Titolo: Antonio Di PIETRO. Inserito da: Admin - Luglio 22, 2007, 10:35:47 pm POLITICA
L'ex pm: "È un passo fuori dalla Costituzione sbaglia anche la Finocchiaro a criticare la Forleo" Ma Di Pietro critica Mastella "Assurdo l'attacco al giudice" di LIANA MILELLA ROMA - "Un attentato contro la Costituzione". Antonio Di Pietro definisce così la decisione di Mastella di chiedere gli atti della Forleo per valutarne le "singolarità". Il leader di Idv ci vede solo la voglia "di ingraziarsi i Ds" e chiede al capo dello Stato di intervenire. Nuovo scontro col Guardasigilli? "È fuori luogo e abusivo che sindachi l'atto di un giudice, e neppure quello di un pm, che può essere valutato solo da altri atti giudiziari, e non dal ministro. Così interviene a gamba tesa sull'indipendenza della magistratura e contraddice la separazione poteri. È la storia di sempre. L'esecutivo, per difendere se stesso, si appropria di una funzione che non gli compete". Mastella influenza il Parlamento? "È un boomerang per la credibilità delle istituzioni e per la gente coinvolta. È solo un favore, forse non richiesto; un tentativo maldestro di ingraziarsi i Ds in vista di futuri scenari. Ma è un atto che danneggia la credibilità del governo e mette in cattiva luce tutti. Il ministro può censurare i comportamenti del giudice, ma non gli atti, altrimenti siamo all'assurdo che può sindacare un mandato di cattura che non gli piace, mentre ciò spetta al giudice d'appello". È un atto irregolare? "È un passo fuori dall'ordinamento e dalla Costituzione. È un grazie a futura memoria che danneggia gli interessati, perché se uno è innocente non ha bisogno di aiuti. Ma se è colpevole la butta in politica. La solita storia per legare le mani alla magistratura". Protesterà ufficialmente col suo collega? "Chiedo al capo dello Stato di ricordare al ministro quali sono i suoi compiti, le funzioni, i limiti. Perfino Cossiga avrebbe stigmatizzato questo comportamento". L'ha già fatto. "Non lo sapevo. Si può non essere d'accordo con le motivazioni della Forleo, ma se si fissa il principio che il ministro può intervenire, siamo all'attentato alla Costituzione". Perché ora è più morbido con la Forleo? "Possiamo discutere sull'opportunità di usare un linguaggio così forte. Ma sono i giudizi di un normale cittadino, non del Guardasigilli che non può attivare gli ispettori". Però la Finocchiaro parla di abuso di potere. "Il giudice fa una valutazione per chiedere le intercettazioni, è il ruolo che gli assegna la Costituzione. Non c'è abuso potere, il problema è che quello che ha scritto non piace, e quindi bisogna smontare l'indagine. Ma per farlo bisogna essere innocenti". Il gip non doveva rimandare le carte al pm? "Per farlo deve disporre degli atti. Quindi ne chiede l'utilizzo. Mi ricorda la storia di quando c'era l'autorizzazione a procedere all'Andreotti maniera. La richiesta del giudice veniva respinta se non c'erano elementi per dimostrare la mancanza di fumus persecutionis. Ma la legge diceva che appena spuntava un parlamentare nell'indagine bisognava chiedere l'autorizzazione. Un cane che si morde la coda. Ora è lo stesso: non puoi usare le intercettazioni se non fai la richiesta, ma non puoi farla se non formuli l'imputazione". Un giudizio su Marini e Bertinotti che protestano? "Gli atti diretti alle Camere non sono coperti dal segreto. Avere le carte oggi o domani è la stessa cosa. Ci si attacca allo stuzzicadenti per non guardare la trave". Se le Camere negano l'autorizzazione? "Paradossalmente l'indagine resterebbe appesa, come una grande incompiuta. E su Fassino resterebbe un ombra, mentre l'unico modo per tornare sereni è togliersi di dosso le ombre". Bisogna darla prima delle vacanze? "Assolutamente. Se no si mette in moto un frullatore impazzito. Diventa il gioco dell'estate e delegittima gli interessati". Come voterà? "A favore, ma nel pieno rispetto della presunzione di innocenza. Vogliamo che l'indagine vada fino in fondo, altrimenti si fa il gioco di chi di chi ha tentato scalate impossibili, ha danneggiato i cittadini, ma rischia di restare impunito". Ma è d'accordo con la Forleo? "Si può discutere se le telefonate sono la prova provata del coinvolgimento dei politici. Per me Fassino è stato tirato dentro, utilizzato, raggirato. Non riesco a vederlo come un correo dei furbetti. Ma se fossi in lui invocherei la valutazione del giudice perché è l'unico modo per liberarsi dal sospetto. Se non ci fosse, la Forleo bisognerebbe inventarla per riottenere credibilità. Altrimenti passa l'idea che Berlusconi prima e i "berluschini" poi incolpano la magistratura per salvarsi". (22 luglio 2007) da repubblica.it Titolo: D'AVANZO: Se il parlamento collabora e rende utilizzabili le intercettazioni Inserito da: Admin - Luglio 22, 2007, 10:37:01 pm POLITICA
IL COMMENTO Se il parlamento collabora e rende utilizzabili le intercettazioni di GIUSEPPE D'AVANZO Il giudice per le indagini preliminari di Milano, Clementina Forleo, chiede al Parlamento di rendere "utilizzabili" nel processo le intercettazioni telefoniche in cui sono incappati i Ds Massimo D'Alema, Nicola Latorre, Piero Fassino; il senatore e i deputati di Forza Italia, Grillo, Comincioli e Cicu. Il ceto politico - in coro e con allarme, a destra come a sinistra - discute i toni e le parole che il gip, Clementina Forleo, ha ritenuto di adoperare nella sua ordinanza. Il ministro di Giustizia si spinge addirittura a ipotizzare contro il giudice "una potenziale lesione dei diritti e dell'immagine di soggetti estranei al processo". I "soggetti estranei" sarebbero i politici di cui si parla. Al contrario, il giudice li definisce "complici consapevoli" dei reati ipotizzati nel tripartito progetto di scalata Antonveneta/Bnl/Rcs-Corriere della Sera. Chi è chiamato a giudicare? Il ministro o il giudice? Forse il giudice anche quando si tratta di politici, e allora la confusione di linguaggi, interessi e opposte (e forzate) interpretazioni può far perdere il filo. Che cosa accade? Accade che, dopo la pubblicazione a goccia e a boccone, delle intercettazioni di due anni fa finalmente abbiamo - con la richiesta di utilizzabilità - un giudice che configura penalmente "il fatto" e non è tenero con i politici coinvolti nell'affare. Al giudice, i politici appaiono non "passivi ricettori di informazioni pur penalmente rilevanti né personaggi animati da una sana tifoseria per opposte forze in campo, ma consapevoli complici di un disegno criminoso di ampia portata che si stava consumando ai danni dei piccoli e medi risparmiatori, in una logica di manipolazione e lottizzazione del sistema bancario e finanziario nazionale". I politici, dunque, non stavano soltanto alla finestra per guardare e applaudire o fischiare, ma erano sul terreno di gioco a giocare una partita che era anche loro. Ma i dialoghi telefonici giustificano questa approssimata - preliminare, appunto - convinzione? Va detto che nessuno può dirla spensieratamente ballerina. Anche senza trarre affrettate conclusioni di colpevolezza o di innocenza, è indubbio che quelle conversazioni hanno bisogno di spiegazioni, approfondimenti, indagini. Il reato degli "scalatori" è documentato. Ammettono di aver messo insieme il 51 per cento prima di lanciare un'offerta pubblica di acquisto (opa) obbligatoria già quando si detiene il 30 per cento. Confessano candidamente come hanno occultato gli accordi sotto banco. Peccano di "insider trading" e "passano" quelle informazioni privilegiate a soggetti non legittimati a riceverle. Bene, fin qui tutto chiaro. Ma i politici? Non si limitano a raccogliere notizie, a tenersi informati sugli eventi. Per il giudice, intervengono, si danno fare per rimuovere o aggirare gli ostacoli. Hanno un ruolo attivo. Sono partecipi (se complici appare troppo). Per usare le parole di Clementina Forleo, sono "pronti e disponibili a fornire loro supporti istituzionali". Giovanni Consorte (Unipol) giunge a chiedere a D'Alema e Latorre un aiuto: "Stiamo messi così, adesso dovete darci una mano a trovare i soldi, no?". E Latorre: "Vabbé, a disposizione". E, più tardi D'Alema, a un Consorte che gli racconta delle sue riunioni con il mondo cooperativo, chiede: "Di quanto hai bisogno ancora?". "Non tantissimo, di qualche centinaio di milioni di euro", risponde l'altro. Appare chiaro dalla lettura dell'ordinanza che, per il giudice, questi colloqui sono frammenti d'indagine che avrebbero giustificato un'iscrizione al registro degli indagati e un'investigazione severa. Iniziative che non sono mai decollate per la inutilizzabilità delle intercettazioni "politiche". Una volta utilizzabili - sembra di capire - il giudice si attende dal pubblico ministero un'imputazione e, in sua assenza, appare pronto a chiederla coattivamente. Quindi, se il Parlamento dovesse liberare quelle carte è molto probabile che soprattutto D'Alema e Latorre saranno indagati. Ora ci si deve interrogare sulla correttezza delle mosse del giudice. In altri termini, la legge consente al giudice per le indagini preliminari di "leggere" con tanta severità le carte, giungendo anche a una prima conclusione su soggetti che non sono stati mai ufficialmente indagati? Non c'è dubbio che la Forleo si muove nell'ambito delle regole. Potrebbe addirittura indicare al pubblico ministero quali aspetti dell'affare approfondire. Deve spiegare però al Parlamento la necessità di mettere a disposizione della giustizia quelle intercettazioni. Per farlo, è quasi obbligata a squadernare la rilevanza di quei comportamenti, la loro opacità, l'opportunità di verificarne la consistenza penale. Non c'è dubbio che nel farlo, scivoli in qualche eccesso moralistico e sovrattono. Non sembra che un giudice possa essere, per dirne una, il tutore dell'"immagine del Paese". Ma può una "papera" oscurare i fatti? O gettare in un canto l'esigenza di accertare chi ha fatto che cosa, e perché, in una stagione in cui, come dicono con candore gli intercettati, si voleva "cambiare il volto del potere" italiano? Ora la parola tocca al Parlamento. Che si spera renderà al più presto utilizzabili quelle intercettazioni anche nella consapevolezza che la scelta può significare - per tre uomini del centrosinistra e tre uomini del centrodestra - affrontare i pubblici ministeri, un'istruttoria, un giudice. Una decisione contraria - il rifiuto - creerebbe una nuova nuvola nera sui destini della politica italiana; impedirebbe ai protagonisti di liberare la propria reputazione da ogni sospetto; accentuerebbe la separatezza della politica dal Paese. A chi conviene? (21 luglio 2007) da repubblica.it Titolo: Antonio DI PIETRO. Inserito da: Admin - Luglio 24, 2007, 10:45:30 am Nuovo scontro con Mastella che lo attacca: «Può anche dimettersi»
Di Pietro: «Pertinenti le valutazioni del gip» L'ex pm: ogni indicazione del Capo dello Stato va rispettata, ma la Forleo aveva il dovere di motivare la sua richiesta, come ha fatto ROMA - «Per definizione, ogni indicazione del Capo dello Stato va rispettata. E quella di non inserire negli atti processuali valutazioni non pertinenti è anche astrattamente condivisibile». Lo sostiene il ministro dei Lavori pubblici, Antonio Di Pietro, protagonista nei giorni scorsi di un vivace scambio di battute sul caso Forleo-Ds con il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, a proposito dell'appello del Presidente della Repubblica ai magistrati affinché non siano inserite negli atti processuali «valutazioni non pertinenti». «VALUTAZIONI PERTINENTI» - L'intervento di Napolitano è stato visto da più parti come un riferimento diretto al braccio di ferro tra magistratura e politica sull'uso delle intercettazioni. E proprio pensando a questa vicenda l'ex pm ha ritenuto di dover decontestualizzare il discorso del capo dello Stato e di puntualizzare: «Nel caso specifico della richiesta di utilizzazione delle intercettazioni telefoniche per accertarne la rilevanza penale - ha sottolineato-, le valutazioni sono del tutto pertinenti, in quanto il Gip aveva il dovere di motivare la sua richiesta, come ha fatto». MASTELLA: «DI PIETRO SI DIMETTA» - Le prese di posizione dell'ex pm a favore della magistratura sembrano andare molto strette al Guardasigilli Clemente Mastella che ha annunciato che martedì invierà una lettera al premier Romano Prodi perchè intervenga su quelle che considera interferenze. «Se il ministro Di Pietro ritiene che i nostri colleghi di Governo abbiano avuto atteggiamenti criminosi - ha detto Mastella da Cortina d'Ampezzo dove partecipava a Cortina Incontra - , allora dovrebbe dimettersi». Già nel corso del dibattito il Guardasigilli non aveva risparmiato le stoccate al leader dell'Italia dei Valori: «Di Pietro dovrebbe pensare alle infrastrutture, al Passante di Mestre o alle difficoltà che incontrano gli italiani nell'attraversare il Paese. Invece in Consiglio dei Ministri si preoccupa solo delle cose della Giustizia. Se deve farlo lui il ministro della Giustizia basta dirlo e io me ne vado. Sono sempre tirato per la giacca, costretto a fare le liti». 23 luglio 2007 da corriere.it Titolo: I partiti di Di Pietro e Mastella ancora una volta si distinguono dall'Unione... Inserito da: Admin - Ottobre 31, 2007, 12:20:11 am CRONACA
I partiti di Di Pietro e Mastella ancora una volta si distinguono dall'Unione e la maggioranza va sotto anche alla Camera. Un deputato della Rnp non arriva in tempo Camera, stop a inchiesta su G8 Sinistra infuriata con Udeur e Idv Ferrero: "Atto gravissimo". Diliberto: "Clamoroso non voler accertare la verità" ROMA - La proposta di legge per istituire una commissione di inchiesta sul G8 di Genova non è stata approvata in prima commissione della Camera. Con 22 voti contrari e 22 voti favorevoli la commissione non è riuscita ad affidare il mandato al relatore a riferire in aula. La Cdl, accorsa in massa a votare, ha salutato il risultato con un lungo applauso. Con la Cdl hanno votato anche Idv e Udeur. Insorge la sinistra radicale. "Un atto gravissimo, preferiscono insabbiare", il commento deluso del ministro Paolo Ferrero di Rifondazione comunista. "Clamoroso non voler trovare la verità", aggiunge il segretario del Pdci Oliviero Diliberto. In particolare il deputato dipietrista Carlo Costantini ha detto 'no', mentre l'altro esponente dell'Idv, il capogruppo alla Camera Massimo Donadi, non si è presentato. I due esponenti della Rosa nel Pugno, Cinzia Dato e Angelo Piazza, non hanno preso parte alle votazioni. E l'unico deputato dell'Udeur ha votato contro. Mezz'ora prima che si arrivasse al voto i parlamentari del centrosinistra erano in sovrabbondanza. Nessuno temeva per il peggio visto che mancavano all'appello sette esponenti di Forza Italia. Pochi minuti prima della conclusione dei lavori si è presentata in commissione una nutrita 'pattuglia' di deputati azzurri guidati dal capogruppo Elio Vito. E il loro arrivo ha fatto la differenza. A quel punto anche nell'Unione si è cominciato a telefonare freneticamente agli assenti per vedere di non andare sotto su un provvedimento tanto delicato. Ma non c'è stato nulla da fare perché l'ultimo "convocato" dell'Unione è arrivato troppo tardi, subito dopo il voto. Il 'ritardatario' che non è riuscito a votare era l'esponente della Rosa nel Pugno Lello Di Gioia, che avrebbe dovuto sostituire in commissione uno dei due "titolari" del gruppo. Su 44 votanti 22 hanno detto sì e 22 'no' e quando si arriva alla parità, per regolamento, il mandato al relatore a riferire in Aula non viene conferito. La Cdl ha esultato per questa bocciatura, mentre la maggioranza ha lasciato la commissione piuttosto delusa. La Sinistra radicale infuriata carica a testa bassa dipietristi e mastelliani colpevoli, secondo il Verde Paolo Cento, di "aver sabotato il programma dell'Unione". Haidi Giuliani parla di "indignazione fortissima per il comportamento di Idv e Udeur che disattendono gli accordi comuni firmati nel programma dell'Unione". E Cento aggiunge: "Ora la parola passi ai movimenti e alla mobilitazione popolare che mi auguro sia grande in occasione della manifestazione del 17 già convocata a Genova nella quale sfileranno i protagonisti di quelle giornate. Le istituzioni si impegnino alla piena agibilità delle piazze in quella giornata". Nella maggioranza anche Ermete Realacci parlamentare del Pd è critico con gli alleati. "Quello che accade nei giorni del G8 - dice - rimane una ferita aperta nella nostra storia e nel rapporto tra cittadini e forze dell'ordine. Ancora oggi abbiamo la necessità di avere massima trasparenza e conoscere la verita". Di parere opposto la Cdl che commenta: "Sconfitto chi voleva processare le forze dell'ordine". (30 ottobre 2007) da repubblica.it Titolo: E anche Di Pietro lancia la sua "cosa" Inserito da: Admin - Novembre 22, 2007, 11:11:36 pm E anche Di Pietro lancia la sua "cosa"
È gara al nuovo partito. Dopo il Pd, il PPl, la Cosa Rossa e quella Bianca, Antonio Di Pietro non ha voluto essere da meno. E annuncia l’avvio di un nuovo processo costituente. «Si è chiusa per sempre – spiega – la stagione della frammentazione politica e del bipolarismo muscolare. Per questo, è ora necessario disaggregare e riaggregare le attuali coalizioni per dar vita da un lato ad accordi politici omogenei e dall'altro per consentire la nascita di una nuova forza riformista e moderata che consenta a tutti coloro che la pensano allo stesso modo, a prescindere dalle loro collocazioni attuali, di stare sotto la stessa bandiera». Disaggregare e riaggregare, quindi, in questo caso sotto l’insegna del «partito del fare e dell'assunzione delle responsabilità».Un invito ai riformisti moderati, anche se non è ancora chiaro a chi si rivolga la proposta dell’azzeccagarbugli Di Pietro. L’iniziativa verrà ufficialmente lanciata il prossimo 30 novembre, nel corso dell’esecutivo nazionale dell’Italia dei Valori. Un’operazione rapida e veloce, comunque prima delle riforme. L’ipotesi della nuova legge elettorale proposta da Veltroni «non ha soddisfatto l’Idv», scrive Di Pietro sul suo blog. «In pratica – sostiene il leader dell’Italia dei Valori – ci è stato detto: “Scioglietevi e disperdetevi. Noi siamo qui a raccogliere le vostre ossa”». Disaggregare e riaggregare, insomma. «Vogliamo una legge elettorale – prosegue il ministro delle Infrastrutture – che ci permetta di giocare la nostra partita e che non permetta a qualcuno di vincerla a tavolino. Queste furbate lasciamole fare a chi le sa fare, ma soprattutto – conclude – non possiamo accettare che si mettano fuori dall’agone politico persone che hanno un proprio elettorato di qualità e di successo». Pubblicato il: 22.11.07 Modificato il: 22.11.07 alle ore 20.07 © l'Unità. Titolo: Antonio Di Pietro: Silvio Berlusconi è un corruttore politico Inserito da: Admin - Maggio 08, 2008, 06:54:04 pm «Il leader del Pdl vuole una dittatura dolce addormentare le coscienze»
«Giustizia, sarà il Cav il vero ministro» L'affondo di Antonio Di Pietro: «Ha scelto elementi deboli per soluzioni forti che vorrà adottare» ROMA - «È un governo formato da elementi deboli per evidenti soluzioni forti che vorrà dettare Berlusconi in splendida solitudine, a cominciare dalla giustizia, di cui è il ministro di fatto». Così il leader di Idv, Antonio Di Pietro, commenta la composizione del governo, puntando il dito, pur senza citarlo esplicitamente, contro il nuovo Guardasigilli, Angelino Alfano. «DITTATURA DOLCE» - Di Pietro garantisce che il suo partito «starà molto attento, vigileremo, soprattutto su temi come la libertà di informazione, la giustizia, la sicurezza, perchè - aggiunge - con questa dittatura dolce Berlusconi vuole addormentare le coscienze per fornire soluzioni difficili da realizzare». IL GOVERNO OMBRA - Quanto al governo ombra, il leader dell'Idv non nasconde di provare «sconcerto e amarezza» per la decisione di Walter Veltroni di «andare avanti da solo» visto che non ha coinvolto nessun esponente del suo partito nel «governo-ombra». «Per noi Veltroni è e resta il leader della coalizione alleata - spiega Di Pietro - ma ci dispiace che ogni giorno lui prenda decisioni da solo senza consultarci, come se noi non ci fossimo, ben sapendo che lui da solo non va da nessuna parte visto che non raggiunge neanche il 50%». «Comunque - è l'appello che rivolge al segretario del Pd - ci auguriamo che Veltroni superi il suo buonismo di facciata e si decida a fare un'opposizione davvero concreta altrimenti del governo ombra non resterà che l'ombra...». 08 maggio 2008 da corriere.it Titolo: Di Pietro: "Non parlo di Veltroni ma contro Berlusconi" Inserito da: Admin - Settembre 07, 2008, 07:50:30 pm POLITICA
Il leader dell'IdV, Piero Fassino e Giuseppe Fioroni entrano nella polemica di questi giorni all'interno del Pd dopo la Festa democratica a Firenze Di Pietro: "Non parlo di Veltroni ma contro Berlusconi" CERNOBBIO - "Ho imparato anch'io come si fa comunicazione. Oggi a voi giornalisti non interessa tutto ciò che ho detto contro Berlusconi, ma state cercando un mio intercalare contro Veltroni. Io parlo però contro Berlusconi". Così il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, replica a una domanda sulle polemiche all'interno del Pd, soprattutto dopo gli interventi di Arturo Parisi aspramente criticati da Walter Veltroni alla chiusura della Festa democratica a Firenze. "Noi dell'Italia dei Valori" ha spiegato Di Pietro a margine del workshop Ambrosetti in corso a Cernobbio, "ci battiamo contro il governo Berlusconi che rappresenta un avversario politico da battere e un modello negativo da far conoscere al Paese". Di Pietro, rivolto ai partiti dell'opposizione, ha quindi aggiunto: "Coloro che sono all'opposizione e non la fanno, riflettano perché il governo Berlusconi toglie ai poveri e dà ai ricchi. Senza legalità gli affari continueranno a farli i soliti furbi ed è per questo che noi dell'Italia dei Valori vogliamo rilanciare l'etica nella gestione della cosa pubblica". Poi, Di Pietro risponde con una battuta ai giornalisti che gli chiedono se sia più popolare Berlusconi, che è andato in pizzeria a Napoli e al supermercato in Sardegna, o lui e Veltroni: "Io al supermercato ci vado tutti i giorni per fare la spesa, Berlusconi ci va con la scorta e con i fotografi. Chiedetegli quanto costa un chilo di pomodori...". Piero Fassino, ministro ombra degli Esteri, anche lui a Cernobbio, è entrato nella polemica di questi giorni all'interno del Pd rivendicando la credibilità dell'opposizione al governo fatta fino a oggi. "E' credibile - ha spiegato - l'opposizione che è vicino alle aspettative dei cittadini e riesce a perseguire dei risultati". Questa opposizione, secondo Fassino, il Pd l'ha fatta: "Ogni volta che abbiamo giudicato in modo negativo i provvedimenti del governo. Lo abbiamo fatto quando si è discusso di provvedimenti di giustizia che ritenevamo sbagliati e quando abbiamo contestato l'anticipazione di una manovra finanziaria che non ci sembra all'altezza. Ogni volta abbiamo anche avanzato le nostre proposte". Fassino ha quindi ribadito che in Parlamento l'opposizione viene sempre fatta: "D'altra parte abbiamo a che fare con un governo che ha fatto la voce grossa con gli immigrati e ora sono arrivati più clandestini di prima, ha detto che toglieva l'Ici e ora si prepara a mettere una nuova tassa e così via". Infine, alla domanda se è più popolare Berlusconi o Veltroni, Fassino si è limitato a replicare che "la popolarità è una caratteristica importante per ogni uomo pubblico ma i politici che lasciano il segno sono ricordati per le cose che hanno fatto". "Veltroni non ha mai smesso di essere leader" è stato il commento di Giuseppe Fioroni all'intervento di ieri alla Festa democratica di Firenze. Ai cronisti che gli fanno notare come Veltroni abbia dato la sensazione di volersi riprendere la leadership del partito, Fioroni spiega che "spesso si confonde la costruzione di un partito, che è una cosa anche faticosa, con pochi titoli sui giornali: fa più notizia un insulto che non la costruzione silenziosa". Veltroni, ha aggiunto, "ha dimostrato come il partito possa abbandonare lo stile anziano del ricordo per consegnare al popolo un futuro fatto di ottimismo. Non si può - ha concluso - continuare ad avere un partito di dieci mesi che pensa solo al passato". (7 settembre 2008) da repubblica.it Titolo: L'italia dei valori: «esiste un rapporto malato tra politica, media e affari» Inserito da: Admin - Novembre 19, 2008, 06:10:45 pm L'italia dei valori: «esiste un rapporto malato tra politica, media e affari»
Svelato in tv il «pizzino» di Latorre a Bocchino. Insorge l'Idv Il suggerimento dell'esponente Pd al "rivale" del Pdl: «Io non posso dirlo... parla di Pecorella e della Corte» MILANO - A rivelare l'esistenza del «pizzino», alcuni giorni fa, era stata "Striscia la Notizia" (guarda il video). Adesso, il direttore di La7, Antonello Piroso, ha deciso di mostrare al pubblico di "Omnibus" il bordo inferiore del quotidiano sul quale Nicola Latorre (Pd) ha scritto il suggerimento a Italo Bocchino (Pdl) durante un dibattito televisivo sulla Commissione di Vigilanza Rai al quale partecipava anche Massimo Donadi (Idv). In pratica, un consiglio offerto al "rivale" su come rispondere alle accuse di un "alleato". LA VICENDA - Proprio l'esponente dell'Italia dei Valori, durante la trasmissione, aveva attaccato con veemenza Bocchino, accusandolo di aver negato assieme a tutta la maggioranza l'elezione di Leoluca Orlando alla commissione di Vigilanza. Alla sinistra di Bocchino c'era il senatore Latorre, alleato di Donadi. A un certo punto il vicepresidente del gruppo del Pd al Senato si muove in soccorso di Bocchino. Ripreso dalle telecamere, gli sfila di mano la penna e il giornale. Quindi scrive poche parole sul bordo inferiore del quotidiano. A quel punto lo ripassa a Bocchino e con la penna gli indica il messaggio 'vergato' a mano. È il consiglio di controbattere a Donadi tirando in ballo l'atteggiamento delle opposizioni, e dell'Idv in particolare, sull'elezione di Gaetano Pecorella alla Corte Costituzionale. Bocchino chiede la parola per replicare a Donadi. «Se voi ci avete detto no a Pecorella - dice Bocchino - perché noi non possiamo fare altrettanto con Orlando?». Passa qualche minuto e Latorre toglie ancora di mano al vicecapogruppo Pdl il giornale. Questa volta è per strappare il bordo scritto a mano. Ma commette un errore: avrebbe dovuto distruggerlo. E invece i giornalisti di La7 lo recuperano, fino a che Antonello Piroso decide di svelare cosa c'era scritto sul bordo del giornale: «Io non lo posso dire. E la Corte Costituzionale? E Pecorella?». IDV - Immediatamente arrivano le reazioni dell'Italia dei valori. «Lo scambio del pizzino fra La Torre e Bocchino dell'altro giorno ad Omnibus è la dimostrazione che in questo paese esiste un rapporto malato tra media, politica ed affari», dice Donadi. «Che un rappresentante dell'opposizione, mio alleato - aggiunge - suggerisca a un autorevole esponente della maggioranza come attaccarmi durante un dibattito televisivo, è una rappresentazione visiva della politica del compromesso che mira solo all'esercizio del potere. L'Italia dei Valori è il peggior nemico di questa politica e per questo siamo bersaglio persino di una parte dei nostri alleati». Anche Silvana Mura, fedelissima di Di Pietro, plaude all'operazione verità di La7. «È un apprezzabile esempio di giornalismo che consentirà a tutti di formarsi un giudizio sul comportamento tenuto dal senatore Latorre», dice. «Imbeccare un avversario politico su come mettere in difficoltà un alleato, è un modo vecchio di fare politica- aggiunge - basato sugli intrighi di palazzo, le doppie verità e sull'inciucio». Di fronte ad un episodio «che contribuisce a far perdere credibilità alla politica ci piacerebbe che il Senatore Latorre avesse almeno l'onestà intellettuale di spiegare il motivo del suo gesto», conclude Mura. 19 novembre 2008 da corriere.it Titolo: Antonio Di PIETRO: «Cerchiamo solo di contenere il tumore Berlusconi» Inserito da: Admin - Novembre 21, 2008, 11:02:50 am Antonio Di Pietro: «Cerchiamo solo di contenere il tumore Berlusconi»
Quando Antonio Di Pietro si presenta nella sala riunioni sono molte le questioni aperte e attuali dalla Vigilanza Rai, al pizzino tra Latorre e Bocchino in tv, a tutta l’opposizione al governo di destra Berlusconi. E le domande giunte via mail hanno riempito la casella di posta. La direttrice Concita De Gregorio prende il faldone delle mail con complimenti e inviti al leader dell’Italia dei Valori ad andare avanti nell’opposizione intransigente a Berlusconi: «Questi li leggerai poi a casa, sono tutti complimenti». Scarica il video Primo tema, quasi d’obbligo, è la Vigilanza Rai. Com’è andata veramente? «Ci tengo a precisare», esordisce Di Pietro, «che la candidatura di Leoluca Orlando alla presidenza della commissione di Vigilanza Rai era stata una scelta di tutta l’opposizione, non solo dell’IdV. Anche Pd e Udc erano d’accordo sul nome e sulla professionalità di Orlando. La nostra ferma posizione su di lui era perché l’opposizione di Berlusconi era ideologica. La destra non era contraria a Orlando, semplicemente era contraria a l’Italia dei Valori. Quindi, per noi, la candidatura di Orlando era di principio: quello era il nome scelto della minoranza, che per prassi sceglie il presidente». E la soluzione finale? «Abbiamo fatto bene a tenere fino alla fine. Dopo il caso Villari, io personalmente ho chiamato Veltroni e gli dato la delega sulla scelta del prossimo nome». Ma Villari è del Pd? «Eletto però con i voti della maggioranza. È il solito modo di Berlusconi. L’ho già detto e lo ripeto anche qui: Berlusconi è un “corruttore politico”. Non solo, stavolta ha anche mentito dicendo di non aver contattato Orlando. Prima di trovare Villari compiacente, ha cercato di corrompere anche Leoluca Orlando, facendolo avvicinare non da uno qualsiasi, ma da Schifani. Il messaggio era chiaro: elezione in cambio di protezione, come aveva già fatto con Petruccioli. Ora però dice che non è vero. È una cosa che fa da sempre, addirittura dal 1994. Ricordate il caso di Grillo e Cusumano, quando la loro astensione fu determinante per il voto di fiducia al primo governo Berlusconi. Subito dopo Luigi Grillo divenne membro del comitato di presidenza e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio». Ma la “transumanza” di Villari ci sarà? «È una questione interna al Pd. La “transumanza” c’è sempre stata, ma non è quello il problema: è che il diavolo tentatore è sempre lo stesso, è sempre lui, Berlusconi». Rientrerete in commissione di Vigilanza? E se no, sarete presenti nel CdA Rai? «No, non rientreremo. Per il CdA Rai non siamo stati contattati da nessuno, come sempre. Comunque, per noi l’idea è quella di ricorrere a professionalità interne alla Rai». Villari si dimetterà? «Non lo so: è una questione interna al Pd. In realtà, Veltroni ha subito tutta la vicenda: è una vittima. Io l’ho vissuto già con De Gregorio alla commissione Difesa nella precedente legislatura. Berlusconi è andato lì e ha fatto “’a moina” a Villari. Veltroni l’ha solo subita». Molti lettori si chiedono come mai IdV e Pd non si sono uniti subito dopo le elezioni? «Non ci siamo uniti perché sono cambiate le condizioni. Dopo le elezioni, noi e il Pd abbiamo preso strade diverse, come è normale che sia anche tra alleati. Quello che ha fatto Veltroni è apprezzabile e sarebbe stato encomiabile in un Paese civile. Del resto, lo abbiamo visto negli Usa, tra Obama e McCain si sono ringraziati a vicenda e hanno iniziato a collaborare da subito. Ma qui non siamo in un Paese civile, qui bisogna togliere il tumore. Ora il problema non è più neanche Berlusconi, sono i “berluschini”. Si sono infiltrati in tutti i livelli della società, come un virus. Il modello sta facendo scuola, si sta riproducendo dappertutto». Mi sembra che le posizioni politiche siano ora più vicine. «A quanto pare il “contadino” Di Pietro aveva ragione: ora non sono più solo io che parlo di regime in Italia». Ieri l’associazione nazionale dei magistrati ha chiesto l’intervento dell’Onu per i continui attacchi di Berlusconi alla democrazia. «È segno che il modello si sta affermando. È così in tutti i settori. Per la Giustizia, l’esempio eclatante è la vicenda delle indagini del magistrato Boccassini su Squillante. Gli attacchi contro di lei si sono fatti quotidiani e a distanza di anni, in internet, si possono leggere ancora molti messaggi contro di lei: segno che la comunicazione distorta ha vinto. Berlusconi attacca la Giustizia su tre fronti: delegittimando il ruolo dei magistrati, facendo leggi che abbreviano i termini del giudizio e riducendo tutti i fondi alla Giustizia. È questo il cammino verso il regfime e succede in ogni ambito». Contro di te non ha forza, però. «Certo, Berlusconi non può far molto, a parte calunniare e mentire, contro chi agisce secondo le regole. Non mi querela perché quando dico qualcosa contro di lui ho sempre le prove. Spero mi quereli per diffamazione. Ma non lo farà». L’accusano di attaccare Berlusconi, ma di fare le stesse proposte, come nel caso della “messa in prova”. È vero? «È esattamente il contrario! Sono loro che copiano e anche male. L’Italia dei Valori proponeva al Senato la sospensione del processo con messa alla prova per i reati fino a 3 anni. Il governo ha copiato l’idea, ma ci ha aggiunto un anno di reati, proprio per quei casi che fanno comodo a loro, dalla corruzione alla bancarotta fraudolenta: questo è il vero colpo di spugna. Del resto, fanno sempre così: la Cirielli è divenuta la ex Cirielli, e così via. Prendono un contenitore e lo usano per quel che gli fa più comodo: prendono la bottiglia d’acqua e ci mettono il veleno». Molti lettori le chiedono consigli “professioniali” sulle frasi immorali di Brunetta contro gli statali e Cossiga contro gli studenti. Sono perseguibili penalmente? «In un Paese civile sarebbero passibili di reato, come tutti quelli colpevoli di diffamazione. In Italia, l’anomalia li porta ad essere immuni e intoccabili». Altri lettori ci chiedono, se passato Berlusconi, rimarrà il suo partito, che è l’insegna dell’antiberlusconismo. È così? «L’antiberlusconismo è un falso problema. Noi lo siamo perché è lui l’anomalia. Ci accusano di occuparci solo di Giustizia, ma è lui che si occupa troppo di Giustizia, è lui che ha fatto il lodo Alfano, il lodo Consolo, la Salvapremier. Noi cerchiamo soltanto, come diceva tanto tempo fa, quando lavoravo a Milano, il mio vecchio maresciallo, Nicotra: “Bisogna infrenare il fenomeno!”. Cerchiamo solo di contenere il male». Le alleanze future? Casini? Ferrero? «Su Casini non posso dir nulla. Non so che posizioni abbia sulle cose: nelle votazioni si astiene sempre. Per quanto riguarda Ferrero, la questione è delicata. L’IdV non ha mai voluto assumere posizioni ideologiche. Siamo dei moderati nel nostro programma, ma ci riconosciamo negli ideali del centrosinistra. Con Ferrero, quando era in Aula, abbiamo avuto posizioni diverse. Ma è una persona preparata e seria, anzi serissima. Con lui ho sempre lavorato bene». Quindi, dialogherete con la Sinistra extraparlamentare? «Veramente lo stiamo già facendo: le firme contro il lodo Alfano le stiamo raccogliendo insieme. In Abruzzo, stiamo lavorando con loro e andremo insieme alle elezioni. Voglio dire, con chi dovremmo dialogare, con Berlusconi? Sono loro i nostri naturali interlocutori. Con loro cerchiamo un dialogo, ad esempio sulla Giustizia sociale: il governo, con Tremonti, ha annunciato il condono edilizio. Ma i condonati neanche pagheranno: sono più di 6 milioni di euro. È la stessa cifra che lo Stato vuole tagliare alla scuola. Quindi, tolgono ai poveri, i più bisognosi di istruzione, per dare ai ricchi, i condonati che i soldi ce li hanno già». L’Idv è la scuola pubblica? «Noi siamo dell’idea che in un momento in cui non ci sono i fondi per la scuola pubblica, non si possono dare aiuti alla scuola privata, senza parlare dei tagli. Ma in alcuni settori dell’istruzione, siamo favorevoli al un cambiamento:; è il caso dell’università, che andrebbe riformata per tutte quelle questioni arcinote che vanno dalle baronie agli sprechi». Ultima domanda: le prossime elezioni in Abruzzo, che avevamo appena accennato. «In Abruzzo, l’impegno è notevole. Purtroppo, il governo regionale è caduto per delle questioni serie: corruzione. C’era chi voleva arrendersi al voto, andare in ordine sparso. Noi siamo partiti da sondaggi che davano il centrosinistra a meno 22%. Io faccio 4 o 5 comizi al giorno e ho costruito personalmente una coalizione che riunisce tutto l’intero centrosinistra. Ora ci presentiamo tutti insieme da Rifondazione a noi, e soprattutto con un curriculum personale che non ha alcun carico pendente». 20 Nov 2008 © 2008 L'Unità.it Nuova Iniziativa Editoriale Spa Titolo: Antonio Di Pietro: Silvio Berlusconi è un corruttore politico Inserito da: Admin - Novembre 26, 2008, 04:04:09 pm Videoforum nei nostri studi con l'ex pm, leader dell'Italia dei Valori
"Non ho l'ossessione anti-Berlusconi, ma vuole attuare il piano di Gelli" Di Pietro, un'ora a Repubblica tv "Io e Veltroni sulla stessa linea" di EDOARDO BUFFONI ROMA - Antonio Di Pietro per un'ora risponde agli spettatori di Repubblica Tv. Più di 400 messaggi arrivati in diretta su tutti gli argomenti principali, dalle alleanze al pasticcio della Vigilanza Rai, dalle misure anti-crisi alle elezioni in Abruzzo. Lei pensa di essere l'unica opposizione a Berlusconi? "No, riconosciamo il ruolo del Pd. E' una realtà importante. In questa fase hanno enormi problemi al loro interno, e li rispettiamo. Nessuno dei partiti all'opposizione può governare senza il 51 per cento. Veltroni vuole stringere la mano all'avversario, vuole il bon ton. Ma la mano non la puoi dare a Berlusconi, come l'agnello non può sedersi a tavola con il lupo. Comunque, è vero o non è vero, che da qualche tempo anche Veltroni parla di regime? Siamo sulla stessa linea". Ma perché Berlusconi ha tanto successo? "Intanto, ha perso le uniche elezioni recenti, a Trento. Usando le tv, ha convinto la gente. Ma durerà poco, contano i fatti. Guardate il caso Alitalia: venduto agli elettori in campagna elettorale, il salvataggio si è dimostrato un fallimento". Ma il muro contro muro, ad esempio in Vigilanza Rai, serve realmente? "Ma cosa dovevamo fare? Loro, il Pdl, non volevano a priori un esponente dell'Italia dei Valori. Ci hanno negato il diritto di scegliere come opposizione il presidente della Vigilanza. Non potevamo accettare il principio per cui un signore capo delle tv private, e controllore di quelle pubbliche, vuole anche vigilare la Rai. Così si esce dalla democrazia e dalla legalità. Io voglio denunciare il comportamento del diavolo tentatore. Del corruttore politico, che va dall'avversario e tenta di ottenere qualcosa". La querela di Berlusconi è arrivata? "Magari arrivasse... Vedete, il problema è la moralità nella politica. Il consenso si ottiene tra i cittadini, non comprandolo dagli gli avversari. E chi tradisce, è un Giuda. Sapete come sono andate le cose con Orlando? Che Schifani ha chiesto personalmente a Orlando di incontrare in privato Berlusconi. Orlando ha risposto: non posso. E solo allora Berlusconi ha detto: Orlando non va bene. Il gioco fatto con Petruccioli, questa volta non ha funzionato. Ma non siete ossessivi nel vostro anti-berlusconismo? "Noi vogliamo solo denunciare i misfatti della maggioranza. Ad esempio in commissione Giustizia, dove siamo bloccati ogni giorno dal lodo Consolo. E questo mentre nei tribunali manca pure la carta igienica. Ma allora, di chi è la colpa? Di chi denuncia i misfatti, o di chi li commette? Del medico o della malattia?" Alitalia, come finirà? "Dobbiamo dirlo chiaro: Berlusconi ha ceduto l'Alitalia a una cordata di speculatori coraggiosi. E' in corso, in questi giorni, una ristrutturazione propedeutica, affinché vengano tagliati i voli che non rendono abbastanza. Ma questo lo si doveva fare con la vecchia Alitalia, e la si sarebbe salvata. Invece teniamo i voli per Albenga, che servono solo a Scajola. Lo sapete che hanno proposto anche a me, quando ero ministro, di mettere un volo Alitalia a Campobasso, apposta per me? Naturalmente ho rifiutato". Quale è la vostra politica di alleanze, andrete con Rifondazione o con l'Udc? "Da soli non si vincono le elezioni, e questo lo dico a Veltroni. Ma è vero che non ci si può alleare con cani e porci. Dobbiamo allontanare le ideologie. E dunque quella parte della sinistra che gode a stare all'opposizione. Un'altra parte invece è una sinistra di governo, con la quale vogliamo dialogare. Per quanto riguarda l'Udc, non si capisce cosa vogliono. Sono in attesa di darsi al miglior offerente. Io rispetto Tabacci, e ho da imparare da lui. Ma da Cuffaro cosa imparo?". In Abruzzo il centro-sinistra ha un candidato dell'Italia dei Valori. "Costantini farà bene. Abbiamo imposto agli alleati regole che hanno prodotto candidati puliti. E' già una vittoria". Lei stima qualcuno dei politici del centrodestra? "La Lega è un partito per certi versi simile al nostro. Nato dalla gente. La prima Lega, un po' naif, era simile all'Italia dei valori di oggi. E' un partito oggi fatto da amministratori che si svegliano all'alba e si mettono al lavoro. Persone per bene, che fanno gli interessi della gente. Maroni, ad esempio, penso sia un politico che agisce in buona fede. Al di là dei contenuti, che spesso critico. Ad esempio sugli immigrati: non è un problema che si risolve con il bastone. Fini invece mi ha deluso. Sta cedendo alla Camera sulla questione del riconoscimento dei deputati, le impronte digitali per impedire doppi e tripli voti dei pianisti. E' già vergognoso che succeda questo. Ma per di più, ieri un voto ha bloccato il nuovo sistema. Per questioni di privacy. Ma cosa c'entra? E' una pagina schifossisima di clientelismo e truffa politica. Fini si gioca la credibilità su questa storia". Del pacchetto anti-crisi cosa pensa? "Qui si vuole la botte piena e la moglie ubriaca. Comunque, c'è del buono. Vedremo i dettagli. Noi vogliamo prima di tutto riduzioni fiscali per i lavoratori. Sulle infrastrutture, invece, non ci mettono un euro in più. Sono soldi stanziati da noi con lo scorso governo. Noi siamo comunque responsabili e andiamo a vedere le proposte con spirito positivo". Lei è di destra o di sinistra? "Sono categorie vecchie e inutili. Però la destra fascista è dannosa, così come il comunismo in stile sovietico. Ma questa destra al potere non ha niente di buono. E' un gruppo di persone che vogliono attuare i piani di Licio Gelli. Vogliono svuotare il Parlamento, bloccare la giustizia, imbavagliare l'informazione, favorire i soliti furbetti dei quartierone potenti in economia... è l'anticamera del regime". Di Luxuria cosa pensa? "Non vedo l'Isola dei Famosi. Però la conosco dal Parlamento. E' una persona che stimo, ci mette la faccia e dice sempre cosa pensa. Dunque, buon viaggio Luxuria". (26 novembre 2008) da repubblica.it Titolo: Antonio Di Pietro: Silvio Berlusconi è un corruttore politico Inserito da: Admin - Novembre 27, 2008, 10:17:05 pm 27 novembre 2008,
La cultura della bancarella Riporto una mia intervista, rilasciata a l'Unità di oggi, in tema di elezioni in Abruzzo e Vigilanza Rai. Antonio Di Pietro: Silvio Berlusconi è un corruttore politico e il candidato Pdl in Abruzzo è espressione di quella cultura, la cultura della bancarella. L'Unità: Di Pietro, la trovata della bancarella di Gianni Chiodi, il candidato Pdl, che ha chiesto il curriculum in cambio di un futuro professionale, secondo lei è frutto di una certa cultura. Quale? Antonio Di Pietro: Partiamo dal soggetto proponente: il candidato del Pdl. E' chiaro che è applicato il “modello berlusconiano di governo” che paga il consenso attraverso il vecchio metodo della lottizzazione politica elettorale: una scarpa oggi e una dopo le elezioni, riducendo i cittadini a sudditi. O fai parte del gruppo di potere o non ti toccano nemmeno le briciole. Mi spiego: la loro logica è ”se fai parte del gruppo bene, altrimenti nemmeno le briciole”. L'Unità: Se fosse cosi non ci sarebbe speranza... Antonio Di Pietro: Infatti non sarò cosi perché loro fanno un ricatto elettorale e noi diciamo che il presidente del centrosinistra che governerà la Regione farà gli interessi di tutti i cittadini: è questa la differenza. L'Unità: L'Abruzzo ha un rilievo politico ben maggiore dei suoi confini geografici. Berlusconi ci ha trascorso un intero fine settimana. Antonio Di Pietro: Berlusconi va in Abruzzo a fare spot, non a presentare progetti per un rilancio di quella regione. Posso leggere la prima pagina di un provvedimento giudiziario? L'Unità: A cosa si riferisce? Antonio Di Pietro: All'ordinanza di misura cautelare che riguardava l'assessore regionale alla Sanità Vito Domenici. Inizia cosi: “intorno al finire dell'anno 2003 con deleghe alla Sanità riconosciute all'assessore Domenici iniziava la predisposizione di un vero e proprio apparato organizzativo voluto e attuato nell'ambito della giunta regionale del governatore Pace... di poteri idonei a intervenire e decidere ogni aspetto della sanità al di fuori degli ambiti istituzionali”. La nuova stagione di Tangentopoli in Abruzzo è iniziata nel 2003 con una giunta di centrodestra. Riconsegnare questa regione al Pdl è come consegnare il pronto soccorso a Dracula. L'Unità: Berlusconi dice che Chiodi ha undici punti di vantaggio, lei sostiene che la luna di miele è finita... Antonio Di Pietro: Il vantaggio di cui parla è tutto da dimostrare, mentre la luna di miele finisce sicuramente quando i cittadini si rendono conto che il premier sta giocando con i loro bisogni. Agli elettori diciamo che la nostra coalizione è composta di persone per bene, con il certificato penale e quello dei procedimenti pendenti puliti. Siamo la vera svolta rispetto alla storia Pace-Del Turco e siamo coerenti, come ha dimostrato la vicenda della vigilanza Rai. In questa storia non si muoverà foglia finché Berlusconi non vorrà. Villari è stato mandato li dopo aver dato ampie rassicurazioni che non avrebbe mollato la poltrona. Orlando è una proposta nobile avanzata dal segretario del Partito Democratico quando Orlando si è fatto indietro per mettere a nudo l'alibi di Villari. Veltroni ed io siamo stati vittime di un Giuda che ha tradito per trenta denari. Ma più che Villari denuncio il Diavolo tentatore... L'Unità: Di Pietro, già il premier ha minacciato di querelarla... Antonio Di Pietro: Non temo le sue querele. Le minaccia e non le fa. Per me sarebbe un onore, perché un tribunale dovrebbe finalmente stabilire se dico il vero o il falso quando lo definisco un corruttore politico: è reo confesso sul punto. L'Unità: Reo confesso? Antonio Di Pietro: Si, dopo aver negato per anni di avermi offerto un posto come ministro degli Interni, l'altra sera in Tv lo ha pubblicamente ammesso. Lo ha fatto due volte, nel 1994 e nel 1995. Ribadisco che ha tentato anche, attraverso il presidente del senato Schifani, un abboccamento con il candidato alla presidenza Orlando e lo ha fatto tre anni fa con De Gregorio dando alla sua associazione 6-700 mila euro, denunciati alla Camera, all'indomani della sua elezione a presidente della Commissione Difesa. da Italia dei Valori Titolo: Antonio Di PIETRO. «Miliardi per ponti e strade? È il gioco delle tre carte» Inserito da: Admin - Marzo 13, 2009, 11:22:35 pm «Miliardi per ponti e strade? È il gioco delle tre carte»
di Claudia Fusani La balla del mattone e della stanza in più. E il ballo dei miliardi per le opere pubbliche. Scavi un po’ e dietro gli ultimi due grandi annunci del governo resta poco o nulla. Detta in dipietrese, «il gioco delle tre carte», annunci «senza sostanza». E dei 18 miliardi annunciati per avviare i cantieri delle grandi opere e creare nuovi posti di lavoro, alla fine «sono quattro quelli nuovi, veri e spendibili, forse, a partire dal 2010». Antonio Di Pietro è stato ministro delle Infrastrutture nel governo Prodi e ha studiato per giorni origine, percorsi e destinazione dei 18 miliardi. Cos’è il piano infrastrutture? «Il governo Berlusconi 2001-2006 fece la Legge Obiettivo, procedure semplificate per grandi opere necessarie». Che lei ha condiviso? «Che in linea di principio l’Ulivo, tranne qualche resistenza, ha condiviso. Criticammo però il Piano perchè il governo aveva individuato una serie di opere inutili e non realizzabili. Servivano 130 miliardi subito, per cominciarle. Altri 200 per completarle. Un libro dei sogni in cui ognuno aveva cercato di metterci il ponte di casa sua». Nel 2006 vince l’Unione e conferma la legge Obiettivo. «Cercando però di riempirla di contenuti possibili. Come ministro delle Infrastrutture, andando regione per regione dopo aver discusso con tutti i governatori, individuammo 30 miliardi da spendere in cinque anni per una lista di opere scelte dalle stesse regioni perchè necessarie ai rispettivi territorio». L’Unità ha pubblicato mercoledì l’elenco di opere prioritarie per la Calabria, soprattutto strade. Nel piano attuale non ne è rimasta mezza. «Appunto. Questo per dire che noi non siamo quelli del “No”, sempre, a prescindere. Ma quelli del fare quello che serve ed è possibile». Priorità e urgenze invece che sogni grandiosi. Ad esempio? «Il nodo ferroviario di Palermo, ce lo aveva chiesto Cuffaro perchè lo considerava fondamentale. Idem per la circumetnea a Catania. Il governo Prodi trovò subito, ad esempio, 2 miliardi e mezzo per il MOSE, l’alta velocità Bologna-Milano, il passante di Mestre. Tutte opere consegnate in questi mesi dal premier Berlusconi. Ma le avevamo sbloccate noi, con la legge Obiettivo, con soldi veri, erano priorità e le abbiamo realizzate». E il ponte sullo Stretto? Berlusconi ha stanziato un miliardo e 300 milioni. «Soldi vecchi, tolti da altre opere necessarie per la Sicilia e la Calabria e riciclati nel ponte. Ecco perchè si lamenta così tanto Lombardo (il segretario di Mpa). Quella del Ponte è una storia emblematica. Serve un po’ di pazienza...» Prego. «Nel 2006, quando andiamo al governo, Sinistra e Verdi sono contrari all’opera e chiedono la rescissione del contratto con la società del Ponte. Chiediamo all’Avvocatura quanto costa la rescissione e ci dicono 388 milioni di euro che Impregilo e il consorzio di imprese avrebbero incassato netti, senza tasse». Uno spreco. «Totale. Leggo il contratto e trovo il cavillo: manca il progetto esecutivo, Impregilo non l’ha ancora presentato, solo quello costa 60 milioni. Impregilo capisce e fa un passo indietro. Senza il progetto io posso, con un giro di competenze dal ministero dell’Economia all’Anas, stornare il miliardo e 300 milioni già presenti nelle casse della Società dello Stretto su altri progetti viari per Sicilia e Calabria e non pagare alcuna penale». Un giro di valzer di milioni? «Togliamo soldi a un capitolo come il Ponte sullo Stretto per darne a un altro utile. A cosa servirà il Ponte se la Calabria non ha le vie di accesso al Ponte?» Berlusconi dice che il Ponte - inizio lavori 2010- fine nel 2016 - porterà cantieri, lavoro, un antidoto alla crisi. «Falso. Primo perché chissà mai quando sarà cantierato il primo lotto del Ponte: ancora oggi non esiste il progetto esecutivo, sappiamo che ci saranno due piloni davanti a Reggio Calabria ma non esistono calcoli sul cemento necessario. Secondo perché non ci sono altri soldi. Per gli altri lavori, invece, quelli del nostro piano regionale, i cantieri potevano essere già aperti. I soldi erano già assegnati». Altri esempi? «Il terzo valico, quel tunnel di 42 km che dovrà collegare il sistema portuale di Genova con la Torino-Lione». Bello, Genova come Marsiglia e i grandi nodi portuali. «Un altro bluff. Utile al ministro Scajola (che è di Imperia, ndr). Il problema è: dove passerà la Torino-Lione? Ancora non conosciamo il tracciato. E, come ci arrivi a Genova? In motorino? La viabilità è pessima, come puoi pensare di caricarla con altre merci?» Di Pietro, ci sarà qualcosa di vero nel progetto del governo? «Quattro miliardi, su 18 annunciati, a partire dal 2010. Gli altri 14 li aveva trovati il governo Prodi destinandoli a opere assai più utili». cfusani@unita.it 13 marzo 2009 da unita.it Titolo: Antonio DI PIETRO. Inserito da: Admin - Aprile 24, 2009, 03:05:28 pm Lettera a Franceschini
Di Pietro al Pd: basta insulti, vogliamo l’alleanza Dopo il botta e risposta dei giorni scorsi tra Franceschini e Di Pietro sul rispetto delle alleanze, il leader dell’Idv ha scritto una lettera al segretario del Pd Caro Dario, ti scrivo per manifestare nuovamente la piena disponibilità dell’Italia dei Valori a raggiungere, con il Partito democratico, un’alleanza in tutte le amministrazioni che andranno al voto il prossimo 7 e 8 giugno. A prescindere dal fatto che l’alleanza già c’è nella quasi totalità delle amministrazioni, posso dirti, già da ora, senza se e senza ma, che anche alle elezioni provinciali di Potenza, Matera e Barletta, Idv è pronta a entrare in coalizione da subito. E nelle rimanenti realtà, pochissime, vi è ancora lo spazio per evitare divisioni. Non posso nasconderti, però, l’amarezza provata nel leggere dai giornali le tue accuse, come quella che l’Idv sarebbe pronta a rompere la coalizione. Sai bene, invece, che proprio tu non hai nemmeno risposto alla richiesta di incontro che ti avevo sollecitato giorni fa, allo scopo di definire le alleanze ancora mancanti. Vedi Dario, non abbiamo alcuna intenzione di inseguire il Pd in una campagna elettorale «fratricida». Sarebbe una scelta miope e dannosa per il Paese che porterebbe alla vittoria di una destra autoritaria e illiberale, pronta a fare a pezzi la nostra Costituzione. Per cui questa risposta, che ritengo doverosa al fine di fare chiarezza nei reciproci comportamenti, sarà anche l’ultima da parte mia. Vorrei ricordarti, allora, che il tuo partito, ormai da mesi, con un interminabile numero di dichiarazioni, non ha perso occasione per ribadire che l’alleanza era finita. Nonostante questo, e solo per senso di responsabilità, ci siamo seduti costruttivamente al tavolo della coalizione nei circa 300, tra province e comuni con più di 15 mila abitanti, che andranno al voto il prossimo 7 e 8 giugno. In questi 300 tavoli di coalizione, abbiamo accettato, di volta in volta e a seconda delle vostre convenienze, che si facessero le primarie di coalizione, oppure le primarie soltanto del Pd o che le primarie non si facessero per niente e il candidato lo scegliesse direttamente il Pd. Abbiamo preso atto che di queste trecento amministrazioni da rinnovare, soltanto in un paio di casi sia stato indicato un candidato dell’Idv. Abbiamo accettato in silenzio che il giorno dopo le primarie, come è successo un po’ in tutta Italia, il candidato del Pd perdente, uscisse dalla coalizione e facesse una propria lista, contro il vincitore, sempre del Pd. Mi rendo conto che non hai potuto accettare l’incontro che ti avevo chiesto, non per ostilità verso Italia dei Valori, ma perché spesso non siete in grado di dare indicazioni al territorio e di spiegare ai vostri rappresentanti che una coalizione deve scegliere il candidatomigliore e più autorevole, a prescindere dal partito. Comprendo la difficoltà dato che i vostri non ascoltano neanche la ragione dei numeri, quando non è a loro vantaggio. Come a Campobasso, dove noi abbiamo più del 30% dei voti e il Pd all’incirca il 20%, ma vuole comunque il sindaco. Comprendo tutto questo. Mi sarei aspettato però che anche tu non solo comprendessi, ma che riconoscessi che solo degli ingenui, quali noi orgogliosamente siamo, avrebbero accettato di entrare in coalizione a queste condizioni in ben 290 amministrazioni su 300. Dopo aver rinunciato sostanzialmente dappertutto a esprimere nostri sindaci e presidenti di provincia, nonostante i numeri ci legittimassero ad averne a decine, mi sarei aspettato di tutto, ma gli insulti, quelli no. Un’ultima considerazione. In questi ultimi 10 mesi, i vari leader del Pd hanno spiegato che la vera alleanza riformista del futuro è quella con l’Udc. Non capisco perché oggi che il partito di Casini quasi ovunque è alleato con il Pdl o, al massimo, corre da solo, tacete tutti. Alla faccia del futuro asse riformista. Antonio Di Pietro Presidente Italia dei Valori 24 aprile 2009 da corriere.it Titolo: Di Pietro: Idv non sarà più opposizione... (si offre per il governo). Inserito da: Admin - Giugno 08, 2009, 10:50:24 am Berlusconi deluso: calo colpa astensione
Pd: gli italiani hanno capito e reagito Di Pietro: Idv non sarà più opposizione, ma alternativa al premier. Casini: siamo stati premiati. La Lega esulta ROMA (7 giugno) - Lontano dal 40-45% nel quale aveva sperato, il premier ad Arcore ha seguito il voto sorpreso e deluso. Per il Pd invece «gli italiani hanno capito e reagito» e Di Pietro fa sapere che l'Idv non sarà più l'opposizione, ma l'alternativa a Berlusconi. La Lega esulta e Casini si dice soddisfatto: siamo stati premiati. Quando lo scrutinio ha superato ormai i due terzi la nuova geografia dei partiti in corsa prende forma: il Pdl frena e sfiora il 35%, il Pd arretra al 26,5% sulle politiche (dove aveva il 33%) ma non crolla. Soprattutto crescono la Lega che sfonda e supera quota 10%, arrivando a quasi l'11% e diventando così una forza a due cifre percentuali, e l'Idv di Antonio Di Pietro che vola a oltre il 7,5%. Premiata anche l'Udc che si attesta quasi al 6,5%. Il Pdl manca l'obiettivo del 40%. Il Pd perde sei punti. Il Pdl cala di due punti e mezzo rispetto alle politiche di un anno fa, mentre sono circa sei i punti persi dal Pd rispetto alle politiche. Sempre nel campo del centrosinistra, l'Italia dei Valori per poco non raddoppia il 4,4% conquistato un anno fa. Berlusconi sorpreso e deluso. A quel 35% ha contribuito la forsennata campagna contro di me che ha portato i suoi effetti, è stato il primo commento del premier con i più vicini. Deluso e sorpreso, ma confortato dalla considerazione che tra i partiti al governo in Europa, il centrodestra italiano è stato tra quelli che hanno tenuto meglio. L'astensionismo è stata la vera sorpresa per il premier che si è detto certo che una affluenza alle urne vicina all'80%, come quella del 2008, gli avrebbe fatto superare il tetto del 40% in queste europee. I big del partito la pensano tutti allo stesso modo: ce la maggioranza (compresa la Lega) è cresciuta rispetto alle ultime europee e ha registrato solo una lieve flessione rispetto alle politiche. È vero che si sale rispetto al 32,5% dato alle europee del 2004 dalla somma dei voti di Fi e An e che si cala di poco rispetto al 37,5% delle ultime politiche, ma nessuno riesce a dissimulare più di tanto la delusione per quello che doveva essere il primo banco di prova elettorale del nuovo partito del centrodestra. «È evidente che su di noi pesa l'astensionismo, soprattutto al Sud - afferma il capogruppo dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto - ma si dimostra che l'area di governo si consolida, con l'avanzamento dell'alleato della Lega, mentre è il Pd a crollare, perdendo 6-7 punti percentuali e venendo cannibalizzato dall'IdV. L'offensiva delle sinistre si è rivelata un boomerang». «La somma dei voti di Pdl e Lega dimostra che la coalizione di governo è ampliamente maggioritaria - vede il bicchiere mezzo pieno Maurizio Lupi - Il dato preoccupante è invece che il Pd recupera consensi solo attaccando il presidente del Consiglio e cavalcando l'antiberlusconismo». «Emerge un complessivo e deciso voto di fiducia degli elettori rispetto al governo. È invece a dir poco surreale che il Pd festeggi per aver perso il 6% rispetto a un anno fa...» commenta Daniele Capezzone, portavoce del Pdl. Sulla «catastrofe totale del centrosinistra» punta l'indice il presidente dei senatori Maurizio Gasparri, che si spinge a chiedere, di fronte a dati definitivi «che qualcuno lasci il suo incarico questa sera». Gasparri a una giornalista dell'Unità che gli chiedeva se si aspettasse di più ha risposto: «Ma stai zitta, vai a fare il funerale a Franceschini». Per il ministro della Difesa, Ignazio La Russa il risultato attuale «rafforza il governo, perché aumenta la distanza con il Pd». E aggiunge: «Sono scontento rispetto alle previsioni, molto contento rispetto ai dati reali». «Il calo dell'affluenza - ha detto - costa al Pdl due punti percentuali». Malan: anche se Pdl fosse solo al 39%, mai nessuno come noi. «Anche prendendo per buona l'improbabile parte bassa della forchetta degli instant poll - aveva detto dopo le prime proiezioni Lucio Malan, senatore del Pdl e segretario di presidenza di Palazzo Madama - il risultato del Pdl è il migliore degli ultimi 50 anni per qualsiasi partito. Solo la Dc degli anni 40 e 50 superò il 40%. Dopo il 1958 nessuno ci è più riuscito. Un risultato comunque storico, dunque, per il partito di Silvio Berlusconi». Il Pd riprende fiato: gli italiani hanno capito e reagito. Timori per l'astensionismo, tanto che Franceschini prima ancora della fine delle votazioni aveva invitato i big del partito a restare compatti fino al ballottaggio. Poi sorpresa non tanto per il proprio risultato, giudicato di tenuta, ma perché «gli italiani hanno capito e punito lo spettacolo sconcertante offerto da Berlusconi». Per il Pd le europee erano un test dopo le sconfitte in Abruzzo e in Sardegna, ele dimissioni di Walter Veltroni. La meta attesa era il 27%. Il congresso. Si fa strada l'ipotesi di un rinvio del congresso dopo le elezioni regionali del 2010 visto che la «cura» Franceschini, fatta di opposizione più dura, sembra piacere agli elettori. Fassino. «Si dava per certa - è l'analisi dell'ex segretario Ds - una rotta del Pd che non c'è stata così come non c'è stato lo sfondamento di Berlusconi che ai quattro venti indicava la cifra del 45 per cento». «Siamo interessati ad una convergenza con Udc e Idv per una solida opposizione - ha aggiunto Fassino - e man mano vogliamo lavorare per trasformarla in un'alleanza per il governo del paese». Bindi: «Il consenso dell'area di governo arretra», mentre il Pd tiene. Rosy Bindi ricorda che «il Pdl doveva essere sopra il 40% ed è invece al 35%, e arretra». Di Pietro: saremo alternativa a Berlusconi. «Da domani non saremo più parte dell'opposizione ma della alternativa al governo Berlusconi che per noi resta fascista, piduista e razzista». L'ex pm si dice sicuro «che ci sono le condizioni per costruire l'alternativa: vedremo con quale partito e con quali uomini. Sentiamo -conclude- la responsabilità di non perdere tempo per essere i cofondatori di una nuova coalizione». «Il confronto ora è tra Idv e Udc» ha detto Di Pietro. «Il Pd dovrà decidere con chi allearsi. Abbiamo ascoltato con molta attenzione Pier Ferdinando Casini in questi giorni e ci siamo resi conto che lui ha posto un aut-aut al Pd: o con me o con l'Idv. E quindi ora il confronto sarà tra Idv e Udc». L'Idv, comunque, ricorda Di Pietro, «è l'unico partito del centrosinistra che ha migliorato la sua performance del 2008...». Di Pietro, spera però che l'alleanza con il Pd si mantenga inalterata, anzi, addirittura si rafforzi: «Pd e Idv possono costruire una vera alternativa». Per quanto riguarda, invece, l'Udc, Di Pietro esprime qualche perplessità: «Prima di tutto - spiega ai cronisti - bisogna vedere di quale Udc si parla, perché se parla Tabacci, io lo ascolto volentieri. Se parla Cuffaro, invece, io mi giro dall'altra parte». Di Pietro al Majestic con una bella ragazza: «Guardate che io sono un papi vero, questa è mia figlia». Terrazza illuminata, ricco buffet, numerosi ospiti: l'Italia dei valori ha deciso di attendere l'esito delle elezioni europee all'hotel Majestic di via Veneto, a Roma. Antonio Di Pietro è arrivato accompagnato da una giovane bella ragazza: «Guardate - scherza con i cronisti - che questa è mia figlia e io sono un papi vero...». Casini: siamo stati premiati. «L'Udc è stato premiato e siamo soddisfatti mentre il bipartitismo ha avuto una dura lezione» dice Pier Ferdinando Casini. Il leader dell'Udc commenta i dati ottenuti anche dagli altri partiti: «La politica dell'Idv demagogica ha portato i suoi frutti mentre la Lega si è trovata nella condizione ideale di alleato privilegiato. Noi siamo sereni e intendiamo onorare questi voti in Parlamento parlando dei problemi degli italiani che fanno fatica a superare la crisi economica». «I primi exit poll hanno messo a dura prova le nostre coronarie - ha aggiunto Casini - ma tutto è bene quel che finisce bene». «Il bipartitismo è stato bocciato da queste elezioni - ha commentato il leader dell'Udc - il 15 % dei votanti non è rappresentato. Lo abbiamo liquidato in una campagna elettorale in cui abbiamo parlato agli italiani senza cercare scandali. Non parlare di gossip è stata una scelta rischiosa ma è stata premiata». Riguardo a un possibile riavvicinamento a Berlusconi Casini ha risposto: «Per correttezza devo dire che Berlusconi non ci ha mai dato nessun segnale di nessun tipo. Noi sediamo come il Pdl nel Partito popolare europeo, di cui siamo fondatori ma siamo all'opposizione nel Parlamento italiano e con molta serenità seguiamo il governo quando fa la cosa giusta. È importante - ha concluso - essere seri nelle intenzioni». La Lega esulta. Un ottimismo «sempre meno cauto» alla sede della Lega a Via Bellerio con le proiezioni che collocano il partito appena sotto il tetto del 10% contro il 5% delle europee del 2004 e l'8,3% delle politiche dell'anno scorso. Da Roberto Cota a Mario Borghezio, da Roberto Castelli a Giancarlo Giorgetti: «Il risultato è un premio per l'azione di governo della Lega - dicono - È stata premiata la nostra serietà e questo voto è anche una spinta per portare in Europa le battaglie che la Lega ha condotto fino ad oggi in Italia». A cominciare da quella contro l'immigrazione clandestina. Parisi: se il premier non prende 4,5 milioni di voti ha perso. Se Berlusconi non prenderà almeno 4,5 milioni di preferenze avrà perso la sua sfida per la leadership "morale" dell'intero Pdl e del Paese: è quanto sostiene l'ulivista Arturo Parisi. Berlusconi avrebbe cercato «un successo personale e il riconoscimento della sua pretesa di sottrarsi alla legge imposta col lodo Alfano» e se non riuscirà a raccogliere «sul suo nome almeno 4 milioni e 500 mila voti di preferenza, cioè l'equivalente del 34,4% di preferenze raccolto tra i voti di Forza Italia, avrà sbagliato il suo calcolo, perso la sua scommessa». da ilmessaggero.it Titolo: Tonino il maratoneta Inserito da: Admin - Giugno 12, 2009, 05:03:06 pm Tonino il maratoneta
di Antonio Carlucci Un gruppo dirigente tutto nuovo. Diecimila sezioni sul territorio. Una televisione e altri investimenti su Internet. Una coalizione di programma per battere Berlusconi, senza ripetere gli errori dell'Ulivo Ecco i piani di Di Pietro per rendere grande il partito. Colloquio con Antonio Di Pietro Dalla sera di domenica 7 giugno non siamo più quelli di prima. E da oggi in poi il nostro compito è creare un programma e scegliere le alleanze e una classe dirigente capaci di andare al governo... Parla Antonio Di Pietro, il leader dell'Italia dei Valori. Il suo partito è il solo che può cantare vittoria nello schieramento di centrosinistra, avendo praticamente raddoppiato la percentuale dei voti toccando quota 8 per cento e aumentando i parlamentari europei da due a sette. A 'L'espresso' Di Pietro annuncia le mosse successive: dal radicamento sul territorio con l'obiettivo di 10 mila sezioni di Idv, al congresso entro un anno, dalla politica delle alleanze basate solo sulla stesura di un programma capace di sconfiggere Silvio Berlusconi e il centrodestra, alla creazione di una televisione via Internet. Come intende utilizzare tutti i voti che l'Italia dei Valori ha raccolto? "Passo dall'opposizione alla alternativa per cambiare il Paese. E mi spiego: questi sono voti di fiducia che i cittadini ci hanno dato sulla base di un impegno che avevamo preso con loro, ovvero di fare opposizione a Berlusconi e di rendere evidente l'anomalia del suo governo che è stato basato sin dal primo giorno sulla cura degli affari privati, invece che di quelli pubblici". Che cosa vuol dire nell'attività politica di tutti i giorni, visto che i suoi voti non sono sufficienti a cambiare gli equilibri politici? "Vogliamo essere i promotori di una nuova alleanza e di una nuova coalizione che metta insieme la società civile, il mondo delle associazioni e tutti quei partiti che vogliono contribuire a scrivere un programma che abbia al primo punto il cambiamento della classe dirigente dell'Italia". Che ruolo avranno i sette nuovi parlamentari europei di Idv in questo progetto che lei definisce dell'alternativa? "Saranno a Strasburgo e a Bruxelles a tempo pieno per cercare di rendere attuale il nostro programma. Al primo posto ci sono i problemi dell'economia: bisogna tornare a un mercato libero e a un sistema della concorrenza che abbia alla base il rispetto delle regole e la trasparenza e non quello della opacità, della corruzione, dei monopoli, della violazione delle regole sul lavoro. È assolutamente necessario ricreare un rapporto di fiducia tra sistema delle imprese e mondo del lavoro. In Italia, invece, deputati e senatori di Idv continueranno a fare una opposizione al sistema di potere di Berlusconi chiara nel linguaggio e determinata nell'azione". Lei ha annunciato che a partire dal 22 giugno si mette in moto un processo politico che porterà al congresso di Idv. Perché un congresso? "Dal 7 giugno non siamo più quelli di prima, senza buttare a mare nulla del nostro passato politico. Ma è tempo di cominciare a scrivere quelle regole per arrivare entro un anno a un congresso che ha come scopo quello di mettere a punto il programma con cui vogliamo presentarci alle prossime elezioni politiche per vincerle e andare al governo. Questo non sarà il programma di Idv, ma di una coalizione che mette al centro della propria attività la costruzione dell'alternativa a Berlusconi". E chi farà parte di questa coalizione? "Di sicuro non potrà essere la mera ripetizione della formula dell'Ulivo. Il programma lo scriveremo noi di Idv insieme alla società nella quale siamo presenti ogni giorno e con tutti quei partiti, a cominciare dal Partito democratico, che vogliono con noi costruire l'alternativa. Al primo punto non può che esserci la presentazione di una nuova classe dirigente che sostituisca quella della prima Repubblica". Ma che tipo di partito ha in mente? Lei parla di rinnovamento della classe dirigente, ma a livello locale Idv si fonda largamente sugli ex democristiani. "Non è più così, solo una minima parte viene dal mondo democristiano. A dimostraro sono le liste delle europee dove su 72 candidati, 67 provenivano dalla società civile e non hanno mai avuto esperienze partitiche precedenti. Idv non è un partito fondato sulla sommatoria di notabili locali, oggi è un partito di massa. E poi noi siamo obbligati al cambiamento, perché con un partito che vale il 2 per cento potevamo accontentarci di quella classe dirigente dove c'erano anche piccoli notabili, con l'8 per cento dobbiamo costruire un nuovo gruppo dirigente". Ma i notabili sono sempre presenti nel suo partito, basta guardare i problemi che ha incontrato in Campania nei mesi scorsi... "La Campania è l'area dove questo cambiamento di classe dirigente è più visibile. Lì sono stati eletti l'ex magistrato Luigi De Magistris e l'ex funzionaria regionale e sindacalista Sonia Alfano che non mi sembra proprio possano essere indicati come notabili". I voti dati a Idv sembrano provenire dal bacino elettorale del Pd. Dunque, non si aggiunge nulla a un ipotetico schieramento alternativo a Berlusconi, c'è solo un travaso... "È falso che i voti vengano dal Pd. Potrebbero essere di provenienza Pd i voti che sono andati ai partiti della sinistra o ai radicali o all'Udc. Il voto a Idv è stato trasversale, abbiamo pescato dappertutto". Quale che sia la provenienza, sommando i voti dell'opposizione si resta ben lontani dalla ipotesi di diventare maggioranza. "Il problema non è sommare i voti e vedere quanto fa. La questione da oggi è costruire un programma più appetibile di quello di Berlusconi che pensa solo a se stesso e alla occupazione del potere. Se saremo capaci, i voti arriveranno". Lei ritiene che l'alleato di riferimento del futuro debba essere il Pd? "Non intendiamo ghettizzarci in alleanze che guardino solo al simbolo o fare alleanze a scatola chiusa di natura esclusivamente elettorale. Il punto centrale è il programma e la classe dirigente che vogliamo indicare al Paese. La vecchia, che ha già dato molto e ha anche preso molto, ha fatto ormai il suo tempo". Oltre ad essere un partito dell'8 per cento, Idv è anche un partito ricco. Con le elezioni europee incasserà oltre 20 milioni di euro di rimborsi e nelle casse ha molti soldi e niente debiti. Come intende usare questo denaro pubblico? "Lo useremo come abbiamo fatto fino a ora, senza sperperarlo e senza creare posizioni di potere. I rimborsi serviranno a fare politica-politica, a creare nuove strutture sul territorio, a essere presenti dove non lo eravamo". Quali investimenti specifici farà? "Dobbiamo radicarci sul territorio che significa creare punti di riferimento di Idv dove oggi non ce ne sono, aprire nuove sedi, assumere personale amministrativo di qualità, trovare momenti di incontro con le professioni. Insomma, radicare sempre di più Idv nella realtà italiana. Oggi siamo già in tutte le Regioni e le province con mille sedi: da domani dobbiamo arrivare dappertutto". A quante sedi intende arrivare entro il congresso? "A diecimila". E poi in che altro modo pensa di usare i milioni di euro che ha nelle casse? "Abbiamo già creato un centro studi aperto a tutti coloro che vorranno contribuire a elaborare soluzioni ai problemi che abbiano come ultimo obiettivo quello di sconfiggere il centrodestra berlusconiano senza chiedere per questo l'iscrizione al nostro partito. Quindi, intendiamo investire ancora di più nella Rete, che già utilizziamo intensamente, per comunicare direttamente con i cittadini. Vogliamo lanciare anche una televisione via Internet, che è un modo possibile per rispondere alla occupazione da parte del centrodestra dei media italiani inclusa la tv". È vero che Idv sosterrà il quotidiano che l'ex direttore de 'l'Unità' Antonio Padellaro intende lanciare dopo l'estate? "Ho grande stima di Padellaro, ma noi vogliamo sviluppare la nostra attività di comunicazione e di rapporto con i cittadini elettori attraverso la Rete, dai social network alla televisione ai blog. Siamo convinti che in presenza dello sfacciato conflitto di interessi che Berlusconi porta con sé e del controllo che ha dei media, la Rete sia il solo strumento che ci consente di fare una politica libera". Con Idv all'8 per cento, non è in qualche modo pentito di aver scelto di restare fuori dalla Rai, non avendo ottenuto la presidenza della commissione di Vigilanza? "Rifarei esattamente tutto quello che ho fatto. Se avessi accettato uno strapuntino sul treno della spartizione e della lottizzazione della televisione pubblica, oggi non avrei la libertà di azione e di movimento che ho". Fin dalla sua nascita Idv è stato il partito di Di Pietro. Sarà ancora così nel futuro? "Tutti i partiti nascono dall'idea di una persona o di un gruppo ristretto. E crescendo si spersonalizzano. Capiterà così anche all'Italia dei Valori". Significa che dal simbolo sparirà il suo nome? "Idv esisterà a prescindere dal nome Di Pietro, siamo già oggi il partito con la più alta capacità di rinnovamento del suo gruppo dirigente" (11 giugno 2009) da espresso.repubblica.it Titolo: Antonio DI PIETRO. Di Pietro intende sensibilizzare la comunità internazionale Inserito da: Admin - Luglio 09, 2009, 10:25:32 pm 9/7/2009 (13:1) - IL CASO
Di Pietro attacca il governo sull'Herald Tribune: "La democrazia è in pericolo" Di Pietro intende sensibilizzare la comunità internazionale Il leader dell'Idv compra una pagina sul giornale americano per denunciare le norme contenute nel lodo Alfano ROMA «Appello alla comunità internazionale. La democrazia in Italia è in pericolo»: è il titolo che campeggia a caratteri cubitali della pagina di "advertisement" (pubblicità) sull’International Hearld Tribune acquistata dal leader di Idv Antonio Di Pietro. A destra della pagina c’è una foto gigante di Di Pietro, che sovrasta il simbolo di Idv. Il testo è tutto puntato sul lodo Alfano, il cui meccanismo viene brevemente spiegato in inglese nei contenuti. Dopo le denuncie di incostituzionalità sul testo da parte di «più di 100 costituzionalisti», viene ricordato che il 6 ottobre la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi sullo "scudo" per le alte cariche, e raccontata la cena nella casa del giudice della Consulta Mazzella cui presero parte anche Berlusconi ed il ministro della Giustizia Alfano. «Faccio appello - si conclude il messaggio di Di Pietro - alla comunità internazionale perchè faccia circolare queste informazioni ed eserciti la pressione necessaria per assicurare i principi di libertà democratica e di indipendenza della Consulta, così da scongiurare che la nostra democrazia in Italia venga trasformata in una dittatura di fatto». da lastampa.it Titolo: Antonio DI PIETRO scrive al Guardian: mi scuso per Berlusconi Inserito da: Admin - Luglio 10, 2009, 06:43:02 pm Di Pietro scrive al Guardian: mi scuso per Berlusconi
LONDRA (10 luglio) - Antonio Di Pietro scrive al Guardian per «scusarsi» con il giornale per la reazione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e del ministro degli Esteri Franco Frattini agli articoli pubblicati sul quotidiano britannico. Nello spazio dedicato alle lettere al giornale, il Guardian pubblica oggi un testo a firma del leader dell'Italia dei Valori: «In quanto membro del parlamento italiano ed ex magistrato che ha assicurato che molti politici corrotti e uomini d'affari venissero portati davanti alla giustizia negli anni '90 - scrive Di Pietro - desidero scusarmi con il direttore e lo staff del Guardian per le reazioni assolutamente prevedibili del primo ministro Silvio Berlusconi e del ministro degli Esteri Franco Frattini». «Il Guardian fa del suo meglio per tenere il pubblico informato - si legge ancora nella lettera - in Italia questo governo non è abituato ad un dibattito libero, o a sentire raccontare la verità ». La missiva di Di Pietro continua poi con riferimento all'articolo del quotidiano britannico che ha criticato la preparazione del vertice del G8 da parte dell'Italia presidente di turno: «Anche se parti dell'articolo possono essere soggette a dibattito - scrive l'ex pm - il resto contiene poco che può essere confutato. Freedom House mette l'Italia al 73simo posto per libertà di stampa. Il vero problema è che la nostra informazione è nelle mani di un individuo, il nostro primo ministro, e questo è uno dei peggiori casi di conflitto d'interessi nel mondo occidentale». Di Pietro continua poi menzionando il Lodo Alfano che, scrive, «proibisce di perseguire Berlusconi». E la lettera si conclude con un appello: «Il Guardian e altri media stranieri non devono permettere che i riflettori si spostino dall'Italia». Gasparri: i giornali inglesi si scusino. «Il G8 ed il G14 stanno rappresentando per l'Italia e per Berlusconi un successo evidente. Perfino il giornale che più di tutti si è distinto per la campagna di menzogne e di attacchi deve oggi ammettere sulla sua prima pagina la grande affermazione personale ottenuta dal premier italiano». Lo dichiara il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. «Berlusconi si è mostrato anche capace di avviare un difficile dialogo tra Stati Uniti e Libia. La stampa ha dovuto prendere atto della credibilità e dell'autorevolezza del governo italiano e del suo presidente, mentre è paradossale che proprio in queste ore la stampa inglese, che tanto dura era stata, stia facendo una figura veramente pessima - aggiunge Gasparri -. Per fortuna che in Italia il gruppo Murdoch opera attraverso dirigenti e giornalisti credibili. Ma in Gran Bretagna, da quello che si legge, le cose non stanno così. Murdoch farebbe bene a fare pulizia in casa propria, visto che lo scandalo britannico assume contorni gravi ed inquietanti. Non staremo a fare dall'Italia la lezione agli inglesi come taluni giornalisti inglesi l'hanno fatta a noi. Ma ci aspettiamo libri interi di scuse da chi ha mille motivi per farlo». da ilmessaggero.it Titolo: Antonio DI PIETRO. "Caro Gesù, libera l'Italia dal diavolo" Inserito da: Admin - Dicembre 24, 2009, 09:52:47 am 23/12/2009 (14:49) - IL CASO
"Caro Gesù, libera l'Italia dal diavolo" Lettera di Natale sul blog di Di Pietro Il leader Idv all'attacco: «Non vuole farsi processare e lo chiama dialogo» Riforme, riparte il confronto Pd-Pdl ROMA Una lettera a Gesù Bambino per chiedere che il Pd non scenda a patti con il «diavolo» Silvio Berlusconi. Antonio Di Pietro si rivolge direttamente al bambinello per invocare il no al «dialogo» che una parte dell’opposizione, dopo i giorni caldi seguiti all’aggressione al premier, ha intavolato con il Pdl sul tema, più che mai controverso, delle riforme. L’idea che Berlusconi e Pier Luigi Bersani possano concordare un pacchetto di riforme dentro il quale trovi spazio anche un salvacondotto per il premier fa venire il nervoso a Di Pietro. «Gesù Bambino - scrive il leader dell’Italia dei Valori - apri gli occhi a coloro che, invece di fare opposizione, decidono di fare inciuci con questa maggioranza». «In Italia - continua la lettera natalizia - c’è un diavolo al governo. Tu lo sai bene com’è fatto il diavolo. Tu lo sai bene che non ci si può fidare di lui, e con alcune persone, soprattutto con il diavolo, non si può dialogare». Ovviamente la trovata di Di Pietro non piace al centrodestra, che non manda giù l’equiparazione di Berlusconi al principe delle tenebre. Molte le critiche, quasi tutte sulla falsariga natalizia. Il ministro Calderoli è convinto che «Gesù Bambino manderà a Di Pietro una montagna di carbone». «Caro Babbo Natale, liberaci da Di Pietro», chiede la parlamentare Pdl Anna Maria Bernini. E via di questo passo, mentre Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, chiede al Pd, per l’ennesima volta di rompere con l’Italia dei Valori e Paolo Boniauti sbotta: «Anche questa ci è toccata...». Nel frattempo, il famigerato «dialogo» tra la maggioranza e l’opposizione va avanti a piccoli passi, senza grandi slanci ma senza nemmeno grossi ostacoli. Lo dimostra la prudenza di Bonaiuti, portavoce del premier, attento a non distruggere quel poco che è stato fin qui costruito. A chi gli chiede se ci si avvii verso un clima di maggiore distensione, risponde che «se son rose fioriranno». E anche i rapporti con il Quirinale «sono buoni», assicura Bonaiuti. Segnali di disponibilità vengono dal Pd: Violante, autore della «bozza» su cui centrodestra e Pd già concordarono nella scorsa legislatura, consiglia un metodo di lavoro improntato a un sano realismo: «Suggerirei di non tenere troppo alte le aspettative e di lavorare con determinazione senza toni particolarmente alti perchè quando le vele sono troppo gonfie, poi si possono sgonfiare rapidamente». A dirsi «ottimista» è il presidente del Senato Renato Schifani, che dà atto al presidente della Repubblica di avere pronunciato parole «importanti» che hanno contribuito a svelenire il clima. «Chiudiamo questo anno in un clima diverso rispetto a quello di qualche settimana fa. Vi sono già segnali importanti di confronto sulle riforme, vi è un disgelo. È un momento di sussulto, di dignità che stiamo vivendo tutti noi in estrema positività ». da lastampa.it Titolo: Antonio DI PIETRO. - Lettera a Bersani Inserito da: Admin - Gennaio 04, 2010, 10:51:06 pm 4 Gennaio 2010
Lettera a Bersani Caro Bersani, come sai, avevamo fissato un incontro per il prossimo 12 gennaio per discutere di elezioni regionali. Mi dispiace ma dobbiamo prima chiarire un punto fondamentale del nostro “stare insieme”: voi del PD volete allearvi o no con l’Italia dei Valori per costruire una valida alternativa al Governo delle destre berlusconiane? Sia chiaro, noi lo vogliamo perchè crediamo nel modello bipolare di rappresentare la democrazia parlamentare (ed in tale modello noi ci collochiamo nel centrosinistra, a prescindere da Berlusconi) e perché non ci piace la politica del “doppio forno”, un po’ di qua un po’ di là, portata avanti da altre forze politiche al cui capezzale tutti i giorni voi del PD vi prostrate. A noi di IDV invece mal ci sopportate. Tutti i giorni ci trattate come appestati, utili sì solo per motivi elettorali ma da criminalizzare e denigrare con la stessa foga e supponenza dei vari Bondi, Cicchitto e prezzemolino Capezzone del PDL. L’ultima goccia (che, se non ritrattata, rischia di rompere il vaso) è l’attacco che ci ha rivolto ieri il vicesegretario del PD Enrico Letta. Mi ero permesso di avvertire gli elettori del mio partito (attraverso il mio blog personale) del rischio che la democrazia corre nell’affidarsi all’attuale maggioranza parlamentare del centrodestra per fare le riforme e citavo come esempio il maldestro tentativo di un Ministro in carica (Brunetta) di voler modificare, in nome delle riforme, anche l’art. 1 della Costituzione (quello che garantisce il “diritto al lavoro”: come a dire che, siccome nel nostro paese non si trova lavoro tanto vale abrogarlo dalla Costituzione). Per dare maggiore spessore al mio grido di allarme ho anche segnalato che quelli del PDL stanno strumentalizzando le giuste parole del Capo dello Stato – ripeto, giuste come ho già avuto modo di chiarire sin dal primo momento –per creare un clima di “complicità posticcia” fra maggioranza ed opposizione. Il PDL, ribadisco, parla di riforme ma non pensa a quelle che servono al paese ed agli italiani ma solo a quelle utili per uso personale (di Berlusconi, in testa, ma non solo). Ho anche aggiunto – è vero e lo ripeto anche ora – che le parole dette a fin di bene dal Presidente Napolitano “forse sono state un po’ incaute, considerati gli interlocutori”. Esattamente così ho detto e non vedo proprio cosa ci sia di così offensivo nei confronti del Presidente della Repubblica in questa mia presa di posizione. Non ho criticato Napolitano come persona e nemmeno il suo discorso di buon senso (che anzi ho apprezzato) ma ho solo fatto rilevare come purtroppo questa maggioranza ora ne approfitterà per strumentalizzare - come sempre ha fatto finora – le aperture di credito del Presidente della Repubblica nei confronti del Governo Berlusconi. Solo per questa ragione oggettiva ho definito “forse incaute” (nel senso di speranze azzardate e mal riposte) le parole del Capo dello Stato. In un paese democratico non vedo proprio cosa ci sia di eversivo dall’esprimere le proprie idee, a meno che non si voglia sostenere che nel nostro paese alle forze di opposizione non sia nemmeno più possibile parlare (manco fossimo in Iran!). Mi sono apparse subito scontate le “critiche interessate” dei mestieranti del PDL (che non mi hanno fatto né caldo né freddo per quanto mi sono indifferenti) ma che l’amico Letta fecesse da grancassa, da sparring partner e da raccattapalle dei vari Cicchitto e Capezzone proprio no, questo non me lo sarei proprio aspettato e non posso accettarlo. Soprattutto noi di IDV non possiamo più aspettare il tuo silenzio, rispetto alle mille richieste che ti vengono da più parti circa il ruolo e la costruzione della coalizione del centrosinistra che hai in mente. E’ una coalizione che vuoi realizzare o no anche con Italia dei Valori? O pensi che siamo buoni solo in occasione delle varie elezioni per poi continuare a trattarci come appestati? Davvero anche tu pensi che il tipo di opposizione che fa IDV al Governo – opposizione che noi intendiamo continuare a fare con parole chiare ed in modo determinato ed inequivocabile – aiuti Berlusconi? Se è così, ebbene sappi che noi di IDV siamo invece convinti che siano le continue accondiscendenze ed i continui tentennamenti del vostro modo di fare opposizione (da signorini primi della classe che solo loro capiscono tutto) a creare sconcerto ed incertezze nell’elettorato. Luigi, mi appello alla tua intelligenza (e tu sai quanto io ti stimi sul piano personale): non cadere anche tu nel tranello di chi vuole a tutti i costi far passare l’Italia dei Valori come una forza estremista ed eversiva. E’ il disegno dettato da Berlusconi: l’isolamento ed il massacro mediatico di una forza come l’Italia dei Valori perché ha scoperto e denunciato, sin dal primo giorno di questa legislatura, il gioco sporco di chi utilizza le istituzioni per tutelare gli interessi di una sola persona. E’ il disegno del centrodestra che - per potersi garantire la sempiterna permanenza al governo - vuole dividere l’opposizione, criminalizzando e denigrando la parte più agguerrita di essa, grazie ai potenti mezzi di informazione che possiede o con cui ha fatto comunella (mi riferisco soprattutto alla stampa di proprietà delle solite potenti caste economiche). Luigi, non cadere anche tu nella provocazione di chi vuole dividere l’opposizione per continuare ad imperare e soprattutto non cadere nel tranello di chi ti invita al tavolo del dialogo e poi - dopo che tu gli hai dato la mano - ti frega il braccio utilizzando quel tavolo solo per farsi i cavoli suoi. Non prestare il fianco - almeno tu che sei una persona concreta e con i piedi per terra – ai tanti soloni del tuo partito che ti invitano a duellare con Berlusconi con un fiore in mano quando quello usa la scimitarra. E ricordati che non è attaccando l’Italia dei Valori che sconfiggi Berlusconi ma solo alleandoti seriamente e strutturalmente con chi sta dalla parte dei cittadini ed in difesa della Costituzione che puoi sperare di farcela. Dopo – ma solo dopo che hai deciso cosa fare - fatti risentire che parliamo di elezioni regionali. Ciao, spero a presto, Antonio Di Pietro Presidente Italia dei Valori da ilmessaggero.it Titolo: Antonio DI PIETRO. «Con Berlusconi un Paese delle banane» Inserito da: Admin - Dicembre 14, 2010, 09:57:12 pm LE OPPOSIZIONI
«Con Berlusconi un Paese delle banane» L'affondo di Di Pietro. Critiche al premier anche da Casini e Bocchino. Bersani: «Ha perso comunque» ROMA - «Lei si è messo a fare politica non certo per servire il paese, ma solo i suoi affari personali, soprattutto quelli giudiziari». Antonio Di Pietro si rivolge direttamente a Silvio Berlusconi e parte subito all'attacco nello spiegare il perché il suo partito voterà contro. Ma Berlusconi non ha intenzione di starlo ad ascoltare e per questo se ne va, seguito poi da tutto il gruppo parlamentare del Pdl. E' il segno della tensione altissima che si respira nell'aula di Montecitorio a pochi minuti dalla resa dei conti, la conta dei voti sulla mozione di sfiducia contro il governo. Le opposizioni sono unite nel denunciare la fine dell'esperienza berlusconiana. E se Di Pietro usa toni da battaglia, Casini e Bocchino fanno ricorso all'immagine dell'attuale centrodestra per chiedere una volta di più al Cavaliere di fare un passo indietro. «PAESE DELLE BANANE» - «Ogni giorno vi sono persone di ogni categoria sociale che protestano e non ne possono più di essere presi in giro da lei e dal suo governo - ha detto il leader del'Idv - . Fuori di qui addirittura i poliziotti hanno protestato, perchè stanchi di pagarsi la benzina per correre appresso ai delinquenti. Fuori di qui ci sono migliaia di studenti e docenti, che non sono delinquenti per il solo fatto che protestano, ma sono giovani disperati a cui avete tolto pure il futuro». Di Pietro ha detto ancora: «Fuori di qui ci sono i lavoratori senza contratto, ricattati dai tanti Marchionni strozzini di turno. Fuori di qui ci sono i precari senza futuro di ogni categoria, fuori di qui non c'è quel paese delle meraviglie che descrivete, ci sono i giovani e i meno giovani che hanno perso il lavoro o non l'hanno mai avuto. Fuori di qui ci sono i cittadini dell'Aquila, terremotati due volte prima dal destino poi dalle sue frottole. Fuori di qui ci sono tante persone bisognose a cui avete tolto la solidarietà e ogni speranza. Voi avete ridotto l'Italia a un paese delle banane. Fuori di qui, prima se ne va meglio è». «A UN PASSO DAL BARATRO» - «Ieri abbiamo ascoltato i soliti anatemi, programmi mirabolanti, come se lei venisse dalla luna e non avesse governato negli ultimi dieci anni» ha detto invece Pier Ferdinando Casini, a nome dell'Udc, iniziando il proprio intervento. «Neanche una parola di autocritica o una parola che desse valore alla riunificazione dei moderati», perchè - ha aggiunto - bisogna compiere degli atti politici affinchè questo si verifichi». Casini, poi, torna a chiedere le dimissioni di Berlusconi: «Non sarebbe- dice- un atto di resa o di debolezza, ma di consapevolezza che il Paese deve cambiare passo e invece marciamo verso il baratro. Mi auguro - conclude- che lei fermi la corsa del Paese verso l'ignoto, ovvero le elezioni». «TRADITORE A CHI?» - Duro anche l'intervento di Italo Bocchino, capogruppo di Futuro e Libertà, che respinge al mittente le accuse di tradimento («E' da quando faccio politica che ho come leader Gianfranco Fini, i traditori li cerchi attorno a sè») e quelle rivolte dal premier ai finiani di volere riportare la politica italiana ai tempi della prima Repubblica: «Non accettiamo lezioni su questo tema - ha detto Bocchino -. Negli anni in cui noi ci opponevamo al comunismo lei costruiva palazzi e faceva accordi con esponenti politici che sono stati il simbolo di quella Prima Repubblica. Non esiste in Italia un beneficiato della prima repubblica come Silvio Berlusconi». Il capogruppo del Fli ha poi ribadito che il suo gruppo vuole lavorare per un centrodestra diverso, «di stampo europeo», e non per un ribaltone. Anzi: «Di ribaltoni ne ho visti due nella storia recente di questo Paese: uno lo fece la Lega ai danni del centrodestra e uno lo fa oggi lei che spera di prendere la fiducia con i voti di dieci parlamentari eletti con l'opposizione per cacciare noi che siamo stati eletti con i voti della maggioranza». «HA PERSO COMUNQUE» - «Noi siamo tranquillissimi perché comunque vada per lei sarà una sconfitta - ha detto invece il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani -. Lei sa che non è più in grado di garantire stabilità di governo. Il voto che sta cercando per una vittoria di Pirro non è per governare, sta inseguendo una instabilità pilotata da lei che le consenta di guidare la macchina verso le elezioni per cercare una disperata rivincita alla sua sconfitta politica». E ancora: «Vuole dirla una parola su come stanno davvero le cose nel Paese? Lo sa che non siamo tutti miliardari in Italia? Sento parlare di moderati e sento tante urla. Propongo di chiamare moderato chi tira avanti nonostante la crisi e manda avanti la famiglia e non quelli che portano i soldi all'estero che voi tutelate, così come tutelate quelli che difendono i truffatori delle quote latte. Fuori di qui c'è un Paese che è stanco e che vuole cambiare». Redazione online 14 dicembre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA http://www.corriere.it/politica/speciali/2010/la-fiducia/notizie/14-12-interventi-opposizione_97761ba8-076d-11e0-a25e-00144f02aabc.shtml Titolo: DI PIETRO a Bersani: Hai il dovere di convocarci per creare un'alternativa Inserito da: Admin - Giugno 23, 2011, 11:04:19 am CAMERA
Di Pietro a Bersani: «Hai il dovere di convocarci per creare un'alternativa» L'ex pm si appella anche a Vendola: «Qual è il nostro programma?» E il leader del Pd: «Di riunioni ne faremo» MILANO - Nel dibattito alla Camera sulla verifica di governo, il leader dell'Idv Antonio Di Pietro attacca il governo sfidando Berlusconi a smetterla con le leggi ad personam «che la gente non vuole più» e a fare provvedimenti «seri che interessano alla gente». Ma non risparmia critiche al segretario del Pd Pierluigi Bersani e lo invita a convocare al più presto una riunione di coalizione per dar vita ad una vera alternativa: «Incontriamoci oggi stesso per parlare di leadership e di alternativa. O siamo in grado di fare questo oppure non siamo neppure degni di criminalizzare Berlusconi. Dobbiamo farci vedere uniti». E ha lanciato un siluro anche all'indirizzo dell'altro aspirante leader Nichi Vendola. «Dobbiamo partire da una realtà: che di qui questo governo difficilmente si schioderà per i prossimi due anni, da qui dobbiamo partire. I cittadini hanno già mandato a dire che non condividono la politica dell'illusione, ma qual è il nostro programma, qual è la nostra coalizione, qual è il nostro modo di scegliere la leadership? È questo il nostro punto di crisi». BOTTA E RISPOSTA - Il leader del Pd Pierluigi Bersani dopo qualche ora ha rilanciato: «È ora di liberare le energie nuove di questo paese, e ce ne sono tante come abbiamo visto alle amministrative. L'alternativa sta lì. E di riunioni ne faremo quante ne vorremo». Di Pietro non ha perso tempo: «Allora passiamo dalle parole ai fatti». COSTRUIRE L'ALTERNATIVA - Di Pietro, che durante la sospensione della seduta ha avuto un colloquio in Aula con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non ha usato contro il premier e il governo i toni duri che in passato avevano caratterizzato i suoi interventi, ma ha insistito molto sulla necessità di costruire un'alternativa, sollecitando in questo senso il Pd: «L'opposizione - ha sottolineato l'ex pm - ha il dovere di proporre un'alternativa. E allora, amico Luigi, amico Bersani, comincia tu, perché a te spetta il dovere, l'onore e l'onere di convocarci». E ha proseguito: «Ho sentito l'onorevole Martino quando diceva "voi cosa offrite in alternativa": bene, io lo devo dire qui davanti a tutti pubblicamente: non lo so, non lo so, perché non ho ancora avuto una riunione con gli altri leader dei partiti di opposizione. Non lo so. E qui lo chiedo pubblicamente davanti al Paese: se c'è un partito di maggioranza relativa ha il dovere oggi di convocarci per vedere cosa vuole fare, non può aspettare ancora un minuto». NESSUN VOTO AL BUIO - Antonio Di Pietro ha sottolineato riferendosi alle primarie: «Io non me la sento di votare un leader senza sapere per fare che cosa, dove mi porta, perché non me la sento di portare il Paese verso un oscuro premier che magari parla bene, affabula tanto, ma che poi in concreto non so se ha in capo un mondo liberale». SILENZIO - Dai banchi del Pd ad un silenzio di imbarazzo iniziale è seguito un mormorio sempre più netto: qualcuno ha anche gridato a Di Pietro: «Hai fatto l'accordo con Berlusconi?», riferendosi probabilmente al lungo colloquio che il leader dell'Idv e il presidente del Consiglio hanno avuto in aula subito prima che iniziasse il dibattito conclusivo sulla verifica. Redazione online 22 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA da - corriere.it/politica/11_giugno_22/bersani-di-pietro-alternativa-incontro_c9b2d9a8-9cf0-11e0-ad47-baea6e4ae360.shtml Titolo: Di Pietro, la road map per le primarie Pronti, ma non con candidati alla Vendola Inserito da: Admin - Giugno 26, 2011, 10:10:41 am IL CASO
Di Pietro, la road map per le primarie "Pronti, ma non con candidati alla Vendola" Il leader dell'Idv: "Il percorso deve essere chiaro: prima il programma e la coalizione e poi il candidato che la guiderà". Il governatore della Puglia replica: "Sbaglia ad attaccare Bersani e me, e a chiedere una convocazione politicistica per scrivere un programma nelle stanze chiuse" CAMPOBASSO - Dalla sua Montenero Antonio Di Pietro lancia l'Italia dei Valori. Per l'ex pm, il suo partito si sente pronto "a partecipare alle primarie del centrosinistra per la scelta del leader da candidare alla guida del governo". Il percorso però deve essere chiaro: prima il programma e la coalizione e poi l'uomo che la condurrà. "In questo caso - dice Di Pietro - parteciperemo con un nostro candidato, altrimenti facciamo le primarie per candidati alla Vendola, e questo non aiuta". Il leader di Sel, però, non è d'accordo e, in un'intervista al Manifesto, critica l'ex pm: "Sbaglia ad attaccare Bersani e me, e a chiedere una convocazione politicistica di leader per scrivere un programma nelle stanze chiuse. E' l'opposto del messaggio che ci viene dai referendum. Costruiamo momenti anche simbolici in cui ascoltiamo dalla nostra piazza i punti dell'agenda". Ma Di Pietro si sente forte. Galvanizzato dal successo nei referendum ("che ci propone come uno strumento di alternativa di valori") sembra aver dismesso i panni del focoso oppositore. In quest'ottica, dopo anni di durissime polemiche con il centrodestra e con Berlusconi, adesso Di Pietro punta sul confronto con gli avversari politici perché, dice, "vediamo un metro più lontano rispetto agli altri alleati i quali pensano che l'unico problema sia Berlusconi". Il presidente dell'Italia dei Valori ribadisce la collocazione del partito nel centrosinistra e il diritto-dovere del Pd ad esprimere la leadership, ma a una sola condizione: "Che la eserciti". "Se non riescono a farlo - osserva ancora l'ex pm - lo facciamo noi. Ho notato un certo fastidio da parte di alcuni dirigenti dell'aspirante coalizione in prova di fronte all'attivismo dell'Idv. Non so se si tratta di invidia. Io accetto la sfida a chi fa meglio, ma rifiuto quella di chi sta più alla finestra e aspetta che cada il governo Berlusconi per governare. Di questo i cittadini sono stufi. A questi alleati dico di uscire dalla supponenza e dalla saccenza e di lavorare per il bene del Paese. Agli alleati con la puzza sotto il naso io dico di pulirsi il naso e respirare meglio. Insomma, di darsi da fare". Vendola, invece, vede nelle mosse dipietriste una manovra tutta elettorale: "Capisco il problema di Di Pietro: vede esaurito lo spazio della rincorsa a sinistra. E sceglie di ricollocarsi come ala destra del centrosinistra. In sostanza torna al moderatismo radicale delle origini. Intendiamoci, non è trasformismo: solo un riposizionamento". Infine Di Pietro replica a chi, come molti elettori del centrosinistra prima e Pancho Pardi su Repubblica poi, avevano criticato la scelta della liquidazione dell'antiberlusconismo, puntando il dito contro l'ormai famoso colloquio alla Camera tra Di Pietro e il Cavaliere 1: "Su questa cosa è stata fatta un'inutile dietrologia. Di fronte al presidente del Consiglio che mi è venuto a segnalare le cose fatte dal suo governo, cosa avrei dovuto fare? Picchiarlo? Fuggire? In privato non ci parlerei mai ma in quell'occasione gli ho detto di dimettersi". Però l'Idv, conclude l'ex pm, "è un partito che ha l'obiettivo di diventare un movimento di massa, e come tale non può parlare solo ad alcuni e non può parlare solo agli amici di Pancho Pardi". (25 giugno 2011) © Riproduzione riservata http://www.repubblica.it/politica/2011/06/25/news/pietro_vendola-18215241/ Titolo: Di Pietro, «Il mio errore su Raul Gardini Non lo arrestai per una promessa» Inserito da: Admin - Luglio 21, 2013, 05:39:18 pm INTERVISTA
«Il mio errore su Raul Gardini Non lo arrestai per una promessa» Il rammarico di Di Pietro: «Avrei potuto salvarlo. Doveva venire in Procura. Invece si sparò» «Antonio Di Pietro è il primo a lasciare l'ufficio di Borrelli. È irriconoscibile. Cammina come un ubriaco, quasi appoggiandosi ai muri». Così scrive Goffredo Buccini sul Corriere della Sera del 24 luglio 1993, il giorno dopo il suicidio di Raul Gardini. «Per me fu una sconfitta terribile - racconta oggi Antonio Di Pietro -. La morte di Gardini è il vero, grande rammarico che conservo della stagione di Mani pulite. Per due ragioni. La prima: quel 23 luglio Gardini avrebbe dovuto raccontarmi tutto: a chi aveva consegnato il miliardo di lire che aveva portato a Botteghe Oscure, sede del Pci; chi erano i giornalisti economici corrotti, oltre a quelli già rivelati da Sama; e chi erano i beneficiari del grosso della tangente Enimont, messo al sicuro nello Ior. La seconda ragione: io Gardini lo potevo salvare. La sera del 22, poco prima di mezzanotte, i carabinieri mi chiamarono a casa a Curno, per avvertirmi che Gardini era arrivato nella sua casa di piazza Belgioioso a Milano e mi dissero: "Dottore che facciamo, lo prendiamo?". Ma io avevo dato la mia parola agli avvocati che lui sarebbe arrivato in Procura con le sue gambe, il mattino dopo. E dissi di lasciar perdere. Se l'avessi fatto arrestare subito, sarebbe ancora qui con noi». Ma proprio questo è il punto. Il «Moro di Venezia», il condottiero dell'Italia anni 80, il padrone della chimica non avrebbe retto l'umiliazione del carcere. E molte cose lasciano credere che non se la sarebbe cavata con un interrogatorio. Lei, Di Pietro, Gardini l'avrebbe mandato a San Vittore? «Le rispondo con il cuore in mano: non lo so. Tutto sarebbe dipeso dalle sue parole: se mi raccontava frottole, o se diceva la verità. Altre volte mi era successo di arrestare un imprenditore e liberarlo in giornata, ad esempio Fabrizio Garampelli: mi sentii male mentre lo interrogavo - un attacco di angina -, e fu lui a portarmi in ospedale con il suo autista... Io comunque il 23 luglio 1993 ero preparato. Avevo predisposto tutto e allertato la mia squadretta, a Milano e a Roma. Lavoravo sia con i carabinieri, sia con i poliziotti, sia con la Guardia di Finanza, pronti a verificare quel che diceva l'interrogato. Se faceva il nome di qualcuno, prima che il suo avvocato potesse avvertirlo io gli mandavo le forze dell'ordine a casa. Sarebbe stata una giornata decisiva per Mani pulite. Purtroppo non è mai cominciata». Partiamo dall'inizio. Il 20 luglio di vent'anni fa si suicida in carcere, con la testa in un sacchetto di plastica, Gabriele Cagliari, presidente dell'Eni. «L'Eni aveva costituito con la Montedison di Gardini l'Enimont. Ma Gardini voleva comandare - è la ricostruzione di Di Pietro -. Quando diceva "la chimica sono io", ne era davvero convinto. E quando vide che i partiti non intendevano rinunciare alla mangiatoia della petrolchimica pubblica, mamma del sistema tangentizio, lui si impuntò: "Io vendo, ma il prezzo lo stabilisco io". Così Gardini chiese tremila miliardi, e ne mise sul piatto 150 per la maxitangente. Cagliari però non era in carcere per la nostra inchiesta, ma per l'inchiesta di De Pasquale su Eni-Sai. Non si possono paragonare i due suicidi, perché non si possono paragonare i due personaggi. Cagliari era un uomo che sputava nel piatto in cui aveva mangiato. Gardini era un uomo che disprezzava e comprava, e disprezzava quel che comprava. Il miliardo a Botteghe Oscure lo portò lui. Il suo autista Leo Porcari mi aveva raccontato di averlo lasciato all'ingresso del quartier generale comunista, ma non aveva saputo dirmi in quale ufficio era salito, se al secondo o al quarto piano: me lo sarei fatto dire da Gardini. Ma era ancora più importante stabilire chi avesse imboscato la maxitangente, probabilmente portando i soldi al sicuro nello Ior. Avevamo ricostruito la destinazione di circa metà del bottino; restavano da rintracciare 75 miliardi». Chi li aveva presi? «Qualcuno l'abbiamo trovato. Ad esempio Arnaldo Forlani: non era certo Severino Citaristi a gestire simili cifre. Non è vero che il segretario dc fu condannato perché non poteva non sapere, e lo stesso vale per Bettino Craxi, che fu condannato per i conti in Svizzera. Ma il grosso era finito allo Ior. Allora c'era il Caf». Craxi. Forlani. E Giulio Andreotti. «Il vero capo la fa girare, ma non la tocca. Noi eravamo arrivati a Vito Ciancimino, che era in carcere, e a Salvo Lima, che era morto. A Palermo c'era già Giancarlo Caselli, tra le due Procure nacque una stretta collaborazione, ci vedevamo regolarmente e per non farci beccare l'appuntamento era a casa di Borrelli. Ingroia l'ho conosciuto là». Torniamo a Gardini. E al 23 luglio 1993. «Con Francesco Greco avevamo ottenuto l'arresto. Un gran lavoro di squadra. Io ero l'investigatore. Piercamillo Davigo era il tecnico che dava una veste giuridica alle malefatte che avevo scoperto: arrivavo nel suo ufficio, posavo i fascicoli sulla scrivania, e gli dicevo in dipietrese: "Ho trovato quindici reati di porcata. Ora tocca a te trovargli un nome". Gherardo Colombo, con la Guardia di Finanza, si occupava dei riscontri al mio lavoro di sfondamento, rintracciava i conti correnti, trovava il capello (sic) nell'uovo. Gli avvocati Giovanni Maria Flick e Marco De Luca vennero a trattare il rientro di Gardini, che non era ancora stato dichiarato latitante. Fissammo l'appuntamento per il 23, il mattino presto». «Avevamo stabilito presidi a Ravenna, Roma, a Milano e allertato le frontiere. E proprio da Milano, da piazza Belgioioso dove Gardini aveva casa, mi arriva la telefonata: ci siamo, lui è lì. In teoria avrei dovuto ordinare ai carabinieri di eseguire l'arresto. Gli avrei salvato la vita. Ma non volevo venir meno alla parola data. Così rispondo di limitarsi a sorvegliare con discrezione la casa. Il mattino del 23 prima delle 7 sono già a Palazzo di Giustizia. Alle 8 e un quarto mi telefona uno degli avvocati, credo De Luca, per avvertirmi che Gardini sta venendo da me, si sono appena sentiti. Ma poco dopo arriva la chiamata del 113: "Gardini si è sparato in testa". Credo di essere stato tra i primi a saperlo, prima anche dei suoi avvocati». «Mi precipito in piazza Belgioioso, in cinque minuti sono già lì. Entro di corsa. Io ho fatto il poliziotto, ne ho visti di cadaveri, ma quel mattino ero davvero sconvolto. Gardini era sul letto, l'accappatoio insanguinato, il buco nella tempia». E la pistola? «Sul comodino. Ma solo perché l'aveva raccolta il maggiordomo, dopo che era caduta per terra. Capii subito che sarebbe partito il giallo dell'omicidio, già se ne sentiva mormorare nei conciliaboli tra giornalisti e pure tra forze dell'ordine, e lo dissi fin dall'inizio: nessun film, è tutto fin troppo chiaro. Ovviamente in quella casa mi guardai attorno, cercai una lettera, un dettaglio rivelatore, qualcosa: nulla». Scusi Di Pietro, ma spettava a lei indagare sulla morte di Gardini? «Per carità, Borrelli affidò correttamente l'inchiesta al sostituto di turno, non ricordo neppure chi fosse, ma insomma un'idea me la sono fatta...». Quale? «Fu un suicidio d'istinto. Un moto d'impeto, non preordinato. Coerente con il personaggio, che era lucido, razionale, coraggioso. Con il pelo sullo stomaco; ma uomo vero. Si serviva di Tangentopoli, che in fondo però gli faceva schifo. La sua morte per me fu un colpo duro e anche un coitus interruptus». Di Pietro, c'è di mezzo la vita di un uomo. «Capisco, non volevo essere inopportuno. È che l'interrogatorio di Gardini sarebbe stato una svolta, per l'inchiesta e per la storia d'Italia. Tutte le altre volte che nei mesi successivi sono arrivato vicino alla verità, è sempre successo qualcosa, sono sempre riusciti a fermarmi. L'anno dopo, era il 4 ottobre, aspettavo le carte decisive dalla Svizzera, dal giudice Crochet di Ginevra: non sono mai arrivate. Poi mi bloccarono con i dossier, quando ero arrivato sulla soglia dell'istituto pontificio...». Ancora i dossier? «Vada a leggersi la relazione del Copasir relativa al 1995: contro di me lavoravano in tanti, dal capo della polizia Parisi a Craxi». Lei in morte di Gardini disse: «Nessuno potrà più aprire bocca, non si potrà più dire che gli imputati si ammazzano perché li teniamo in carcere sperando che parlino». «Può darsi che abbia detto davvero così. Erano giornate calde. Ma il punto lo riconfermo: non è vero, come si diceva già allora, che arrestavamo gli inquisiti per farli parlare. Quando arrestavamo qualcuno sapevamo già tutto, avevamo già trovato i soldi. E avevamo la fila di imprenditori disposti a parlare». Altri capitani d'industria hanno avuto un trattamento diverso. «Carlo De Benedetti e Cesare Romiti si assunsero le loro responsabilità. Di loro si occuparono la Procura di Roma e quella di Torino. Non ci furono favoritismi né persecuzioni. Purtroppo, nella vicenda di Gardini non ci furono neanche vincitori; quel giorno abbiamo perso tutti». 21 luglio 2013 | 9:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA Aldo Cazzullo DA - http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_21/di-pietro--gardini-cazzullo_d4162134-f1d5-11e2-9522-c5658930a7bc.shtml |