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Titolo: ALBERTO BISIN Egregi professori, magnifici rettori
Inserito da: Admin - Ottobre 31, 2008, 03:01:15 pm
31/10/2008
 
Egregi professori, magnifici rettori
 
 
 
 
 
ALBERTO BISIN
 
La scuola italiana è una tragedia. Se le elementari appaiono lacunose soprattutto in matematica e scienze (indagine Timms, 2003), le medie superiori sono ancora peggio, specie al Sud (indagine Pisa, 2006). L’università, infine, è fallimentare sia in termini di didattica che in termini di ricerca, come ampiamente documentato ad esempio da Roberto Perotti, L’Università truccata (Einaudi, 2008). A fronte della tragedia della scuola, le discussioni di questi giorni sono invece una commedia, surreale e cacofonica. Parlano tutti assieme, confusamente, incoerentemente, a voce alta, come i concertisti di Prova d’orchestra di Fellini.

Gli studenti in piazza lamentano correttamente che l’educazione che ricevono garantirà loro un futuro senza opportunità. E così anche quei genitori e quegli anziani professori che dalla piazza sperano di aggrapparsi al traino della gioventù di figli e studenti. Ma né studenti, né genitori, né professori chiedono direttamente un sistema educativo di qualità. Chiedono piuttosto solo maggiori finanziamenti per l’educazione.

Ma non è affatto di fondi che il sistema necessita. L’Italia spende per la scuola, dalla materna alle superiori, una percentuale del Pil essenzialmente pari alla media Ocse (dati riferiti al 2005, da Ocse, Education at a Glance, settembre 2008). Per l’università la spesa annuale per studente, depurata dal numero eccezionale di fuori-corso, è addirittura inferiore solo a quella di Stati Uniti, Svizzera e Svezia.

Il ministro Gelmini, da parte sua, invoca una «scuola della serietà, del merito». Parole sante. Ma poi finisce per tagliare i fondi indiscriminatamente. Per le scuole che funzionano così come per quelle che non funzionano. Per il Nord, dove le superiori sono in media a livelli europei, così come per il Sud, dove sono peggio di molti Paesi in via di sviluppo (Pisa, 2006). Il ministro propone inoltre di trasformare le università in fondazioni. Ottimo. Ma poi prevede di garantire fondi pubblici di perequazione per le università peggiori, quelle che non riescano ad attrarre fondi privati attraverso le fondazioni stesse.

I rettori universitari minacciano le dimissioni di gruppo per protesta. Lo fanno ogni volta che sentono parlare di tagli. Nel novembre 2006 lamentavano un’insufficiente crescita del fondo di finanziamento, che avrebbe portato al «blocco degli atenei, dei servizi, la cancellazione del futuro per i nostri giovani». Oggi si legge nella mozione della Conferenza dei Rettori, approvata all’unanimità nel luglio scorso: «L’università non reggerà l’impatto. Una situazione che (...) porterà inevitabilmente l’intero sistema universitario pubblico al dissesto».

Davvero le amministrazioni universitarie non hanno alcuna colpa della lievitazione dei costi del sistema? Qualcuno ha sentito i rettori minacciare le dimissioni per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che le nuove regole per i concorsi inducano a promozioni in massa (dal 1999 al 2006 il numero di professori ordinari è cresciuto del 54 per cento)? E sul fatto che nuovi atenei sorgono come funghi nelle sedi più improbabili? E sulla proliferazione di inutili corsi di laurea? Qualcuno ha sentito i rettori minacciare le dimissioni per richiedere finanziamenti basati sulla qualità dei loro atenei? Nel 2007 la quota percentuale dei finanziamenti assegnata sulla base dei «risultati» era del 2,2 per cento; il 97,8 per cento distribuito invece sulla base della spesa storica, cioè favorendo chi ha speso di più, e non meglio, in passato.

Gli insegnanti di elementari, medie e superiori si preoccupano di difendere le proprie prerogative sindacali senza considerazione alcuna per la qualità del servizio educativo che sono pagati per offrire. Rifiutano ogni meccanismo di valutazione del proprio operato e quindi ogni meccanismo di premio per la qualità dell’insegnamento. Nel 2007, ad esempio, hanno osteggiato con successo i test dell’Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione (Invalsi), voluti dall’allora ministro Moratti.

Infine l’opposizione ha da tempo affrontato i problemi della scuola in modo ideologico, proteggendo le rivendicazioni egualitarie degli insegnanti, in effetti favorendo la mediocrità del sistema educativo. Il precedente ministro Mussi, ad esempio, ha lasciato inutilizzato il sistema di valutazione dell’università Civr, nonostante questo avesse funzionato con successo (o forse proprio per questo).

La scuola e l’università pubblica in Italia non hanno bisogno di più fondi. Hanno bisogno di fondi distribuiti in funzione della qualità. Per questo è necessario un sistema di valutazione di scuole e insegnanti, e meccanismi efficienti di incentivo basati su queste valutazioni. Purtroppo nessuno degli attori principali della commedia che si sta svolgendo oggi in Italia sembra comprenderlo.

alberto.bisin@nyu.edu
 
da lastampa.it