Titolo: LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE? TENETEVELA! Inserito da: Admin - Settembre 19, 2023, 06:37:40 pm Gilberto Gavioli
Il Foglio Clandestino, Aperiodico Ad Apparizione Aleatoria LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE? TENETEVELA! Il potere nelle società aperte si basa su un consenso di maggioranza. Tale consenso si basa sulla manipolazione e dipende dal controllo (e/o possesso) dei flussi di comunicazione. Tale controllo dipende a sua volta dal controllo di flussi di denaro ottenuto per mezzo di corruzione. Perciò il potere democratico nelle nostre società aperte discende per via diretta dalla corruzione. L’individuo si trova diluito nel fluido di masse enormi e ha enormi difficoltà a sentirsi significante dei processi decisionali. Al tempo stesso, la densità tecnica dei mezzi di controllo biopolitico fa sì che anche gli individui più periferici risentano minutamente delle decisioni prese al vertice. Emergono problemi teorici connessi con alcune cosiddette ‘libertà fondamentali’. Sono teorici? Sono problemi? Qualcuno inorridisce all’idea che la libertà di espressione possa essere impedita o bloccata da una legge. Io inorridisco all’idea che la libertà di espressione possa essere garantita per legge. Dico che l’espressione non è un diritto: è un dato. Non va esercitata, ma va respirata, traspirata, vissuta, come funzione spirituale, come una funzione fisica. L’espressione del pensiero è un dato e una funzione, è individuale e non sociale e non va contrattata collettivamente, certificata e quantificata perché la si possa misurare per sanzionare eventuali eccessi. Non si chiede alla clemenza o all’apertura mentale di un giudice l’applicazione di cavilli che stirino e allarghino l’estensione del dicibile fino a coprire il detto del giudicando, l’esprimibile lecito a coprire l’espressione dell’imputato, la legge insomma a ripiegarsi a schermare e comprendere e trasformare con la sua mano trascendente il ‘degenerato’ in... ‘classico’! Se si accetta oggi questo principio, domani sarà impugnato dall’altra parte per riaccorciare morso dopo morso, o con un solo colpo deciso, l’irrisoria apparenza di libertà concessa per ‘diritto-dovere’. Non ho mai trovato un soggetto che si lanciasse e gridasse allarme e denunciasse gli eccessi dell’espressione di qualcun altro, che non fosse in malafede: o fanatico, o che (e questo è il punto) non stesse in verità difendendo una posizione di potere rispetto al denunciato. Ma non sviluppo questo punto perché non mi interessa per nulla l’aspetto giuridico o di dominanze nei gruppi. Pensare così, vuol dire non scrivere né firmare appelli, non ricorrere alla corte europea ecc.: vuol dire semplicemente fare ciò che si vuole dilagando segni o derive nel campo degli infiniti linguaggi dell’espressione. Vale più (anzi, vale) un gesto minimo sino allo sconfine nell’invisibilità, autocreato, autogestito, autopermesso, in uno spazio temporaneamente occupato, inventato o virtuale sino all’interiorità, spavaldo e irridente e sfacciato, o anche riempiendo una piazza. Non si prega una morale socialmente dominante di lasciar passare per clemenza una tantum un elemento audiofotoverbale fuori parametro. Farneticante poi il ricorso all’iter periziale che sdogana il fatto perché certificato come ‘opera d’arte’! Ha ha ha! L’essere arte è certificabile! E dà il permesso di offendere la morale! Difficile dirsi se sia peggio insulto per la morale o per l’arte! Fate, facciamo, diciamo quello che volete. Senza fare male a nessuno. È non farlo, che fa male a tutti. La morale è un’invenzione dell’uomo e non una conseguenza delle cose. E poi ripeto attenzione! Non ha senso dire che l’espressione è un diritto universale. Occorre riconoscere che non tutti sentono il bisogno di esprimersi o hanno qualcosa da esprimere. Si parla di una minoranza. E l’esistenza stessa di una minoranza è qualcosa contro cui tutto l’apparato retorico dei ‘diritti’ cozza e si sganghera. È una circoscrizione minoritaria in cui tutti prima o poi possono entrare o uscire, ma in cui molti non entreranno mai. È una potenzialità, a voler dirla così. Ma chi parla di diritti sta parlando del suo bisogno di un surrogato della religione. Non essendo la libertà di espressione un fattore esterno, o sociale, cambia da individuo a individuo, e non da luogo a luogo o da epoca a epoca! C’è la stessa l.d.e. in Cina a Tehran o a Castelnuovo Bormida: è l’invariante del sistema: cambia solo la volontà di adoperarla – e il coraggio implicato. Esistono solo i guerrieri della libertà e non avvocati della libertà che non servono a niente. Se uno non ha il coraggio di scrivere su un giornale o su un blog perché teme la repressione, è un problema suo. Scriva nel chiuso di una stanza. Componga nel pensiero. Costruisca un poema nella testa e se lo porti sempre in giro. Custodisca nell’invisibilità la sua fiammella sinché non è pronto per il battesimo del fuoco. Essere perseguitato per un autore è il battesimo del fuoco. Prima della discesa dello spirito non si è né carne né pesce. Che un libro venga proibito, o un autore arrestato, o un sito venga chiuso è odioso, ma non è un problema (reale). Potrò sempre ottenere una copia e leggere: se voglio. È l’altra faccia dell’esigenza data di espressione: anche fruire posso se voglio/devo. Perché scrivere è un atto di genio fisico e concentratamente individuale. La sua dimensione sociale e collettiva è accidentale ed erronea. Se uno vuole essere veramente libero, s’inventi un alfabeto e una lingua e un cifrario, estenda la sua vera anima su segni che nessuno può comprendere. Poi alzi la testa e gridi una banalità sovversiva, e muoia ridendo nella danza di manganelli d’una polizia, totalitaria o aperta che sia. Il potere nelle società aperte si basa sulla corruzione e sulla falsa ricerca di soluzioni a falsi problemi. Qualcuno reagisce all’idea che la libertà di espressione possa essere impedita o bloccata da una legge. Io reagisco, e male, all’idea che la libertà di espressione possa essere ‘garantita’ per legge. Raffaello Bisso Raffaello Bisso Da Il Foglio Clandestino, Aperiodico Ad Apparizione Aleatoria, n. 66/67 Io da FB settembre 2023 |