LA-U dell'OLIVO

Loredana hai ragione, la morte non la si fronteggia.

Sono altre le situazioni, le forze ostili e i sentimenti biechi da fronteggiare durante la vita.

La morte la si deve ignorare, sino ad una certa età, non è lo scopo della vita è soltanto la sua fine.
Da Vecchi (per chi ha la fortuna di arrivare ad esserlo) la morte è un divenire della Vita, quella parte là in fondo che finisce.
È la vita da Vecchi che ti fa apprezzare le piccole cose che hai trascurato, il miglior vino da bere (poco) su quel piatto, il formaggio di malga che ti ha portato tua figlia e quel meraviglioso Grana non Dop che da Milano ti ha portato tuo figlio.
Il tepore di una casa che lascerai ai figli (la casa non il tepore quello sta a loro mantenerlo).
Per me che ho vissuto nel dopo guerra, un paio d’anni in un baracca, perché il nostro appartamento in affitto se lo prese un fascista, per essere vicino agli uffici del Fascio, è motivo di vittoriosa serenità.
Per me e mia moglie entrambe di sangue misto del Sud e il Padano; quello siciliano unito con il pavese e quello calabrese con l’emiliano (cioè la parte migliore d’Italia, hahahaha) la ricerca del piacere nelle cose semplici come il cibo è una bella virtù.
Ci è mancata da giovani, ma allora apprezzavamo altro, per esempio l’amicizia disinteressata, è spesso la verifica allora inconsapevole, che in una tavolata povera con poco assortimento di cibi fatti in casa, era la compagnia a tavola la ricchezza.
Per me, Vecchio dalla cultura accademica inesistente, l’essere accettato e messo nella condizione di “conoscere”, scambiando pensieri con le parole ricche della vostra cultura, è una soddisfazione e un mio ringiovanimento, del cuore e della mente, piacevole e interessante.   
Grazie.
ciaooo