Titolo: DOPO PONTE NORD, L’AREA FORLANINI: LA POVERTÀ SI SPOSTA MA NON SCOMPARE ... Inserito da: Admin - Aprile 23, 2025, 12:12:15 am Marco M. Freddi
DOPO PONTE NORD, L’AREA FORLANINI: LA POVERTÀ SI SPOSTA MA NON SCOMPARE. SERVE UN PIANO UMANO E POLITICO A PARMA Lo sgombero dell’insediamento di fortuna al Ponte Nord, avvenuto diversi giorni fa, non ha risolto nulla. Ha solo spostato il problema. Lo dimostrano le nuove denunce da parte dei cittadini, commercianti e degli imprenditori della zona Forlanini, rese pubbliche da un articolo di ParmaToday. L’articolo descrive l’area dove decine di persone senza fissa dimora sono costrette a vivere tra i capannoni, in condizioni igieniche disumane, con frequenti incendi, bruciature di rifiuti, consumo e spaccio di sostanze. Si racconta che chi ha le proprie aziende in quella zona viva con paura e frustrazione, preoccupato per la sicurezza dei lavoratori, per l’igiene e per la sopravvivenza stessa delle attività. I video diffusi mostrano una realtà inquietante: una discarica a cielo aperto, carcasse di animali, materassi, rifiuti edili, plastica, degrado. Il vecchio parcheggio, ormai abbandonato, è diventato un non-luogo dove si intrecciano povertà estrema, dipendenza, fragilità e microcriminalità. Eppure, come ho scritto più volte, la narrazione emergenziale e securitaria rischia di farci dimenticare un dato essenziale: QUELLE PERSONE SONO PERSONE. Alcune di loro lavorano (regolarmente o in nero), ma non riescono ad affittare una casa perché sono straniere, nere o considerate “irregolari” grazie alla legge Bossi-Fini. Altre sono malate, vittime di fragilità psichiche o di dipendenze da alcol e droghe, spesso senza alcun tipo di presa in carico sociosanitaria. Altre ancora sono semplicemente scivolate fuori da ogni rete, in un sistema sociale sempre più fragile, dove la casa è un bene di lusso e l’assistenza sociosanitaria un labirinto di esclusione. Lo sgombero del Ponte Nord, come temevo, non è stato accompagnato da alcuna vera alternativa. In attesa del piano casa – che arriverà e che sarà dedicato solo a chi può “autodeterminarsi” – non è previsto alcun coinvolgimento del terzo settore in progetti di accoglienza per i più poveri, i più fragili che in autonomia non chiederanno mai aiuto. Questi ultimi, protagonisti della percezione di insicurezza dei cittadini, vengono soltanto allontanati, denunciati e spostati da un punto all’altro della città, senza alcuna prospettiva. È così che si alimenta il senso di insicurezza: spostando il problema senza affrontarlo. Domanda: delle trenta persone sgomberate da Ponte Nord, quante sono oggi nell’area Forlanini? Quante delle persone allontanate da Casa Verde? E quante provenienti dall’ex scalo merci di via Reggio? Chi monitora questi spostamenti? Chi prende in carico le loro storie, le loro vulnerabilità, i loro diritti in quanto persone e persone bisognose? Un altro nodo, troppo spesso ignorato, riguarda le risposte politiche. Quando i rappresentanti istituzionali vengono interpellati sul tema della crescente insicurezza urbana e sulla presenza di persone senza fissa dimora, la risposta muscolare è sempre la stessa: “sono stati allontanati”. Ma allontanati dove? La verità è che, se non finiscono in carcere – dove vengono imbottiti di psicofarmaci fino al termine della detenzione, per poi uscirne ancora più segnati – queste persone vengono semplicemente spinte nei Comuni limitrofi. E in un gioco grottesco e indegno, Parma riceve a sua volta quelle rifiutate altrove, in una spirale cinica e infinita di rimbalzi istituzionali. A meno che l’Italia non intenda introdurre la pena di morte per i poveri, colpevoli solo di essere fragili, in condizioni di salute mentale precaria o dipendenti da sostanze, è evidente che serve una risposta diversa. Una risposta seria, strutturale, umana non emergenziale. Una risposta che affermi il principio che nessuna persona, in nessuna città, dovrebbe essere trattata come un rifiuto da spostare, da rendere invisibile o da rinchiudere. Serve un progetto speciale per l’inclusione a Parma. Anche se queste persone non sono residenti in città, serve uno sforzo straordinario del Comune, della Diocesi o delle Congregazioni – nel mettere a disposizione immobili inutilizzati o sottoutilizzati per accogliere i poveri – delle associazioni o organizzazioni che vivono di finanziamenti pubblici e dell’azienda sanitaria. SERVE UN PROGETTO, DETERMINE, FONDI DEDICATI E CAPACITÀ DI AZIONE RAPIDA, PER: 1. ATTIVARE LUOGHI E PROGETTI CHE NON SIANO SEMPLICI DORMITORI O MENSE, MA SPAZI UMANI DI PRESA IN CARICO SOCIALE, MEDICA E AMMINISTRATIVA. 2. SOSTENERE LE PAURE E LE PERCEZIONI NEGATIVE DI CITTADINI, AZIENDE E COMMERCIANTI ATTRAVERSO L’ISTITUZIONE DEL “VIGILE DI QUARTIERE”: UN AGENTE MUNICIPALE FINALMENTE LIBERO DA PRIVILEGI SINDACALI, PRESENTE GIORNO E NOTTE A PIEDI NEI QUARTIERI DELLA CITTÀ, COME PRESIDIO PERMANENTE. Non si può più far finta di nulla. La povertà estrema che attraversa Parma – come tante altre città italiane e europee – è figlia di una crisi più ampia: abitativa, economica, sanitaria, relazionale e sociale. Il tempo delle soluzioni tampone, tutte importanti ma costantemente emergenziali, delle riunioni e dei tavoli per dirci quanto siamo bravi è finito. Da progressisti, socialisti, cattolici e liberali, non possiamo più permetterci che l’unica risposta siano gli sgomberi e le dichiarazioni d’intenti. SERVE UNA VISIONE POLITICA, SOCIALE E UMANA. E SERVE ORA. |