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Forum Pubblico => *U.M.D.E. NON SOLTANTO NOSTRA; E' DELL'EUROPA E DEI DEMOCRATICI NEL MONDO ("umdenken" Cambiare prospettiva). => Discussione aperta da: Admin - Settembre 13, 2025, 12:51:19 am



Titolo: Marco Maria FREDDI - IMMAGINA UNA SCIA DI SCAFI CHE TAGLIA IL MEDITERRANEO.
Inserito da: Admin - Settembre 13, 2025, 12:51:19 am
Marco Maria Freddi

IMMAGINA UNA SCIA DI SCAFI CHE TAGLIA IL MEDITERRANEO.
Vele, striscioni, lingue diverse che dicono la stessa cosa: basta assedio. La Global Sumud Flotilla, salpata il 31 agosto 2025 da Barcellona, Genova e altri porti, porta a bordo 44 Paesi, facce note e mani sconosciute. Portuali, medici, artisti, giovani che hanno deciso che guardare non basta. Se ci fosse anche un coro chiaro che urla “rilasciate tutti gli ostaggi”, sarebbe ancora più forte e ineccepibile.
Il gesto vibra di sumud, resilienza: non armi, ma corpi e navi. È la politica dei simboli che costringe il mondo a voltarsi, a vedere Gaza non come un telegiornale muto, ma come fame, ospedali al collasso e famiglie spezzate. Fin qui, rispetto.
Poi, però, servono i fatti nudi. Forzare un blocco navale non è un film e lo abbiamo già visto in passato. Dal Mavi Marmara del 2010 alle navi Madleen e Handala nel 2025, la sproporzione dei mezzi si è tradotta in abbordaggi, sequestri, espulsioni. E gli aiuti alla popolazione non arrivano. Il rischio è che l’ennesima rotta verso Gaza finisca contro lo stesso scoglio: gesto potente, impatto materiale minimo.
C’è anche l’equivoco più comodo di tutti, quello di pensare che “la legge è dalla nostra parte”. No. O meglio, dipende da quale legge e da chi la interpreta. Il mondo del diritto è spaccato e, finché lo è, ognuno brandisce il proprio parere come un lasciapassare. La verità scomoda è che una Flotilla non risolve un contenzioso giuridico di quindici anni; al massimo lo riaccende. Se la rotta è solo mare aperto, il finale è già scritto.
Arriva qui il punto che fa davvero la differenza tra simbolo e strategia: il coordinamento. Non con Hamas, Hezbollah, gli Houthi o l’Iran, che puntano alla cancellazione di Israele, né con i paesi arabi, che oggi non conducono iniziative concrete per la pace in Palestina. Se si vuole che la rottura dell’assedio non resti solo un gesto morale, bisogna agganciare l’energia della Flotilla alla paziente architettura di pace già esistente tra israeliani e palestinesi.
I nomi e i volti di queste realtà sono chiari: Combatants for Peace, Parents Circle – Families Forum (PCFF), Geneva Initiative, OneVoice Movement, Ta’ayush, Standing Together, Breaking the Silence, B’Tselem, Machsom Watch, ICAHD (Israeli Committee Against House Demolitions), Coalition of Women for Peace. Sono loro, con la fatica quotidiana, i costi personali e la coesistenza praticata ogni giorno, a trasformare le onde in ponti. Salpare senza il loro coinvolgimento significa rischiare un gesto isolato, facilmente reprimibile e difficile da tradurre in impatto reale.
La rotta alternativa è chiara, ma meno romantica. Bisogna allineare i messaggi, richiedere la fine dell’assedio e la liberazione di tutti gli ostaggi, legare ogni partenza a procedure operative verificabili come corridoi navali controllati, hub doganali terzi, ispezioni indipendenti e consegne garantite, mettere in cabina di regia le organizzazioni miste israelo-palestinesi affinché dettino tempi e obiettivi, e convertire l’epica in pressione diplomatica ripetuta nelle capitali europee.
La Flotilla è un faro e i fari servono, ma non muovono le navi. Quelle le muovono i rimorchiatori, lenti e testardi. Oggi i rimorchiatori hanno nomi precisi: le organizzazioni binazionali e israelo-palestinesi e un metodo per tenere insieme sicurezza, diritti e riconoscimento reciproco.
Senza di loro, ogni scafo che parte rischia di tornare come è partito: pieno di coraggio, vuoto di risultati.

da FB 6 settembre 2025