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Forum Pubblico => DEMOCRATURA, UNA REALTA' DA RESPINGERE, SAREMMO SUDDITI DI UN IMPERO. => Discussione aperta da: Admin - Maggio 02, 2025, 06:57:56 pm



Titolo: Come (non) è finita la storia dello striscione per il 25 aprile ad Ascoli Piceno
Inserito da: Admin - Maggio 02, 2025, 06:57:56 pm
Come (non) è finita la storia dello striscione per il 25 aprile ad Ascoli Piceno
di Elena Tebano
Il 25 aprile Lorenza Roiati, titolare del panificio «Assalto ai forni» di Ascoli Piceno, srotola sulla facciata della sua casa uno striscione con la scritta: «25 Aprile: buono come il pane, bello come l'antifascismo». Da quel momento, è stata identificata (due volte), minacciata (con striscioni di gruppi di estrema destra) e finita al centro di una polemica politica. E la storia non è finita

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A una settimana dal caso della fornaia identificata ad Ascoli Piceno per aver esposto un manifesto antifascista il giorno della Festa della Liberazione («25 aprile, buono come il pane bello come l’antifascismo») rimangono ancora molti interrogativi sulla vicenda, esplosa grazie ai video postati sui social dalla fornaia Lorenza Roiati. E che il sindaco della città Marco Fioravanti, di Fratelli d’Italia, ha cercato di derubricare a normale amministrazione, anche se normale non è. Lunedì le opposizioni (Pd, M5S, Avs e Iv) in Parlamento hanno chiesto al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di chiarire chi ha disposto i controlli e perché.

«Chi ha realmente impartito le direttive per questi "articolati servizi"? Con quale obiettivo? È accettabile che vengano impiegate risorse pubbliche per sorvegliare messaggi che celebrano l'antifascismo?» chiede uno degli autori delle interrogazioni, il deputato 5 Stelle Giorgio Fede, che parla di «una strumentalizzazione politica delle forze dell'ordine» e dice che la spiegazione del sindaco (l’identificazione è avvenuta in seguito a «una segnalazione») è stata «smentita» dai «vertici delle forze dell'ordine». Ma in realtà la segnalazione smentita «ufficialmente» riguarda uno solo dei controlli, che sono stati due, fatti da diverse forze dell’ordine. Ecco cosa sappiamo finora.

Il primo controllo della Polizia di Stato
Come mostra il video della fornaia Roiati, un primo controllo sullo striscione è stato fatto nella mattina del 25 aprile da agenti della Polizia di Stato (che dipendono dal ministero dell’Interno). Secondo la ricostruzione della Questura, si trattava di agenti in servizio su una volante, che - visto per caso il manifesto - si sono avvicinati per controllare. A quel punto Roiati si è identificata spontaneamente e ha chiesto se ci fossero problemi. I poliziotti hanno chiamato la Questura per comunicare il contenuto dello striscione e chiedere cosa fare. E la Questura - come dovrebbe essere ovvio - ha comunicato che non c’era nessun bisogno di intervenire perché lo striscione non violava alcunché. Gli agenti a quel punto non hanno né registrato ufficialmente il nome di Roiati, né fatto verbale sull’accaduto.


Il contesto dei controlli
La «solerzia» degli agenti però non si è manifestata in un momento casuale. Come è noto, il governo Meloni aveva proclamato cinque giorni di lutto nazionale per la morte di papa Francesco (invece dei tre previsti per Giovanni Paolo II), "coprendo" così anche l’80esimo anniversario della Liberazione dal regime nazifascista. E il ministro della Protezione civile Nello Musumeci aveva chiesto «sobrietà» nelle celebrazioni. Scelte che sono state viste dalle opposizioni come un modo per mettere la sordina a una festa poco amata dal partito post-fascista della premier. E che hanno indirettamente dato luogo a una serie di divieti e sanzioni inaccettabili (li ha raccontati Fabrizio Caccia). La politica funziona spesso così: non servono misure formali, perché bastano i suoi messaggi, che trovano sempre solerti interpreti. In questo contesto Roiati, nonostante le smentite delle autorità, ha percepito il controllo della polizia come un gesto di dissuasione "politico" e anche per questo ha diffuso il video dell’accaduto sui social, che è diventato virale.

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Il secondo controllo su «segnalazione»
Più tardi, quando il video di Roiati aveva iniziato ad attirare l’attenzione anche a livello nazionale, la fornaia ha ricevuto una seconda visita, questa volta dalla Polizia locale, che dipende dal Comune. La Polizia di Stato ha detto in seguito che non era stata informata del secondo controllo e che non c’entra niente. «Rivendica la paternità dello striscione?», chiede uno dei vigili in borghese che hanno identificato formalmente Roiati, come mostra il secondo video della fornaia antifascista. Gli agenti della locale non hanno spiegato il perché dell’identificazione (un «normale controllo che è stato disposto») e poco dopo se ne sono andati. Ma hanno registrato le generalità della fornaia.

Gli striscioni di minaccia a Roiati
Nella notte tra il 26 e il 27 aprile davanti al forno di Roiati sono apparsi due striscioni di minaccia: «Ai forni» e un altro che offende la proprietaria del panificio e il questore di Ascoli Piceno. Gli striscioni sono anonimi, ma hanno una sorta di firma: il carattere usato a partire dalla fine degli anni 70 da gruppi politici e associazioni di estrema destra.

La spiegazione del Comune
Solo dopo l’affissione degli striscioni di minaccia, il sindaco di Ascoli Piceno Marco Fioravanti è intervenuto con un video sui suoi social, prendendone le distanze. Ma senza mai esprimere solidarietà a Roiati. Fioravanti ha detto invece che in tutta la vicenda le «vittime» sono gli agenti della polizia locale, perché sono stati attaccati sui social per aver fatto il loro lavoro dopo aver ricevuto una «segnalazione». L’agente locale aveva parlato di «controlli disposti», ma al Corriere l’ufficio stampa del Comune ha ribadito che il secondo controllo è avvenuto dopo una «segnalazione via telefono» (spiegando di non poter dire da chi era stata fatta), che sono stati mandati vigili in borghese perché tutte le altre pattuglie erano impegnate per la vigilanza sulle celebrazioni del 25 aprile e che gli agenti sono intervenuti perché si sospettava che si trattasse di una «pubblicità abusiva». In altre parole, secondo il Comune, in un giorno in cui la Polizia locale era impegnata al completo, si è trovato il tempo per mandare tre agenti a verificare se un manifesto antifascista fosse una possibile pubblicità.

L’Ufficio stampa del Comune ha anche detto che invece non sono stati identificati gli autori dei manifesti di minaccia contro Roiati, ma che si stanno esaminando le telecamere di privati nella zona per cercare di trovarli.

La polemica sulla cena per Mussolini
Ascoli Piceno e il suo sindaco non sono nuovi alle polemiche su fascismo e antifascismo. Marco Fioravanti nel 2019 era stato duramente criticato per aver partecipato a una cena di commemorazione per la marcia su Roma, il 28 ottobre. «Sui menù della serata erano state stampate effigi del Duce e fasci littori. Nella sala campeggiavano bandiere di Fratelli d’Italia. Erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Ascoli Marco Fioravanti, il vice sindaco Silvestri, l’onorevole Acquaroli, il consigliere comunale di San Benedetto Assenti» scriveva all’epoca il Resto del Carlino. Fioravanti si era poi scusato dicendo di essere passato di lì per poco tempo e di non aver visto i menù.

Le reazioni
La vicenda di Ascoli Piceno è diventata un caso grazie alla mobilitazione sui social, che ha attirato l’attenzione dei media nazionali e della politica. Nei giorni scorsi molte persone hanno visitato il panificio in sostegno a Lorenza Roiati ed è stata indetta una manifestazione di solidarietà il 3 maggio. Tra coloro che hanno chiamato alla mobilitazione c’è anche Arianna Ciccone, fondatrice del Festival internazionale del Giornalismo di Perugia e del sito Valigia Blu, che ha scritto a Polizia e Comune per avere spiegazioni sull’accaduto (e l’ha raccontato in un post). «Quello che è successo mi ha colpito come cittadina. Sembra una cosa piccola, ma se cominciamo ad accettare tante piccole cose, poi ci troviamo con un problema mostruoso» dice. «Ho scritto alle autorità perché la mobilitazione online, per quanto importante, non poteva bastare. Come cittadini possiamo far vedere che siamo sempre pronti a difendere il diritto di espressione di tutti».


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