Titolo: Nicola Tranfaglia. Intercettazioni cosa rischiamo. Inserito da: Admin - Settembre 22, 2008, 06:43:55 pm Nicola Tranfaglia
Intercettazioni cosa rischiamo. C’è da chiedersi perché il disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche,telematiche e ambientali approvato il 13 giugno 2008 dal Consiglio dei Ministri resta così come è davanti al parlamento e la destra si prepara a farlo approvare a colpi di maggioranza. Nato in un primo tempo come decreto d’urgenza e poi trasformato in disegno di legge in quanto subito bollato da 134 professori di diritto costituzionale come uno sfregio alla costituzione repubblicana, rappresenta il tentativo di ottenere dalle opposizioni il via libera per colpire nello stesso tempo i magistrati e i giornalisti e tornare alla legislazione degli anni trenta: fine della cronaca nera e silenzio per tutti i reati che possono dar fastidio al manovratore. È semplice nella sua architettura ma nessuno dei quotidiani più diffusi nel nostro paese lo ha illustrato compiutamente ai suoi lettori. Eppure vale la pena rendersi conto di quel che significa per la vita sociale e il controllo di legalità nel nostro paese. Intanto si afferma, modificando l’attuale legislazione che il giudice ha l’obbligo di astenersi "se ha pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli". Quindi "è vietata la pubblicazione degli atti coperti dal segreto istruttorio o anche solo del loro contenuto". Inoltre "è vietata la pubblicazione,anche parziale o per riassunto o nel contenuto di atti di indagine preliminare nonché di quanto acquisito al fascicolo del pubblico ministero o del difensore, anche se non sussiste più segreto fino a che siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare. "I reati per i quali è consentita l’intercettazione sono delitti puniti con la pena dell’ergastolo o della reclusione al massimo a dieci anni; quelli di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù,alla tratta di persone, all’acquisto e alienazione di schiavi, all’associazione mafiosa e ai reati collegati alla mafia,al sequestro di persone a scopo di estorsione, al terrorismo, al saccheggio, alla devastazione, alla strage, alla guerra civile, contrabbando, corruzione propria e concussione, reati di ingiurie, minaccia, usura, molestia o disturbo delle persone con il mezzo del telefono. Mancano all’appello dei reati intercettabili quelli presenti oggi legati ai traffici di droga, armi ed esplosivi oltreché il contrabbando e quasi tutti i reati finanziari. E ci sono due forti limitazioni: ci vuole un intervento del tribunale in composizione collegiale per autorizzare. E il tempo consentito non può superare i tre mesi di tempo.E i giornalisti,come i magistrati,sono colpiti direttamente con multe e carcerazione (da 1 a tre anni di carcere) se violano le nuove norme sulle intercettazioni E risultano con estrema chiarezza le conseguenze di una legge simile se verrà approvata nell’attuale formulazione. La prima è che tre mesi,rispetto all’esperienza accumulata non solo in Italia ma in tutto il mondo occidentale,spesso non sono sufficienti per rendersi conto del crimine che si sta commettendo.In molti casi anche recenti è stato necessario intercettare per un anno soggetti dell’attività criminosa. La seconda è che l’elenco dei reati è limitativo sia perché restano fuori fattispecie criminose di notevole allarme sociale sia perché in molti casi da reati minori si arriva alla conoscenza di quelli maggiori. Basta pensare al caso della clinica di Milano in cui si è partiti dal sospetto di truffa nei confronti dell’Asl milanese e intercettando si è giunti alla scoperta di omicidi di pazienti verificatisi nell’istituto sanitario indagato.Lo stesso problema si verifica per le indagini sulle associazioni mafiose in cui si parte a volte da truffe e furti e si arriva,approfondendo l’indagine,agli omicidi. La terza conseguenza prevedibile è la reazione dei mezzi di comunicazione di fronte a una legislazione come quella prevista dal disegno di legge Alfano Il -Ghedini(né si sa tra i due chi sia davvero il ministro). Le pene previste per magistrati e giornalisti hanno una doppia funzione:da una parte impediscono a giornali e televisioni di parlare della scoperta dei reati compiute dalla polizia e dai giudici se non quando le indagini sono finite,dall’altra sono limitate a ipotesi di reati assai limitate. Il risultato è l’ abolizione pressoché completa della cronaca nera sulle testate del nostro paese e riproducono fedelmente la legislazione adottata dal regime fascista dopo il suo consolidamento nel 1925. Possibile,insomma,che, malgrado le dichiarazioni di Fini contro il fascismo e l’uscita dal modello finalmente aborrito della repubblica sociale come modello della destra,ritorniamo a una legislazione che ha alla base l’estrema difficoltà, se non impossibilità, per i giudici di intercettare i colpevoli di gravi reati,e il pericolo per i giornalisti di andare in carcere se parlano delle inchieste giudiziarie prima che si siano concluse. Vogliamo vedere quali sono i reati esclusi dalle possibili intercettazioni della magistratura.L’elenco è impressionante: truffa,violenza sessuale, violenza in famiglia,diffusione di materiale pedopornografico,corruzione di minorenne, ricettazione, rapina, estorsione, furto in appartamento, scippo, spaccio di drago, incendio boschivo, ricettazione, calunnia, reati ambientali,omicidio colposo e falsa testimonianza. Si potrebbe continuare ma quello che emerge con chiarezza è l’esclusione sistematica di reati assai gravi che possono far scoprire agli investigatori e ai magistrati reati ancor più gravi ma che sono esclusi senza possibilità di recupero da quello che è diventato in tutto il mondo uno strumento decisivo per le indagini. C’è un ultimo punto da sottolineare: la propaganda di governo ha dipinto le intercettazioni come una spesa enorme del Ministero della Giustizia, addirittura un terzo del suo bilancio. Ma si tratta di una notizia palesemente infondata perché siamo invece all’0,7 per cento di quel bilancio. Inoltre in Francia dove le intercettazioni non sono minori che in Italia (riguardano circa 20mila soggetti all’anno come nel nostro paese) il Ministero della Giustizia spende meno che nel nostro paese giacché chiede e ottiene dalle compagnie telefoniche che sono concessionarie dello stato di non pagare i canoni relativi. Non si capisce perché questo non avvenga in Italia dove la situazione è del tutto simile ma il governo Berlusconi non è in grado di spiegarlo alle Camere. Pubblicato il: 22.09.08 Modificato il: 22.09.08 alle ore 7.40 © l'Unità. |