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Forum Pubblico => LA CULTURA, I GIOVANI, L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA E LA SOCIETA'. => Discussione aperta da: Admin - Aprile 03, 2008, 05:04:43 pm



Titolo: Luigi Galella. Alzarsi in piedi non basta
Inserito da: Admin - Aprile 03, 2008, 05:04:43 pm
Alzarsi in piedi non basta

Luigi Galella


Ci sono azioni che per abitudine antica diventano consuetudini, automatismi. Ma che cosa accadrebbe se a ogni semaforo rosso che incontrassi mi chiedessi se è più o meno «degno» di rispetto? Probabilmente il caos. Nelle relazioni umane, tuttavia, il rispetto non è un automatismo, uno scatto delle gambe che si distendono sull'attenti, ma una conquista sottoposta al giudizio e alla critica di ogni giorno, e ogni giorno è buono perché quel rispetto, sbagliando, si perda. E se pure ci preoccupassimo di conservarlo formalmente, in quel gesto che assimila la scuola a una caserma e i ragazzi a soldati, potrebbe sempre rischiare di essere disperso negli occhi e nei cuori.

Ho avuto studenti che appena entravo scattavano in piedi, soprattutto nelle prime file. Era stato loro insegnato così, e così si comportavano, con la dovuta deferenza verso i professori. Io li guardavo appena e mi sedevo, quasi imbarazzato per quella dimostrazione tutta formale alla quale, in fondo, non ero abituato. E c'era una classe, ricordo, che non solo si alzava, compatta, quando entrava un'insegnante, ma per tutto il tempo della lezione precipitava in un silenzio così totale da risultare quasi imbarazzante, anche perché i volti dei ragazzi non erano affatto benevoli, al contrario, dissimulavano una malcelata ostilità, come se fra loro ci fosse un patto segreto che li vincolava: nessun contatto, nessun dialogo, nessuna relazione profonda, forse, il prezzo da pagare all'accettazione della regola.

Che tipo di rispetto desideriamo conquistare dai nostri ragazzi? Di che cosa stiamo parlando? Esiste il rispetto di se stessi, ad esempio, quello che passa attraverso una severa critica dei nostri comportamenti, che si offrono come esempio agli altri, senza alcun bisogno di imporre alcunché di dichiarato. I ragazzi sono spugne, che prima delle parole assimilano i modelli. D'improvviso invece ci scopriamo severi nelle nostre dichiarazioni, ambiziosi di rigore, di ritorno all'ordine. C'è un sempre più diffuso bisogno, nella nostra società, di un ritorno all'ordine tutto formale e ipocrita. Senza preoccuparci se siamo in grado di rispettare noi stessi i doveri che imponiamo. Un po' come quel governatore dello stato di New York, Elliot Spitzer, che prima aveva inflessibilmente contrastato la prostituzione e poi vi era rimasto personalmente incagliato. È la schizofrenia e l'ipocrisia dei tempi, il conformismo che ci soffoca, la mancanza di rispetto nella nostra e altrui intelligenza.

È curioso che il dibattito sulla scuola si muova intorno a categorie come quella dell'alzata in piedi all'ingresso dell'insegnante. Perché non ci si interroga sulla necessità della stima dei professori? E si potrebbe «rispettare» qualcuno che non sia contemporaneamente stimabile?

Machiavelli diceva: è bene che un principe sia amato e temuto insieme, ma è più facile e più sicuro «essere temuto che amato». È la strada della semplificazione autoritaria. Anche per un insegnante è «più facile e sicuro» essere rispettato, nel senso tutto esteriore del timore, che amato. Da questo esclusivo punto di vista, la categoria formale del rispetto è più funzionale lì dove non sottopone a critica se stessa. In altri termini, se ci preoccupiamo prevalentemente dell'aspetto «esteriore» delle scuole e degli studenti, è probabile che facciamo bene a ripristinare regole di questo tipo. Ma se abbiamo veramente a cuore il rispetto, che non nasce da un'alzata in piedi, ma scaturisce dal sentimento profondo che si instaura tra un insegnante e un allievo e si costruisce un po' alla volta, con pazienza e cura, allora forse conviene, a chi di scuola sa poco perché distratto da altro, continuare a ignorarla. E lasciarla così agli insegnanti (assuefatti alla solitudine sociale e al mancato riconoscimento del proprio lavoro) e al rispetto reciproco che sapranno tessere con i loro studenti, loro unici interlocutori.


Pubblicato il: 03.04.08
Modificato il: 03.04.08 alle ore 10.07   
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