LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => L'ITALIA DEMOCRATICA e INDIPENDENTE è in PERICOLO. => Discussione aperta da: Admin - Settembre 09, 2008, 05:45:45 pm



Titolo: Berlusconi all'attacco del Pd E da grande punta al Quirinale
Inserito da: Admin - Settembre 09, 2008, 05:45:45 pm
da Marco Travaglio



Lui è pronto

"Serve una nuova generazione di politici cattolici dotati di grande rigore morale... capaci di coltivare le virtù della fedeltà, della dignità, della riservatezza, della sobrietà e del senso del dovere... contro il consumismo e gli idoli del guadagno e del successo... in difesa della famiglia, oggi minacciata da troppi divorzi..." (Papa Benedetto XVI, Cagliari, 7 settembre 2008)

"Sono pronto a mettere in lista per le regioni e al governo le nuove leve di credenti che ci verranno indicati... Ringrazio il santo padre per l'incoraggiamento alla nostra azione di governo" (Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, Cagliari, 7 settembre 2008).


Berlusconi - ... Senti, tu mi puoi fare ricevere due persone...
Saccà - Assolutamente...
Berlusconi - ... Perché io sono veramente dilaniato dalle richieste di coso...
Saccà - Assolutamente...
Berlusconi - Con la Elena Russo non c'era più niente da fare? Non c'è modo...?
Saccà - No... c'è un progetto interessante... adesso io la chiamo...
Berlusconi - Gli puoi fare una chiamata? La Elena Russo; e poi la Evelina Manna. Non c'entro niente io, è una cosa... diciamo... di...
Saccà - Chi mi dà il numero?
Berlusconi - Evelina Manna... io non ce l'ho...
Saccà - Chiamo...
Berlusconi - No, guarda su Internet...
Saccà - Vabbè, la trovo, non è un problema... me la trovo io...
(da una telefonata intercettata dalla procura della repubblica di Napoli fra Silvio Berlusconi e l'allora direttore di Raifiction Agostino Saccà il 21 giugno 2007).


"Berlusconi è un grande innovatore con un'energia disumana per il lavoro. Ma anche con il passatempo della gnocca" (Evelina Manna, attrice, intervista a "Libero", 5 settembre 2008).

(9 settembre 2008)

da repubblica.it


Titolo: Fnsi: «Cè la volontà di affievolire la capacità di ricerca della verità»
Inserito da: Admin - Settembre 12, 2008, 10:38:30 pm
Fnsi: «Cè la volontà di affievolire la capacità di ricerca della verità»

Perquisita redazione dell'Espresso

Guardia di Finanza anche nelle abitazioni dei due giornalisti che si sono occupati dell'immondizia a Napoli



ROMA - La Guardia di finanza di Napoli ha perquisito la redazione de "L'Espresso" e le abitazioni e il luogo di lavoro dei giornalisti dell'Espresso Gianluca De Feo ed Emiliano Fittipaldi. I redattori del settimanale si sono occupati dello smaltimento dei rifiuti in Campania.

FNSI: «INACCETTABILE» - «È davvero inaccettabile» ha sottolineato il Segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi. «Comprendiamo che l'attività della magistratura sia in questa fase in una situazione delicata ma non possiamo accettare che l'attività giornalistica di inchiesta venga trattata come fosse illegale e sotto tutela. Ci pare che fin troppo chiaro - ha proseguito Siddi - il tentativo di affievolire la capacità di ricerca della verità da parte dei giornalisti. Sono ormai, infatti, troppi in questi mesi gli interventi sui colleghi e sulle redazioni. Abbiamo immediatamente chiamato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, per esprimergli tutto il nostro disappunto sull'accaduto e per chiedergli un incontro urgente».


12 settembre 2008

da corriere.it


Titolo: Fini: La destra si riconosca nei valori dell'antifascismo (cambio di pelo? ndr)
Inserito da: Admin - Settembre 13, 2008, 11:40:19 am
Fini: «La destra si riconosca nei valori dell'antifascismo»


Chi è democratico «è a pieno titolo anti-fascista» e la destra deve riconoscersi nell'antifascismo.

Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ospite di 'Atreju 08', la festa organizzata dai giovani di An a Roma, di fronte al Colosseo.

La terza carica dello Stato ha sottolineato che «la destra politica italiana e a maggior ragione i giovani devono senza ambiguità dire alto e forte che si riconoscono in alcuni valori presenti nella nostra Costituzione, come libertà, uguaglianza e solidarietà o giustizia sociale.

Sono tre valori che hanno guidato il cammino politico destra e ribadire che la destra vi si riconosce è un atto doveroso».

«Se in Italia - ha aggiunto Fini - non è stato così agevole, è perché non c'è stata una destra in grado di dire che ci riconosciamo in pieno nei valori anti-fascisti».





Pubblicato il: 13.09.08
Modificato il: 13.09.08 alle ore 11.31   
© l'Unità.


Titolo: Bolzaneto, la morte della dignità - Storie dal massacro della democrazia
Inserito da: Admin - Settembre 13, 2008, 05:31:34 pm
CRONACA     

Un libro di Massimo Calandri sui fatti del G8: il dolore e le umiliazioni nel racconto delle vittime dei pestaggi: un lavoro su documenti inediti

Bolzaneto, la morte della dignità

Storie dal massacro della democrazia

di MASSIMO CALANDRI


 GENOVA - L'85 per cento delle 252 vittime di Bolzaneto non andava neppure fermato. E chissà se i ragazzi torturati - che ci sia stata tortura lo dice la recente sentenza - sono stati 'solo' 252: dagli interrogatori e dalle interviste ne spuntano altri, finora sconosciuti. Arriva oggi in libreria "Bolzaneto. La mattanza della democrazia" (DeriveApprodi, pp. 256, euro 15), primo libro "vero" sul massacro nella caserma di Genova-Bolzaneto durante il G8 del 2001. Vero perché parte dalla sentenza del luglio scorso. Vero perché l'autore, Massimo Calandri di Repubblica, ha raccolto atti in gran parte inediti e ha aggiunto col suo lavoro, ricostruzioni, interviste e racconti. Una documentatissima prefazione di Giuseppe D'Avanzo rende perfettamente il clima e spiega i retroscena. Un lungo filo rosso per capire come mai, oggi, in Italia, possano esistere torturatori e torturati. (r. n.)

Ecco, di seguito, un estratto del secondo capitolo.


La torta al cioccolato

Quando mi hanno presa per un braccio. E' in quel momento che tutto ha avuto inizio. Una mano mi ha afferrata forte, poco sotto la spalla. In realtà non ho sentito vero dolore. Cioè, niente che poi abbia lasciato lividi, o graffi, un qualche arrossamento della pelle. Nessun segno, davvero. Però una sensazione precisa e strana. Qualcosa di buio. Un male profondo. Come l'alito d'una bestia crudele. Come una scossa elettrica. Come una puntura velenosa. E' cominciato esattamente allora, mi ricordo bene. Non un minuto prima. Non quando mi hanno legato le mani dietro la schiena. Neppure quando la poliziotta mi ha colpita con un pugno. Mi si è avvicinata e credevo sorridesse, ho pensato: finalmente, una donna. Lei capirà, mi porterà via. Invece le orecchie hanno cominciato a ronzare. Il sapore ferroso del sangue in bocca. Non è stato quando mi hanno portata via, in quell'auto senza sedili. La testa che sbatteva da una curva all'altra. L'aria che mancava. Ma non è stato allora. Posso giurarlo. Perché il male è arrivato dopo. Dopo, quando la macchina è arrivata a Bolzaneto. Dopo, quando mi hanno presa per un braccio.

Valérie Vie è stata la prima a violare la Zona Rossa. La prima ad essere arrestata. La prima a venire accompagnata nel carcere provvisorio genovese.
Caserma Nino Bixio, Bolzaneto. Era in cucina, stava preparando una torta al cioccolato per i figli, guardava la televisione. Ha visto quelle grate assurde. E tre giorni più tardi, alle 15.30 di venerdì 20 luglio 2001, una mano l'afferra forte.

Qualcuno che mi prende, che mi trascina fuori dall'auto della polizia. Siamo arrivati, è chiaro. Attraverso i vetri ho intravisto un piazzale e quella che mi sembrava una piccola folla. Ero confusa, spaventata. Si è aperta la portiera. Quella sulla destra. E mi hanno afferrato. Era una splendida giornata di sole, il riverbero mi ha costretto a chiudere gli occhi. Non so quando sia durato, quanto dura di solito? Un paio di secondi. Uno, due. Buio. Luce. Intorno a me vedo solo uomini. Immobili. Come una folla dipinta in una piazza dipinta. In borghese, in divisa. Intorno alla macchina, sui gradini di un edificio poco lontano. Potrebbero essere cinquanta, o forse mille. Vorrei contarli ma non ci riesco. Mi guardano tutti, nessuno apre bocca. Non arrivano segnali e allora provo io a pensare, ad essere razionale. E quello che mi viene in mente è paradossale. Perché razionalmente vedo dei manichini. Quei guerrieri di terracotta cinesi, è chiaro di cosa sto parlando? Non umani. Senz'anima. E' una situazione assurda, mi dico. E la cosa più assurda è proprio quel silenzio. E' un film, è un palcoscenico, è una presa in giro? Perché quegli uomini mi guardano così? Scarto subito l'idea di essere diventata sorda.
 
Nelle orecchie mi è rimasta l'eco della portiera della macchina che si chiude. Vedo delle aiuole poco lontano, e con tutto quel sole per una frazione di secondo immagino di ascoltare le cicale. Magari il canto di un uccellino. Invece no. Solo il silenzio. Gli sguardi su di me. Manichini, statue. E quella mano che mi tiene stretta. Che si impadronisce di me. L'inquietudine arriva così, mi sembra di sentire addosso l'odore del pericolo. Io sento che sta per cominciare qualcosa di pericoloso.

Valérie non sa di essere il primo prigioniero del G8. Valérie non sa nulla. E' un alieno, per tutti quegli agenti che l'attendevano. E che ora la scrutano, l'annusano. Sospettosi, ancora prudenti ma avidi di capire. Ci vorrebbe un bastone, per toccarla. Meglio una lunga canna. Per irretirla, ed osservarne la reazione. Come si fa con un animale sconosciuto. Con un nemico. I tre lunghi giorni di Bolzaneto stanno per cominciare.

La poliziotta e il suo collega, quelli che mi avevano portato fino lì, sembrano spariti. Forse la macchina è già andata via, io ormai sono entrata in un'altra galassia. E c'è questo agente grande e grosso. Che mi tiene forte. Che naturalmente non parla. Mi spinge in direzione di un edificio di fronte a me. La sensazione di paura sembra salire, e allora mi ripeto di stare calma. Adesso arriverà un ufficiale, recito mentalmente. Mi chiederà i documenti e gli spiegherò tutto. Speriamo sia una persona giovane, speriamo che capisca. Lo scoprirò subito, mi dico, me ne accorgerò dalla sua espressione. Ma capirà, ne sono certa. E fra dieci minuti sarò fuori di qui. Mezz'ora, al massimo.


***************


Ecco, è entrata. Ma nessuno le rivolge la parola. Nessuno rompe quel silenzio assurdo. Valérie adesso è in cella, il volto contro il muro.

E allora aspettiamo, dico. Forse dovranno parlare con quelli che mi hanno fermato, forse stanno cercando un interprete. O magari l'ufficiale sta riposando. Con questo caldo... Sicuro, dev'essere così: stava riposando. Ora hanno bussato alla sua stanza, lui si riveste e scende. Scende fino alla cella, mi stringe la mano e mi chiede: cosa è successo, madame?
Passano i minuti. Silenzio. Silenzio. Silenzio.

Sono così immersa nei miei pensieri. Così immersa, distante. Rifletto su quanto sia grottesca questa situazione. Perché la ragione ancora prevale. Sono così immersa - dico - che neppure mi accorgo che nella cella adesso c'è un'altra persona. E' una ragazza. Giovane, meno di trent'anni. Bionda, forse tedesca. Mi dà le spalle. Sembra sussultare. Ma cosa fa, piange? Piange, singhiozza. Provo a comunicare in inglese, che ti è successo? Appoggia la fronte al muro, e piange.

Non fare così, non siamo nel Medioevo. Trema. Avanti, staccati da quel muro, va tutto bene. Va tutto bene, non avere paura. No. No, mi risponde. Non va tutto bene. Lasciami così, ti supplico. Mi hanno ordinato di stare così. Faccia contro il muro, gambe divaricate, faccia contro il muro. Ti hanno ordinato? E fai attenzione, bisbiglia: mettiti così anche tu, altrimenti saranno guai. Vorrei rispondere a questa ragazza, vorrei spiegarle che non c'è motivo di preoccuparsi.

Vorrei prometterle che non siamo in pericolo, vorrei abbracciarla. Ma non muovo un muscolo. Ma non mi esce una sola parola di bocca. Anche io, adesso, sto in silenzio. Paralizzata. Perché temo di aver compreso. Perché adesso sono consapevole che la situazione è molto più grave di quanto avessi immaginato. Perché qualche minuto dopo arriva e mi prende, senza nessun motivo. Il terrore.


***********


Da dove dovrei cominciare? Dalla stretta al braccio, d'accordo. Perché quello è l'inizio di tutto. Ma dopo, dico. Devo raccontare le manganellate. Oppure gli schiaffi, i calci. L'umiliazione di spogliarsi davanti a uomini e donne che ridono di te. Che ti guardano, che scrutano ogni centimetro del tuo corpo, che ti penetrano con i loro occhi. Tu sei nuda, e ti senti così fragile. Sola. E tutto intorno a te è sporco, corrotto, nero. Appoggi i piedi sul pavimento e ti fa schifo, ti spingono da una parte all'altra e ti fa schifo, ti ticono alza braccia, e girati, e allarga le gambe, e accucciati e ti fa schifo. Vorresti solo gettarti a terra, perdere conoscenza. Dormire. E scoprire che era tutto un sogno. Forse potrei parlare di uno, che era finito lì dentro solo per essere identificato. Voleva il suo nome, tutto qui. L'hanno picchiato, l'hanno umiliato. E poi: scusa tanto, è tutto a posto. Puoi andare. Quella è l'uscita. E lui è andato fuori, e non sapeva che fare.

Era buio, non c'erano indicazioni. E' tornato indietro. Gli hanno detto: tranquillo, vai a destra e cammina per un paio di chilometri. Troverai il centro. Naturalmente, era dall'altra parte che doveva andare. O devo dire del sangue, di ragazzi grandi e grossi che piangono e tremano, che obbediscono terrorizzati - come automi - ad ogni ordine. Della notte passata abbracciati, a darci un po' di coraggio. E quei mostri che trascinano i loro caschi contro le sbarre delle celle, o s'affacciano all'improvviso alla finestra e cominciano ad urlare. A fare versi di animali. A grugnire come maiali. E a ridere.


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No, forse è meglio tornare ancora indietro. Scappare via con l'orologio del tempo. Facciamo che siamo ancora all'inizio del pomeriggio di venerdì. Che non mi hanno portato a Bolzaneto. Che sono in piazza Dante, insieme ai francesi di Attac e a centinaia di persone che protestano. Davanti a noi, quelle stupide grate.

L'obiettivo lo sapete. Volevamo ritrovarci, e dire che un altro mondo è possibile. Volevamo entrare, oltre la Zona Rossa, volevamo spiegare a tutti i politici che non è vero quello che dicono. Non è vero che non ci sono alternative. Perché loro si giustificano così: purtroppo non possiamo fare altro, amici, compagni, sarebbe bello cambiare - siamo tutti d'accordo, miei cari: chi non vorrebbe un mondo migliore - ma disgraziatamente non ci sono alternative. Invece no.

Si può cambiare, eccome. E loro lo sanno benissimo. Dunque, volevamo entrare. Abbiamo cominciato a spingere, a spingere. Come è successo che sono stata la prima? Beh, è abbastanza semplice da raccontare. Avete presente un barattolo di quelli sotto vuoto? Marmellata, verdure sott'olio, conserva di pomodoro.

Fa lo stesso. Allora: c'è questo barattolo, e naturalmente non si apre. Chiami tuo marito, che prova a svitarlo. Non ce la fa, s'arrabbia. Chiede uno straccio da avvolgere, perché scivola. Ci riprova. Bestemmia. Niente da fare. Arriva un altro uomo. Il nonno. Svita, svita. Niente. Ma dove ce l'hai la forza, ma lascia fare a me, ma passami questo barattolo. Arriva il figlio maggiore, il fratello. Insomma. Uomini, uomini, uomini. Quando il più intelligente di loro - sconfitto, esasperato - propone di prendere le pinze o peggio ancora un martello, sai che tocca a te. Che ci devi riprovare tu. E il barattolo - tlac! - magicamente si apre. Bastava ancora una piccola pressione. Ecco, quel pomeriggio è andata così. Che hanno spinto in quattrocento per più di un'ora. E ad un certo mi sono trovata lì, davanti a tutti. Ho appoggiato le mani e la grata di è aperta. Tlac. Come un barattolo di marmellata.


*************


A Bolzaneto sono arrivata venerdì pomeriggio. Me ne sono andata domenica notte. Mi hanno fatto male. Male dentro. E perché? Perché avevo fatto un passo in avanti, a braccia alzate. Ho visto un ragazzo per terra in un corridoio. Privo di conoscenza. Era a faccia in giù, in una posizione così innaturale - come disarticolato - che ho pensato: questo è ubriaco fradicio. Lo so che è una sciocchezza, però ho pensato che fosse sbronzo. E poi ho scorto il sangue che gli usciva dalle orecchie. Fuori dalla cella ne ho visto pestare uno di brutto. Pugni, calci, bastonate.

Sembrava un fantoccio, ad un certo punto ha smesso persino di provare a ripararsi dai colpi con le braccia. Uno dei poliziotti ha 'sentitò che qualcuno li stava osservando. Ha alzato lo sguardo, ha incrociato il mio. E' entrato in cella come una furia, mi ha preso per il collo, mi ha sbattutto con la faccia al muro. 'Ti ho detto che devi stare ferma!', ha ringhiato. Ho pianto. Ho pianto perché avevo vergogna di me stessa. Perché quando sono entrata in quella prigione ho guardato con stupore quella ragazza che mi diceva di stare zitta e buona. L'ho giudicata. Qui non siamo nel Medioevo, tu sei un essere umano, dov'è la tua dignità? Ma mezz'ora più tardi ero come lei. Stavo zitta, e pensavo solo a sopravvivere. E questo è il male più grande che mi hanno fatto, perché quel rimorso me lo porto dentro. Ce lo portiamo dentro tutti.


************


Dove ero rimasta? La griglia che si apre di mezzo metro. Giusto lo spazio per infilarmi. Diciamo che è stato come essere a teatro. Le tende che si aprono, il palcoscenico. S'accendono le luci. Tutti hanno fatto un passo indietro, ma qualcuno doveva entrare in scena. E' toccato a me. Ho pensato che avevamo vinto. Che bastava fare ancora un piccolo passo per smascherare questa parodia. Ho capito che era l'istante da vivere. E' stato come quando vedi dei bambini che attraversano la strada. E tu fai un passo in avanti, istintivamente.

Ero a fianco di Joseph Bové, dietro di me c'era una delle madri di Plaza de Mayo. Ho fatto un passo ed ero felice. Nell'altro mondo. Nella Zona Rossa. Non so quanto tempo sia passato. Qualche secondo, credo. Sono arrivati degli uomini in divisa, con i caschi e le maschere anti-gas. Mi hanno portato lontano, io ho alzato le braccia perché tutti mi vedessero. Perché tutti mi seguissero. E' fatta, mi sono detta. Adesso anche gli altri entreranno da nuovi varchi. Adesso gli abbiamo dimostrato come erano ridicoli, con queste barriere, con le loro assurde gabbie. Adesso ci riceveranno i rappresentanti degli Otto. Parleremo, parleremo, parleremo. Capiranno l'assurdità di questo isolamento. Adesso succederà tutto questo. Invece no.

E' alta, sottile, ha modi gentili e pacati. Valérie avuto un'infanzia difficile, dice. Oggi ha quarant'anni, tre figli. Vive non lontano da Avignone, fa la giornalista. Nella sua famiglia ci sono stati molti poliziotti, conosce bene i meccanismi di chi veste la divisa.

Me ne ricordo uno, a Bolzaneto. Credo sia quello che ha avuto la condanna più pesante. Aveva una faccia da brav'uomo. Gli occhi chiari, lo sguardo fermo. Robusto, calvo. Sapeva un po' di francese. Uno con cui si potrebbe parlare a lungo. Ma lontano da quella caserma. Là dentro mi ha preso il passaporto, lo ha sfogliato. Mi ha mostrato le fotografie dei bambini. 'Li vuoi davvero rivedere? Allora firma questo verbale.

Altrimenti gli puoi dire addio'. Così mi ha detto, quel brav'uomo. Voleva farcela pagare, ecco. Non mi chiedete perché. Voleva punirci. Lui, gli altri. Dicevano: i 'rossì li trattiamo così, in Italia. Chiedevi un avvocato e si mettevano a ridere. 'Devi firmare', mi diceva. Con quegli occhi dolci. Quel sorriso paterno.

Non lo sapevo di essere la sola, dentro la Zona Rossa. Non lo sapevo che avevano subito chiuso il varco, che li avevano ricacciati indietro. Non lo sapevo che mi avrebbero portato a Bolzaneto. Non lo sapevo ed ero tranquilla. Anche se mi guardavano male, anche se mi spintonavano lontano da lì. Mi hanno consegnato a degli agenti in borghese, poi è arrivata quella strana macchina. E la poliziotta. Che mi ha tirato un bel pugno in bocca, senza motivo. Mi hanno legato le mani dietro la schiena, e sono finita in macchina, Una strana vettura, senza sedili, con dei vetri scuri. Avevo la sensazione di soffocare, ma un secondo agente, quello che si è messo al volante, mi ha fatto segno che sul pavimento c'erano dei buchi per l'aria. Abbiamo attraversato la città, ho scorto il centro storico e il porto di Genova. Mi sono commossa, mi è sembrata una città bellissima e ho pensato come sarebbe stato bello venirci per un gita. Forse era esattamente questo, che i poliziotti avrebbero voluto dirmi: qui non ci dovevi venire, per manifestare. Sei venuto, e ora ti meriti tutto ciò. La prossima volta vieni per visitare la città, sarà meglio.

(13 settembre 2008)

da repubblica.it


Titolo: Diaz, i pm: i capi? Responsabili come i criminali nazisti
Inserito da: Admin - Settembre 17, 2008, 11:47:32 pm
Diaz, i pm: i capi? Responsabili come i criminali nazisti



La Diaz dopo l'irruzioneTra un mese, o poco più, finalmente sapremo che ne sarà dei 29 poliziotti che il 21 luglio del 2001 fecero irruzione alla scuola Diaz, dove dormivano i manifestanti del Genoa Social Forum. Riprende infatti a Genova il processo contro gli agenti accusati a vario titolo di violenza privata, lesioni gravi, falso, calunnia, arresto illegale. Nel luglio scorso, al termine della requisitoria, i pubblici ministeri Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini hanno chiesto 28 condanne per complessivi 109 anni e 9 mesi di reclusione e una sola assoluzione.

In particolare, quattro anni e 6 mesi sono stati chiesti per Francesco Gratteri e Giovanni Luperi, oggi tra i vertici dell'antiterrorismo e dei servizi segreti, nel 2001 rispettivamente direttore dello Sco e vice direttore dell'Ucigos. Secondo la tesi dell'accusa, i due dirigenti, nel 2001 più alti in grado nella catena di comando, avrebbero truccato le prove (ad esempio piazzando due bottiglie molotov nella scuola) e falsificato i verbali per giustificare la «macelleria messicana», come venne definita l'irruzione dal vicequestore Massimo Fournier, anche lui imputato nell’inchiesta.

Ed è proprio ai dirigenti Gratteri e Luperi che i pm Zucca e Albini Cardona rivolgono le parole più dure della requisitoria di mercoledì. Per spiegare il loro ruolo nell’irruzione alla Diaz, infatti, i pm citano la sentenza della Cassazione sull'eccidio nazista di Sant'Anna di Stazzema del 1943. Secondo i pubblici ministeri, per «comprendere il ruolo avuto dagli imputati ed individuare l'eventuale livello di responsabilità, è utile riferirsi alla teoria della responsabilità di comando elaborata dal diritto internazionale penale». Gli elementi di questa teoria, infatti, nel caso di Gratteri e Luperi, «sono presenti nella loro totalità: nell'operazione alla Diaz – affermano i pm - i comandanti hanno una posizione di supremazia assoluta sui subordinati e gli atti criminosi sono commessi dal personale operativo alle loro dirette dipendenze». Insomma, le responsabilità di quella notte, certamente sono anche loro.

«In una compagine militare – si legge tra le altre cose nella sentenza sull’eccidio nazista di Sant’Anna di Stazzema – l’organizzazione gerarchica ed il vincolo della disciplina costituiscono connotazioni funzionali al raggiungimento del fine operativo. Rispetto a quest’ultimo, ciascun appartenente è chiamato a dare, secondo il proprio grado ed il proprio incarico, un contributo che, conseguentemente, in caso di commissione di crimini da parte della compagine, è apprezzabile da un punto di vista penale in termini di concorso».


Pubblicato il: 17.09.08
Modificato il: 17.09.08 alle ore 21.29   
© l'Unità.


Titolo: Berlusconi «IO ANTIFASCISTA? PENSO SOLO A LAVORARE»
Inserito da: Admin - Settembre 18, 2008, 12:01:47 am
Il premier ALLA costituente del Pdl: «IO ANTIFASCISTA? PENSO SOLO A LAVORARE»

Berlusconi: Veltroni nei fatti è inesistente

«Per dialogare con loro dovrà passare un'altra generazione. Oggi sono posseduti dall'odio di classe»

 
 
ROMA - «Veltroni? Aveva cominciato bene, ma nei fatti è adesso del tutto inesistente». Questo l'affondo del premier Silvio Berlusconi sul segretario del Pd, secondo quanto riferiscono fonti presenti all'incontro del comitato costituente del Pdl, che si sta svolgendo a porte chiuse al Tempio di Adriano, a Roma.

Per il premier «la sinistra ha scelto la vecchia linea e i vecchi vizi della sua provenienza storica». «Dimentichiamo ogni speranza di poter collaborare con loro. Dovrà passare ancora un'altra generazione, visto che oggi sono posseduti solo da invidia e odio di classe». «Questa sinistra - avrebbe sottolineato il premier secondo quanto viene riferito - non è capace né di fare opposizione né di governare. È semplicemente deludente e con loro non si potrà neanche collaborare».

«GOVERNEREMO A LUNGO» - «Il Pdl sarà una forza politica aperta, punto di riferimento per tutti gli elettori attraverso sedi locali, siti internet e circoli che manterrei vivi» ha detto il Cavaliere parlando ai cento costituenti del Pdl. «Ho letto - ha aggiunto il presidente del Consiglio - che qualcuno di voi ha detto che con il bipolarismo si arriva all'alternanza al governo. Ma quale alternanza, saremo noi a governare a lungo». Al Tempio di Adriano Berlusconi avrebbe anche fatto ancora una volta riferimento ai sondaggi, parlando un «apprezzamento record» nei confronti del governo dal lui guidato: «Siamo al 63,7%» ha specificato il premier. «Siamo una forza politica - ha aggiunto - che non si ferma al 42% ma deve andare a recuperare coloro che non si riconoscono in questa sinistra che ha profondamente deluso gli italiani».

ANTIFASCISMO - Il presidente del Consiglio, tra le altre cose, ha liquidato i cronisti che gli chiedevano se si dichiarerebbe antifascista con poche battute. «Io penso solo a lavorare per risolvere i problemi degli italiani» ha tagliato corto il premier.

«STOP AL CHIACCHIERICCIO» - Ai cento membri del comitato costituente del Pdl, Berlusconi ha suggerito di «lavorare in fretta e per il futuro».«Dimenticate di fare interviste e adottate una regola di condotta: parlare soltanto nelle conferenze stampa convocate presso i Ministeri. Ricordate che molti di voi sono a capo delle istituzioni, occorre mettere fine alla politica del chiacchiericcio e delle parole» è stato l'invito del premier.

LISTE - Da Berlusconi anche un accenno alle Europee: «Lo sbarramento più logico è al 5 per cento, per avere nel Ppe una grande maggioranza relativa capace di orientare la politica dell'Unione Europea» ha detto il Cavaliere, ribadendo la preferenza per liste bloccate, meccanismo in grado di «selezionare autorevoli esponenti politici».


17 settembre 2008

da corriere.it


Titolo: Berlusconi all'attacco del Pd E da grande punta al Quirinale
Inserito da: Admin - Settembre 20, 2008, 10:45:01 am
IL RETROSCENA. Telefonate registrate ma non utilizzabili nel processo

L'Anm: "Ipotesi inaccettabile". Di Pietro: "E si si trova una prova, si butta via?"

Intercettazioni senza controllo ecco il nuovo piano del premier

di LIANA MILELLA


 ROMA - Quando parla, in commissione Giustizia, lo ascoltano in quattro. La leghista Lussana che presiede (la Bongiorno è a Brescia per difendere la Forleo), il centrista Rao, la radicale Bernardini, la democratica Concia. La "bomba" di Niccolò Ghedini sulle intercettazioni, raccontata in giuridichese stretto come lui è solito fare, non viene avvertita in tutta la sua distruttiva potenza per il futuro delle indagini, per l'esito dei processi, per le garanzie dei cittadini, per le tasche dei contribuenti. Un fatto è certo: da ieri, il ddl del governo sulle intercettazioni, varato il 3 giugno e firmato dal Guardasigilli Angelino Alfano, non c'è più. Ben altro vuol fare Berlusconi.

Vediamo cosa, con le parole del suo avvocato-consigliere giuridico. Che, con un filo di voce (è quasi afono per via d'una corrente d'aria), ne spiega la strategia: "Il problema è garantire la privacy e bloccare l'uscita delle intercettazioni sui giornali. Per farlo basta ampliare l'ambito di quelle preventive, che non sono mai trascritte e non finiscono nel processo. Per quello si dovranno usare altri strumenti investigativi. Potranno coprire tutti i reati previsti oggi, il pm potrà chiederle al procuratore generale della corte d'appello, non ci sarà più l'iniziativa del ministro dell'Interno". E le altre intercettazioni, quelle che servono per condannare o assolvere l'imputato? Ghedini: "Saranno possibili solo per reati gravi e gravissimi".

Riecco l'idea del Cavaliere, che ne fa un tam tam da mesi. Via la corruzione? Ghedini sfuma: "Ne discuteremo". Quindi, in futuro, i telefoni saranno ascoltati dalla polizia senza il controllo del giudice, e senza che, una volta indagato, il soggetto lo sappia e possa rileggere cosa ha detto. Ghedini: "Sulle attuali intercettazioni preventive nessuno ha mai avuto nulla da ridire, né sono mai uscite sui giornali". Strumento garantista? No, dei servizi segreti e della polizia.

Quando descrivi il progetto al presidente dell'Anm Luca Palamara lui ti chiede basito: "Ma è proprio vero?". Poi acchiappa il codice di procedura penale, le norme di coordinamento, l'articolo 226, lo legge e lo rilegge. Lì si disciplinano "intercettazioni e controlli preventivi sulle comunicazioni". C'è scritto che il ministro dell'Interno, o in sua vece 007 e polizie, possono chiedere al procuratore un ascolto qualora siano "emerse esigenze di prevenzione" per reati come mafia e terrorismo. Solo per quelli. Al sì del magistrato, gli ascolti durano 40 giorni, possono essere rinnovati per altri 20 e così via se l'allarme continua. Ma, si noti bene: "In ogni caso gli elementi acquisiti attraverso le attività preventive non possono essere utilizzati nel procedimento penale, fatti salvi i fini investigativi". Delle conversazioni, "immediatamente distrutte" resta solo un "verbale sintetico".

Dice Palamara: "È inaccettabile. Se si va avanti su questa strada le indagini sfuggiranno del tutto di mano al giudice. Ci sarà un grave abbassamento delle garanzie. Si rischierà di scivolare verso uno stato di polizia". Stroncatura pesante e ragionata. "Accostare le intercettazioni legali a quelle preventive è pericoloso perché esse sono estranee al processo penale in quanto prive di ogni valore ai fini processuali. Tutto quello che sarà ascoltato non potrà essere usato come mezzo di prova". Il presidente dell'Anm vede contraddizioni e intuisce un progetto che non gli piace affatto: "Prima parlano di troppe intercettazioni e troppo care. Poi ne ipotizzano altrettante, ugualmente costose, per giunta inutili per condannare qualcuno. Un doppio spreco e senza garanzie per chi finisce sotto controllo. Se poi il pm perde pure il controllo sulla polizia giudiziaria il cerchio si chiude definitivamente". Disegno chiaro: polizia sganciata dal pm, polizia con pieni poteri sulle intercettazioni, polizia dipendente dal Viminale, indagini di fatto sotto il controllo dell'esecutivo. Magistratura fatta fuori. Addio reati "scomodi".

Neppure Antonio Di Pietro vuole crederci. Gli pare "troppo" pure per Berlusconi. "Sarà una proposta estemporanea. Se fosse vera avrebbe grossi problemi costituzionali. Solo nelle dittature si può intercettare senza controllo. Sarebbe un'ipotesi troppo restrittiva per il pm, perché riduce l'area degli ascolti consentiti e utilizzabili nel processo, e troppo estensiva, perché amplia a dismisura quelle preventive. Davvero pensano che se nei testi ci fosse la prova d'un omicidio o d'una corruzione dovrei buttare via tutto?". Sì, proprio così, per Ghedini e il premier i processi non si devono più fare con le intercettazioni. Le farà la polizia in segreto, relazionerà al pm "se" lo ritiene opportuno. Tanto poi si ricomincia daccapo con altri mezzi di prova.

(20 settembre 2008)

da repubblica.it


Titolo: La destra all'attacco di Blunotte
Inserito da: Admin - Settembre 20, 2008, 11:58:42 pm
La destra all'attacco di Blunotte

Toni Jop


Tocca a Lucarelli fare la fine di Biagi, di Luttazzi, di Santoro, di Sabina Guzzanti? Speriamo di no, ma giusto in questi giorni la sua trasmissione Blunotte è sotto il tiro della destra. Per chi non segue, ricordiamo che l’autore e scrittore affronta su Raitre una quantità di temi «pesanti», che hanno cioè una ricaduta sensibile sulla coscienza di questo paese. Lucarelli lavora sulla storia, e siamo già in area critica. In aria di scomunica, Blunotte ha ficcato il naso nelle vicende del G8 di Genova, negli anni Settanta, sempre nel tentativo di garantire nuova luce, nuove informazioni in un racconto che non risparmia niente e nessuno. Piace al pubblico che segue con buona fedeltà la trasmissione, i suoi «viaggi», dispiace a pochi, ma quei pochi contano. È recente il fatto che il sottosegretario alle comunicazioni, Paolo Romani, si sia sentito di formulare, nei confronti del programma, il giudizio di «faziosità». Non dice dove e perché Lucarelli avrebbe sbagliato, o ceduto a una lettura distorta degli argomenti trattati, dice «fazioso», ossia non equilibrato, tutto da una parte. Infatti, Romani trova eco nelle parole di Enzo Raisi, esponente di An, che bolla il lavoro di Lucarelli come «privo di equilibrio e di ogni verità».

Ce n’è abbastanza, anche perché gli appunti non sono circostanziati e, per esperienza, non c’è accusa più pericolosa di una freccia generica. L’autore non sembra colpito: «Per quanto mi riguarda - commenta - mi sento in obbligo di tenere presente il pubblico della mia trasmissione: un paio di milioni e passa se la guarda da casa, altri tre milioni su Internet. Poi, ogni critica è bene accetta, ovviamente. Ciascuno è libero, e ci mancherebbe, di pensare e di criticare come gli pare e piace. Semmai mi dispiace che le osservazioni non siano scese in profondità, che nessuno mi abbia detto “hai sbagliato qui, non hai tenuto presente questo, hai travisato quest’altra cosa”. Come faccio a prendere in considerazione un giudizio così generico, così totale? Ma a parte queste uscite, mi sembra che non si muova altro; nessuno, in Rai, mi ha fatto capire che la cosa non va, tutto tranquillo, insomma, non ho paura». Stiamo parlando del Paese che si è visto decapitare intelligenze, conduzioni e contenitori in tv in virtù di un «editto bulgaro» pronunciato dall’attuale presidente del Consiglio sulla base di giudizi che non andavano poi tanto lontano dal senso delle parole di Romano e Raisi. Per Riccardo Villari, senatore Pd nella commissione di vigilanza Rai, quelle accuse sono gravi e dimostrano che «la libertà di stampa in Italia è di nuovo nel mirino di Berlusconi e della destra». «Romani - prosegue Villari - invitato dall’opposizione a fare i nomi e non minacciose allusioni, ha individuato in Blunotte il nuovo obiettivo del governo. Siamo arrivati alla censura preventiva con liste di proscrizione che vanno addirittura oltre l’attacco alla libertà di stampa, giungendo persino alla censura delle sentenze della magistratura e della semplice cronaca? La storia si ripete da un governo Berlusconi all’altro».

D’accordo su questa lettura Sandro Curzi, del consiglio di amministrazione Rai per il quale siamo già di fronte a un piccolo «editto bulgaro». «Ci sarebbe da seppellirli tutti con una grande risata - spiega - Dicono che la politica deve fare dei passi indietro ma poi gli stessi politici intervengono addirittura nel merito delle trasmissioni che peraltro non si capisce nemmeno perché vengano prese così di mira». Secondo Giuseppe Giulietti siamo di fronte «a quello che accadrà». «Nei giorni scorsi Romani ha annunciato che bisognerà ripulire Raitre, covo dell’informazione militante. Siamo solo all’aperitivo - insiste Giulietti - l’obiettivo è quello di costruire un polo mediatico omogeneo e di espellere tutte le diversità, quello che stanno facendo con la Cgil. Non c’è niente di casuale, vogliono ripulire le piazze mediatiche da tutto ciò che buca il loro schema. L’opposizione stia attenta al finto dialogo con questa gente».


Pubblicato il: 20.09.08
Modificato il: 20.09.08 alle ore 11.47   
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Titolo: Berlusconi all'attacco del Pd E da grande punta al Quirinale
Inserito da: Admin - Settembre 23, 2008, 02:47:22 pm
Il retroscena

Il premier: se falliamo non ci rialziamo più


ROMA — «Se falliamo non ci rialziamo più». Nelle parole di Berlusconi trasmesse ieri da Gianni Letta ai protagonisti politici e sindacali della partita su Alitalia, si avverte la drammaticità della situazione. E c’è un motivo se il premier potrebbe disertare l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, perché il «caso Az»—secondo fonti autorevoli—in un modo o nell’altro si dovrà risolvere entro la settimana. Non è più questione di ultimatum o di bizantinismi nella vertenza: i primi a saperlo sono i maggiorenti del Pd e la Cgil. Negli ultimi giorni il Cavaliere ha messo una distanza tra sé e i palazzi romani, e si è limitato a tenere i contatti con gli imprenditori di Cai. Raccontano di ripetuti colloqui con Colaninno e Passera, ma non è con loro che Berlusconi ha dovuto far ricorso all’arte della persuasione: sono altri i soci con cui ha insistito, con l’intento di tenere unita una cordata dove più d’uno sarebbe ormai propenso a passar la mano. Con loro il premier ha usato le stesse parole del suo sottosegretario.

Dietro quel «se falliamo non ci rialziamo più», c’è l’ansia di chi teme che il crac di Alitalia porti con sé «la perdita di credibilità internazionale del Paese» e «una crisi di sistema» difficilmente superabile. È scontato che in queste ore si accavallino pensieri negativi e refoli di ottimismo. L’unica certezza è che i principali attori della trattativa hanno interesse a chiudere positivamente il negoziato, sebbene le posizioni di partenza siano causa dell’attuale stallo. Tranne i piloti, che sono la lancia del «partito del fallimento» —guidato dalle compagnie aeree straniere ingolosite dal mercato italiano — i confederali lavorano a una soluzione che consenta alla Cgil di rientrare in gioco dopo l’errore compiuto la scorsa settimana, errore che riconoscono ormai persino i democratici di provenienza Ds: «Epifani è andato in confusione». Anche nella Cgil è diffusa questa sensazione. Ma non è più il momento dello scontro, specie adesso che tra i dipendenti di Alitalia si è aperta una crepa nel «fronte del no». Così il capo della Cisl Bonanni nelle ultime ore si è morso la lingua per non ripetere quanto aveva confidato ai suoi dopo la clamorosa rottura della Cgil, accomunando Epifani a Veltroni: «La coppia dell’effimero ».

La riapertura dell’asta per Az decisa dal commissario Fantozzi è servita - come spiegano nel Pd - per dare un margine di iniziativa all’opposizione e per consentire alla Cgil di rompere l’abbraccio fatale con i piloti. Ma di soluzioni alternative a Cai non c’è nemmeno l’ombra. Tutti sanno, anche i democratici, quel che Gianni Letta ha spiegato in Consiglio dei ministri, mostrando le lettere con le quali British Airways, Lufthansa e Air France dicevano «no grazie», ed erano semmai pronte a rientrare in gioco, in un secondo momento, come partner di altre cordate: appunto, Cai. Ecco perché ieri Veltroni si è rivolto a Colaninno, invitandolo ad «andare incontro alle richieste dei sindacati». Berlusconi si muove sul fronte imprenditoriale, pare anche per verificare le condizioni di un ampliamento della cordata e di una soluzione ponte in attesa di verificare la disponibilità del partner straniero. E nel frattempo continua a monitorare il fronte politico. Il pessimismo che nei giorni lasciava filtrare, era legato a una convinzione: che il leader del Pd e il segretario della Cgil stessero preparando la «campagna d’autunno contro il governo ». Persino il prudente Gianni Letta, nella ricostruzione della trattativa aveva sottolineato come Epifani alla fine si fosse mosso con un «atteggiamento politico mirato». Le prese di posizione di D’Alema, Bersani, Rutelli ed Enrico Letta, sono state un segnale che nel Pd c’è chi riteneva «insostenibile » quella linea.

Il Cavaliere ancora non si fida, almeno non completamente, perciò continua ad attaccare piloti e Cgil. Tuttavia, in presenza di un «inequivocabile segnale positivo» dei sindacati, sarebbe pronto a uscire allo scoperto, appellandosi al «senso di responsabilità nazionale» per sbloccare la vertenza. Il problema sta lì: a chi tocca la prima mossa?

Francesco Verderami
23 settembre 2008

da corriere.it


Titolo: Berlusconi all'attacco del Pd E da grande punta al Quirinale
Inserito da: Admin - Settembre 28, 2008, 04:28:28 pm
Berlusconi all'attacco del Pd E da grande punta al Quirinale

Veltroni: rischio di deriva autoritaria


Ora punta al Colle. Silvio Berlusconi domenica compie 72 anni e inizia a pensare al futuro. Cosa farò da grande? Il presidente della Repubblica. Ma anziché usare i toni distesi di chi vorrebbe proporsi a garante della Costituzione, torna ad attaccare il Pd. «Non parliamo più di dialogo, per favore, perché con quello che dicono, hanno detto, e per come si sono comportati, è una cosa addirittura ridicola pensare che con gente del genere si possa collaborare». Insomma, il paese è mio e lo governo io.

Una conferma, l’ennesima, di quanto ha ribadito il segretario del Pd Walter Veltroni in un’intervista al Corriere della Sera: in Italia, ha detto, c'è il rischio di una deriva autoritaria: «Se non ci sarà una sufficiente controreazione – spiega – rischiamo di veder realizzarsi anche in Italia il modello Putin. È il rischio di tutto l'Occidente. Una democrazia sostanzialmente svuotata, una struttura di organizzazione del potere che rischia di apparire autoritaria». Veltroni è preoccupato perché «vedo un cambio di passo in questa legislatura, uno scarto rispetto ai governi della storia repubblicana, uno stato di angoscia che non ho mai visto da quando sto al mondo». La responsabilità di questo clima, spiega ancora il leader Pd, è del centrodestra che si comporta «come gente che ha preso il potere: il capo del governo – ricorda – oscilla dal discorso alla Adenauer del primo giorno a una quotidianità in cui il capo dell'opposizione è definito ora un fallito, ora un funanbolo, ora inesistente. L'hanno fatto con Rutelli, con Prodi, ora con me: una cosa che non avviene in nessun paese al mondo».

Veltroni elenca punto per punto i sintomi di questa democrazia malata. Primo, il legiferare a colpi di decreti legge: «Il governo tratta il Parlamento come fosse una perdita di tempo, una rottura di scatole, un impedimento». Poi, l’attacco all’editoria, con i tagli al finanziamento pubblico: «È giusto – si chiede Veltroni – che, in questo clima asfissiante, chiudano Il Manifesto, Il Secolo, Liberazione, Europa?». Ma anche tanti altri piccoli segnali: «Il premier non va all'Onu – ricorda ancora Veltroni – non partecipa alla trattativa Alitalia, per andare al centro Messeguè, senza che nessun tg lo dica. Leggo sull'Espresso che a San Giuliano c'è stata una selezione tra gli operai, per fargli incontrare solo quelli più bassi di lui. Non so come li abbiano trovati: so che queste cose accadono nei sistemi autoritari».

Intanto, però, la scalata al Quirinale di Berlusconi ha già trovato rinforzi con il via libera di Umberto Bossi: «Noi lo voteremo». Più cauto invece il segretario della Dca, il ministro Rotondi, che giudica «inopportuno parlare di Berlusconi al Quirinale perchè c'è un impegno assunto con gli elettori a governare cinque anni e inoltre il Quirinale è occupato da un presidente degnissimo e gradito agli elettori di centro-destra».

Non esclude l’ipotesi, però, nemmeno Massimo D’Alema, secondo il quale «se si arrivasse a un sistema presidenziale, Berlusconi potrebbe concorrere alla massima carica dello Stato perchè ci sarebbero quei pesi e quei contrappesi che consentirebbero anche a lui di governare meglio il paese».

Pubblicato il: 28.09.08
Modificato il: 28.09.08 alle ore 16.12   
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