LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => MONDO DEL LAVORO, CAPITALISMO, SOCIALISMO, LIBERISMO. => Discussione aperta da: Admin - Luglio 11, 2007, 05:07:25 pm



Titolo: DRAGHI:
Inserito da: Admin - Luglio 11, 2007, 05:07:25 pm
Draghi: «Banche troppo care»


«I tassi sui mutui e credito al consumo sopra la media Ue». E questo non va bene. L'indicazione viene dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nel suo intervento all'Assemblea dell'Abi. Che promuove il decreto legge Bersani, con il quale sono stati aboliti i costi di chiusura di conto corrente e introdotta la facoltà di estinguere un mutuo senza penalità. Ma con qualche dubbio: ci sarebbero, infatti, difficoltà sull'abolizione dei costi di chiusura dei conti correnti perché il provvedimento «ha dato adito a difficoltà interpretative - segnala il governatore - e i progressi sono insufficienti: non è assicurata la completa portabilità».

Le indicazioni non si fermano qui. Draghi di che vanno ridotti i tempi per il «pagamento» da parte delle banche di un assegno versato, per il quale si richiedono ancora in media 7 giorni. Serve per questo una modifica legislativa, magari che «facilitasse la trasmissione digitale delle immagini», il che «consentirebbe una significativa riduzione». Secondo Draghi, infatti, «la concorrenza tra banche si fonderà sempre più anche sulla capacità di offrire servizi di pagamento efficienti» e anche «la realizzazione dell'area unica europea dei pagamenti offrirà l'occasione per modernizzare gli strumenti e le infrastrutture».

Pubblicato il: 11.07.07
Modificato il: 11.07.07 alle ore 14.45   
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Titolo: Inflazione in rialzo: pesano il prezzo del petrolio e i salari
Inserito da: Admin - Luglio 12, 2007, 12:50:04 pm
L'Istituto di Francoforte invita gli esecutivi a rispettare gli impegni assunti

Inflazione in rialzo: pesano il prezzo del petrolio e i salari

Conti pubblici, il monito della Bce "I governi non allentino la presa"
 

Il presidente della Bce
Claude Trichet

ROMA - "Le pressioni esercitate in diversi paesi per allentare gli obiettivi di risanamento delle finanze pubbliche stabiliti in precedenza" preoccupano la Bce. Un timore che si aggiunge a quello espresso nei giorni scorsi sia dall'Eurogruppo che dall'Ecofin nei confronti di quei governi, Italia in testa, che molto probabilmente non raggiungeranno l'obiettivo del pareggio entro il 2010. Nel suo bollettino mensile, l'Istituto di Francoforte invita dunque questi governi a rispettare gli impegni assunti e a "rifletterli" nei programmi di bilancio per il 2008: "E' indispensabile che tutti i governi rispettino le disposizioni del Patto di stabilità e che tengano fede agli impegni assunti dalla riunione dell'Eurogruppo dello scorso 20 aprile a Berlino".

Economia in crescita. L'economia nella zona euro continua a crescere a "ritmi sostenuti" e le prospettive di medio periodo restano "favorevoli". Per la Bce "vi sono i presupposti per il perdurare di una crescita robusta" con condizione esterne che "continuano a sostenere le esportazioni nell'area", una domanda interna che "dovrebbe mantenere uno slancio relativamente sostenuto" e con gli investimenti, che "dovrebbero rimanere dinamici". Allo stesso tempo i consumi "sarebbero sostenuti dall'evoluzione del reddito disponibile, allorchè la situazione nel mercato del lavoro seguiterà a migliorare".

Prezzi verso il rialzo. Le prospettive di medio periodo per la stabilità dei prezzi rimangono soggette a rischi al rialzo. La Bce vede rischi legati a fattori interni. In particolare, una dinamica salariale più sostenuta delle attese. "Gli accordi salariali - sottolinea la Bce - dovrebbero essere sufficientemente differenziati per tenere conto delle posizioni in termini di competitività di prezzo, del livello tuttora elevato della disoccupazione in molte economie, nonchè degli andamenti della produttività per settore". Pesa, inoltre, la possibilità di ulteriori rincari del petrolio". delle attese. Per questo la bce annuncia che sarà necessario intervenire "con tempestività e fermezza per assicurare la stabilità dei prezzi a medio termine".

Più concorrenza. La Bce ribadisce il suo invito ad andare avanti con le riforme strutturali e chiede maggiore concorrenza di mercato e minori barriere transfrontaliere, perché "seguire il principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza è fondamentale per promuovere l'espansione economica nel lungo periodo e la creazione di occupazione".

(12 luglio 2007)
 
da repubblica.it


Titolo: Dalla parte della gente
Inserito da: Admin - Luglio 12, 2007, 06:52:07 pm
12/7/2007
 
Dalla parte della gente
 
FRANCESCO MANACORDA
 
Il popolo dei «quattro soldi» - definizione celebre e infelicissima di Antonio Fazio a proposito delle cifre perse nei crack Parmalat e Cirio - è sempre là. Ma da ieri, anche grazie alle parole pronunciate dal Governatore Mario Draghi davanti al mondo bancario, può sperare in qualcosa di diverso.

Magari che ai suoi «quattro soldi» venga dedicata nelle sedi istituzionali - e quel che più conta nell’agenzia sotto casa della sua banca - qualche attenzione in più.

Evocare più volte «la clientela» - come ha fatto il Governatore nelle sale di Palazzo Altieri - parlare di mutui con tassi «più elevati rispetto a quelli dell’area euro», criticare la commissione di massimo scoperto, rilevare che per portare all’incasso un assegno «si richiedono ancora in media sette giorni», chiedere che si faccia di più per la portabilità dei conti correnti, sono dichiarazioni di per sé neutre. Che inserite però nel panorama dei rapporti - di norma tormentati, talvolta sadomasochistici - tra banche e correntisti comuni assumono oggi un valore quasi rivoluzionario. Nelle stanze chiuse dove si misurano gli equilibri tra il potere bancario - forse oggi il maggiore e il più autoreferenziale tra i poteri del Paese - e l’istituzione che su quelle banche deve vigilare, trovano diritto di cittadinanza i soggetti «minori», finora considerati alla stregua di ectoplasmi.

È una rivoluzione morbida ma decisa, quella di Draghi sui rapporti tra banche e risparmiatori. Una rivoluzione cominciata il 31 ottobre scorso, non a caso alla giornata del risparmio, proseguita con il suo discorso al Forex di Torino in febbraio e culminata ieri in un esame puntiglioso e completo di quel che accade - e non accade - allo sportello dopo che si è conclusa la grande ondata del consolidamento bancario. Nell’anno e mezzo passato dall’insediamento del nuovo Governatore non sono mancati - anche tra i banchieri da lui vigilati - i commenti a mezza bocca di chi vedeva nel banchiere centrale con il curriculum americano e l’esperienza romana, uno stile troppo soft nel dirigere il traffico delle aggregazioni creditizie, diametralmente opposto a quell’impercettibile ma inappellabile alzar di sopracciglia del suo predecessore. La sua linea - Draghi ha tenuto a chiarirlo presto - è stata invece quella di far agire le forze di mercato nel rispetto delle regole. E adesso - proprio sulla base di quella convinzione - il Governatore chiede alle banche che le forze di mercato non agiscano a loro esclusivo vantaggio, ma illuminino con i loro riflessi anche le tasche dei correntisti. «Il maggior numero di operatori di respiro nazionale aumenterà la concorrenza», dice annunciando che «il consolidamento delle banche è solo un punto di partenza». Il resto, semplice come un corso base di economia, viene a seguire: più concorrenza deve significare anche prezzi più bassi.

Note sgradite per i banchieri di Palazzo Altieri che un po’ si sono già mossi in questa direzione e molto - lo sanno, ma l’idea non li esalta - si dovranno ancora muovere. Già ieri alcuni di loro hanno spiegato come le condizioni particolari dell’Italia rendano anche più onerosi alcuni servizi. Vero. Ma vero anche che il peso di quelle caratteristiche nazionali - a giudicare da bilanci che ogni anno segnano nuovi record - pare ricadere quasi integralmente sulla clientela. In autunno, ha concluso ieri il Governatore, ci saranno i risultati dell’indagine sui costi dei conti promossa proprio dalla Banca d’Italia. Sarà un nuovo passo per vedere come vengono trattati in banca gli italiani e i loro «quattro soldi».
 
da lastampa.it


Titolo: Draghi: "Con questo disavanzo parlare di tesoretto è improprio"
Inserito da: Admin - Luglio 16, 2007, 07:06:13 pm
Audizione alla Camera del numero uno di via Nazionale

"Aumentare gradualmente l'età in cui si smette di lavorare"

Bankitalia, il monito di Draghi "Ridurre il debito e riformare le pensioni"

Il numero uno di via Nazionale: "Con questo disavanzo parlare di tesoretto è improprio"

"Bisogna far pagare le tasse a tutti, così le aliquote scenderanno"
 

ROMA - "Abbattere il debito, riformare le pensioni per i giovani e usare il tesoretto per ridurre il disavanzo" Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, durante un'audizione alla Camera, invia un preciso messaggio al governo alle prese con la difficile gestione dei conti pubblici e con la riforma pensionistica.

"Il tesoretto non esiste"."Io credo che lo stesso termine sia fuorviante: con un debito e un disavanzo come il nostro non esiste un tesoretto da spendere". Il governatore della Banca d'Italia non ha dubbi sull'utilizzo che il governo avrebbe dovuto fare dell'extragettito. "Queste risorse dovrebbe essere usato a riduzione del disavanzo e del debito perchè altrimenti c'è il rischio di dover fare correzioni con un ciclo economico meno favorevole e comunque si sarebbe potuto ridurre la pressione fiscale anzichè aumentare al spesa".

Pensioni. Draghi punta l'attenzione sulle pensioni e sulla delicata trattativa in atto tra governo e sindacati. Per dare pensioni adeguate a un numero crescente nei prossimi anni, sostiene il Governatore bisogna "aumentare gradualmente l'età media effettiva di pensionamento e sviluppare le forme di previdenza complementare". Draghi, inosmma, invita a rivedere il sistema pensionistico tenendo conto del suo equilibrio finanziario per fare così un buon servizio ai giovani.

"Rinunciatari sui conti". Il numero uno di via Nazionale ha anche criticato il rinvio al 2011 dell'obiettivo di pareggio del bilancio. "La fase congiunturale favorevole", ha detto, "avrebbe consentito di accelerare il riequilibrio dei conti". Il rischio, ha aggiunto, "è di dover correggere in futuro, in condizioni cicliche forse più difficili, le scelte di oggi".

Controllo della spesa. Il controllo della dinamica della
spesa pubblica "è cruciale", spiega Draghi parlando del Dpef. Il documento, osserva, "ribadisce l'importanza del controllo della qualità e della quantità della spesa al fine di conciliare il risanamento dei conti con la riduzione della pressione fiscale, che attualmente si colloca in prossimità dei valori massimi degli ultimi decenni". In particolare, ha rilevato l'inquilino di via Nazionale, "la pressione fiscale è passata dal 40,6 al 42,3%". Per raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2011 - ha aggiunto il numero uno d Palazzo Koch - l'incidenza delle spese primarie sul Pil dovrà scendere di tre punti percentuali tra il 2008 e il 2011 con una riduzione media annua delle erogazioni in termini reali pari a circa lo 0,5%, a fronte dell'aumento medio del 2,3% registrato nell'ultimo decennio". Draghi, poi, indica anche il modello da seguire. "Negli ultimi anni altri paesi europei sono riusciti a ridurre i disavanzi di bilancio agendo sul livello e la composizione delle spese", afferma, aggiungendo che "in Germania, ad esempio, l'incidenza della spesa primaria sul prodotto è scesa dal 45,5% nel 2003 al 42,9% nel 2006, valore inferiore a quello dell'Italia".

"Capaci di risanare". "Sul fatto di essere capaci di farlo Io non avrei dubbi". Draghi ostenta ottimismo a chi gli chiede se pensa che l'italia sia in grado di effettuare il risanamento e ridurre la spesa: "Dobbiamo essere incoraggiati dal successo avuto negli anni '93-95, quando la spesa fu ridotta di tre punti, e dal fatto che altri paesi ci sono riusciti.

"Far pagare a tutti le tasse". Pagare tutti le tasse per favorire i contribuenti onesti. Per Draghi "la linea guida deve essere quella di far pagare le tasse a tutti quelli che le devono pagare per diminuire le aliquote di tutti i contribuenti onesti".

(16 luglio 2007)
 
da repubblica.it


Titolo: Il monito di Draghi divide la maggioranza «Riforma delle pensioni e meno tasse?
Inserito da: Admin - Luglio 17, 2007, 10:37:41 pm
Veltroni: «Il numero uno di Bankitalia ha detto cose dure ma coraggiose»

Il monito di Draghi divide la maggioranza «Riforma delle pensioni e meno tasse?

È quello che cerchiamo di fare» dice D'Alema.

Prc: «Dal Governatore posizioni ideologiche» 
 
 
ROMA - Maggioranza divisa sulle parole di Mario Draghi. Il governatore di Bankitalia ha rivolto una dura critica alle ipotesi di riforma delle pensioni allo studio del governo. « Il governatore chiede una riforma delle pensioni ma chiede anche meno tasse? E’ quello che stiamo cercando di fare» dice il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, a margine di un dibattito alla Festa dell’Unità di San Miniato. «C’è un negoziato in corso con i sindacati - ha aggiunto D'Alema - : su questa base si sta cercando una soluzione ragionevole, compatibile con la tenuta finanziaria del sistema».

IL PLAUSO DI VELTRONI - Anche da Veltroni arriva un plauso al numero uno di Bankitalia: «Draghi ha detto cose dure e difficili ma vere e coraggiose. Bisogna guardare all'interesse del paese» ha detto il sindaco di Roma, candidato alla guida del Pd. «Noi - ha affermato Veltroni - dobbiamo avere la forza di guardare all'interesse generale partendo da chi è meno tutelato, cioè i giovani».

«DA DRAGHI POSIZIONI IDEOLOGICHE» - Di parere opposto i senatori del Prc, secondo i quali «la posizione espressa dal governatore della Banca d’Italia ha aspetti fortemente ideologici. Tutte le sue dichiarazioni sulla necessità di alzare l’età pensionabile o in merito all’utilizzo del tesoretto si scontrano con i dati di fatto. Il primo è che l’Inps presenta un consistente saldo attivo». Queste le valutazioni dei senatori Martino Albonetti, della commissione Bilancio, e Salvatore Bonadonna, vicepresidente della commissione Finanze. Per Massimo Donadi, presidente dei deputati di Italia dei Valori «le posizioni del Governatore meritano estrema attenzione e rispetto per la sua assoluta autorevolezza. È per altro da rilevare - avverte però Donadi - che le politiche di governo non possono essere giustificate esclusivamente da valutazioni di carattere contabile».
MARINI - Non fa riferimento direttamente al monito di Draghi ma interviene nel dibattito sulle pensioni anche Franco Marini. Dal «Festival delle intelligenze-genius» di Fregene il presidente del Senato ammette di essere convinto che «da un innalzamento dell’età pensionabile non si sfuggirà».

SCHIFANI: «UN VERO GRIDO D'ALLARME» - L'opposizione intanto invita a soffermarsi sull monito del governatore che riguarda la riforma delle pensioni. «Quello di Draghi - dice il capogruppo di Forza Italia al Senato, Renato Schifani - è un vero e proprio grido d'allarme. Il suo pensiero è chiarissimo e pienamente condivisibile».

17 luglio 2007
 
da corriere.it


Titolo: L'ora delle scelte
Inserito da: Admin - Luglio 17, 2007, 10:49:03 pm
L'ora delle scelte
Stefano Fassina


L’audizione del Governatore della Banca d’Italia sul Dpef 2008-2011, ieri davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, è certamente un utile contributo a richiamare la politica alle sue responsabilità: la responsabilità delle scelte in nome dell’interesse generale. È un utile contributo perché richiama l’attenzione del Parlamento e, speriamo, dell’opinione pubblica su alcuni punti del Dpef, fondamentali ma rapidamente rimossi dall’agenda politica perché difficili. Il primo punto sottolineato da Draghi riguarda la velocità di avvicinamento al pareggio di bilancio.

Draghi, in linea con le posizioni della Commissione Europea, della Banca Centrale di Francoforte e del Fondo Monetario Internazionale, insiste su un percorso di riduzione del debito più coraggioso rispetto a quello tratteggiato dal Governo. Invece che nel 2011, via Nazionale sottolinea che il pareggio del bilancio pubblico dovrebbe essere un obbiettivo più ravvicinato, nel 2010 o anche prima, approfittando del periodo di “vacche grasse”, ossia della fase in cui l’Italia insieme ad altri Paesi si trova, con una crescita dell’economia superiore alla dinamica potenziale del Pil per il secondo anno consecutivo.

Il rilievo dato da Draghi alla variabile velocità di risanamento non è a nostro avviso giustificato. Anzi, forse, data la facile strumentalizzazione a cui si presta, il richiamo al coraggio, oggi oggetto di sempre più forti desideri centristi, rischia di indebolire altri aspetti della sua analisi decisamente condivisibili. In realtà, la tempistica del pareggio del bilancio non è dettata da nessun manuale di politica economica, non ha natura deterministica. È una variabile essenzialmente politica. Ovviamente, non una variabile indipendente, come certa sinistra riteneva il salario negli anni ‘70. Ma pur sempre una variabile politica, la cui evoluzione dipende dalla combinazione di altre due variabili politiche fondamentali: il livello delle spese e delle entrate. Soprattutto, la tempistica del risanamento dipende dall’andamento dell’economia. Infatti, deficit e debito, come tutte le altre variabili di bilancio, non sono rilevanti per i loro valori assoluti, ma per quanto pesano in rapporto al Pil. Allora, il giudizio sulla velocità di rientro muta radicalmente, a seconda di come si combinano entrate e spese per determinarla e a seconda di cosa si finanzia con le maggiori spese o minori entrate. Certamente, né la Banca d’Italia, né le altre tecnostrutture critiche sarebbero soddisfatte se l’accelerazione avvenisse pigiando il pedale delle tasse. Al contrario, sarebbero accolte positivamente maggiori uscite per finanziarie i costi di transizione connessi ad un piano ambizioso di riforme strutturali.

E qui veniamo all’altro punto fondamentale dell’audizione del Governatore: la composizione della politica di risanamento. Draghi sottolinea la necessità di riqualificare e ridurre la dinamica delle spese pubbliche, di insistere sulla lotta all’evasione e all’elusione fiscale, di puntare con determinazione alla riduzione delle tasse per i contribuenti in regola con gli adempimenti tributari. Su questo punto Draghi ha ragione. La strategia che lui ripercorre è la strategia descritta nel Dpef. Anzi, nel Dpef 2008-2011, tale strategia viene posta in modo molto più stringente rispetto a quanto contenuto nel documento di programmazione dello scorso anno e nei documenti degli anni precedenti. Nel Dpef oggi in discussione, a pagina 34, il Governo chiede al Parlamento di fare un atto che non ha mai fatto in precedenza: votare una risoluzione di approvazione del Dpef nella quale sia scritto non solo l’obiettivo di saldo a cui deve concorrere la Legge Finanziaria per il 2008, ma sia anche fissato esplicitamente il livello massimo della spesa primaria (ossia la spesa totale escludendo quanto dobbiamo spendere per pagare gli interessi sul debito pubblico). Fissando un livello di spesa primaria, la maggioranza si assumerebbe l’onere politico di dire al Governo che nella prossima Legge Finanziaria dovrà ridurre gli stanziamenti per alcuni programmi di spesa già in essere o rinviare impegni di spesa assunti, ma non ancora divenuti legge dello Stato. Oppure, al contrario, dovrebbe dirgli che la priorità sono gli aumenti di spesa e che, quindi, si dovrebbe procedere ad ulteriori aumenti della pressione fiscale, rinviando sine die la ridistribuzione dei risultati della lotta all’evasione. Per rendere ancora più chiara la posta in gioco, il Dpef riporta una tabellina molto semplice nella quale si sommano a) gli impegni di spesa già assunti dal Governo (dall’intesa sul contratto per il pubblico impiego, ai finanziamenti aggiuntivi per la cooperazione allo sviluppo), b) le spese improcrastinabili, anche se non fissate per legge (ad esempio, i finanziamenti per gli investimenti di FS, Anas, Poste, ecc), c) gli interventi attesi (dalla riduzione dell'Ici, alle politiche per la famiglia, l’abolizione o ammorbidimento dello scalone). La somma arriva a circa 20 miliardi di euro per l’anno prossimo e per gli anni successivi.

Di fronte a tali dati di realtà, la maggioranza dovrebbe pronunciarsi, non autorinviarsi a settembre, come un alunno impreparato. Se il Parlamento seguisse le indicazioni scritte dal Governo nel Dpef, ossia se il centrosinistra trovasse la forza e la coesione per fare quanto invocato dal Dpef, saremmo di fronte ad una chiara assunzione di responsabilità e ad un salto di qualità da parte della classe dirigente del centrosinistra.

Ovviamente, per un atto così impegnativo il centrosinistra dovrebbe trovare la forza di programmare scelte difficili. Dovrebbe riconoscere che il livello della pressione fiscale su famiglie ed imprese adempienti ha raggiunto il livello di guardia e che occorre riformare i programmi di spesa. Dovrebbe mettere in cantiere la riduzione e la mobilità degli occupati nelle amministrazioni pubbliche, per accedere alle quali dovrebbe imporre, quale canale esclusivo, il concorso pubblico per titoli ed esami. Dovrebbe dire, che lo scalone per il pensionamento di anzianità rimane, tranne che per i lavoratori usurati. Dovrebbe, inoltre, dire che, con tutta la gradualità necessaria, anche l’età di pensionamento delle donne va innalzata. Dovrebbe dire che i costi della politica vanno ridotti drasticamente, non tanto per l’impatto sulla finanza pubblica, quanto per il rilievo che hanno sulla credibilità e l'autorevolezza della politica. Insomma, il centrosinistra dovrebbe scegliere, dimostrandosi all’altezza delle sfide di fronte al Paese.

Pubblicato il: 17.07.07
Modificato il: 17.07.07 alle ore 8.41   
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Titolo: Agire subito contro la crisi: la «cura Draghi» approvata al G7
Inserito da: Admin - Aprile 12, 2008, 11:05:39 am
G7 I Grandi: economie in deterioramento

Agire subito contro la crisi: la «cura Draghi» approvata al G7

Più controlli e trasparenza.

Programma di 70 pagine e oltre 65 indicazioni operative

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI


WASHINGTON — Più vigilanza e più trasparenza. Ruota attorno a queste due indicazioni il rapporto presentato ieri ai ministri dell'Economia e delle Finanze dei sette Paesi più industrializzati del mondo dal Financial stability forum, presieduto dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. Si tratta di un 
Il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke con il Governatore della banca d'Italia Mario Draghi a Washington (Reuters)
dossier corposo, circa 70 pagine, che entra nel dettaglio delle cause che hanno messo «sotto stress» il sistema finanziario, a seguito della crisi dei mutui subprime statunitensi. E fornisce oltre 65 suggerimenti operativi di intervento per ridare fiducia al mercato e avviare l'uscita dal tunnel delle turbolenze che stanno compromettendo anche lo sviluppo economico mondiale. Ieri è stata dunque la giornata di Draghi, visto che il rapporto ha pressocché monopolizzato la riunione del G7. Del resto rappresenta il primo atto concreto di iniziativa politica per contrastare una crisi di cui nessuno sa dire quando finirà. L'analisi del Fsf è severa, come rigoroso è il timing dell'attuazione del programma di interventi proposti con l'indicazione di due tappe di verifica, in giugno e settembre. Inoltre il rapporto fa anche una sorta di critica generale denunciando i ritardi con cui le autorità si sono mosse dopo i primi accenni della crisi dei subprime: «Alcune delle debolezze che sono venute alla luce erano note o previste», ma le risposte regolamentari e di supervisione «sono state talvolta eccessivamente lente». Così, non bisogna più perdere tempo e attuare completamente le regole esistenti cominciando da quelle di Basilea 2, di cui si chiede il rafforzamento del «trattamento prudenziale», con aumento dei requisiti patrimoniali, «per gli strumenti di credito strutturato e le attività detenute fuori bilancio». Un aspetto «sorprendente» della turbolenza, nota infatti il documento, «è stata l'ampiezza delle carenze e dei fallimenti nella gestione del rischio presso imprese regolamentate e sofisticate».

I CINQUE PUNTI - Da qui i cinque punti principali in cui si articolano le numerose raccomandazioni, partendo dal «rafforzamento della vigilanza prudenziale sul patrimonio, sulla liquidità e sulla gestione del rischio » e proseguendo con il «potenziamento della trasparenza e della valutazione», le «modifiche nel ruolo e nell' utilizzo dei rating», il «rafforzamento della risposta ai rischi da parte delle autorità», i «meccanismi robusti per gestire le tensioni nel sistema ». Il rapporto non affronta il tema dell'intervento pubblico nel salvataggio delle banche in difficoltà e in merito alle regole del mark to market, relative alla valutazione dei titoli sulla base delle indicazioni di mercato, non prevede alcun alleggerimento ma anzi delega le autorità «contabili» (IASB) a «migliorare le linee guida per la valutazione degli strumenti finanziari quando i mercati non sono più attivi ». Tra le raccomandazioni spiccano quelle sulla trasparenza come l'obbligo per collocatori, gestori e agenzie di rating, alle quali si chiede di «migliorare la qualità dei processi», di dare la massima informazione su ciascuno stadio delle cartolarizzazioni e appaiono significative quelle dedicate a contrastare le crisi bancarie. In particolare per i maggiori intermediari finanziari cross border è prevista la costituzione di «un piccolo gruppo» fra le banche centrali e le autorità di vigilanza coinvolte che dovrà riunirsi per la prima volta entro il 2008. Inoltre le autorità dovranno concordare un insieme di principi internazionali a cui dovranno uniformarsi gli schemi nazionali di assicurazione dei depositi. E dovranno anche «condividere le esperienze internazionali e le lezioni relative alla gestione delle crisi». Queste esperienze «dovranno essere usate come base per definire good practices ampiamente rilevanti sul piano internazionale ».



12 aprile 2008

da corriere.it


Titolo: Equità e sviluppo a ritmo di Lula
Inserito da: Admin - Aprile 12, 2008, 11:12:16 am
12/4/2008
 
Equità e sviluppo a ritmo di Lula
 
FRANCESCO RAMELLA

 
È possibile perseguire contemporaneamente stabilità macroeconomica ed equità sociale? Coniugare rigore finanziario e lotta alle disuguaglianze? Il Brasile, decima economia mondiale, sotto la guida di Luiz Inácio Lula da Silva è riuscito a tenere insieme entrambi gli obiettivi. Dal 2002, da quando per la prima volta nella storia del Paese si è insediato un governo di sinistra, sono state realizzate importanti misure contro la povertà. Il progetto «fame zero» - tre pasti al giorno a tutti i brasiliani - è valso a Lula la «medaglia agricola» della Fao. Vari organismi internazionali, inoltre, hanno riconosciuto la politica della «borsa famiglia» come un intervento di grande impatto.

Un accordo con le famiglie più povere affinché investano sui figli, mandandoli a scuola e sottoponendoli a controlli sanitari regolari, in cambio di un assegno pari a 35 dollari al mese. Il programma ha coinvolto 11 milioni di famiglie, interessando settori della popolazione mai raggiunti dalle politiche sociali. Il progetto di «salute familiare» ha invece fornito sostegno medico ai gruppi sociali più vulnerabili, con difficoltà ad accedere al sistema sanitario. Alcuni studi attribuiscono a questo intervento la riduzione del 13% nel tasso di mortalità infantile verificatasi in Brasile tra il 1999 e il 2004.

In sintesi, il governo Lula ha diminuito il disagio sociale in un Paese storicamente caratterizzato da un’enorme disparità nella distribuzione del reddito. I dati della Banca mondiale mostrano una sensibile contrazione della povertà nel corso degli ultimi anni. Anche le disuguaglianze, seppure in misura limitata, si sono ridotte: dal 2003 al 2005 l’indice di Gini è passato dal valore di 58,5 a quello di 56,6. Il più basso registrato nei trent’anni precedenti. Altrettanto convincenti le realizzazioni sul fronte macroeconomico. Utilizzando un quarto delle sue riserve valutarie il Brasile è riuscito a saldare il debito di 15,5 miliardi di dollari contratto con il Fmi. Con l’esplicito obiettivo di ridurne l’influenza sulle proprie politiche economiche. Ciononostante il governo Lula ha attuato una politica di rigore che ha rassicurato gli investitori e le autorità finanziarie internazionali, mantenendo alti tassi di sconto, riducendo il debito pubblico, controllando l’inflazione, impostando un’ambiziosa politica energetica e realizzando un surplus nella bilancia dei pagamenti.

Tuttavia, i problemi non mancano per un Paese che si colloca solo al 70° posto nella graduatoria Onu dello sviluppo umano. La sfida è quella della crescita economica. Grazie al rigore dimostrato, oggi il Brasile presenta un tasso d’inflazione inferiore a quello degli altri Paesi sudamericani. Ma altrettanto vale per la crescita del Pil (intorno al 3%) che si colloca di ben due punti al di sotto della media delle altre economie con lo stesso livello di sviluppo. È per questo che, ottenuta una tormentata riconferma elettorale (a causa degli scandali per corruzione che avevano interessato il suo governo), nel gennaio 2007 Lula ha lanciato un «programma di accelerazione della crescita». Una sorta di patto nazionale per lo sviluppo.

Obiettivo, un tasso di crescita del Pil del 5% l’anno, mediante un poderoso piano d’investimenti e infrastrutture. Il programma prevede incentivi fiscali per le imprese e ingenti finanziamenti per sanità, trasporti, casa. Con l’ambizione di tenere insieme crescita economica e inclusione sociale. Sondaggi recenti attribuiscono al presidente un consenso tra i più alti mai registrati. Anche i giornali conservatori gli riconoscono il merito di aver mantenuto la fiducia delle classi popolari e conquistato quella della borghesia. Quello brasiliano si configura come un esperimento di grande interesse. Da seguire con attenzione, anche in Italia. Specialmente da parte di chi si propone un programma di riforme sociali e di modernizzazione. Che richiede necessariamente una politica di rilancio dello sviluppo, capace di unire il Paese e conquistare il consenso dei ceti produttivi. In breve, un progetto per l’Italia.
 
da lastampa.it


Titolo: Draghi, meno tasse a famiglie e imprese per crescere.
Inserito da: Admin - Maggio 31, 2008, 07:34:01 pm
Bankitalia: Draghi, meno tasse a famiglie e imprese per crescere.

Agire sulla competitività


di Nicoletta Cottone
 

La stabilità della politica, la forza delle istituzioni sono le fondamenta dell'intervento risanatore in Italia: il premio è la ripresa duratura del Paese. Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, nelle sue considerazioni finali all'assemblea ordinaria dei partecipanti, ha fatto il punto sullo stato di salute dell'economia italiana, ha parlato dello tsunami innescato dai mutui subprime, della situazione del sistema bancario. I protagonisti della ripresa, sottolinea Draghi, devono essere i giovani, finora mortificati da un'istruzione indaguata, da un mercato del lavoro che li discrimina in favore dei più anziani, da un'organizzazione produttiva che molto spesso non premia il merito e non valorizza le capacità. Sul fronte internazionale ha sottolineato che «i maggiori rischi per l'economia mondiale vengono oggi dall'accumularsi di tensioni inflazionistiche e dal possibile rallentamento americano», e il principale elemento di preoccupazione resta il continuo aumento dei prezzi dell'energia e di altre materie prime. «Questi rincari se da un lato riflettono in parte le prospettive ancora robuste di crescita delle economie emergenti, dall'altro - spiega il numero uno di Palazzo Koch - imprimono ulteriori impulsi recessivi alle economie avanzate e alimentano l'inflazione, condizionando le politiche monetarie».

Le tasse penalizzano il sistema Paese. In Italia, ha sottolineato Dragni, ci sono troppe tasse che gravano su imprese e lavoratori, penalizzando fortemente il sistema Paese. I margini per ridurre la pressione fiscale ci sono: occorre, pertanto, definire «un percorso pluriennale di riduzione di alcune importanti aliquote d'imposta» che dia «maggiore sostegno alla crescita» e migliori «le aspettative di famiglie e imprese». Per Draghi gli sgravi fiscali vanno concentrati dove possono dare maggiore sostegno alla crescita, riducendo le distorsioni dell'attività economica. «L'effetto sull'economia sarà più grande se se semplificheranno gli adempimenti per i contribuenti e si assicurerà una maggiore stabilità normativa». Il Governatore ha quantificato che il dovere fiscale nel Belpaese è più pesante rispetto al resto d'Europa. Per ogni 100 euro di costo del lavoro per l'impresa, il prelievo fiscale e contributivo per un lavoratore tipo senza carichi di famiglia è pari a 46 euro. Negli altri Paesi Ue è in media pari al 43% del costo del lavoro, nel Regno Unito del 34%, negli Stati Uniti del 30 per cento. L'Irap, poi, ha sottolineato Draghi, accresce ancor di più il divario fra l'Italia e gli altri Paesi dell'euro. Sul fronte dei conti pubblici la situazione è migliorata nell'ultimo biennio, ma «i risultati per l'anno in corso si prospettano meno favorevoli». Anche in un contesto congiunturale difficile, però, il rapporto fra debito e prodotto deve restare su un sentiero di flessione.

La produttività è motore della competitività. «La competitività, la capacità di crescita del paese dipendono dalla produttività: è su questo fronte che occorre concentrare intelligenza e azione». Il nodo della produttività, spiega il Governatore nella relazione, non si scioglie da più di dieci anni: anche negli ultimi due anni si conferma un divario nella dinamica della produttività rispetto ai nostri principali concorrenti. Le imprese esposte alla concorrenza internazionale, sottolinea il Governatore, «non sono rimaste inerti. Come segnalammo in questa sede lo scorso anno, parti del sistema produttivo hanno iniziati a ristrutturarsi». Ed è essenziale che le imprese «proseguano nel rinnovamento strutturale. Non è difendendo monopoli o protezioni che, alla lunga, si genera ricchezza: ma investendo, innovando, rischiando».

Il federalismo fiscale premi l'efficienza. «Il federalismo fiscale avrà tanto più generale consenso nel Paese quanto più accrescerà l'efficacia dell'azione pubblica». Regioni ed enti locali hanno particolari responsabilità nelle scelte politiche. «È importante che il sistema dell'imposizione e della spesa a livello decentrato sia tale da premiare l'efficienza e indirizzare le risorse verso gli usi più produttivi e le priorità più urgenti». Il sistema dei trasferimenti agli enti decentrati, ha detto Draghi, deve abbandonare il criterio della spesa storica, che premia l'inefficienza. Cardine di una sana autonomia fiscale è la stretta corrispondenza tra esborsi e tassazione: ogni onere aggiuntivo dovrebbe idealmente trovare finanziamento a carico dei cittadini cui l'amministrazione risponde. Ne sono condizioni la disponibilità di basi imponibili ampie e stabili, vincoli severi all'assunzione di debito, regole predefinite per i trasferimenti dal centro».

Piani di espansione, una priorità per le banche. La turbolenza dei mercati finanziari internazionali, ha sottolineato il numero uno di via Nazionale, ha toccato le banche italiane meno di quelle di altri Paesi. Molti problemi sono stati evitati grazie alla moderata esposizione agli strumenti finanziari collegati con i mutui subprime americani. Il Governatore ha invitato, comunque, le banche a rafforzare il patrimonio prima di progettare piani di espansione. Una priorità per il sistema bancario, che ha «retto bene» all'urto della crisi dei mercati. «La Banca d'Italia chiederà alle banche di rafforzare il patrimonio» per renderlo adeguato di fronte a tutti i rischi». Progetti di espansione e politiche sugli utili devono essere coerenti con il rafforzamento patrimoniale. Correttezza e trasparenza, poi, sui derivati: nel proporre contratti di finanza derivata le banche devono garantire ai clienti «correttezza e trasparenza» e la vigilanza di Bankitalia è intervenuta per far cessare «comportamenti irregolari» su queste offerte, adottando in alcuni casi «provvedimenti particolarmente rigorosi».

Allarme Mezzogiorno: troppo forte la differenza con il Nord. Il Governatore rinnova l'allarme Mezzogiorno: ha un ritmo di crescita e un livello di produttività insufficiente, dice nelle condiderazioni finali, con una spesa pubblica «tendenzialmente proporzionale alla popolazione» ed «entrate che riflettono redditi e bassi imponibili pro capite» molto inferiori. Nonostante l'impegno finanziario pubblico resta forte la differenza tra Mezzogiorno e Centro Nord nella qualità dei servizi pubblici prestati, con divari in tutti i settori, «dalla sanità all'istruzione, dall'amministrazione alla giustizia a quella del territorio, dalla tutela della sicurezza personale alle politche sociali, alla stessa realizzazione delle infrastrutture».

Mutui: ritardi sulla portabilità Sì del Governatore all'accordo fra banche e Tesoro per la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile, varato dal decreto fiscale approvato nel consiglio dei ministri di Napoli. «La ristrutturazione del debito può arrecare sollievo alle famiglie - ha detto il Governatore - giovare in prospettiva alle stesse banche, riducendo i casi di insolvenza». Occorrerà «verificare con attenzione gli eventuali effetti di questa misura sul mercato delle cartolarizzazioni esistenti. Deve in ogni caso essere lasciato il massimo spazio all'operare della concorrenza nell'offerta delle migliori condizioni ai clienti». In ritardo le banche italiane nell'applicare le nuove norme su portabilità gratuita ed estinzione anticipata dei mutui. «Le norme sull'estinzione anticipata e sulla portabilità dei mutui – ha detto Draghi – hanno tardato a tradursi in pratica, anche per difficoltà applicative». La Vigilanza, sottolinea il Governatore, «ha sollecitato le banche ad adeguarvisi in pieno, riducendo tempi e adempimenti necessari, e ha prescritto specifici obblighi di informazione al cliente sull'esercizio dei propri diritti; l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato indagini per verificare l'esistenza di pratiche commerciali scorrette».

da ilsole24ore.com
 


Titolo: MARIO DEAGLIO Un'agenda bipartisan
Inserito da: Admin - Giugno 01, 2008, 05:06:44 pm
1/6/2008
 
Un'agenda bipartisan
 
MARIO DEAGLIO
 

L’attenzione dei mezzi d’informazione di fronte alle Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia si concentra inevitabilmente sulla forte denuncia del livello troppo elevato di tassazione. In realtà le parole del governatore sono assai più impegnative di un semplicistico e populista invito alla riduzione delle aliquote: viene prospettato un difficile sincronismo in cui le imposte si possono abbassare solo parallelamente a un recupero di produttività. La riduzione delle imposte deve cominciare dalle «parti della retribuzione più connesse con la produttività».

Come gli straordinari che consentono un maggior utilizzo degli impianti nel settore privato, e l’aumento delle retribuzioni va conseguito mediante il libero gioco della «contrattazione salariale» tra i lavoratori e imprese che possono concedere aumenti proprio perché la produttività sta aumentando. Per quanto riguarda il settore pubblico, non basta più una politica economica basata sulla riduzione del debito per evitare d’incorrere nelle sanzioni europee, occorre calarsi nella realtà microeconomica e far funzionare meglio i servizi sul territorio - sono frequenti i richiami alla bassa qualità dell’istruzione, divenuta un vero e proprio disastro italiano - e al tempo stesso spendere meno. La minore spesa deve interessare anche il comparto pensionistico con incremento dell’età di pensionamento, dal momento che ora quasi un terzo delle pensioni viene pagato a pensionati giovani, ossia con età inferiore ai sessantacinque anni.

Il governatore è sembrato delineare le strutture portanti di una politica bipartisan per il rilancio dell’economia attorno al quale potrebbe coagularsi un consenso generalizzato della maggioranza e dell’opposizione (non a caso ha indicato la «stabilità della politica» come una delle condizioni necessarie del successo): un quadro pluriennale di riduzioni programmate delle aliquote fiscali, cui farebbero da contrappunto un aumento programmato della produttività dell’amministrazione pubblica e un insieme di riforme, là dove necessarie, che consentano un aumento della produttività delle imprese private. In un simile contesto, i soli obiettivi quantitativi non sono sufficienti, non basta - o non serve - semplicemente tagliare: è contemporaneamente necessario semplificare e rendere trasparente, assicurare la stabilità delle norme, far la guerra a «prassi consolidate e interessi specifici» nel nome di un interesse generale, il che significa chiudere, spostare, ristrutturare scale gerarchiche. Nell’invocare un simile programma, il governatore sa bene di che cosa parla: la Banca d’Italia, infatti, è uno dei pochissimi enti pubblici che da anni riesce a ridurre il personale (in un decennio da novemila a 7500 dipendenti), adeguando le sue prestazioni al rapidissimo mutare delle esigenze delle nuove realtà finanziarie. L’efficacia della sua azione si deduce anche dal fatto che nella grande tempesta finanziaria in corso le banche italiane sono state raggiunte soltanto da pochi schizzi grazie a un monitoraggio severo che è stato di recente accentuato. All’inizio del 2008 ha chiuso un ente un tempo importante, e ora divenuto inutile, come l’Ufficio italiano dei cambi.

Quest’insieme di riforme, necessario per tutto il Paese, diventa vitale per il rilancio per il Mezzogiorno. Le Considerazioni finali hanno fortemente sottolineato una realtà scomodissima, di fronte alla quale tutti i recenti programmi di governo hanno preferito scivolare anziché approfondire, ossia che il prodotto per abitante delle regioni meridionali è pari a poco più della metà di quello del Centro-Nord, il peggior risultato da trent’anni a questa parte. Nel Sud (con la notevole eccezione di Abruzzo, Molise e Sardegna) sono relativamente pochi quelli che lavorano e relativamente molti quelli che lavorano irregolarmente; in media tutti lavorano in maniera nettamente meno produttiva del resto del Paese. Queste voragini non si curano soltanto con ricette economiche, in quanto a tutto ciò «contribuiscono l’insufficiente abitudine alla cooperazione e alla fiducia, un costume diffuso di noncuranza delle norme»; non si rilancia il Mezzogiorno senza l’«irrobustimento del capitale sociale», un’osservazione che proietta il discorso del governatore ben al di là dei tecnicismi e del campo meramente economico, sul piano della moralità politica. Mario Draghi parla con un’autorevolezza che è ben maggiore a quella di un normale governatore. Come presidente del Financial Stability Forum, è il perno del tentativo di riforma di un ordine monetario internazionale sconvolto, per il quale «è presto per dire se è terminata» la crisi; nel guardingo linguaggio dei banchieri centrali, si tratta di parole pesanti come macigni, rivolte a un Paese. In questo quadro turbolento, l’Italia appare particolarmente debole, con una crescita della produttività nettamente inferiore a quella degli altri Paesi avanzati, e in assoluto una delle più basse del mondo. Il «premio» di questa cura, conclude il governatore, «è la ripresa duratura della crescita»; si potrebbe aggiungere, senza alcuna drammatizzazione, che il «castigo» per non applicarla è la scomparsa dell’Italia dal novero dei Paesi avanzati.

mario.deaglio@unito.it

da lastampa.it


Titolo: FRANCO BRUNI La stabilità possibile
Inserito da: Admin - Giugno 01, 2008, 05:07:38 pm
1/6/2008
 
La stabilità possibile
 

FRANCO BRUNI

 
La crescita della produttività e lo sviluppo economico sono «condizioni essenziali della stabilità finanziaria». Mi pare questa la convinzione su cui si basa la struttura delle Considerazioni finali di quest’anno. La stabilità finanziaria è messa alla prova dalla crisi internazionale. Ma il problema dell’Italia è soprattutto nella «condizione essenziale», nel nodo della produttività, nella difficoltà di superarlo per via «dell’urto con gli interessi costituiti che negli ultimi anni hanno scritto il nostro impoverimento». Le turbolenze innescate dal mercato immobiliare americano erano prevedibili.

La stessa Banca d’Italia aveva fatto presente la fragilità dell’espansione internazionale del credito, alimentata dall’innovazione finanziaria, che approfittava pericolosamente della troppa liquidità e dei bassi tassi di interesse. Servono ora risposte adeguate delle autorità e dei mercati, con un coordinamento internazionale che è essenziale ed è in corso, presieduto da Draghi.

L’incidenza della crisi sull’economia reale è ancora da valutare e si mescola al problema dell’inflazione che accelera. Dopo il sostegno transitorio delle banche centrali, occorrono nuovi capitali disposti a investirsi nell’attività bancaria e banche disposte a cercarli in modo convincente, a darsi un governo societario e un sistema di controlli che ispirino nuova fiducia e, a volte, ad accettare nuovi padroni. Le banche italiane sono meno coinvolte di altre nella crisi. In parte per merito della maggior prudenza con cui hanno cavalcato l’innovazione. Il governatore riconosce questo merito. A noi può restare il dubbio che un poco di quella prudenza sia l’inerzia del comparto più arretrato, protetto e provinciale del sistema finanziario del Paese. L’altra parte del merito è della nostra regolamentazione prudenziale che è stata più attenta, ad esempio, nel trattamento delle cartolarizzazioni. Il governatore rivendica giustamente questo merito delle nostre autorità. A noi, ma forse anche a lui, può restare il dubbio che si potesse fare di più, meglio, prima e, soprattutto, che senza un vero, efficiente coordinamento internazionale della vigilanza, non c’è Paese che da solo possa ripararsi dal disordine finanziario.

La fragilità specifica dell’economia italiana non ha comunque sede nel suo sistema finanziario. È inceppata la crescita reale. Per questo potremmo anche soffrir di più le scosse finanziarie. Sul tema della crescita Draghi offre, come è solito, spunti incisivi. «Gran parte del nostro sistema produttivo è al riparo dalla concorrenza internazionale»: lo sappiamo, ma fa impressione sentirlo. Non è stimolato a progredire, a irrobustirsi, a innovare. Si pensi a una gran quota della produzione dei servizi e, in particolare, dei servizi pubblici: servono subito riorganizzazioni radicali e liberalizzazioni. Le caratteristiche del nostro mercato del lavoro e del sistema pensionistico «tengono lontana dal lavoro una quota troppo ampia della popolazione». I dati del Mezzogiorno, sulla produttività, sull’occupazione, sul lavoro irregolare, sono drammatici ma ci dicono che proprio lo sviluppo del Sud è la nostra grande opportunità. Non è questione di aiuti finanziari, Draghi lo dice chiaramente: va irrobustita la convivenza civile, il «capitale sociale» della correttezza amministrativa, del prevalere delle regole sull’arbitrio.

Non è questione di politiche speciali per il Sud: vanno fatte politiche nazionali, nella scuola, nella sanità, nella giustizia, attente a misurare i propri risultati. A tale misura devono connettersi incentivi che spingano inesorabilmente al miglioramento le regioni e le amministrazioni meno efficienti. Il federalismo fiscale può essere uno strumento prezioso, purché la competizione e l’autonomia degli enti locali avvengano rispettando la corrispondenza fra quanto spendono e quanto tassano. Per far questo, osserva il governatore, ci vogliono «basi imponibili locali ampie e stabili». Che sia una discreta, sommessa manifestazione di perplessità nei confronti dell’abolizione dell’Ici?

Ma nelle Considerazioni, ancor più brevi e snelle dell’anno scorso, non risuona il compiacimento di chi giudica i governi, passati e presenti. Risalta di più, per esempio, l’attenzione per i giovani, che possono essere protagonisti della ripresa. Lo saranno, se sapremo concentrare più risorse sulla preparazione scolastica. Se nella riforma del mercato del lavoro, alla precarietà del primo impiego subentrerà presto l’investimento duraturo nella formazione professionale e il premio all’esperienza di successo. Se saranno a disposizione dei giovani le opportunità di una società aperta, dove conta più il merito della posizione corporativa. Perché un banchiere centrale si sofferma su queste cose? Perché, in un sistema che perde le opportunità per crescere, la stabilità finanziaria è un po’ inutile e un po’ impossibile.

franco.bruni@unibocconi.it

da lastampa.it


Titolo: Dario Di Vico Federalismo e consenso
Inserito da: Admin - Giugno 02, 2008, 11:50:02 am
Le novità del governatore

Federalismo e consenso


di Dario Di Vico


Stiamo mortificando i nostri giovani. Mai forse nelle Considerazioni finali di un Governatore la denuncia era stata tanto perentoria. Ma ieri Mario Draghi nella consueta cornice dell'assemblea della Banca d'Italia ha voluto dedicare ben due passaggi della sua relazione ad analizzare prima e a stigmatizzare poi la condizione di esclusione — quella che Pietro Ichino chiama, con un termine agghiacciante, «apartheid» — a cui sono condannati i giovani di uno dei grandi Paesi del G8. Una società che sa proporre ai suoi figli solo incertezze di reddito e di prospettiva è assai difficile che possa ritrovare il cammino della crescita duratura. Manca, a giudizio di Draghi, un ridisegno organico e rigoroso delle tutele sindacali, una moderna legislazione del welfare che sappia coniugare — come hanno fatto gli altri — flessibilità ed equità. Il risultato è che i ragazzi sono mortificati da una scuola inadeguata, da un mercato del lavoro che li discrimina a favore dei loro padri, da un'organizzazione produttiva che non premia il merito e non si occupa di valorizzare i talenti. Resteranno perenni outsider. Il tema dei giovani è per il Governatore una metafora. Il Paese conosce dopo anni di travaglio il vantaggio della stabilità politica, le istituzioni paiono aver recuperato la loro forza e dall'osservatorio di palazzo Koch Draghi sottolinea il valore di queste novità. E aggiunge: il consenso che sta dietro la maggioranza uscita vincitrice dalle urne è vasto ma va speso per aggredire i problemi. Guai a sottovalutare quegli interessi costituiti e diffusi che hanno determinato la nostra retrocessione, che hanno fatto dell'Italia il malato d'Europa. Così, parlando dei giovani, il Governatore ripropone il suo alfabeto neo liberale non sconfessato dai fatti e, come aveva esordito dieci giorni fa la neo presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, invita il governo a investire l'ampia forza di cui gode per allargare la cultura del mercato e aprire la società, non per gestire l'esistente. La seconda novità della relazione di Draghi, ancor più sorprendente della prima, è stata l'apertura di credito al federalismo fiscale, cavallo di battaglia delle constituency nordiste del Popolo della Libertà. Un viatico che arrivando da un'istituzione di solida tradizione centralista come la Banca d'Italia ha valore almeno doppio. Il Governatore è partito da una fotografia impietosa degli imponenti flussi di spesa pubblica improduttiva che affluiscono a Sud: il 13% del Pil del Mezzogiorno e il 3% di quello nazionale. Ma nonostante piovano soldi pubblici il divario è più ampio di quanto fosse 30 anni fa. Da qui la richiesta di Draghi che la quantità delle risorse sia legata alla qualità dei risultati. «Il federalismo fiscale avrà tanto più consenso quanto più accrescerà l'efficacia dell'azione pubblica ». Tocca certamente alla politica decidere la misura della redistribuzione regionale di reddito ma tutto deve avvenire nella piena trasparenza e chi riceve i fondi deve essere obbligato a dar ampiamente conto del loro uso. Un giudizio, quello del Governatore, inatteso ma destinato a pesare in una fase in cui il dialogo tra gli schieramenti politici sul federalismo possibile sta muovendo appena i primi passi.

01 giugno 2008

da corriere.it


Titolo: DRAGHI: EFFETTI CHOC PETROLIO MENO FORTI CHE 30 ANNI FA
Inserito da: Admin - Luglio 18, 2008, 05:43:05 pm
2008-07-18 15:48

DRAGHI: EFFETTI CHOC PETROLIO MENO FORTI CHE 30 ANNI FA


 DUBLINO - L'aumento dell'inflazione è "temporaneo, ma appare più persistente di quanto ci aspettavamo alcuni mesi fa. Vi sono segni di accelerazione dei costi interni di produzione". Lo ha sottolineato il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, intervento, a Dublino, alla Whitaker Lecture, e in riferimento all'azione della Bce ha aggiunto che "vi è qualche indicazione che nei giorni successivi al rialzo dei tassi, le misure delle aspettative di inflazione derivate dai mercati finanziari hanno smesso di crescere".

 "Vi è ampia evidenza a livello internazionale che gli effetti negativi degli choc petroliferi sull'economia sono oggi molto meno severi che 30 anni fa", ha sottolineato il governatore spiegando che le conseguenze sono meno gravi grazie alle modifiche strutturali dell'economia, "quali la maggiore efficienza energetica della produzione e del consumo e mercati del lavoro più flessibili". "L'evidenza empirica indica anche, tuttavia - ha aggiunto - che la maggiore credibilità e la migliorata trasparenza della politica monetaria sono state fondamentali nel ridurre l'impatto degli choc petroliferi sull'inflazione". 

"La nostra ricerca - ha proseguito il governatore, presidente del Financial Stability Forum - mostra che anche in passato tale impatto era minore nei Paesi in cui la banca centrale aveva adottato un impegno chiaro per la stabilità dei prezzi e godeva di elevata credibilità. Ad esempio, le stime indicano che negli anni Settanta e Ottanta esso era circa sei volte minore in Germania che in Italia. E in Italia la trasmissione all'inflazione degli choc del prezzo del petrolio è ulteriormente diminuita a partire dal 1999, grazie alla credibilità della strategia monetaria dell'Eurosistema". Risultati recenti, inoltre, "confermano che il diminuito impatto degli choc del prezzo del petrolio sull'inflazione e sulla produzione è dovuto in parte all'accresciuta consapevolezza degli investitori circa l'orientamento anti-inflazionistico delle autorità monetarie o, in altri termini, alla credibilità delle banche centrali".

AMPLIARE IL RUOLO DELLE BANCHE CENTRALI - Di fronte alla crisi dei mercati internazionali "occorrerebbe valutare attentamente se gli strumenti attualmente disponibili alle banche centrali per mantenere la stabilità finanziaria sono adeguati e se è possibile superare le resistenze economiche e politiche ad un ampliamento del ruolo delle banche centrali nella difesa della stabilità finanziaria". Lo ha sottolineato il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, presidente del Financial Stability Forum intervenendo a Dublino alla Whitaker Lecture organizzata dalla banca centrale irlandese. "Preservare la stabilità finanziaria può avere implicazioni anche per la conduzione della politica monetaria: il legame tra politica monetaria e stabilità finanziaria pone una sfida ai banchieri centrali - ha sottolineato -. Dobbiamo seriamente riconsiderare il punto di vista, piuttosto diffuso fino a tempi recenti, secondo cui la politica monetaria deve svolgere un ruolo passivo di fronte all'accumularsi di squilibri finanziari e intervenire soltanto dopo un crollo, iniettando liquidità per evitare il diffondersi dell'instabilità a livello macroeconomico. Dobbiamo valutare - ha proseguito il governatore di fronte alla platea di ex banchieri centrali e manager bancari riuniti al Dublin Castle - se e fino a che punto i nostri strumenti di politica monetaria possano essere utilizzati per contrastare l'accumularsi di squilibri finanziari ed evitare che si creino incentivi distorti e che gli investitori percepiscano un bias espansivo, asimmetrico, della politica monetaria". 


da ansa.it


Titolo: DRAGHI: «Crisi drammatica. Per fortuna c'è l'euro»
Inserito da: Admin - Ottobre 18, 2008, 11:44:31 am
Il governatore della Banca d'Italia alla Bocconi

Draghi: «Crisi drammatica. Per fortuna c'è l'euro»

«E' il momento peggiore degli ultimi decenni. Rispetto al '29 ci sono i vantaggi che derivano dalla moneta unica»

 
 
MILANO - Secondo Mario Draghi «stiamo affrontando la più drammatica crisi degli ultimi decenni». Ma, rispetto a quella degli anni '30, ci sono «alcuni vantaggi tangibili» che derivano dalla moneta unica. Il governatore della Banca d'Italia la ha detto nel suo intervento "Financial stability and growth: the role of the euro" alla Bocconi, in occasione del decennale dell'euro. La moneta unica, ha spiegato Draghi, «è stata una essenziale elemento di stabilitá. I vantaggi tuttavia non si limitano al suo ruolo: l'euro è stato anche un catalizzatore di cambiamenti fondamentali e positivi nell'economia reale alcuni dei quali sono giá molto visibili».

I BENEFICI DELLA MONETA UNICA - «Rimane molto da fare -sottolinea Draghi- per cogliere i benefici della moneta unica e dal mio punto di vista ciò che rimane da fare va nella direzione di una maggiore, piuttosto che minore, integrazione delle nostre economie». Vi sono misure che, spiega il governatore, «possono essere prese per raggiungere questo obiettivo in molte aree e, per prima cosa, nel settore della regolamentazione».

RISCHIO DI SPIRALE VIZIOSA - In questo momento il «rischio maggiore» per l'economia globale è rappresentato dalla possibilità che «l'irrigidimento delle condizioni del credito e la fase congiunturale negativa si rafforzino a vicenda in una spirale viziosa». E' l'allarme del Governatore della Banca d'Italia, in occasione del decennale dell'euro. «A questo proposito - aggiunge Draghi - ripristinare il normale funzionamento dei mercati interbancari a livello globale e nell'area dell'euro è la precondizione per assicurare un flusso di credito stabile a famiglie e imprese, minimizzando l'impatto reale della crisi finanziaria».

NON ESCLUSE NUOVE MISURE - Da governi e banche centrali potrebbero arrivare presto nuove misure più decise per contrastare la crisi dei mercati finanziari ha anche aggiunto Draghi. «Non possiamo escludere - ha spiegato - che nel futuro prossimo siano necessari passi ulteriori, e perfino più audaci, per restaurare rapidamente la fiducia, comprese azioni per rafforzare i mercati interbancari».

NUOVE REGOLE - Secondo Draghi «una parte essenziale della cura per uscire dall'emergenza» finanziaria che stiamo attraversando è rappresentata da progressi «decisivi e tangibili» nella «riscrittura delle regole che governano il sistema finanziario globale, in una prospettiva più strutturale e di medio termine». In particolare, secondo il governatore, bisogna «concentrare i nostri sforzi per superare velocemente le differenze attualmente esistenti nelle procedure di vigilanza a livello nazionale, lavorare per un set di regole più armonizzato, fare ulteriori progressi nella cooperazione e nello scambio di informazioni tra le Autorità».


17 ottobre 2008

da corriere.it


Titolo: Francesco Giavazzi Il passo indietro
Inserito da: Admin - Ottobre 18, 2008, 11:46:03 am
A PROPOSITO DI AIUTI DI STATO

Il passo indietro


di Francesco Giavazzi


Il presidente del Consiglio ha detto che il tempo dei divieti europei agli aiuti di Stato è finito: non solo disponibilità a ricapitalizzare le banche con denaro pubblico, ma oggi anche aiuti all'industria automobilistica e domani chissà. Mi pare una scelta suicida. Se in Europa si aprisse la gara a chi aiuta di più le proprie imprese noi potremmo solo perdere: infatti il livello del nostro debito pubblico ci lega le mani e non ci consentirebbe di aiutare le nostre aziende tanto quanto potrebbero fare ad esempio Germania e Spagna.

Non c'entrano le regole di Maastricht: sarebbero i mercati a non consentirci di farlo. Già oggi il differenziale tra il rendimento dei titoli pubblici italiani e tedeschi ha raggiunto 3/4 di uno per cento.
Diversamente da ciò che dice Berlusconi il nostro interesse oggi è chiedere un rafforzamento, non la sospensione (per quanto giustificata dalle circostanze eccezionali della crisi) delle regole europee contro gli aiuti di Stato. Solo così potremo difendere le aziende italiane dalla concorrenza europea in una gara alla quale parteciperemmo con un fortissimo handicap.

Altrettanto miope è la proposta di far qualcosa per limitare gli afflussi di capitale «straniero», se non esplicitamente invitato, verso banche e aziende italiane. Tanto più capitale arriva dall'estero, tanto meno c'è bisogno di capitale pubblico italiano, tanto meno probabile è che ci troviamo con le mani legate nella perversa gara europea a chi aiuta di più le proprie aziende.

A questo proposito è stata particolarmente intempestiva la proposta del presidente della Consob (fatta propria da Berlusconi) di modificare la legge sull'Opa per rendere più difficile scalare le nostre aziende. Oltre agli argomenti illustrati da Sandro Brusco e Fausto Panunzi su lavoce.info,
c'è il fatto che aziende non scalabili diventano scarsamente attraenti e tengono lontani gli investitori esteri (oltre a deprimere ancor più la Borsa).

A chi teme l'acquisto di aziende italiane da parte di stranieri consiglio di studiare la storia del Nuovo Pignone. Quando apparteneva all'Eni era una buona azienda locale; l'acquisizione da parte della General Electric l'ha trasformata in un polo di eccellenza globale e ha aumentato non ridotto le attività dell'azienda in Toscana.

Una delle rare modernizzazioni avvenute in Italia dal dopoguerra ad oggi è aver reso l'economia autonoma dalla politica. Per 40 anni, fino all'inizio degli anni Novanta, tre quarti della grande industria e tutte le maggiori banche erano di proprietà dello Stato o comunque controllate dalla politica. Memorabili le lunghe notti delle nomine pubbliche: più duravano peggiore era la qualità dei capi-azienda nominati. Penso che nessuno le rimpianga.

Oggi abbiamo la fortuna che la ricapitalizzazione delle nostre banche, diversamente da quelle di altri Paesi, non ha bisogno di denaro pubblico.
Non usiamo la scusa della crisi per fare un passo indietro rispetto ad una svolta che abbiamo impiegato 40 anni per realizzare.


18 ottobre 2008

da corriere.it


Titolo: CRISI MUTUI: DRAGHI, COLPITE FAMIGLIE.
Inserito da: Admin - Ottobre 21, 2008, 04:16:26 pm
2008-10-21 15:03

CRISI MUTUI: DRAGHI, COLPITE FAMIGLIE.

BERLUSCONI: TAVOLO CON BANCHE


NAPOLI  - "I problemi si risolvono solo in un modo, nel nostro modo, lavorando tutte le ore, tutti i giorni, tutte le settimane. Non è andando in piazza per manifestare contro non si sa che cosa o contro le riforme per ammodernare il Paese che si risolvono i problemi". E' un passaggio dell'intervento del premier Silvio Berlusconi all'assemblea dall'Unione industriali di Napoli a Bagnoli.

A MARCEGAGLIA, CONDIVIDO TUTTO - Il premier Silvio Berlusconi, sale sul palco per il suo intervento all'assemblea dell'Unione indstriali di Napoli e il suo primo gesto lo rivolge al presidente di Confindustria Emma Marcegalia, che ha appena concluso il suo intervento. "Condivido tutto quello che ha detto", dice Berlusconi, mettendo agli atti la relazione che aveva preparato perché, aggiunge, "avete detto tutto voi".

TAVOLO CON BANCHE E IMPRESE A PALAZZO CHIGI - Un tavolo, a Palazzo Chigi, con banche e imprenditori. Lo ha annunciato il premier Berlusconi, a Napoli, nel corso del suo intervento al'assemblea dell'Unione industriali. Il tavolo, finalizzato a prendere necessarie misure, si svolgerà al ritorno di Berlusconi dalla Cina.

ALTRE RICAPITALIZZAZIONI DOPO UNICREDIT - "Forse due o tre banche oltre a Unicredit avranno dei vantaggi a aumentare il proprio capitale". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi nel corso di un convegno organizzato dall'Unione industriali di Napoli.

FAREMO LEGGE SEVERA CONTRO CHI IMBRATTA E SPORCA - "Serve una legge con regole rigide e severe contro chi deposita rifiuti per strada, contro chi imbratta i muri di Napoli e di tutte le città d'Italia e contro chi pensa che le strade, le piazze delle nostre belle città siano dei posti dove si può gettare di tutto". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi nel corso del suo intervento all'assemblea dall'Unione industriali di Napoli. Berlusconi ha detto che una legge in proposito doveva già essere approvata nel corso del terzo consiglio dei ministri di Napoli, ma che non era stato possibile farlo a causa della dell'impegno del governo sulla crisi finanziaria. Ora, ha aggiunto, "c'é da mettere in viaggio questa riforma".


DRAGHI, SEGNALI NEGATIVI SU PIL

 "Dopo il calo del Pil nel secondo trimestre i più recenti indicatori confermano segnali negativi per i prossimi trimestri. Calano i consumi delle famiglie sotto il peso dell'erosione del reddito disponibile, a causa dell'inflazione e dell'aumento del servizio al debito": lo ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, in audizione in Senato.

COLPITE FAMIGLIE E IMPRESE  - "Le ripercussioni della crisi vanno ben al di là del sistema bancario. Famiglie e imprese sono compite sia direttamente, per la perdita di valore dei titoli Lehman che esse detengono, sia indirettamente a causa delle prospettive di una restrizione del redito conseguente alle tensioni finanziarie del momento". Lo ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, durante l'audizione al Senato sugli effetti della crisi finanziaria internazionale.

URGENTE INTERVENTO SU DERIVATI  - "E' urgente intervenire": lo ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, in audizione in Senato, riferendosi ai derivati che sono "strumenti innovativi per il trasferimento del rischio" ma anche "armi a doppio taglio". Draghi ha sottolineato che "la trasparenza richiede una drastica semplificazione e standardizzazione dei contratti" e che "deve essere contenuto con appropriate regole il grado di leva finanziario". Secondo Draghi, inoltre "per assicurare corretti incentivi, almeno nel caso dei derivati di credito, una parte del rischio deve restare in modo esplicito a carico dell'originator".

MODELLO BANCHE ITALIANE E' SANO - "Le banche italiane hanno fronteggiato la crisi che ha investito con crescente violenza il sistema finanziario mondiale a partire dall'estate del 2007 potendo contare su un modello di attività fondamentalmente sano". Lo ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, in audizione in Senato, spiegando inoltre che il sistema italiano ha potuto contare anche su un "patrimonio sufficiente" e su un quadro normativo disegnato dal Parlamento nelle sue linee di fondo, esteso e prudente". Queste caratteristiche hanno permesso alle banche italiane "di reggere l'urto meglio di quelle di altri paesi avanzati". 

da ansa.it


Titolo: «Tavolo con banche e imprese»
Inserito da: Admin - Ottobre 21, 2008, 04:17:26 pm
Stoccata a veltroni: «Non si risolvono i problemi andando in piazza»

«Tavolo con banche e imprese»

Annuncio di Berlusconi, che arruola dal palco Lettieri: «Corri con noi in Campania o come sindaco del capoluogo»

 
 
NAPOLI - Un annuncio a sorpresa. Direttamente dal palco. Silvio Berlusconi lancia, durante l'assemblea dell'Unione industriali di Napoli, il nome su cui punta il Pdl per le prossime elezioni regionali: si tratta proprio del presidente uscente degli industriali napoletani, Giovanni Lettieri. Citando alcuni passaggi del discorso del leader della Confindustria locale, il premier spiega alla platea che sul territorio «avete un presidente, una giunta giovane e un programma per Napoli e per la Regione che mi fanno dire che il Pdl sarà lietissimo di avere Lettieri capofila per le elezioni per la Regione Campania o, a vostra scelta, per la città di Napoli».

NO ALLA PIAZZA - In precedenza, il premier aveva lanciato una stoccata a Veltroni: «Non è andando in piazza a protestare contro chissà che cosa che si risolvono i problemi. L'unico modo è il nostro: lavorarci sempre, ogni giorno». Non si è fatta attendere la replica del leader Pd: «Se l'hanno fatta loro, avremo anche noi il diritto di fare una manifestazione, o no?». «È strepitoso - ha aggiunto Veltroni - perché è lo stesso essere umano che parlò da un palco a piazza San Giovanni per manifestare contro il governo Prodi».


DA ALITALIA ALLA CRISI ECONOMICA - A Napoli Berlusconi è tornato anche sulla questione Alitalia: «Vi ricordate lo scherno quando parlavo di una cordata italiana per risolvere la crisi? Ma io ne ero certo, perché parlavo personalmente con tanti imprenditori e avevo il loro impegno: oggi la nuova Alitalia è una realtà. Ed è stata scongiurata la svendita ad Air France». Sul fisco: «Avvieremo, fin da subito, una decisissima lotta all'evasione fiscale. Chi paga le imposte è aggredito da una pressione eccessiva che ci pone in vetta ai contribuenti di tutta l'Europa». Sulla crisi economica: «Ora dobbiamo evitare che la crisi dei mercati finanziari si trasformi in una crisi dell'economia reale. Dobbiamo evitare che gli effetti di quello che sta accadendo possano arrivare sull'economia reale. La precoccupazione maggiore del governo è quella di fare in modo che le banche continuino a fare il loro lavoro». Per questo, la prossima settimana «convocherò a palazzo Chigi, Confindustria e Abi». Sulla scuola: «È una cosa inaccettabile che si strumentalizzino anche i bambini e che su molti mezzi di informazione si dicano tante falsità, come quelle sul tempo pieno. Tra l'altro, nell'ultima manifestazione della sinistra estrema erano meno di ventimila, altro che 300mila». Sui conti pubblici: «Non abbiamo nessuna intenzione di cambiare l'impegno a ridurre nel 2011 il debito pubblico sotto il 100 per cento. Non intendiamo di approfittare dela flessibilità di Maastrictht. C'è un impegno assoluto del governo in quella direzione».

G PLUS - Infine l'annuncio sull'allargamento del G8: «Il prossimo non sarà non sarà un G8, ma un 'G plus'. Ieri ho sentito Bush ed è ufficiale: oltre agli otto, ci saranno anche India, Cina, Egitto, Sudafrica, Messico, Brasile e forse qualche altro Paese come l'Australia».

MARCEGAGLIA - In precedenza il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia aveva chiesto al governo proprio di «aprire immediatamente un tavolo tra noi, le banche, il governo per arrivare a una proposta che possa garantire credito alle imprese». Marcegaglia ha chiesto anche «qualche strumento che aiuti la capitalizzazione delle imprese e qualche supporto agli investimenti, in particolare un'aliquota agevolata per la parte di utili che fa un imprenditore». La Marcegaglia ha anche sollecitato «agevolazioni fiscali per favorire il risparmio energetico».

da corriere.it


Titolo: DRAGHI: "I mercati indispensabili ma non sono infallibili"
Inserito da: Admin - Gennaio 17, 2009, 03:12:48 pm
ECONOMIA     

Intervento del governatore a un convegno su Guido Carli, che diresse Bankitalia per cinque anni

Draghi: "I mercati indispensabili ma non sono infallibili"

"Bisogna tendere a un sistema politico che permetta alle forze di innovazione delle imprese di agire".
"Il divario tra nord e sud era e rimane una delle maggiori preoccupazioni"
 

ROMA - "I mercati non sono nè infallibili nè elementi di cui possiamo fare a meno. Sono fattori indispensabili di una economia di produzione e della libertà individuale, ma possono deteriorarsi e devono quindi essere gestiti con estrema cura. Il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, nel corso del suo intervento ad un convegno su Guido Carli ha citato le parole di Martin Wolf, il più importante commentatore economico del Financial Times.

Draghi si è poi chiesto "come avrebbe reagito un economista con l'esperienza di Guido Carli di fronte ad una crisi come l'attuale" e ha citato le sue parole in merito al crollo dei mercati nel novembre del 1987: "E' impossibile la coesistenza a tempo indeterminato di un elevato disavanzo del governo federale degli Stati Uniti, di tassi di interesse stabili o sollecitati verso il basso, di un cambio del dollaro stabile". Parole che, ricorda Draghi, scartano "le interpretazioni troppo vaghe o tecnicistiche o moralistiche".

Resta più che mai attuale - ha proseguito Draghi - la ricetta di Carli per una sempre maggiore innovazione. "Chiunque abbia o possa avere responsabilità di comando nella sfera pubblica e nella sfera privata può creare lo spazio intelligentemente ordinato affinché le forze dell'innovazione delle imprese possano agire".

Il governatore ha ricordato quindi come Carli da presidente di Confindustria affermò che è responsabilità degli imprenditori creare e difendere un ambiente aperto al nuovo. Citando le sue parole, Draghi ha detto che "il profitto è strettamente connesso all'innovazione nella combinazione dei fattori, nelle tecnologie e nei prodotti. In un'economia sana il profitto aziendale su un dato prodotto è destinato a scomparire, la sopravvivenza dell'impresa è strettamente legata alla sua capacità di saper rigenerare, attraverso forme innovative, quel profitto che il mercato, attraverso la concorrenza, tende a far scomparire. Gli imprenditori devono perciò ricercare un sistema politico che permetta l'innovazione economica. Un sistema politico che non permette l'innovazione sociale, l'alternarsi tra i gruppi, non ammette neanche l'innovazione economica".

Draghi ha rilevato l'attualità delle parole contenute nelle considerazioni finali svolte da Carli dopo cinque anni di mandato alla guida di Bankitalia. "La nostra economia", diceva l'allora numero uno di via Nazionale, "è corsa in avanti più celermente delle istituzioni nelle quali essa si inquadra. Mutamenti profondi sono avvenuti nella struttura della società italiana; l'onda ciclica è salita, è caduta, si è nuovamente innalzata, ma attraverso di essa si scorge la realtà di un progresso ininterrotto a livello delle imprese, dei sindacati, delle comunità locali, mentre i riflessi di questa realtà negli ordinamenti sembrano più pallidi e incerti, quasi il segno di una non superata diffidenza verso le idee moderne, di una distaccata incredulità dinnanzi a ciò che si va edificando".

Proseguiva Carli: "Nel settore pubblico e in quello privato dell'economia le imprese hanno completato impianti che accolgono le tecnologie più moderne, collegamenti vengono istituiti tra le imprese dell'uno e dell'altro settore e con imprese straniere; le dimensioni vengono adeguate alle esigenze di mercati in continua espansione, mentre imprenditori indipendenti, si impegnano in un cimento nel quale il merito e il demerito dell'azione si giudica dai frutti che esso reca". E oggi, conclude Draghi, "ripeto le sue stesse parole: non sono sopite nel paese le forze rigogliose che accettano le condizioni nelle quali il genio dell'invenzione si sviluppa in finezza sotto la costrizione dell'aumento del rischio, in un mercato che si estende fino ai confini del mondo".

Draghi ha concluso ricordando che "i temi sociali furono spesso oggetto dell'attenzione" di Carli il quale "rilevò un preoccupante aumento degli squilibri" non solo intersettoriali ma anche territoriali alla fine degli anni '60 e degli anni di grande sviluppo economico per l'Italia. "Il divario tra nord e sud rimane oggi, purtroppo, una delle maggiori preoccupazioni della Banca centrale, era e rimane appunto un tema all'ordine del giorno".

(16 gennaio 2009)

da repubblica.it


Titolo: DRAGHI: Guido Carli l'innovatore
Inserito da: Admin - Gennaio 17, 2009, 03:38:38 pm
17/1/2009
 
Guido Carli l'innovatore
 
MARIO DRAGHI*
 

Carli fu un innovatore. Innovò politiche, metodi di lavoro, bilanci, prassi di comunicazione delle istituzioni che guidò. Ma fu innovatore anche in un senso più ampio. Come Luigi Einaudi, che aveva conosciuto da giovane e con il quale aveva collaborato strettamente, Carli agì, anche sul piano culturale, per fare in modo che nel Paese si mantenesse uno spazio per l’innovazione, che se ne creasse di nuovo. Come Einaudi, vedeva nell’innovazione di prodotti, di idee, di modi di agire, l’essenza e il motore stesso della libertà. Da giovane, in pieno regime fascista, s’interrogava sui modi per garantire che le buone idee d’impresa trovassero finanziamento anche quando fossero proposte da uomini privi di capitali e di appoggi familiari.

Quarant’anni dopo, da presidente della Confindustria, pronunciò il famoso discorso dei «lacci e lacciuoli». Voglio citarne un passo \: «Il profitto è strettamente connesso all’innovazione nella combinazione dei fattori, nelle tecnologie e nei prodotti. In una economia sana, il profitto aziendale su un dato prodotto è destinato a scomparire; la sopravvivenza dell’impresa è strettamente legata alla sua capacità di saper rigenerare, attraverso forme innovative, quel profitto che il mercato, attraverso la concorrenza, tende a far scomparire. Gli imprenditori devono perciò ricercare un sistema politico che permetta l’innovazione economica. Un sistema politico che non permette l’innovazione sociale, l’alternarsi tra i gruppi, non ammette neanche l’innovazione economica». Gli imprenditori dell’epoca non gradirono; la sua proposta di statuto dell’impresa e di legge sulla concorrenza cadde nel nulla.

Da governatore della Banca d’Italia perseguì con tenacia l’obiettivo della crescita degli investimenti: crescita assoluta e in quota sul prodotto. Il nesso tra investimenti e innovazione era chiarissimo nella sua mente: poiché le nuove macchine incorporano le innovazioni tecnologiche, è essenzialmente attraverso l’investimento che passa l’aumento della produttività. \ I profitti erano, nella sua visione, non solo una fonte indispensabile di autofinanziamento, ma anche potenti attrattori di capitale. In un quadro più ampio, tratto sia da Einaudi sia da Schumpeter, il profitto era visto come quel compenso incerto, spettante all’imprenditore, che caratterizza un sistema di produzione dinamico, aperto alla ricerca di nuove vie e di nuove combinazioni di fattori. \

Quanto al mercato finanziario, egli affermò nel 1965: «L’esistenza di un mercato dei capitali efficiente costituisce una delle condizioni di successo di una politica degli investimenti. La nostra politica creditizia si è proposta questo obiettivo da alcuni anni; all’uopo essa intende allargare le dimensioni del mercato e nello stesso tempo abbassare gradualmente il costo del denaro a lungo ed a breve termine» \. Carli intendeva ridimensionare il ruolo dell’intermediazione bancaria tradizionale, sviluppare gli istituti a lungo termine, potenziare il mercato dei capitali. La preminenza dell’obiettivo degli investimenti era tale che lo portò a scelte che oggi definiremmo notevolmente «dirigiste». Ma non dobbiamo dimenticare che il governatore proponeva un tipo d’intervento che costituiva una mediazione fra il libero gioco delle forze di mercato e un dirigismo assai più vincolante che veniva invocato da alcuni attori politici: le misure messe in atto da Carli passavano comunque attraverso il mercato, erano con esso compatibili e avevano la caratteristica della reversibilità.


*dall’intervento che il governatore della Banca d’Italia ha tenuto ieri a Roma, all’Accademia dei Lincei, dove si presentava la collana «Scritti e discorsi di Guido Carli»

da lastampa.it


Titolo: DRAGHI: «Più coordinamento nella supervisione anti-crisi»
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2009, 11:32:43 am
Draghi: «Più coordinamento nella supervisione anti-crisi»
 
 Un maggior coordinamento nella gestione delle informazioni tra le banche centrali e le autorità nazionali di supervisione è necessario per individuare i rischi delle banche prima che danneggino la stabilità finanziaria. È quanto ha detto il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, secondo quanto riferisce l'agenzia Reuters. «Abbiamo molto da imparare dall'esperienza della crisi» ha sottolineato Draghi intervenendo a Londra, in qualità di presidente del Financial Stability Forum, a un incontro della Financial Services Authority. Secondo il governatore infatti nessuna autorità singolarmente sarebbe in grado di avere un quadro completo dei rischi macro prudenziali. «È cruciale - ha aggiunto - che coordiniamo meglio l'analisi e la valutazione delle banche centrali e delle autorità di supervisione nelle diverse economie». A parere di Draghi, inoltre, è necessario evidenziare meglio i rischi prima che questi diventino una minaccia per la stabilità finanziaria. Il Financial Stability Forum, ha detto infine il numero uno di Bankitalia, raccomanderà alle banche di mettere da parte una maggiore quota di capitale per far fronte a potenziali perdite future.

27 marzo 2009
 
da ilsole24ore.com


Titolo: DRAGHI: "Riforme e credito lungimirante o in Italia non ci sarà ripresa"
Inserito da: Admin - Maggio 29, 2009, 12:26:20 pm
ECONOMIA     

Le "Considerazioni finali" del governatore di Bankitalia, Draghi

Rischio 10% tra disoccupati e Cig: riformare gli ammortizzatori sociali

"Riforme e credito lungimirante o in Italia non ci sarà ripresa"

Nel 2009 Pil -5%. Italia, 20 anni di bassa produttività "Importante il sostegno alle imprese e alle banche"

di ROSARIA AMATO


ROMA - Riforme strutturali, imprese più produttive e banche "lungimiranti" perché il Paese esca dalla crisi e, soprattutto, da vent'anni di "produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi, tasse alte". E' la via indicata dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi nelle "Considerazioni finali". Perché la crisi, certo, sta stritolando la crescita come non mai: secondo le previsioni più aggiornate di via Nazionale, la caduta del Pil sarà "di circa il 5 per cento quest'anno". Ma per l'Italia, ricorda Draghi rivolgendosi all'Assemblea Ordinaria dei Partecipanti, non si tratta solo di venir fuori dalla crisi, ma anche di uscire da una spirale negativa cominciata ben prima del crollo dell'economia mondiale. Perché questo possa avvenire, la Banca d'Italia indica direttive precise: "Una risposta incisiva all'emergenza è possibile solo se accompagnata da comportamenti e da riforme che rialzino la crescita dal basso sentiero degli ultimi decenni".

Anche Draghi, come la settimana scorsa il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, chiede quindi al governo riforme: "Il completamento degli ammortizzatori sociali, la ripresa degli investimenti pubblici, le azioni di sostegno della domanda e del credito che sono state oggi delineate avranno gli effetti sperati se coniugati con riforme strutturali: non solo per dire ai mercati che il disavanzo è sotto controllo, ma perché queste riforme costituiscono la piattaforma della crescita futura".

Ma non dev'essere solo il governo a muoversi. Molto è nelle mani di banche e imprese. Alle prime, Draghi chiede, considerato che "non hanno eredità pesanti nei loro bilanci", di utilizzare "questo vantaggio nei confronti dei concorrenti per affrontare un presente e un futuro non facili". E' vero che "non si può chiedere alle banche di allentare la prudenza nell'erogare il credito; non è nell'interesse della nostra economia un sistema bancario che mettà a rischio l'integrità dei bilanci e la fiducia di coloro che gli affidano i propri risparmi". Ma si può invece chiedere loro di essere "lungimiranti": "Valutino il merito di credito dei loro clienti - suggerisce il governatore della Banca d'Italia - con lungimiranza. Prendano esempio dai banchieri che finanziarono la ricostruzione e la crescita degli anni Cinquanta e Sessanta".

Mentre alle imprese, Draghi suggerisce di "continuare l'opera di razionalizzazione iniziata da pochi anni", ma anche di proteggere "le professionalità accumulate dai lavoratori, che torneranno preziose in un futuro speriamo non lontano". La crisi non durerà infatti in eterno: "segnali incoraggianti" indicano che, per quanto "non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica", "la crescita riprenderà nel 2010".

Ma di che tipo di crescita si tratterà? Questo è il momento di porre le basi, sostiene Draghi, perché l'Italia intraprenda un nuovo percorso virtuoso, per rilanciare il sistema imprenditoriale, l'occupazione, i consumi. Trascurare la questione occupazionale, ricorda la Banca d'Italia, sarebbe un grave errore: "I lavoratori in Cassa Integrazione e coloro che cercano una occupazione sono già oggi intorno all'8,5 per cento della forza lavoro, una quota che potrebbe salire oltre il 10: proseguirebbe la decurtazione del reddito disponibile delle famiglie e dei loro consumi, nonostante la forte riduzione dell'inflazione". E questo porterebbe, in una spirale perversa, a una ulteriore riduzione della produzione, a nuove chiusure delle imprese.

"Si stima che 1,6 milioni di lavoratori dipendenti e parasubordinati non abbiano diritto ad alcun sostegno in caso di licenziamento". Urge allora un "buon sistema di ammortizzatori sociali per chi cerca un nuovo lavoro". Accanto a un meccanismo di sostegno delle imprese: "Il passaggio dei prossimi mesi sarà decisivo: una mortalità eccessiva che colpisca per affissia finanziaria anche aziende che avrebbero il potenziale per tornare a prosperare dopo la crisi è un secondo, grave rischio per la nostra economia".

(29 maggio 2009)
da repubblica.it


Titolo: DRAGHI: «Iniziare a pensare a strategie d'uscita»
Inserito da: Admin - Giugno 16, 2009, 05:51:58 pm
«I TEMPI SONO MATURI PER COMINCIARE A PROGETTARLE»

«Iniziare a pensare a strategie d'uscita»

Draghi: «Si esca da politiche di bilancio espansionistiche per gestire la riduzione del debito pubblico»
 
 
BERLINO (GERMANIA) - È arrivato il momento di iniziare a «progettare» delle strategie di uscita (exit strategies) dalla crisi economica internazionale. Lo ha affermato Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia e presidente del Financial stability board, nel suo intervento a Berlino in occasione del Wirtschaftstag 2009. «Ci troviamo ora - ha detto Draghi - nel mezzo di una strategia disegnata come risposta alla crisi. Si tratta di una strategia fondata su tre pilastri e c’è un terzo pilastro che dovremmo cominciare a considerare, le strategie di uscita. Anche se i tempi non sono ancora maturi per l’immediata attuazione di tali strategie di uscita - ha aggiunto - lo sono per cominciare a progettarle e per riflettere sulle condizioni necessarie alla loro attuazione».

DEBITO PUBBLICO - Tra le misure invocate dal governatore da mettere in cantiere «l'uscita da politiche di bilancio eccessivamente espansionistiche per gestire la riduzione del debito pubblico e l'uscita dall'attuale orientamento delle politiche monetarie per mantenere l'ancoraggio delle aspettative di inflazione».
Ora che «ci troviamo ora nel mezzo di una strategia disegnata come risposta alla crisi», occorre dare «una risposta strutturale e regolamentare che mira a ricostruire un sistema finanziario più robusto e meno soggetto al rischio sistemico» ha spiegato Draghi. «L'aumento dei deficit di bilancio, le politiche monetarie marcatamente espansionistiche in tutto il mondo hanno fatto fronte all'emergenza di segno macro«, ha ricordato il governatore, e «una lezione importante di questa crisi è che il sistema l'ha affrontata con un capitale particolarmente contenuto, buffer di liquidità estremamente ridotti e un regime di capitale e valutazione con significative conseguenze pro-cicliche. Per affrontare tali tematiche, molti lavori sono in corso sul capitale e sulla liquidità bancaria».

SERVE PIU' TRASPARENZA - In sostanza, ha spiegato il governatore, «il nostro lavoro si basa sul ripristino di un sistema finanziario che operi con meno debito e sia più immune dal set di non corretti incentivi alla base di questa crisi, dove la trasparenza consenta una migliore identificazione e gestione dei rischi, la sorveglianza prudenziale e regolamentare risulti rafforzata e il sistema sia in grado di lasciar fallire le istituzioni non correttamente gestite«. In secondo luogo, la chiarezza: «Siamo impegnati a costituire delle precise aspettative sul futuro contesto di regolamentazione. Costituire aspettative stabili circa il futuro assetto consentirà agli operatori di poter assumere decisioni strategiche con maggiore fiducia». In terzo luogo, «mentre la direzione è chiara, i cambiamenti da apportare dovranno essere graduali. Alcuni elementi del nuovo sistema (ad esempio un maggior livello di capitale) dovranno essere introdotti passo dopo passo, in linea con il miglioramento del contesto di riferimento». In quarto luogo, «dobbiamo mantenere i vantaggi di mercati finanziari globali e integrati. Partendo da un sistema di istituzioni e mercati globali con norme e pratiche di regolamentazione nazionali, dobbiamo impegnarci per una coerenza internazionale negli standard di regolamentazione che favorisca parità di trattamento tra i diversi paesi». Nello sviluppare e applicare sistemi di supervisione e regolamentazione più incisivi, funzionali a contenere un eccessivo indebitamento e a fronteggiare in modo adeguato fenomeni di market failure, «dobbiamo nel contempo - ha concluso Draghi - evitare di imporre eccessivi e soffocanti livelli di regolamentazione. La regolamentazione non deve impedire l'innovazione, necessaria per ampliare il processo di scelta dei consumatori e un più ampio accesso al credito. Ma dobbiamo assicurare che l'innovazione non comprometta altri obiettivi, comprese la stabilità sistemica e la tutela del consumatore. La sfida che si presenta ai regulators e agli operatori è, come sempre, quella di trovare il giusto compromesso».

STIPENDI MANAGER - I nuovi principi internazionali sulla remunerazione dei manager dovranno essere attuati entro la fine dell’anno ha aggiunto Draghi. «Ci attendiamo - ha detto Draghi - che le autorità nazionali e le società attuino le parti più significative di tali principi per la fine del 2009».

16 giugno 2009
da corriere.it


Titolo: DRAGHI: CRISI AVVIARE DA ORA STRATEGIE D'USCITA
Inserito da: Admin - Giugno 16, 2009, 05:53:22 pm
2009-06-16 16:36

CRISI, DRAGHI: AVVIARE DA ORA STRATEGIE D'USCITA


 ROMA - Fin da subito si dovrebbe "cominciare a considerare le strategie di uscita alla recessione". L'invito arriva dal governatore di Bankitalia e presidente del Financial Stability Board, Mario Draghi, intervenuto oggi ad un convegno a Berlino. Tra le misure invocate dal governatore da mettere in cantiere "l'uscita da politiche di bilancio eccessivamente espansionistiche per gestire la riduzione del debito pubblico e l'uscita dall'attuale orientamento delle politiche monetarie per mantenere l'ancoraggio delle aspettative di inflazione".

"Anche se i tempi non sono ancora maturi per l'immediata attuazione di tali strategie di uscita - ha sottolineato Draghi - lo sono per cominciare a progettarle e per riflettere sulle condizioni necessarie alla loro attuazione". Ora che "ci troviamo ora nel mezzo di una strategia disegnata come risposta alla crisi", occorre dare "una risposta strutturale e regolamentare che mira a ricostruire un sistema finanziario più robusto e meno soggetto al rischio sistemico". L'aumento dei deficit di bilancio, le politiche monetarie marcatamente espansionistiche in tutto il mondo hanno fatto fronte all'emergenza di segno macro", ha ricordato il governatore, e "una lezione importante di questa crisi è che il sistema l'ha affrontata con un capitale particolarmente contenuto, buffer di liquidità estremamente ridotti e un regime di capitale e valutazione con significative conseguenze pro-cicliche. Per affrontare tali tematiche, molti lavori sono in corso sul capitale e sulla liquidità bancaria". In sostanza, ha spiegato il governatore, "il nostro lavoro si basa sul ripristino di un sistema finanziario che operi con meno debito e sia più immune dal set di non corretti incentivi alla base di questa crisi, dove la trasparenza consenta una migliore identificazione e gestione dei rischi, la sorveglianza prudenziale e regolamentare risulti rafforzata e il sistema sia in grado di lasciar fallire le istituzioni non correttamente gestite".

In secondo luogo, la chiarezza: "Siamo impegnati a costituire delle precise aspettative sul futuro contesto di regolamentazione. Costituire aspettative stabili circa il futuro assetto consentirà agli operatori di poter assumere decisioni strategiche con maggiore fiducia". In terzo luogo, "mentre la direzione è chiara, i cambiamenti da apportare dovranno essere graduali. Alcuni elementi del nuovo sistema (ad esempio un maggior livello di capitale) dovranno essere introdotti passo dopo passo, in linea con il miglioramento del contesto di riferimento". In quarto luogo, "dobbiamo mantenere i vantaggi di mercati finanziari globali e integrati. Partendo da un sistema di istituzioni e mercati globali con norme e pratiche di regolamentazione nazionali, dobbiamo impegnarci per una coerenza internazionale negli standard di regolamentazione che favorisca parità di trattamento tra i diversi paesi".

Nello sviluppare e applicare sistemi di supervisione e regolamentazione più incisivi, funzionali a contenere un eccessivo indebitamento e a fronteggiare in modo adeguato fenomeni di market failure, "dobbiamo nel contempo - ha concluso Draghi - evitare di imporre eccessivi e soffocanti livelli di regolamentazione. La regolamentazione non deve impedire l'innovazione, necessaria per ampliare il processo di scelta dei consumatori e un più ampio accesso al credito. Ma dobbiamo assicurare che l'innovazione non comprometta altri obiettivi, comprese la stabilità sistemica e la tutela del consumatore. La sfida che si presenta ai regulators e agli operatori è, come sempre, quella di trovare il giusto compromesso". 

da ansa.it


Titolo: PIL: DRAGHI, SE NON SCENDE ANCORA -5% A FINE ANNO
Inserito da: Admin - Giugno 25, 2009, 05:11:45 pm
2009-06-25 16:27

PIL: DRAGHI, SE NON SCENDE ANCORA -5% A FINE ANNO


L'AQUILA - "Il pil, se non succede niente, in altre parole se non continua a cadere, alla fine di quest'anno sarà sceso del 5% circa". Lo ha detto, intervenendo alla presentazione del Rapporto sull'economia dell'Abruzzo, il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi.
"Si potrà parlare di crescita solo se queste condizioni si realizzeranno: la tenuta dei consumi e la possibile tenuta del mercato del lavoro", ha detto il Governatore Draghi. Per tornare a crescere "la condizione principale è la tenuta dei consumi: in Europa continentale non abbiamo avuto tassi di crescita dei consumi elevati come negli Stati Uniti, ma stabili nel tempo. Se dovessero flettere, anche queste speranze di ripresa potrebbero diventare difficili da realizzarsi", ha aggiunto Draghi, sottolineando che "per la tenuta dei consumi è essenziale una sostanziale tenuta del mercato del lavoro, ma la disoccupazione continua a crescere".
Per questo, tra le condizioni necessarie per la ripresa, Draghi evidenzia anche la necessità che "la capacità di spesa venga conservata anche in presenza di crescita della disoccupazione". In sostanza, conclude il governatore, "i comportamenti delle imprese e dei consumatori da un lato e le politiche economiche che verranno fatte nei prossimi mesi, dall'altro, saranno le condizioni per il superamento di questa crisi".

CRISI: DRAGHI, RIPARARE BANCHE PRIMA DI STRATEGIA USCITA - "E' molto presto per mettere in atto strategia di uscita dalla crisi, quando il sistema bancario non è stato ancora riparato, quando il credito non è ancora tornato ad affluire all'economia". Lo ha detto, riferendosi al contesto internazionale, il Governatore di Bankitalia Mario Draghi, parlando a L'Aquila in occasione della presentazione del rapporto sull'economia abruzzese. Secondo Draghi attuare ora le cosidette exit strategy "non avrebbe nessuna credibilità, però è importante cominciare a disegnarle".
"Nel medio periodo occorre chiedersi come usciremo da questa condizione di politiche monetarie e fiscali straordinariamente espansive. Io non credo che i governi abbiano intenzione di tenersi per sempre le azioni delle banche e di nazionalizzarle. Nessuno ha in mente un obiettivo di questo tipo", ha spiegato Draghi, secondo il quale però "i mercati e la gente guardano a questi punti e certamente vogliono sapere come faremo per uscire da questa situazione di espansione monetaria e di bilancio". Secondo il governatore alcuni paesi stanno cominciando a disegnare le proprie strategie di uscita dalla crisi, ma "per noi l'obiettivo più importante in questa situazione è chiederci come ne usciremo. Con una crescita simile a quella con cui siamo entrati nella crisi, cioé zero? Oppure più elevata?". Per questo, prosegue Draghi, la domanda riguarda le azioni da attuare nel lungo periodo e la risposta passa per "riforme strutturali, in modo da superare la crescita piatta che dura da 15 anni". Negli ultimi periodi, ammette il numero uno di via Nazionale, "ci sono stati progressi, ad esempio nella pubblica amministrazione e nella scuola, ma ci sono tante altre cose da fare". 

da ansa.it


Titolo: DRAGHI: Tremonti-Draghi, scontro sul Pil
Inserito da: Admin - Giugno 26, 2009, 10:19:09 am
ECONOMIA     

Il Governatore: calerà del 5%. Il ministro: pochi mesi fa diceva -2%

Il discorso a L'Aquila tra gli sfollati nella tendopoli: sostegni ai consumi

Tremonti-Draghi, scontro sul Pil

Confindustria: temiamo peggio


dal nostro inviato ELENA POLIDORI

L'AQUILA - Mario Draghi conferma la caduta del Pil 2009 "attorno al 5%, se non succede nulla" ma avverte che per superare la crisi bisogna sostenere i consumi e l'occupazione: "La condizione per non far peggiorare le cose è che tengano i consumi. Per questo è essenziale una tenuta del mercato del lavoro". Gli ha risposto subito il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, intervistato dal Tg2: "Fino a pochi mesi fa la stessa istituzione aveva detto meno 2%. Chi ha ragione? La pioggia di dati e previsioni di questi giorni è un modo per fare del male alla gente, per diffondere sfiducia e incertezza".

Il governatore della Banca d'Italia parla a braccio, nella sede della Cassa di Risparmio dell'Aquila. Le ferite del terremoto sono tutte intorno, anche nella locale sede dell'Istituto di emissione che visita in mattinata e soprattutto nelle tendopoli, dove pure si reca: via Nazionale finanzierà la costruzione di 2 edifici da 30 alloggi "per aiutare nel passaggio" dalla tenda alla casa. Con passione spiega che la crisi mondiale ricorda per certi aspetti "la drammaticità, l'intensità e la subitaneità del sisma che c'è stato qui". Con decisione difende il lavoro che non c'è e che la recessione spazza via, con il risultato che da noi "la disoccupazione continua a crescere". E sul "quantum" è polemica. Al ministro Tremonti, che aveva criticato le stime Istat, ora risponde l'Istituto statistico: "Le nostre rivelazioni sono ampie e affidabili. Sono indagini non solo telefoniche, ma a domicilio con interviste alle famiglie faccia a faccia. La metodologia è quella Eurostat".

Ma per Draghi il punto sono i consumi. Se crollano, "anche le speranze di recupero si faranno più difficili". E perché questo non avvenga occorre "salvaguardare la capacità di spesa anche in presenza di disoccupazione", dunque par di capire con indennità e ammortizzatori vari. Perciò, "i comportamenti dei consumatori e delle imprese da un lato e le politiche economiche che verranno fatte nei prossimi mesi, dall'altro, saranno le condizioni per il superamento della crisi".

Dal suo osservatorio il governatore vede parecchi segnali positivi, primo fra tutti "un rallentamento della velocità di caduta del Pil" che s'attesterebbe appunto a meno 5% a fine anno, "ma solo se migliora nel secondo semestre", come nota subito il leader degli industriali, Emma Marcegaglia. Anche dai settori arrivano speranze: per l'elettronica, per esempio, che ha subito un crollo, "l'apice della crisi c'è stata nei primi quattro mesi", assicura l'Anie. E Draghi commenta: "Non siamo a un punto di svolta, ma questi segnali vanno guardati con attenzione". Poi a voce alta si chiede: "Come usciremo dalla crisi? Con una crescita zero come siamo entrati? O superiore? E allora, che fare? La risposta è: riforme strutturali". Progressi sono stati fatti nella scuola e nella pubblica amministrazione. In ogni caso, è "presto" per mettere in atto delle exit strategy globali perché "il sistema bancario non è stato ancora riparato, il credito non affluisce all'economia": occorre però "cominciare a disegnarle e a comunicarle".

(26 giugno 2009)
da repubblica.it


Titolo: Draghi: «Crisi? Non è ancora l'ora per attuare una exit strategy»
Inserito da: Admin - Giugno 27, 2009, 07:33:03 pm
Parlando nella veste di presidente dell'Fsb

Draghi: «Crisi? Non è ancora l'ora per attuare una exit strategy»

Per il Governatore i governi non devono ancora cessare le politiche di incentivi e di aiuti all'economia
 

BASILEA - Non è ancora il momento per attuare una exit strategy dalle politiche di incentivi e di aiuti all'economia messi in campo dai governi per combattere la crisi, ma bisogna «discuterne per essere preparati». È quanto ha affermato il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, parlando nella veste di presidente dell'Fsb al termine della prima riunione dell'organo.

ECONOMIA FRAGILE - «Non è ancora il momento» ha spiegato Draghi che ha citato «la fragilità dell'economia» e il processo di ristrutturazione e rafforzamento dei bilanci bancari che non è ancora completato. Secondo Draghi inoltre «una exit strategy deve essere credibile e per farlo deve avere un sistema bancario riparato». Per Draghi comunque occorre discutere perché, quando arriverà il momento, bisogna essere pronti data la complessità della vicenda.

SEGNI MIGLIORAMENTO - Vi sono «segnali di miglioramento dell'economia mondiale e in alcuni mercati finanziari, specialmente nel mercato della raccolta», spiega il governatore al termine della prima riunione dell'organo. Secondo Draghi comunque permangono alcune fragilità come la non completa ristrutturazione del sistema bancario, alcune criticità nelle cartolarizzazioni e nella politica di prestiti delle banche che «devono essere rafforzate per fornire un supporto alla ripresa».


27 giugno 2009
da corriere.it


Titolo: DRAGHI, NON ANCORA MOMENTO PER EXIT STRATEGY
Inserito da: Admin - Giugno 27, 2009, 07:34:55 pm
2009-06-27 18:44

CRISI: DRAGHI, NON ANCORA MOMENTO PER EXIT STRATEGY


 BASILEA - Non è ancora il momento per attuare una exit strategy dalle politiche di incentivi e di aiuti all'economia messi in campo dai governi per combattere la crisi, ma bisogna "discuterne per essere preparati". E' quanto ha affermato il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, parlando nella veste di presidente dell'Fsb al termine della prima riunione dell'organo. "Non è ancora il momento" ha spiegato Draghi che ha citato "la fragilità dell'economia" e il processo di ristrutturazione e rafforzamento dei bilanci bancari che non è ancora completato. Secondo Draghi inoltre "una exit strategy deve essere credibile e per farlo deve avere un sistema bancario riparato". Per Draghi comunque occorre discutere perché, quando arriverà il momento, bisogna essere pronti data la complessità della vicenda.

Vi sono "segnali di miglioramento dell'economia mondiale e in alcuni mercati finanziari, specialmente nel mercato della raccolta", ha poi affermato il governatore della Banca d'Italia. Secondo Draghi comunque permangono alcune fragilità come la non completa ristrutturazione del sistema bancario, alcune criticità nelle cartolarizzazioni e nella politica di prestiti delle banche che "devono essere rafforzate per fornire un supporto alla ripresa".

MERCATI AI LIVELLI PRE-LEHMAN
I mercati sono tornati a livelli precedenti al fallimento della Lehman Brothers nell'autunno scorso, anche se ancora non hanno raggiunto i livelli pre-crisi. Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi parlando nella veste di presidente dell'Fsb al termine della prima riunione dell'organo. Secondo Draghi dal crollo della Lehman "molto è stato fatto" in termine di politica monetaria, di stimoli all'economia, macroprudenziale e di ricapitalizzazione. "Se guardate agli spread e alla volatilità - ha aggiunto - siamo tornati ai livelli prima del fallimento della Lehman". 

da ansa.it


Titolo: DRAGHI attacca le banche "Il credito rallenta ancora"
Inserito da: Admin - Luglio 08, 2009, 12:58:48 pm
ECONOMIA     

Il governatore all'Abi: monito sul massimo scoperto

Tremonti: "Nuovo inizio, moratoria sui crediti delle imprese"

Draghi attacca le banche "Il credito rallenta ancora"
 

ROMA - "Il credito alle imprese rallenta ancora". "La redditività degli istituti è destinata a scendere". "Stop a commissioni complesse e opache". E un nuovo monito sul massimo scoperto. Il governatore di Bankitalia parla all'assemblea dell'Abi. E annuncia anche che l'istituto ha "costituito una task force per valutare gli effettivi meccanismi di remunerazione" dei manager bancari "e chiedere correttivi dove necessario".

Credito in contrazione. I prestiti sono ancora in calo, e sono soprattutto le aziende a subire la diminuzione. "Il credito al settore privato - ha detto Draghi - rallenta ancora. Da aprile la variazione su tre mesi è divenuta negativa: in maggio era pari a -0,9% su base annua. Nell'ultimo decennio - ha aggiunto - il tasso di crescita medio annuo del credito al settore privato è stato pari al 9,6%. E' particolarmente intensa la decelerazione dei prestiti erogati dai gruppi bancari maggiori".

"I prestiti alle famiglie - ha sottolineato il governatore - continuano a espandersi, benchè a ritmi nettamente inferiori a quelli degli ultimi anni".

Massimo scoperto. "Le banche devono risolvere alla radice la questione del massimo scoperto", e devono "sostituire spontaneamente, una volta per tutte, le commissioni complesse e opache con commissioni ragionevoli sui fondi messi a disposizione; per il resto - dice Draghi - si riconduca tutto all'applicazione trasparente dei tassi di interesse".

Rafforzare il patrimonio. "Le risorse patrimoniali delle banche italiane si collocano ampiamente al di sopra dei minimi regolamentari; lo sono state anche durante le fasi più acute della crisi". Ma "è necessario comunque un rafforzamento" dei coefficienti patrimoniali degli istituti di credito.

La crisi e il lavoro. Per il numero uno di via Nazionale bisogna usare "molta cautela" nell'interpretazione dei dati sulla cassa integrazione perchè "una rondine non fa primavera". "Abbiamo già avuto una diminuzione a gennaio e inoltre a giugno c'è una forte stagionalità: negli ultimi venti anni abbiamo sempre assistito a una diminuzione della Cig in giugno".

Tremonti e la moratoria. Un "nuovo inizio" che prenda la forma di "un avviso comune", uno "sforzo" che preveda anche "una moratoria sulle scadenze dei crediti delle imprese". E' quanto ha proposto il ministro dell'Economia parlando dal palco dell'Assemblea. "E' arrivato il tempo - ha detto Tremonti - per il nuovo inizio. Abbiamo comune responsabilità per il nostro Paese. Quanto fatto è stato necessario. Ma ora, proprio ora, può essere necessario fare di più. Qualcosa che può prendere un avviso comune da produrre subito prima di agosto. Nel rispetto delle regole del patrimoni o delle banche, su base non obbligatoria e volontaria. Possono prendere la forma di uno sforzo ulteriore quanto di una moratoria sulle scadenze più pressanti dei crediti delle imprese".

(8 luglio 2009)
da repubblica.it


Titolo: DRAGHI: «Il lavoro degli stranieri è una risorsa, ma va governato»
Inserito da: Admin - Agosto 26, 2009, 10:18:33 pm
Intervento del governatore al Meeting di Cl a Rimini

Draghi: «Possibile ripresa dal 2010»


Restano però molte le imprese che rischiano di sparire.

«Il lavoro degli stranieri è una risorsa, ma va governato»


ROMA - Il peggio è passato e dal 2010 anche l' economia italiana potrebbe tornare a crescere. Ma uscire dalla crisi, per il nostro paese, sarà un'impresa difficile. E' questa, in sintesi, l'opinione di Draghi, espressa al meeting di Cl a Rimini, dove ha anche difeso il lavoro degli stranieri e criticato il ripristino delle gabbie salariali. «Secondo stime largamente condivise, nella media del 2009 la caduta del Pil rispetto all'anno precedente, risulterà in Italia intorno al 5 per cento; nel prossimo anno, il graduale recupero della domanda mondiale potrebbe consentire all'economia italiana di tornare a crescere sia pure di poco». Il Governatore della Banca d'Italia mostra così un cauto ottimismo rispetto all'uscita dalla crisi economica.

MOLTE IMPRESE RESTANO A RISCHIO - «Non poche imprese - ha però aggiunto Draghi - soprattutto quelle più esposte verso gli intermediari finanziari, che avevano avviato prima della crisi una promettente ristrutturazione, colte a metà del guado dal crollo della domanda, potrebbero veder frustrato il loro sforzo di adeguamento organizzativo, tecnologico, di mercato e rischiano la stessa sopravvivenza. Si aggraverebbe così la perdita di capacità, potenziale e attuale, del sistema. Un deterioramento prolungato del mercato del lavoro potrebbe compromettere la ripresa dei consumi e depauperare il capitale umano».

IL LAVORO DEGLI STRANIERI E' UNA RISORSA - Il Paese dispone di una «risorsa, potenzialmente di grande rilevanza per la nostra economia, la disponibilità di lavoro straniero». Lo ha detto - intervenendo al Meeting dell'Amicizia di Rimini - il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che però avverte: «potremo utilizzarla solo se saranno governati i gravi problemi che essa pone sotto il profilo della integrazione sociale e culturale». Con «4,3 milioni» di stranieri, stimando anche il numero di chi non è iscritto all'anagrafe e chi non ha permesso di soggiorno, per Draghi «i cittadini stranieri in Italia sono in media più giovani e meno istruiti degli italiani ma partecipano in misura maggiore al mercato del lavoro e svolgono mansioni spesso importanti per la società e l'economia italiane, anche se poco retribuite». E, dice Draghi, non rappresentano un pericolo per il lavoro degli italiani: «Non si rilevano conseguenze negative apprezzabili sulle prospettive occupazionali degli italiani, un risultato che emerge dalla grande maggioranza degli studi svolti nei paesi a elevata immigrazione».

NO ALLE GABBIE SALARIALI - Nessun ripristino delle gabbie salariali, ma «gradi più elevati di decentramento e di flessibilità nella contrattazione», quindi un maggior peso della contrattazione di secondo livello. E’ stata questa la strada indicata dal Governatore dal palco Rimini a proposito del divario salariale fra Nord e Sud. Draghi ha ricordato che, secondo le stime di Via Nazionale, «nel settore privato i livelli dei salari reali non sono molto discosti». «Comunque - ha sottolineato il Governatore - non si tratta di imporre vincoli aggiuntivi al processo di determinazione dei salari con il ripristino delle cosiddette gabbie salariali, ma al contrario di conseguire gradi più elevati di decentramento e di flessibilità nella contrattazione. Le parti sociali - aggiunge - si sono progressivamente orientate in questo senso, da ultimo con l’accordo recente che prevede un maggior peso della contrattazione di secondo livello».

ALZARE L'ETA' PENSIONABILI - Secondo Draghi è poi necessario innalzare l'età pensionabile per ridurre la spesa pubblica corrente. La ricostruzione della economia italiana non potrà avvenire «senza il mantenimento della stabilità finanziaria, senza l'equilibrio dei conti pubblici. È evidente che l'indispensabile riduzione del debito richiede da un lato un insieme di programmi strutturali di contenimento e riqualificazione della spesa corrente e dall'altro una riduzione dell'evasione fiscale. Non credo tuttavia - ha aggiunto Draghi - che senza un netto aumento dell'età media effettiva di pensionamento, pur con tutte le garanzie necessarie per i cosiddetti lavori usuranti, sia possibile nel medio periodo conseguire risultati sufficienti in termini di minor spesa corrente. In presenza di un forte incremento della speranza di vita, l'allungamento della vita lavorativa è importante per rendere compatibili l'esigenza di contenimento della spesa pubblica con quella di garantire un reddito adeguato durante la vecchiaia; può contribuire, se accompagnato da azioni che rendano più flessibili orari e salari dei lavoratori più anziani, ad aumentare il tasso di attività e a sostenere il tasso di crescita potenziale dell'economia. Può anche consentire di destinare maggiori risorse ad altri comparti della spesa sociale».


26 agosto 2009
da corriere.it


Titolo: DRAGHI Bene, ma a quando il "price cap"?
Inserito da: Admin - Settembre 13, 2009, 09:50:34 pm

ECONOMIA
         
L'ANALISI

Bene, ma a quando il "price cap"?


di CARLO CLERICETTI

Il governatore Mario Draghi fa un altro piccolo passo avanti nella difesa del consumatore dallo strapotere delle banche. Le "Norme sulla correttezza delle relazioni fra intermediari e clienti" (vedi qui i documenti completi) costituiscono un altro cauto progresso, anche se ancora resta parecchio da fare. Oltre alla chiarezza nell'esposizione delle condizioni, perseguita anche con le indicazioni sull'apetto tipografico dei documenti, due disposizioni sono particolarmente interessanti e meritano qualche chiosa.

La prima è quella sugli "indicatori sintetici di costo" (Isc), che diventano obbligatori per tutti i principali rapporti che si stabiliscono con la banca (conti correnti destinati ai consumatori, anticipazioni bancarie, aperture di credito per clienti al dettaglio, altri finanziamenti come prestiti personali e prestiti finalizzati). Hanno la stessa funzione del Taeg (Tasso annuo effettivo globale) già in vigore per il credito al consumo, che incorpora in un solo dato, dunque facilmente comprensibile e confrontabile, tutte le spese legate a una data operazione. Per esempio, le offerte di rate "a tasso zero" possono comportare spese anche non indifferenti per l'"istruzione della pratica": in questi casi il Taeg, che è obbligatorio indicare contestualmente, lo rivela subito. Nelle operazioni bancarie sono possibili infinite "scappatoie" di questo genere, e gli Isc dovrebbero farle emergere evitando ai clienti brutte sorprese.

Una norma di questo tipo dovrebbe essere applicata a maggior ragione ai prodotti assicurativi, tradizionalmente i più opachi e costosissimi, specialmente le polizze vita. Purtroppo non dipende da Draghi, ma dall'Isvap; ma forse anche l'Antitrust potrebbe intervenire in proposito. C'è da sperare che queste Authority almeno seguano l'esempio del governatore, visto che finora non hanno preso l'iniziativa. Per i prodotti finanziari, e specialmente per le polizze vita e i Fondi pensione, sarebbe molto utile anche un "Raeg" (Rendimento annuo effettivo globale), che faccia capire quanto (e se) stanno fruttando davvero i soldi investiti, considerando caricamenti, commissioni e spese varie. Ne emergerebbero notevoli sorprese.

La seconda disposizione è quella che nel documento viene definita "Conti correnti semplici". Citiamo: "Il "Conto corrente semplice" è un contratto disegnato sulle esigenze di base dei consumatori e consente di usufruire, verso il pagamento di un canone annuo
fisso, di un rapporto di conto corrente che prevede un numero determinato di operazioni di scritturazione contabile e di servizi. Il numero viene stabilito dalla
Banca d'Italia sulla base di un accordo tra l'Associazione Bancaria Italiana e la maggioranza delle Associazioni facenti parte del Consiglio Nazionale dei
Consumatori e degli Utenti (CNCU) ed è allegato alle presenti disposizioni".

Qoesto tipo di conto si avvicina a quanto proposto alcuni anni fa in base a un semplice ragionamento. Il conto corrente è ormai un servizio indispensabile come il telefono, l'elettricità o il gas. Gli operatori che offrono questi ultimi, però, sono sottoposti a un controllo delle tariffe da parte di Authority indipendenti preposte al settore. Non possono fare i prezzi che vogliono, devono concordarli con i loro controllori. E questo non avviene soltanto in Italia, ma anche nei paesi simbolo del liberismo economico come Stati Uniti e Inghilterra. Il meccanismo, di cui esistono diverse modalità di applicazione, si chiama "price cap" ("tetto al prezzo"). In linea di massima, si riconosce ai gestori la facoltà di aumentare i prezzi di una percentuale pari all'inflazione, detraendo però una parte dei guadagni di produttività (secondo il principio che questi vanno divisi tra l'azienda e consumatori). Ciò che interessa, comunque, è che esiste una controparte che ha la facoltà di giudicare se determinati prezzi sono eccessivi e il potere di imporne una riduzione.

Non si vede, dunque, perché un meccanismo analogo non debba essere applicato alle banche. Non a tutte le loro attività, naturalmente. Ma il "Conto corrente semplice" sarebbe un perfetto candidato, per le sue caratteristiche di servizio senza alcun valore aggiunto e i cui costi di gestione sono stati drasticamente abbattuti dall'informatica, mentre le spese per i clienti continuavano a salire. Nelle disposizioni di Bankitalia, invece, si prevede che venga concordato soltanto il numero di operazioni comprese nel forfait, lasciando libere le banche di determinare i prezzi e senza neanche l'obbligo di offrire comunque questo prodotto. La supposizione implicita è che sia la concorrenza ad agire da calmiere: ma l'esperienza di tutti questi anni ha dimostrato che ciò non è accaduto.

Draghi è il primo governatore ad essersi concretamente interessato della difesa dei clienti delle banche, in base al giusto principio che il sistema non progredisce guadagnando sulle posizioni di rendita ingiustificata. Faccia anche questo passo, sarebbe del tutto coerente con la sua impostazione.

(12 settembre 2009)
da repubblica.it


Titolo: DRAGHI: Draghi, allarme Mezzogiorno "Tanta criminalità e pil deludente"
Inserito da: Admin - Novembre 26, 2009, 03:56:08 pm
ECONOMIA
     
Il governatore a un convegno a Palazzo Koch sottolinea tutti i problemi e le carenze del Sud: le mafie "si infiltrano nelle amministrazioni locali"

Draghi, allarme Mezzogiorno "Tanta criminalità e pil deludente"

Napolitano: "Anche il Nord ha bisogno del Meridione"


ROMA - Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, lancia l'allarme sulla situazione del Mezzogiorno: in un convegno sul Sud in corso a Palazzo Koch spiega che nel nostro Meridione "la criminalità infiltra le pubbliche amministrazioni"; che "da lungo tempo" ci sono "risultati economici deludenti", col "divario di Pil pro capite rispetto al Centronord che è rimasto sostanzialmente immutato per trent'anni. Per questo occorre cambiare prospettiva: "Investire in applicazione, piuttosto che in sussidi".

E al convegno partecipa anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Che all'uscita, dopo aver ascoltato l'intervento di Draghi, dichiara: "Tutte le parti del paese, anche il Nord, hanno bisogno che il Mezzogiorno si sviluppi se vogliamo un recupero e il rilancio dell'economia italiana nel suo complesso. E' una crescita che va sostenuta nell'avvenire".

Il divario economico.INel suo discorso il governatore non nasconde l'arretratezza del Sud: "Ci vive un terzo degli italiani, produce un quarto del prodotto nazionale lordo; rimane il territorio arretrato più esteso e più popoloso dell'area euro". "Il processo di cambiamento è troppo lento - continua - mentre le altre regioni europee in ritardo di sviluppo tendono a convergere verso la media dell'area, il Mezzogiorno non recupera terreno". E infatti, "nel 2008 la contrazione del Pil meridionale è stata più severa di quella del Centro Nord: -1,4% contro -0,9%".

Il divario nei servizi. "Scarti allarmanti di qualità" tra Centronord e Mezzogiorno nei servizi essenziali per i cittadini e le imprese: Draghi cita, a questo proposito, istruzione, giustizia civile, sanità, asili, assistenza sociale, trasporto locale, gestione dei rifuti, distribuzione idrica.

I problemi con le banche. Su questo fronte, non c'è un divario consistente: "Non ci sono marcate divergenze nell'andamento del credito bancario tra il Centro Nord e il Mezzogiorno. Con al crisi i prestiti alle famiglie hanno rallentato fortemente in entrambe le aree territoriali, continuando tuttavia a crescere di più al Sud. I prestiti alle imprese e il costo del credito hanno avuto, pur partendo da livelli diversi, dinamiche simili nelle due aree".

Allarme criminalità. Anche su questo, Draghi non nasconde la gravità della situazione: "Grava su ampie parti del nostro Sud il peso della criminalità organizzata. Essa infiltra le pubbliche amministrazioni, inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola il funzionamento del libero mercato concorrenziale, accresce i costi della vita economica e civile". Questo perché "alla radice dei problemi stanno la carenza di fiducia tra cittadini e istituzioni, la scarsa attenzione al rispetto delle norme, l'insufficiente controllo degli elettori verso gli eletti, il debole spirito di cooperazione: è carente il 'capitale sociale'".

La ricetta del governatore. Eccola: "Occorre investire in applicazione, piuttosto che in sussidi. Tradurre questa impostazione in atti concreti di governo non è facile". Ma "i sussidi alle imprese sono stati generalmente 'inefficaci', non è pertanto dai sussidi che può venire uno sviluppo durevole delle attività produttive".

(26 novembre 2009)
da repubblica.it


Titolo: DRAGHI: mercati meglio delle previsioni "Ma la situazione è ancora fragile"
Inserito da: Admin - Gennaio 09, 2010, 10:48:49 pm
Il governatore: "Merito delle politiche espansive anticrisi"

Ma ricorda che sono misure eccezionali e gli Stati dovranno rifinanziarsi

Draghi, mercati meglio delle previsioni

"Ma la situazione è ancora fragile"


ROMA - La situazione del sistema finanziario oggi è "molto migliore di quanto ci si poteva attendere un anno fa, ma allo stesso tempo non è così positiva come credono i mercati". Lo ha affermato il presidente del financial stability board, Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia.

Innanzitutto perchè la situazione attuale riflette le politiche espansive messe in campo per contrastare la crisi, che tuttavia sono a carattere eccezionale. Inoltre, Draghi ha rilevato che le future necessità di rifinanziamento delle istituzioni finanziarie "sono veramente notevoli". E allo stesso tempo, più a lungo termine anche le necessità di finanziamento dei governi diventeranno "straordinarie", ha avvertito il governatore.

Inoltre, ha sottolineato Draghi al termine della riumuine plenaria dell'ente transnazionale  che si è tenuta a Basilea, "dopo la crisi finanziaria degli ultimi due anni alcuni banchieri stanno di nuovo assumendo posizioni di rischio, ed è necessario che le loro retribuzioni vengano adeguate ai rischi presi".

I paesi del Financial Stability Board stanno procedendo a modificare le regole sulla vigilanza sulle retribuzioni nel settore bancario, in modo che risultino maggiormente allineate al contesto di prese di rischio. Secondo l'Fsb bisogna puntare a pratiche "giudiziose" (sound) sulle retribuzioni.

Il mese scorso lo stesso Fsb ha deciso di avviare un monitoraggio della messa in opera di principi e standard individuati per questa area, ha aggiunto Draghi. E come richiesto dai leader del G20, entro il marzo del 2010 si punta a completare questo monitoraggio e a pubblicarne i risultati con un rapporto.

 

(09 gennaio 2010)
da repubblica.it


Titolo: DRAGHI: criteri globali anti-crac
Inserito da: Admin - Gennaio 31, 2010, 10:46:37 am
Il governatore illustra i tre "pilastri" per un funzionamento vistuoso del sistema

"Trovare regole comuni che poi ogni paese gestirà autonomamente"

A Davos i Grandi della finanza

Draghi: criteri globali anti-crac


DAVOS - Banchieri centrali, governi, organizzazioni economiche internazionali, lavorano ad una "riforma su tre pilastri" per mettere il sistema finanziario mondiale al sicuro dal rischio di fallimenti di grande banche, una lezione che ci ha dato la crisi. Mario Draghi, il governatore di Bankitalia, sintetizza così i perni del "progetto del Financial Stability Board che va avanti da 5-6 mesi", e su cui a Davos, in un serrato programma di riunioni ai massimi livelli a margine del World Economic Forum, si è tentato di definire una soluzione: "Ridurre il rischio di fallimenti di grande dimensione; ridurre la probabilità di questi fallimenti; mettere in campo dei meccanismi che permettano una gestione ordinata di questi fallimenti".

Tra i possibili strumenti emerge l'ipotesi forte di una authority "che abbia il potere, i fondi, il budget, e la competenza per gestire i fallimenti in maniera ordinata", dice Draghi; così come quella di una soprattassa "per gli istituti che sono troppo grandi per fallire o che sono sistemicamente importanti".
Obiettivi chiari, confronto ancora aperto sulle soluzioni.

Sul tavolo del confronto a Davos (oggi anche con il consigliere economico della Casa Bianca Larry Summers, ed i ministri delle Finanze francese, Christine Lagarde, e inglese, Alistair Darling, ma anche politici e banchieri) non sarebbe arrivata la proposta di far pagare alle banche un "gettone", una sorta di assicurazione per alimentare un fondo anti-fallimento che consentirebbe di non far pesare sulle risorse pubbliche il costo di eventuali collassi delle banche "too big to fail". "Di questo non se ne è discusso", dice Draghi. Ma c'è comunque, indica il governatore di Bankitalia, l'ipotesi di creare in qualche modo "un capitale di emergenza". Mentre il presidente della Bce Jean Claude Trichet incalza: "Serve un insieme globale di regole che siano coerenti e consistenti. Se non avremo un sistema di regole globale, correremmo il rischio di una catastrofe". La strada, da quanto trapela dalle riunioni a porte chiuse di Davos, potrebbe essere quella di far "pagare" alle banche i rischi di eccesso di esposizione, di rapportare quindi una eventuale tassa al rapporto indebitamento e solidità patrimoniale. La difficoltà è quella di arrivare a regole universali, dagli Usa all'Europa, valide in Paesi, viene fatto notare, "che hanno sistemi molto diversi, basta pensare alle "robin hood tax" dell'Italia.


L'economista Nouriel Roubini, che ha partecipato agli incontri a porte chiuse di Davos, dice di aver assistito ad "un dialogo che va avanti, molto costruttivo e utile", le banche su un fronte, il pressing di governi e regolatori dall'altro, con l'obiettivo "di raggiungere entro la fine dell'anno" un accordo. La "volontà di tutti" nell'andare avanti c'è, ed è già un importante risultato raggiunto a Davos. Lo sottolinea Draghi: è emersa, dice, "una volontà condivisa di portare avanti una riforma del sistema finanziario, nell'impegnarsi in questa direzione" espressa da "governi, politici, economisti, banchieri, regolatori, da parte di tutti" gli intervenuti al tavolo dei confronti a porte chiuse a margine del forum sulle alpi svizzere.

(30 gennaio 2010)
da repubblica.it


Titolo: Draghi: "Governi d'accordo per una riforma della finanza"
Inserito da: Admin - Febbraio 01, 2010, 10:28:01 am
Il governatore della Banca d'Italia dopo gli incontri a porte chiuse tra i leader della finanza al forum economico di Davos in Svizzera

Draghi: "Governi d'accordo per una riforma della finanza"


DAVOS - Dai confronti a porte chiuse sulla crisi a margine del forum economico di Davos, in Svizzera,  emerge "una volontà condivisa nel voler portare avanti la riforma del sistema finanziario con un impegno di tutti in questa direzione". Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, a conclusione della riunione dei leader della finanza, specificando che dagli incontri emerge il consenso di "governi, politici, economisti, banchieri, regolatori". Come già ieri, sera questa mattina sono stati visti entrare alla riunione ministri delle Finanze, come la francese Christine Lagarde e l'inglese Alistair Darling. C'era il consigliere economico della Casa Bianca, Larry Summers. Ed è arrivato il commissario europeo Joaquim Almunia, per un vertice oggi allargato anche a banchieri e industriali. Altri incontri ci saranno in giornata per continuare a fare il punto, con una valutazione comune, sulla crisi e per portare avanti il tema di più stretta attualità di una riforma per banche e sistema finanziario.


"C'è una comune volontà di impegnarci su questo fronte", ha detto Mario Draghi lasciando il congress center di Davos dopo la riunione di questa mattina. Il governatore della Banca di Italia partecipa a questa serie di confronti al vertice (ieri con banchieri centrali, organizzazioni economiche internazionali, ministri delle finanze; oggi allargata anche a politici, banchieri e manager) nel suo ruolo di presidente del Financial Stability Board creato per monitorare ai massimi livelli crisi e strumenti di intervento.

Draghi parla dei "tre pilastri" per una riforma del sistema della finanza e delle banche. "C'è un progetto del Financial Stability Board che va avanti da 5-6 mesi", spiega il governatore, "diretto a ridurre il rischio di fallimenti di grande dimensione; a ridurre la probabilità di questi fallimenti; a metter in campo dei meccanismi che permettano una gestione ordinata di questi fallimenti".


Il governatore di Bankitalia ha poi smentito la notizia del Financial Times di oggi su un fondo di salvataggio delle banche per arginare il peso di eventuali fallimenti: "Non se ne è discusso",  ha detto Mario Draghi, smentendo la notizia. Secondo il giornale britannico che ha intervista alcuni banchieri presenti a Davos, le istituzioni bancaria starebbero pensando a  un fondo, proveniente quasi esclusivamente dalle banche , che servirebbe  come un assicurazione per evitare le ricadute di eventuali fallimenti di istituti. "Servirebbe - ha detto Josef Ackermann - per aiutare a risolvere problemi di grandi bancarotte". Anche il presidente della Barclays, Bob Diamond  ha spiegato al giornale che "il G20 avrebbe bisogno di questo schema assicurativo".

(30 gennaio 2010)
da repubblica.it


Titolo: DRAGHI: "Regole contro gli speculatori"
Inserito da: Admin - Marzo 09, 2010, 10:53:20 pm
8/3/2010 (21:33)

Draghi: "Regole contro gli speculatori"
   
Il governatore di Bankitalia da Basilea: "No a regole uniche ma evitare rischi"

Trichet: «Continua la crescita globale»

BASILEA

Non esiste una regola unica valida in tutto il mondo che possa evitare i rischi all’intero sistema causati da fallimenti di banche troppo grandi. Mentre il mercato dei Cds, che in queste settimane ha soffiato sulla speculazione causata dalla crisi della Grecia, crea una «forte insicurezza», può portare rischi all’intero sistema e va quindi regolato. Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi fa il punto dei lavori dell’Fsb, l’organismo da lui presieduto incaricato di scrivere le nuove regole della finanza mondiale e che a Basilea riunisce lo steering comitee in contemporanea con la riunione della Bri.

Draghi tiene una conferenza stampa dopo quella del presidente della Bce Jean Claude Trichet che, nella sua veste di presidente del Global Economy Meeeting ha ascoltato il polso della situazione mondiale dai rappresentanti delle banche centrali di mezzo mondo. «La crescita - afferma Trichet sulla base di queste indicazioni - continua a restare positiva» e induce le autorità di vigilanza un poco ovunque, compresa la ’suà Bce, a ritirare con gradualità le misure straordinarie prese nell’apice della crisi per sostenere i mercati fornendo innanzitutto liquidità a pioggia. Una decisione che però, ammonisce Trichet, non deve essere male interpretata nel senso di un prossimo rialzo dei tassi. Dopo Trichet è la volta di Draghi che aggiorna sullo stato dell’arte dei lavori Fsb sui punti cardine: la riforma di Basilea 2 in tema di liquidità e capitale, il problema delle banche troppo grandi per fallire, le retribuzioni dei manager, il mercato Otc e la convergenza delle diverse regole di contabilità in Europa e Usa.

Nelle ultime settimane gli Stati Uniti hanno un poco sparigliato le carte con la decisione di introdurre la regola Volcker, ovvero la separazione nelle grandi banche delle attività di investimento più rischiose a quelle tradizionali coperte dalla garanzia dello Stato. Per Draghi «l’agenda dell’Fsb va avanti» e le misure venute fuori in questi ultimi tempi come la regola Volcker ma anche le proposte per una tassazione aggiuntiva (che verrà discussa con l’Fmi) attengono più alle scelte dei governi e autorità nazionali che devono fare i conti con la loro situazione locale. Bisogna perciò contare su un terreno comune solido di regole e principi e un mix di misure che a volte sono uguali e obbligatori per tutti, come le norme di Basilea sul capitale, a volte no «come per la separazione delle attività o l’imposizione di una struttura legale» per le quali «l’armonizzazione è minima» . Proprio i timori di effetti negativi dall’introduzione di requisiti di capitale più alti e limiti per l’indebitamento hanno provocato critiche da parte di molte associazioni bancarie europee e americane.

Il ragionamento che circola nell’Fsb, spiegano diverse fonti interpellate, è che i problemi delle banche in Europa sono molto diversi fra loro, con Francia, Italia e Germania che hanno nessuna o poche banche coinvolte mentre la Gran Bretagna deve fare i conti con una diversa realtà. Per questo il settore bancario europeo dovrebbe attendere il varo delle misure. Per incentivare le banche a pensare a una visione più a lungo termine, anche tenendo conto che l’epoca dei bassi tassi non può durare all’infinito e che bisognerà rifinanziare una cospicua massa di debito privato, Draghi ritiene opportuno riaprire il canale delle cartolarizzazioni, «finito a secco» a seguito della crisi rendendo diverso rispetto a prima con più trasparenza e semplicità. Dove occorre mettere mano alla regolamentazione, anche se non è ancora chiaro come, è il mercato dei Cds: «quando qualcosa ha implicazioni sistemiche si può scommettere che si avrà una regolamentazione sistemica».

da lastampa.it


Titolo: DRAGHI: "Ripresa disomogenea Debole in Europa, fragile ovunque"
Inserito da: Admin - Marzo 17, 2010, 08:31:23 pm
Il governatore di Bankitalia, al Parlamento europeo, smorza le attese di un immediato superamento della crisi

"Quasi tutte le banche sono sulla via di risolvere i problemi di finanziamento, ma i bilanci sono ancora esposti"

Draghi: "Ripresa disomogenea Debole in Europa, fragile ovunque"


BRUXELLES - "La ripresa è disomogenea, debole in Europa, ancora fragile ovunque": Il governatore di Bankitalia e presidente del Financial stability board, Mario Draghi, intervenendo al Parlamento europeo, smorza così alcuni facili entusiasmi sul superamento della crisi economica. "Quasi tutte le banche sono sulla via di risolvere i problemi di finanziamento, ma i loro bilanci sono ancora esposti a elementi di fragilità legate soprattutto allo stato della ripresa economica" spiega Draghi.

E così, vista la "fragile" ripresa, nonostante le "pressioni per diluire il rigore degli standard" della regolamentazione, resta necessario il "coordinamento fra le diverse giurisdizioni" per creare "un meccanismo di gestione dei processi" degli eventuali fallimenti delle banche "in modo precoce e ordinato".

E' il sistema creditizio quello su cui Draghi focalizza l'attenzione. Mettendo in guardia dal fatto che le nuove regole sui requisiti di capitale delle banche "non danneggino la ripresa". Nonostante questo, aggiunge, "non dobbiamo permettere che le attuali situazioni di difficoltà incidano sulla definizione dei nuovi standard".  Draghi non nega l'esistenza di "resistenze" verso le nuove regole e parla del lavoro che sta svolgendo l'Fsb, soprattutto per quanto riguarda le cosidette banche 'troppo grandi per fallire': "Il costo del fallimento potenziale di queste banche ricadrebbe su tutti, perchè queste istituzioni sanno di essere troppo grandi per fallire e prendono più rischi, perchè sanno che i governi non le abbandoneranno. Ecco perchè i governi devono intervenire per risolvere il problema".

Infine Draghi fissa una scadenza precisa: "Il 2010 sarà l'anno cruciale per la messa in atto di quelle che finora sono state proposte a livello politico per la regolamentazione e la stabilità dei mercati finanziari e del settore bancario".

(17 marzo 2010)
da repubblica.it


Titolo: DRAGHI: «Accelerare su equilibrio conti»
Inserito da: Admin - Luglio 15, 2010, 12:34:55 pm
E sulla situazione economica: «Incerte prospettive sul lavoro, bisogna puntare a crescita»

Draghi: «Accelerare su equilibrio conti»

Il governatore di Bankitalia: necessaria una correzione di rotta rispetto alle tendenze degli ultimi decenni


ROMA - La manovra economica? «Era inevitabile agire al più presto». Ne è convinto il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ha preso la parola all'assemblea dell'Abi, l'Associazione che riunisce le banche italiane. «Se la correzione possa effettivamente consentire di raggiungere gli obiettivi di indebitamento netto - ha sottolineato - potrà essere valutato solo nei prossimi mesi, anche tenendo conto del quadro macroeconomico e delle sue retroazioni sul bilancio». Draghi ha in ogni caso sottolineato che «un'accelerazione del rientro dagli squilibri nei conti pubblici è indispensabile» e ha rilevvato come fosse necessaria «una decisa correzione di rotta rispetto alle tendenze dell'ultimo decennio». Ma ha rilevato che «la stima degli effetti del contrasto all'evasione presenta incertezze».

Per il governatore «l'effetto sulla ripresa sarà positivo se il risanamento contribuirà a ridurre gli spread sui titoli sovrani». Quanto alle prospettive economiche, Draghi ha spiegato che «non c'è alternativa alla ripresa della crescita» che in Italia deve essere spinta «dalle riforme». E in questo, ha detto ai suoi interlocutori, «le banche hanno un posto speciale nel sostegno alla crescita» e, se forti, «sono e saranno il suo pilastro». Quanto alla situazione attuale dell'Italia, ha annotato il governatore, «consumi e investimenti restano deboli, perchè i redditi reali ristagnano, le prospettive di occupazione sono incerte».


15 luglio 2010
http://www.corriere.it/economia/10_luglio_15/draghi-conti-pubblici-ripresa-occupazione_936eab5a-8ff0-11df-b54a-00144f02aabe.shtml


Titolo: DRAGHI: Rigore nei conti, ma senza alzare le tasse
Inserito da: Admin - Agosto 03, 2010, 06:48:47 pm
Tentazione Draghi. Ha giò pronto un programma per guidare un governo tecnico

Lotta all'evasione, nessun condono e federalismo fiscale. Rigore nei conti, ma senza alzare le tasse

Silvio Berlusconi ha chiaro il problema: se il governo non ce la farà a sopravvivere all’allontanamento dal Pdl dei 34 deputati vicini a Gianfranco Fini, il Quirinale potrebbe non sciogliere le Camere ma favorire un governo tecnico per assicurare la tenuta finanziaria del Paese e approvare la probabile manovra-bis in autunno. Oltre a quello di Giulio Tremonti, il nome che circola per la guida di un esecutivo di transizione è quello di Mario Draghi.

Il ministro del Tesoro ha dimostrato in questi mesi, in cui ha preso in mano tutta la gestione della manovra e della politica economica, quale idea abbia di come governare il Paese. E lo stesso, sia pure con i modi e i toni che gli impone la sua funzione di governatore della Banca d’Italia, ha fatto Draghi, uno degli invitati a casa di Bruno Vespa, un mese fa, la sera in cui Berlusconi inseguiva la stabilità della base parlamentare del governo, cercando un’intesa con l’Udc di Pier Ferdinando Casini.

Evasione e legalità. Per ora è solo un esercizio teorico, ma nelle prese di posizione del governatore nell’ultimo anno si può leggere un programma di governo. La priorità per il governo Draghi sarebbe la questione fiscale. A margine delle considerazioni finali il 31 maggio, l’evasione è stata definita “la vera macelleria sociale” e in un’altra occasione informale Draghi ha ribadito che il carico del fisco è distribuito in modo criminalmente diseguale. Il primo punto, quindi, è far pagare le tasse a chi non le paga, anche perché il governatore è convinto che la dimensione dell’imponibile sottratto al fisco renda l’Italia pericolosamente simile a Grecia e Portogallo, prossimi al collasso finanziario. Nella testa – e nei testi – di Draghi è chiaro come procedere: si fa pagare di più chi non paga per ridurre subito le aliquote, “e il nesso tra le due azioni va reso visibile ai contribuenti”, ha detto nelle considerazioni finali. Proprio in quell’occasione ha parlato per la prima volta in modo esplicito del problema delle “relazioni corruttive tra soggetti privati e amministrazioni pubbliche”, talvolta “favorite dalla criminalità organizzata”. Alludeva alla “cricca” degli appalti, con Guido Bertolaso e Angelo Balducci, ma le parole si adattano anche alla cosiddetta P3, l’alleanza occulta tra faccendieri e uomini di governo. Uno di questi, il coordinatore del Pdl Denis Verdini, era presidente fino a pochi giorni fa del Credito Cooperativo Fiorentino. Ora Bankitalia ha commissariato la banca per le gravi irregolarità nell’amministrazione.

Priorità ai conti. Draghi non si è mai dimenticato un viaggio in Jugoslavia alla fine degli anni Ottanta, quando lavorava per la Banca mondiale. Il ministro del Tesoro bosniaco gli spiegò che non si preoccupava di avere un bilancio in deficit perenne, perché tanto i loro titoli di Stato li comprava la Slovenia. Un po’ come se la Campania acquistasse titoli di debito emessi dalla Lombardia. Un trucco contabile che, prima o poi, si paga. Europeista per necessità, oltre che per convinzione, Draghi quindi pensa che sia necessario costringere gli Stati (Italia inclusa) al rigore anche subordinando un po’ di democrazia al rispetto dei parametri di bilancio. Magari togliendo il diritto di voto al Parlamento europeo ai rappresentanti di Paesi che trasgrediscono troppo i vincoli di Maastricht sul debito e il deficit.

Più tagli che tasse. Risanamento subito, questa sarebbe la missione di un eventuale governo Draghi. E l’allievo di Franco Modigliani all’MIT di Boston ha una ricetta che potrebbe piacere anche ai berlusconiani: i conti non si salvano aumentando le tasse, che sono poco “growth friendly”. Cioè frenano la crescita più dei tagli di spesa. La politica economica draghiana si fa quindi riducendo gli sprechi (cioè quelle sacche di spesa pubblica di cui beneficiano solo piccoli gruppi) e non con imposte patrimoniali o alzando le aliquote, misure che finirebbero per soffocare una ripresa già flebile. Al limite vanno bene anche i tagli orizzontali (automatici e che non distinguono tra virtuosi e spreconi) amati da Tremonti, tutto pur di evitare il pasticcio di questa manovra dove le riduzioni sono quasi sempre discrezionali. E infatti Bankitalia non si è mai spinta ad approvarla, l’aggettivo più lusinghiero è stato “inevitabile”.

Federalista, ma… Un governo Draghi potrebbe trovare l’appoggio perfino della Lega. Perché il governatore è un federalista convinto (sia pure con riserva: tutto dipende da come si fissa il parametro dei costi standard, su cui calcolare i trasferimenti dallo Stato alle Regioni). In un famoso convegno del 2009, poco gradito da Tremonti, Draghi ha chiarito che bisogna finirla con politiche economiche meridionaliste, piani straordinari e istituzioni ad hoc (come la tremontiana Banca del Mezzogiorno). Meglio concepire “politiche generali, che hanno obiettivi riferiti a tutto il Paese, e concentrarsi sulle condizioni ambientali che rendono la loro applicazione più difficile o meno efficace in talune aree”. Musica per le orecchie leghiste: basta finanziamenti a fondo perduto al Sud. E il federalismo fiscale può essere un utile strumento a patto che sia ambizioso e non punti soltanto a trasferire il potere di spesa a livello locale per sopperire alla paralisi del governo centrale.
Non si conosce l’opinione di Draghi su come modificare la legge elettorale (uno dei probabili compiti di un eventuale esecutivo tecnico).

Le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, nell’autunno 2011, con un grande convegno organizzato da Bankitalia sulla storia e lo sviluppo del Paese, potrebbero essere un’utile occasione per chiarire i dettagli del “programma Draghi”. Sempre che, per allora, il governatore non abbia già traslocato da tempo a Palazzo Chigi.

Da il Fatto Quotidiano del 3 agosto 2010
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/03/tentazione-draghi/47049/


Titolo: DRAGHI: "In Italia gli istituti di credito sono solidi".
Inserito da: Admin - Settembre 14, 2010, 08:03:59 am
CREDITO

Draghi promuove Basilea3

"Norme fondamentali per la finanza"

Il governatore della Banca d'Italia parla delle nuove regole sugli istituti di credito nazionali.

"In Italia gli istituti di credito sono solidi".

"Il taglio delle cedole non è l'unica misura"


BASILEA -'Le banche italiane complessivamente sono solide e hanno requisiti patrimoniali superiore ai minimi, nella media internazionale e a volte anche meglio". E' quanto ha affermato il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi parlando dell'effetto delle nuove regole approvate ieri sugli istituti di credito nazionali. Per il governatore le nuove regole di Basilea3 1 rappresentano "un elemento chiave" per la riforma della finanza globale. Parole che arrivano dopo che, nelle scorse settimane, il mondo del credito e della finanza ma anche dell'imprenditoria avevano in più occasioni espresso timori e dubbi sull'impatto negativo delle nuove norme.

Secondo Draghi "vi sono molti canali per approvvigionarsi di capitale e la riduzione dei dividendi è solo una delle strade percorribili". Il periodo di transizione sarà molto lungo e graduale, ragiona Draghi, e considerato che le banche italiane partono da livelli di capitali nella maggior parte molto superiori ai minimi hanno di fronte a se programmi di adeguamento molto gestibili.

L'accordo punta a contrastare il ripetersi delle situazioni di debolezza, con conseguente intervento degli Stati, emerse nella recente crisi finanziaria. Le banche centrali in pratica vogliono che gli istituti di credito abbiano più capitale, meno strumenti finanziari rischiosi e meno indebitamento, condizioni che però le banche reputano troppo gravose
e in grado di minacciare la fragile ripresa economica. Questo nonostante il fatto che le norme, che dovrebbero entrare in vigore dal 2013, saranno poi effettivamente applicate solo nel 2018 ovvero con un congruo periodo di tempo. Con l'accordo raggiunto vengono elevati i parametri di capitale delle banche.

(13 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/economia/2010/09/13/news/draghi_direttiva-7031384/?ref=HREC1-7


Titolo: Draghi: ripresa a rischio, Italia indietro di 9 anni
Inserito da: Admin - Ottobre 30, 2010, 12:30:32 am
Draghi: ripresa a rischio, Italia indietro di 9 anni

Tremonti: si produce più deficit che Pil, così non va

di Nicoletta Cottone

Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2010 alle ore 12:17.


ROMA - «La ripresa mondiale è a rischio», l'allarme è stato lanciato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, secondo cui la crisi «ha investito con forza la nostra economia» e ne ha riportato «indietro il prodotto annuo, nel 2009, sui volumi di nove anni fa».


«Le prospettive per la crescita del Pil, quest'anno e il prossimo, non si discostano molto dall'1 per cento». Il governatore della Banca d'Italia nel suo intervento alla Giornata mondiale del risparmio è tornato a rimarcare la difficile situazione del mercato del lavoro dove il tasso di sottoutilizzo è «superiore all'11%», conteggiando assieme ai disoccupati i lavoratori in cassa integrazione e quelli che scoraggiati hanno smesso di cercare attivamente un impiego. «Tra il secondo trimestre del 2008 e il quarto del 2009 il numero di occupati si é ridotto in italia di 560 mila persone», in gran parte, ha spiegato il governatore, appartenenti a quell'area che include i contratti di lavoro a tempo determinato e parziale e nel settore del lavoro autonomo con caratteristiche di lavoro dipendente occulto. «Nel primo semestre dell'anno in corso si è registrata una debole ripresa, con 40 mila occupati in più».

Draghi ritiene che «allo sviluppo economico serva il contributo della domanda interna: quel circolo virtuoso che da consumi evoluti e investimenti lungimiranti porta a redditi alti e diffusi, e ancora a consumi e benessere». Per il numero uno di palazzo Koch, i consumi «ristagnano perché i redditi reali delle famiglie non progrediscono e vi è una diffusa incertezza sul futuro». Per questo, ha sottolineato Draghi, «la condizione del mercato del lavoro è il tema centrale, da analizzare guardando a tutti gli indicatori e a tutte le buone fonti informative disponibili».

Le banche, ha detto Draghi, «incidano sui costi» per sostenere la redditività in calo in questa fase e non cedano «a strategie che comportino rischi eccessivi o la richiesta di commissioni esorbitanti alla clientela meno informata o in difficoltà». Attenzione, poi, alle sofferenze afferma Draghi: «Vigileremo affinché le politiche di accantonamento delle banche tengano conto della delicatezza di questa fase, perché i modelli interni di valutazione della qualità degli attivi siano pronti a rilevare situazioni di tensione e le prove interne di stress vengano prontamente aggiornate». Parlando delle fondazioni Deaghi ha poi detto che «dovranno impegnarsi su tre fronti fondamentali: la loro stessa governance, la ricapitalizzazione delle banche, l'autodisciplina nel rapporto con il management di queste ultime».

Non sono accettabili ingerenze della politica nelle banche, perché l'Italia non può tornare indietro di vent'anni. «L'esperienza italiana delle banche pubbliche - è il monito di Draghi - è viva nella nostra memoria. Certi rapporti fra gruppi economici locali, banche pubbliche e politica si sono dimostrati alla lunga esiziali per le banche, deleteri per il costume civile. La crescita del territorio ne è stata in più casi frenata, anziché favorita».

Draghi ha anche osservato che la ripresa mondiale resta disomogenea, incerta e fragile. Una situazione, ha affermato, cui «non vi è altra risposta che un più stretto coordinamento tra le politiche economiche dei principali Paesi». Per Draghi, poi, regole europee quasi automatiche possono aiutare i paesi con le istituzioni più deboli a risolvere i loro problemi di politca economica.

La Banca d'Italia, ha sottolineato il Governatore, istituirà un help desk per aiutare le banche nella fase di transizione alle nuove regole di Basilea3. L'help desk chiarirà l'interpretazione della normativa e assicurerà l'attuazione da parte degli intermediari di politiche gestionali coerenti con il raggiungimento dei nuovi requisiti.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2010-10-28/draghi-crescita-disoccupazione-reale-120936.shtml?uuid=AYYKhyeC


Titolo: DRAGHI: «Per stimolare la crescita si prenda esempio dalla Germania»
Inserito da: Admin - Febbraio 15, 2011, 10:52:25 am
L'intervista esce martedì sul FrankfUrter Allgemeine Zeitung

Draghi: «Per stimolare la crescita si prenda esempio dalla Germania»

Il governatore di Bankitalia: "Non siamo Paese a rischio"


MILANO - L'Europa ha bisogno di riforme per accelerare la crescita economica e in questo caso la Germania «deve servire da esempio» per gli altri Paesi. Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia e membro del consiglio direttivo della Banca centrale europea, Mario Draghi, durante un'intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung che verrà pubblicata martedì. «La Germania ha migliorato la sua competitività attuando delle riforme strutturali. Questo deve essere il modello».

IL CASO ITALIA - «L'Italia non è un Paese a rischio», ha aggiunto Draghi. «L'indebitamento delle famiglie e delle imprese è tra i più bassi in Europa. La struttura industriale è molto diversificata e pertanto resistente. Il bilancio delle partite correnti è in equilibrio. Durante la crisi, il deficit di bilancio italiano durante la crisi non è aumentato come in altri Paesi. La durata media del debito pubblico italiano è aumentata a sette anni e tre mesi, il che ci protegge da problemi di finanziamento». L'Italia, insiste Draghi, non è più un Paese simbolo di instabilità. «Ma abbiamo bisogno», rileva, «di regole severe per ridurre l'indebitamento» e «di maggiore crescita».

Redazione online
14 febbraio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - corriere.it/economia


Titolo: Mario Draghi un "tedesco" per i tedeschi
Inserito da: Admin - Febbraio 19, 2011, 04:37:39 pm
17/2/2011

Mario Draghi un "tedesco" per i tedeschi

STEFANO LEPRI

Se non ci fosse stata la crisi dell’euro, probabilmente oggi Mario Draghi avrebbe la strada spianata per succedere a Jean-Claude Trichet alla guida della Banca centrale europea. Tra i possibili candidati un altro della sua statura al momento non c’è. Ma oltre a cambiare tutte le carte in tavola, la crisi ha inasprito i rapporti tra i Paesi; alimenta paure e rancori.

Nel caso della Bce, la differenza è che non si può uscirne con un compromesso di basso livello. Se la responsabile della politica estera europea Catherine Ashton non conta nulla, pazienza: la diplomazia continua a farla ogni Paese per conto proprio. La Bce, al contrario, non è sostituibile. Ha davanti compiti ardui, dato che i guai di Grecia e Irlanda sono tutt’altro che finiti, e il Portogallo non è al sicuro.

Nelle ultime ore è svanita l’ipotesi di un candidato di compromesso proveniente da un Paese piccolo; benché continui a circolare il nome del finlandese Erkki Liikanen. Con la decisione di assegnare al belga Peter Praet l’altro posto che si renderà vacante nell’esecutivo a 6 della Bce, i governi hanno circoscritto il loro spazio di manovra. La presidenza dovrà per forza andare a un Paese grande: dunque la partita è a tre, fra Germania, Francia e Italia. A volere un tedesco alla guida della Bce erano sembrati, negli ultimi giorni, quasi più i francesi che i tedeschi. Nicolas Sarkozy sperava che facendo il difficile per dire alla fine di sì avrebbe strappato molte concessioni. Però a Berlino si rendono conto di non avere altri candidati validi dopo la rinuncia del troppo controverso Axel Weber; la scelta di Jens Weidmann e di Sabine Lautenschlaeger per guidare la Bundesbank lo dimostra.

In risposta, i francesi hanno provato a lanciare l’ipotesi di una proroga di Trichet: la ostacola la difficoltà di dover modificare i Trattati. L’ultima voce che corre è che il candidato capace di non scontentare nessuno sarebbe l’attuale governatore della Banca di Francia, Christian Noyer. Pur meno brillante di Trichet, garantirebbe continuità con lui. Potrebbe forse impegnarsi in segreto con i tedeschi a passare la mano prima di terminare gli otto anni di mandato.

Comunque sia, tutti e tre i grandi Paesi dell’euro sono messi di fronte a realtà spiacevoli. Per noi, l’esame di coscienza nasce dall’avere un candidato stimatissimo nel mondo che passerebbe soltanto se - in questo momento in cui l’immagine esterna dell’Italia è al suo peggio - riuscisse a far dimenticare di essere italiano. La Germania farebbe bene a confrontarsi con il disprezzo verso i Paesi vicini e verso la costruzione europea che fermenta non più solo sulla sua stampa popolare, ma anche tra una parte delle élites. Parigi dovrebbe rendersi conto che i giochi di sponda non rimediano alla concreta perdita di influenza politica e ideale del Paese. Draghi sta giocando bene la sua partita. Con l’intervista apparsa ieri l’altro sul quotidiano conservatore Frankfurter Allgemeine (concordata prima dell’abbandono di Weber) mira a mostrarsi tedesco quanto i tedeschi: non solo il continuatore di Trichet, anzi pronto a offrirgli garanzie in più. Angela Merkel potrebbe prenderlo in parola; ma far accettare al pubblico tedesco un italiano richiederebbe sforzi erculei.

Per rendersene conto basta dare un’occhiata ai commenti on-line dei lettori della Frankfurter Allgemeine all’intervista di Draghi. Tra insulti, stereotipi vari su mafia e mandolini, allusioni ai casi presenti, prevale il timore che l’italiano proteggerebbe i Paesi deboli, chiedendo ai tedeschi di pagare il conto delle loro dissolutezze; e che il suo parlare da «falco», sostenitore del rigore monetario, sia l’inganno di una «colomba» travestita.

da - lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali


Titolo: DRAGHI: allarme crescita e giovani "Stentiamo da quindici anni".
Inserito da: Admin - Febbraio 26, 2011, 06:38:14 pm
BANKITALIA

Draghi, allarme crescita e giovani "Stentiamo da quindici anni"

Dal governatore parole preoccupate sullo sviluppo e sulle nuove generazioni: "Risorsa sprecata, i salari di ingresso sono fermi da dieci anni".

"Servono riforme coraggiose per l'efficienza del sistema"


VERONA - Allarme del governatore di Bankitalia per la crescita. "Stenta da 15 anni - ha detto questa mattina al Forez -  e i tassi di sviluppo del nostro paese sono attorno all'1%". La domanda interna, inoltre, rimane "debole", e per tornare allo sviluppo sarebbe necessario un assetto normativo ispirato pragmaticamente all'efficienza del sistema".

E ulteriore preoccupazione per i prossimi mesi arriva dalla situazione libica. "Nella nostra economia - spiega il numero uno di Palazzo Koch - un aumento del 20% del prezzo del petrolio determina  una minor crescita del prodotto di mezzo punto percentuale nell'arco di tre anni".

Le riforme. "Si è già cominciato - dice Draghi -, ma azioni riformatrici più coraggiose migliorerebbero le aspettative delle imprese e delle famiglie e aggiungerebbero per questa via impulsi alla crescita". L'Italia, sottolinea ancora, "dispone di grandi risorse, ha molte aziende, una grande capacità imprenditoriale, la sua gente è laboriosa e parsimoniosa".

I salari dei giovani. "I salari d'ingresso dei giovani sul mercato del lavoro, in termini reali, sono fermi da oltre un decennio su livelli al di sotto di quelli degli anni Ottanta. E il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 30%. Si accentua la dipendenza, già elevata nel confronto internazionale, dalla ricchezza e dal reddito dei genitori". E' questa la spietata fotografia che il governatore scatta
sulla situazione economica che riguarda le giovani generazioni.

Parole, queste sui salari, che sembrano entrare in rotta di  collisione con quelle pronunciate solo pochi giorni da dal capo della Bce Trichet 1, secondo quale "alzare ora i salari sarebbe stupido".

La spesa corrente e il fisco. Il contenimento della spesa corrente "dovrà proseguire anche oltre il 2012 - continua Draghi -, e la sua composizione deve essere orientata a favore della crescita". E  ancora: "Non vi sono altre strade per ridurre il disavanzo, visto che la pressione fiscale già supera di 3 punti quella media dell'area dell'euro. Maggiori entrate che si rendano disponibili grazie a recuperi di evasione dovranno essere usate per ridurre la pressione sui contribuenti che già pagano il dovuto".

La crisi. Per il governatore il ritorno "alla piena normalità" dei mercati monetari e finanziari che "stanno recuperando funzionalita" non saraà immediato, ma "richiederà tempo".

(26 febbraio 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/economia


Titolo: DRAGHI: Borse in calo, Draghi insiste sulle banche: ricapitalizzare
Inserito da: Admin - Febbraio 28, 2011, 11:13:28 pm
Borse in calo, Draghi insiste sulle banche: ricapitalizzare

Di Francesca Gerosa

Le Borse europee si prendono una pausa, oggi, dopo il rimbalzo di venerdì scorso.
Il mercato metabolizza oggi i risultati elettorali in Irlanda, Paese alla ribalta per le sue difficoltà finanziarie, mentre sul fronte societario attende i risultati di Hsbc, la maggiore banca del continente.

Il principale partito d'opposizione irlandese ha ottenuto una vittoria storica e ha preannunciato che avvierà consultazioni urgenti per formare un nuovo Governo con l'obiettivo di trasformare il suo straordinario successo in un mandato per rinegoziare con l'Europa l'accordo di salvataggio del Paese.

Intanto in Libia la situazione è sempre drammatica con il Brent in rialzo di oltre due dollari a 114,50 dollari il barile sui persistenti timori di un impatto sulla produzione. L'indice Nikkei della borsa di Tokyo si è girato in positivo nel corso della seduta per chiudere in rialzo di quasi l'1% a 10.624,09 punti.

A piazza Affari il Ftse Mib cede lo 0,37% a 22.266 punti. Attenzione alle banche che per il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, devono agire per rafforzare i loro ratio patrimoniali con la riduzione dei costi, la destinazione degli utili a riserva, le dismissioni di asset non strategici.

Draghi durante il convegno Forex ha premesso che i ratio patrimoniali dei cinque maggiori gruppi italiani "stanno in media salendo". A fine settembre il tier 1 era al 9%, il core tier 1 al 7,9% delle attività rischiose. Era al 5,7% a fine 2007. Ma per giungere preparati alle nuove norme che vanno sotto il nome di Basilea 3, "il rafforzamento patrimoniale deve continuare, anzitutto attraverso la capitalizzazione degli utili".

Il numero uno di via Nazionale si aspetta che "come per il 2009, gran parte dei profitti conseguiti lo scorso anno venga destinata ad accrescere la dotazione patrimoniale". Ma è inevitabile anche il ricorso al mercato dei capitali non appena i mercati lo consentiranno.

E Draghi ha dato anche un suggerimento: "sarebbe saggio procedere a queste decisioni prima degli stress test, o prima che gli stress test vengano resi noti. Se ci sono aziende bancarie che hanno già deciso aumenti di capitale è bene che comunichino la decisione al più presto".

Draghi si è soffermato anche su pregi e difetti delle banche italiane, meno esposte ai temporali dei mercati finanziari ma fortemente dipendenti dal margine di interesse e dall'andamento del ciclo economico. Le banche italiane mostrano infatti una bassa redditività che risente, oltre che della ripresa lenta dell'economia, dal loro tipico modello di attività: credito prevalentemente alla clientela retail, raccolta al dettaglio, bassa leva finanziaria.

La cura passa per la riduzione dell'incidenza dei costi sui ricavi, la razionalizzazione delle reti di vendita, la cessione di ulteriori attività non strategiche. Inoltre, occorre adeguare le politiche di remunerazione ai vari livelli. Infine gli istituti di credito devono tenere d'occhio con grande attenzione la loro posizione di liquidità.
 
"Draghi insiste: pochi dividendi e aumenti di capitale", sintetizzano gli analisti di Equita. "l rafforzamento patrimoniale deve continuare, innanzitutto con la capitalizzazione degli utili. Ci aspettiamo che, come nel 2009, gran parte dei profitti non venga distribuita". Appare quindi inevitabile, secondo gli esperti di questa sim, non appena le condizioni di mercato lo consentiranno, che si ricorra anche al mercato dei capitali.

"Draghi sembra invitare chi deve fare aumenti di capitale ad anticipare i tempi". Gli analisti di Intermonte ritengono comunque che dalle parole di Draghi si possa evincere una distinzione tra banche a rischio sistemico che per quanto riguarda l'Italia sono Intesa Sanpaolo (-1,64% a 2,39 euro) e Unicredit (-1,65% a 2,84 euro) e le altre banche per le quali potrebbe essere sufficiente una capitalizzazione inferiore.

Tra le banche che Intermonte vede a rischio di aumento di capitale vi è la Popolare di Milano (-0,68% a 2,91 euro) "per cui riteniamo possibile un aumento di capitale fino a 500 milioni di euro per il rimborso dei Tremonti Bond". Per gli altri istituti di credito l'adeguamento tempestivo ai dettami di Basilea III e gli strumenti già emessi (bond convertibili) dovrebbero scongiurare un aumento di capitale tout court. Per le due grandi banche "riteniamo al momento che possano rafforzare ulteriormente il capitale attraverso i CoCo bonds (obbligazioni ibride, ndr)".

da - milanofinanza.it/news


Titolo: DRAGHI: «Mafia infiltrata in Lombardia»
Inserito da: Admin - Marzo 11, 2011, 03:59:50 pm
«Professionisti e altri operatori poco solerti contro il riciclaggio»

«Mafia infiltrata in Lombardia»

Draghi: «L'infiltrazione delle cosche avanza, denunce concentrate a Milano, Bergamo e Brescia»


MILANO - «In Lombardia l'infiltrazione delle cosche avanza, come ha recentemente avvertito la Direzione Nazionale Antimafia». E' l'allarme lanciato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che è intervenuto all'Università degli Studi di Milano nel corso di un convegno sulle mafie a Milano e al Nord. «Le denunce per associazione a delinquere di stampo mafioso - ha proseguito il governatore - si sono concentrate fra il 2004 e il 2009 per quattro quinti nelle province di Milano, Bergamo e Brescia».

LA MINACCIA MAFIOSA - La «criminalità organizzata può sfibrare il tessuto di una società, può mettere a repentaglio la democrazia, frenarla dove debba ancora consolidarsi» ha detto ancora Draghi. «Nel nostro Mezzogiorno - ha aggiunto il governatore - le organizzazioni di stampo mafioso spiccano per longevità storica, radicamento territoriale, capillarità».

SISTEMA FINANZIARIO - Il sistema finanziario italiano sta facendo la propria parte nell'ambito della disciplina anti riciclaggio, ma i professionisti e altri operatori «sono meno solerti» ha spiegato il governatore di Bankitalia. «Il sistema finanziario italiano si sta gradualmente conformando alla disciplina anti riciclaggio - ha detto Draghi - siamo passati da 12mila 500 segnalazioni nel 2007 a 37mila lo scorso anno. Professionisti e altri operatori sono meno solerti: i potenziali segnalanti sarebbero diverse centinaia di migliaia, ma nel 2010 sono pervenute solo 223 segnalazioni». Draghi nota il numero «sorprendentemente piccolo» delle segnalazioni provenienti da Sicilia, Campania e Calabria: «qui si registrano il 33,27 e 16 per cento delle denunce per associazione mafiosa, ma solo il 6, 12 e 2 per cento delle segnalazioni di sospetto riciclaggio; è possibile che i soggetti potenzialmente segnalanti subiscano in quelle aree una particolare pressione ambientale».

BANCHE SIANO VIGILI - Le banche devono essere vigili e mantenere «salde difese interne» contro il possibile riciclaggio finanziario ha sottolineato ancora Draghi. «La Banca d'Italia - ha detto Draghi - utilizza tutte le leve a sua disposizione per valutare e stimolare la capacità delle banche di essere vigili sul fronte del contrasto al riciclaggio. Ho più volte ricordato quanto sia fondamentale per il loro buon nome che esse mantengano salde difese interne contro il rischio di farsi strumento di riciclaggio; ogni euro speso per rafforzarle è ben speso».

Redazione online
11 marzo 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_marzo_11/draghi-mafia-lombardia-190202895480.shtml


Titolo: Draghi: Da Nord Africa e Giappone rischi a medio termine su prezzi energia
Inserito da: Admin - Aprile 06, 2011, 03:44:30 pm
   
BANCA D'ITALIA

Draghi: Da Nord Africa e Giappone rischi a medio termine su prezzi energia

Il prezzo del petrolio e le conseguenze del sisma nel paese nipponico hanno complicato moltissimo lo scenario dell'economia mondiale, anche dal punto di vista finanziario. Bene le banche italiane che hanno già disposto un incremento dei capitali: Intesa SanPaolo vara un incremento di 5 miliardi di euro


ROMA- Lo scenario dell'economia mondiale si è "complicato moltissimo"' ha avvertito il presidente del Financial stability board, Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia, a causa delle tensioni nel mondo arabo, dei rincari del petrolio e del cataclisma in Giappone. Sul medio periodo questi fattori avranno "conseguenze da considerarsi rilevanti" sui prezzi dell'energia, ha detto. Gli eventi in Giappone e in Nord Africa, ha aggiunto Draghi, "hanno un impatto che a breve termine è stimato contenuto ma nel medio termine le conseguenze saranno rilevanti". La situazione si complica "anche dal punto di vista finanziario", aggiunge Draghi, "ma escluderei una connessione diretta degli eventi con la situazione dei mercati finanziari e dei debiti sovrani".

Il governatore della Banca d'Italia ha parlato anche di banche e tassi d'interesse. "Il prolungato contesto di bassi tassi di interesse a livello globale, operati a seguito della crisi economica sta spingendo gli investitori ad arrischiarsi in nuovi strumenti di investimento non standard che richiederebbero però una rafforzata vigilanza" ha spiegato.  Draghi ha citato gli esempi degli Etf, o Exchange traded funds, delle materie prime e dei nuovi mercati che offrono elevati rendimenti: sono settori che "richiederebbero una vigilanza più attenta da parte delle autorità", ha affermato.

Parole d'encomio, invece, per le banche italiane: "I nostri istituti di credito hanno attraversato la crisi finanziaria
meglio di altri, senza bisogno di supporto esterno, ma bisogna guardare "all'andamento del ciclo economico, le sofferenze sui crediti sono aumentate, in questo scenario è importante rafforzare il patrimonio", ha spiegato il governatore di Bankitalia.
Draghi ha ricordato di aver invitato pubblicamente le banche tricolori "a muoversi prima invece che dopo, mi sembra che stia accadendo, si tratta di un segnale incoraggiante". Recentemente hanno annunciato misure di rafforzamento del capitale Ubi banca e Intesa Sanpaolo, il Monte dei Paschi potrebbe muoversi nelle prossime settimane. E proprio oggi Intesa Sanpaolo ha dato il via libera unanime ad un aumento di capitale da 5 miliardi di euro.

Secondo Draghi, però, 'Restano sacche di debolezza nel sistema bancario a livello globale. "In alcuni paesi - ha spiegato - i rischi sovrani e quelli bancari sono strettamente interconnessi". Parlando al termine della riunione plenaria del Fsb, Draghi si è soffermato su alcuni elementi di vulnerabilità del sistema finanziario, evidenziati dai membri dell'organismo incaricato di riscrivere le regole finanziarie globali. Fra questi, Draghi ha citato "il rischio di improvvisi cambiamenti nelle condizioni di finanziamento, nelle perdite sul credito e sulle curve dei rendimenti", sottolineando "l'importanza di programmi credibili di consolidamento fiscale". Il Fsb - si legge in una nota - ha "sottolineato la necessità di spingere decisamente nel rafforzamento dei sistemi bancari deboli" utilizzando i nuovi stress test per individuare tutti i punti deboli.
 

(05 aprile 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/economia/2011/04/05/news/


Titolo: DRAGHI: L'Italia può uscire dalla crisi solo con le vere riforme strutturali
Inserito da: Admin - Aprile 13, 2011, 06:33:36 pm
BANKITALIA

Draghi: "L'Italia può uscire dalla crisi solo con le vere riforme strutturali"

Per progredire ancora non possiamo fare a meno della Ue. Il nostro paese esce dalla crisi globale con i suoi problemi di fondo ancora da risolvere. Serve una crescita del 2 % annua e una riduzione complessiva del deficit di 5 punti.  Deve cessare il sostegno straordinario.
La politica deve abbandonare la sua dimensione nazionalistica. Democrazia e mercato hanno bisogno l'una dell'altro


TORINO - L'Unione europea è un punto di Riferimento per l'Italia ed è fondamentale per il progresso del paese. È Il richiamo lanciato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, in un intervento a Torino sulla globalizzazione. "Per noi italiani, per noi europei, l'Unione è la condizione essenziale per progredire ancora", ha detto il governatore.

La crisi. "Il nostro paese, non corresponsabile della crisi - ha spiegato Draghi - vi è entrato già debole, ha pagato un prezzo alto di riduzione del reddito e dell'occupazione, ne esce con i suoi problemi strutturali ancora da risolvere". All'Italia serve una crescita attorno al 2% e una riduzione complessiva del deficit di 5 punti, per rispettare il nuovo obiettivo previsto dalle regole per il rafforzamento del Patto di stabilità, ha aggiunto il Governatore della Banca d'Italia. "Esercizi econometrici condotti con riferimento all'Italia mostrano che la variabile fondamentale per definire il grado di stringenza di questa regola è l'intensità della crescita economica. Se la crescita appossima il 2% annuo, la regola sul debito risulta soddisfatta se è rispettata quella relativa al pareggio di bilancio" (cioè la riduzione annua dello 0,5% del deficit). "Se continuiamo a crescere all'1% all'anno ci vorranno 5 anni per raggiungere i livelli pre-crisi", ha sottolineato il Governatore di Bankitalia. Draghi ha ricordato infatti che "se negli Stati Uniti il prodotto ha
recuperato il livello precedente la crisi, nell'area dell'euro essa è ancora inferiore del 3% e in italia del 5%". Parlando poi, a proposito del patto di stabilità e crescita europea, Draghi ha definito non drammatico il segno di ridurre il disavanzo pubblico dello 0,5% l'anno in rapporto al Pil se la crescita fosse intorno al 2%.

Sostegno. "In tutto il mondo si delinea ora chiaramente la necessità di far cessare il sostegno straordinario fornito nell'ultimo triennio alle economie dai bilanci pubblici e dalle politiche monetarie", ha aggiunto il  Governatore della Banca d'Italia. "L'incidenza sul prodotto dei debiti pubblici nei paesi avanzati - ha sottolineato - è aumentata di quasi un quarto; i programmi di medio termine di molti governi sono già orientati, con varie intensità, alla riduzione degli squilibri. Le politiche monetarie devono tenere conto dell'emergere di tensioni inflazionistiche, sospinte dal rincaro dei prodotti alimentari ed energetici". Secondo Draghi, nell'Area dell'Euro la politiche monetaria "rimane, anche dopo il rialzo dei tassi di interesse di riferimento deciso la scorsa settimana, molto accomodante".

Politica ed economia. "La globalizzazione integra le economie ma la politica rimane ancorata alla dimensione nazionale, spesso inadeguata a esercitare un'influenza rilevante sui processi d'integrazione". Lo sostiene il Governatore della Banca d'Italia. "La cooperazione internazionale - prosegue - è più che mai necessaria. La crisi globale che abbiamo attraversato ha mostrato che una risposta coordinata a livello internazionale si realizza più facilmente in presenza di un shock talmente grave che tutti sono disposti a rinunciare al proprio interesse particolare in nome dell'interesse comune". Il problema, insiste il numero uno di Bankitalia, è che "questa risposta coordinata tende a indebolirsi non appena il momento più acuto della crisi è superato; dobbiamo far sì che non perda forza se vogliamo costruire per il futuro un sistema finanziario più robusto del passato, se in ultima analisi vogliamo poter regolare il processo di globalizzazione".
In Italia "la capacità di sviluppo, Impetuosa alla fine dell'Ottocento e poi ancora dopo la Seconda guerra mondiale, risiedeva in ultima analisi nelle persone: negli imprenditori e nei lavoratori italiani. Va ritrovata, per sciogliere i nodi che stringono le nostre prospettive di crescita". "La politica economica - aggiunge Draghi - deve saper creare quell'ambiente istituzionale in cui la capacità dell'economia di svilupparsi possa dispiegarsi appieno".

Democrazia e mercato. "Democrazia e mercato hanno alla lunga bisogno l'una dell'altro - spiega ancora Draghi - ma coesistono in una costante tensione che deve essere sempre al centro dell'interesse della politica a cui spetta tracciare i confini fra i diritti irrinunciabili delle persone e l'agire del mercato".
Draghi cita Einaudi. "Il capitalismo deve essere regolato, come hanno insegnato gli stessi mastri del pensiero liberale, in primo luogo Luigi Einaudi. Nel mondo d'oggi la regolazione è molto più efficace se può contare su strumenti globali; la riforma del sistema finanziario internazionale sarà uno dei fondamenti su cui poggerà il governo del rapporto fra mercato e democrazia".

Riforme finanziarie coraggiose. "L'accresciuta interdipendenza delle economie e l'assetto tendenzialmente multipolare degli equilibri mondiali esigono riforme coraggiose nel sistema di cooperazione economica internazionale, in particolare in campo finanziario", afferma ancora il Governatore di Bankitalia.  "Non farle porterebbe inevitabilmente al protezionismo, con il sacrificio del benessere di tutti e della qualità democratica nella nostra vita civile". Draghi sottolinea che "eventi come la catastrofe che ha colpito il Giappone, la cui reale entità sfugge ancora a una definizione accettabile, o come le crisi sociali e politiche in molti paesi arabi, confermano come sia oggi illusorio ritenere irrilevanti shock geograficamente remoti".

Le banche e i controlli. Secondo Draghi, il sistema bancario nel suo complesso è "in forte recupero di redditività ma non di credibilità agli occhi della pubblica opinione". "Molte grandi istituzioni negli Stati Uniti e in Europa tendono ora a resistere, come avevano fatto con successo in qualche occasione prima della crisi, a interventi che le sottopongano a una supervisione più penetrante, che le obblighino a costituire riserve adeguate, che costruiscano un sistema nel quale esse possano essere liquidate senza ricorrere ai denari dei contribuenti". Queste resistenze, ha aggiunto Draghi, non basteranno tuttavia a frenare l'operato dell'Fsb, che, ha garantito Draghi, "porterà a termine entro l'anno il mandato ricevuto. Saranno poi i governi e i parlamenti a doversi pronunciare. E' comunque importante riflettere su quelle resistenze. Il conflitto fra oligarchie industriali e finanziarie e azione pubblica volta a limitarne l'influenza nell'economia e nella politica è ricorrente, in particolare negli Stati Uniti, una società nei cui geni costitutivi molto pesano i valori di libertà e di libera concorrenza". Nello specifico, il Governatore ha messo in evidenza che "le regole europee non hanno saputo impedire politiche di bilancio imprudenti da parte di alcuni paesi: da questa inadeguatezza discende una insidia grave per la stabilità della crescita nell'area".

(13 aprile 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/economia/2011/04/13/news/


Titolo: DRAGHI: Possiamo progredire solo nella Ue
Inserito da: Admin - Aprile 14, 2011, 05:03:24 pm
14/4/2011

Possiamo progredire solo nella Ue

MARIO DRAGHI

La crisi globale che abbiamo attraversato ha mostrato che una risposta coordinata a livello internazionale si realizza più facilmente in presenza di uno choc talmente grave che tutti sono disposti a rinunciare al proprio interesse particolare in nome dell’interesse comune.

Il problema è che questa risposta coordinata tende a indebolirsi non appena il momento più acuto della crisi è superato; dobbiamo far sì che non perda forza se vogliamo costruire per il futuro un sistema finanziario più robusto del passato, se in ultima analisi vogliamo poter regolare il processo di globalizzazione. [...] La ripresa delle nostre economie ha iniziato a manifestarsi già nella seconda metà del 2009. Lo scorso anno l’aumento del prodotto mondiale ha raggiunto il 5 per cento; secondo le più recenti valutazioni del Fondo monetario internazionale esso crescerà di oltre il 4 per cento quest’anno e, nel prossimo, del 6,5 nei soli Paesi emergenti. È stata superata la fase più acuta di disordine finanziario. In tutto il mondo si delinea ora chiaramente la necessità di far cessare il sostegno straordinario fornito nell’ultimo triennio alle economie dai bilanci pubblici e dalle politiche monetarie. [...]Nell’area dell’euro, dove l’inflazione è dall’inizio dell’anno al di sopra del 2 per cento, occorre prevenire il deterioramento delle aspettative sulla dinamica dei prezzi interni. Stiamo valutando tempi e modi del rientro dall’impostazione eccezionalmente espansiva che ha caratterizzato la politica monetaria nell’area dopo la crisi; essa rimane, anche dopo il rialzo dei tassi d’interesse di riferimento deciso la scorsa settimana, molto accomodante.

Tuttavia, la ripresa non ha dovunque cancellato gli effetti della crisi né ha eliminato le fragilità che l’hanno determinata. Se negli Stati Uniti il prodotto ha recuperato il livello precedente la crisi, nell’area dell’euro esso è ancora inferiore del 3 per cento, in Italia del 5 per cento. Gli squilibri di parte corrente delle bilance dei pagamenti non si chiudono. Le forti divergenze nella crescita mondiale possono minarne le basi, accrescendo la volatilità dei tassi di cambio e d’interesse. Il nostro Paese, non corresponsabile della crisi, vi è entrato già debole, ha pagato un prezzo alto di riduzione del reddito e dell’occupazione, ne esce con i suoi problemi strutturali ancora da risolvere.

Questi ultimi sono da anni al centro delle analisi della Banca d’Italia, insieme con le possibili politiche per risolverli. In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la Banca ha promosso una ricerca, e terrà in autunno un convegno internazionale, sugli aspetti salienti dell’evoluzione dell’economia dell’Italia unita in relazione al mutare del contesto esterno. Nella retrospettiva secolare balza agli occhi la forza formidabile che ha trasformato in Paese avanzato un’economia che era nel 1861 ai margini dei processi di modernizzazione in atto in Europa. Una forza sprigionata dalla necessità di adeguarsi ai cambiamenti tecnologici e di mercato che rivoluzionavano il mondo.

Questa capacità di sviluppo, impetuosa alla fine dell’Ottocento e poi ancora dopo la seconda guerra mondiale, risiedeva in ultima analisi nelle persone: negli imprenditori e nei lavoratori italiani; va ritrovata, per sciogliere i nodi che stringono le nostre prospettive di crescita. La politica economica deve saper creare quell’ambiente istituzionale in cui la capacità dell’economia di svilupparsi possa dispiegarsi appieno. [...]

L’Unione europea è un punto di riferimento nel mondo per come ha saputo sviluppare negli anni una forma originale di governo, fondata sugli Stati sovrani ma dotata di strutture sovrannazionali volte alla soluzione di problemi comuni. Il suo assetto è in evoluzione. I successi si accompagnano con tensioni fra Stati e fra questi e le istituzioni comunitarie. Ma per noi italiani, per noi europei, l’Unione è la condizione essenziale per progredire ancora.

Estratto dalla Lectio magistralis del governatore della Banca d’Italia all’inaugurazione di «Biennale Democrazia»

da - lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/


Titolo: DRAGHI: Pareggio di bilancio se si riducono le spese del 7 %
Inserito da: Admin - Maggio 01, 2011, 05:28:55 pm
DEF

Draghi: Pareggio di bilancio se si riducono le spese del 7 %
 

ROMA - Per giungere al pareggio di bilancio nel 2014 come previsto dal Def del governo serve una riduzione delle spese del 7% in termini reali. E' quanto afferma il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi in un intervento sulle infrastrutture.

"Il documento di finanza pubblica recentemente approvato dal Consiglio dei ministri punta a un sostanziale pareggio nel 2014, da un disavanzo pari al 4,6% del pil nel 2010. Una tale correzione, effettuata solo dal lato delle spese, implica una loro riduzione del 7 per cento in termini reali. L'obiettivo è conseguibile solo se vi concorreranno tutte le principali voci di spesa", ha sottolineato il governatore.

"Da vari anni l'italia cresce a un ritmo insoddisfacente, che si riflette in redditi stagnanti, problemi occupazionali, maggiori difficoltà a gestire la finanza pubblica", aggiunge Draghi. "Il riavvio del processo di crescita passa per un aumento dei tassi di occupazione, soprattutto giovanile e femminile; maggiori investimenti in capitale fisico; mercati, servizi pubblici e regolamentazioni che facilitino l'accrescimento della produttività".

Parlando nell'intervento di apertura del convegno "le infrastrutture in italia: dotazione, programmazione, realizzazione", svoltosi a palazzo Koch, Draghi ha ribadito quanto già affermato la scorsa settimana, cioè che "la ripresa dopo la crisi appare lenta" e "si configura il rischio che la crisi incida a lungo sul tasso di crescita potenziale dell'economia
italiana, che nel 2007 veniva indicato attorno all'1,5%, un valore già relativamente basso rispetto a quelli degli altri principali paesi europei".

 

(28 aprile 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/economia/2011/04/28/news/


Titolo: Mario Draghi: «Crisi del debito, i governi facciano la loro parte»
Inserito da: Admin - Settembre 26, 2011, 05:13:53 pm
WASHINGTON

Mario Draghi: «Crisi del debito, i governi facciano la loro parte»

Il Governatore in un discorso all'Fmi: Programma di riforme globali per costruire un nuovo sistema finanziario


MILANO - «Le attuali tensioni sui mercati finanziari legate ai timori» sulla crisi del debito «presentano sfide urgenti per le autorità finanziarie. I rischi sul sistema finanziario e sui debiti sono strettamente intrecciati. I governi devono giocare il loro ruolo, rafforzando le loro posizioni di bilancio e irrobustendo la competitività, attraverso riforme strutturali da realizzare in tempi stretti».

PROGRAMMA DI RIFORME GLOBALI - Lo ha detto il presidente del Financial Stability Board e governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nel discorso depositato all'International Monetary and Financial Committee (Imfc), il braccio operativo del Fondo monetario internazionale (Fmi). «Gli ultimi sviluppi sui mercati hanno sottolineato la necessità di spingere per attuare pienamente il programma globale di riforme finanziarie per assicurare che le istituzioni finanziarie, i mercati e le infrastrutture siano più resistenti». E ha continuato: «È importante che la comunità internazionale completi - aggiunge Draghi - la piena attuazione delle riforme se vogliamo veramente costruire un sistema finanziario più resistente»

Redazione Online
24 settembre 2011 17:19© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/economia/11_settembre_24/draghi-fmi-discorso-washington_02b54d66-e6bc-11e0-93fc-4b486954fe5e.shtml


Titolo: DRAGHI: Il momento della coesione
Inserito da: Admin - Ottobre 13, 2011, 12:04:39 pm
13/10/2011

Il momento della coesione

MARIO DRAGHI

Nel (nostro) Paese non mancano vitalità e voglia di crescere, anche se non sufficienti a imprimere forza alla crescita.

Perché è tanto difficile realizzare interventi in grado di invertire il trend negativo degli ultimi anni?

La storia ci può soccorrere nelle risposte.


Nella Venezia del Seicento o nell’Amsterdam del Settecento, società ancora ricche, a una lunga stagione di grande dinamismo era seguito l’affievolirsi dell’impegno a competere, a innovare. Gli sforzi prima diretti al perseguimento della crescita furono indirizzati alla difesa dei piccoli o grandi privilegi acquisiti da gruppi sociali organizzati. In un’economia che ristagna, si rafforzano sempre i meccanismi di difesa e di promozione degli interessi particolaristici. Si formano robuste coalizioni distributive, più dotate di poteri di veto che di capacità realizzativa. Il rafforzamento di tali coalizioni rende a sua volta sempre più difficile realizzare misure innovative a favore della crescita. E’ compito insostituibile della politica trovare il modo di rompere questo circolo vizioso prima che questo renda impossibili, per veti incrociati e cristallizzati, le misure necessarie per la crescita.

E’ importante che tutti ci convinciamo che la salvezza e il rilancio dell’economia italiana possono venire solo dagli italiani. Una nostra tentazione atavica, ricordata da Alessandro Manzoni, è di attendere che un esercito d’oltralpe risolva i nostri problemi. Come in altri momenti della nostra storia, oggi non è così. E’ importante che tutti i cittadini ne siano consapevoli. Sarebbe una tragica illusione pensare che interventi risolutori possano giungere da fuori. Spettano a noi. Per due ragioni. La prima è che il risanamento della finanza pubblica e il rilancio della crescita non sono una imposizione esterna, sono problemi che vanno risolti soprattutto a beneficio dell’Italia. E’ un dovere verso i giovani e verso noi stessi. La seconda ragione è che la cooperazione europea, mai come oggi indispensabile, si basa giustamente sull’assunto che ciascun membro faccia la propria parte. Solo i Paesi che si assumono le proprie responsabilità – quelle dell’Italia sono oggi particolarmente rilevanti – e che mantengono con rigore gli impegni presi sono partner credibili, a maggior ragione nella fase di ulteriore integrazione e condivisione di doveri che si prospetta per l’Unione Europea.

Occorre agire con rapidità. E’ stato già perso troppo tempo. Aumenti dei tassi di interesse della dimensione di quelli verificatisi negli ultimi tre mesi, se protratti, avrebbero l’effetto di vanificare in non piccola parte le misure approvate con i decreti legge convertiti in settembre, con un ulteriore possibile effetto negativo sul costo del debito, in una spirale che potrebbe risultare ingovernabile. E’ necessario che i decreti attuativi siano promulgati senza indugio, soprattutto quelli con riferimento alla riduzione permanente della spesa corrente. Quanto alla crescita, l’urgenza deriva non solo dagli effetti positivi che ne scaturirebbero sulla finanza pubblica, ma soprattutto dal dovere non più eludibile che abbiamo nei confronti dei giovani, un quarto dei quali sono senza lavoro.

L’Italia deve oggi saper ritrovare quella condivisione di valori comuni che, messi in sordina gli interessi di fazione, è essenziale per mobilitare le energie capaci di realizzare in anni non lontani una rigogliosa crescita economica e di offrire credibili speranze alle nuove generazioni.

Dall'intervento di apertura del convegno internazionale per le celebrazioni del 150˚dell'Unità d'Italia su «L'Italia e l'economia internazionale 1861-2011»

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9314


Titolo: DRAGHI "Non c’è alternativa alla politica del rigore"
Inserito da: Admin - Dicembre 19, 2011, 04:56:44 pm
Economia

19/12/2011 - LA CRISI LE RICETTE PER USCIRNE

Draghi: "Non c’è alternativa alla politica del rigore"

Al timone Mario Draghi ha concesso al Financial Times la prima intervista da quando è diventato presidente della Banca centrale europea

"Il 2012 sarà difficile, ma l’Ue si è preparata bene. Sono ottimista"

MARCO ZATTERIN
Corrispondente da Bruxelles


C’è un momento in cui i due inviati del Financial Times gli chiedono se, alla luce dei piani di austerità «molti aspri», non sia corretto pensare che «alcuni paesi si trovino a tutti gli effetti nella prigione dei debitori». L’espressione di Mario Draghi si può immaginare impassibile. La risposta è scritta sul giornale. Secca: «Voi vedete un’alternativa?».

Lui non la vede. Nella prima intervista dopo un mese e mezzo alla presidenza della Bce, l’ex governatore della Bankitalia batte un ferro a lui ben noto, quello del rigore e delle riforme. «Non discuto che il consolidamento porti ad una frenata dell’economia nel breve termine, ma non ci può essere un compromesso fra austerità fiscale e strategie per la crescita - spiega Draghi -. Devono andare mano nella mano. Ogni paese ha la sua strada da seguire. Per alcuni, la situazione sarebbe insostenibile pure se fossero fuori dall’eurozona e potessero svalutare. Avrebbero un sollievo temporaneo e una inflazione più alta».

Guarda all’Europa che cerca di togliersi dai guai, e gli regala qualche preoccupazione in più sul fronte della liquidità che ancora latita sul mercato del credito. Oggi Draghi sviscererà il tema al parlamento europeo. Al quotidiano economico britannico ricorda però «le significative decisioni prese la scorsa settimana dalla Bce». Il taglio di 0,25 dei tassi; le operazioni di finanziamento a lungo termine, le prime con respiro triennale; il coefficiente minimo di riserva minimo dimezzato; la decisione di agire da agente del Fondo salvastati dell’Ue (Efsf).

«L’obiettivo è allentare la pressione sull’attività di finanziamento delle banche - assicura l’uomo dell’Eurotower -. Decideranno loro cosa farne, ma una delle aspirazioni è che finanzino l’economia, sopratutto le piccole e medie imprese, che hanno difficoltà maggiori». Un’altra cosa che potrebbero fare, «in piena indipendenza, è comprare titoli del debito sovrano». Anche se «non sarebbe certo l’equivalente dell’azione della Bce».

Dal tono del colloquio si capisce che Draghi ha voglia di essere ottimista. Lo richiede il ruolo e il momento. Dieci giorni fa l’Ue ha giocato la carta di un nuovo patto intergovernativo per blindare la moneta unica. Oggi i ministri economici cercheranno si dargli un senso più concreto. il presidente della Bce rileva che nel 2012 «potremmo avere un significativo rallentamento dell’economia in diverse parti del mondo. Però abbiamo effettuato un ampio lavoroper il migliore funzionamento dell’unione economica. Dovremmo trarne elementi di fiducia».

Per ricostituire la credibilità perduta, Draghi offre quattro carte, coerenti col Consiglio Ue. Politiche nazionali di rigore, Patto di Bilancio, una migliore «protezione antincendio» (ecco l’Efsf «pronto in gennaio») e riforme strutturali. L’accordo Ue del 9 dicembre gli pare positivo «quale primo passo verso regole di bilancio più vincolanti in via preventive, è a nuova qualità». La Bce aiuterà l’Efsf? «Noi dobbiamo agire nel nostro mandato».

C’è anche qualcosa che non torna. Il banchiere centrale ammette che gli stress test sul credito non hanno funzionato come atteso, sarebbe stato meglio farli con l’Efsf in funzione così da ridurre l’effetto negativo della crisi dei debiti. «Non ha funzionato l’ordine dell’azione e io non direi che è colpa dell’Eba». La conseguenza ci riporta alla liquidità. Il modo in cui si è agito potrebbe convincere le banche a migliorare i loro coefficienti di capitali vendendo asset o riducendo la liquidità. «La seconda opzione è la peggiore. I regolatori hanno sconsigliato di farlo. Spero che gli istituti seguano questo consiglio».

DA - http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/434997/


Titolo: DRAGHI: "Meglio tagli alla spesa che più tasse"
Inserito da: Admin - Maggio 03, 2012, 07:32:40 pm
Il discorso di MARIO DRAGHI

"Meglio tagli alla spesa che più tasse"

L'inflazione al 2%, colpa di benzina e tassazione

Il numero uno della Bce, Mario Draghi, vede una leggera ripresa a partire da quest'anno, ma rimangono i rischi di recessione.

L'inflazione resterà sopra il 2%. Pesano le tasse e la benzina. Meglio tagliare la spesa che alzare le tasse.

L'Italia e la Spagna sono sulla buona strada


MILANO - Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, conferma i rischi per l'economia, nel suo discorso dopo la decisione di lasciare i tassi invariati dell'Eurozona all'1%. E aggiunge: "Non abbiamo discusso variazioni sui tassi, abbiamo discusso della nostra linea che riteniamo espansiva". Le stime più recenti sull'economia indicano una "ripresa graduale" nel corso del 2012 ma vi sono una "prevalente incertezza" e "rischi al ribasso", fra i quali le "tensioni in alcuni mercati del debito sovrano".  La Bce da parte sua continuerà ad attendersi una graduale ripresa che dovrebbe avviarsi "nel corso dell'anno".

Spetta ai governi nazionali fare le riforme strutturali in grado di rilanciare le prospettive di crescita di medio termine e ridurre le disparità fra i Paesi europei. "Notiamo che ci sono progressi in molti Paesi, ma diversi governi devono essere più ambiziosi". "Il governo spagnolo ha fatto uno sforzo notevole" per varare "riforme serie in un periodo molto breve", ha sottolineato Draghi. Anche l'Italia "ha fatto progressi notevoli" ed è "davvero sulla buona strada". Secondo Draghi, il governo Monti "ha bisogno di essere incoraggiato" e ha ottenuto dei risultati "notevoli" in campo di consolidamento fiscale.

Per risanare i conti pubblici tagliare la spesa corrente è certamente una ricetta migliore che aumentare le tasse o ridurre gli investimenti.
"Penso che collettivamente dovremmo tracciare un percorso su come e dove saremo tra dieci anni. Arriveremo a una unione fiscale? ci sarà una cessione di sovranità?. Per costruire una futuro comune nell'euro, il fiscal compact è solo un punto di partenza, non lo è invece una unione che fosse basata trasferimenti di risorse" ha sottolineato il numero uno dell'Eurotower.

L'inflazione nell'Eurozona "resterà sopra il 2% nel 2012", ma vicino al 2% a medio termine". Il costo della vita dovrebbe scendere sotto il 2% solo nel 2013. "L'insieme dei rischi resta prevalentemente bilanciato", ha affermato il presidente Draghi, tuttavia ha anche avvertito che il consiglio direttivo porrà molta attenzione a verificare che i rialzi dei prezzi di petrolio e materie prime non diano luogo a "effetti di secondo livello" coinvolgendo le dinamiche dei salari. Sui prezzi, ha chiarito Draghi, pesano i costi dell'energia e l'aumento della tassazione indiretta.

Tra un patto europeo per la crescita e il 'Fiscal compact' "non c'è contraddizione" perché il consolidamento fiscale garantisce crescita "a lungo termine". Insieme al consolidamento fiscale, le riforme strutturali "devono sostenere la crescita". Resta centrale anche il problema dell'occupazione. Sul mercato del lavoro servono riforme che promuovano "più flessibilità, mobilità ed equità", mentre al momento la situazione è "sbilanciata" a danno dei giovani. E, in questo quadro, "agevolare l'attività d'impresa, favorire le start-up e la creazione di lavoro è cruciale". "Le politiche volte ad accrescere la concorrenza nei mercati dei prodotti e l'aumento dei salari e adeguamento della capacità occupazionale delle imprese promuoverà l'innovazione, la creazione di posti di lavoro e aumenterà nel lungo termine le prospettive di crescita", spiega Draghi. Le riforme aggiunge il presidente, "sono particolarmente importanti per i paesi che hanno subito perdite significative in termini di competitività dei costi e hanno la necessità di stimolare la produttività e migliorare le performance commerciali".

La Banca centrale vigilerà sull'economia. "I maxi-prestiti - ha detto Draghi - forniti dalla Bce attraverso il programma 'Ltro' richiedono tempo per avere effetto sul credito", ricordando che il secondo prestito "ha avuto regolamento solo lo scorso 1 marzo". Resta prematura qualunque exit strategy delle misure straordinarie anti crisi della Bce.  Con le iniezioni di liquidità "abbiamo evitato un maggiore credit crunch, da questo punto di vista le misure della Bce sono state un successo".

(03 maggio 2012) © Riproduzione riservata

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