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Forum Pubblico => AMBIENTE & NATURA => Discussione aperta da: Admin - Giugno 02, 2008, 11:54:50 am



Titolo: "Rischio di morte in trecento comuni"
Inserito da: Admin - Giugno 02, 2008, 11:54:50 am
1/6/2008 (7:27) - MALTEMPO - CON IL FIATO SOSPESO


"Rischio di morte in trecento comuni"
 
L'allarme idrogeologico in uno studio dell'autorità del Po

ANDREA ROSSI


TORINO
Dopo i quattro morti travolti dal fango a Villar Pellice e le centinaia di persone isolate nel Cuneese, si contano i danni che non sono ancora quantificati ma sicuramente ingenti in tutto il Nord Ovest. E adesso, di fronte alla pioggia che ha ripreso a cadere ed ai controlli febbrili sulle dighe, resta la paura che il disastro possa ripetersi. Un timore tutt’altro che infondato, stando al «Piano per l’assetto idrogeologico» elaborato dall’Autorità di bacino del fiume Po. Il documento è un elenco sterminato di Comuni a rischio, e sono 340 le località del Nord Italia classificate al «livello quattro», il più grave, definito così: «Possibile perdita di vite umane e lesioni alle persone, danni gravi a edifici, infrastrutture, patrimonio culturale e attività socioeconomiche». Oltre trecento Comuni che convivono con un fiume pronto a straripare, una frana in sospeso, grovigli di torrenti che accumulano detriti e che prima o poi li scaricheranno.

Una ricerca precisa e accurata. Spiega Chiara Chicco dell’Aipo: «Abbiamo calcolato la fetta di territorio su cui insiste una frana, o che potrebbe essere inondata, e tenuto conto di quante persone potrebbero essere coinvolte e di quante volte, in passato, sono avvenuti disastri». L’allarme tocca l’intero bacino del Po, dal Piemonte al Trentino. La provincia più a rischio è quella di Sondrio, con 39 Comuni al massimo livello. Un pericolo avvertito e combattuto: in Val Pola, solo un anno fa hanno usato 56 milioni messi a disposizione da una legge del ‘92 che aveva stanziato fondi dopo la frana del 1990, quella che cancellò Aquilone e i suoi abitanti. «Da quel giorno, qui, il lavoro non si è fermato», racconta il presidente della provincia Fiorello Provera. «Tamponiamo le falle. Siamo zona di montagna: spazi immensi e bassa densità abitativa». Si lavora anche altrove. A Courmayeur ogni volta che le previsioni del tempo si fanno minacciose il cellulare del sindaco Fabrizia Derriard comincia a squillare. «Ci avvisano anche con due giorni d’anticipo». Due mesi fa la stazione sciistica dei vip ha firmato il piano di protezione civile. E si è messa al riparo dagli strali dei tecnici di Bertolaso che, nel rapporto Ecosistema Rischio 2007, denunciavano gravi carenze. «Ci muovevamo in modo poco coordinato. Ora abbiamo vincoli precisi». Vietato costruire in certe zone, ad esempio. Solo che le regole non sono retroattive, e la montagna è già zeppa di case. «Quelle non si possono abbattere. Le teniamo d’occhio, al primo accenno di pericolo siamo pronti a evacuarle».

A Parma hanno deciso di intervenire alla radice. Basta evacuazioni. Due anni fa hanno costruito una cassa di laminazione a sette chilometri dalla città: 23 milioni di euro per arginare fino a 12 milioni di metri cubi d’acqua e tenere a bada il Parma e il Baganza, che scorrono in centro città. «Succede una volta ogni 200 anni, ma se straripano insieme ci distruggono», dice il sindaco Pietro Vignali, che era assessore all’ambiente quando - nel 1997 - il progetto fu approvato.

I comuni che si sono attrezzati restano comunque una sparuta minoranza. Il rapporto Ecosistema Rischio lo conferma. Molte delle località che l’Autorità di bacino considera a «rischio 4» lasciano a desiderare quanto a interventi di prevenzione e manutenzione. Come fare, allora? Domenico Tropeano, dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr: «Sull’arco alpino ci sarebbero da monitorare quattromila corsi d’acqua». Significa doversi arrendere? «Niente affatto. Basta la volontà politica». Tradotto: finanziamenti. «Se potessimo analizzarli tutti, riusciremmo a capire quanti metri cubi di roccia si trovano in equilibrio instabile e quante probabilità hanno cumuli di detriti sui centri abitati. E potremmo intervenire privilegiando le situazioni d’emergenza».


da lastampa.it