Titolo: Dovrebbe sempre avere uno spazio pubblico televisivo, la poesia e non farebbe... Inserito da: Admin - Febbraio 10, 2022, 07:30:13 pm Dovrebbe sempre avere uno spazio pubblico, televisivo la poesia e non farebbe questo effetto di piuma sul cappello, di effimero prestigio momentaneo... forse
Gilberto Gavioli --- Ringraziare voglio il divino labirinto degli effetti e delle cause per la diversità delle creature che compongono questo singolare universo, per la ragione, che non cesserà di sognare un qualche disegno del labirinto, per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse, per l’amore, che ci fa vedere gli altri come li vede la divinità, per il saldo diamante e l’acqua sciolta, per l’algebra, palazzo dai precisi cristalli, per le mistiche monete di Angelus Silesius, per Schopenhauer, che forse decifrò l’universo, per lo splendore del fuoco che nessun essere umano può guardare senza uno stupore antico, per il mogano, il cedro e il sandalo, per il pane e il sale, per il mistero della rosa che prodiga colore e non lo vede, per certe vigilie e giornate del 1955, per i duri mandriani che nella pianura aizzano le bestie e l’alba, per il mattino a Montevideo, per l’arte dell’amicizia, per l’ultima giornata di Socrate, per le parole che in un crepuscolo furono dette da una croce all’altra. per quel sogno dell’Islam che abbracciò mille notti e una notte, per quell’altro sogno dell’inferno, della torre del fuoco che purifica, e delle sfere gloriose, per Swedenborg, che conversava con gli angeli per le strade di Londra, per i fiumi segreti e immemorabili che convergono in me, per la lingua che, secoli fa, parlai nella Northumbria, per la spada e Tarpa dei sassoni, per il mare, che è un deserto risplendente e una cifra di cose che non sappiamo, per la musica verbale dell’Inghilterra, per la musica verbale della Germania, per l’oro, che sfolgora nei versi, per l’epico inverno, per il nome di un libro che non ho letto: Gesta Dei per Francos per Verlaine, innocente come gli uccelli, per il prisma di cristallo e il peso d’ottone, per le strisce della tigre, per le alte torri di San Francisco e dell’isola di Manhattan per il mattino nel Texas, per quel sivigliano che stese l’Epistola Morale e il cui nome, come egli avrebbe preferito, ignoriamo, per Seneca e Lucano, di Cordova, che prima dello spagnolo scrissero tutta la letteratura spagnola, per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi, per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce, per l’odore medicinale degli eucalipti, per il linguaggio, che può simulare la sapienza, per l’oblio, che annulla o modifica il passato, per la consuetudine, che ci ripete e ci conferma come uno specchio, per il mattino, che ci procura l’illusione di un principio per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia, per il coraggio e la felicità degli altri, per la patria, sentita nei gelsomini o in una vecchia spada, per Whitman e Francesco d’Assisi, che scrissero già questa poesia, per il fatto che questa poesia è inesauribile e si confonde con la somma delle creature e non arriverà mai all’ultimo verso e cambia secondo gli uomini, per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli perché moriva così lentamente, per i minuti che precedono il sonno, per il sonno e la morte, per due tesori occulti, per gli intimi doni che non elenco, per la musica, misteriosa forma del tempo. Borges. Da Fb del 6 febbraio 2021 Titolo: Amare da soli è un miraggio, un’oasi che non disseta, ... Inserito da: Admin - Febbraio 10, 2022, 07:31:57 pm Gianni Gavioli
Amare da soli è un miraggio, un’oasi che non disseta, voler bene da soli è farsi male, un dissetarsi con acqua salata. Ma bisogna pur vivere! Su Fb del 6 febbraio 2022 Titolo: GIOVANNI PASCOLI: "'L'AQUILONE"' - da Daniele Giancane Inserito da: Admin - Febbraio 11, 2022, 10:31:24 pm Daniele Giancane ha lasciato un commento.
Daniele Giancane GIOVANNI PASCOLI: 'L'AQUILONE' .......In questo breve viaggio nella poesia per l'infanzia dei tempi che furono, non poteva certamente mancare 'L'aquilone' di Giovanni Pascoli,che ci ha fatti intenerire e immalinconire, ma la poesia-s'è detto-non è solo gioco(non basta il 'giocattolo poetico' di Gianni Rodari),è rappresentazione e cura dei sentimenti.E tra i sentimenti la nostalgia,la tristezza,il rimpianto,hanno il loro posto,la loro verità.La vita è anche questo,perchè fingere che non esistano?Che non esista il ricordo di qualcuno che non c'è più?Che non ci sia la tenerezza?Che i bambini non avvertano tutto questo?Certo è che 'L'aquilone'-passano i decenni,ma sempre ci commuove e ci intenerisce.adulti e bambini,perchè poi-davanti alla vera poesia-non esiste un 'per' l'infanzia o per gli adulti. Quell'incipit:'C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole...' e il verso 'Felice te che al vento non vedesti cader che gli aquiloni!' restano scolpiti come un monumento nella nostra memoria.Come quella mamma che pettina dolcemente, 'per non farti male', il figlio che è morto, è una figura indimenticabile. GIOVANNI PASCOLI: 'L'AQUILONE' C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico: io vivo altrove, e sento che sono intorno nate le viole. Son nate nella selva del convento dei cappuccini, tra le morte foglie che al ceppo delle quercie agita il vento. Si respira una dolce aria che scioglie le dure zolle, e visita le chiese di campagna, ch'erbose hanno le soglie: un'aria d'altro luogo e d'altro mese e d'altra vita: un'aria celestina che regga molte bianche ali sospese... sì, gli aquiloni! È questa una mattina che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera tra le siepi di rovo e d'albaspina. Le siepi erano brulle, irte; ma c'era d'autunno ancora qualche mazzo rosso di bacche, e qualche fior di primavera bianco; e sui rami nudi il pettirosso saltava, e la lucertola il capino mostrava tra le foglie aspre del fosso. Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino ventoso: ognuno manda da una balza la sua cometa per il ciel turchino. Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza, risale, prende il vento; ecco pian piano tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza. S’inalza, e ruba il filo dalla mano, come un fiore che fugga su lo stelo esile, e vada a rifiorir lontano. S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo petto del bimbo e l'avida pupilla e il viso e il cuore, porta tutto in cielo. Più su, più su: già come un punto brilla lassù lassù... Ma ecco una ventata di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla? Sono le voci della camerata mia: le conosco tutte all'improvviso, una dolce, una acuta, una velata... A uno a uno tutti vi ravviso, o miei compagni! e te, sì, che abbandoni su l'omero il pallor muto del viso. Sì: dissi sopra te l'orazïoni, e piansi: eppur, felice te che al vento non vedesti cader che gli aquiloni! Tu eri tutto bianco, io mi rammento. solo avevi del rosso nei ginocchi, per quel nostro pregar sul pavimento. Oh! te felice che chiudesti gli occhi persuaso, stringendoti sul cuore il più caro dei tuoi cari balocchi! Oh! dolcemente, so ben io, si muore la sua stringendo fanciullezza al petto, come i candidi suoi pètali un fiore ancora in boccia! O morto giovinetto, anch'io presto verrò sotto le zolle là dove dormi placido e soletto... Meglio venirci ansante, roseo, molle di sudor, come dopo una gioconda corsa di gara per salire un colle! Meglio venirci con la testa bionda, che poi che fredda giacque sul guanciale, ti pettinò cò bei capelli a onda tua madre... adagio, per non farti male. Da Fb del 11 gennaio 2021. |