei nostri errori. Ma oggi precipitare il nostro viaggio significherebbe soltanto non partire proprio. E noi vogliamo partire, per arrivare. Per ritornare. Come a Itaca. Buon 2019, caro Umberto. Da - https://www.ilfoglio.it/politica/2019/01/03/news/renzi-e-il-ritorno-a-itaca-231276/ Titolo: MATTEO RENZI TAV: LA VERITÀ DEI FATTI Inserito da: Arlecchino - Febbraio 14, 2019, 07:12:27 pm TAV: LA VERITÀ DEI FATTI
Un super fact-checking in 35 domande e risposte sul più importante progetto infrastrutturale in Italia Di PAGELLA POLITICA 13 febbraio 2019, 17:16 «Non esiste il partito delle grandi opere. Non credo a quei movimenti di protesta che considerano dannose iniziative come la Torino-Lione. Per me è quasi peggio: non sono dannose, sono inutili. Sono soldi impiegati male». Matteo Renzi, 2013 Articolo originale del 12 ottobre 2018 - aggiornato il 13 febbraio 2019. Si discute di Tav da quasi trent’anni. La sigla indica, in generale, le ferrovie ad alta velocità, ma nel dibattito pubblico italiano vuol dire una cosa sola: il progetto che coinvolge il nuovo asse ferroviario tra Italia e Francia e, più nello specifico, tra Torino e Lione. Per questo, nelle pagine che seguiranno, con “Tav” si intenderà di solito “la linea Torino-Lione”. A partire almeno dal 1991 – anno in cui la stampa parlava già dell’opera come particolarmente urgente – il progetto è stato al centro di un acceso dibattito tra chi ritiene l’opera una necessaria opportunità di sviluppo per il Paese[1] e chi la reputa inutile, costosa e dannosa. Nello specifico, i principali obiettivi dei promotori della Tav sono economici, per rendere più competitivo il treno per il trasporto di persone e merci; ambientali, per ridurre il numero di Tir dalle strade; sociali, per connettere meglio e valorizzare aree diverse. I contrari all’opera pensano che questi obiettivi, seppur validi, non siano realizzabili con il progetto proposto, che viene visto inoltre come uno spreco di soldi pubblici. In realtà, la divisione tra sostenitori e critici della linea – i cui lavori sono già iniziati da almeno dieci anni – è assai complessa. Come vedremo nel corso del testo, le posizioni sono molteplici, e non riconducibili a un solo dibattito polarizzato tra due schieramenti. In queste pagine si proverà a fare il punto sul progetto, il suo stato di avanzamento, la sua storia, i pareri degli esponenti politici e le ragioni dei favorevoli e dei contrari. L’obiettivo è fornire un punto di vista il più possibile chiaro e imparziale sul tema della nuova linea ferroviaria Torino-Lione. Una vera e propria “storia nella storia” è quella dei movimenti di protesta alla costruzione dell’infrastruttura, della risposta delle autorità, delle misure di sicurezza intorno ai cantieri e delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto molte persone negli ultimi vent’anni: per esigenze di spazio, questi temi saranno trattati solo in modo molto sintetico, preferendo concentrarsi sugli aspetti più legati al progetto in senso stretto. 1. Che cos’è (e che cosa non è) la Tav? La sigla Tav sta per “Treno ad alta velocità”. Secondo un parere linguistico pubblicato nel 2015 dall’Accademia della Crusca, sarebbe corretto utilizzare l’articolo maschile, visto che la prima lettera della sigla sta per “treno”. L’articolo femminile fa riferimento alla linea ad alta velocità (“la linea del Tav”). Il nome, però, è fuorviante. Anche se “Tav” – maschile o femminile – ricorre sempre nel dibattito e in quasi tutti gli articoli di giornale, la linea Torino-Lione di cui si discute, infatti, non è in senso stretto una linea ad alta velocità (Av).[2] Lo ha confermato anche Paolo Foietta – attuale commissario di governo per il progetto – durante un’audizione alla Commissione Affari esteri della Camera dei Deputati nel dicembre 2016. L’opera è tecnicamente definita come «una linea mista con specifiche tecniche d’interoperabilità», specifiche conformi alle rete centrale europea di cui è parte: questo significa che permette il passaggio di treni passeggeri a una velocità massima di circa 220 km/h e treni merci a una velocità massima di circa 120 km/h. Come già avviene per diversi importanti tunnel realizzati o in fase di realizzazione in Svizzera e in Austria, la linea di valico in progetto al confine tra Francia e Italia non consente di raggiungere la velocità di punta dell’Av propriamente detta per il trasporto viaggiatori, che è di 250 km/h, secondo le definizioni contenute nelle normative Ue. A oggi le velocità consentite dall’attuale linea Torino-Modane variano a seconda delle tratte, ma sono comunque in generale inferiori, raggiungendo un massimo di 120-140 km/h per i passeggeri. Per i promotori – che ritengono la riduzione dei tempi di percorrenza uno dei principali vantaggi ottenuti dalla realizzazione del progetto – l’opera proposta è comunque più concorrenziale e conveniente del trasporto su gomma, soprattutto per quanto riguarda le merci, anche senza raggiungere le velocità superiori a quelle dei treni ordinari. La giustificazione: il traffico ferroviario delle merci non ha bisogno per forza di velocità elevate, ma di maggiori capacità di trasporto, ossia di treni più lunghi – oltre 750 metri – e pesanti – almeno 2 mila tonnellate. Secondo i promotori, il progetto della nuova linea Torino-Lione garantirà proprio queste caratteristiche, che invece non sono soddisfatte dalle infrastrutture attuali. Il beneficio principale, in questo caso, si ottiene anche grazie a una riduzione sostanziale delle pendenze sulle Alpi: nella nuova tratta le pendenze sarebbero inferiori al 12 per mille, rispetto all’oltre 30 per mille di quella attuale, che richiede un utilizzo di trazioni doppie o triple per i vagoni. Critici come Marco Ponti – professore ordinario, oggi in pensione, di Economia e pianificazione dei trasporti al Politecnico di Milano, nominato a luglio 2018 dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli consulente per la valutazione delle grandi opere – restano comunque dubbiosi sulla maggior convenienza dei treni rispetto alla strada, indipendentemente dalle questioni di velocità e capacità di una linea L’analisi costi-benefici sulla Tav pubblicata il 12 febbraio 2019 dalla commissione del Ministero presieduta da Ponti arriva a una conclusione simile: a fronte dei costi per lo Stato, la ferrovia – in questo caso la Torino-Lione – non ha nel complesso un vantaggio competitivo favorevole rispetto alla strada. 2. Dove dovrebbe passare la Tav? Il punto di partenza di ogni dibattito informato è il tracciato della nuova opera ferroviaria, da Torino a Lione. Quello di cui si discute oggi è stato definito il 30 gennaio 2012 a Roma, in un accordo tra Francia e Italia, con alcune modifiche successive. In precedenza, il tracciato prevedeva un percorso parecchio diverso, per esempio passando sulla riva sinistra del fiume Dora (quello attuale passa sulla riva destra). Nella sua versione attuale il progetto parte dal nodo di Lione e arriva al nodo ferroviario di Torino in Piemonte. La tratta è suddivisa in tre parti: quella italiana – tra Susa/Bussoleno e Torino – è di competenza della società Rete Ferroviaria Italiana (Rfi); quella francese – tra Lione e Saint-Jean-de-Maurienne - è di competenza della società che gestisce la rete ferroviaria francese (Société Nationale des Chemins de fer Français, Sncf); quella transfrontaliera – tra Saint-Jean-de-Maurienne e Susa/Bussoleno – è di competenza di Telt (Tunnel Euralpin Lyon-Turin). Telt è la società che nel 2015 ha sostituito Ltf (Lyon-Turin Ferroviaire) come promotrice pubblica dell’opera. È responsabile della realizzazione e della gestione della parte tra Francia e Italia, e le sue quote di partecipazione sono divise a metà tra i due Paesi.[3] La parte di tracciato in comune – quella gestita da Telt, appunto – è lunga circa 65 chilometri e per l’89 per cento passa sotto terra. Comprende la realizzazione di diverse opere: quella più imponente e discussa è un tunnel a due canne – ossia con due fori separati per i binari – lungo 57,5 chilometri, tra le stazioni internazionali di Saint-Jean de Maurienne in Francia e Susa/Bussoleno in Italia. L’imbocco del tunnel si trova al termine della Val Susa: dal punto di vista industriale, si tratta di una delle valli più sviluppate dell’intero arco alpino, già attraversata dall’autostrada A32 e da due strade principali che conducono ai valichi del Monginevro e del Moncenisio. Rispetto alla tratta ferroviaria già esistente, il nuovo percorso della sezione transfrontaliera si presenta come più breve (circa 60 chilometri rispetto a 90), pianeggiante (con un risparmio di oltre 500 metri di dislivello) e rettilineo. La linea ferroviaria attuale compie infatti un’ampia curva verso Oulx, per poi risalire verso nord e il traforo del Frejus. Questa curva verrebbe “tagliata” dal nuovo percorso, che a partire da Susa punterebbe direttamente verso il Moncenisio. Se venisse realizzato, il traforo – noto con il nome di “tunnel di base del Moncenisio”, perché passa appunto alla base del colle – sarebbe uno dei tunnel ferroviari più lunghi al mondo, insieme a quello del Gottardo, per una curiosa coincidenza lungo anch’esso circa 57 km e inaugurato nel 2016 in Svizzera. Scavato interamente sotto le Alpi e alla quota di pianura, il progetto del tunnel di base del Moncenisio – diviso tra 45 km in Francia e 12,5 km in Italia – comprende anche tre aree di sicurezza a La Praz, Modane e Clarea. 3. Quando e come è nato il progetto? La storia della Torino-Lione è iniziata circa trent’anni fa. È scandita da numerosi vertici e accordi tra Francia e Italia, ratificati dai rispettivi parlamenti nazionali e supportati per anni da schieramenti politici lungo tutto l’arco parlamentare. Allo stesso tempo, ci sono da altrettanti anni proteste nei due Paesi, nelle zone di confine e non solo, e si sono susseguite numerose revisioni del progetto.[4] Nel 1990, nasce il Comitato promotore per l’Av sulla direttrice est-ovest (Trieste-Torino-Lione) – presieduto per la parte privata da Umberto Agnelli, poi succeduto l’anno dopo da Sergio Pininfarina, e per quella pubblica dall’allora presidente della Regione Piemonte Vittorio Beltrami, della Democrazia Cristiana – che con il supporto delle ferrovie italiane e francesi inizia a promuovere l’opera come una scelta strategica per il Paese. Nel 1991, il Comitato realizza i primi studi di fattibilità per la nuova linea e, contemporaneamente, la notizia arriva sui giornali: nascono così i primi movimenti di protesta nelle zone coinvolte, come il Comitato Habitat, composto da medici, tecnici, professionisti e docenti del Politecnico di Torino. Tre anni più tardi, l’opera ottiene il sostegno ufficiale dell’Unione europea: nel Consiglio europeo di Essen (9-10 dicembre 1994) la Tav Torino-Lione è inserita nell’elenco dei 14 «progetti prioritari nel settore dei trasporti e dell’energia», peraltro con l’indicazione: «lavori già iniziati o che dovrebbero iniziare entro la fine del 1996». Il 15 gennaio 1996, a Parigi, Giovanni Caravale – economista e ministro dei Trasporti del governo tecnico Dini – firma il primo accordo con la Francia, creando una Commissione intergovernativa, ossia un negoziato tra rappresentanti dei due Stati membri dell’Unione europea per gettare le basi della realizzazione della grande opera. Cinque anni più tardi, il 29 gennaio 2001, con la firma del ministro dei Trasporti Pier Luigi Bersani, un vertice italo-francese propone la prima idea di tracciato della linea: l’ambizione generale del progetto era un nuovo percorso ferroviario che mettesse in comunicazione la larga vallata francese che corre per una sessantina di chilometri tra Albertville e Grenoble, il cosiddetto Sillon alpin, e il nodo ferroviario di Torino. 4. Che cosa c’entra la saturazione della linea? Uno dei punti intorno a cui ruota il dibattito, ancora oggi, è una formulazione contenuta nel primo articolo dell’accordo italo-francese del 2001. I due governi, infatti, si impegnavano a costruire «le opere necessarie alla realizzazione di un nuovo collegamento ferroviario misto merci-viaggiatori», la cui «entrata in vigore dovrebbe aver luogo alla data di saturazione delle opere esistenti». Veniva insomma collegata esplicitamente la nuova linea alla «saturazione» della precedente. Come analizzeremo nel dettaglio in seguito, il tema della saturazione della linea storica e delle previsioni di crescita dei traffici merci è da sempre uno dei punti centrali del dibattito sull’opera. I promotori, nelle primissime fasi, davano quella saturazione come imminente e attesa al più tardi alla metà degli anni Novanta; in realtà, quelle previsioni iniziali si sono rivelate assai infondate. Alcune ragioni degli oppositori sono state in parte confermate dal governo negli ultimi anni, come avvenuto di recente in un documento del 2017. Nel 2003, Ltf – società partecipata da Francia e Italia – iniziò le fasi di esplorazione, con i primi scavi ricognitivi. Nel frattempo, il movimento di protesta “No Tav” della Val di Susa otteneva sempre più attenzione a livello mediatico. 5. Perché le proteste del 2005 sono così importanti? I movimenti di opposizione contro la Torino-Lione avevano già iniziato a contestare l’opera in manifestazioni pubbliche negli anni Novanta. La prima grande protesta avvenne infatti il 2 marzo 1996, nel paese di Sant’Ambrogio di Torino, quando – secondo i No Tav – sfilarono per le strade oltre 3 mila manifestanti. Negli anni seguenti arrivarono i primi arresti e le prime condanne contro gli attivisti.[5] Ma è negli anni Duemila che gli oppositori alla grande opera aumentarono i loro consensi, soprattutto a causa dell’inizio vero e proprio dei lavori, con gli scavi e i conseguenti espropri dei terreni. L’8 dicembre 2005, decine di migliaia di persone occuparono il cantiere di Venaus – nella Val Cenischia, in provincia di Torino – la cui realizzazione aveva richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. È una delle svolte più importanti nella storia dell’opera. I lavori, di fatto, furono congelati. Così, il 1° marzo 2006, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi istituì l’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione. Questo organismo tecnico – con presidente Mario Virano, poi diventato nel 2015 direttore generale di Telt – si insediò ad aprile, con il nuovo governo presieduto da Romano Prodi, e diventò operativo a dicembre 2006. 6. Che cos’è l’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione? L’obiettivo dell’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione – o più comunemente Osservatorio Torino-Lione – è quello di accompagnare «l’intero percorso di definizione, condivisione e realizzazione degli interventi di adeguamento» della linea. L’Osservatorio non è un ente deliberativo, ovvero non prende decisioni vincolanti o con forza di legge, ma ha tra i suoi compiti – che sono stati definiti in una lunga serie di decreti a partire dal 2006 – quello di indicare linee di indirizzo per la realizzazione dell’opera. Dopo l’istituzione, la sua composizione è stata modificata due volte, nel 2010 e nel 2017. Negli anni, all’Osservatorio hanno partecipato, tra gli altri, i comuni interessati dal tracciato – ma non tutti –, i ministeri di competenza, la città e la provincia di Torino, la regione Piemonte, il promotore pubblico Telt, Rete Ferroviaria Italiana, sindacati, associazioni professionali, oltre ad altri numerosi enti ed esperti. Descritto dai suoi partecipanti come «un’esperienza di confronto unica e straordinaria nel panorama italiano», l’Osservatorio – la cui attività tecnica e di confronto tra le parti è raccolta nella pubblicazione di, finora, dieci «Quaderni» – è in realtà oggetto di forti critiche, ritenuto da alcuni una “trappola”, e non un vero luogo di condivisione e decisione comune sulla Tav. Più in generale, l’operato di questo organismo è diventato un altro terreno di scontro. Per esempio, nel giugno 2008, l’Osservatorio sembrò raggiungere un importante traguardo grazie al cosiddetto “accordo” di Prà Catinat, con i quali i partecipanti dell’organismo tecnico trovarono un’intesa sulla fase di valutazione di nuovi tracciati e alternative progettuali. Secondo i critici, questo accordo – definito «solo una relazione finale firmata dal commissario del governo» – contiene auspici e generiche indicazioni e non ha evitato l’esclusione dall’Osservatorio – considerata un’«autoesclusione» dal governo – di alcune amministrazioni locali non favorevoli all’opera – 17 sulle 50 aventi diritto a essere rappresentati nell’Osservatorio – avvenuta nel 2010. Nello stesso 2010 arrivò al termine il lungo processo di revisione del tracciato della linea, deciso dopo le grandi proteste di fine 2005 e mediato dall’Osservatorio. Il 30 gennaio 2012, a Roma, le autorità politiche italiane e francesi ratificarono l’accordo sul progetto di adeguamento della Torino-Lione, con il tracciato che, al netto di qualche modifica di dettaglio, rimane quello di cui si discute ancora oggi. 7. Che cos’è il fasaggio dell’opera? Oltre alle modifiche in seguito alle proteste, l’accordo del 2012 introduceva un’altra importante novità. L’articolo 4, infatti, diceva che le opere «saranno realizzate in diverse fasi funzionali». Si inizia così a parlare di “fasaggio” dell’opera – termine fino ad allora inesistente nel vocabolario italiano, ma calco della parola francese phasage al posto della versione alternativa “fasizzazione”. In concreto, questo significa che la linea Torino-Lione non verrà costruita tutta insieme, ma in quattro tappe, con la Tappa 1 che prevede appunto la realizzazione e messa in opera del tunnel del Moncenisio e – per il lato Italia – il potenziamento della linea storica fra Bussoleno e Avigliana e la realizzazione della variante Avigliana-Orbassano. Gli interventi delle tappe successive (1 bis, 2 e 3) non hanno una programmazione temporale definita, ma saranno attivati alle condizioni di “saturazione” della linea. Il senso di questa suddivisione in fasi è dunque economico e funzionale, ossia punta ad abbassare i costi dell’opera anticipando la realizzazione delle componenti indispensabili per ottenere i benefici più significativi e rinviando le parti meno urgenti.[6] Il 24 febbraio 2015 venne firmato a Parigi l’accordo per «l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione», integrato con un protocollo addizionale – per l’aggiornamento del piano finanziario, la certificazione dei costi e il contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata –, fatto a Venezia l’8 marzo 2016 tra l’allora presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi e l’allora presidente della Repubblica francese François Hollande. 8. Qual è lo stato di avanzamento dei lavori? In totale, le tre parti della linea ferroviaria Torino-Lione compongono un tracciato lungo circa 270 km – di cui il 70 per cento (189 km) in territorio francese e il 30 per cento (81 km) in territorio italiano – che interessa complessivamente 112 comuni. Come abbiamo visto, quest’opera comporta molti interventi, sia sulle ferrovie nazionali sia in scavi geognostici, quest’ultimi fatti per analizzare il terreno e preparare i tunnel utilizzati per la manutenzione e la sicurezza a opera ultimata. Lo stato di avanzamento dei lavori dipende dalla parte della linea di cui si sta parlando. Una “tappa” preliminare e limitata, detta “Tappa 0”, già conclusa, ha previsto la messa in servizio della gronda merci Cfal Nord di Lione (Contournement Ferroviaire de l’Agglomération Lyonnaise), in Francia; in Italia, la realizzazione di interventi di potenziamento tecnologico nella tratta italiana tra Avigliana e il nodo di Torino, il quadruplicamento tra le stazioni Torino Porta Susa e Torino Stura e il potenziamento del servizio ferroviario metropolitano. Prendiamo in considerazione ora la sezione transfrontaliera, la cui realizzazione, come abbiamo visto, costituisce la Tappa 1 dell’intera linea. Secondo i dati ufficiali di Telt, al 31 gennaio 2019 «è stato scavato oltre il 15,5 per cento delle gallerie previste per l’opera (tunnel geognostici, sondaggi, discenderie, ecc.)». Su un totale di circa 160 chilometri, si tratta di oltre 25 chilometri già realizzati. Gli scavi ultimati comprendono, tra gli altri, la discenderia di Villarodin-Bourget-Modane in Francia (iniziata nel 2002 e completata nel 2007); quella di Saint-Martin-la-Porte in Francia (iniziata nel 2003 e completata nel 2010); il cunicolo esplorativo della Maddalena di Chiomonte in Italia (iniziato nel novembre 2012 e terminato a febbraio 2017). La prima funzione di queste discenderie è quella geognostica: cioè sono scavate per capire quali sono le caratteristiche del terreno e individuare i potenziali problemi di meccanica. Terminato questo scopo, questi tunnel costituiranno parte delle infrastrutture di supporto del tunnel di base, «in quanto essenziali alla sua ventilazione, a interventi di manutenzione e come uscite di sicurezza». Tra i cantieri ancora in corso tra Francia e Italia, risulta invece ancora in costruzione il tunnel geognostico di Saint-Martin-La-Porte. Qui, al 13 febbraio 2019, sono stati scavati circa 6,7 km sui 9 km complessivi. Sebbene questa galleria sia in asse e nel diametro del futuro tunnel di base, da un punto di vista formale non è il tunnel vero e proprio, i cui bandi per l’inizio ufficiale degli scavi sono stati rimandati. La funzione dichiarata di questa galleria è quella di conoscere un’area dalla «geologia particolarmente delicata», spiega Telt, in vista della realizzazione definitiva del tunnel di base e il passaggio dei primi treni (nel 2030, se saranno rispettati i tempi previsti). Da un punto di vista sostanziale però, se il tunnel di base sarà costruito, i 9 chilometri scavati della galleria di Saint-Martin-La-Porte ne diventeranno una parte effettiva, dopo alcuni interventi. A luglio 2017, è stato pubblicato un progetto di variante – poi approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) a marzo 2018 – che prevede, tra le altre cose, lo spostamento per ragioni di sicurezza dell’area principale dei lavori da Susa al cantiere di Chiomonte, invertendo il senso di scavo rispetto a quello inizialmente previsto. Il cantiere di Chiomonte, quindi, è diventato la sede dell’inizio degli scavi definitivi per il tunnel di base, per i quali nel 2017 Telt aveva annunciato l’apertura di 81 bandi di gara su 12 cantieri operativi – 9 per i lavori dell’attraversamento alpino; due per la valorizzazione dei materiali di scavo e uno per gli impianti tecnologici e di sicurezza. A febbraio 2019, però, Telt non ha ancora avviato le procedure per il lancio della gara da circa 2,5 miliardi di euro complessivi per la costruzione del tunnel di base. I lavori per le due canne del tunnel di base – inizialmente previsti da Telt per il 2018, ma ancora da avviare, se non si conta il tunnel di Saint-Martin-La-Porte – dovrebbero finire entro il 2029, con la messa in servizio pianificata per il 2030. Ma i ritardi dovuti all’incertezza sul futuro dell’opera causeranno probabilmente un spostamento in là di queste scadenze (sempre che si decida di fare la Tav). Ad agosto 2018, il ministro delle Infrastrutture del governo Conte, Danilo Toninelli (M5S), ha infatti dichiarato che sarà considerato «atto ostile» ogni avanzamento dei lavori prima delle decisioni del governo sul proseguimento della Tav. 9. Quali sono le infrastrutture esistenti? Esistono già alcune infrastrutture che mettono in comunicazione le città di Torino e Lione, o più in generale che attraversano il confine alpino tra Francia e Italia. Nel dibattito pluriennale tra promotori e contrari alla Tav, i primi sostengono che i collegamenti attuali sono insufficienti, antiquati e inefficienti dal punto di vista economico e ambientale; i secondi, invece, ritengono che le linee presenti sono adeguate per gli obiettivi fissati dalle politiche infrastrutturali e per i volumi di traffico, e che – con cifre minori a quelle stanziate per la grande opera – possono essere potenziate e ammodernate. Prima di analizzare nel Capitolo 3 le posizioni nel dettaglio, cerchiamo di capire quali sono le infrastrutture già esistenti. Per quanto riguarda i treni, Torino è collegata al confine con la Francia dalla ferrovia del Frejus – o linea Torino-Modane-Chambéry-Culoz. Da quest’ultimo comune transalpino è possibile raggiungere Lione con una linea gestita dalle ferrovie francesi. Questo tratto ferroviario è anche chiamato “linea storica” perché la prima tratta, tra Susa e Torino, è stata inaugurata nel 1854, e il traforo ferroviario del Frejus – lungo oltre 13,5 km e con un’altitudine massima di 1.324 m sul livello del mare – è stato aperto nel 1871: la sua costruzione ebbe il sostegno, tra gli altri, di Camillo Benso, conte di Cavour. Durante tutto il Novecento, la tratta è stata oggetto di numerosi lavori di potenziamento e ammodernamento. Gli interventi recenti più importanti sono stati fatti tra il 2003 e il 2011, quando le pareti e il fondo del tunnel sono stati scavati per permettere il passaggio di treni con carichi e semirimorchi più alti (fino a 3,75 metri). Dal 2003, sulla linea storica Torino-Lione è anche attiva l’autostrada ferroviaria alpina (Afa), che permette, su un percorso di 175 km, il trasporto combinato delle merci, che vengono spostate in un container, posizionato prima su camion e poi su rotaia. Secondo i critici della Tav, i lavori di ammodernamento – uniti ai dati sui traffici delle merci e dei passeggeri – dimostrano che la linea storica «non è vecchia», cioè non è ancora superata, e consente il passaggio della maggior parte degli autocarri e dei container. Viceversa, i sostenitori della Tav criticano come non sufficiente per gli standard europei la nuova sagoma del traforo ferroviario del Frejus, definita P/C45 – una sigla che indica il trasporto intermodale di casse mobili e semirimorchi con un’altezza massima di 3.750 mm. Secondo il commissario Foietta,[7] «la vecchia tratta di valico» non sarebbe adeguata al trasporto moderno ed «è oggi considerata fuori dagli standard moderni di sicurezza dei tunnel ferroviari». Per quanto riguarda il trasporto su gomma al confine alpino, in questa zona Italia e Francia sono collegate dall’autostrada A32, che – con una lunghezza di oltre 70 km – attraversa la Val di Susa e arriva al traforo autostradale del Frejus. Quest’area è attraversata anche da due strade statali che arrivano ai valichi del Monginevro e del Moncenisio. Note [1] Nel 1990, come vedremo, era nato il Comitato promotore per l’Alta velocità sulla direttrice est-ovest (Trieste-Torino-Lione). [2] Per questo testo, abbiamo deciso di continuare a usare l’articolo femminile “la Tav” – anche se impreciso – perché a oggi resta di gran lunga quello più comune nell’uso. [3] Il promotore pubblico Ltf era invece responsabile degli studi per i progetti preliminari dell’opera, terminati nel 2015. [4] Rispetto all’Italia, il progetto della Torino-Lione resta comunque un tema meno presente nel dibattito pubblico francese. Nonostante la presenza di gruppi di protesta locali, questi non hanno raggiunto dimensioni e visibilità pari a quelli italiani. [5] Una delle vicende più note riguarda gli arresti di Maria Soledad Rosa (“Sole”), Edoardo Massari (“Baleno”) e Silvano Pellissero avvenuti a inizio marzo 1998. I tre anarchici erano accusati di associazione sovversiva e terrorismo. Il 28 marzo dello stesso anno, Baleno si suicidò in carcere, e l’11 luglio la sua compagna Sole si tolse la vita in una comunità dove era tenuta agli arresti domiciliari. Nonostante i dissidi dell’epoca tra gli ambienti anarchici e una parte dei No Tav, oggi la storia viene ricordata dagli attivisti come esempio di «montatura» organizzata da media e magistratura per screditare i movimenti di protesta. [6] Secondo il Controsservatorio della Valsusa – un’associazione nata nel 2013 – questa strategia è invece «palesemente non-funzionale», perché la capacità della sezione transfrontaliera – in assenza del resto della nuova linea – resterebbe comunque quella attuale. [7] Paolo Foietta – nominato il 20 aprile 2015 commissario straordinario per l’asse ferroviario Torino-Lione – è anche presidente dell’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione e ricopre l’incarico di capo delegazione per l’Italia della Conferenza intergovernativa per la nuova linea. Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it. … Da - https://www.agi.it/saperetutto/tav_torino_lione_costi_effetti-4451507/longform/2018-10-12/ Titolo: Le vere ragioni della “antipatia” di Renzi Inserito da: Arlecchino - Febbraio 20, 2019, 11:09:03 pm Le vere ragioni della “antipatia” di Renzi
Appena Renzi ha pubblicato il suo nuovo libro si sono attivate le legioni di chi lo irride e gli imputa la grave sconfitta del marzo 2018. È una coazione a ripetere. Hanno evidentemente ancora paura di lui. E trascurano di capire le vere ragioni di quella sconfitta. Che è fatta certo di errori ma è fatta anche della reazione furibonda a riforme sacrosante, attese da anni, reazione che ha portato quella rete di interessi ramificati e diffusi colpiti a connettersi “pro domo loro” con le forze più populiste le cui vele erano già gonfiate da un vento mondiale che sta squassando le più antiche democrazie. 18 Febbraio 2019 Scritto da Enzo Puro Pubblicato in Politica Basta che Matteo Renzi scriva un libro, faccia affollatissime presentazioni, rilasci interviste, vada in TV, che i suoi avversari dentro il suo stesso campo partano in quarta. Anche i più silenziosi (di solito) scrivono, irridono, gli intimano di tacere, gli rimproverano di aver portato il PD alla disfatta. E fanno questo non analizzando davvero le vere ragioni per cui si è perso e per cui Matteo Renzi è considerato uomo antipatico ed arrogante (ragioni che a me, all’opposto, lo fanno sembrare simpatico ed empatico). In un altro articolo che troverete QUI (La damnatio memoriae di Matteo Renzi. Il tentativo è quello di cancellarlo dalla nostra memoria patria) potrete leggere il perché a mio avviso, malgrado tante leggi positive, il risultato elettorale è stato molto negativo. Di seguito invece descrivo perché tante categorie di cittadini italiani non hanno votato per Matteo Renzi e per il PD e descrivo gli interessi che il governo dei 1000 giorni ha toccato nel profondo. Sicuramente non hanno votato per Renzi e per il PD le classi dirigenti meridionali che, con il sistema dei Patti territoriali creati da Renzi e Delrio, hanno visto molto limitato il loro potere di gestione delle risorse finanziarie fatto senza regole. È noto a tutti che le regioni meridionali non solo hanno un utilizzo bassissimo delle risorse comunitarie ma che anche quelle risorse che riescono a portare a progetto ed a finanziamento incorrono, fino alla cantierizzazione e poi durante la stessa cantierizzazione, in numerosi intoppi (la vicenda della Salerno Reggio Calabria o della Bonifica di Bagnoli ne sono un esempio clamoroso). Così come è noto a tutti che quelle risorse sono il miele per chi ama gestire il potere in maniera clientelare ma ancora di più per chi ha un rapporto perverso con le mafie. Matteo Renzi, insieme a Delrio, aveva costruito un meccanismo per spezzare tutto ciò, garantire la correttezza delle procedure ma anche la velocità delle realizzazioni. Era il sistema dei Patti territoriali. Un meccanismo molto semplice. Una cabina di regia centrale con tutti i soggetti interessati, un ruolo stringente dell’ANAC di Cantone nel controllo sugli appalti, un monitoraggio periodico degli avanzamenti, la possibilità dell’avocazione al centro se gli Enti locali e le Regioni marciavano male. Ecco secondo voi quelle classi dirigenti (anche di centrosinistra) abituate a gestire soldi e progetti alla vecchia maniera lo hanno votato il PD oppure sono andati in giro a dire che Renzi era antipatico? Sicuramente poi non hanno votato Renzi i caporali. Il caporalato non è un fenomeno folcloristico, non è un fatto di costume ma in molte parti del sud rappresenta un grumo di interessi molto diffusi e ramificati che coinvolge la stessa rete delle aziende che li usano. E questo sistema ramificato e diffuso svolge anche la funzione di raccoglitore di preferenze per i capi bastoni locali. È questo il motivo per cui per decenni nessun governo ha mai fatto alcunché contro il caporalato. Anche a sinistra si sono fatti soltanto molti convegni ma anche nei periodi in cui la sinistra ha governato non c’è stata nessuna legge approvata. Perché era chiaro probabilmente che colpire il caporalato significava anche colpire il sistema del consenso politico che ha fatto la fortuna di molti, fortuna economica grazie allo sfruttamento bestiale della manodopera ma anche fortuna politica (e su questo la Bellanova più volte ha insistito e raccontato questo intreccio). Se questo è il sistema allora capiamo l’impatto che può aver avuto la legge sul caporalato voluta da Renzi dopo la morte per sfruttamento nei campi di una bracciante pugliese assoldata dai caporali. E certamente quel sistema ha contribuito anch’esso ad alimentare l’immagine di un Renzi antipatico e addirittura “divisivo”!!! Sicuramente non ha votato per Renzi quella parte del mondo cattolico conservatore che gliel’aveva giurata al momento della approvazione delle Unioni civili e poi quando fu approvato il testamento biologico. Ci furono manifestazioni di questi cattolici contro Renzi e la sua legislazione dei diritti. E non l’hanno presa certo bene alcuni vescovi italiani quando il giovanotto di Firenze, cattolico esso stesso e boy scout, ha ricordato loro che lui aveva giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo. Odioso ed antipatico, certo!! Sicuramente non ha votato Renzi tutta quella pletora di dirigenti pubblici a cui Renzi aveva messo un tetto per il loro stipendio e messo così fine a quello scandalo dei maxi stipendi su cui nessuno prima era mai intervenuto. Sicuramente non ha votato Renzi tutta quella classe di insegnanti che ritengono di non dover essere valutata da soggetti terzi e che pensano di essere in grado loro stessi di autovalutarsi. Al netto degli errori commessi nel percorso di coinvolgimento sulla riforma della scuola molti insegnanti (cavalcati dalla CGIL) sono stati un veicolo fondamentale nella diffusione dell’immagine antipatica di Matteo Renzi. Sicuramente non hanno votato Renzi i corrotti. Se è vero come è vero che il sistema della corruzione in Italia è molto diffuso è evidente che gli attori di questo sistema non potevano certo sostenere un premier che invece di parlare faceva cose concrete. A partire dal potenziamento dell’Autorità anticorruzione a capo della quale ci ha messo il giovane e brillante magistrato che aveva sconfitto i casalesi, dandogli nel contempo poteri e strumenti per esercitare realmente il ruolo che gli era stato affidato. Sono certo che l’insieme di quegli attori considerava Renzi un politico antipatico. Sicuramente non hanno votato per Renzi le ecomafie contro le quali per la prima volta è stata approvata una legge molto rigida e che raccoglieva tutte le indicazioni del più serio pensiero ambientalista. Sicuramente non hanno votato per Matteo Renzi tutti quegli imprenditori che avevano l’abitudine di far firmare al momento della assunzione, soprattutto alle donne, le dimissioni in bianco. Il tanto vituperato Jobs act contiene infatti una norma che ha colpito il perpetuarsi di questa enorme ingiustizia. Potremmo continuare a lungo. Il governo dei 1000 giorni ha rotto molti equilibri. È entrato a piè pari in situazioni che tutti davano per scontate. Forse lo ha fatto in maniera troppo ingenua non prevedendo, e non attrezzando perciò una risposta, la furibonda reazione delle consorterie colpite che sono riuscite, con la complicità del sistema dei media, vecchi e nuovi, a ribaltare in negativo l’immagine del giovane leader fiorentino. La “character assassination” che è stata messa in atto sulle banche è ad esempio un capolavoro strategico. Un premier che ha legiferato per eliminare tutte quelle porcherie che negli anni il sistema bancario territoriale aveva fatto (quanto accaduto con le banche venete ne è un esempio) è stato fatto passare per il suo opposto, l’amico dei banchieri e degli speculatori. Come potevano votare per Renzi gli stakeholders territoriali delle banche popolari se il governo Renzi (rimettendo in carreggiata una vecchia proposta di Ciampi) ha approvato la riforma delle banche popolari, una riforma che ha fatto saltare quel meccanismo del voto capitario attraverso cui quegli stakeholders territoriali tenevano per le palle i manager delle diverse banche? Stiamo parlando di interessi diffusissimi e ramificati quanto e più forse di quelli colpiti dalla legge sul caporalato. Interessi che si tramutavano nella concessione di prestiti e mutui a gogò che sono stati una delle cause per cui molte di quelle banche sono andate a gambe all’aria. Il voto capitario (per cui anche con una sola azione si aveva il diritto di veto e di decisione al pari di chi invece di azioni ne aveva tantissime) serviva a mantenere in piedi quel sistema malato. Insomma una sconfitta è frutto di tante cose. Ci sono certo gli errori commessi. Ma c’è un vento complessivo che in tutto il mondo (lo ha detto il filosofo francese Bernard H. Levi ad una accigliata Annunziata) ha portato al potere forze populiste micidiali annichilendo la sinistra. E c’è però la reazione furibonda a riforme sacrosante attese da anni, che forse si è sottovalutata, reazione che ha portato quella rete di interessi ramificati e diffusi colpiti a connettersi “pro domo loro” con le forze più populiste le cui vele erano già gonfie da un vento mondiale che sta squassando le più antiche democrazie. Da - https://manrico.social/politica/item/1157-le-vere-ragioni-della-antipatia-di-renzi.html?fbclid=IwAR0FWUgmVN67O5vdf6sFOFoJ7l5_jCPWLG866ZPPJUfjtQJKgk9etJJOz3U Titolo: Evasione fiscale, Bonafede: “Via le soglie vergogna del governo Renzi” Inserito da: Arlecchino - Febbraio 28, 2019, 06:12:05 pm Evasione fiscale, Bonafede: “Via le soglie vergogna del governo Renzi”
Il ministro della Giustizia: “L’ex premier le alzò tutte La Lega? Non penso che a qualcuno nel governo piacciano quelle norme” Di Luca De Carolis | 22 Febbraio 2019 Sulla Diciotti si era detto “combattutissimo”, senza svelare il suo voto. Ma ora assicura che “era giusto negare l’autorizzazione a procedere per Matteo Salvini”. Però il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha soprattutto altro da dire: “Proporrò al governo di ritoccare verso il basso le soglie di punibilità per varie fattispecie di evasione fiscale. Il governo Renzi ha varato norme che sembravano consigli su come evadere, come scrissi in un mio post del 2015. E io vorrei che si tornasse alle soglie precedenti il suo esecutivo”. Partiamo dalla Diciotti. Quel 41 per cento che ha votato a favore dell’autorizzazione a procedere a diversi, come il deputato Luigi Gallo, pare la base numerica di una minoranza interna. La maggioranza e la minoranza sono fisiologiche quando c’è una consultazione. E sulle questioni più dibattute c’è maggiore equilibrio tra le opinioni. Quel 41 per cento magari vi chiede di cambiare, innanzitutto nel rapporto con la Lega, no? Non sono d’accordo. Il M5S ha una linea politica molto chiara, che consiste nell’andare avanti con questo governo, e su una questione nuova come quella della Diciotti ha consultato gli iscritti. Ma non si possono utilizzare le votazioni per valutazioni interne al Movimento. Avete scoperto improvvisamente il garantismo, per salvare Salvini e il governo. È falso. Noi non abbiamo mai fatto eccezioni per nessuno, e io ho firmato l’autorizzazione a procedere per vilipendio nei confronti proprio di Salvini. Ma la legalità è il rispetto di tutte le leggi, e tra queste c’è anche la norma costituzionale, che imponeva ai senatori di rispondere a una domanda, ossia se il ministro dell’Interno avesse agito per un interesse preminente dello Stato. E se avessero detto il contrario, avrebbero detto il falso. Lei però ha ammesso di essere molto combattuto. Quindi non era così automatico, no? No, la certezza assoluta non poteva averla nessuno. Ma alla fine ho scelto il criterio della verità. Che ha prevalso su quello della vostra identità… La nostra identità corrisponde al rispettare il criterio della verità. Ora vi volete strutturare. Avete capito che il M5S leggero non funziona più. Serve una struttura che faccia da garante delle qualità delle persone che si avvicinano al M5S. Ha voglia di far parte della nuova segreteria politica? (Sorride, ndr). La parola segreteria non mi piace. E io non mi sono mai offerto per incarichi. Invece sul piano politico cosa offre? La lotta all’evasione fiscale è scomparsa dall’agenda del governo. Eppure voi 5Stelle avevate promesso “manette per gli evasori”. Le manette agli evasori, cioè l’inasprimento delle pene, sono legate al varo di un sistema fiscale più equo, così come prevede il contratto di governo. Però ci sono stati alcuni interventi vergognosi del governo Renzi sull’evasione fiscale, per esempio l’aumento delle soglie di punibilità per alcune fattispecie di reato. E per questo proporrò all’esecutivo di abbassarle. Faccia qualche esempio. Renzi triplicò la soglia di punibilità per la dichiarazione infedele da 50 mila a 150 euro. Ecco, io voglio riportarla a 50 mila. E in generale, voglio ripristinare per alcune soglie il livello precedente. Come pensa di intervenire, e quando? Con un disegno di legge. E proporrò le modifiche molto presto. Sarà. Ma il governo dell’ex segretario del Pd rivendicava risultati record nella lotta all’evasione, invece avete varato condoni e “saldi e stralci”. Su quei temi abbiamo trovati soluzioni in linea con il contratto. Detto questo, il maggior recupero di risorse dall’evasione deriva dagli strumenti sempre più efficaci di cui dispongono la Guardia di Finanza e le altre autorità. Invece il Pd ha varato norme che secondo me favorivano gli evasori. La Lega non le permetterà mai di intervenire su questo, ministro. Io propongo di cancellare alcune soglie vergogna. E non posso pensare che nel governo qualcuno possa apprezzare quelle norme fatte da Renzi. Di Luca De Carolis | 22 Febbraio 2019 © RIPRODUZIONE RISERVATA - Il Fatto Quotidiano - Ti preghiamo di usare i bottoni di condivisione, e di non condividere questo articolo via mail o postarlo su internet, il giornalismo indipendente ha un costo, che può essere sostenuto grazie alla collaborazione dei nostri lettori. Da - https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/02/22/evasione-fiscale-via-le-soglie-vergogna-del-governo-renzi/4989268/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2019-02-22 LO SBERLEFFO Ci vorrebbe Bartali al Tour In zona Pd, è noto, l’affaire della famiglia Renzi non lo stanno prendendo benissimo. E se Maria Elena Boschi, intervistata da Il Foglio, solidarizza (“Io lo so cos’è la gogna”), c’è chi evoca ben altro affaire. È il caso dell’ex presidente Rai Claudio Petruccioli che twitta preoccupato: “Non mi sembra una esagerazione cominciare a fare un parallelo fra #affaireDreyfus e quello che si può ormai definire #AffareRenzi E forse si può sperare che ci sia anche oggi un #EmileZola che scriva un #Jaccuse”. Il parallelo è tra la (falsa) accusa di tradimento e intelligenza con la Germania mossa tra il 1894 e il 1906 al capitano dell’esercito francese di origine ebraica Alfred Dreyfus e al celebre atto d’accusa in suo sostegno dello scrittore pubblicato nel 1898 sul quotidiano socialista L’Aurore. La palma del più allarmato, tuttavia, va al giornalista Mario Lavia, secondo cui” Renzi dovrebbe dire ai suoi le parole di Togliatti dopo l’attentato: ‘Non perdete la testa’”, alludendo all’appello alla calma che il segretario del Pci lanciò dopo essere stato ferito in un attentato nel 1948 per placare le folle pronte alla rivoluzione. In effetti è pieno di renziani che in questi giorni stanno dissotterrando armi. Disgraziatamente, però, non ci sarà Gino Bartali a calmare definitivamente le acque vincendo il Tour de France. Titolo: INTERVISTA A MATTEO RENZI "Per Salvini è già iniziato il conto alla rovescia" Inserito da: Arlecchino - Giugno 03, 2019, 01:54:34 pm INTERVISTA A MATTEO RENZI
"Per Salvini è già iniziato il conto alla rovescia" Di Oliver Meiler, corrispondete da Roma per il Tages Anzeiger QUESTO CONTENUTO È STATO PUBBLICATO IL 25 MAGGIO 2019 9.00 Il governo populista italiano è alla frutta. Lo dice l'ex presidente del consiglio Matteo Renzi, che sa su cosa inciamperà questo governo. Palazzo Giustiniani, Roma. Matteo Renzi, 44 anni, entra in ufficio senza cravatta, anche se in questa dependance del Senato c'è l'obbligo per gli uomini di indossare giacca e cravatta. Porta la sua solita camicia bianca, aperta, il suo marchio di fabbrica. Per quasi tre anni, e fino alla fine del 2016, Renzi è stato il Presidente del consiglio, il più giovane nella storia della Repubblica. Un riformatore energico, un talento politico con un debole per il palcoscenico. Ora è senatore, membro del gruppo parlamentare di centrosinistra del Partito Democratico. Vola in giro per il mondo, tiene conferenze, scrive libri e recentemente ha realizzato un documentario sulla sua città natale, Firenze. Da un po' di tempo ormai, quasi quotidianamente, si è ripreso la scena politica italiana. Deve essere la scadenza elettorale. Cinque anni fa, alle elezioni europee del 2014, Renzi da segretario ha portato il suo partito ad un risultato da sogno: 40,8 per cento. Una vetta mai raggiunta prima. Ora Matteo Salvini, vice-premier e ministro dell'interno della Lega, che i media chiamavano a volte "l'altro Matteo", potrebbe raggiungere un risultato elettorale altrettanto sorprendente. Signor Renzi, da un Matteo a un altro totalmente diverso, dalla cultura dell’accoglienza dell'operazione “Mare Nostrum” alla politica della chiusura dei porti in così poco tempo: come è stato possibile? "Salvini è arrivato velocemente e altrettanto velocemente se ne andrà". Fine della citazione Tutto sta cambiando rapidamente in politica, ovunque nel mondo, non solo in Italia. Chi avrebbe pensato all’elezione di Donald Trump solo pochi mesi prima che fosse effettivamente eletto? O la Brexit e tutto il caos che ne è seguito? O ancora in Francia: chi avrebbe mai pensato che l'intera struttura dei partiti tradizionali sarebbe implosa portando un outsider come Emmanuel Macron alla presidenza? Questi sono gli scherzi della democrazia. Scherzi? Salvini non è particolarmente divertente. È arrivato velocemente e altrettanto velocemente se ne andrà. Il conto alla rovescia per Salvini è già iniziato. Ci crede davvero? Gli istituti di sondaggio lo vedono al 30 per cento, e in Europa è il faro di tutti i nazionalisti. È come accendere una candela su entrambi i lati, si scioglie molto velocemente. Salvini ha puntato tutto sull'immigrazione e sulla sicurezza, non fa altro che suscitare odio e paura. Come programma è un po' povero, non dura a lungo. Ma molti italiani lo applaudono. "Il populismo funziona solo quando si è all'opposizione." Fine della citazione Ancora non per molto, forse per altri quattro o cinque mesi. Finirà al più tardi quest’autunno, quando il governo deve presentare la finanziaria per il prossimo anno e dovrà far ricorso alle tasche degli italiani. I populisti non pagano il conto, l'economia è stagnante, hanno fatto crollare il paese. Il populismo funziona solo quando si è all'opposizione. Gli italiani sono un popolo meraviglioso, ricco di valori, innamorato della bellezza, dell'arte e della cultura. Ma sono interessati alla politica soprattutto quando si tratta dei loro soldi. Allora diventano molto pragmatici e sensibili. Perché Salvini non è stato danneggiato finora? Nemmeno il rompicapo sui 49 milioni di euro che la Lega ha ricevuto a titolo di risarcimento per la campagna elettorale, e che ha fatto scomparire, sembra preoccupare la gente. Arriverà. La Lega ha messo parte di questo denaro nella sua macchina del consenso: nel centro nevralgico di controllo, da cui dipendono tutti i conti e i profili di Salvini nei social media. Il suo inventore chiama la macchina "la bestia", che separa costantemente le notizie false, che poi le diffonde senza filtro. È una strategia perversa. Ho chiesto pubblicamente a Salvini se fosse vero che aveva investito parte dei 49 milioni nella "Bestia". Non mi risponde. Potrebbe accusarmi di calunnia, ma non lo fa. Non è curioso? Chiederò ora l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta. Una “bestia” di successo. Devo ammetterlo: non ho visto arrivare l'onda che dalla rete ci ha travolto, un'ondata di populismo e notizie false. Ci ha spazzati via. L'Italia è il primo paese in Europa ad avere un governo puramente populista. Perché proprio l'Italia? Il nostro paese è sempre stato un laboratorio politico. Un mio amico una volta mi disse: "Se il populismo fosse una start-up, l'Italia sarebbe la sua Silicon Valley. Il “Berlusconismo" è stato un precursore del populismo. A posteriori però, rispetto ai populisti di oggi, Silvio Berlusconi sembra uno statista. Cosa fanno di sbagliato Lega e Cinque stelle? Stanno giocando tutta la credibilità internazionale che l'Italia ha faticato a guadagnarsi. In Libia improvvisamente non abbiamo quasi più nulla da dire, anche se, in una certa misura, è il nostro cortile di casa. Molti italiani vivono in Venezuela, ma il nostro governo non riesce nemmeno a far cadere il proprio appoggio a Nicolas Maduro. "Se il populismo fosse una start-up, l'Italia sarebbe la sua Silicon Valley". Fine della citazione In Europa non contiamo più nulla, non parliamo più con essa. L'Italia è isolata e senza spina dorsale. Guardi il presidente del consiglio: Giuseppe Conte non conta nulla, e tutto ciò è imbarazzante. Recentemente si è svolta a Milano la grande fiera del mobile e del design, Conte avrebbe dovuto tenere il discorso di apertura. Era lì in attesa con altri ospiti quando una hostess gli ha detto di non toccare le opere esposte. Probabilmente pensava che fosse un turista. La scena è molto simbolica. Salvini sfrutta la debolezza degli alleati inesperti e diventa sempre più potente. Un anno fa sarebbe stata possibile un'alleanza tra Partito Democratico e Cinque Stelle. Ma lei era decisamente contrario. Se ne pente oggi? No. Gli italiani ci hanno votato contro, il segnale era chiaro. Se fossimo comunque rimasti al potere e avessimo mantenuto delle cariche ministeriali, ora saremmo morti. Ma avreste potuto indirizzare i Cinque Stelle in una direzione diversa da quella di Salvini. Ora tutto sa di estrema destra. Non prendiamoci in giro: Salvini e Luigi Di Maio provengono dallo stesso ambito culturale e utilizzano gli stessi metodi di propaganda. Sulla questione dell'immigrazione si sono sempre trovati d'accordo. Lo scorso anno Di Maio ha sostenuto tutto ciò che Salvini ha promosso. Di Maio intendeva anche unire le forze con l'ala oltranzista dei giubbotti gialli in Francia. E nel Parlamento europeo, i Cinque Stelle siedono nella stessa fazione di Nigel Farage. Come possiamo andare d’accordo? Una parte del suo partito è di tutt’altra opinione. Sì, ed è per questo che litighiamo. Ma per me i Cinque Stelle sono dei reazionari, incompetenti e nel loro intimo antidemocratici. Antidemocratici? Non dimentichiamo che questo partito è stato fondato da Beppe Grillo, il quale ha redatto uno statuto di cui è proprietario. I deputati che non sono simpatici ai vertici o che esprimono un'opinione dissenziente vengono semplicemente espulsi. Le votazioni interne del partito sono organizzate sulla piattaforma di una società privata di Internet, dei Casaleggio Associati. La piattaforma si chiama "Rousseau" ed è completamente incontrollabile. Questa è la quintessenza del confusione d’interessi. Ma i Cinque Stelle e la Lega governano il paese, democraticamente eletti e quasi senza opposizione. Perché non si sente la sinistra? Ruggire non serve a nulla, si deve combattere, passo dopo passo. La ruota gira velocemente. In Italia nessun governo è riuscito ad essere rieletto dal 1992. Viviamo un'alternanza perfetta e caotica: ad ogni legislatura una nuova maggioranza di governo. La prossima volta sarà di nuovo il nostro turno. Vedremo poi come e in quale composizione. E su questa giostra lei rimane ben saldo? Certamente. Come deve essere la nuova Sinistra? La Sinistra vince se conquista anche il centro, il cuore dei moderati. Questo suona da terza via. Non è da tempo sorpassata? Ovunque nel mondo c'è il conflitto tra l'estrema sinistra e la sinistra riformista. Credo, ad esempio, che i democratici possano vincere le elezioni negli Stati Uniti solo con Joe Biden, non con Bernie Sanders. E la Brexit sarebbe stata diversa con David Miliband alla guida dei laburisti al posto di Jeremy Corbyn. Nessuno può convincermi che si possono vincere le elezioni in Italia con un partito populista di sinistra. "Se avessi davvero voluto fondare un nuovo partito, il momento giusto era il 2014 dopo le elezioni europee". Fine della citazione È vero che lei vuole fondare un nuovo partito, come Macron per intenderci? Se avessi davvero voluto fondare un nuovo partito, il momento giusto era il 2014 dopo le elezioni europee. Vediamo se il Partito Democratico saprà guadagnarsi gli elettori moderati alle prossime elezioni parlamentari. Le manca il potere? In italiano, potere è una bella parola: "potere" è sia un sostantivo che un verbo. Come verbo significa "essere in grado", nel senso di: essere in grado di plasmare. Non mi manca il sostantivo, il palazzo con le insegne del potere non ha mai significato nulla per me. Mi manca solo il verbo, la gestualità, il "Yes we can". Per questo leggo molti più libri, vado al cinema, mi alleno per una maratona, guardo serie TV su Netflix. Ho riavuto indietro la mia vita, almeno fino al prossimo giro di giostra. --- Qui l'intervista nella versione originale tedesca Link esterno. Intervista pubblicata su gentile concessione del gruppo Tamedia, Zurigo Tradotto dal tedesco da Riccardo Franciolli Da - https://www.tvsvizzera.it/tvs/scelti-per-voi/intervista-a-matteo-renzi_-per-salvini-%C3%A8-gi%C3%A0-iniziato-il-conto-alla-rovescia-/44986444?utm_campaign=swi-nl&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=o Titolo: MATTEO RENZI. Ritrovare la democrazia Inserito da: Arlecchino - Giugno 04, 2019, 11:10:45 pm Ritrovare la democrazia
La democrazia non è solo un insieme di regole e di procedure. La democrazia non è solo un insieme di regole e di procedure. E’, prima di tutto, l’idea che una comunità possa determinare il proprio destino, che non sia in balia degli eventi o di una qualche forza superiore. E’ questa idea che abbiamo smarrito negli ultimi tempi, tra spread e abusi della casta. Gli italiani non hanno più la sensazione di essere padroni del proprio destino. E, anziché rappresentare un fattore di chiarezza – lo strumento per valutare le opzioni e compiere una scelta – la politica è diventata un’ulteriore fonte di caos. Uno specchio deformante che rimanda agli italiani l’immagine peggiore e più confusa del nostro Paese. Ecco perché bisogna partire da lì. La politica non è credibile se continua a chiedere sacrifici senza mai farne. Non è demagogia: sono risparmi veri ed è il segnale che nessuno è al di sopra del rigore che la crisi ci impone. Soprattutto, è il modo per richiamare la politica alla sua missione: essere lo strumento attraverso il quale i cittadini decidono del proprio futuro. BASTA CON IL BICAMERALISMO Cominciamo dalla testa. Il Parlamento, la sede della rappresentanza in cui si riflette la sovranità popolare, è oggi tra le istituzioni più denigrate e screditate, anche perché è inefficiente. Quasi mille componenti e due camere che fanno lo stesso mestiere, entrambe titolate a dare e togliere la fiducia al Governo, con due serie di Commissioni che operano sulle stesse materie, due filiere dirigenziali, doppie letture su tutte le leggi, non hanno nessuna giustificazione. Una delle due camere va semplicemente abolita. Ne basta una sola, veramente autorevole, composta da non più di 500 persone. Al posto dell’attuale doppione serve un organo snello, composto da delegati delle Regioni e da sindaci, che possa proporre emendamenti alla legislazione statale su cui la Camera elettiva decide in ultima istanza, eventualmente a maggioranza qualificata. UNA LEGGE ELETTORALE PER SCEGLIERE I PARLAMENTARI E IL GOVERNO Adottiamo per il livello nazionale un modello istituzionale che consenta ai cittadini di scegliere chi governa, come già accade nelle nostre città, dove l’elezione diretta dei sindaci ha prodotto ottimi risultati. I deputati devono essere scelti tutti direttamente, nessuno escluso, dai cittadini. Allo stesso tempo, i cittadini devono poter scegliere un leader messo in condizione di governare per l’intera legislatura e di attuare il programma proposto alle elezioni, come in Gran Bretagna o in Spagna, dove non a caso i governi durano a lungo, i primi ministri entrano in carica abbastanza giovani e dopo al massimo dieci anni passano la mano ed escono di scena. LA POLITICA NON SIA LA VIA BREVE PER AVERE PRIVILEGI Aboliamo tutti i vitalizi. La politica torni a essere assolvimento di un dovere civico e non una forma di assicurazione economica. Le risorse spese per i singoli Parlamentari, inclusi i compensi, devono essere allineate alla media europea. UN COSTO STANDARD PER I CONSIGLI REGIONALI, IN MODO DA IMPEDIRE ABUSI E SQUILIBRI I consiglieri regionali devono avere un compenso e un budget per le attività di servizio uguale in tutte le regioni. Deve essere definito il “costo standard” per il complessivo funzionamento delle assemblee legislative regionali. ABOLIZIONE DELLE PROVINCE Le Province vanno abolite tutte. Nei territori con almeno 500 mila abitanti si può lasciare alle Regioni la facoltà di istituire enti di secondo grado, espressione dei Comuni, per la gestione dei servizi a rete. ABOLIZIONE DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI Il finanziamento pubblico va abolito. Occorre favorire il finanziamento privato sia con il 5 per mille, sia attraverso donazioni private effettuate in maniera trasparente, tracciabile e pubblica. Siccome oggi, grazie a internet, chiunque può produrre a costo zero il proprio bollettino o il proprio house organ, i contributi alla stampa di partito vanno aboliti. LA SUSSIDIARIETÀ E LA CHIAREZZA DELLE RESPONSABILITÀ COME PRINCIPI DI BASE Il potere e la responsabilità di dare ai cittadini risposte concrete devono essere nitidamente distribuiti tra centro e periferia, superando le confusioni dei ruoli e abbandonando la retorica fumosa sul federalismo. Diamo responsabilità effettive dove servono, a chi le può esercitare sotto l’impulso e il controllo dei cittadini: al governo centrale, alle regioni e ai sindaci. Eliminiamo le strutture inutili, completando l’opera appena avviata dal Governo Monti di aggregazione degli enti intermedi. Riformiamo da subito il Patto di Stabilità, in coerenza con il sistema dei conti europeo, premiando i Comuni virtuosi che hanno i conti a posto e vogliono investire sul loro futuro. Da - https://www.matteorenzi.it/ritrovare-la-democrazia/ Titolo: RENZI Ho deciso di lasciare il Pd e costruire insieme ad altri una Casa Nuova Inserito da: Admin - Settembre 25, 2019, 12:32:42 pm Da Renzi
Ho deciso di lasciare il Pd e di costruire insieme ad altri una Casa nuova per fare politica in modo diverso. Dopo sette anni di fuoco amico penso si debba prendere atto che i nostri valori, le nostre idee, i nostri sogni non possono essere tutti i giorni oggetto di litigi interni. La vittoria che abbiamo ottenuto in Parlamento contro il populismo e Salvini è stata importante per salvare l’Italia, ma non basta. Adesso si tratta di costruire una Casa giovane, innovativa, femminista, dove si lancino idee e proposte per l’Italia e per la nostra Europa. C’è uno spazio enorme per una politica diversa. Per una politica viva, fatta di passioni e di partecipazione. Questo spazio attende solo il nostro impegno. Lascio le polemiche e le dietrologie a chi sta nei palazzi. Io sorrido a tutti e auguro buon ritorno a chi adesso rientrerà nel Pd. E in bocca al lupo a chi vi resterà. Per me c’è una strada nuova da percorrere. Lo faremo zaino in spalla, passo dopo passo. La politica richiede proposte e coraggio, non solo giochi di corrente. Noi ci siamo. Offriamo il nostro entusiasmo a chi ci darà una mano. Offriamo il nostro rispetto a chi ci criticherà. Ma offriremo soprattutto idee e sogni per l’Italia di domani. Ci vediamo alla Leopolda. Da Fb del 17 settembre 2019 Titolo: RENZI Siamo sommersi dalle cose da fare, dopo il lancio di ITALIA VIVA. Inserito da: Admin - Settembre 25, 2019, 12:42:08 pm Martedì 24 settembre 2019
Enews 592 Buona settimana a tutti Siamo sommersi dalle cose da fare, dopo il lancio di Italia Viva. Sarà una Maratona, non i 100 metri, ma dobbiamo partire bene e lo stiamo facendo anche grazie al sostegno impressionante che stiamo ricevendo da molti di voi. Non sentivo questo entusiasmo dagli anni precedenti all'arrivo a Palazzo Chigi: trovo lo stesso clima, bene così. A tutte e tutti: vi aspettiamo alla Leopolda, dove saremo accolti nella nuova Casa, la casa di Italia Viva. Un luogo di libertà che arriva alla decima edizione della Leopolda. E che sarà un luogo di proposta e di entusiasmo: teniamo fuori le polemiche e i rancori. Ci devono riconoscere dalle idee e dai sorrisi, questa è Italia Viva Brevissimo aggiornamento allora: Ho fatto questa intervista al Messaggero che forse è utile per conoscere i prossimi passi di ciò che ci attende: Family Act, Piano Verde, divieto di correnti nel nuovo partito, spazio alle donne. Presenteremo in Leopolda la Tessera 2020 del nuovo partito: l'iscrizione si farà online per evitare il lavoro dei signori delle tessere. E per ogni tessera che verrà fatta a Italia Viva pianteremo un albero, come ho spiegato proprio nell'intervista al Messaggero. Intanto siamo arrivati a quota 20.000 adesioni in una settimana, qui il link per chi non avesse ancora aderito. E qui c'è il video della trasmissione con Giletti domenica sera. I vostri commenti sono preziosi. Grazie In sintesi. 1) Chi vuole venire alla Leopolda si faccia vivo. Saranno tre giorni di lavoro entusiasmanti ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Qui c’è il link per preiscriversi. E chi ci vuole dare una mano per l’organizzazione come volontario clicchi qui, come sostenitore economico può fare un piccolo versamento qui (anche i piccoli versamenti da 5€ fanno la differenza) 2) Chi vuole dare una mano sul Family Act, sul Piano Verde (ok investire nell'ambiente ma senza aumentare le tasse: non possiamo usare la scusa del clima per fare cassa), sulle idee per il futuro è il benvenuto. Una delle cose belle di Italia Viva è che stanno arrivando tanti parlamentari ma anche e soprattutto tante persone che vogliono fare un'esperienza politica totalmente nuova. Basata sulle idee, non sui litigi. Mi scrivete? L'email è sempre quella: matteo@matteorenzi.it 3) Sono reduce da una brevissima missione in Cina dove con l'ex primo ministro spagnolo Mariano Rajoy (qui in un selfie azzardato, almeno per gli abiti) abbiamo parlato di come coniugare economia e ecologia. Questo tema sarà sempre più importante nei prossimi mesi. Ma attenzione: l'Italia è ferma a crescita zero per effetto degli errori del governo precedente. Adesso dobbiamo rilanciare tenendo insieme Ambiente e Crescita, non contrapporli. Altrimenti la recessione che già colpisce la Germania si allargherà fatalmente anche nel nostro Paese. Ne parliamo alla Leopolda con tante proposte concrete per ripartire. Un sorriso e a prestissimo, Matteo PS La cantante Emma Marrone, donna capace di dare un messaggio bellissimo contro gli odiatori di professione (ricordate questo video qualche mese fa?) sta combattendo una battaglia contro un serio problema di salute. E cosa fanno gli haters? La attaccano per le sue posizioni politiche. Ci sono delle persone piccole e meschine che usano i social per diffondere odio. Vorrei che a Emma arrivasse l'abbraccio di tutte le persone perbene di questo Paese. Non cederemo mai alla cultura della violenza verbale e dell'odio ad personam. Da - https://mail.google.com/mail/u/0/?hl=it&shva=1#inbox/FMfcgxwDrRShslZffNxTcrZMQnmFHhpj |