Titolo: CONCHITA SANNINO. Inserito da: Admin - Febbraio 24, 2008, 09:45:10 am Grillo processa la politica
Lo showman oggi in piazza Dante per la manifestazione "Il giorno del rifiuto" di Conchita Sannino «Ma viva i Borbone, a questo punto. Hanno fatto anche del bene». Grillo, lei non ha dubbi: meglio Carlo III del ceto dirigente di Napoli 2008? «Ma non c´è nessun paragone. Questa è la peggiore classe dirigente dai tempi della pre-unità d´Italia. E io verrò a Napoli davvero per questo. Soprattutto per chiedere umilmente scusa. Non è Beppe Grillo, è un italiano a dirvi: scusate. Mi vergogno un po´ anche io. Scusate, gente della Campania. Anche se non basta. Fossi napoletano non mi basterebbe. Farei della Campania un territorio indipendente, come il Kosovo. Ma non parlatemi di elezioni, le prossime politiche in Italia sono una presa per i fondelli. Io a votare mica ci vado». Beppe Grillo sarà oggi in piazza Dante per il "giorno del rifiuto", ovvero Munnezza Day. Inizio ufficiale a mezzogiorno, con la partecipazione di padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano impegnato da sempre nelle battaglie a favore di uno sviluppo sostenibile, contro lo strapotere delle multinazionali sull´erogazione dei servizi essenziali. Un evento no-stop, tra riflessioni e libri, ma anche spettacolo e musica d´autore. Durerà fino a notte. A metà pomeriggio è previsto l´intervento del comico genovese: avverrà dinanzi a migliaia di persone e nella stessa piazza che già vide, durante la Notte bianca di tre anni fa, un Grillo scatenato (e in parte censurato) contro Bassolino e la Iervolino. Che, a quel tempo, si preparavano ad un progetto di privatizzazione della gestione idrica, disegno poi solo formalmente cancellato di fronte all´onda della proteste. Accanto al leader del dissenso («Ma io non sono il leader di un bel niente», sbotta divertito lui), e al popolo della rete "gli amici di Beppe Grillo" intervengono artisti del calibro di Franca Rame, Edoardo Bennato, Enzo Gragnaniello, Capone & Bungt Bangt, Povia. Grillo, il dramma della Campania si spiega solo con l´incapacità manifesta della politica? «No. È che la politica è corrotta, o non c´è più. Soppiantata, tenuta al laccio, sotto ricatto da parte dell´economia, della finanza. Quello che dirò oggi in piazza Dante parte dai rifiuti ma si estende al rapporto perverso tra economia e politica». Oltre alle responsabilità acquisite di un ceto dirigente, non crede che nel business dei 14 anni di emergenza abbiano pesato anche il ruolo delle organizzazioni criminali e l´ostruzionismo di tanti cittadini perbene, esempio di una clamorosa assenza di senso civico? «La camorra non va tirata in ballo sempre. Questa crisi è voluta e orchestrata dalle banche, dai pezzi grossi della finanza, la situazione di crisi mediatica non fa per i clan. Invece sui cittadini il problema esiste. Non sanno neanche che cos´è un rifiuto, come si fa la differenziata, non sanno di essersi ridotti a fare i produttori di immondizia a beneficio dei colossi delle imprese. E la colpa di chi è?». Dei media, chiaro. «La colpa è vostra, dell´informazione, del sistema dei media. I cittadini sono tenuti in coma farmacologico. Questo è un problema gravissimo. Spesso assumono posizioni sbagliate perché nessuno ha raccontato loro una verità nascosta dietro una decisione politica. Sa qual è la frase più ricorrente in tutti i miei spettacoli, da anni? È questa: "Non è possibile"». Ma c´è la Rete, di cui lei stesso incarna la grande forza, popolare ma trasversale. «Infatti grazie alla Rete, negli ultimi anni, tanti hanno cominciato a capire che cosa c´era dietro le ordinanze firmate da un politico, dietro un orientamento di giunta o di consiglio: quali calcoli, quali interessi si tutelano e si foraggiano». Le elezioni sono alle porte. Da Napoli a Roma muta la qualità della classe dirigente? «Non scherziamo. Queste elezioni sono illegali. Proprio da ridere, se non fosse così grave». Illegittime: perché? «Prima ci hanno tolto la preferenza al candidato. Ora ci tolgono anche i simboli dei vecchi partiti. Si fanno due formazioni, nuove. Non si sa che roba è, il programma è unico in realtà, se lo sono scopiazzati a vicenda». Grillo anche lei, dopo la sortita di Fiorello, spinge verso l´astensionismo? Ride. «Ma no, nessun consiglio, il voto è segreto. Solo che nel mio segreto, io a votare non ci vado». (23 febbraio 2008)Ultim'ora da napoli.repubblica.it Titolo: CONCHITA SANNINO. Inserito da: Admin - Novembre 26, 2008, 04:05:29 pm I due scrittori invitati dall'Accademia di Svezia
Rushdie-Saviano a casa Nobel La rabbia, la solitudine, la furia cieca: è possibile combattere con le parole? di CONCHITA SANNINO STOCCOLMA - "La parola fa paura solo quando supera la linea d'ombra". Applaudono tutti, qualcuno è commosso. Sono quasi le otto di sera, in una Stoccolma candida e gelida, quando Roberto Saviano parla alla Reale Accademia di Svezia. Sorride e infine stringe la mano e abbraccia Salman Rushdie, "compagno di fatwa", come lo chiama dietro le quinte, per allentare la tensione prima dei loro discorsi paralleli. Due scrittori lontani e diversi, eppure accomunati dalle conseguenze delle loro parole. Entrambi invitati, pur non essendo premiati, a parlare di un tema che torna ad appassionare lettori e comunità internazionale. Quello che è andato in scena ieri, a pochi passi dalla città antica e dagli allori di cui è disseminata la sede dell'Accademia, è un appuntamento che sembrava impensabile fino a poco fa. Un'analoga iniziativa di sostegno in favore degli scrittori minacciati dai totalitarismi fu infatti respinta dai "padri" del Nobel nel 1989, quando lo scrittore anglo-indiano Rushdie venne condannato dalla fatwa islamista. Una bocciatura che spinse alcuni giurati a voltare le spalle all'Accademia. Proprio una di quelle voci più coraggiose ed "eretiche", l'autrice Kerstin Ekman, si è levata di nuovo, invitando l'istituzione a mostrare pubblico sostegno sul tema della letteratura e della testimonianza di impegno civile. Ma erano seguite le iniziali riluttanze del segretario permanente dell'Accademia, Horace Engdahl, secondo cui l'Accademia non poteva occuparsi dei seguiti "giudiziari", di risvolti prevalentemente "politici" di pur valorosi libri, ritenuti in fondo problemi privati di alcuni scrittori. Ce n'era abbastanza perché dalle colonne dell'Expressen la signora Ekman tuonasse contro Engdahl: "Ma questo è un problema anche nostro, anche tuo". Una mobilitazione su cui aveva pesato anche l'appello lanciato su Repubblica da numerosi Nobel: dal turco Orhan Pamuk al tedesco Günter Grass a Dario Fo, e con l'aggiunta di Mikhail Gorbaciov. Qualche mese dopo, l'Accademia reale di Svezia spediva il suo invito non solo a Roberto Saviano, ma anche a Rushdie, per ripagare un torto vecchio di vent'anni, ma non per questo meno sedimentato. Ed è stato proprio Horace Engdahl, ieri sera, a presentare i due scrittori con un'introduzione molto lusinghiera, che ha sottolineato il valore letterario e civile della parola di Saviano e di Rushdie. --- ROBERTO SAVIANO Quei poteri che temono la letteratura È davvero emozionante essere qui stasera. Quando mi è giunto l'invito dell'Accademia di Svezia, ho pensato che questa era la vera protezione alle mie parole. È una domanda complessa quella che ci interroga stasera: perché una letteratura mette in crisi potenti organizzazioni criminali, che fatturano 100 miliardi di euro l'anno, che massacrano innocenti. Io penso che una delle risposte sia: perché la letteratura ha il potere di svelare i meccanismi, di rappresentare questi crimini non in maniera tipizzata o stereotipata, come molte volte ha fatto anche il cinema - penso alla ferocia glamour de Il padrino di Scarface. Ma li svela parlando al cuore, allo stomaco e alla testa dei lettori. Ma c'è una differenza tra quanto accade qui in Occidente e quanto accade nei regimi totalitari rispetto alla stessa parola che appare "scomoda" o pericolosa. Nei regimi oppressivi qualunque parola, o verso contrario a ciò che quel dettame impone, diventa condizione sufficiente per essere messo all'indice. Non è così in Occidente. Dove tu scrittore, o artista puoi fare, dire e pensare ciò che vuoi. A patto però di non superare la linea dell'indifferenza o del moderato ascolto. Quando invece buchi la soglia del rullo compressore, quando superi la soglia dell'ascolto e vai in alto, o in profondità, a quel punto e solo allora diventi un bersaglio. Qualcuno ha detto che dopo Primo Levi, e dopo Se questo è un uomo, nessuno può più dire di non esser stato ad Auschwitz. Non di non esserne venuto a conoscenza, ma di non esserci stato. Ecco ciò che i poteri temono della letteratura, quello criminale e gli altri poteri. Che i lettori sentano quel problema come il loro problema, quelle dinamiche come le loro dinamiche. Quando i carabinieri ti dicono che la tua vita cambierà per sempre, oppure quando un pentito svela in quale data, a suo parere, cesserai di vivere, la prima sensazione, la prima domanda che ti fai è: che cosa ho fatto? Inizi a odiare le parole che hai scritto, e pensi che siano le tue parole ad averti tolto la libertà di camminare, di parlare, di vivere. Penso a una giornalista come la Politkovskaja, che ha dato una dimensione universale alla tragedia cecena, non era più solo un problema locale. Penso a uno scrittore come Salamov che ha raccontato l'inferno dei gulag, e con esso l'intera e universale condizione dell'uomo. Dopo quella letteratura, il mondo si sente rappresentato nella sua dimensione più profonda, e quindi non può prescindere più da quella parola. Allora non c'è più Russia o Cecenia o Mosca o Napoli. La mafia può condannarti, ma quello che ti ferisce sono le accuse della società civile, Dicono che stai speculando sul successo, che hai fatto tutto per visibilità. E che stai rovinando il paese. Sono ferito da quest'ultima affermazione. Perché penso che raccontare sia resistere. E stare vicino alla parte sana del Paese, a quella parte che non si arrende, che combatte le organizzazione criminale che hanno in mano grandi fette dell'economia, non solo nazionale. Qualcuno dice anche che sono ossessionato dal sangue, dalle ingiustizie. Ma chi ha dentro un'idea di bellezza e di giustizia, non può non sentire questa esigenza. Penso a quello che diceva Albert Camus: "Esiste la bellezza ed esiste l'inferno. Vorrei rimanere fedele ad entrambi". --- SALMAN RUSHDIE C'è anche chi dice: "Te la sei cercata" Sono nel posto più geograficamente vicino al cuore della letteratura. Ed è molto importante che qui stasera si discuta della libertà della parola e del terrore che la minaccia. Un terrore vasto e diffuso, che non conosce confini. Talvolta, neanche confini di stupidità, di bizzarria. Con Saviano ci siamo già incontrati una volta a New York. Abbiamo conversato a lungo e ho potuto rendermi conto di quanto la sua situazione fosse anche peggiore di quella che avevo vissuto io all'epoca, circa venti anni fa. Ricordo che non poteva muovere un passo senza avere almeno tre o quattro persone intorno. Quell'immagine rappresentava per me qualcosa di molto vicino e increscioso, purtroppo. Il terrore minaccia, in questi anni, tutte le espressioni che hanno a che vedere con la manifestazione di un pensiero libero, che sia fuori dal coro, magari fuori dagli incasellamenti del politically correct. Non sono gli Stati a imporre il rispetto, ma anche le Chiese del mondo in passato hanno sempre teso a mettere dei punti fermi. Purtroppo non ci sono frontiere che tengano, per il terrore. Ma dobbiamo dare il minor potere, il minore spazio possibile a questo nemico. In questo più vasto scenario, esistono singoli casi di scrittori che diventano bersagli di paura, di minacce. Ma c'è un modo più subdolo di delegittimare e colpire chi ha scritto parole che danno fastidio: è la delegittimazione della tua genuinità. Ci sono quelli che pensano e dicono che non è stato tutto un caso, che te lo sei cercato, che stai facendo tutto quello che fai, o che hai scritto quello che hai scritto, per un vantaggio personale. E non vedono il prezzo che paghi: anche economicamente, per proteggerti. Dal momento in cui fui raggiunto dalla condanna, questa è la ferita più profonda che mi è rimasta: perché mirava alla mia credibilità, all'integrità morale. Qui ci stiamo chiedendo se gli scrittori hanno diritto a sconvolgere la vita delle persone, con le loro storie. Ma dal primo momento in cui noi veniamo al mondo, chiediamo storie. Non soltanto le grandi storie, ma anche piccoli fatti, o favole, o leggende, o racconti personali o corali. Anche storie imbarazzanti... Anzi, a pensarci bene, tante storie interessanti sono imbarazzanti. Perché le storie sono le artefici della nostra crescita: sono quelle che ci aiutano a capire chi siamo, chi vogliamo essere davvero, in quale relazione ci poniamo con il mondo. È la stessa ritualità per eccellenza che distingue le storie delle singole famiglie e poi di una comunità. Che cosa è, in fondo, la religione, da un certo punto di vista, se non la madre di tutte le storie? Ma questo fa paura a quelli che pensano, dentro di loro, che tu non devi raccontare quello che vuoi. Tu racconti quello che ti dico io, dice la mafia. E la libertà di raccontare la storia che uno ha in testa fa di uno scrittore uno scrittore libero e di un Paese un paese libero. Saviano racconta storie vere, ma fa i nomi e i cognomi. E questo lo costringe a vivere sotto scorta da tempo. Che poi Saviano sia anche un bel ragazzo, dispiace due volte. Di solito la gente non pensa alle conseguenze. Che sono drammatiche e anche buffe. A parte che vivere con quattro uomini sotto lo stesso tetto genera spesso dubbi, domande. Io ricordo una volta a Parigi: per prendere un caffè, circondato da uomini di scorta, divenni il centro di un andirivieni, una curiosità infinita. Volevo sprofondare. Tutti a chiedere: chi è, cos'è, che cosa succede? E chi dall'esterno vede il lato della vanità dello scrittore non sa che in quel momento egli vorrebbe solo dire: facciamola finita, portatemi via. Voglio entrare in un cinema. (26 novembre 2008) da repubblica.it Titolo: CONCHITA SANNINO. "La sicurezza arrivò di mattina" Inserito da: Admin - Maggio 09, 2009, 10:43:15 am Pasquale Cerullo: tutto il personale della villa sapeva dell'arrivo del presidente
Una ricostruzione dei fatti che non coincide con il racconto ufficiale di Berlusconi Il fotografo e la visita del premier "La sicurezza arrivò di mattina" dal nostro inviato CONCHITA SANNINO CASORIA - "La partecipazione del premier alla festa? Forse era una sorpresa per la festeggiata, ma per noi dello staff di Villa Santa Chiara non lo era affatto. Alcuni lo sapevano, secondo me, anche dal giorno prima. E poi nella mattina della domenica sono venuti gli uomini della scorta del presidente a fare una visita al locale per motivi di sicurezza, credo che si chiami la "bonifica". Anche le donne dell'impresa di pulizia lo sapevano. Alle 19 del pomeriggio, quando io ho messo piede nel locale, proprio loro mi raccontavano scherzosamente che sin dalle prime ore del mattino avevano dovuto lavorare più a fondo, più sodo, per "colpa" del presidente Berlusconi". Pasquale Cerullo è il giovane fotografo che, la sera dell'ormai celebre party per i diciotto anni di Noemi, ha vissuto non da invitato, ma da osservatore professionale e distaccato le varie fasi del ricevimento. E tra le pieghe della sua testimonianza, brilla una contraddizione: il premier spiega di aver fatto la sua apparizione alla festa grazie solo a quel temporale su Milano che gli regala un'ora di tempo, e dopo una telefonata di papà Letizia che gli mormora "festeggio Noemi", ma già dalla domenica mattina la scorta del presidente compie la sua rituale verifica dei luoghi. Forse dipende dall'unico contatto telefonico che il premier ha avuto con il padre di Noemi al mattino? E come mai una rappresentanza degli organi di sicurezza di Palazzo Chigi si sposta fin nelle pieghe dell'hinterland napoletano, a Casoria, per visitare un luogo dove il presidente non sarebbe andato? Solo un dettaglio. È il frammento laterale, il racconto diretto di un ospite. Ma offre una tessera non perfettamente compatibile con il mosaico-spiegazione finora resa dal presidente del Consiglio a "Porta a porta". "Repubblica" gira la questione ai responsabili della sicurezza. Fonti del Dipartimento di pubblica sicurezza modificano la cronologia dei ricordi del giovane fotografo. Riferiscono infatti che la notizia del cambio di programma con l'arrivo del presidente del Consiglio a Napoli, viene trasmessa a Napoli intorno alle 15. Alcune ore dopo, tra le diciotto e le diciannove - secondo le stesse fonti - scattano le misure di bonifica del luogo che sarà visitato da Berlusconi. Con personale del commissariato locale, della Digos e della sicurezza di Palazzo Chigi. Le stesse fonti fonti aggiungono che effettivamente il premier, una volta atterrato a Capodichino, è rimasto fermo per circa un'ora. Torniamo al nostro fotografo. Cerullo racconta a "Repubblica", con la semplicità del giovane addetto ai lavori, l'eccitazione dei domestici e cuochi, l'orgoglio e la comprensibile eccitazione di chi gestisce il locale, e poi in serata, nel clou della festa, anche la palpabile commozione della bella Noemi, l'emozione di sua madre, il fatto che entrambe pubblicamente continuassero a chiamarlo papi. "Ricordo che tutto è successo dopo l'arrivo di Noemi. Ecco che lei fa il suo bell'ingresso con il velo ricamato sul capo, e dopo neanche cinque minuti arriva lui. Applausi, sorrisi. Io all'inizio scattavo, scattavo, ma la sicurezza del presidente mi guardava un po' irritata. Ma io andavo dal direttore del locale, perché solo da lui prendo disposizioni, e quello mi diceva "Tu scatta", e io continuavo". Eccolo, il clima che segnò quella domenica nel locale di Casoria. "Comunque erano tutti molto divertiti, e c'era familiarità tra il premier e quella famiglia. Soprattutto con madre e figlia. All'inizio sono stato più tempo proprio addosso a loro, perciò mi sono fatto questa idea". Pasquale Cerullo, occhi chiari, viso di ragazzino, lo dice con chiarezza: "A me non importa perché è venuto il presidente, anzi ero stupito allora e resto stupito oggi" , si limita a raccontare. Fino a pochi giorni fa, prestava il suo servizio professionale a Villa Santa Chiara, per sei o sette giorni a settimana. Anche quella domenica sera, Pasquale Cerullo arriva con la sua digitale dell'immagine. Alle 19, trova ancora gli ultimi dipendenti impegnati negli ultimi ritocchi. "Ho visto quando sono arrivati i genitori di Noemi, emozionati e un po' tesi. C'erano soprattutto giovani, una settantina di persone. I genitori della ragazza? La madre la ricordo particolarmente perché prima che arrivasse il premier diceva continuamente a tanti "Mi raccomando, ora che arriva monsieur le President", sì, con il vezzo del francese, e dopo lo chiamava dinanzi a lui e alla figlia, solo papi. Noi dipendenti ne abbiamo sorriso un po'. "Noemi, vieni, la foto con papi, Noemi vieni papi sta facendo il brindisi". Il padre della ragazza? Molto compreso del ruolo". E quanto tempo è rimasto il premier? "Io ho visto che è rimasto per tutto il tempo della cena, seduto al tavolo con la famiglia di Noemi. Sì, dall'inizio alla fine della cena, io me lo ricordo anche al momento del dolce". (9 maggio 2009) da repubblica.it Titolo: CONCHITA SANNINO. "Letizia non frequentava il Raphael Ora basta tirare... Inserito da: Admin - Maggio 12, 2009, 10:45:22 pm Il figlio dell'ex leader e i dirigenti socialisti sostengono di non aver mai conosciuto il padre di Noemi
De Michelis: "Non so come e perché questo signore sia diventato del Psi" "Letizia non frequentava il Raphael Ora basta tirare in ballo Craxi" di CONCHITA SANNINO NAPOLI - "Non capisco perché si voglia continuare a tirare il nome di Bettino Craxi in questa storia". Bobo Craxi ammette di essere "infastidito". "Non ci tengo a conoscere i dettagli e non mi importa risolvere l'enigma, trovo questa vicenda un po' allucinante. Mi secca però che si mettano in giro notizie inesatte". Aggiunge: "Leggo che c'è un ex assessore napoletano del Psi, Arcangelo Martino, che ricorda di aver presentato il signor Letizia, il padre di questa signorina Noemi, a Berlusconi e a mio padre. Ora, io escludo categoricamente che il signor Letizia fosse un habitué dell'hotel Raphael. Lo stesso ex assessore Martino erroneamente si definisce ex segretario regionale, perché non ha mai ricoperto questo ruolo a Napoli, come potranno confermare tutti gli ex dirigenti del partito campano. Lui stesso, Martino, credo che sì e no sia passato qualche volta a salutare mio padre al Raphael". Non hanno "mai neanche sentito nominare Letizia" né l'ex ministro Gianni De Michelis, né l'ex vicepresidente del Psi Giulio Di Donato, e nemmeno l'ex "cardinale" del Psi, Gennaro Acquaviva. Né, infine, un socialista napoletano di spicco ed ex segretario regionale del Psi come Stefano Caldoro, uno che nei primissimi anni Novanta al Raphael vi alloggiava tutte le volte che gli impegni politici lo chiamavano a Roma. Per la seconda volta il figlio del leader socialista, insieme con la vecchia guardia dei socialisti, è costretto a intervenire su un caso che "non mi piace". Così com'era avvenuto il 29 aprile scorso, quando Bobo Craxi dovette smentire che il padre di Noemi Letizia fosse stato autista di Craxi. Quindici giorni dopo, il caso Noemi continua a riservare sorprese. Ieri è l'ex assessore all'Annona del Comune di Napoli, Arcangelo Martino, a riferire al Corriere della Sera: " "Fra l'87 e il '93 sono stato grande amico di Craxi. Tutti i mercoledì andavo a trovarlo all'hotel Raphael. Parecchie volte è capitato che lì con Craxi ci fosse Berlusconi, ed è lì che ho presentato i due". Bobo Craxi concede su questo punto un'alzata di spalle. "Io so di Martino solo che ha cominciato come sindacalista in un ospedale di Napoli". Giulio Di Donato mostra la stessa incredulità. "A questo punto, sarei senza parole. Si rischia di andare nel ridicolo, non so. A parte che ognuno si presenta un giorno e dice: "Ah sì, io mi ricordo come sono diventati amici, quei due". Ecco, fatemi dire solo che questo signore Letizia, nel panorama napoletano e campano dei socialisti, a tutta mia memoria, non esisteva. Non è mai esistito fino a quindici giorni fa". Su quest'ultima certezza concorda anche Gianni De Michelis, in una battuta al telefono dall'Arabia Saudita. "Su quando e come è nato questo signor Letizia socialista mi sono interrogato anche io. E non ne ho idea". Anche Acquaviva alza le mani: "Mai sentito nominare, neanche dai napoletani". S'interroga sulla precisione dei ricordi di Martino anche Caldoro. "Proprio nei primi Novanta, abitavo al Raphael tutte le volte che mi fermavo a Roma. Si scherzava sulla intraprendenza di Martino, che noi chiamavamo "scugnizzo", ma escludo categoricamente di aver mai visto e sentito che questo Letizia venisse presentato a Craxi. Perché mai l'avrebbero dovuto presentare? Non era un dirigente, non era un esponente del sociale, non era un militante attivamente impegnato. Altrimenti, me lo sarei ricordato". (11 maggio 2009) da repubblica.it Titolo: Noemi nel paese delle meraviglie Inserito da: Admin - Maggio 14, 2009, 11:59:37 pm Noemi nel paese delle meraviglie
di Claudio Pappaianni Gli studi. La danza. I ritocchi estetici. L'autista. Il fidanzato spuntato dal nulla. Stile da star per la pupilla di Berlusconi. E gli amici raccontano: a Capodanno era alla festa del premier in Sardegna Noemi LetiziaOra aspetta la chiamata per un reality show. Si sente pronta. Ma ogni giorno vissuto da Noemi Letizia, la diciottenne prediletta del presidente del Consiglio, è già una puntata del "Grande Fratello" in salsa berlusconiana che si sta girando all'ombra del Vesuvio. Un programma che sta facendo vendere come il pane i settimanali di gossip e i più seri quotidiani politici. Con gli italiani impazziti per i protagonisti, tutti a recitare compiti la loro parte sul set naturale che va da via Libertà a Portici a Secondigliano, fino ad Arcore e Villa Certosa. Tutti famosi all'improvviso: i genitori Anna e Benedetto detto Elio, il fidanzato spuntato dal nulla, i nonni e i vicini di casa, gli amici e gli amici degli amici. Tutti hanno il loro copione da seguire, non sono più ammesse sbavature, troppi errori sono stati commessi nelle prime ore del gioco. Chi non se la sente viene eliminato: molti attori della prima ora da qualche giorno non rispondono più al telefono, evitano contatti su Internet, escono il meno possibile per non dover rispondere alle domande scomode sulle verità nascoste. Perché Berlusconi, Silvio, papi, comunque lo si chiami, resta per ora solo "l'amico di famiglia ". Il mistero è gelosamente custodito. Noemi, intanto, va per la sua strada, e vive la vita di tutti i giorni tra la scuola di grafica, la danza e gli appuntamenti. Sempre accompagnata da Roberto, un ragazzo moro con capello zebrato che la va a prendere in Mercedes. L'autista, dicono. Domenico Cozzolino, il suo fidanzato, invece, non si era mai appalesato fino alle foto del weekend a Rimini. Nessuno lo conosceva, neppure le confidenti più strette di Noemi che tuttora non lo annoverano neanche tra i contatti di Facebook, il social network termometro delle amicizie tra i teenager. Pochi di loro, di sicuro, sanno che Noemi è proprietaria di quattro immobili: tre case (una a Portici, un'altra a via dell'Ortigaria e una terza a Calata Capodichino) e di un negozio a Corso Secondigliano. Prima era dei nonni paterni, che per decenni hanno gestito una libreria. Nel 2002 il passaggio di proprietà a favore di Noemi appena undicenne, e la decisione di affittare il locale: oggi la ditta titolare vende scarpe e accessori. Dietro un bancone Noemi non si è mai immaginata. L'attrazione fatale per le luci della ribalta l'ha travolta fin da piccola. Ragazza fine, garbata e riservata, come racconta il preside della sua scuola, nasconde ambizioni sfrenate per il mondo dello spettacolo. Come molte sue coetanee. Passa da minorenne per le mani di un chirurgo plastico e dichiara di volerci tornare per rifarsi il seno. Vuole una terza, abbondante, perché "ora ho solo una seconda scarsa". A 16 anni entra in un'agenzia per modelle e si fa il book (il presunto fidanzato ammette che le foto sono ritoccate, e che la Noemi reale è meno sexy di quella delle foto), e inizia a lavorare. Qualche sfilata, una particina in una fiction, qualche concorso di bellezza, un programma in una tv locale. Balla e canta, intanto studia con profitto. È una delle prime della classe. Dopo il blitz di Berlusconi alla festa dei suoi 18 anni le offerte arrivano da tutte le parti: i registi sanno che con lei nel cast la pubblicità al film è assicurata. Nel Noemi's Word l'aspetto fisico è decisivo: al settimanale del Cavaliere, "Chi", prima sottolinea di rispettare da sempre il valore della verginità, poi spiega di amare lo shopping, lisciarsi i capelli biondi, curarsi le unghie. I partiti? Le piace il centrodestra, naturalmente. "Gomorra" di Roberto Saviano? Bocciato: ha fatto a pezzi l'immagine di Napoli. Nel futuro immediato forse un calendario, tra qualche anno la politica. Anche il ragazzo non è certo uno che passa inosservato. Alto, bella presenza, Cozzolino è un ex figurante Mediaset, avendo partecipato come corteggiatore a "Uomini e Donne". Il rapporto con Noemi, secondo quanto lui stesso ha raccontato, va avanti da tempo. Pure lui conosce il Cavaliere: "Me l'hanno presentato due anni fa. La sera della festa ha preferito che nelle foto in cui compare ci fossi sempre anch'io". Peccato che nei ritratti del fotografo ufficiale spedite a "Chi" non compaia mai. Solo dopo qualche giorno i due fidanzati sono stati prima immortalati a Rimini, poi visti mano nella mano a Portici, dove Noemi lo ha presentato ad alcune amiche per la prima volta e allo staff del suo parrucchiere, Lorenzo. Ecco, per conoscere davvero i segreti di una vita da Noemi bisogna fare un salto dal suo coiffeur. "Viene qui minimo una, due volte a settimana", raccontano nel negozio. A volte anche di più, se c'è qualche appuntamento che conta. "Una ragazza semplice, solare, che ama la vita", aggiungono, "è tanto buona che ora si preoccupa del fatto che la sua storia abbia oscurato eventi più importanti, come il terremoto in Abruzzo". La festa dei 18 anni? "Ha organizzato tutto lei", e ti mostrano l'invito che Noemi ha disegnato, con la sua foto, i cuoricini e una farfalla. "Quella domenica abbiamo aperto apposta per lei e sua mamma", spiega Lorenzo, il titolare, "erano molto emozionate". La presenza di Berlusconi? "Diciamo che non erano certe al 100 per cento", ammette una sua collaboratrice. E per il book fotografico? "È passata sempre prima da qui". E quando è andata a trovare Berlusconi? Sorrisi imbarazzati. E per il Capodanno in Sardegna? "Sì, anche quella volta". Già. Marianna, una dipendente cordiale e grande estimatrice della nuova diva nazionale, conferma una voce ricorrente. Noemi l'ultimo Capodanno l'ha passato con "papi". "Per me Silvio è un secondo papà: mi telefona e lo raggiungo", aveva detto urbi et orbi facendo uscire Veronica Lario fuori dei gangheri. Deve essere andata così anche quando il Cavaliere ha organizzato la festa dell'ultimo dell'anno a Villa Certosa. Una festa a cui hanno partecipato il fratello e la sorella, Piersilvio e la Toffanin, nessun ministro e un po' di amici. Lo scorso 31 dicembre l'aereo privato del premier ha fatto la spola tra la Sardegna e il continente per accompagnare i suoi ospiti. Alla festa, racconta Marianna, c'era anche Noemi. Ad accompagnarla solo una sua amica, compagna di studi e nel tempo libero. "Che io sappia è andata solo a ballare, a fare intrattenimento ", dice. Di più non si riesce a sapere. Di sicuro, quasi tutti gli intervistati sostengono che l'amicizia dei Letizia con il premier è molto più recente di quanto provano a sostenere altri attori della fiction. Il nonno, sentito da "L'espresso", spiega che "mio figlio Elio lo conosce da due-tre anni massimo", e pure le amiche dell'aspirante attrice negano: "Non credere che con Berlusconi si conoscano da molto". Di certo nove mesi fa Noemi conosce Emilio Fede, stando alle parole di un fotografo napoletano al quale la giovane si era rivolta per un servizio fotografico: "Mi disse che le avrebbe dovuto inviare a Milano per un provino da "meteorina" ", racconta Gaetano Livigni, che oggi reclama i diritti per alcuni di quegli scatti finiti sui giornali. Noemi dice a Livigni di avere già in tasca un biglietto aereo prepagato per Milano. "Venne accompagnata dalla mamma e dal papà, un'amica e un giovanotto bruno", aggiunge il fotografo. "Mi colpì la sua richiesta di una foto del posteriore, perché a me quelle pose non piacciono: le trovo volgari". Ma Noemi voleva bruciare le tappe, diventare meteorina a 18 anni e, magari, arrivare in Parlamento qualche anno più tardi. Un'aspirazione, quella politica, dichiarata candidamente nelle prime ore. Le credenziali c'erano tutte. Ma di mezzo ci si è messa Veronica. Almeno per ora. (14 maggio 2009) da espresso.repubblica.it Titolo: CONCHITA SANNINO. "Si fece fotografare di schiena, dicendo che servivano ... Inserito da: Admin - Maggio 15, 2009, 12:30:36 pm Gaetano Livigni: "Nel 2008 mi disse di avere già il biglietto aereo in tasca"
"Si fece fotografare di schiena, dicendo che servivano immagini di quel tipo" Noemi, parla il fotografo autore del book "Doveva fare la meteorina di Fede" di CONCHITA SANNINO NAPOLI - Progettava di diventare "una meteorina". Il suo sogno Mediaset era a portata di mano, qualcuno le aveva anche pagato il biglietto aereo per sostenere quel provino di valletta per il Tg 4. Questo, almeno, è ciò che raccontò Noemi Letizia, dinanzi a sua madre Anna e a due testimoni, nello studio fotografico in cui prenotò il proprio book di moda, mentre si offriva a quegli scatti che avrebbero fatto il giro delle copertine del mondo. Così, da ieri c'è un'altra domanda sul "caso Noemi": perché una studentessa di 17 anni, figlia di un messo comunale, immersa nel recinto angusto dello spettacolo locale, esibiva la certezza di un provino da "velina" nel Tg 4? Era il 5 novembre 2008 quando la signorina che chiama "papi" il presidente del Consiglio confidò al fotografo Gaetano Livigni: "Mi raccomando. Con queste foto devo andare a Milano. Ho un provino fissato per fare la meteorina di Emilio Fede". Lo studio è al quarto piano di corso Garibaldi. Piccolo, ben strutturato. Ecco il divano bordeaux su cui Noemi si adagiò con l'abito nero. Livigni racconta che non riuscì a trattenere il suo scetticismo. "Attenta, le dissi, non farti mai illusioni quando ti promettono ingaggi". Ma lei lo stoppò, mentre la madre ne sorrideva: ""Fanno sul serio, non è una presa in giro - rispose Noemi - Mi hanno già pagato il biglietto aereo per Milano"". La circostanza rimase impressa nella memoria di Livigni e della sua assistente Teresa (entrambi noti a Napoli: hanno curato l'immagine e i book di prestigiosi attori ed artisti) anche per un altro motivo. Poco dopo, durante gli scatti, prosegue il racconto di Livigni, "la signorina Noemi mi chiese espressamente di riprenderla di schiena, e in bikini, in una posa che io non prediligo mai per le mie clienti, soprattutto quando mi viene chiesto per il book di un'aspirante indossatrice. Così mi permisi di osservare: "Ti sconsiglio questa posa, è un po' volgare, va bene quella sexy che chiedi, distesa sul divano". Ma lei mi oppose un ottimo motivo: "Mi hanno chiesto di farne anche alcune di schiena. Servono anche così"". Si tratta di dettagli che Livigni aveva tenuto coperti dalla privacy. Ma solo fino a quando, spiega, "non ho capito che la famiglia ha assunto comportamenti poco chiari". "Repubblica" gira questa conversazione ai genitori di Noemi, ma da parte loro c'è silenzio assoluto. Scusi Livigni, e se le dicessero che lei si è inventato tutto, che non la conoscono? "Ho qui le cento foto in alta definizione che ritraggono la signorina anche con sua madre e con una sua amica che la accompagnò". In effetti, in uno degli scatti mai usciti, c'è Noemi in piedi sulla scrivania in cristallo del fotografo. Sotto i piedi, e alle spalle di Noemi, ecco lo stesso pavimento, e soprattutto la stessa parete coperta di cornici davanti alla quale il fotografo ha appena dato la sua testimonianza. (15 maggio 2009) da repubblica.it Titolo: CONCHITA SANNINO. Le tre fan del premier bisticciano sulla foto Inserito da: Admin - Giugno 29, 2009, 06:40:19 pm Francesca Pascale: con Silvio ho giocato a calcio a Villa Certosa
Emanuela Romano nega di esserci stata. Suo padre minacciò di darsi fuoco Le tre fan del premier bisticciano sulla foto "Io non ci sono". "No, a Olbia c'eri pure tu" "Andammo in Sardegna qualche settimana dopo che lo incontrammo in un hotel ai Parioli" di CONCHITA SANNINO BARI - Prima erano solo Virna, Emanuela e Francesca. Quando partivano per Villa Certosa, nel 2006, portavano in dono a Berlusconi "un barattolino con l'aria di Napoli, gadget che gli piacque molto". Ora qualcuna non ricorda più. "Io sono stata a Villa Certosa, è vero. Ma mi pare che non vi ho dormito. Forse quella stessa sera l'aereo privato ci riaccompagnò a Napoli. Ma non c'è niente di male, no?", mormora la prima, l'esuberante Virna Bello. "Io non c'ero. Non conosco lo scalo di Olbia, forse era Vicenza", nega la seconda, Emanuela Romano, che arriva a non riconoscersi nella foto, insieme con le (ex) amiche. Mentre la terza ragazza ritratta nel servizio de L'espresso, l'imprevedibile Francesca Pascale, lo rivendica. "Ma scherziamo? Come faccio a dimenticare, come fa Emanuela a dire che non c'era? Siamo state ovunque, noi tre, a Olbia, a Vicenza, ovunque al seguito del presidente, anche quando non era premier". Francesca parla, con entusiasmo, quasi per tutte e tre. "Noi siamo quelle che si inventarono il comitato "Silvio ci manchi" e la cosa colpì molto Berlusconi. Io lo conobbi proprio con Emanuela e con Virna: ci dissero che lui avrebbe volentieri incontrato i giovani attivisti del partito e andammo tutte e tre all'hotel Duke, ai Parioli. Ad ottobre ci presentammo, e appena qualche settimana dopo partimmo per Villa Certosa - prosegue Francesca - La prima volta nella sua residenza di Porto Cervo è stata bellissima. Io dico che non c'è niente di cui vergognarsi, era una convention politica. Ricordo tutto molto bene. Chiamavo a casa per dire "Sapeste che cos'è questa villa!". Ho ancora in mente la visita al parco, i dettagli. E poi i miei palleggi con il presidente. Sì, con il pallone. Io sono malata di calcio, tifosa del Napoli, e mi calmo solo così. Per il resto ho un carattere vulcanico e possessivo. Berlusconi stesso scherzando dice che, per il mio carattere, sono una fascista". da repubblica.it Titolo: CONCHITA SANNINO fan di "Silvio ci manchi" alla corte napoletana del Cavaliere Inserito da: Admin - Luglio 28, 2009, 06:55:22 pm In una telefonata Tarantini parla di Fulvio Martusciello, consigliere campano del Pdl e commenta la "geniale" idea del comitato di fan partenopeo
Quelle fan di "Silvio ci manchi" alla corte napoletana del Cavaliere di CONCHITA SANNINO ROMA - Esiste un "Tarantini" napoletano che si è fatto ombra nelle trasferte vesuviane del presidente del Consiglio? Affiora, a questo punto del caso Berlusconi, un "Giampi" partenopeo nella schiera di future meteorine o aspiranti parlamentari che coronavano le visite del premier in Campania - durante il disastro rifiuti - anche nel periodo della sua frequentazione con l'allora minorenne di Portici? Una delle conversazioni intercettate dagli inquirenti di Bari proietta un'ulteriore liaison tra la Napoli di Noemi, Francesca, Emanuela, e la Bari di Patrizia, Terry, Barbara. È un dettaglio, non penalmente rilevante, dell'inchiesta barese. Ma una telefonata autorizza quella domanda. È quella in cui Giampaolo Tarantini, "fornitore" di escort per Palazzo Grazioli e Villa Certosa, dice di aver conosciuto il consigliere regionale Fulvio Martusciello e commenta la "geniale" idea del napoletano che ha fondato, nel 2006, il comitato "Silvio ci manchi", associazione di estroverse simpatizzanti che oggi risultano inserite nei ranghi delle istituzioni, o sfiorate dall'elezione a Strasburgo. Un'illazione che Martusciello respinge con composta indignazione. "Assurdo. Nella mia vita ho fatto la politica tra la gente, il porta a porta per i voti, ho preso anche 15mila caffè in una campagna elettorale, ma mai il ruffiano". Aggiunge: "Non so chi sia Tarantini. Anche se ho stretto tante mani, pensavo di essere in gara per le europee". Un'ascesa bloccata dai successi, la parabola di Martusciello. Ex funzionario della Banca d'Italia, Fulvio (fratello di Antonio, ex viceministro ai Beni culturali) nel 2005 è ancora il consigliere regionale più votato d'Italia, 34.700 preferenze: un picco, nella tornata in cui il partito perde a Napoli nove punti, che gli costa la perdita della leadership, livore, una lotta con i coordinatori di oggi, Nicola Cosentino e Luigi Cesaro, rispettivamente sottosegretario all'Economia e neopresidente della Provincia di Napoli, peraltro coinvolti dalle indagini del pool casalesi della Procura antimafia. Il nome di Martusciello ricorre anche nella ricostruzione posticcia che il Cavaliere rende a "Porta a Porta" sulla sua "imprevista" partecipazione alla festa di Noemi ("Elio mi telefonò per le candidature di Martusciello e Malvano") . Poi il nome di Fulvio sfuma dalle liste: e si aggiunge la beffa del presunto appoggio di Elio, amico di Papi e signor nessuno del Pdl. Martusciello gira con una battuta: "Ne apprendo con letizia". Segretamente sembra che sposi la definizione che, di quella sortita da Vespa, darà Giuliano Ferrara: "Una serie di balle pazzesche", (Radio 24, il 25 maggio). Ma ora c'è chi si interroga sulla natura del "Silvio ci manchi". "Il comitato lo inventai, poi lo gestirono le ragazze. A Berlusconi piacque l'idea, era il 2006, si candidò al consiglio di Napoli. Prese 13 mila voti, ma perdemmo al primo turno. C'erano tanti giovani però". I fatti testimoniano che solo le ragazze, dopo un invito a Villa Certosa, hanno ottenuto di più. Storie simbolo: Francesca Pascale, nota anche per le sue intemperanze dinanzi al Cavaliere ("Ma sono possessiva nella vita e in politica, il presidente lo sa", confidò una volta), è neoconsigliere provinciale e già rivendica una delega ad personam per i grandi eventi. Virna Bello è amministratore a Torre del Greco, estroversa, si presenta come "assessore braciolona". La defenestrazione di Emanuela Romano dalla competizione europea, ad aprile, spinse suo padre fin sotto Palazzo Grazioli con la camicia impregnata di benzina e un fiammifero in mano. Premiata invece di recente un'altra amica del premier, habituée alle cene politiche all'hotel Vesuvio. Antonia Ruggiero è stata nominata assessore della Provincia di Avellino, dopo una telefonata del Cavaliere all'esitante presidente Cosimo Sibilia. Martusciello alza le mani. "In politica, ciascuno si fa il suo destino. Io da due legislature sono consigliere regionale, e mi diverto anche così". (27 luglio 2009) da repubblica.it Titolo: CONCHITA SANNINO Un'arma puntata alla tempia del governo" il j'accuse di Saviano Inserito da: Admin - Marzo 18, 2010, 10:16:59 am Lo scrittore: il sottosegretario campano ha il potere di far saltare l'equilibrio che sinora ha consentito di ripulire le città dai rifiuti
"Un'arma puntata alla tempia del governo" il j'accuse di Saviano contro Cosentino di CONCHITA SANNINO NAPOLI - "La vicenda dei rifiuti è stato un grande affare. Per la destra e per la sinistra. E se un politico come Cosentino, indagato per i rapporti con i casalesi, gode di un tale ascolto a Roma è perché ha un'arma puntata alla tempia del governo: l'immondizia. Se vuole, può di nuovo riempire la regione di rifiuti". Roberto Saviano parla del "suo" Mezzogiorno alla vigilia dello snodo elettorale, dei rifiuti che tornano sulle strade, delle collusioni della classe politica, delle liste compilate tradendo il codice etico. Ma anche delle "gigantesche responsabilità" del centrosinistra in Campania. Sono passati quattro anni dall'exploit di Gomorra. Saviano è un trentenne che riserva alla sua terra un'analisi durissima. E dolente. "L'unica speranza è che la diaspora dei laureati, che partono in maggior numero dalla Campania e dalla Sicilia, termini. Che i giovani tornino per unirsi alla parte sana del territorio". Uno sguardo senza veli. "La speranza del Rinascimento è ripiegata in Medioevo". Saviano, partiamo da una contraddizione. Il governo rivendica la soluzione strutturale dell'emergenza, poi arriva un'inchiesta a raccontare che quello del termovalorizzatore di Santa Maria La Fossa era un progetto in mano al clan dei casalesi, che coinvolgeva il sottosegretario campano, Nicola Cosentino, indagato per concorso in associazione mafiosa. "Tutta la vicenda Cosentino è interna all'emergenza rifiuti. Infatti l'emergenza ha portato valanghe di denaro in Campania, i consorzi sono diventati strumenti di prebende, di gestione economica e occupazione del territorio. I clan e la politica si incontravano nei consorzi. Ci si chiede come mai un politico con queste pesanti accuse sia così tanto ascoltato da un primo ministro. Un politico che per tutti sarebbe pesante da tenere vicino. Ma la lettura che io faccio della vicenda è molto chiara. Nicola Cosentino ha un'arma che punta alla tempia del governo: i rifiuti. Cosentino ha il potere di far saltare l'equilibrio che ha permesso al governo di eliminare i rifiuti dalla Campania". Il leader campano del Pdl eserciterebbe un tale potere di ricatto? "Un politico come lui, nonostante debba risolvere questo problema, ed è giusto che lo risolva, perché ha tanto ascolto? La mia lettura è che potrebbe, in meno di 48 ore, far tornare la Campania nella crisi. Permettere un'altra volta alle strade di essere foderate di spazzatura. E questo, come immagine, sarebbe lo sgambetto che l'opposizione attende al governo Berlusconi". Ci fu uno scandalo anche all'ente Provincia di Caserta, per il cui rinnovo si vota a fine marzo. L'ex giunta, governata dal Pd, aveva affidato lavori per grossi importi alla ditta riconducibile allo stragista dei casalesi, il killer Giuseppe Setola. "Certo. Questo avviene in una regione dove la vicenda rifiuti, sia chiaro, è stato il grande affare di destra e sinistra, addirittura il grande affare che ha permesso la costruzione di una classe di imprenditori. E addirittura, io direi, di una classe di governo. La sinistra, che in questa regione governa da ben più di un decennio, ha avuto responsabilità gigantesche. Quella storia di Caserta è particolarmente grave. La ditta della famiglia Setola fece un salto di qualità con i lavori ottenuti dalla Provincia". Vigilia delle regionali. Il codice etico è applicato ai candidati? "No, la questione morale non si pone proprio, si usa solo quando può diventare un argomento che fa appeal. In Campania, come in Calabria e in Sicilia, senza l'appoggio delle organizzazioni, non si può vincere. Certo, ci sono stati politici che ce l'hanno fatta senza il sostegno dei clan, ma hanno avuto bisogno di uno slancio, di una società civile più attiva". Allo snodo del 2010, nutre speranze per il sud? "Il Rinascimento di memoria bassoliniana oggi si è compiuto in un Medioevo. Da campano e napoletano non ho alcuna fiducia nella classe dirigente campana. Spero possa esserci un azzeramento". Non è disfattista, un inno alla mancanza di impegno? "Forse sì. Ma mi sentirei falso a dire altro. L'unica speranza che ripongo è nel talento delle persone. L'unica speranza è immaginare che la diaspora dei laureati cessi, che loro tornino a unirsi alla parte sana del territorio". Roberto Saviano sorride amaro. "A volte, per darmi una speranza penso: tutti sono caduti, cadranno pure loro". © Riproduzione riservata (18 marzo 2010) da repubblica.it Titolo: C. SANNINO. G. FOSCHINI - Le cosche puntano a crearsi aministratori ad hoc Inserito da: Admin - Marzo 19, 2010, 06:45:29 pm Le cosche puntano a crearsi aministratori ad hoc
La Procura di Napoli ha acquisito gli elenchi dei candidati Sud e liste "inquinate" le mafie si preparano al voto L'obiettivo sono gli affari gestiti dalle Regioni in particolare gli appalti di ospedali e le Asl di GIULIANO FOSCHINI e CONCHITA SANNINO ROMA - A Napoli i magistrati della Procura antimafia hanno già acquisito le liste con tutti i candidati al consiglio regionale della Campania. E hanno cominciato a studiarle. Anche la commissione parlamentare Antimafia, dopo che il presidente Beppe Pisanu ha imposto ai partiti di sottoscrivere un codice etico, si è mossa: e in attesa che le prefetture comunichino ufficialmente le candidature non in regola con quel codice, ha raccolto un centinaio tra informative e segnalazioni di candidati considerati "a rischio". Le elezioni 2010 in quattro regioni del Sud possono essere condizionate (inquinate o controllate) dalla criminalità organizzata. Che oggi non si limita a fornire pacchetti di voti ai partiti ma scende in campo con candidati propri, politici-affaristi che poi saranno a tempo pieno al servizio delle cosche. È il modello Di Girolamo che può ripetersi all'infinito. L'obiettivo è mettere le mani su parte dei 169 miliardi all'anno gestiti dalle Regioni. Soprattutto appalti di ospedali e Asl, convenzioni esterne e consulenze della sanità, fondi per la formazione. Ma dove vogliono arrivare i clan della camorra e della 'ndrangheta? Di quanti voti dispongono? Quanti e quali candidati stanno mettendo in pista? Un seggio in vendita Il "tariffario" per il seggio non è omogeneo. Le istruttorie e le sentenze giudiziarie più recenti raccontano che ci sono angoli del Paese in cui l'elezione in Regione può costare la contenuta cifra di 15 mila euro, come per le 'ndrine calabresi. E ci sono metropoli dagli intrecci malavitosi, come Napoli, dove la stessa carica si acquista con 60 mila euro, oltre alla promessa di lavori pubblici e forniture per i clan. Poi ci sono padrini che non hanno bisogno né di compravendite né di appalti: sono i livelli decisionali del potere criminale che, dalla Sicilia alla Lombardia, puntano a legarsi direttamente con la finanza e le grandi imprese. Accade nel Paese dei 30 mila affiliati organici alle cosche e dei centomila galoppini del voto inquinato. Dove, solo negli ultimi tre anni, le forze di polizia hanno denunciato per associazione mafiosa oltre 7 mila persone. Spiega il procuratore antimafia di Napoli, Giandomenico Lepore: "Il controllo sulle liste è uno screening di rito. Non siamo un ufficio elettorale, dobbiamo solo verificare se siano commessi reati di compravendita del voto". Ma intanto il 10% dei candidati "segnalati" all'Antimafia ha già alle spalle una condanna, o un rinvio a giudizio, o un'indagine per voto di scambio con i clan. Le mani della camorra Il caso più clamoroso è a Napoli. Roberto Conte, 43 anni, espulso dai Verdi e dal Pd, torna in una lista che sostiene il candidato presidente del Pdl, Stefano Caldoro. L'ex consigliere regionale è stato condannato in primo grado, otto mesi fa, per concorso esterno in associazione mafiosa, con l'accusa di avere "acquistato" dalla camorra la sua elezione alle regionali del 2000. Ora ha scelto la lista Alleanza di popolo. Conte è anche l'unico degli impresentabili per il quale un padrino pentito, Giuseppe Misso, abbia confermato la costituzione del patto politico-mafioso. Ma qual è la sua storia? Per tre volte, racconta la sentenza, Roberto Conte incontrò il boss Misso. Il padrino lo riceveva nel centro storico di Napoli. Secondo il giudice, a fine corsa, il neo-eletto Conte tornò in quell'appartamento blindato a ringraziare il boss. Lo stesso Misso, due anni fa, ha rivelato le ragioni di quell'accordo: "Ho incontrato il candidato Conte almeno in tre circostanze, sempre a casa mia (...). Quando parlo di un mio proposito di guadagnare molto da questo rapporto, mi riferisco ai discorsi che avvenivano frequentemente tra me e il Conte, al fatto che la sua elezione avrebbe permesso al gruppo Misso di aprire un ciclo delle vacche grasse, gare dei lavori pubblici, forniture di servizi a enti pubblici". Il boss del quartiere Sanità aggiunge: "Avevo iniziato a sostenere molte spese per mandare in giro i galoppini. Così un giorno Sasà Mirante (un affiliato, ndr) ricevette direttamente dalle mani di Conte una somma di 120 milioni, ovviamente tutta in contanti, poi portata a me, a casa mia". Dalla storia di Conte ha preso le distanze, ufficialmente, persino un supergarantista come Nicola Cosentino, il coordinatore campano del Pdl per il quale il Gip di Napoli ha chiesto l'arresto per concorso in associazione mafiosa. I sospetti ovviamente toccano anche le elezioni comunali e provinciali. A Caserta, per esempio, per la Provincia l'Udc mette in lista Luigi Cassandra che, in campagna elettorale, riceve una diffida dei carabinieri a non frequentare più personaggi in odore di camorra. Il partito lo invita a ritirarsi. Ma lui rifiuta, e annuncia addirittura un ricorso. Pacchetti di controllo Un business che cambia modalità, quello del traffico di voti. Ma non al punto da non lasciar tracce, come spiega Franco Padrut, storico segretario della Camera del Lavoro a Palermo, uno dei maggiori esperti italiani di flussi elettorali. "Sono rimaste intatte negli anni alcune caratteristiche del controllo del voto, come l'espressione della preferenza, meglio se multipla. Un esempio lampante arriva proprio dal ciclo delle elezioni regionali 2005-2008 dove, al Sud, è stato registrato un tasso di preferenze molto più alto rispetto alla media nazionale: l'89,6% in Basilicata, l'86 in Sicilia, il 78 in Puglia e Abruzzo, il 76 in Campania mentre la media italiana è del 51". Ma qual è l'incidenza del consenso mafioso nella formazione della rappresentanza? Si calcolava un volume di 4 milioni di voti, fino a qualche lustro fa. Aggiunge Padrut: "L'incidenza oggi è meno vistosa, ma profonda. Il condizionamento la criminalità organizzata tende a esercitarlo su altri livelli: il controllo della spesa pubblica, gli apparati amministrativi. E con l'entrata in vigore del Porcellum il condizionamento delle mafie si è spostato sulla compilazione delle liste più ancora che sul voto". Ancora una volta il Sud è il banco di prova di questo nuovo modello di infiltrazione nello Stato. Dice Antonio Laudati, ex pm a Napoli e oggi procuratore capo di Bari: "Le mafie non scelgono "il" partito. Lavorano sul multitasking, condizionano da una parte all'altra e oggi più che il controllo del territorio seguono il denaro e la capacità d'acquisirlo. Puntano a inquinare le decisioni su questioni economiche o finanziarie". Per i magistrati campani Paolo Mancuso e Giovanni Melillo "oggi la camorra ha minori capacità strategiche, ma ha rinsaldato i legami con gli affari, e la politica appare subordinata. Il codice di autoregolamentazione per la selezione dei candidati, approvato all'inizio degli anni Novanta dalla commissione parlamentare antimafia, è rimasto lettera morta". Mafia-politica Spa In Puglia corre Mario Cito, tarantino, numero uno della lista civica che sostiene il candidato presidente del Pdl Rocco Palese a Taranto, figlio di quel Giancarlo condannato fino in Cassazione per associazione mafiosa. Lui, il figlio, non ha accuse a carico. Anzi, una sì: quella di aver messo sui suoi manifesti elettorali la foto di papà invece della propria. In Basilicata tra i candidati al consiglio regionale rispunta l'uscente Luigi Scaglione, capolista per la lista Popolari uniti che appoggia il candidato presidente di centrosinistra, Vito De Filippo. Scaglione è indagato della procura di Potenza per concorso esterno in associazione mafiosa: è accusato di essere stato alla Regione l'uomo di riferimento del clan camorristico guidato dal boss Antonio Cossidente, ora in cella. Non era una questione di amicizia. Ma di affari. Quali affari? Con quali meccanismi viene cementato il patto tra politici e mafiosi? Scaglione, sostiene la Procura, "avrebbe offerto il personale contributo politico e il sostegno del suo partito per la realizzazione del nuovo stadio sportivo di Potenza che l'organizzazione criminale voleva costruire". In cambio "avrebbe ottenuto l'appoggio elettorale dagli associati in occasione delle elezioni politiche del 2008", dove era candidato un amico di Scaglione. Alla base dell'indagine ci sono centinaia di pagine di intercettazioni telefoniche che testimoniano i rapporti esistenti tra il candidato Scaglione e il boss Cossidente. È il 29 ottobre del 2007, per esempio, quando nello studio di un professionista di Potenza i due si incontrano. "Ti ho chiesto - dice il boss al politico - uno sforzo, perché noi siamo propensi ad aprire, a intavolare una trattativa. Tu che cose vorresti (...) garantisci tu per le persone". "L'unica condizione - gli risponde Scaglione - è creare un'opportunità di investimento per il quale qualcuno si senta coinvolto (...) Troviamo per esempio una forma di investimento... Una società costituita apposta che sia propensa a costruire un nuovo stadio". Effettivamente la società la fonderanno: la Immobiliare Gemelli Sr, gestita da un prestanome. Ma Scaglione sembra pensare a tutto: "Io posso creare le condizioni per presentare un progetto finale, dove riusciamo a ottenere finanziamenti dall'esterno. (...) Però poi qualcosa la devi mettere tu nero su bianco, cioè i rapporti sono più tuoi (...) è chiaro che va costituita la società, ci sono i fondi europei per queste cose... Sai, io aspiro a parlarne nel consiglio regionale". Il boss apprezza il discorso. È contento, e ringrazia il politico: "Così - dice Cossidente - non cacciamo nemmeno i soldi alla fine (...) Luigi, tu sei secondo me il miglior tramite, il miglior rappresentante, la migliore persona di fiducia". Scaglione, sostengono i carabinieri della procura di Potenza nelle mille pagine di informativa depositate, sapeva con chi aveva a che fare. Per la cronaca, il candidato senatore amico di Scaglione e dei clan non fu eletto. Ora però Gigi ci riprova. La profezia di Seminara In Calabria con 15 mila euro si compra il voto di un'intera cittadina. Cassano Jonico nello specifico. In pratica si acquista un seggio. Lo ha fatto nel 2005 Franco La Rupa, ex consigliere regionale dell'Udeur. "Fu lui - scrivono i pm di Reggio - a stringere attraverso l'intermediazione di Luigi Garofalo un accordo con Antonio Forastefano, boss della 'ndrangheta, in forza del quale si impegnava a corrispondere denaro in cambio di voti". Quindicimila euro, appunto. La Rupa ora non ci riprova. Non lui direttamente, per lo meno. In lizza con la lista Noi Sud, che appoggia il candidato presidente del Pdl, Giuseppe Scoppelliti, c'è suo figlio Antonio. "Vergogna", ha gridato in commissione Antimafia Angela Napoli, deputata del Pdl che contro "queste candidature in odore di 'ndrangheta" ha annunciato che alle prossime elezioni non andrà a votare. In Calabria, secondo i dati arrivati all'Antimafia, i candidati a rischio sono 21: 16 sostengono la candidatura di Scopellitti, cinque quella di Loiero. Il procuratore capo di Reggio, Giuseppe Pignatone, spiega: "La 'ndrangheta si muove sempre quando ci sono interessi in ballo, succede nell'economia e anche nella politica, l'esperienza ci dice che ha sempre votato e fatto votare. È quindi ipotizzabile che succeda anche per le prossime elezioni". Ma a favore di chi? Il procuratore non fa nomi. La Napoli sì: il primo è quello di Tommaso Signorelli (Socialisti uniti), anche lui con Scopellitti presidente. Il candidato fu arrestato nel dicembre del 2007 nell'inchiesta della Dda di Catanzaro che portò allo scioglimento, per infiltrazioni mafiose, del Comune di Amantea. Era lui - dice la procura antimafia - "il politico di riferimento del clan" che per tre anni almeno (dal 2004 al 2007) avrebbe favorito i Gentile-Africano nell'acquisizione degli appalti e dei servizi nel porto di Amantea. Capolista dell'Udc (che qui corre con il Pdl) è Pasquale Tripodi, ex assessore regionale Udeur. Di lui parla il pentito Cosimo Virgiglio, e dei suoi rapporti con il boss Rocco Molé, poi fatto fuori dai cugini Piromalli nel febbraio de 2008. In Calabria ci sono poi quelli che non ci saranno. Domenico Crea, consigliere regionale uscente, è in carcere da due anni per concorso esterno in associazione mafiosa con i clan della Locride. Nel 2009 è stato condannato anche Pasquale Inzitari, astro nascente dell'Udc reggino, consigliere provinciale. I boss si sono vendicati del suo tradimento facendo saltare in aria ad aprile del 2008, con un'autobomba, il cognato Nino Princi. E, due mesi fa, gli hanno ammazzato il figlio Francesco. Nel mirino dei magistrati anche Mariano Battaglia, candidato alle scorse regionali. È stato arrestato per l'operazione Topa, che si occupò delle infiltrazioni mafiose nel comune di Seminara. Seminara è un paesino dell'Aspromonte nel quale i clan sono in grado di controllare i voti uno per uno. Nel fascicolo del pm Roberto Di Palma c'è un'intercettazione nella quale i boss dicono che, alle comunali, la lista da loro sostenuta prenderà 1050 voti. A spoglio terminato i magistrati ne conteranno 1056. © Riproduzione riservata (19 marzo 2010) da repubblica.it Titolo: CONCHITA SANNINO. Resa dei conti nel Pdl. "Cosentino provi la sua estraneità". Inserito da: Admin - Luglio 11, 2010, 06:23:28 pm IL COLLOQUIO
L'ira fredda del governatore "Una partita con troppi traditori" Resa dei conti nel Pdl. "Cosentino provi la sua estraneità". Il rapporto sui trans: "Dici a Nicola che dovrebbe uscire il rapporto di Caldoro sui trans, forse del problema ha parlato anche un pentito..." di CONCHITA SANNINO NAPOLI - "Mi dicono che volesse incontrarmi. Spiegare. Ma cosa c'è da spiegare? C'è solo una cosa da fare. Lasci la mia giunta. Venga qui a firmare le sue dimissioni". Un'ira fredda, le parole meditate, la finta flemma dei socialisti che non dimenticano. Il governatore della Campania, Stefano Caldoro, si confida con chi gli è più vicino in queste ore. "Bisognerà capire quanti sono". Sottinteso: i traditori. "E andare fino in fondo. Tra quelli che hanno avuto un ruolo attivo e quelli che appaiono passivi, ma partecipi, di una campagna diffamatoria". Il 9 febbraio un sito elettorale lancia presunte rivelazioni sugli incontri di Caldoro con alcuni transessuali e l'allora candidato presenta una denuncia contro ignoti. Cinque mesi dopo, si scopre che la banda che l'ha architettata appartiene alla sua stessa squadra. Per oltre 48 ore il governatore attende la lettera di addio dell'assessore "infedele" Ernesto Sica. "Incredibile, pare che volesse passarci su, in fondo per lui sarebbe un equivoco". Ma non pronuncia quel nome, imposto dal premier Berlusconi nella giunta della Campania (con improbabile delega "all'Avvocatura", un'ingenuità alla Brancher, senza precedenti) e oggi indagato dai pubblici ministeri dell'inchiesta sugli appalti dell'eolico, con l'accusa di essere l'"avvelenatore". Ernesto Sica, attuale sindaco di Pontecagnano (Salerno), fratello di un noto costruttore, e soprattutto molto amico dell'imprenditore Davide Cincotti, con villa in Sardegna e cordiale amicizia con Paolo e Silvio Berlusconi, sarebbe dunque l'autore di un sordido complotto - letteralmente "un nuovo caso Marrazzo, in Campania", diceva lui nelle intercettazioni - architettato insieme con gli arrestati Pasquale Lombardi, Arcangelo Martino e Flavio Carboni. L'unico a beneficiarne sarebbe stato il deputato Nicola Cosentino, attuale sottosegretario del ministro Giulio Tremonti e coordinatore regionale del Pdl - nonché destinatario, dal novembre scorso, di un'ordinanza in carcere per associazione mafiosa da parte del Gip di Napoli. Ed è con Cosentino, eterno rivale della corsa a quella poltrona, che il governatore gioca la sua lunga partita a scacchi. Il coordinatore del Pdl, originario di Casal di Principe, che nell'agro aversano è noto come Nicola 'o Mericano, arriva in serata in Regione, da un ingresso riservato. Caldoro lo riceve e gli chiede che sia proprio lui a portargli le dimissioni - la "testa" - di Sica. "Se non sei dentro il complotto, devi chiedergli di farsi da parte: sei il coordinatore. Se non sei in grado, ho già pronta la revoca. Ma dov'è, a questo punto, la guida Pdl in Campania?". Una lunghissima giornata. La più amara dal suo insediamento. Nel deserto del sabato estivo, al terzo piano di Palazzo Santa Lucia, chi incontra Stefano Caldoro lo trova turbato, ma lucido. E determinato ad andare avanti. Tanti ostacoli, un avvio di legislatura falcidiato dai tagli. E ora il complotto interno. "Abbiamo solo un dovere, noi che siamo stati eletti - dice - : resistere e governare. Il momento è preoccupante: temo la saldatura del malumore dovuto alle misure anti-crisi con la disperazione delle migliaia di famiglie campane che avevano un sussidio per mettere il pane a tavola e non ce l'avranno più. Intorno, c'è la zona grigia del malaffare. E il cambiamento è duro da accettare, in queste condizioni. Dovrò disimpegnare un miliardo di euro, cioè toglierlo dalle mani di chi già pensa di averlo in tasca". Il presidente, che fu ministro alla Ricerca, non riesce a star seduto un secondo. Un mozzicone lasciato cadere in un bicchiere, accende un'altra sigaretta. Passeggia nervosamente nella stanzetta che si è provvisoriamente ritagliato a ridosso del grande salone dove, per dieci anni, ha regnato Antonio Bassolino. Dalla strada sale il rumore ovattato della città, in lontananza ragazzi si tuffano all'ombra di Castel dell'Ovo, tra gozzi e pontili. Mare opaco, come l'estate dei veleni del Pdl. Caldoro con i trans? In un albergo? Lui non sorride, ma scuote la testa: "Ho altri vizi, meno appariscenti. I libri, un carattere poco accomodante. Un profilo riservato. Alle feste mi annoio, persino a quelle più brillanti. Anche mia moglie lo sa". Il governatore appare d'un tratto solo in un Palazzo abitato da fantasmi: quelli di sinistra, continuamente rievocati per la "dissennata gestione di Bassolino"; ma più subdoli appaiono i fantasmi della sua stessa parte politica, da cui diventa così difficile difendersi se l'uomo che, per i magistrati, tramava a favore di Cosentino finisce per diventare un tuo assessore. Dal presunto scandalo Caldoro sarebbe già stato costretto a difendersi a Roma, dinanzi ai vertici romani: in un partito che sembra affidarsi alla pratica sistemica degli intrighi e del dossieraggio. Ma ora la faida sembra venuta allo scoperto. Inutile, suggerisce Caldoro, "confondere i piani". C'è chi ipotizza che il gip, rivelando la trama, gli abbia fatto il torto di "propagare" la calunnia degli incontri con viados. Caldoro è abituato alle trappole. "Un fatto è certo: la mia fiducia nella magistratura è totale". E poi, aggiunge, "c'è una novità. La mia denuncia per diffamazione era contro ignoti. Ora non lo è più". (11 luglio 2010) © Riproduzione riservata http://www.repubblica.it/politica/2010/07/11/news/l_ira_fredda_del_governatore_una_partita_con_troppi_traditori-5509287/ Titolo: CONCHITA SANNINO. Si dimette Sica e comincia la resa dei conti nel Pdl regionale Inserito da: Admin - Luglio 12, 2010, 10:04:17 am L'INCHIESTA
Caso Verdini, caos in Campania via l'assessore che spiava Caldoro Si dimette Sica e comincia la resa dei conti nel Pdl regionale. Il governatore: vicenda squallida, il partito affronti il problema di CONCHITA SANNINO NAPOLI - L'esecutore del complotto si dimette. L'assessore regionale Ernesto Sica è fuori, dopo appena cinquanta giorni, dalla giunta Caldoro. Ma la resa dei conti interna al Pdl campano è appena cominciata. "Primo scoglio, archiviato. Però era ovvio. Resta tutta aperta la questione dentro il partito", commenta Stefano Caldoro, comunicando agli altri colleghi di giunta che da oggi "dobbiamo mettere il turbo, si riparte. Senza farci frenare dallo squallore". Tuttavia, alle sette di un'afosa domenica, il governatore sotto attacco dei nemici interni non ha certo un'espressione serena mentre si chiude alle spalle l'ufficio in cui ha trascorso, praticamente asserragliato, un lungo e duro weekend. L'inizio di una partita che non si sa ancora quanto durerà. Il faccia a faccia tra Caldoro e l'assessore regionale Ernesto Sica si è consumato invece in dieci minuti. Sufficienti ad incassare le sue dimissioni. Sica, coinvolto nell'inchiesta romana sulla banda specializzata in campagne diffamatorie, interferenze su giudici e appalti dell'eolico, aveva offerto in queste ore la versione della vittima: "Anche io sono stato travolto". Poi, lo sfogo di un attimo: "Guarda che io sono il più fesso, là in mezzo". Raccogliendo solo il gelido consiglio di Caldoro: "Suggerirei di dirlo al magistrato. Questo non è argomento che può interessare un governatore". Eppure Sica, sindaco di Pontecagnano (Salerno), ha sperato fino all'ultimo di restare in sella, grazie anche all'assordante silenzio dei vertici romani del Pdl sull'opportunità che un "congiurato" restasse in giunta. Singolare anche che l'ex assessore abbia convocato una conferenza solo per venerdì prossimo: tra cinque giorni. Un tempo necessario a inviare o ricevere segnali? Per ora l'ex enfant prodige della politica salernitana - guascone amante di mondanità e scorribande in Sardegna, e a Pontecagnano regista delle brillanti feste dell'allora Margherita, prima che il vecchio De Mita lo scaricasse - deve difendersi dall'ipotesi di "violenza privata". L'uomo ombra voluto dal premier Berlusconi nella giunta Caldoro compare in decine di telefonate mentre, per il giudice, cura l'attività di dossieraggio su uno scandalo sessuale, fatto "di incontri con trans e coperture di camorra", che avrebbe dovuto mettere fuori gioco Caldoro, insieme con il faccendiere Flavio Carboni, e i "soci" Pasquale Lombardi ed Arcangelo Martino. Sulla posizione di Nicola Cosentino, il coordinatore Pdl che ascoltava al telefono e vedeva agire la banda, invece, si attendono ulteriori valutazioni. Già lo scorso mese, i pubblici ministeri di Napoli, Giuseppe Narducci ed Alessandro Milita, titolari dell'inchiesta che ha portato all'ordinanza di custodia in carcere per Cosentino con l'accusa di associazione mafiosa, si erano incontrati con i magistrati romani per valutare le vicende collegate alle pressioni esercitate dalla banda per l'accoglimento del ricorso avanzato in Cassazione dai legali di Cosentino. Circostanza che richiama una precisa mossa del travagliato inverno di Cosentino. "Aspettiamo gennaio. Se la Cassazione accoglie il ricorso, sono in pista di nuovo", era la strategia indicata a Roma. Richiesta esaudita. Fino al verdetto, infausto, della suprema Corte. E allo scandalo costruito "alla Marrazzo": per affossare l'uomo che gli aveva usurpato un futuro da governatore. (12 luglio 2010) © Riproduzione riservata http://www.repubblica.it/cronaca/2010/07/12/news/verdini_caos_campania-5525939/?ref=HREA-1 Titolo: CONCHITA SANNINO. L'estate in carcere della P3 Inserito da: Admin - Agosto 14, 2010, 10:47:32 pm Il PERSONAGGIO
Martino a Poggioreale L'estate in carcere della P3 Nell'istituto di pena più affollato d'Europa, ieri anche il detenuto-barbiere indossa il camice inamidato per le visite istituzionali. "Qui dentro viviamo come bestie, ammucchiati, non ce la facciamo più" di CONCHITA SANNINO Inferno Poggioreale. Nel carcere più affollato d'Europa, ieri anche il detenuto-barbiere indossa il camice inamidato per le visite istituzionali. "Qui dentro - mormora al deputato Idv Francesco Barbato - viviamo come bestie, ammucchiati, non ce la facciamo più". Polveriera carcere. Dove persino l'indagato faccendiere della cosiddetta "P3", l'ex assessore Arcangelo Martino, offre il suo show, da una cella del centro clinico: "Il criminale sarei io? Che schifo di politica. Basta con questo smidollato di Berlusconi". La temperatura arroventa i letti a castello, in 8 o in 10 in una cella è difficile trovare l'angolo meno torrido. E quando la depressione picchia duro, gli operatori devono fare miracoli, perché i fondi per il personale e l'assistenza sono falcidiati dal governo. Mentre, per paradosso, vengono cancellati i 3 milioni di euro stanziati dalla precedente giunta regionale per gli interventi strutturali e sociali nei vari istituti in Campania. Il fallimento della politica penitenziaria italiana ha Napoli per epicentro, Poggioreale per simbolo, e per incarnazione quei cuscini impregnati di sudore notte e giorno; e le facce di quei 2.502 uomini nell'istituto che dovrebbe ospitarne non più di 1.385. E il picco è atteso tra settembre e ottobre quando, alla ripresa dei processi, torneranno ad essere "parcheggiati", nel carcere che già esplode, altre centinaia di detenuti provenienti da altre sedi, ma imputati nelle aule giudiziarie del distretto. Voci dai padiglioni, ieri, di fronte al taccuino del deputato del'Idv Francesco Barbato, testa d'ariete degli assalti dipietristi, ma anche puntuale osservatore delle condizioni dei detenuti, eccellenti e non. Giovanni Esposito, da Quarto, chiede: "Onore', guardate in quali condizioni stiamo. Diteci che lo stanno facendo apposta per dare un indultino". Carmine Marmo, da Caivano, ammette: "In carcere ho imparato a ragionare e a pensare". Gaetano Fiorentino mostra disincanto: "Passerà Ferragosto e passa pure l'attenzione per noi, che siamo come animali". Sul corridoio del centro clinico, scoppia lo sfogo di un detenuto che esibiva potere e amicizie importanti. In pigiama celeste, mani alle sbarre, ecco Arcangelo Martino, ex assessore socialista, poi imprenditore, oggi in carcere perché accusato - con Pasquale Lombardi, Flavio Carboni e il coordinatore Pdl Denis Verdini - di aver partecipato all'associazione sovversiva "P3" e di aver provato a ostacolare, con dossier infamanti, la corsa elettorale del governatore Caldoro. "Io sarei il criminale?", chiede Martino provocatorio. È quasi uno show. "La politica degli onesti sta fuori e io dentro? Quello smidollato sta ancora lì...?". Barbato non fa in tempo a interrogarlo: "Chi, Berlusconi?". Martino dice sì, aggiunge. "Digli a Di Pietro che voglio venire con voi. Voglio raccontare tutto, è da un mese che voglio parlare...". Circostanza che tuttavia non risulta al suo avvocato Giuseppe De Angelis. Il direttore di Poggioreale, Cosimo Giordano, si affretta a contenere tali esternazioni. "Non può parlare dei procedimenti", ricorda. E Martino continua: "Io sto parlando della politica in genere, della porcheria che è diventata la politica in questo paese". Considerazioni che arrivano dall'uomo che, secondo la pubblica accusa, aveva collaborato alla "costruzione" di un dossier calunniatorio contro il candidato alla Regione che faceva ombra al suo sodale (co-indagato) Nicola Cosentino. Aggiungerà Barbato: "Martino mi ha detto, testuale: "Io voglio parlare, dirò tutta la verità". E se Martino parla della P3, povero Berlusconi, altro che casa di Montecarlo". Qualche ora più tardi, Barbato fa tappa a Pozzuoli, accolto dalla direttrice Stella Scialpi. Un istituto tra il sovraffolamento e i conti che strozzano progetti e sogni di riscatto. Dopo "Lazzarella", il caffè commercializzato dalle detenute, un altro progetto di attività rieducativa che aveva assorbito investimenti viene stoppato dall'austerity. "Sono quattro i punti su cui è crollata l'azione del governo sulle carceri - sottolinea Barbato -. Il sovraffollamento che manda in tilt il sistema; la mancanza di spazi per attività di lavoro e socialità; la mancanza di fondi, visto che il ministro Alfano nel 2010 ha decurtato selvaggiamente le ore di straordinario, a Poggioreale da 109mila a 79mila. E, infine, l'organico carente". Il bilancio è amaro, e finisce per dar ragione alla tesi del detenuto Giovanni. "Non vorrei che le colpe del governo - analizza Barbato - servissero a precostituire un alibi per varare un altro indultino". (14 agosto 2010) © Riproduzione riservata http://napoli.repubblica.it/cronaca/2010/08/14/news/martino_a_poggioreale_berlusconi_ora_basta-6280084/?ref=HREA-1 Titolo: CONCHITA SANNINO. Cosentino: "Finiani farisei implacabili solo con i rivali" Inserito da: Admin - Settembre 22, 2010, 05:01:23 pm L'INTERVISTA
Cosentino: "Finiani farisei implacabili solo con i rivali" Il coordinatore Pdl in Campania indagato per concorso esterno in associazione mafiosa: "Rifarei tutto, i miei interlocutori parlavano con destra e sinistra" di CONCHITA SANNINO NAPOLI - Onorevole Nicola Cosentino, ancora una volta è il suo nome a far brillare le spaccature della maggioranza. "No, non ci sto ai giochetti. Intendo sottrarre ogni alibi ai nuovi legalitari che abbondano nella schiera del Fli. Voglio togliere argomenti a quell'offensiva tutta strumentale, travestita di etica. Anche perché vedo, nella formazione finiana, troppi farisei. Del tutto indulgenti verso se stessi. Implacabili con altri". Lei è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, nell'intreccio tra politica e clan dei casalesi. Ed è sotto inchiesta nella vicenda dell'associazione P3. Non ritiene sia giusto utilizzare le intercettazioni che la riguardano sul tema rifiuti? "Ritengo del tutto irrilevanti quelle intercettazioni. E quindi mi rimetterò alla decisione dell'aula. Le utilizzino pure. Non ho niente da temere e questo è già stato sottolineato, nell'udienza camerale dinanzi al gip, dai miei avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro. Quelle intercettazioni, è scritto, potrebbero anzi esser valutate a mio favore e quindi non vorrei dare un ulteriore strumento di dilazione nel trattare il mio caso". Scusi, al di là delle legittime strategie difensive, colpiscono però i sospetti che ricadono sulla posizione di un ex sottosegretario, ancora deputato e coordinatore campano del Pdl. "Io sono il primo a voler rispondere, ma in aula. E invece non so se i miei nipotini vedranno quel giorno. Sono il primo a chiedere trasparenza. Ma sono vittima di un processo diverso...". Sta per dire "mediatico". "No, peggio: virtuale. A Napoli la Procura antimafia indaga da 15 o 20 anni su di me, assurdo...". In quell'indagine si ipotizzano accordi tra gli imprenditori dei rifiuti legati ai casalesi e i referenti politici come lei. C'era il termovalorizzatore a Santa Maria La Fossa, su cui aveva le mani la cosca Bidognetti, a lungo previsto nel programma di governo. È sicuro che non abbia nulla di cui pentirsi? "Assolutamente no. Ho avuto rapporti sani con centinaia di sindaci, persone delle istituzioni, dell'impresa, del clero". Nelle intercettazioni lei parla con Impregeco di un sistema da realizzare persino in alternativa al ciclo ufficiale dei rifiuti. Dialoga anche con l'imprenditore Michele Orsi, ritenuto organico ai traffici, e poi ucciso dai casalesi. Nulla da spiegare? "Ma Orsi era, per me, un imprenditore e basta. Uno con tutte le carte in regola che si occupava di un settore caldo. E non parlava mica solo con me, ma con esponenti di sinistra e destra". Intende dire che parlava anche con l'allora governatore e commissario ai rifiuti Bassolino? "Certo, parlava con Bassolino per il tramite dei suoi subcommissari. Poi anche io avevo la mia incidenza politica, ma non per fare affarucci, non per cose illecite". Eppure c'è una frase che sintetizzerebbe il suo ruolo. Il pentito Gaetano Vassallo ha detto: "Cosentino spiegò che il consorzio Eco4 era creatura sua, "l'Eco4 song'io"". Non ritiene che aver frequentato alcuni personaggi sia un'ombra? "Vassallo mi risulta che sia un soggetto psicopatico, cocainomane. Di cosa stiamo parlando? Mai mi passava per la testa che dietro quel consorzio ci fosse un'attività in cui coltivavano i loro interessi gli ambienti criminali". Quindi, impiego delle intercettazioni a parte, lei rifarebbe tutto? "Sì". (22 settembre 2010) © Riproduzione riservata http://www.repubblica.it/politica/2010/09/22/news/cosentino_finiani_farisei_implacabili_solo_con_i_rivali-7301263/?ref=HREA-1 Titolo: CONCHITA SANNINO P4, tutti i segreti di Milanese in cinque cassette di sicurezza Inserito da: Admin - Luglio 11, 2011, 09:20:35 am L'INCHIESTA
P4, tutti i segreti di Milanese in cinque cassette di sicurezza Per aprire quei depositi servirà l'autorizzazione da parte della Camera dei deputati. L'ex finanziere "mediatore" per gli affari della Sogei. Sotto osservazione anche l'affitto di altri immobili del Pio sodalizio dei Piceni di CONCHITA SANNINO NAPOLI - Un fil rouge, di "stretta rappresentanza" e forse di reciproca convenienza, correva direttamente tra Marco Milanese e la società del Ministero delle Finanze, Sogei, coinvolta nella vicenda della "casa del ministro", e già al centro di sospetti crescenti. È il link che mancava a una partita di giro che non promette nulla di buono. E rischia di svelare - ancora una volta dopo la Anemone story - una vicenda di appalti trattati come favori personali, di commesse e lavori pubblici trasformati in merce di scambio privato. Così come il mistero di quelle cassette di sicurezza appena sigillate a Roma. Non una, ma cinque cassette, tutte appartenenti al deputato Pdl Milanese, sono finite da poche ore sotto sequestro del pm Vincenzo Piscitelli della Procura. Materiale impenetrabile fino a quando la Camera non rilascerà il suo sì, specifico, alla richiesta di autorizzazione per la perquisizione. Che cosa custodivano? Carte, appunti o anche la prova della presunta corruzione? Gli ultimi segreti dell'inchiesta che travolge Milanese - fin dal 2001 fedelissimo braccio destro del ministro Giulio Tremonti, poi suo consigliere politico, nonché deputato per il quale pende alla Camera la richiesta di arresto trasmessa dal Gip con le accuse di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di segreto - sono (o erano) forse nascosti in quel caveau della Banca del Credito Artigiano a Roma, a due passi dalla sede del Ministero di via XX Settembre. Ma poiché quei contenitori sono equiparati ad una pertinenza di attività parlamentare, solo un'autorizzazione dedicata da parte dell'aula di Montecitorio, che si pronuncerà con un voto distinto rispetto all'eventuale esecuzione dell'ordinanza di custodia, potrà consentirne l'apertura alla giustizia. Sempre che qualcuno non ne abbia fatto già sparire il contenuto. Sarà una coincidenza, ma il perito Luigi Mancini, incaricato dal pm, ha già accertato che alcuni ripetuti accessi di Milanese a quelle cassette sono avvenuti a metà dicembre scorso: ovvero subito dopo l'arresto di Paolo Viscione, che già nelle intercettazioni a suo carico, ben note a Milanese, lanciava messaggi. "Se mi stanno ascoltando è meglio, lo dico io che pezzo di m... è questo. Io voglio uscire da questa storia perché quando vengo ricattato dalla politica, da questo Milanese che si fotte i soldi, io non voglio averci più a che fare". Viscione, imprenditore-faccendiere sotto accusa per una mega truffa da 30 milioni, una volta in carcere, si sarebbe trasformato nella gola profonda della "holding Milanese", l'uomo che racconta di aver riversato sul consigliere del ministro "una milionata di euro cash" nel corso di quattro anni, oltre a lussuose auto, gioielli, orologi d'oro, viaggi. Dopo le sue parole, c'è chi s'affretta a far sparire gioiellini? Non è l'unica novità che allarga l'orizzonte dell'inchiesta. Emerge ora quel filo rosso che collega direttamente le ombre che avvolgono la gestione della società pubblica Sogei a Milanese. Una connessione importante è ora nelle mani del pm. L'ha fornita un teste, Angelo Lorenzoni, Segretario generale del Pio Sodalizio dei Piceni. Che racconta: "La Sogei ha preso in fitto alcuni importanti locali di nostra proprietà. Due immobili in via del Parione, primo e terzo piano, e poi un salone affrescato, per riunioni o eventi, in via San Salvatore a Lauro". Contratto: 8.500 euro al mese. Ebbene, chi condusse le trattative per conto di Sogei? "Marco Milanese, era lui il loro volto", dice Lorenzoni. Stesso concetto confermato da un'altra importante teste, la dottoressa Fabrizia La Pecorella, alto funzionario di via XX Settembre: "Sì, Milanese era l'uomo di raccordo tra Sogei e il Ministero". Quel filo, faticosamente riavvolto, racconta dunque: c'è Sogei, la società di Information and Communication Technology del Ministero dell'Economia e delle Finanze che elargisce appalti ad affidamento diretto in gran numero (anche) all'impresa Edil Ars. Quest'ultima, guarda caso, esegue lavori onerosi di ristrutturazione nell'appartamento che sta più a cuore a Milanese: la residenza cinquecentesca al piano nobile di via Campo Marzio abitata (fino a quattro giorni fa) dal ministro Tremonti, ma pagata (sempre 8.500 euro al mese) da Milanese. Quel cantiere di consolidamento e ristrutturazione è costato, testimonianze alla mano, oltre 200mila euro, che però non risultano mai pagati alla Edil Ars: né dal Milanese - come da accordi presi con il proprietario - tantomeno dal ministro, ignaro ospite. È denaro che è stato restituito sotto forma di appalti? Quei lavori nella casa eccellente sono stati saldati con denaro pubblico? Un'ipotesi che gli inquirenti non possono escludere. (11 luglio 2011) © Riproduzione riservata DA - http://www.repubblica.it/cronaca/2011/07/11/news/segreti_milanese-18951967/?ref=HREC1-1 Titolo: CONCHITA SANNINO. Milanese, parla il generale D'Arrigo "Aveva un grande potere.. Inserito da: Admin - Settembre 02, 2011, 09:53:39 am L'INCHIESTA
Milanese, parla il generale D'Arrigo "Aveva un grande potere nella GdF" La testimonianza: "Fu un errore di Tremonti delegargli i rapporti con la Guardia di Finanza". Orologi e spese folli, nuovi atti alla Camera. Mercoledì prossimo torna a riunirsi la Giunta per le autorizzazioni di CONCHITA SANNINO ROMA - Era potente, quel Milanese. Troppo. E il ministro ascoltava solo lui quando si trattava di affrontare ogni questione relativa alla Guardia di Finanza. Persino di fronte alle pianificazioni del comandante generale, i consigli e i legami di Marco Milanese, l'ex consigliere politico del ministro Giulio Tremonti, dettavano la linea, esercitavano il loro peso. Anche quando si discuteva di trasferimenti, promozioni, avvicendamenti. Soprattutto poi, se bisognava bloccare il trasferimento da Roma di un altro eccellente del corpo, evidentemente vicino a Milanese, il generale Emilio Spaziante. Una lunga testimonianza da parte dell'ex comandante generale della Guardia di Finanza, Cosimo D'Arrigo, sul "notevole potere" concentrato nella figura di Marco Milanese - nel ruolo chiave di trait-d'union tra il ministro Tremonti e le Fiamme Gialle - arricchisce i nuovi atti che la Procura di Napoli è pronta ad inviare alla giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Dove, tra una settimana, si torna ad esaminare la richiesta di arresto per Milanese, il deputato Pdl accusato di associazione per delinquere, corruzione, rivelazione di segreto. D'Arrigo aveva già espresso, in un'intervista al Corriere della Sera, il concetto che "fu un errore" da parte di Tremonti "delegare a Milanese", "quasi in toto, il rapporti con noi", cioè con la Finanza. Di fronte al pm Vincenzo Piscitelli, ora D'Arrigo integra, ricorda, sottolinea. E ricorda l'episodio in cui, invitato a parlare con il ministro di alcuni trasferimenti in via d'adozione, D'Arrigo comprese che "Tremonti era al corrente". E fu il ministro a chiedergli di non trasferire il generale Spaziante. Sono carte destinate a suscitare nuove polemiche e varie analisi, soprattutto sul tema delle cordate interne alla Finanza, contesto confermato dallo stesso Tremonti durante le dichiarazioni rese, a giugno, alla Procura di Napoli. Mercoledì prossimo, sul caso Milanese, alle 9.15, torna a riunirsi alla Camera la Giunta presieduta da Pierluigi Castagnetti, sei giorni prima del previsto. Un anticipo forse dettato dalla mole di carte da esaminare, provenienti dai fronti opposti dell'inchiesta. Solo pochi giorni fa, infatti, sono arrivati numerosi faldoni dagli uffici giudiziari di Benevento, su richiesta degli avvocati di Milanese, Franco Coppi e Bruno Larosa. Un'iniziativa del tutto inedita, e che spingerà la giunta a chiedere una paradossale autorizzazione affinché Milanese e la difesa prendano visione di atti che essi stessi hanno richiesto, ritenendoli "favorevoli" al punto da volerli sottoporre al Parlamento. Di contro, ecco il dossier che arriva dal pm Piscitelli. Sullo sfondo, restano molti dubbi ancora irrisolti sulla vicenda della sontuosa casa di via Campo Marzio abitata (fino ai primi di luglio) dal ministro, ma formalmente pagata con un fitto di 8500 euro al mese da Milanese. Quest'ultimo, a sua volta, avrebbe intascato quel denaro sotto forma di tangente - secondo quanto riferito dall'imprenditore Tommaso Di Lernia - da Angelo Proietti, il titolare della società Edil Ars che, guarda caso, aveva ristrutturato gratuitamente l'appartamento e aveva ottenuto appalti dalla Sogei, controllata dal Ministero delle Finanze. Ipotesi di corruzione all'esame dei pm di Roma. Su tale vicenda, il pm di Napoli, insieme alla Procura di Roma, stanno ancora valutando se ascoltare, come teste, il ministro Tremonti. Il nuovo dossier di Napoli dovrebbe comunque contenere, oltre all'interrogatorio dell'ex comandante D'Arrigo, anche l'esame di un orologio d'oro, un Patek Philippe portato via da una cassetta di sicurezza di Milanese e molto simile a quelli che sarebbero provento "dell'attività corruttiva". E infine, la consulenza superdettagliata da parte del perito della Procura sulle spese fuori controllo e i lussi del superdeputato Pdl: tenore di vita pressocché incompatibile con i redditi di un potente, ancorché favorito, negli affari, dal suo legame con il ministro. (01 settembre 2011) © Riproduzione riservata da http://www.repubblica.it/politica/2011/09/01/news/milanese_generale-21097899/ Titolo: CONCHITA SANNINO. Pisacane, la famiglia acchiappa-poltrone nuovo incarico ... Inserito da: Admin - Ottobre 15, 2011, 05:28:14 pm Pisacane, la famiglia acchiappa-poltrone nuovo incarico alla moglie del deputato
Già eletta consigliere regionale, Annalisa Vessella diventa amministratore dell'Istituto per l'agricoltura. La nomina qualche tempo prima del voto di fiducia al governo. Ma lei: "Stavolta ha pagato il mio curriculum" di CONCHITA SANNINO Una premiata ditta che cresce. Anzi, per dirla con la plastica metafora politica già usata del deputato coniuge Michele Pisacane, "la salumeria" si sta ingrandendo. Difatti lei, Annalisa Vessella in Pisacane, è ormai folgorata sulla via della politica, e forse anche degli scambi di favore post-fiducia governativa. Mentre lui, Michele Pisacane, ex controverso sindaco di Agerola che ha abbandonato l'Udc per entrare nel gruppo salva-premier Iniziativa Responsabile, fa finta di niente e continua a esternare la sua fiducia al premier. Sorprendente, la carriera di lei: da sconosciuta "moglie di" delle colline stabiesi, che viene letteralmente spinta dal marito deputato a gestire una (fittizia) campagna elettorale col cognome di lui e perfino col pancione giunto a nove mesi di gestazione pur di aggiudicarsi un posto di consigliere alle ultime regionali in Campania, ora approda ai vertici di un'importante società di Stato. Da poche settimane, infatti, il consigliere regionale Vessella è diventata anche "amministratore delegato con ampi poteri" dell'Istituto per lo sviluppo agricolo Isa, il cui socio unico è il ministero per le Politiche agricole, diretto da Francesco Saverio Romano, il parlamentare ancora sotto inchiesta per collusioni mafiose. Suo marito intanto, ieri ri-compariva in tutte le foto gallerie dei siti internet accanto a Silvio Berlusconi esultante per il voto di fiducia. Pisacane seduto, il premier e Denis Verdini, Nicola Cosentino e tutti gli altri in piedi accanto a lui. Inutile chiedere spiegazioni. La Vessella non si capacita dei dubbi. "Scusate, ma è una bellissima esperienza fare l'amministratore delegato ed essere utili alla propria gente, visto che l'istituto Isa finanzia le imprese degli agricoltori. E poi ci siamo riuniti appena un paio di volte, la nomina è di poche settimane fa. Vogliamo dire che anche questa nomina è frutto del legame con mio marito?", si ribella lei. Suo marito non c'entra proprio niente, vero? "No, sono onesta - ragiona, con "Repubblica", il nuovo ad di Isa - . Mio marito ci poteva entrare con l'elezione di consigliere, lui è da sempre conosciutissimo e amato sul territorio, io ero la moglie e durante la campagna elettorale anche incinta, quindi non potei fare nulla. Ma stavolta no, stavolta è solo il mio curriculum a contare, sono stata dirigente, sono laureata in Giurisprudenza". Nessun imbarazzo ad essere passata, in un anno, dal ruolo di estranea alla politica a un seggio di consigliere e a un posto di amministratore di una società pubblica che dispensa decine di milioni l'anno? "E perché? Ci si imbarazza quando uno non sa da dove cominciare, quando sta lì e non sa come agire, invece io ho avuto quel posto in ragione della mia esperienza, e tra l'altro non posso manco dire "ho fatto questo o quello", perché è presto. Posso dire che riuscirò a fare insieme le due cose, cioè anche il consigliere regionale, e certo, sacrificando il mio privato, il ruolo di madre e moglie, come purtroppo capita a tante donne... ". Coraggio, Vessella. Quindi non c'entrano niente i voti di fiducia di suo marito, e i legami di lui con il ministro Romano? Val la pena ricordare, infatti, che proprio tra il ministro e il marito della beneficiata, Pisacane, si è instaurata un anno fa quella liason che andò a rafforzare il pacchetto di voti utile al centrodestra per drenare i rischi del crescente dissesto del Pdl. È infatti il 28 settembre 2010 quando Saverio Francesco Romano, Pisacane, Calogero Mannino, Giuseppe Drago e Giuseppe Ruvolo aderiscono al Gruppo misto, e fondano la componente Pid, ovvero Popolari di Italia Domani. Anche Pisacane, raggiunto durante il viaggio da Roma ad Agerola, si mostra infastidito: "Mia moglie è brava, le ho fatto i complimenti. Perché fate sempre le stesse domande? Mamma mia, di mia moglie so solo che sta bene e camperemo tutti e due cento anni". Sua moglie, invece, dirà: "Le letture fuorvianti dei fatti non le amo, ovviamente ciascuno è padrone di pensarla come vuole". Altra eleganza, rispetto alla prosaicità di un vecchio volpone della politica come suo marito. Che, ai tempi della polemica sulla moglie usata come ferma-posto in consiglio regionale, si spazientì e disse a "Repubblica": "Se c'è un lavoro da fare e uno fa il salumiere, non credo sia giusto privilegiare la salumeria degli altri, vi pare?". (15 ottobre 2011) © Riproduzione riservata da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2011/10/15/news/pisacane_la_famiglia_acchiappa-poltrone_nuovo_incarico_alla_moglie_del_deputato-23263526/ Titolo: CONCHITA SANNINO. De Magistris battezza la lista arancione e Ingroia promette... Inserito da: Admin - Dicembre 01, 2012, 11:34:31 pm De Magistris battezza la lista arancione e Ingroia promette: "Sono con voi" Intervento di dieci minuti al teatro Vittopria, quartiere Testaccio a Roma, del sindaco di Napoli. In platea Antonio Ingroia, Paolo Flores d'Arcais, Moni Ovadia, Citto Maselli, Gildo Claps e gli esponenti No Tav e Dal Molin. Tra i candidati, il produttore cinematografico Gaetano Di Vaio di CONCHITA SANNINO "Io ci sto se vogliamo vincerle queste elezioni. Perché altrimenti ho tanto di quei problemi, lavoro venti ore al giorno come sindaco e non ci metterei tanto impegno". Applausi a scena aperta per il sindaco di Napoli, a Roma. Dieci minuti invece dei sei rigorosamente previsti per i molti e autorevoli Interventi in lista. Così Luigi de Magistris "debutta" al teatro Vittoria al Testaccio, a Roma, come uno dei protagonisti dell'appello-assemblea "Cambiare si può", promosso dall'associazione Alba e movimento arancione. In platea tanti volti noti, da Antonio Ingroia a Paolo Flores d'Arcais, da Moni Ovadia a Citto Maselli, fino a Gildo Claps e ai tanti esponenti dell'impegno e dell'antagonismo, dai No Tav ai comitati Dal Molin. Due ore dopo, standing ovation per il giudice Antonio Ingroia: "Ora bisogna osare quello che non si è mai osato", dice. "Non bisogna aver paura di aprire il libro dei sogni. La vera anomalia in questo paese è una classe dirigente che si è compromessa con reti criminali, perchè garantendo i criminali garantiva se stessa. Il ventennio berlusconiano è stata l'apoteosi di questa linea tendenzialmrente storica, chea ha inferto ferite molto profonde al Paese e ha creato una frattura quasi insanabilie tra cittadini e istituzioni. Ecco perchè io dico che cambiare non solo si può ma si deve. E io sarò con voi, dal Guatemala o dall'Italia". Ingroia al popolo arancione: "Italia da cambiare" De Magistris usa i suoi minuti per raccontare la sua esperienza. "Un ricordo che sarà di buon auspicio. Anche quando ho cominciato io c'era pioggia e vento, mi dicevano "non porta bene" ma poi si è visto. Quella era pioggia pubblica e l'abbiamo trasformata in acqua bene comune con una società creata ad hoc al Comune". Scroscianti applausi. Aggiunge: "Un altro aspetto determinante è crederci. Io avevo tutti contro: i partiti contro, anche Sel era andata dall'altra parte, i giornali contro, la camorra non ne parliamo proprio..". Applausi. Poi dà la sua versione della genesi del governo Monti: "Qualcuno pensa che Berlusconi sia stato fatto fuori, alla fine i grandi poteri hanno visto che lui era inaffidabile, e hanno avuto paura di movimenti che intanto stavano avanzando e quindi si sono buttati nelle ammucchiate". E quindi: "Noi dobbiamo dare voce alle maggioranza fuori del palazzo, oggi i deviati sono considerati i normali e sono invece ritenuti i dissidenti quelli che cercano di scassare i poteri forti". Aggiunge de Magistris: "La riunione di oggi perché mi piace perché qua non ho visto padroni nè proprietari. Ho visto tante idee, molto delle quali le condivido". Infine il sindaco lancia la sua candidatura, in lista, del produttore cinematografico Gaetano Di Vaio". E spiega: "I peggiori mafiosi hanno fedina penale pulita. Ecco perché io candido un uomo che è un pregiudicato, perché a vent'anni ha fatto un errore come capita a tanti, ma ora viene premiato a Venezia a Perugia e in giro e parla di come vivere nella legalita e combattendo per la legalità senza finire in braccio alla camorra". (01 dicembre 2012) © Riproduzione riservata da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/12/01/news/al_via_la_lista_arancione_de_magistris_vinceremo-47839469/?ref=HREC1-3 Titolo: CONCHITA SANNINO. Ingroia al popolo arancione "Italia da cambiare, sarò con voi" Inserito da: Admin - Dicembre 01, 2012, 11:35:29 pm Ingroia al popolo arancione "Italia da cambiare, sarò con voi"
Ovazioni per il giudice al teatro Vittoria. Non annuncia formalmente la sua discesa imn campo, ma poco ci manca: "Ora bisogna osare quello che non si è mai osato. Non bisogna aver paura di aprire il libro dei sogni". di CONCHITA SANNINO Quattro parole chiare. "Io sto con voi", promette Antonio Ingroia di ritorno momentaneo dall'America Latina. E sul finale, ancora: "Io sarò con voi. Perché l'Italia oggi è un paese a sovranità limitata, nel modo in cui intendono alcuni sociologi. E questa vostra iniziativa non solo è lodevole, ma necessaria". Se non è l'annuncio formale della sua discesa in campo, manca davvero pochissimo, forse qualche dettaglio. E Antonio Ingroia, ospite più acclamato nella lunga ed articolata mattinata romana dell'appello "Cambiare si può" - promosso dal cartello di Alba, dal movimento arancione, e da intellettuali e cittadini vicini alla mobilitazione per l'acqua e i beni comuni - non fa nulla per dissimularlo. "Io dico che cambiare non solo si può, ma si deve. E poi aggiungo: ora si può. E sarò con voi dall'Italia o dal Guatemala". Ingroia argomenta: "La politica ha bisogno di infezioni pulite, di società civile, di energie autentiche. Ora bisogna osare quello che non si è mai osato. Non bisogna aver paura di aprire il libro dei sogni". Poi il magistrato torna al suo cavallo di battaglia: "La politica antimafia in Italia non si è mai posta come obiettivo quella di sconfiggere o distruggere la mafia, ma è sempre stata ispirata al contenimento delle mafie". Ma tutto il discorso breve e intenso di Ingroia verte su un dato: "Il ventennio berlusconiano ha lasciato macerie ovunque e ha determinato praterie di privilegi, di illegalità e soprusi. Rendendo il paese più debole e lo Stato implacabile nei confronti dei deboli ". È quasi una standing ovation quella che accoglie, nell'affollata platea del Vittoria, teatro del quartiere Testaccio , l'arrivo al microfono di Ingroia, il procuratore aggiunto di Palermo, ormai da mesi al centro del rovente caso della trattativa Stato-mafia (con relativo conflitto apertosi con il Quirinale) e delle polemiche sulla sovraesposizione dei pm nel dibattito politico. Uno strappo che ha spinto perfino Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, la stessa del procuratore siciliano, a prendere nettamente le distanze da alcuni atteggiamenti pubblici di Ingroia. Il magistrato, prima di intervenire dal palco, incontra riservatamente Luigi de Magistris, della cui lista nazionale, si sussurra, Ingroia sarà il nome forte. Al riguardo però, ancora una volta il procuratore antimafia non smentisce e non conferma, quasi giocando all'arte di far lievitare l'attesa. Si limita a precisare che non tornerà a Roma per il 12 dicembre proprio quando il sindaco di Napoli lancerà ufficialmente il suo movimento per le elezioni politiche, "e comunque -aggiunge sornione, a margine, Ingroia - "non credo che de Magistris il 12 dia i nomi dei candidati o la lista". L'affondo dal palco, invece, ancora una volta è diretto e infiamma il popolo del cosiddetto Quarto polo, quelli che anche stamane gli urlano "Politica, politica!" e scandiscono il suo nome. "La legislazione del ventennio berlusconiano - comincia lui - legislazione dei privilegi delle impunità e delle norme ad personam, ha costruito praterie di malaffare e di illegalità. Ecco, l'Italia in questo senso è un paese a sovranità limitata, sì uno di quei paesi in cui le reti criminali condizionano il sistema politico ed economico. Le reti criminali hanno profondi addentellati con le nostre classi dirigenti. E La vera anomalia in questo paese è una classe dirigente che si è compromessa con reti criminali, perché garantendo i criminali garantiva se stessa. Il ventennio berlusconiano è stata l'apoteosi di questa linea tendenzialmente storica, che ha inferto ferite molto profonde al Paese e ha creato una frattura quasi insanabile tra cittadini e istituzioni". Applausi scroscianti lo interrompono. Lui continua: "Da questo ventennio è uscita a pezzi anche la politica, tutta. C'è stata una perdita di credibilità anche dei partiti tradizionali, e la fine dei partiti personalistici. Quindi nessun salvatore della patria potrà risolvere i problemi del paese , non ci sarà nessun leader con la bacchetta magica, ma la politica ha bisogno di iniezioni di energia e di credibilità". La chiosa è altrettanto eloquente: "Ecco perché la vostra iniziativa è lodevole. Per quel che mi riguarda io non mi sono mai tirato indietro dal dibattito civile. Pagando anche un prezzo per questo. Quindi, cambiare si deve. In questo senso io sono con voi". A chi, poco dopo a margine, gli ricorda provocatoriamente che a Napoli, Sel lo ha battezzato con sarcasmo "l'eroe dei due mondo", lui si limita a giocare ironico: "Non la sapevo, bella questa". (01 dicembre 2012) © Riproduzione riservata da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/12/01/news/ingroia_al_popolo_arancione_italia_da_cambiare_sar_con_voi-47854832/ Titolo: CONCHITA SANNINO. Torna Berlusconi, asse Cosentino-Milanese si ricompatta il Pdl Inserito da: Admin - Dicembre 07, 2012, 03:58:34 pm Torna Berlusconi, asse Cosentino-Milanese si ricompatta il Pdl degli inquisiti napoletani
Tra la pioggia degli affettuosi incoraggiamenti per la nuova discesa in campo si distingue il pattuglione dei parlamentari eccellenti sotto inchiesta. E non mancano Cesaro, Laboccetta e Nicolucci, mentre Papa "ci sta pensando" di CONCHITA SANNINO Sono i più veloci, i più squillanti quando si tratta di suonare la riscossa. I primi, li celiano i colleghi, a correre verso il baratro. E' comunque il Pdl campano - quella frangia che ha più dimestichezza con le aule di giustizia che con i dibattiti parlamentari - il primo a far quadrato militarmente intorno al Cavaliere. Una pattuglia che vien dal bacino, o sversatoio, di consensi e favori per il Pdl nazionale. Cosentino, Cesaro, Milanese, Nicolucci, Papa. La battuta più calzante gira in queste ore, in Transatlantico, proprio tra le fila del Pdl. "Manca solo la Banda Bassotti che detta: 'bentornato Silvio'. Poi siamo al completo". Tra quelli che ne sorridono, inutile dirlo, c'è il governatore Stefano Caldoro, sebbene sia difficile strappargli un commento al riguardo. Gli altri, soprattutto indagati e imputati, si sono raccolti puntualmente intorno all'ex premier per l'abbraccio mortale. Proprio mentre per altri esplodeva quel travaglio, altrimenti detto imbarazzo, culminato con il gesto del collega Guido Crosetto, costretto dal suo stesso disagio - "non poter dire nulla, a non poter dire quello che penso fino in fondo" - a lasciare in mattinata lo studio della trasmissione "Omnibus" a La 7. Nel versante sud dell'emiciclo di Montecitorio, invece, il tempo non solo torna a scorrere all'indietro, ma segna anche la "gioia" della pattuglia di fedelissimii. Ecco la pioggia di affettuosi incoraggiamenti. Il segnale parte proprio dalla Camera intorno alle 11.30. "Guagliu', ci dobbiamo organizzare", è la parola d'ordine che passa tra i fedelissimi. Il primo è Nicola Cosentino, la dichiarazione all'Ansa è delle 12.47. Il deputato scampato all'arresto due volte, grazie al voto contrario della Camera, e oggi imputato in due processi, riemerge da un lungo torpore (mediatico) per effondere gli effetti del ritrovato slancio: "Il ritorno in campo di Berlusconi ci riempie di rinnovato entusiasmo: siamo al suo fianco, come sempre, pronti ad affrontare la competizione elettorale su un programma basato su pochi punti: meno tasse, più lavoro, più attenzione al Sud". Ma è ancora troppo poco. Passa un'oretta e va a segno Luigi Cesaro, anch'egli inquisito per concorso in associazione mafiosa, che solo per Silvio fa uno sforzo in più e riesuma l'immagine del partito dell'amore. "Il ritorno di Silvio? E' la notizia che da sempre aspettavamo. E' solo attraverso un suo ennesimo gesto di amore, responsabilità e generosità nei confronti di questo paese che l'italia tutta potrà rimettersi in piedi e il nostro partito trovare l'unità e la forza dei tempi migliori". Il terzo, le 15.27, è Marco Milanese, altro deputato salvato dal carcere grazie il no opposto dall'Aula alla richiesta d'arresto dei magistrati. L'ex ufficiale della Finanza in carriera, diventato poi deputato e braccio destro dell'ex ministro Giulio Tremonti (almeno fino allo scandalo della lussuosa casa di Casa di Campo di Marzio) non vuole essere da meno ai compagni campani e così incita il nuovo corso: "Avanti tutta con Berlusconi". Riuscendo anche a tenere nella stessa dichiarazione "Berlusconi" e "rinascita". Argomenta, Milanese: "Quello che è avvenuto nell'ultimo anno di legislatura conferma che dopo Berlusconi ci può essere solo Berlusconi, unico leader che oltre ad incarnare un programma di rinascita del nostro Paese rappresenta per il centrodestra, e non solo, la speranza che l'Italia possa superare la crisi". Cosentino, Cesaro, Milanese. Sono inquisiti eccellenti del 2010 e 2011. Manca l'ultima stagione: Amedeo Laboccetta e Massimo Nicolucci. Laboccetta è indagato per favoreggiamento relativamente all'inchiesta su Massimo Ponzellini e il gruppo Atlantis di Francesco Corallo. Nicolucci, napoletano anche lui come gli altri, è sotto inchiesta per il mega-appalto (poi abortito) delle navi da realizzare per il Brasile da Fincantieri e Finmeccanica, affare che prevedeva la presunta tangente complessiva di ben 5 miliardi di euro, e che vede coinvolto anche l'ex ministro Caludio Scajola. Ci voleva dunque l'incoraggiamento di Nicolucci. Il quale rassicura: "La candidatura a premier del presidente Berlusconi è sempre stata l'unica scelta credibile per il popolo italiano del centro destra che lo confermerà con il proprio voto alle prossime elezioni". Finito? No. Manca ancora Alfonso Papa, ancora imputato al processo che si sta celebrando al Tribunale di Napoli per concussione. Papa, ormai paladino dei diritti dei detenuti dopo la lunga permanenza a Poggioreale, bloccato e interpellato a Montecitorio, nicchia con i fedelissimi: "Eh ci sto pensando a dare un sostegno, vorrei dichiarare, ora vediamo...". Più che un elenco di deputati, un verbale di polizia giudiziaria. Ma il gioiellino dei "dietrofront" è rappresentato dalle nuove definitive parole dell'ex ministro Mara Carfagna. "Il presidente Berlusconi ha guidato il governo fino ad un anno fa, garantendo la pace sociale e producendo risultati nemmeno lontanamente confrontabili a quelli dell'esecutivo tecnico. Risultati che in campagna elettorale potremo rivendicare con orgoglio. Se si candida, insomma, il nostro lavoro sarebbe certamente più facile". E' la stessa Carfagna che appena sei mesi fa, il 24 giugno, diceva: "Io sostengo le primarie e credo nel progetto di Angelino Alfano. Berlusconi resta il leader dei moderati ma non ha detto "mi ricandido", la sua è solo una provocazione". Tant'è che fu subito rintuzzata da un'altra amazzone: "La Carfagna si fa suggestionare dai salotti, c'è una classe dirigente che si fa influenzare dalla moda del momemnto che pensa... Berlusconi non si porta più". Firmato, Michaela Biancofiore, un'altra miracolata della Camera. Una bolzanina eletta a Napoli, tra i "nominati" del collegio: grazie, ovviamente, allo sversatoio campano. (06 dicembre 2012) © Riproduzione riservata da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/12/06/news/torna_berlusconi_e_il_pdl_si_ricompatta_asse_cosentino-cesaro-milanese-48212213/?ref=HRER1-1 Titolo: C. SANNINO. Cosentino: "Schifato da Silvio. Io l'ho salvato, lui mi ha tradito" Inserito da: Admin - Gennaio 24, 2013, 05:54:20 pm Cosentino: "Schifato da Silvio. Io l'ho salvato, lui mi ha tradito"
A casa dell'ex sottosegretario, escluso dalle liste del Pdl: "Pugnalato alle spalle, non muoverò un dito per le elezioni". E dice: fui io a intervenire dopo il caso Noemi, ma era nulla rispetto a quello che è venuto fuori dopo dal nostro inviato CONCHITA SANNINO La fase down è ancora lontana, e anche il Cavaliere può attendere. Nicola Cosentino scivola per la casa silenziosa, ti fissa dietro il suo leggero strabismo. "Mi sta cercando da ore, Berlusconi. Lascia messaggi. Ma non rispondo. Sono schifato, si è svenduto tutta la sua cultura garantista per un pugno di voti. Ma io non muovo un dito per questa campagna". Ripensa alle ultime ore. "Una delusione enorme. Era tutto premeditato? Prima mi chiedono di dare il sangue, fare le liste migliori, allenare la squadra, poi zac, fanno fuori l'allenatore". Una lunga intervista a "Repubblica", qui in versione integrale. A casa dell'ex sottosegretario Le 11, Caserta, pioggia sottile. Il "casalese" risponde al citofono di un villino Novecento. Non c'è portiere, zero scorta. Cosentino è più spiazzato che aggressivo. "Ancora domande?", ride. Poi prevale l'educazione contadina, ti invita a salire, prepara il caffè, moglie e figli sono fuori, lui racconta. Della notte "allucinante passata tra Palazzo Grazioli e via dell'Umiltà tra domenica e lunedì". Degli sms con cui Marco Pannella e Marco Pugliese, i Radicali e il Grande Sud, gli offrivano "un posto in extremis per Camera o Senato, altro che smentite". E soprattutto: dell'"incredibile mutazione che ha avuto Berlusconi". Intanto, a pochi chilometri da questa casa con mobili decapati francesi e camino in pietra, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha appena dato inizio al secondo processo contro di lui. Cosentino, è stato ex sottosegretario Pdl, ex coordinatore regionale, tra 50 giorni sarà ex deputato e forse anche ex libero cittadino se la mandano in carcere. Perché finisce così la sua prima vita politica? "Perché sono stato bersaglio di un gioco delle parti, tra più parti. Ora mi difenderò bene nei processi, e mi vergogno di dire che non ho ancora letto con attenzione i miei atti (anche perché ho due avvocati di spessore), tanto mi fanno ridere questi pentiti. Ma chi se l'aspettava un tale trattamento dalla mia Pdl? Chi immaginava che Berlusconi potesse svendere tutti i suoi discorsi sulle garanzie per dedicarsi alle pulizie di stagione (strumentali), l'ultima vanità, dice qualcuno". Dicono che lei non andrà a votare o annullerà la scheda. "Come faccio a rinnegare una vita? Questo no. Però non faccio null'altro. D'altro canto, non hanno detto che li danneggio se accosto la mia faccia alla loro? E poi non devo tenere conto delle riflessioni dei giudici? Qua finisco a Poggioreale...". Lei era in trappola e non lo aveva capito? "Più ci ragiono, più l'ipotesi di un piano a tavolino si fa strada. Eliminarmi all'ultimo per evitare ogni contraccolpo. Mah. Berlusconi ha subito una specie di mutazione genetica, io non l'avrei ritenuto capace di calcoli miseri. Poi, sia chiaro, io non ammazzo il padre, ha le sue capacità, resta lucido e freddo. Il punto è che Cosentino, con tutti i suoi limiti e col marciume che vogliono buttargli addosso, mai avrebbe fatto questo". Squilla il cellulare, è la fedelissima addetta stampa Paola Picilli, appena divertita: "Senti, il Presidente non ce la può fare che tu non rispondi alle telefonate. Dice che vorrebbe avere "esclusivamente l'opportunità di dirti grazie!"". Cosentino: "Ah sì. Digli che non mi trovi. Anzi no, digli che mi hai trovato ma voglio stare tranquillo". Chiude: "Ai miei tempi si diceva: è il minimo sindacale". Berlusconi non la teme? Lei è il Cosentino che ha messo a tacere le famiglie di Noemi Letizia e di Roberta Oronzo quando la parola "olgettina" non esisteva, quando un eventuale racconto di quelle minorenni minacciava tutto ciò che aveva costruito l'ex premier, lei è quello che faceva sparire i rifiuti... "Sì, io ho sempre risolto problemi, ma non ne ho mai creati al Pdl. Faticai tanto a convincere il sindaco di Terzigno, Auricchio, ad aprire la discarica sul Vesuvio, sennò veramente affondavamo tutti nella monnezza. E meno male: allora non c'erano le navi di rifiuti verso l'Olanda. Poi sì, tranquillizzai quelle ragazze...". Un eufemismo. Passò loro varie utilità, ne comprò il silenzio. "Diciamo la verità, quelle due ragazze cos'erano a confronto di tutte... di tutto quello che è uscito dopo? Niente". Qualcuno sospetta che ci fosse lei anche dietro la talpa di Santa Maria Capua Vetere che procurò la "velina" dell'ignobile dossieraggio contro Dino Boffo. "No, un momento. Stiamo parlando a cuore aperto, mo'? Non scherziamo, io di quella roba là non so niente". Altro squillo. C'è un'emergenza, richiama la Picilli. "Senti, vorrebbero che ti mettessi tu a ricomporre: hai visto no che la Carfagna spara contro Nitto Palma? Lo vogliono far fuori". Nicola alza solo di un tono la voce. "Ma non hanno capito che io mo' devo pensare a me? Si mettessero loro a riparare i cocci". E chiude. Cosentino, dalla politica ha avuto tanto. Che cosa ha dato? "Ho dato moltissimo. Avrei potuto avere quello che era giusto" Lei ha avuto in mano il partito in Campania. "Sì, ma oggi potevo essere governatore della Campania. Se non ci fosse stato questo accanimento contro di me. Invece c'è Caldoro, un politico che rispetto ma che non ha nerbo, responsabilità". Lei e i suoi presunti soci della P4, tutti inquisiti a Roma, faceste un dossier diffamatorio per azzoppare Caldoro. Ora potrebbe dire: oltre che un grave reato, fu un clamoroso errore. "Certamente quella cosa ha segnato i rapporti, ma io dissi agli altri "buttate quelle carte..." . Io non c'entravo proprio nulla in quella storia. E comunque Caldoro si vede che soffre ad amministrare, non è cosa sua, non ha migliorato di niente le condizioni di vita dei cittadini campani. Basta vedere a che punto è oggi il piano rifiuti, i trasporti...". Le ricordo che ai Trasporti c'è un assessore voluto da lei, Sergio Vetrella, uno scienziato che nel settore non si è rivelato un fulmine... "Però se fossi stato il ras che qualche stupido crede mica avrei consentito a Stefano di farsi i suoi assessori tecnici, per carità. Invece se non gli mettevo le nostre 14 liste ma dove andava lui, con Bocchino, con la Carfagna? Lui si candidò alla Provincia negli anni Novanta, ma chi se n'è accorto, nessuno!" La guerra tra lei e Caldoro non ha mai avuto soste. "Ma questa favola della guerra a Caldoro è smentita nei fatti. Se io fossi stato il padre-padrone del partito avrei permesso che lui nominasse gli assessori tecnici che non mi piacevano?" A chi si riferisce? "A Trombetti, a Nappi, alla Miraglia, per esempio. Io invece vengo da una scuola politica in cui ho sempre cercato di rispettare le varie sensibilità e intelligenze". Praticamente lei è un benefattore. Ride. "Faccio un esempio banale. Io sono subentrato ad Antonio Martusciello, ex coordinatore. Eppure non ho marginalizzato suo fratello Fulvio, che anzi con me è diventato capogruppo in Regione, perché ne riconosco l'intelligenza. Ma, tornando a Caldoro, le sembra giusto che non abbia mai dato ascolto a Nitto Palma quando il commissario ha sempre visto quello che anche io vedevo? E cioè lo strapotere dell'Udc che in Regione sta con noi e a pochi metri, in Comune, ci tradisce e sta con de Magistris. Tra l'altro, Caldoro parla sempre di etica ma si è fatto dare dei punti dal sindaco. Almeno de Magistris ha fatto dimettere i suoi assessori che si candidano al Parlamento. Stefano, neanche quello". Cosentino, che le accade: sta facendo un complimento al suo acerrimo avversario de Magistris? "Io penso che de Magistris sia, politicamente parlando, un figlio di buona scuola, ecco". Deve prenderlo come un complimento? "Non scherzo. Ci vuole una grande abilità per stare a galla fuori degli schieramenti. Certo, poi bisogna vedere come è amministrata la città". Torniamo al suo campo. Da 48 ore lei ha aggiunto un nome insospettabile alla lista dei presunti nemici: Luigi Cesaro? "Con lui ho chiuso, mi faccia dire questo". Dicono che Cesaro, mentre lei si batteva a via dell'Umiltà per non esser cacciato dalla lista, sgattaiolava tra quarto e quinto piano, andava dal segretario Angelino Alfano a trattare. È vero? "Io non lo voglio chiamare in nessun modo, né traditore né altro. Io e la mia famiglia non abbiamo spartito lo stesso pane con lui e i suoi fratelli. Io ho il mio stile, loro un altro". Se è per questo, anche i suoi fratelli sono grandi distributori di petrolio, sono al centro di accertamenti per grandi business. "Ma i miei fratelli non ottengono appalti per realizzare piscine e opere pubbliche con amministrazioni di destra e di sinistra (chiara allusione ai Cesaro brothers, ndr). Sia chiaro. Ognuno fa quello che vuole. Strade ormai separate". Ora mi dice quale dei suoi fedelissimi se n'è scappato via con le liste gridando alla "porcata": Michele Izzo o Luciana Scalzi? "Non avete capito. Lasci perdere Luciana o Michele, sono amici. Chi lo ha fatto, ha agito per proteggere il lavoro che avevamo fatto per settimane, per evitare quello che è successo dopo: quando sono scomparsi all'improvviso dalla lista alcuni nostri referenti perché ne entrassero altri". Per esempio, come Marco Mansueto, il consigliere comunale? "Ecco, per esempio". Squillo. Ora al telefono c'è un tale Cardamuro, del comitato contro le demolizioni di case costruite senza licenza. Nicola declina il suo invito: "No Cardamuro, no. Mi spiace: non partecipo a nessuna iniziativa. No, davvero non posso: e qui si va in galera, se mi agito, è chiaro? Ve la caverete lo stesso. Anzi, ditelo a tutti gli amici: gli abusivi stanno sempre nel mio cuore". (24 gennaio 2013) © Riproduzione riservata da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/01/24/news/cosentino_schifato_da_silvio_io_l_ho_salvato_lui_mi_ha_tradito-51171315/?ref=HREA-1 Titolo: CONCHITA SANNINO. Saviano in tribunale: "Libero solo all'estero" ... Inserito da: Admin - Ottobre 10, 2013, 05:23:32 pm Saviano in tribunale: "Libero solo all'estero" ma i legali degli imputati lo attaccano
Il pm lo difende. Cancellieri: il Paese è con lui Lo scrittore è in tribunale per testimoniare al processo per le minacce ricevute durante l'appello di "Spartacus" dai boss del clan dei casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine. Parla della sua vita sotto scorta, ma gli avvocati degli imputati lo attaccano facendo riferimento a una recente causa per plagio di CONCHITA SANNINO Saviano in tribunale: "Libero solo all'estero" ma i legali degli imputati lo attaccano Il pm lo difende. Cancellieri: il Paese è con lui Lo scrittore Roberto Saviano va in tribunale a Napoli come testimone al processo per le minacce ricevute durante l'appello di "Spartacus" dai boss del clan dei casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine tramite i loro legali. Il dibattimento è in corso davanti alla terza sezione del Tribunale, collegio A. Comincia il pm : "Teste Roberto Saviano, dica al tribunale qual è la sua attività e quali sono le fasi salienti che l'hanno portata a diventare il giovane autore di Gomorra". Sono le 11.36. Lo scrittore, circondato da quattro carabinieri, entra nell'aula 115 del tribunale. Saviano è parte lesa nel processo che vede imputati per "minacce aggravate dall'articolo 7", ovvero dalla finalità mafiosa, i superboss Bidognetti e Iovine, e gli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D'Aniello. "La mia vita comincia a cambiare dopo che a Casal di Principe, invitato dall'allora presidente Bertinotti e dall'ex assessore regionale Gabriele, dico ad alta voce i nomi dei boss che nessuno aveva mai pronunciato da un palco: i nomi di Schiavone, di Bidognetti, di Iovine. In piazza, mentre io parlavo agli studenti, in pubblico, di quei nomi che devastavano il territorio , qualcosa successe: il figlio di Schiavone-Sandokan mi fissa, parla e dice delle cose in strada, la gente si gira, non guarda più noi ma guarda lui". "COSI' EBBI LA SCORTA" - L'aula ascolta in silenzio, Saviano continua. "Già quel giorno avrei dovuto prendere da solo un treno per andare a Napoli a ritirare il Premio Siani. Invece la scorta di Bertinotti o Gabriele mi prende da parte, "il ragazzo viene con noi". Saviano racconta poi, dettaglio per dettaglio, data per data, intimidazioni o messaggi singolari a lui destinati, che segnalano la sua trasformazione da esordiente di successo a simbolo non solo nazionale della testimonianza antimafia. Così si arriva a quelle minacce del 2008. L'episodio su cui si svolge il dibattimento napoletano risale infatti al marzo di quell'anno, quando - davanti alla Corte d'Assise di Appello - era in corso il processo Spartacus 2 - l''avvocato Santonastaso, (oggi in carcere per associazione mafiosa) che all'epoca assieme a D'Aniello assisteva Bidognetti e Iovine (quest'ultimo all'epoca ancora latitante) lesse in aula una lunga nota, che in calce recava addirittura la firma dei due padrini, con cui si avanzava la richiesta di trasferire quel mastodontico processo al gotha dei casalesi in un'altra città per legittima suspicione. Il testo della lettera conteneva parole ed espressioni minacciose nei confronti dello scrittore (oltre che dei magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho, e della giornalista, oggi senatrice Pd, Rosaria Capacchione). Appena due mesi dopo la lettura di quella lettera in aula in cui si indicava Saviano come presunto autore del condizionamento dei giudici , sarebbe cominciata la stagione di sangue dello stragista dei casalesi Giuseppe Setola: oltre venti omicidi di innocenti nella primavera di sangue di Gomorra. LE MINACCE DEI BOSS - Continua Saviano: "Ricordo bene quel giorno del 13 marzo 2008. Era la prima volta in assoluto nella storia delle mafie italiane che due boss della pericolosità di Bidognetti e Iovine, peraltro quest'ultimo latitante, si esponevano in un'aula con le firme proprie a indicare il "pagliaccio" per loro responsabile a livello nazionale mediaticamente dei riflettori accesi su di loro, da parole che erano state oggetto di un clamoroso, del tutto imprevedibile passaparola. E fecero lo stesso con la cronista Capacchione , con i magistrati Cafiero de Raho e Cantone". Chiede il pm Antonello Ardituro: come comprese che qualcosa di nuovo o preoccupante era accaduto? "La prima cosa che mi colpì fu che gli altri avvocati del corposo collegio difensivo presero le distanze da questa iniziativa: ma se era una legittima istanza tecnico-legale , perché dissociarsi subito, in fretta, pubblicamente? Mi accorsi poi di un allarme dal tenore delle telefonate che ebbi ad esempio proprio da Cantone, tutti gli addetti lessero qualcosa di strano in quella missiva, ricordo mi chiamò anche Repubblica: "Ehi che sta succedendo?". Non ho avuto paura di Bidognetti o Iovine, figuriamoci... Ma ho avuto paura che si potesse fare una cosa del genere in un'aula di giustizia". "LIBERO SOLO ALL'ESTERO" - "Immagino - prosegue Saviano - che la mia vita possa essere libera solo all'estero, in Paesi che possano darmi un'altra identità, così che possa permettermi una vita nuova che comincia da zero". "Ho la sensazione - aggiunge - di essere un reduce dopo una battaglia. Vivevo a Napoli e immaginavo la possibilità di una carriera universitaria. I rapporti con i miei familiari sono diventati complicati. Il progressivo aumento della scorta rende difficilissima la vita quotidiana. Non esistono passeggiate, nessuna forma di vita normale, non posso prendere il treno né la metropolitana o scegliere un ristorante senza concordarlo con la scorta". L'ATTACCO DEGLI AVVOCATI - Ma mentre prosegue la testimonianza dello scrittore, il processo sembra prendere un'altra piega. I legali dei quattro imputati intervengono, fanno riferimento alla recente causa per plagio allo scrittore, alle querele subite. Il duello si fa acceso al punto che il pm Ardituro interviene richiamando gli avvocati: "Questo non è il processo a Saviano, lui è qui oggi in qualità di testimone". CANCELLIERI: IL PAESE E' CON LUI - "Tutto il Paese è con Roberto Saviano": lo ha detto il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, che si sente "legata a lui da un rapporto direi di amicizia". "Ho grande stima e considerazione di Saviano - ha affermato a Lussemburgo - Certo, non è facile trovarsi a dover accusare la camorra, ma non dimentichiamo che grazie al suo intervento sono state compute operazioni molto significative. Chiaramente - ha osservato - quando ci si pone in certe posizioni i problemi arrivano, però credo che tutto il Paese sia con lui". http://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/10/07/news/saviano_teste_in_tribunale_per_le_minacce_ricevute-68072815/?ref=HREC1-1 I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l'adattamento totale o parziale. Divisione La Repubblica Gruppo Editoriale L’Espresso Spa - P.Iva 00906801006 Titolo: CONCHITA SANNINO. Pomigliano, Marchionne paga la multa, scarica i suoi ... Inserito da: Admin - Ottobre 19, 2014, 05:33:43 pm Pomigliano, Marchionne paga la multa (2654 euro), scarica i suoi dirigenti e cancella l'accusa di condotta antisindacale
L'ad e gli atti discriminatori contro gli operai Fiom: "Non sapevo nulla delle politiche attuate dai dirigenti" di CONCHITA SANNINO 17 ottobre 2014 Non sapeva nulla delle politiche di discriminazione contro gli operai Fiom, «poste in essere dai dirigenti torinesi e campani del gruppo». La sorprendente dichiarazione è del top manager Sergio Marchionne, l’ad del gruppo Fiat-Chrysler che, dinanzi al giudice di Nola, sceglie l’oblazione. E con una cifra irrisoria per il colosso delle automobili, appena 2.654 euro, estingue il reato di condotta antisindacale rilevato dai magistrati, fino al 2013, nella fabbrica di Pomigliano d’Arco. Parole, quelle di Marchionne, che non passano inosservate all’Ufficio di Procura: i magistrati sospendono letteralmente il giudizio sulla loro «credibilità» ma, tuttavia, esprimono parere favorevole all’oblazione, avendo preso atto di quella circostanza e soprattutto del mutato clima e delle condizioni di uguaglianza tra i lavoratori ristabilite all’interno dello stabilimento. La stessa ipotesi di reato era stata però contestata anche all’allora direttore dello storico stabilimento automobilistico, Sebastiano Garofalo: il quale, evidentemente essendosene assunto la responsabilità fino all’«avvenuta conciliazione», è pronto a patteggiare dinanzi al gip Aurigemma, a Nola, il prossimo 28 ottobre, versando un’ammenda di 15.600 euro. Marchionne e Garofalo sono entrambi assistiti dagli avvocati Massimo Krogh e Giovanni Anfora. L’inchiesta è dell’autunno 2012. La “multa” di Marchionne, arriva diciotto mesi dopo. Procedimento archiviato per il top manager dal gip Paola Borrelli, qualche mese fa. Ma la notizia trapela soltanto ora, alla vigilia dell’ultimo atto con cui si chiuderà la vicenda a carico di Garofalo. A ricostruire le accuse per violazione dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, era stato lo stesso procuratore capo di Nola, Paolo Mancuso, con la pm Cristina Curatoli. Dopo aver ricevuto la denuncia del leader della Fiom di Maurizio Landini, infatti, scattano le indagini a carico del top manager Marchionne, e dell’allora vertice dello stabilimento di Pomigliano: dove, stando ai fatti, continuerebbe la discriminazione degli operai della Fiom, esclusi dal progetto di realizzazione della nuova Panda, nonostante le sentenze del giudice di Torino e di Roma vadano in senso opposto. Da Nola si punta dunque alle responsabilità del massimo vertice di Fiat, sia per la condotta antisindacale avvenuta in Fip, Fabbrica Italia Pomigliano; sia per la mancata inclusione degli operai appartenenti a quella stessa sigla nella fase di trasferimento dei dipendenti di Fiat Group Automobiles a Fip. Ma appena diventa pubblica la notizia dell’avviso di chiusura indagini che prelude a una richiesta di rinvio a giudizio, dal Lingotto arriva una reazione durissima. «Sconcertante e paradossale», commentano dalla Fiat, in un comunicato ufficiale in cui si parla di «accuse infondate» e di «inusitata offensiva giudiziaria avviata dalla Fiom nei confronti della Fiat da più di due anni». Una posizione che sembra stridere con quanto, un anno dopo, l’”indagato” Marchionne dirà alla Procura. Ecco cosa scrivono il procuratore capo Mancuso e la pm Curatoli, nel parere favorevole inviato al Giudice per le indagini preliminari: «Quanto alla richiesta di oblazione (...) la contestata permanenza degli effetti del reato al momento della formulazione dei capi di imputazione faceva ritenere sussistenti le aggravanti previste, e quindi della previsione di una sanzione a pena congiunta, come tale non oblabile». Poi i magistrati, però, aggiungono: «Non va taciuto che in tale sede l’indagato ha dichiarato di non esser a conoscenza delle scelte di politica aziendale poste in atto dai dirigenti torinesi e campani del gruppo: di tale dichiarazione, di là di ogni valutazione sulla sua credibilità in questa sede, va preso atto in considerazione delle scelte, ben diverse dalle precedenti, adottate dal gruppo datoriale a valle di tale momento». I pm annotano difatti i successivi accordi sottoscritti tra i vertici e quelle rappresentanze sindacali, da ultimo quello del 30 maggio scorso, che vede protagonisti — scrivono ancora i magistrati — «Fiat Group Automobiles e Fiat Italia Pomigliano in uno con Fiom-Cgil nazionale e Fiom-Cgil di Napoli che, tra i principali aspetti presi in considerazione, vanta quello avente ad oggetto la definitiva e soddisfacente collocazione lavorativa dei 19 lavoratori iscritti alla Fiom tutelati dall’ordinanza di Roma». Così a Marchionne bastano appena 2.654 euro per attivare l’oblazione e il conseguente provvedimento di archiviazione. La «inusitata offensiva giudiziaria» è un capitolo chiuso. © Riproduzione riservata 17 ottobre 2014 Titolo: CONCHITA SANNINO. Cantone: "Bindi ha sbagliato su De Luca. Inserito da: Admin - Giugno 05, 2015, 10:56:05 pm Cantone: "Bindi ha sbagliato su De Luca. Il presidente entra in carica, solo dopo sarà sospeso"
Il numero uno dell'Anticorruzione: "La Severino è sacrosanta, ma va pensata un'integrazione che la migliori". E sulla vicenda degli impresentabili: "E' fuorviante istituzionalizzarli, come dare il bollino blu agli altri" Di CONCHITA SANNINO NAPOLI - "Ora che le elezioni regionali sono alle spalle, si può dire: con il caso Campania siamo finiti in un'impasse giuridica inedita, che sarà anche molto stimolante e interessante sciogliere, a patto di non lasciarsi tirare per la giacca da nessun timore di strumentalizzazioni. Il mio parere? Non do per scontata l'interpretazione secondo cui De Luca debba essere sospeso subito dopo la proclamazione". Raffaele Cantone spezza il silenzio "politico" che, da magistrato e da presidente dell'Anticorruzione aveva opposto durante la lunga, avvelenata campagna delle regionali che ha infiammato i rapporti politici sull'asse Napoli-Roma. Presidente Cantone, autorevoli giuristi sostengono che De Luca non dovrebbe avere il tempo di nominare la sua giunta, ma essere sospeso un minuto dopo la proclamazione. "Penso che la questione sia controversa. Esiste secondo me, anche un'altra interpretazione. Gli articoli 7 e 8 del decreto che chiamiamo legge Severino prevedono infatti la decadenza o la sospensione. E quest'ultima interviene nei casi in cui l'amministratore abbia subito una condanna che però non è passata in giudicato, proprio come per De Luca, condannato in primo grado per abuso d'ufficio. In altri termini: se si sospendesse subito, senza consentire ai consiglieri eletti di insediarsi e al consiglio di funzionare anche in rapporto alla giunta, bisognerebbe dichiarare lo scioglimento del consiglio per impossibilità di funzionamento. E la sospensione prevista dalla Severino, che ha una funzione di natura cautelare e un carattere provvisorio, diventerebbe di fatto, una decadenza". Intanto, l'era De Luca comincia con la querela alla Bindi. Cosa pensa della black list dell'Antimafia? "Credo che l'onorevole Bindi, nonostante non avesse una specifica esperienza, stesse facendo benissimo il suo lavoro, con quella capacità di impadronirsi degli argomenti e della complessità dei nodi che è propria dei politici di alto livello: una volta gliel'ho anche riconosciuto alla presenza del premier. Ma questa vicenda degli impresentabili è stato, per me, un grave passo falso, un errore istituzionale". L'ARTICOLO INTEGRALE SU REPUBBLICA IN EDICOLA O SU REPUBBLICA+ © Riproduzione riservata 03 giugno 2015 Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/06/03/news/cantone_bindi_ha_sbagliato_su_de_luca_ora_il_governatore_entra_in_carica_solo_dopo_sara_sospeso_-115914497/?ref=HRER1-1 Titolo: CONCHITA SANNINO De Caro a Dell'Utri: "Le porto il Vico con il tartufo" Inserito da: Admin - Agosto 26, 2015, 11:51:11 am L'inchiesta sui Girolamini.
De Caro a Dell'Utri: "Le porto il Vico con il tartufo" I verbali delle telefonate tra l'ex senatore e il direttore della biblioteca, De Caro: partita la richiesta a Palazzo Madama per la loro utilizzabilità Di CONCHITA SANNINO 25 agosto 2015 La Biblioteca dei Girolamini a Napoli Si sentivano, si incontravano continuamente tra Milano e Roma, si scambiavano affari e - soprattutto - dividevano la “merce” più pregiata: i preziosissimi libri della Biblioteca dei Girolamini, i testi trafugati dal tesoro dei testi antichi di Napoli, ormai diventati il loro comune (e assai redditizio) segreto. Anzi: quei volumi erano, come ricostruisce la Procura di Napoli, il pezzo forte delle “cenette” tra Marino Massimo De Caro, ex direttore della Biblioteca di via Duomo (oggi condannato in via definitiva per la prima tranche dell’inchiesta, ma sconta la pena a casa sua, a Verona), e l’ex senatore Pdl Marcello Dell’Utri (da un anno in carcere a Parma dopo la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa), già noto bibliofilo di spericolato e forse spregiudicato collezionismo. "Lei c’ha sempre il Vico che l’aspetta eh... Quello lì lo porto io", prometteva De Caro, che lo chiamava ossequioso, “dottore”, nel 2012. Dall’altro lato del telefono, Dell’Utri, gli dava del tu e gongolava: "Eh, bravo, con il tartufo". De Caro: "Esatto. Vico col tartufo", rideva. Ecco le conversazioni sulle quali tra alcune settimane, per la prima volta, sono chiamati a discutere - e poi a pronunciarsi - i senatori della giunta per le autorizzazioni a procedere. Sembra avviata a un altro giro di boa, infatti, la maxi inchiesta dei pm napoletani Antonella Serio, Ilaria Sasso Del Verme e Michele Fini, coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, sul saccheggio della biblioteca. Ed è sulle ultime ricostruzioni dei pm che il Gip di Napoli, Francesca Ferri, ha inviato a Palazzo Madama la richiesta di "utilizzabilità" di quelle intercettazioni a carico di Dell’Utri, già indagato a Napoli per concorso in peculato con De Caro, ma la cui posizione potrebbe ulteriormente aggravarsi. Il “plico” è partito dall’Ufficio Gip già alla fine di luglio, ma il deposito di quelle intercettazioni - alcune delle quali già note - tra De Caro e Dell’Utri filtra solo nel lunedì dei primi uffici che riaprono. Va ricordato che, secondo riscontri incrociati, Dell’Utri sarebbe entrato in possesso di almeno 14 volumi sottratti alla biblioteca, tutti di inestimabile valore (tra gli altri, una copia di “Utopia”, di Thomas More del 1518; una del “De rebus gestis” di Gian Battista Vico; la “Legatura Canevari”). Di questi, Dell’Utri ne ha restituiti solo 5, in sede di interrogatorio a Napoli. Ma, assistito dal suo avvocato Giuseppe Di Peri, ha sempre negato di aver mai saputo di quella provenienza illecita. Tesi insostenibile, per l’accusa. Ecco una telefonata su cui puntano i pm. È’ del 29 marzo 2012. Dell’Utri. "Massimo, fai il prezzo". De Caro: "Io la prossima settimana sono da solo nel convento, tutto il convento per me, se vuole dottore... da solo! Ho le chiavi perché i padri vanno via". Stando ai pm, era evidente l’intesa tra i due "indicativa della finalità illecita". Ma tutte le telefonate indicate dal gip appaiono andare in un’unica direzione. Come quella del 22 febbraio 2012: De Caro: "Dottore, le dicevo che ho trovato il “De rebus gestis” di Antonio Carafa". Dell’Utri: "Del Carafa sì che non ce lo abbiamo". E più avanti "Bravo Massimo!". La "consegna del volume" per la Procura avviene nel "mese di marzo successivo a Milano". Uno dei tanti testi trafugati per il senatore. Spesso si univa l’ultile al dilettevole. Come nella telefonata che organizza la cena del 13 marzo 2012. Il dialogo tra i due verte sulle critiche ad alcuni articoli de “La Repubblica” e “Il Fatto” che commentano guai giudiziari di dell’Utri ed entourage berlusconiano. "Gentaglia, sono dei personaggi", dice Dell’Utri. Poi passano al sodo. De Caro: "E poi adesso vedrò... c’è la Pampaloni che ha una copia del Raimondo di Sangro della lettera apologetica...". Dell’Utri: "Ah sì? Caspita". De Caro: "Epperò quella non la compri, gliela do io. Sì, non c’è bisogno, lei c’ha sempre il Vico che l’aspetta". Dell’Utri: "Eh bravo, con il tartufo". De Caro annuisce e annuncia: "Quello lì lo porto io a Milano, poi giovedì viene anche padre Sandro, glielo devo presentare". E annuncia che in congregazione, ai Girolamini di Napoli, "hanno fatto una novena", preghiere per le sue grane. Dell’Utri: "Devo ringraziarli, ma sarà servita a qualcosa...". E De Caro, l’ultimo “illuminista” messo a capo della biblioteca come la volpe sul pollaio, sentenzia: "Della serie “non è vero ma ci credo”, ma tutto serve". © Riproduzione riservata 25 agosto 2015 Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2015/08/24/news/de_caro-121566496/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_25-08-2015 Titolo: CONCHITA SANNINO. Quarto, le carte dei pm. La Capuozzo: "Sì, a noi voti sporchi" Inserito da: Arlecchino - Gennaio 14, 2016, 06:36:34 pm Quarto, le carte dei pm. La Capuozzo: "Sì, a noi voti sporchi"
La confessione ai magistrati sul ricatto subito dal consigliere: “Se non mi sono rivolta alle forze dell’ordine è stato solo per salvare il Comune”. "I valori restano anche senza Beppe " Dai nostri inviati DARIO DEL PORTO e CONCHITA SANNINO 13 gennaio 2016 "Cacciata dal Movimento? Direi meglio: espulsa". Si sente tradita? "Mi sento tranquilla. E i miei consiglieri comunali sono uniti. Noi a Quarto porteremo avanti un grande progetto Cinque stelle, ma senza il simbolo ". E allora come fa a chiamarlo ancora M5S? Rosa Capuozzo qui interrompe il passo svelto con cui cerca in tutti i modi di sottrarsi alle domande, offre a labbra serrate una risposta come una rasoiata: "Guardi che il Movimento sono i princìpi". Sottinteso, non Grillo. Quarto, su Facebook la difesa Di Maio, Fico e Di Battista È buio quando il sindaco di Quarto esce dalla Procura, dopo tre ore, la sua quinta audizione dinanzi agli inquirenti su quel ricatto in odore di camorra contestato al suo ex consigliere grillino Giovanni De Robbio, collegato all'imprenditore delle pompe funebri vicino ai clan Alfonso Cesarano. Pressioni di cui lei è vittima, ma non ha mai denunciato. Perché? Lei lo avrebbe spiegato così, ieri sera, al pm Henry John Woodcock coordinato dai procuratori aggiunti Filippo Beatrice e Giuseppe Borrelli: "Solo dopo me ne sono resa conto, e se non l'ho detto alle forze dell'ordine è stato per salvare il Comune". La sua figura tesa e stanca è l'ultima istantanea di un'altra dura giornata: una maratona durante la quale sono stati sentiti come testi anche i due consiglieri grillini, Alessandro Nicolais e Concetta Aprile. Quest’ultima lascia la Procura e dice: "Il Movimento ci ha abbandonato. Come agnelli in mezzo ai lupi. La bomba esploderà vedrete, anche a Roma, a Napoli. Non siamo attrezzati a fronteggiare queste infiltrazioni ". Intanto dalle carte affiorano altri elementi inquietanti. Oltre a De Robbio, ecco il nome di un altro grillino di punta, Francesco Romano, inizialmente candidato sindaco al posto della Capuozzo (si ritirerà perché anch'egli accostato a un abuso edilizio): non è indagato ma, secondo l'informativa dei carabinieri, "riveste un ruolo importante" ed è mediatore di rapporti opachi con Ferro e Cesarano nella vicenda dell'assegnazione dello stadio comunale ormai sottratto alla squadra antiracket. Quarto, i 5 stelle: "Niente dimissioni, andiamo avanti" "CAPUOZZO: DE ROBBIO HA VOTI DI CAMORRA" Lo sospettava lei stessa. E ora lo dicono le carte. È il 25 novembre scorso, ben venti giorni prima dell'espulsione di De Robbio dal M5s. a Capuozzo viene sentita dal pm su racket delle pompe funebri a Quarto. Le chiedono di De Robbio, lei ammette solo di "non essere in buoni rapporti". Poi, a domanda, risponde: "Sì, non posso nascondere che ho sentito e forse letto come insinuazione che De Robbio sia stato eletto con i voti della camorra". © Riproduzione riservata 13 gennaio 2016 Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/01/13/news/quarto_le_carte_dei_pm_la_capuozzo_si_a_noi_voti_sporchi_-131153714/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_13-01-2016 Titolo: CONCHITA SANNINO. Il j'accuse di Saviano: "Napoli senza futuro, per il Pd è un.. Inserito da: Arlecchino - Febbraio 27, 2016, 05:43:47 pm Il j'accuse di Saviano: "Napoli senza futuro, per il Pd è un buco nero e De Magistris ha fallito"
L'intervista. A pochi mesi dalle comunali lo scrittore denuncia la mancanza di rinnovamento della politica. Compresi i 5Stelle Di CONCHITA SANNINO 26 febbraio 2016 ROMA. "Lo sa il Pd nazionale come tratta i posti difficili del sud? Come buchi neri. E difatti tende a lavarsene continuamente le mani". Roberto Saviano non ha smesso di scagliare le sue analisi indigeste. "Quello che accade a Napoli e in Campania è esemplare, basta osservare l'offerta politica, l'assenza di un autentico rinnovamento, proprio quando si decide il destino di una capitale del Mezzogiorno sempre più povera, e più preda del crimine". Ma ne ha anche per gli altri. "I Cinque Stelle sono un'estensione della volontà di Casaleggio. E il sindaco de Magistris ha fallito l'unica missione che aveva". Uno sguardo non addomesticato né dalla fama, né dalla (periodica) lontananza. Lo scrittore guarda dall'America al Mezzogiorno e alla sua Napoli, una delle metropoli che a giugno va al voto amministrativo in una sfida che non si annuncia semplice per il Pd di Matteo Renzi. Saviano, cos'è cambiato cinque anni dopo la svolta arancione che accomunò Napoli a Milano, Genova e Cagliari? Con quale animo andrebbe a votare, se fosse rimasto in città? "Io non voto a Napoli perché da dieci anni vivo sotto scorta. Forse bisognerebbe chiederlo a chi vive in una città dove si spara quotidianamente, dove è quasi impossibile trovare lavoro, dove non si investe più. Purtroppo, ciò che opprime la vita di tanti cittadini, o li costringe ad andare via, non è cambiato". De Magistris si ricandida: si è paragonato al Che, poi a Zapata. Cosa salva e cosa boccia della sua "rivoluzione"? "Il sindaco aveva una missione e l'ha fallita. A fine mandato non è importante isolare cosa va salvato e cosa no, ma quale città si è ereditata e quale città si lascia. L'evoluzione delle organizzazioni criminali a Napoli non ha vita propria, ma si innesta nel tessuto cittadino e in quello politico e imprenditoriale. Se fino a qualche anno fa era quasi solo la periferia a essere dilaniata da continui agguati di camorra, ora si spara in pieno centro. E si spara per le piazze di spaccio. Non una parola sulla genesi di agguati e ferimenti. Non una parola sul mercato della droga che in città muove capitali immensi. Fare politica a Napoli e in Campania dovrebbe voler dire essere l'avanguardia della politica in Italia, avere idee, proposte, e tenersi lontani il più possibile dalle logiche delle consorterie". Sul Pd ha detto, a Ballaró, che la "più credibile è la vecchia generazione, che con Bassolino ha clientele". Ma lui, osteggiato dai renziani, può raccontarsi come nuovo. "Lo ripeto. Io vedo che il Pd nazionale si lava continuamente le mani della Campania e di Napoli. Buchi neri, così percepisce le realtà tanto difficili da gestire. Ecco perché non c'è nessuna proposta nuova, nessun percorso alternativo, ma tutto è lasciato ad assetti già esistenti. Cosa c'è da spiegare? È tutto evidente". Il Movimento 5 Stelle appare ancora segnato dal caso Quarto: da 20 giorni non riesce a indicare il candidato sindaco di Napoli e a sedare malumori. "Il Movimento 5 Stelle, che sul Sud poteva fare la differenza, sconta un vizio di forma: essere sempre meno un partito e sempre più un'estensione della volontà di Casaleggio. Così il codice d'onore, la multe e - vedi Quarto - le espulsioni assumono un profilo pericoloso perché antidemocratico: quello della cessione di sovranità attraverso la negoziazione privata. Per logica dovrebbe essere: se vengo eletto, credo di poter amministrare secondo le specificità del territorio. Ma nel M5S non è così, perché basta invece prendere una decisione in disaccordo col direttorio per essere cacciato via. Mi domando se gli iscritti al Movimento questa cosa l'abbiano compresa, se la ritengano giusta o la subiscano. La mia sensazione è che anche per loro la politica ormai sia solo comunicazione". Cosa serve di più al futuro sindaco di Napoli? "Attenzione costante. E progetti veri: da Roma, dall'Europa. Nessun politico, nessun partito può farcela senza un progetto nazionale e internazionale che sostenga la riforma della città. Chiunque creda di potercela fare inganna se e gli elettori". Nella città dove i killer sono sempre più "bambini", gli intellettuali si dividono sulla temporanea esposizione a Roma d'una splendida opera del Caravaggio. Ha vinto il no. Lo chiedo a lei che ha fondato una corrente narrativa: ma Gomorra si può esportare e i capolavori d'arte no? "Capisco la provocazione: un Caravaggio esposto a Roma avrebbe agito ottimamente da marketing per il turismo. Se poi è vero quanto ho letto, e cioè che il prestito avrebbe garantito fondi per una casa rifugio al rione Sanità per donne e bambini, allora credo che certe polemiche non solo siano sterili, ma anche dannose. Il Pio Monte della Misericordia, dove si trova il Caravaggio, è in via dei Tribunali, a due passi da Forcella, dove a Capodanno è stato ucciso un innocente. Mi viene da sorridere quando oltre al vincolo di inamovibilità si fa appello alla comprensione dell'opera solo nel contesto che in cui è inserito. Perché quel contesto è terribile e difficile per chi ci vive e per chi resiste". © Riproduzione riservata 26 febbraio 2016 Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/02/26/news/il_j_accuse_di_saviano_napoli_senza_futuro_per_il_pd_e_un_buco_nero_e_de_magistris_ha_fallito_-134258007/?ref=HRER1-1 Titolo: CONCHITA SANNINO. Attori e diritti, nuova battaglia di Artisti 7607 contro il... Inserito da: Arlecchino - Ottobre 15, 2016, 07:59:25 pm Attori e diritti, nuova battaglia di Artisti 7607 contro il decreto Franceschini
Di CONCHITA SANNINO Pubblicato il 12 ottobre 2016 Aggiornato il 12 ottobre 2016 ROMA. "Due anni dopo, la battaglia ricomincia daccapo", avverte Claudio Santamaria, il cui sguardo sembra dire che servirebbero tanto i panni di Jeeg Robot. "Noi andiamo avanti e non torneremo al grigiore del monopolio di Vecchio Imaie e alle incongruenze del Nuovo Imaie", sottolinea Neri Marcoré, prima di calarsi in una breve e feroce parodia sul tema "ora vi raccontiamo che fine hanno fatto quei soldi". "A dare ragione ai nostri dubbi e alle nostre domande inevase è arrivata anche l'apertura di una pratica all'Autorità Garante del Mercato, l'Antitrust", puntualizza Cinzia Mascoli. Ma cosa ci fa quella folla di attori e artisti mischiati ad avvocati ed esperti di diritto amministrativo, nell'uggiosa mattinata, alla Casa del Cinema di Roma? C'è la conferenza stampa convocata dalla collecting "Artisti 7607", capitanata dalla presidente Mascoli. Interpreti e musicisti, non solo della meglio gioventù del cinema italiano, sono infatti di nuovo sul piede di guerra per il mancato completamento della liberalizzazione sulla raccolta e distribuzione dei loro compensi relativi alle repliche di tutti i loro lavori tv. Si tratta, tecnicamente, della gestione dei cosiddetti "diritti connessi al diritto d'autore": questione di soldi, certo, da indirizzare con trasparenza, ma anche un principio di efficienza e di libera scelta, come quella di affidare la distribuzione del proprio denaro all'associazione che scegli in base alle tue valutazioni, e non più in regime di (opaco) monopolio come accadeva fino a 5 anni fa. Esattamente come sancito da una direttiva europea che già da anni ha aperto il mercato ma non è stata mai completamente recepita in Italia, causa anche le sovrapposizioni, i conflitti di interesse e le commistioni della Roma dello "spettacolo". E a minacciare questo faticoso percorso c'è - denunciano in conferenza - "la bozza di un decreto legislativo" già all'attenzione del ministro Dario Franceschini. Lo scontro politico. Si profilerebbe su questo versante uno scontro politico tra il vertice del Ministero, propenso a limitare questo processo, e la visione del sottosegretario Luca Lotti che invece punta a tenere la barra dritta sulla liberalizzazione. Ma, a rendere anche più amara la denuncia pubblica degli artisti, c'è un elemento di ulteriore gravità: sono le numerose "intimidazioni e pressioni" esercitate su attori e lavoratori per spingerli a tornare in seno al Nuovo Imaie, le cui nuove opere sono già beneficiarie delle agevolazioni fiscali da tax credit, e a cancellare la loro iscrizione dalla "7607”, pena la perdita del lavoro e l'allontanamento dai set cinematografici o televisivi. E cos'è il Nuovo Imaie? Eredità del monopolio Vecchio Imaie cancellato per palese inefficienza visto che circa 100 milioni di compensi giacevano indisturbati senza mai essere stati distribuiti: una clamorosa incognita all'italiana, su cui non è mai stata fatta ancora chiarezza, ma è aperta un'inchiesta con una serie di indagati alla Procura della Repubblica di Roma. Riso amaro in platea. E' lungo e affollato l'incontro, nella struttura di Villa Borghese. I volti noti di "7607", sorretti dagli avvocati Riccardo de Vergottini e Domenico Sandulli e da Francesco Schlitzer (assistente legale e autore del libro "Imbizzarriti"), con gli altri attori Valentina Correani e con Elio Germano collegato via telefono, mettono nel mirino il decreto "trappola", che sarebbe già sul tavolo del ministro Dario Franceschini, e che rischia di vanificare i pochi e faticosi successi della liberalizzazione. La bozza, insomma, diventerebbe "un pericoloso passo all'indietro" perché "non delinea un coerente riordino del settore" e "di fatto sosterrebbe gli interessi dell'ex-monopolio a danno degli altri intermediari". Marcorè, Santamaria, Riondino, Correani e tutti gli altri - in sala anche registi e attori come Luca D'Ascanio, Paolo Sassanelli, Urbano Barberini, Adalberto Maria Merli - chiedono dunque ufficialmente di "approntare quei correttivi che possano garantirci il pluralismo competitivo, la libertà di scelta degli artisti e l'efficienza del sistema che regola i diritti connessi". Marcoré la spiega così, provocando ilarità e riflessioni: "E' sempre la stessa storia, la genialata della bad company che si separa dalla new company. Insomma: le cose strane incomprensibili o un po' pasticciate sono la monnezza che finisce in un buco nero, la new company sembra bella e levigata ma non lo è. In questo caso c'era il Vecchio Imaie, diciamo che si chiama Giuseppe. Poi le massime istituzioni, compreso Prefettura, gli dicono "Non vai bene, non sei riuscito a distribuire i soldi agli artisti, non si sa cosa hai fatto" e lo chiudono e aprono un altro, il Nuovo Imaie. Bene, ma è come se tu, per fare un esempio, torni sul luogo e ti trovi sempre Giuseppe. Ah Giuseppe, sei tu? Risposta: "Non sono io, sono nuovo". Beh, allora Giuseppe, mi dai i tuoi vecchi dati, mi fai capire nei tuoi elenchi cosa c'era? Risposta: "Ah no, ma io non sono Giuseppe, sono il Nuovo Giuseppe". Riso amaro in platea. "La legge deve stabilire norme chiare che mettano tutte le collecting a pari livello e senza alcun vantaggio o prelazione - sottolinea la Mascoli - Poi gli artisti possono decidere liberamente, a parità di norme, da quale istituto farsi rappresentare, quale istituto incaricare per ritirare i propri soldi: non chiediamo altro che chiarezza". Nello stesso solco Barberini va al microfono e dice "Scusate, ma perché il Nuovo Imaie non pubblica i bilanci e non mostra i suoi documenti? Perché non lo fanno, così magari finiscono anche le illazioni, cui non credo, su stipendi da favola ai loro dirigenti, auto di lusso e gli artisti saranno i primi ad andare da loro conquistati da integrità e trasparenza su cui non solleviamo dubbi". Rai e Sky inadempienti. Come funziona oggi? Ogni volta che in tv passa un film, le collecting, vale a dire le società che si occupano della remunerazione dei diritti agli artisti, chiedono alle varie reti i dati relativi a tutto ciò che è stato trasmesso per regolare le quote degli interpreti di ogni singolo film. Un iter che, secondo la Artisti 7607, "quasi sempre è soggetto a malfunzionamento". "La Rai, ad esempio - spiegano alla 7607 - fornisce dati incompleti e insufficienti a una corretta individuazione degli aventi diritto, Sky addirittura non li fornisce e, per chi si sottrae illegalmente alla consegna dei dati, non ci sono sanzioni, si può soltanto ricorrere al tribunale. Soltanto Mediaset, va detto, fornisce dati completi". Claudio Santamaria ha letto alcuni passi del testo della direttiva 2014/26/UE, Riondino legge invece un testo che colpisce molto. Le pressioni e la discriminazione. E' la lettera di forzata rinuncia alla collecting da parte di un artista, che per il pubblico deve restare purtroppo anonimo: un messaggio di raggelante chiarezza: se non mi cancellavo dalle vostre liste, non avrei lavorato. Eccola: "Mi trovo costretto a interrompere i miei rapporti con 7607. Questa scelta, davanti alla quale trovo sia assurdo essere posti, è nata dalla volontà di sostenere un progetto cinematografico indipendente di grande valore artistico che, per beneficiare del tax credit, è costretto a scegliere attori che siano associati al Nuovo Imaie. Mi chiedo a che punto si possa arrivare, in un paese dove è sempre più chiaro come le condizioni necessarie per lavorare non siano più la determinazione, la passione e il talento ma al contrario conti essere iscritto "al partito giusto". Incredibilmente, lo stesso nodo veniva colto qualche mese fa dall'Authority Antitrust che su questo conflitto e sulla mancata liberalizzazione ha aperto una istruttoria. Ecco l'analisi dell'Antitrust: " Le modalità mediante le quali il Nuovo Imaie utilizzerebbe i fondi per i bandi ex articolo 7 della legge 5 febbraio 1992, n. 93, finanziati con le risorse" di tutti gli artisti e interpreti "quantomeno sino alla seconda metà del 2013, sarebbero altresì tali da determinare una rilevante discriminazione tra gli artisti da essa tutelati e quelli che si rivolgono ad altre collecting". Non solo: "Da parte di produttori e registi stessi, infine, vi sarebbe una pressione sugli attori per revocare l'adesione ai soggetti nuovi entranti e iscriversi a Nuovo Imaie". La platea rumoreggia, qualcuno pronuncia parole pesanti. C'è chi torna su un set e chi no. Ma per tutti, la battaglia continua. Da - http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2016/10/12/news/la_battaglia_degli_attori_di_7607_contro_il_decreto_franceschini-149587320/?ref=HREC1-41 Titolo: CONCHITA SANNINO. Il Pd all’attacco: "Il 5 Stelle Di Maio sostenuto dai La Torre Inserito da: Arlecchino - Aprile 29, 2017, 12:56:04 pm Il Pd all’attacco: "Il 5 Stelle Di Maio sostenuto dai La Torre"
Le ombre della camorra sulle amministrative a Mondragone, provincia di Caserta. Il parlamentare messo in imbarazzo da una foto su Facebook Di CONCHITA SANNINO 24 aprile 2017 Il Pd all’attacco: "Il 5 Stelle Di Maio sostenuto dai La Torre" Di Maio in compagnia di alcuni giovani, attivisti del M5S di Mondragone. Tra i commenti, quello di Francesco Tiberio La Torre La lezione di Quarto, con il suo retaggio di regolamenti interni e ferite politiche al di là dell'inchiesta anticamorra, non sembra essere servita a molto. E un durissimo botta e risposta - ieri - tra l'eurodeputata Pd Pina Picierno e il vicepresidente della Camera del M5S Luigi Di Maio mostra come sia ancora alto e irrisolto il rischio di attrazione tra alcuni giovani di famiglie a rischio per il Movimento, in particolare. Benché - bene ribadirlo - i sospetti di collusioni non abbiano mai risparmiato in questi anni, né i democrat, né la destra, più o meno cosentiniana. Al centro dello scontro, stavolta, tra Pd e pentastellati ci sono le presunte ombre di camorra che potrebbero allungarsi sul voto amministrativo di Mondragone, nel casertano, terreno esposto da sempre ai tentacoli di Gomorra. E ancora una volta c'è una foto, postata via Fb, che rischia di mettere in imbarazzo il vicepresidente della Camera: sostenuto (almeno via Facebook) dal figlio di uno spietato padrino di camorra, Augusto La Torre. Quei precedenti che Di Maio spiegò Non è la prima volta. Nel novembre scorso, Di Maio si era dovuto giustificare per una foto casualmente scattata con Salvatore Vassallo, il fratello dello stake holder dei rifiuti della camorra, Gaetano, praticamente il "ministro" del business immondizia del cartello dei casalesi, l'uomo che portava a casa 2 miliardi di vecchie lire l'anno per sotterrare tonnellate di liquidi e scarti pericolosi di natura industriale. Nel marzo 2014, altra zona dell'hinterland, Giugliano, Di Maio aveva invece spiegato la vicinanza con il figlio del boss cutoliano Corrado Iacolare: ma quel giovane, Franco, incensurato, era già attivista dei M5S a Giugliano da anni e aveva scelto un'altra strada rispetto a quell'ingombrante genitore. Già, perché l'anziano Iacolare - di cui il figlio dice "Non lo posso rinnegare, ma ho scelto un'altra vita, mi occupo di tre gelaterie"- vive da anni in Uruguay ed è sfuggito alla giustizia italiana perché considerato "inestradabile": nonostante le accuse per vari omicidi e la condanna, passata in giudicato, per associazione mafiosa. Il nipote e il figlio di La Torre Ad accendere stavolta lo scontro, ecco un'immagine di gruppo e messaggi di sostegno comparsi su Fb a sostegno di Di Maio, firmati, tra gli altri, dal figlio di uno spietato padrino di camorra, Augusto La Torre: prima "collaboratore di giustizia", poi espulso dal programma di protezione, oggi detenuto. La Picierno apre il fuoco, riportando quella foto di gruppo in cui compare Di Maio in compagnia di alcuni giovani, attivisti del M5S di Mondragone, tra i quali c'è un nipote (incensurato) del boss. Tra i commenti, poco più in basso, ecco arrivare anche il sostegno firmato da Francesco Tiberio La Torre, figlio del superboss: "Aria nuova - scrive lui - la speranza per i giovani si intravede, forza ragazzi". La Picierno attacca: "A Mondragone ci saranno tra poco le elezioni amministrative, e Di Maio oggi è venuto a supportare la lista M5S. Il figlio del boss La Torre commenta entusiasta. Ma Di Maio che messaggio invia a chi a Mondragone si batte ogni giorno contro la camorra? Di Maio sa che il figlio di La Torre non ha mai preso le distanze dalla terribile storia criminale del padre? Spero voglia chiarire immediatamente da che parte sta. Sulla camorra non si scherza". "Il M5S è contro la camorra" Di Maio replica. "Il M5s è contro la camorra con tutte le sue forze e quindi contro quella famiglia. Non rispondo di commenti o foto rubate". Chiudendo con l'hashtag #Fantasie. E di nuovo la Picierno: "Mi fa piacere, comunicalo anche ai parenti dei boss che ti acclamano". Una storia particolare, comunque, quella del boss La Torre, che ha sempre avuto eccellenti magistrati come interlocutori : sia tra coloro che lo accusavano, come Raffaele Cantone all'epoca pm; sia tra quelli che avevano ormai scelto il mestiere di avvocati. Difatti il padrino fu difeso a lungo dall'ex magistrato Libero Mancuso, successivamente è stato assistito dall'ex sostituto procuratore di Palermo Antonio Ingroia, che poi ha lasciato quella difesa. Il vicesindaco: "Fatto di inaudita gravità" Sulla vicenda fioccano attacchi dai parlamentari Pd. Ma in particolare fa rumore "l'indignazione" del vicesindaco di Mondragone, Benedetto Zoccola, che in passato ha denunciato la camorra e vive sotto scorta. "Che un vicepresidente della Camera, appartenente a un Movimento che ha fatto della lotta alla corruzione il proprio mantra, si faccia sostenere sui social dal figlio del boss Augusto La Torre, pluriomicida, appoggiandolo perfino in campagna elettorale, è inaccettabile. Un fatto di inaudita gravità", sottolinea Zoccola, il numero due del comune di Mondragone. Intanto due anni fa, proprio da Quarto, zona flegrea - dove intorno alla presunta estorsione esercitata sulla sindaca Rosa Capuozzo dall'allora consigliere Giovanni De Robbio esplose il bubbone dell'attrazione pericolosa - arrivò quell'intercettazione che avrebbe dovuto far riflettere. "Facciamo un passo indietro tutti i vecchi... mettiamo i ragazzi avanti... i nuovi... e noi ci stiamo dietro", teorizzava uno degli ex politici locali parlando con un amico ex Pd, Mario Ferro, poi indagato. Ed è quest'ultimo ad annuire: "L'abbiamo fatto proprio a Quarto... con questi dei Cinque Stelle". Una spia che, ben oltre le eventuali conseguenze giudiziarie, avrebbe dovuto - politicamente - parlare a tutti. Soprattutto ai "nuovi". © Riproduzione riservata 24 aprile 2017 Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/04/24/news/il_pd_all_attacco_il_5_stelle_di_maio_sostenuto_dai_la_torre_-163741968/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S3.4-T1 Titolo: CONCHITA SANNINO. Saviano: "In Italia giustizia da incubo. E la lotta alla mafia Inserito da: Arlecchino - Giugno 05, 2017, 11:36:50 am Saviano: "In Italia giustizia da incubo. E la lotta alla mafia è sparita dalle priorità politiche"
Intervista all'autore di Gomorra dopo la decisione che riammette alla professione di avvocato l'uomo che lo ha minacciato per conto dei clan: "La camorra vince nell'indifferenza di un Paese perduto. Il ministro Orlando? Non può lavarsene le mani" Di CONCHITA SANNINO 01 giugno 2017 NAPOLI - "Oggi la camorra ha vinto, ha vinto definitivamente". Durissimo, quasi scritto di pancia, il post su Facebook di Roberto Saviano. Lo scrittore guarda dall'America alla parabola di un avvocato accusato di collusioni per quell'istanza di remissione letta in un'aula nel 2008: eppure "riabilitato" alla professione per automatismi di garanzia interni. L'autore di Gomorra non parla solo come suo ex bersaglio di minacce. "La camorra vince nell'indifferenza di un Paese perduto e di una politica che, cercando solo consenso, fa spallucce a chi chiede giustizia", riflette. "Io ho una voce pubblica, ascolto. Tanti altri, no". Saviano, è solo un problema di giustizia pigra e distante? "L'amministrazione della giustizia in Italia è più che un incubo: è un dramma. E forse è il principale responsabile del collasso delle nostre istituzioni e della nostra credibilità internazionale". Si aspettava questo epilogo? "Non mi aspettavo certo che dopo quasi dieci anni da quella lettura in aula fatta da Santonastaso, non ci fosse ancora un giudizio definitivo. A quasi dieci anni, un uomo condannato per aver minacciato in aula per conto dei clan di camorra, un signore che - secondo la sentenza - ha cambiato per sempre la "comunicazione di camorra", diventando portavoce dei clan e indicando dei bersagli in caso di condanna, oggi torna a fare l'avvocato. Detto questo, penso che c'è anche una marginalizzazione del problema mafie". Sta dicendo che la priorità del contrasto ai vari livelli del crimine è sempre meno sentita, anche dalla politica? "È evidente, nel momento in cui la politica ha come unico obiettivo quello di costringere la cittadinanza a continue elezioni, la lotta ai clan non è l'unica cosa ad essere definitivamente sparita tra le priorità della politica. Il Mezzogiorno è completamente sparito dall'agenda, non esiste più. Si parla di 6mila licenziamenti all'Ilva e la risposta della politica è l'ennesima campagna elettorale. Viene voglia di stracciare la scheda elettorale". Il ministro Orlando sottolinea che i provvedimenti disciplinari dell'avvocatura non sono materia in cui un Guardasigilli può intervenire. Sono garanzie, è la democrazia. "Ma il collasso di una democrazia è attestato anche dal fatto che nessuno ha torto, ma nessuno ha ragione. Il ministro della Giustizia dice che la decisione è sottratta alla sua giurisdizione: vero, anche paradossale. Prendiamo il processo nato dalle minacce che mi ha rivolto Santonastaso in aula nel 2008: la condanna di primo grado è arrivata a novembre 2014. Quasi tre anni dopo, il processo di appello non è ancora iniziato tra composizione anomale del collegio giudicante, difetti di notifica, e due diverse richieste di astensione da parte del presidente del collegio a causa di rapporti di conoscenza con l'imputato. Richieste incredibilmente rigettate dal presidente della Corte di Appello di Napoli. La giustizia è al collasso, questo è il punto. Su questo, il ministro della giustizia non può lavarsene le mani. Non su questo". La criminalità ha molti mestieri: si spara nel napoletano, ma i clan gestiscono insediamenti produttivi, dirottano voti alle amministrative. "È evidente a chiunque conosca il Sud e le sue dinamiche criminali, a chi lo ama e vede lo stato di totale abbandono in cui versano intere province, che nessuno dei partiti sulla scena politica attuale è in grado di controllare il proprio elettorato al Sud. Perché, dopo aver lasciato morire l'economia, ha in gran parte consegnato il Sud alle cosche. I clan dirottano i loro voti, è vero, ma attenti: nel rapporto tra la politica e organizzazioni criminali, non è la politica a controllare le cosche. Sono i cartelli dei boss a controllare la politica". © Riproduzione riservata 01 giugno 2017 Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/06/01/news/saviano_giustizia_da_incubo_e_la_lotta_alla_mafia_e_sparita_dalle_priorita_politiche_-166936360/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P5-S1.8-T1 Titolo: CONCHITA SANNINO. L'accusa del giudice: "Domenico Diele pericoloso socialmente.. Inserito da: Arlecchino - Luglio 04, 2017, 05:11:45 pm L'accusa del giudice: "Domenico Diele pericoloso socialmente e insofferente alle regole “
E’ il ritratto che emerge dall’ordinanza di custodia emessa dal gip Fabio Zunica, che ha concesso all’attore gli arresti domiciliari dopo che ha travolto con l'auto e ucciso una donna in scooter Dalla nostra inviata CONCHITA SANNINO 29 giugno 2017 SALERNO. “Distratto dal cambio di un cd”, travolge e uccide Ilaria. Alla guida, c’è un indagato “dalla non trascurabile pericolosità sociale”. Un uomo “rivelatosi più volte insofferente alle regole”. E “la cui consuetudine con gli stupefacenti era già emersa in diverse precedenti occasioni”. Un soggetto per il quale - “pure a fronte dello status formale di incensurato” – esiste “un concreto e attuale pericolo di ulteriori condotte recidivanti”. E’ il ritratto di Domenico Diele, così come emerge dall’ordinanza di custodia emessa dal gip Fabio Zunica che ha concesso all’attore gli arresti domiciliari. A carico del talentuoso interprete 32enne (un volto in ascesa nelle serie tv Sky, “In Treatment”, “1992” e “1993”, oltre che di film come Acab) pesa l’accusa di omicidio stradale in cui ha perso la vita, l’altra notte, sull’autostrada Salerno-Roma, la 48enne Ilaria Dilillo, segretaria in uno studio legale. A ridosso della mezzanotte di venerdì, Diele era partito dalla Basilicata e si era messo al volante della sua Audi 3 : nonostante gli avessero sospeso la patente, dopo aver fatto uso di droghe e con l’assicurazione scaduta. In più stando ai rilievi della Stradale, Diele sfrecciava ad almeno 140 chilometri, ben sopra i limiti previsti. Un grappolo di aggravanti, di assoluta gravità, conviene il gip. Che non a caso descrive minuziosamente l’immagine choc dell’incidente: lo scooter Honda della Dilillo viene arpionato dall’auto che, evidentemente corre ad alta velocità tanto che la moto penetra letteralmente, all’indietro, la parte anteriore dell’Audi guidata da Diele. E resta come saldata, in verticale, nella vettura. La targa del motorino vicinissima al motore. Mentre la donna, Ilaria, fa un tragico volo di quasi cento metri: con un’emorragia fatale degli organi interni. “A casa solo con il braccialetto” In carcere a Fuorni da una settimana, Diele è ancora detenuto in attesa che a Roma sia reso disponibile un braccialetto elettronico per poter essere trasferito, sotto stretta sorveglianza, ai domiciliari nella casa di sua nonna nella capitale. Il gip, con articolata e dura motivazione, ha infatti deciso di subordinare, con accenti severi, la concessione della custodia domestica alla effettiva disponibilità dei predetti congegni elettronici per il controllo a distanza “. Diele, così come viene riassunto dal gip che riporta il racconto dell’attore nel suo interrogatorio di garanzia, si è detto “più volte enormemente dispiaciuto” per il lutto che ha provocato con la sua condotta, e ha spiegato che “non si è proprio accorto della presenza dello scooter sulla strada, probabilmente perché è stato distratto dal cambio di un cd o da un messaggio” poi sopraggiunto sul cellulare. “Ha aggiunto che, tornato dal Sestriere dove stava girando un film con i mezzi della produzione cinematografica, aveva raggiunto da Roma la città di Matera vista la celebrazione del matrimonio di una sua cugina”. Diele concede, annota il gip, la gravità della sua clamorosa condotta. “Ha ammesso di aver sbagliato a guidare con la patente sospesa”. Ma dopo, ecco il buio. Non ricorda come sia accaduta una tale tragedia. E proprio questo è il punto. In quali condizioni psicofisiche, tra le 2 e le tre del mattino, quindi nella notte tra venerdì e sabato, si trovava Diele? “Ha agito in spregio di ogni norma” Il gip scrive: “Diele ha agito in spregio delle più elementari norme di prudenza, mettendosi alla guida , per tragitto significativo (da Roma a Matera e poi da Matera a Roma) nonostante un provvedimento di sospensione della patente, peraltro violando in maniera palese le ulteriori previsioni del codice della strada in tema di rispetto della distanza di sicurezza e di obbligo di tenere una velocità adeguata alle condizioni della strada, e alla necessità di compiere manovre utili a evitare incidenti”. Non solo. Continua il magistrato: “Il giudizio sulla ritenuta propensione specifica dell’indagato alla commissione di illeciti dello stesso genere di quello per cui si procede appare inoltre significativamente corroborato dalla circostanza che Diele si è messo alla guida della sua vettura, con una presenza, nell’organismo, di sostanze stupefacenti”. Concretamente, per stare alle carte in mano al gip, Diele è risultato “positivo ai test dei cannabinoidi e degli oppiacei”, quindi cannabis ed eroina. “Il suo equilibrio psico-fisico” Non solo: gli vengono trovati, nell’immediatezza della tragedia, quantità seppur irrisorie di altra droga: 0, 2 grammi di cocaina nel portafogli, e “nel posacenere della macchina accanto a una piccola quantità di tabacco, un pezzetto di hashish dal peso di 0,3 grammi”. Tutto questo, argomenta dunque il gip, “a prescindere dalla prova dell’effettiva incidenza sull’equilibrio psico-fisico, vale a delineare in termini ulteriormente negativi, la personalità dell’indagato, tanto più se si consideri che la consuetudine con gli stupefacenti era già emersa in precedenti, diverse occasioni” . A partire da otto anni orsono, annota il giudice. “E’ emerso anche che Diele, il 7 gennaio 2009, era stato segnalato a Siena dalla Guardia di Finanza di Gioia Tauro perché in possesso di hashih”. Un quadro indiziario dunque molto grave, rispetto al quale il giudice – valutato lo status di incensurato e la “il leale comportamento” tenuto nell’immediatezza dei fatti, concede la custodia a casa ma solo a patto “della preventiva ricerca e disponibilità del braccialetto elettronico per il controllo a distanza”. Verso il ricorso della Procura di Salerno Intanto la Procura, che sembra intenzionata a proporre ricorso al Riesame contro la decisione del gip, punta ad accertare il reale stato di salute di Domenico Diele. E apre ad un ventaglio di nuovi accertamenti. Si tratta, ovviamente, di un’azione contemplata nella dialettica processuale, lasciano intendere chiaramente in Procura: non contro la legittima e articolata motivazione del gip, dunque, quanto in coerenza con la richiesta del pm Elena Cosentino della custodia in carcere. L’indagato dovrà insomma ripetere gli esami tossicologici, questa volta con un prelievo di materiale cheratinico, come i capelli. L'accertamento tecnico irripetibile si svolgerà domani, venerdì. Tutte le parti si ritroveranno negli uffici del pm Cosentino. E la famiglia di Ilaria Dilillo sta già valutando la nomina di un perito di parte che possa assistere alla procedura, così come considerato dall’avvocato dei Dilillo, il legale Michele Tedesco, Il pm sentirà anche testimoni. La partita giudiziaria sull’assurda morte di Ilaria non sembra del tutto chiusa. © Riproduzione riservata 29 giugno 2017 Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/06/29/news/l_accusa_del_giudice_domenico_diele_pericoloso_socialmente_e_insofferente_alle_regole_-169442334/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P5-S1.8-T1 Titolo: CONCHITA SANNINO. Romeo: "Non sono io il corruttore di Consip. Inserito da: Arlecchino - Agosto 27, 2017, 09:19:27 pm Romeo: "Non sono io il corruttore di Consip. Mai visto Renzi padre"
La versione dell'imprenditore appena liberato: "Un'inchiesta piena di scorrettezze" Di CONCHITA SANNINO e DARIO DEL PORTO 18 agosto 2017 ROMA. L'inchiesta Consip? "Zeppa di scorrettezze. Ma che dire: io sono l'imprenditore più intercettato al mondo". E i 100mila euro a Marco Gasparri? "Mai dato soldi. Magari Gasparri è un agente del nemico mandato per distruggermi ". E quel suo pizzino che si riferiva a Renzi senior: "30mila per T"? Alfredo Romeo, tornato libero dopo 168 giorni di arresti, sorride e, con un velo di sarcasmo, scandisce: "Mai visto quel foglietto: chissà come e dove l'hanno ricostruito". Prima intervista, dopo il carcere, per il fondatore del gruppo Romeo, l'imprenditore-fulcro dell'inchiesta Consip, che resta indagato a Napoli e imputato a Roma (il processo per corruzione comincia il 19 ottobre). Al fianco dei suoi legali Francesco Carotenuto, Alfredo Sorge e Giovanbattista Vignola, Romeo, che tutti chiamano "avvocato", non si sottrae a nessuna domanda. Resistente, mordace, è perfettamente rientrato nell'abito (sartoriale) del napoletano di Posillipo. Spera, magari, che tutto finisca con un'assoluzione. Proprio come dieci anni fa. Avvocato Romeo, comunque vada l'inchiesta, sembra che Consip fosse in mano a funzionari infedeli e a quelli che, come lei e i suoi rivali, miravano a pilotare le gare. "Alt. La Procura esclude un mio coinvolgimento in eventuali turbative di gara. Posso dire invece che la Romeo Gestioni ha presentato esposti documentati, all'Anac e alla Antitrust, perché si accertassero anomalie che mi vedevano parte lesa. Gli sviluppi hanno dimostrato che le doglianze erano fondate". Scusi, ma Marco Gasparri, ex dirigente prossimo al patteggiamento, ha confessato di aver intascato da lei 100mila euro. È corruzione. "L'architetto Gasparri, nei tre interrogatori, ha via via modificato la sua versione: passando da soldi che gli sarebbero stati dati per truccare le gare, a soldi che gli sarebbero stati dati per informazioni prive di rilevanza. Poi le dazioni si sarebbero ridotte di entità, e infine le avrebbe attribuite a una mia prodigalità". Ma lei: quei soldi li diede? "No. A Gasparri non ho dato mai nulla, né avrebbe avuto senso, essendo lui figura del tutto ininfluente per le gare Consip. Piuttosto, sono tante le cose che di questo personaggio non si sono verificate: come il suo ruolo in un pranzo di lavoro con un politico, un alto dirigente Consip e il referente di un gruppo a me concorrente, per di più straniero..." Un complotto, giusto? "Ma, secondo lei, è malizia pensare che il signor Gasparri possa essere stato avvicinato dalle tante figure controverse che hanno agito in questa inchiesta piena di vulnus, imprecisioni e scorrettezze? Lei può escludere che Gasparri fosse un "agente del nemico"? Che sia stato indotto a danneggiarmi per favorire i concorrenti? Come spiega che sono arrivate offerte dall'estero per acquisire Romeo Gestioni?". Per il Riesame di Roma, a marzo, lei era un imprenditore "spregiudicato" che usa "relazioni istituzionali". E "da 25 anni utilizza il metodo corruttivo ". Poi arriva la Cassazione, a giugno, e bastona quelle valutazioni. Per lei, è la svolta. "Per fortuna, la Cassazione non ha i pregiudizi e i preconcetti che avevano avuto il sopravvento nei confronti di un imprenditore che dal Sud ha creato sviluppo e lavoro per migliaia di persone. Sì, la Cassazione, annullando il provvedimento, dice che non esiste il "sistema Romeo". Tra l'altro, scusi, sono incensurato, nonostante sia passato da più di un cerchio di fuoco insieme alle mie aziende, ma sono intercettato da dieci anni e più: in un modo che nemmeno i più pericolosi terroristi internazionali". Nel caso Consip c'è molto altro. Lei ha fatto una cena con Tiziano Renzi, il padre dell'ex premier, e secondo i pm ha promesso soldi. "Non ho mai cenato con Tiziano Renzi, né l'ho cercato. Oddio, se lui volesse conoscermi non avrei difficoltà a incontrarlo. Un signore che può raccontarmi dei suoi pellegrinaggi o di com'era il suo figliolo quando era scout. Che ci sarebbe di male?". Ma lei raccontò della cena con Renzi senior ad Alfredo Mazzei, per i pm attendibile teste, il professionista che poi lo rivelò a Repubblica. "Su Mazzei, direi alla toscana, che ha preso fischi per fiaschi". Sono "fischi per fiaschi" anche gli appunti "30mila per T.": il pizzino che si ritiene scritto nel suo ufficio? "Quello che lei chiama pizzino è qualcosa che non so cosa sia, che io e i miei legali non abbiamo mai visto, se non in una strana copia chissà dove e come ricostruita. Io prendo appunti solo per scrivere poesie, che non pubblicherò. In genere trattano della invidia e della meschineria. O della violenza proterva e gratuita". Lei non riusciva a incontrare il leader Pd Matteo, e fece di tutto per agganciare il padre. Non è così? "Le ho già risposto". Perché allora dialogare e ospitare a Napoli Carlo Russo, presunto faccendiere toscano amico di Renzi senior, se non per arrivare a Tiziano? "Incontro e conosco migliaia di persone, molte parlano a vanvera. Quanto a Russo, è stato ospite del mio hotel sì, ma non gli ho mai chiesto di incontrare il suo amico Tiziano. Deve capire che io non mi fido di nessuno". Intercettato, lei dice che, pur di remunerare Russo e Renzi sr, si può utilizzare il canale "estero su estero", sfruttando la società londinese di suo figlio. Un altro abbaglio? "Senta, hanno rivoltato le mie aziende come calzini. Certificando che tutte le attività amministrative sono perfette e tracciabili: non esistono attività estero su estero. Siamo un gruppo sano, efficiente, trasparente: la Romeo Gestioni, per il suo fatturato, è sottoposta anche a ciclici controlli della Finanza e di altri enti. Ma sa, quando si sente il nome Romeo tutti si eccitano nella certezza di qualche colpa. Forse, se mi chiamavo Agnelli o venivo da Milano, non mi trattavano così". Ma lei disse "estero su estero". Perché? "Parliamo di conversazioni non trascritte da un perito di un tribunale, ma da un organo di parte (il Noe, ndr) indagato a Roma per reati di falso, collegati proprio alla manipolazione di materiale investigativo". Tante le fughe di notizie. Riguardano gli eccellenti. E anche i suoi accusatori. " La presunzione di innocenza vale per tutti, anche per gli inquirenti. Comunque questo caso è una fiera di errori. Pm e giornalisti indagati per violazione del segreto, agenti e ufficiali del Noe a loro volta indagati e trasferiti dai Servizi segreti. Parole come "esperto di cleaning" diventano "esperto di crimine"". Ma anche lei seppe in anticipo dell'esistenza dell'inchiesta. "Certo, ma lo appresi dai giornali, e perché un mio dirigente fu indagato. Erano giorni in cui le veline della Procura di Napoli e i giornali si affannavano a ripetere che io non ero sotto inchiesta. Indagato no, ma intercettato sì. Strano, no?". © Riproduzione riservata 18 agosto 2017 Da - http://www.repubblica.it/cronaca/2017/08/18/news/romeo_non_sono_io_il_corruttore_di_consip_mai_visto_renzi_padre_-173280631/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1 Titolo: CONCHITA SANNINO e DARIO DEL PORTO Operazione contro clan Lo Russo: ... Inserito da: Arlecchino - Novembre 20, 2017, 05:37:02 pm Operazione contro clan Lo Russo: colpo al traffico di droga a nord di Napoli
Sono 43 in tutto, i provvedimenti emessi dal Gip a carico dei soggetti ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso Di DARIO DEL PORTO e CONCHITA SANNINO 20 novembre 2017 L'organigramma delle piazze di spaccio, con i rispettivi 'capi', cassieri e vedette. I fronti del riciclaggio. La suddivisione dei traffici - droga su tutti - comune per comune, o quartiere per quartiere. L'elenco delle armi e delle munizioni. C'è il racconto della più recente vita criminale del clan Lo Russo nell'ordinanza di custodia cautelare eseguita all'alba da carabinieri e polizia. E in cui sono finiti i racconti dell'ultimo e più "mondano" pentito dei narcos napoletani: Antonio Lo Russo, rampollo del papà boss Salvatore, il "ragazzo" che amava la Costa Azzurra e le belle donne, il camorrista che giocava a Playstation con il campione del Napoli, Lavezzi. Finiscono in carcere - tra arresti e notifiche in cella - trafficanti e spacciatori dell'area a nord di Napoli: sono tutti 'assoldati a quel cartello di camorra che da decenni controlla il territorio, incassa milioni, investe in vari settori il fiume di denaro della droga. Sono 43, in tutto, i provvedimenti emessi dal Gip di Napoli a carico dei soggetti ritenuti responsabili - a vario titolo -di associazione di tipo mafioso, traffico di droga, armi da guerra e altri reati aggravati dall'art. 7 (che punisce il vantaggio dato ai clan). Camorra, blitz contro il clan Lo Russo: 43 arresti L'operazione è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia partenopea. Ad aprire l'ultimo inquietante spaccato sono state le dichiarazioni di Antonio Lo Russo, il cui pentimento si è unito a quello degli zii Mario e Carlo. "Inguaiato" dalle accuse dei parenti, pressato dalle condizioni del carcere duro, al giovane ex viveur della camorra non è toccato che seguire le loro orme: passare dalla parte della collaborazione. Identificati gli spacciatori al dettaglio di cocaina, eroina, marijuana e hashish nei quartieri di Miano, Piscinola, Marianella e Chiaiano. Sequestrato l'arsenale del clan: un mitragliatore kalashnikov, 5 fucili e 6 pistole, 3 giubbotti antiproiettile e centinaia di munizioni. © Riproduzione riservata 20 novembre 2017 Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/11/20/news/operazione_contro_clan_lo_russo_colpo_al_traffico_di_droga_a_nord_di_napoli-181588866/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P7-S1.4-T1 Titolo: CONCHITA SANNINO. Il giudice Cioffi si astiene, dopo l'inchiesta di "Repubblica" Inserito da: Arlecchino - Febbraio 02, 2018, 10:54:42 pm Il giudice Cioffi si astiene, dopo l'inchiesta di "Repubblica" lascia il processo
Dalla nostra inviata CONCHITA SANNINO 02 febbraio 2018 AVERSA. Alla fine è costretto a fare dietrofront. Lascerà quel processo. Giuseppe Cioffi, il giudice dei Cesaro nel Tribunale di Aversa-Napoli Nord, che non disdegnava di coltivare relazioni con i big di Forza Italia o partecipare a riunioni e convention pubbliche di partito, testimoniate anche da fotografie apparse sui social, ha presentato istanza di astensione dal dibattimento che vede imputati per collusioni con la camorra i fratelli del plurinquisito deputato di Fi (oggi candidato al Senato da Berlusconi), Luigi Cesaro. Una scelta diventata ineludibile, a tutela di tutti e soprattutto dell'immagine della magistratura, - oltre che dell'indipendenza e terzietà della funzione - dopo l'inchiesta di "Repubblica". "Non mi asterrò, non ricorrono i motivi", aveva continuato a replicare il giudice Cioffi, fino all'altra sera. Ma dopo che testimonianze e nuove foto avevano contraddetto le sue versioni, Cioffi, presidente di collegio nel processo dove sono imputati Raffaele e Aniello Cesaro, ha consegnato la sua istanza. Ora la valutazione passa alla presidente del Tribunale, Elisabetta Garzo, che stando alle indiscrezioni aveva auspicato questa soluzione. E che si prepara a provvedere con urgenza, in mattinata, stando a quanto risulta negli ambienti giudiziari. © Riproduzione riservata 02 febbraio 2018 Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2018/02/02/news/il_giudice_cioffi_si_astiene_dopo_l_inchiesta_di_repubblica_lascia_il_processo-187866925/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1 |