LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => ESTERO fino al 18 agosto 2022. => Discussione aperta da: Admin - Agosto 22, 2020, 11:50:56 pm



Titolo: EUROPA.
Inserito da: Admin - Agosto 22, 2020, 11:50:56 pm
Ora l’Europa aiuti questa nuova rivoluzione di velluto | Rep

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Titolo: L’Europa persa nel Mediterraneo
Inserito da: Arlecchino - Agosto 27, 2020, 11:13:07 am
L’Europa persa nel Mediterraneo | Rep

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Titolo: GERMANIA.
Inserito da: Arlecchino - Agosto 31, 2020, 09:31:57 pm
Se la Germania torna potenza | Rep

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Titolo: Montenegro: elezioni parlamentari, primo il partito del presidente Djukanovic
Inserito da: Admin - Agosto 31, 2020, 11:33:40 pm
Montenegro: elezioni parlamentari, primo il partito del presidente Djukanovic | Agenzia Nova

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Titolo: CE L’ABBIAMO FATTA? BEH, SÌ (5 ANNI DI ACCOGLIENZA DEI PROFUGHI IN GERMANIA)
Inserito da: Admin - Settembre 06, 2020, 02:40:20 pm
CE L’ABBIAMO FATTA? BEH, SÌ (5 ANNI DI ACCOGLIENZA DEI PROFUGHI IN GERMANIA)

ANDREA BURZACCHINI
1 Settembre 2020
   
“Wir schaffen das!” (Ce la facciamo), dichiarò Angela Merkel nella storica conferenza stampa del 31 agosto 2015, quando in piena emergenza profughi, dopo la chiusura della rotta balcanica, annunciava l’intenzione di aprire le frontiere ed accogliere le grandi masse di persone in cerca d’asilo che si ammassavano ai confini dei Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale.

La frase è rimastica storica.
Ce la facciamo, e non, ce la faremo o possiamo farcela. Presente indicativo, prima persona plurale. Quel wir, noi, per la Cancelliera non era una falsa modestia per definire se stessa o il proprio governo, ma significava davvero tutti. Governo ed opposizione, Stato, Länder ed enti locali, corpi intermedi, organizzazioni sociali, cittadini. L’intero Paese, insomma.

Cinque anni dopo quel 31 agosto 2015, si può cercare di verificare se davvero wir es geschafft haben, se ce l’abbiamo fatta.

Prima di ogni analisi credo però sia necessario non dimenticare il dato umanitario. Centinaia di migliaia di persone, in condizioni drammatiche, molti di loro già in Europa, venivano respinte da Paesi membri dell’Unione Europea, il gruppo di Visegrad, ma non solo. Cosa sarebbe stato di queste persone, nell’inverno del 2015-2016, se non fossero state accolte in Germania? Questa domanda continua ad essere sottovalutata. Credo sia onesto dire che l’apertura delle frontiere tedesche nel settembre del 2015 ha salvato la vita a migliaia di uomini, donne, bambini.

Più complessa è l’analisi dell’intera gestione della cosiddetta emergenza profughi nei cinque anni che sono seguiti alla decisione del governo tedesco, decisione, ricordiamolo, presa non senza difficoltà e conflitti interni al governo stesso, con grandi perplessità (se non contrarietà) da parte della “destra della CDU” rappresentata dal Ministro degli Interni Thomas de Maizière e della compagine ministeriale della CSU.
Partiamo dai numeri. Già nei quattro mesi successivi alla decisione, entrano in Germania 890.000 persone in cerca di asilo; alla fine del 2016 saranno 1.100.000, all’inizio del 2020 1.800.000. Di questi circa la metà sono minorenni. I rifugiati vengono distribuiti nei sedici diversi Bundesländer secondo il cosiddetto Königsteiner Schlüssel, lo stesso algoritmo su cui si basa il federalismo fiscale: i Länder più ricchi devono gestire un numero maggiore di rifugiati, proporzionalmente alla popolazione; scelta, questa, che si rivelerà oculata, non solo per una questione di risorse, ma anche in considerazione della crescente xenofobia dei Bundesländer della ex-DDR.

Sono poi gli stessi Bundesländer a distribuire i profughi tra i diversi comuni.

È questa l’inizio della Willkommenskultur, la cultura dell’accoglienza. Perché una volta nelle città, non si tratta solo di dare ad esseri umani un tetto e un pasto caldo, ma di organizzare tutti gli aspetti della vita di persone, destinate a trattenersi nel Paese per anni, se non per sempre. Corsi di lingua e di cultura, corsi di formazione professionale, inserimento dei bambini e dei giovani nelle scuole, progetti culturali, partecipazione ad attività culturali e ricreative. Tutto questo funziona attraverso il coinvolgimento delle realtà locali, sia istituzionali che associative.
Il “pacchetto” straordinario di finanziamenti per l’emergenza, inserito nel bilancio 2016, fu di 26 miliardi, cifra simile a quella di quattro dopo per l’emergenza Covid. Diversi studi stimano tra 100.000 e  200.000 il numero di posti di lavoro creati per gestire l’accoglienza.

Allo stesso tempo, però, cresce la xenofobia. Il partito AfD, nato due anni prima come “partito contro l’Euro”, decide di focalizzare la propria politica quasi interamente contro l’accoglienza. In diverse zone della Germania (non soltanto ad est) crescono gli attacchi ai centri d’accoglienza o contro gli stessi migranti.

Dopo cinque anni gli indicatori principali testimoniano una realtà più che incoraggiante. Circa il 15% del totale dei profughi ha raggiunto il livello di tedesco B1. Nelle scuole, secondo uno studio dell’Istituto Tedesco per la Ricerca Economica, l’80% dei figli dei rifugiati si trova bene ed il 90% parla correttamente il tedesco. A gennaio 2020 sono 360.000 i rifugiati con un lavoro stabile. Molti dei 450.000 registrati all’Agenzia del Lavoro come “in cerca di lavoro” stanno seguendo corsi di formazione o di integrazione.
Numerosissimi sono i progetti culturali ed associativi, le start-up, le iniziative sociali che coinvolgono i profughi; non pochi sono gli “esempi di eccellenza”, di giovani profughi che praticano sport ad altissimo livello o che hanno fondato imprese.

Ovviamente ci sono state situazioni problematiche. Oltre ai singoli casi di microcriminalità e soprattutto, oltre ai gravissimi casi di violenza in cui è stata dimostrata la colpevolezza di rifugiati, non può essere trascurato l’impatto, anche visivo, di alcune categorie di profughi nelle città. Nonostante i comuni abbiano spesso gestito la situazione suddividendo i rifugiati in piccoli centri d’accoglienza o in appartamenti, non era raro, soprattutto nei primi due anni, il formarsi in alcuni luoghi grandi gruppi di giovani (tra i 15 e i 30 anni), di sesso maschile. Persone, non deve essere dimenticato, spesso sole, senza legami di parentela o di affetto, spesso con traumi personali, in un mondo completamente diverso da quello di origine. Questa mascolinizzazione di alcuni luoghi di ritrovo è stata una delle sfide maggiori per gli operatori sociali  – e a volte anche per le forze dell’ordine – nelle città.

Già, le città. Quali sono stati gli effetti sulle città? A Friburgo, la città in cui vivo, risiedono ora circa 5000 profughi, che rappresentano quasi il 2% dei circa 230.000 abitanti della città. Di questi oltre la metà vive in appartamenti, il che, in una città in continua crescita demografica e con un’enorme carenza di abitazioni, mostra il livello della sfida. I rimanenti vivono nei 13 diversi centri di accoglienza dei 22 che sono stati approntati nelle diverse parti della città; costruire centri di accoglienza elementari, ma di buona qualità, in quartieri diversi, possibilmente in zone della città prive di problemi sociali (nei quartieri “bene”, si può dire), è stata una delle scelte più riuscite.

Anche in questo caso i dati relativi all’integrazione sono più che soddisfacenti: più della metà degli adulti hanno un lavoro stabile; tra i cosiddetti Azubi (giovani con il contratto di apprendistato) addirittura il 10% sono rifugiati.

Anche in questo caso lo sforzo del comune è stato evidente: 50 milioni sono stati inseriti nel Bilancio del 2016 ed l’allora creato Dipartimento Migrazione ed Integrazione conta ora 170 dipendenti, oltre due terzi di questi assunti dal comune negli ultimi anni.

Infine, due narrazioni ricorrenti devono essere smentite.
La prima è una vera e propria bufala, piuttosto diffusa in Italia: la Merkel si sarebbe scelta solo i profughi di alto livello, “gli ingegneri elettronici di Damasco” (sic). A parte il fatto che non era nota una tale concentrazione di ingegneri nella capitale siriana, sono i dati a smentire la fake: i Siriani non più di un terzo dei quasi due milioni di rifugiati accolti in Germania negli ultimi cinque anni.

L’altra accusa, più sottile, diffusa anche a sinistra e nella stessa Germania, incolpa la Merkel ed il suo governo di aver favorito il rafforzarsi del partito di estrema destra AfD. Tale accusa è quantomeno strampalata: innanzitutto è già ben strano accusare un politico di avere effettuato scelte ideali, programmatiche ed umanitarie a scapito del risultato elettorale (di solito ai politici viene rimproverato l’esatto contrario); soprattutto anche in questo caso sono i numeri a smentire la critica: il successo della AfD, che si assesta tra il 10% e il 14%, è certo preoccupante, ma in altri Paesi europei, dove il numero di rifugiati accolti è di gran lunga inferiore a quello della Germania, i partiti di estrema destra e razzisti raccolgono percentuali ben superiori. Non solo nei Paesi dell’ex Europa Orientale.

Insomma, nonostante le difficoltà e i problemi, il Paese ha dimostrato che sì, ce l’abbiamo fatta.
Sarebbe interessante immaginare quale sarebbe la situazione ora in Europa, se anche altri Paesi avessero intrapreso questa strada.

TAG: Integrazione, Merkel, profughi
CAT: Germania, Integrazione

Da - https://www.glistatigenerali.com/germania_integrazione/ce-labbiamo-fatta-beh-si-5-anni-di-accoglienza-dei-profughi-in-germania/


Titolo: L’ultimo enigma dell’Europa
Inserito da: Admin - Settembre 08, 2020, 05:25:49 pm
L’ultimo enigma dell’Europa | Rep

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https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/09/07/news/europa_recovery_fund_sovranismo_politica_economica-266519818/
 


Titolo: Brexit, l'azzardo di Londra
Inserito da: Admin - Settembre 08, 2020, 05:30:50 pm
Brexit, l'azzardo di Londra | Rep

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https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/09/07/news/brexit_l_azzardo_di_londra-266521999/
 


Titolo: Procès Charlie Hebdo : Riss ne regrette pas d'avoir publié les caricatures
Inserito da: Admin - Settembre 10, 2020, 10:36:41 am
Procès Charlie Hebdo : Riss ne regrette pas d'avoir publié les caricatures

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https://www.france24.com/fr/20200909-proc%C3%A8s-charlie-hebdo-riss-ne-regrette-pas-d-avoir-publi%C3%A9-les-caricatures
 


Titolo: Al processo per l'attentato a "Charlie Hebdo", le parole dei sopravvissuti e...
Inserito da: Admin - Settembre 10, 2020, 11:32:43 am
Al processo per l'attentato a "Charlie Hebdo", le parole dei sopravvissuti e il peso dei morti

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https://www.lemonde.fr/societe/article/2020/09/09/au-proces-des-attentats-de-janvier-2015-les-mots-des-survivants-remplis-de-morts_6051480_3224.html
 


Titolo: La mossa olandese per far saltare il Recovery Plan
Inserito da: Admin - Settembre 10, 2020, 05:42:30 pm
La mossa olandese per far saltare il Recovery Plan | L&#039;HuffPost

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Article:
https://www.huffingtonpost.it/entry/la-mossa-olandese-per-far-saltare-il-recovery-plan_it_5f59f68ac5b62874bc18e119?ncid=other_email_o63gt2jcad4&utm_campaign=share_email

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Titolo: Humans exploiting and destroying nature on unprecedented scale – report
Inserito da: Admin - Settembre 10, 2020, 05:51:11 pm
Humans exploiting and destroying nature on unprecedented scale – report | Environment | The Guardian

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https://www.theguardian.com/environment/2020/sep/10/humans-exploiting-and-destroying-nature-on-unprecedented-scale-report-aoe
 


Titolo: La Germania sta riprogettando il Reno, il fiume più importante d'Europa
Inserito da: Admin - Settembre 10, 2020, 07:04:04 pm
La Germania sta riprogettando il Reno, il fiume più importante d'Europa - Bloomberg

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https://www.bloomberg.com/news/features/2020-09-06/germany-is-re-engineering-the-rhine-europe-s-most-important-river


Titolo: Slovacchia, sentenza shock sull'omicidio del giornalista Kuciak: assolto il ...
Inserito da: Arlecchino - Settembre 11, 2020, 11:42:57 am
Slovacchia, sentenza shock sull'omicidio del giornalista Kuciak: assolto il mandante – euractiv.it

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Arlecchino Euristico

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Slovacchia, sentenza shock sull'omicidio del giornalista Kuciak: assolto il mandante – euractiv.it –

https://euractiv.it/section/diritti/news/slovacchia-sentenza-shock-sullomicidio-del-giornalista-kuciak-assolto-il-mandante/

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Titolo: Bulgaria: le proteste dopo due mesi diventano violente ma non interessano i ...
Inserito da: Arlecchino - Settembre 11, 2020, 11:44:48 am
Bulgaria : le proteste dopo due mesi diventano violente ma non interessano i media internazionali – euractiv.it

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Bulgaria : le proteste dopo due mesi diventano violente ma non interessano i media internazionali – euractiv.it –

https://euractiv.it/section/politica/news/bulgaria-le-proteste-dopo-due-mesi-diventano-violente-ma-non-interessano-i-media-internazionali/

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Titolo: L'Europa che non pensa più
Inserito da: Admin - Settembre 11, 2020, 09:53:36 pm

L'Europa che non pensa più | Rep

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https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/09/10/news/l_europa_che_non_pensa_piu_-266878328/
 


Titolo: Londra, Amal Clooney non sarà più inviata del governo: "Non rispetta i ...
Inserito da: Admin - Settembre 19, 2020, 06:25:06 pm
Londra, Amal Clooney non sarà più inviata del governo: "Non rispetta i trattati internazionali" - La Repubblica

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https://www.repubblica.it/esteri/2020/09/18/news/londra_amal_clooney_non_sara_piu_inviata_del_governo_non_rispetta_i_trattati_internazionali_-267770135/
 


Titolo: Il piano von der Leyen: “Obbligo di distribuire tutti i migranti salvati
Inserito da: Admin - Settembre 21, 2020, 11:19:29 am

Il piano von der Leyen: “Obbligo di distribuire tutti i migranti salvati” | Rep

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https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/09/19/news/patto_ue_sui_migranti_quote_obbligatorie_per_tutti_i_paesi-267887516/

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Titolo: Spagna, resisterà il governo Sánchez-Iglesias alla tormenta del Covid?
Inserito da: Arlecchino - Settembre 22, 2020, 08:00:45 pm

Spagna, resisterà il governo Sánchez-Iglesias alla tormenta del Covid?

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19:05 (54 minuti fa)
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http://temi.repubblica.it/micromega-online/spagna-resistera-il-governo-sanchez-iglesias-alla-tormenta-del-covid/#.X2ouyqglQfA.gmail


Titolo: Stirati: “L’Europa non è cambiata: il ritorno dell’austerità renderà inutile...
Inserito da: Arlecchino - Settembre 22, 2020, 08:54:47 pm

Stirati: “L’Europa non è cambiata: il ritorno dell’austerità renderà inutile il recovery fund”

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
19:04 (1 ora fa)
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http://temi.repubblica.it/micromega-online/stirati-europa-non-e-cambiata-il-ritorno-dell-austerita-rendera-inutile-il-recovery-fund/#.X2ououGLbR4.gmail


Titolo: El público del Teatro Real fuerza la suspensión de una función por la falta de..
Inserito da: Arlecchino - Settembre 22, 2020, 09:18:20 pm
El público del Teatro Real fuerza la suspensión de una función por la falta de distancia social

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
lun 21 set, 09:15 (1 giorno fa)
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https://elpais.com/cultura/2020-09-20/el-publico-del-teatro-real-fuerza-la-suspension-de-una-funcion-por-la-falta-de-distancia-social.html?prm
 


Titolo: La provocazione su temi religiosi, ... non è stupida è criminale.
Inserito da: Admin - Settembre 26, 2020, 11:28:03 am
Il ritorno della paura nel cuore di Parigi

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
09:42 (1 ora fa)
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Due persone accoltellate nella stessa strada dove nel 2015 avvenne l'attacco contro Charlie Hebdo: il giornale satirico nel frattempo ha cambiato sede. Ad essere coinvolti due dipendenti di una società di produzione che ha sede di fronte all'edificio dove avvenne la strage. Furono i loro colleghi cinque anni fa a filmare alcune fasi dell'attacco: immagini che fecero il giro del mondo. Arrestati un 18nne di origini pachistane, pregiudicato per reati comuni, e un franco-algerino

https://www.repubblica.it/esteri/2020/09/25/news/attentato_strada_charlie_hebdo_parigi-268503337/
 


Titolo: Spagna - Battaglia contro un altro saccheggio di Franco dopo Meirás
Inserito da: Admin - Settembre 26, 2020, 12:24:40 pm
Battaglia contro un altro saccheggio di Franco dopo Meirás | Spagna | PAESE

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
mer 23 set, 08:28 (3 giorni fa)
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https://elpais.com/espana/2020-09-22/batalla-contra-otro-expolio-de-franco-despues-de-meiras.html
 


Titolo: Migranti, la Ue si accontenta
Inserito da: Admin - Settembre 27, 2020, 03:56:41 pm

Migranti, la Ue si accontenta | Rep

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Arlecchino Euristico
sab 26 set, 12:05 (1 giorno fa)
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https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/09/23/news/migranti_la_ue_si_accontenta-268319754/

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Titolo: Amendola: “Recovery Fund a rischio per i veti incrociati tra gli Stati, la ...
Inserito da: Admin - Settembre 29, 2020, 10:57:08 pm
Amendola: “Recovery Fund a rischio per i veti incrociati tra gli Stati, la Germania trovi una mediazione” | Rep

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08:36 (14 ore fa)
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https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/09/28/news/amendola_recovery_fund_a_rischio_per_i_veti_incrociati_tra_stati_la_germania_trovi_una_mediazione_-268836548/


Titolo: Ue, il Recovery ad ostacoli
Inserito da: Admin - Settembre 29, 2020, 10:58:16 pm

Ue, il Recovery ad ostacoli | Rep

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08:36 (14 ore fa)
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https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/09/28/news/ue_il_recovery_ad_ostacoli-268834500/


Titolo: Shared from BBC News
Inserito da: Admin - Ottobre 03, 2020, 07:53:09 pm
Shared from BBC News

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gio 1 ott, 08:31 (2 giorni fa)
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https://www.bbc.com/news/health-54355673
 


Titolo: Covid - L'angoscia di Merkel nell'anniversario dell'unità
Inserito da: Arlecchino - Ottobre 04, 2020, 12:09:42 am
Covid - L'angoscia di Merkel nell'anniversario dell'unità

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Rep: | Bertolt: Cronache da Berlino <rep@repubblica.it>
sab 3 ott, 20:17 (3 ore fa)
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 Bertolt di Tonia Mastrobuoni
3 ottobre 2020

Cara abbonata, caro abbonato

"MASKENMUEDE", STANCHI DA MASCHERINA

 
“Sappiamo che oggi dobbiamo essere di nuovo coraggiosi. Coraggiosi nell'affrontare nuove strade di fronte a una pandemia. Coraggiosi di fronte alle differenze tuttora esistenti fra est e ovest. Coraggiosi per promuovere sempre di nuovo la tenuta della nostra società e lavorare per questo obiettivo”. Prima della cerimonia ufficiale a Potsdam per i 30 anni della Riunificazione tedesca, Angela Merkel ha mandato un messaggio forte ai suoi concittadini. Non tanto sul tema eterno delle divisioni tra est e ovest: da giorni la cancelliera è preoccupata per il rischio che la Germania sia travolta da una seconda ondata di coronavirus.

 
Nelle ultime 24 ore sono saliti a 2563 i nuovi infetti, e la Germania sta così per sfondare quota 300mila contagi dall’inizio della pandemia. I morti, per fortuna, continuano a essere pochi: 9527, diciannove in più rispetto a ieri. E il ritmo, in realtà, è analogo a quello che si registra in Italia. Insomma, è molto meno preoccupante che in altri Paesi. Ma negli ultimi giorni indiscrezioni stampa hanno raccontato che Merkel sarebbe angosciata dalla possibilità che si torni al ritmo galoppante della scorsa primavera.

 
L’ansia della cancelliera è facilmente spiegabile. Il governo vuole evitare a tutti i costi di tornare alle severe restrizioni dei mesi più acuti della pandemia. Inoltre, tra i tedeschi si sta diffondendo una certa “Maskenmuedigkeit”, una “stanchezza da mascherina”. Ormai neanche un tedesco su due si attiene alle regole di distanziamento (45%), appena il 39% si lava le mani come dovrebbe e poco più della metà (58%) evita la stretta di mano, i baci o gli abbracci, secondo un sondaggio dell’Hamburg Center for Health Economics.

 

MERKEL TESA  

Negli ultimi giorni la cancelliera ha fatto parlare di sé anche per un intervento teso al Bundestag: “Dobbiamo parlarci”, ha detto ai tedeschi. E’ comprensibile, ha proseguito, che ci manchi la vicinanza delle persone, il contatto, lo stare insieme: “lo sento anche io”, ha scandito dinanzi ai parlamentari. Ma, ha aggiunto, “adesso rischiamo di mettere a repentaglio tutto ciò che abbiamo raggiunto in questi mesi”. L’aumento dei focolai in tutto il Paese l’aveva già indotta nei giorni precedenti a lanciare l’allarme su fantomatici, possibili picchi da 19.200 casi al giorno che si potrebbero raggiungere nei mesi invernali.

 
Insieme ai governatori dei land, il governo ha deciso di recente che “l’obbligo della mascherina in certi luoghi pubblici continua a valere e sarà controllato rigorosamente e sanzionato, nel caso di violazione, dalle autorità”. Chi darà informazioni anagrafiche sbagliate nei ristoranti o nei bar dove vengono registrate obbligatoriamente, rischia una multa di almeno 50 euro. Al livello regionale potranno essere decisi anche “divieti locali di servire bevande alcoliche”. I governatori potranno stabilire inoltre limiti massimi per le feste private. Se ci fossero ad esempio più di 35 infezioni ogni 100mla abitanti, le feste con più di 50 persone potrebbero essere vietate.


Intanto Merkel sembra tradire anche fisicamente la sua ansia, come dimostra il suo mini balzo all’indietro per evitare un possibile approccio eccessivamente caloroso di Giuseppe Conte durante l’ultimo Consiglio europeo. Il nostro premier, affatto scoraggiato, si è scambiato poi virili gomitate con gli altri colleghi primi ministri.


GERMANIA EUROPEA O EUROPA GERMANICA?
A proposito della Riunificazione tedesca, abbiamo provato a spiegare cosa manca ancora alla Germania per diventare “europea” e non egemonizzante, come sognava Thomas Mann. Sull’argomento ci avevano detto cose molto importanti, in due recenti interviste, il presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier e il direttore della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Wolfgang Ischinger.

 
Il NOIR DELLA RIUNIFICAZIONE
E intanto su Netflix è uscita una serie clamorosa che racconta il cambio d’umore repentino dopo la Riunificazione attraverso uno dei grandi misteri irrisolti di quegli anni: il caso Rohwedder. Il capo della Treuhand, la holding-monstre che inglobò l’intera industria della ex DDR per privatizzare, sanare o chiudere, fu assassinato nel 1991. Ad oggi non è chiaro chi sia stato il mandante di quella micidiale esecuzione.

 
Ma prima dei licenziamenti di massa e della logica predatoria con cui molti devastarono l'Est che incupirono il clima attorno alla Riunificazione e spensero l'euforia del "momento più felice della storia tedesca" come ce lo raccontò Wolfgang Schaeuble, un interessante articolo ci ricorda quanto fosse stato enorme il consenso dopo la caduta del Muro di Berlino intorno all’idea di una fusione tra le due Germanie.


L'OBLIO DELLE VITTIME

L’ultimo consiglio di lettura, in questa giornata di festa per tutti i tedeschi, è il meraviglioso articolo di Ines Geipel apparso nei giorni scorsi sulla Faz. L’anno scorso intervistammo questa donna formidabile dalla voce profonda, dal sorriso nervoso e dagli occhi malinconici a Berlino, in occasione del trentennale della caduta del Muro. Campionessa di atletica, si macchiò di una colpa imperdonabile, per i bonzi della Germania est. Si innamorò di un atleta messicano e sognò di scappare. La Stasi lo capì, cominciò a perseguitarla (la tecnica ufficiale dei famigerati servizi segreti si chiamava “distruzione delle anime”) e ingaggiò un medico che la convinse a operarsi di una malattia che non aveva. Durante l’operazione, i macellai della Stasi le tagliarono di netto gli addominali, mettendo fine alla sua formidabile carriera. Lei riuscì comunque a scappare a ovest, e ha dedicato la sua vita alle vittime del doping e alla ferocia del regime comunista. Ancora oggi, se volete sapere chi polverizzò nel 1982 il record mondiale della staffetta 4 x 100, risultano tre nomi e una stellina. Che ha chiesto di farsi sostituire da un segno anonimo perché dopata. Quel record drogato, per lei, fu un record rubato. Una mosca bianca.

 
Buona settimana e, come dicono i tedeschi, bleibt gesund!

Tonia Mastrobuoni

t.mastrobuoni@repubblica.it



Titolo: "L'Europa non ha né le istituzioni, né il modus operandi, né la mentalità di ...
Inserito da: Admin - Ottobre 04, 2020, 10:05:19 pm
"L'Europa non ha né le istituzioni, né il modus operandi, né la mentalità di un poliziotto del mondo"

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
gio 1 ott, 08:38 (3 giorni fa)
a me

https://www.lemonde.fr/idees/article/2020/09/30/la-peur-du-gendarme-dit-on-est-le-commencement-de-la-sagesse-mais-l-europe-ne-fait-pas-peur_6054143_3232.html
 


Titolo: Le Monde à lire L’hydrogène eldorado de la politique énergétique française
Inserito da: Admin - Ottobre 04, 2020, 10:22:58 pm
Le Monde - à lire : L’hydrogène, nouvel eldorado de la politique énergétique française
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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
mar 29 set, 09:38 (5 giorni fa)
a me

L’hydrogène, nouvel eldorado de la politique énergétique française
 

DECRITTAZIONE Disprezzato poco tempo fa, questo gas è ora presentato come un pilastro della reindustrializzazione e della ripresa in Francia. La sua principale risorsa: decarbonizzare industria e trasporti. Ma le domande rimangono.

https://www.lemonde.fr/economie/article/2020/09/27/l-hydrogene-nouvel-eldorado_6053802_3234.html
 


Titolo: Dopo 30 anni ecco cosa resta della Germania
Inserito da: Admin - Ottobre 05, 2020, 07:22:28 pm
Dopo 30 anni ecco cosa resta della Germania | Rep

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
08:03 (11 ore fa)
a me

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/10/04/news/germania_3_ottobre_1990_30_anni_riunificazione_tedesca_angela_merkel_europa-269458121/
 


Titolo: FRANCIA Cinque agenti di polizia di Rouen, membri di un gruppo WhatsApp razzista
Inserito da: Admin - Ottobre 05, 2020, 07:35:38 pm
Cinque agenti di polizia di Rouen, membri di un gruppo WhatsApp razzista, sono stati licenziati | Mediapart

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
08:11 (11 ore fa)
a me

https://www.mediapart.fr/journal/france/031020/cinq-policiers-de-rouen-membres-d-un-groupe-whatsapp-raciste-ont-ete-revoques?onglet=full&ref=nl-rep-a-bgr
 


Titolo: Madrid, capitale della confusione
Inserito da: Admin - Ottobre 05, 2020, 07:36:40 pm
Madrid, capitale della confusione | Società | PAESE

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
08:10 (11 ore fa)
a me

https://elpais.com/sociedad/2020-10-03/madrid-capital-de-la-confusion.html
 


Titolo: Les propositions de Macron pour un islam « libéré des influences étrangères »
Inserito da: Admin - Ottobre 05, 2020, 07:41:12 pm
Le Monde - à lire : Mosquées, imams… Les propositions de Macron pour un islam « libéré des influences étrangères »

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Arlecchino Euristico
dom 4 ott, 21:42 (21 ore fa)
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Mosquées, imams… Les propositions de Macron pour un islam « libéré des influences étrangères »

 Par <font style="vertical-align: inherit;"><font style="vertical-align: inherit;">Cécile Chambraud</font></font> - Le Monde


Il Capo dello Stato intende stabilizzare il governo delle moschee e formare in Francia gli imam "che difendono un Islam pienamente compatibile con i valori della Repubblica".

https://www.lemonde.fr/societe/article/2020/10/03/mosquees-imams-les-propositions-de-macron-pour-un-islam-libere-des-influences-etrangeres_6054621_3224.html

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Titolo: Ungheria, la Ue boccia la riforma anti-Soros di Orbán
Inserito da: Admin - Ottobre 07, 2020, 05:18:18 pm
Ungheria, la Ue boccia la riforma anti-Soros di Orbán

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Arlecchino Euristico
16:40 (35 minuti fa)
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La Corte europea di giustizia ha dichiarato illegale il complesso di leggi che regola l´attività delle università straniere nel Paese

https://www.repubblica.it/esteri/2020/10/06/news/ungheria_bocciata_la_riforma_universaitaria_di_orban-269634999/

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Titolo: GERMANIA, sono 319 gli estremisti di destra nelle forze di sicurezza.
Inserito da: Admin - Ottobre 07, 2020, 06:38:03 pm
Germania, sono 319 gli estremisti di destra nelle forze di sicurezza

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Arlecchino Euristico
11:29 (7 ore fa)
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Il ministro dell'Interno Horst Seehofer presenta il primo rapporto nazionale sull'emergenza

https://www.repubblica.it/esteri/2020/10/06/news/germania_estremismo_di_destra_negli_apparati_di_sicurezza-269661528/

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Titolo: Siamo ancora a Dublino
Inserito da: Admin - Ottobre 08, 2020, 12:32:57 pm
Siamo ancora a Dublino | Rep

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Arlecchino Euristico
sab 3 ott, 11:43 (5 giorni fa)
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https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/10/02/news/siamo_ancora_a_dublino-269262788/

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Titolo: UK planning to use nets to stop migrant boats in Channel
Inserito da: Admin - Ottobre 12, 2020, 04:54:09 pm
UK planning to use nets to stop migrant boats in Channel

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
09:12 (7 ore fa)
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https://www.independent.co.uk/news/uk/home-news/channel-crossing-migrant-nets-boats-asylum-seekers-border-force-b958984.html
 


Titolo: Scotland's whisky islands are dealing with a major Covid hangover
Inserito da: Admin - Ottobre 14, 2020, 08:20:11 am
Scotland's whisky islands are dealing with a major Covid hangover

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
dom 11 ott, 16:58 (3 giorni fa)
a me

https://edition.cnn.com/travel/article/scotland-whisky-islands-covid/index.html
 


Titolo: Le décolleté de la première ministre de Finlande, la polémique et les « doubles
Inserito da: Admin - Ottobre 14, 2020, 01:05:29 pm
Le Monde - à lire : Le décolleté de la première ministre de Finlande, la polémique et les « doubles standards »

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
09:23 (3 ore fa)
a me

Le décolleté de la première ministre de Finlande, la polémique et les « doubles standards »
Par <font style="vertical-align: inherit;"><font style="vertical-align: inherit;">Anne-Françoise Hivert</font></font> - Le Monde

Accusate di "fare le modelle", nel pieno della crisi del Covid-19, Sanna Marin, e centinaia di donne, hanno denunciato la "misoginia" della critica.

https://www.lemonde.fr/international/article/2020/10/13/en-finlande-polemique-sur-le-decollete-de-la-premiere-ministre_6055871_3210.html
 


Titolo: Sassoli: “Una proposta Merkel per trovare subito l’accordo sul Recovery fund.
Inserito da: Admin - Ottobre 14, 2020, 05:33:13 pm
Sassoli: “Una proposta Merkel per trovare subito l’accordo sul Recovery fund. Ma non si barattano i diritti” | Rep

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
dom 11 ott, 16:50 (3 giorni fa)
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https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/10/10/news/sassoli_una_proposta_merkel_per_trovare_subito_l_accordo_ma_non_si_barattano_i_diritti_-270159250/
 


Titolo: Le Monde - à lire : Un site préhistorique de Néandertal mis au jour sur les ...
Inserito da: Admin - Ottobre 25, 2020, 07:08:29 pm
Le Monde - à lire : Un site préhistorique de Néandertal mis au jour sur les rives de la Seine, une première près de Paris depuis le XIXe siècle

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
ven 16 ott, 10:44 (9 giorni fa)
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Un site préhistorique de Néandertal mis au jour sur les rives de la Seine, une première près de Paris depuis le XIXe siècle
<font style="vertical-align: inherit;"><font style="vertical-align: inherit;">Le Monde con AFP </font></font> - Le Monde

I primi scavi che hanno rivelato l'esistenza della tecnica di taglio della pietra nota come "metodo Levallois" risalgono alla pianificazione della Parigi haussmanniana, tra il 1860 e il 1870.

https://www.lemonde.fr/sciences/article/2020/10/15/un-site-prehistorique-de-neandertal-mis-au-jour-sur-les-rives-de-la-seine-une-premiere-pres-de-paris-depuis-le-xixe-siecle_6056189_1650684.html
 


Titolo: La pazienza di Merkel è finita, un altro colpo alla Lingua tertii imperii e ...
Inserito da: Arlecchino - Dicembre 06, 2020, 06:18:26 pm
La pazienza di Merkel è finita, un altro colpo alla Lingua tertii imperii e l'Austria agli austriaci

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CULTURA e notizie

Rep: | Bertolt: Cronache da Berlino
sab 5 dic, 19:22 (22 ore fa)
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Rep: Bertolt di Tonia Mastrobuoni
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Rep: Bertolt di Tonia Mastrobuoni
5 dicembre 2020


La pazienza di Merkel è finita

Si avvicina un Consiglio europeo difficile: il 10 e l’11 dicembre i leader europei cercheranno di risolvere il nodo del Recovery Fund e del Bilancio europeo, paralizzati dal veto di Ungheria e Polonia, finora irremovibili sulla questione della clausola dello stato di diritto. E questa settimana la pazienza di Angela Merkel, raccontano fonti vicine al dossier, è arrivata al limite. La cancelliera non ha alcuna intenzione di chiudere l’anno e il semestre di presidenza tedesca dell’Ue con un fiasco.

Una delle ipotesi in campo per superare l’impasse con il duo Orban-Morawiecki, avanzata apertamente anche dalla Commissione Ue, è quella di andare avanti a 25, negoziando un trattato a parte o ricorrendo alla cooperazione rafforzata per aggirare il "niet" dei riottosi dell’Est. Ungheria e Polonia ne uscirebbero male perché, saltando il Bilancio, l’Ue andrebbe all’esercizio provvisorio. E Budapest e Varsavia, beneficiari di generosi fondi europei, sarebbero costrette a fare a meno di montagne di soldi.

Ne abbiamo scritto per primi insieme ad Alberto D’Argenio, anche perché la partita del Fondo per la ricostruzione si incrocia con quella della permanenza del partito di Orban, Fidesz, nei Popolari europei. Il punto, in fondo, è che a causa della pandemia, la Germania non è riuscita a chiudere alcuni dossier su cui aveva previsto di fare sostanziosi progressi. Il semestre tedesco si conclude senza passi in avanti sul diritto d’asilo, sull’accordo sugli investimenti sulla Cina e con una grande incognita sulla Brexit. Colpa del virus. Ma a questo punto un eventuale fallimento sul Recovery è intollerabile, per Berlino.

Falcone e Borsellino, giudici dimenticati
Un ristorante di Francoforte appende alle pareti una gigantografia di Falcone e Borsellino e una di Marlon Brando nel “Padrino”. Maria Falcone, comprensibilmente, denuncia l’osceno accostamento dei due giudici barbaramente assassinati da Cosa Nostra e il capomafia del film di Francis Ford Coppola. Ma un giudice ignorante sentenzia che il ristorante ha ragione perché tanto in Germania nessuno sa chi siano Falcone e Borsellino. Eroi locali, secondo il giudice tedesco, mediamente ignoti agli avventori del locale. Un verdetto che la dice lunga non tanto sull’ignoranza del magistrato, quanto sul modo in cui è trattato il crimine organizzato in Germania: come il guaio di una minoranza, e non come un cancro che ormai permea la società tedesca.

Qui ho ricordato un po’ di dati e di fatti accaduti dopo l’evento che avrebbe dovuto aprire per sempre gli occhi alla Germania: il massacro di Duisburg. Una notte di agosto del 2007, Giovanni Strangio, membro dell’omonimo clan della 'ndrangheta, ammazzò davanti alla pizzeria “Da Bruno” sei membri della famiglia rivale. Al più tardi con quel barbarico omicidio di sangue, i tedeschi avrebbero dovuto capire che non solo la 'ndrangheta, ma la camorra e la mafia hanno varcato la frontiera dell’Italia da decenni. Il crimine organizzato infesta la società tedesca, fa affari con i ristoranti, l’immobiliare, il commercio, e opera in un paese che è un paradiso per il riciclaggio e non ha neanche leggi adatte, sufficientemente affilate, per contrastarlo.

Lingua tertii imperii
In Germania c’è da sempre una grande attenzione per la lingua. Perché dal geniale filologo Victor Klemperer, i tedeschi hanno imparato che i suffissi, le figure retoriche più ricorrenti, le espressioni ossessive, veicolano idee, modificano la realtà, creano consenso. E durante il nazismo, la lingua divenne un’arma micidiale per avvelenare la società. La “soluzione finale” resta ad oggi il più agghiacciante eufemismo della storia umana.
Ma una cosa che pochi tedeschi sanno è che il loro attuale alfabeto fonetico risale al 1934: il Reich non poteva consentire ai tedeschi di fare lo spelling con “S come Samuel” o “Z come Zacharias”. Cancellò il vecchio codice di Weimar, troppo ebreo per i feroci antisemiti hilteriani, e lo riadattò all’ideologia del regime. Finalmente sarà cancellato.

Riponete gli sci in soffitta
Anche l’Austria, alla fine, ha ceduto. Dopo le dichiarazioni tonitruanti del cancelliere Sebastian Kurz e della ministra del Turismo Elisabeth Koestinger, quasi offesi per la richiesta di Italia e Germania di tenere chiusi gli impianti a Natale e Capodanno, Vienna ha introdotto regole talmente stringenti che sarà quasi impossibile sciare in Tirolo o nelle altre regioni austriache: quarantena obbligatoria di dieci giorni (con possibilità di fare il tampone soltanto dopo il quinto), e alberghi chiusi. Vale la pena appena di ricordare che proprio Ischgl, come vi avevamo già raccontato la settimana scorsa, divenne a marzo uno degli hot spot più pericolosi d'Europa.

Il cigno nero
Due anni fa Chloé Lopes Gomes era arrivata a Berlino strafelice di aver superato le severissime selezioni per diventare una ballerina dello Staatsballett. Era la prima ballerina nera del prestigioso corpo di ballo dei tre teatri d’opera della capitale. L’intendente, lo svedese Johannes Öhman, aveva annunciato la fine della prassi di incipriare le ballerine per “Il lago dei cigni”. Ma la maestra di ballo di Chloé cominciò dal primo giorno a prenderla di mira con battute razziste e insistette perché lei si tingesse di bianco le braccia e il viso, per il famoso balletto di Ciaikovskij. A fine stagione, la ballerina di origini capoverdiane e algerine dovrà lasciare lo Staatsballett: il contratto non le è stato rinnovato. Per razzismo.

La Spd e le élite, i Verdi e la guerra
Abbiamo già dato. E’ stata questa, in sostanza, la risposta che Norbert Walter-Borjans, leader della Spd, ha fornito al dibattito avviato sul nostro giornale sul significato della vittoria di Joe Biden per la missione centrista dei progressisti. Se la ricerca del “centro” vuol dire favorire le élite e tagliare fuori le ali estreme, com’è avvenuto in passato anche in Germania, Walter-Borjans pensa che sia sbagliato. In questa intervista esclusiva, il leader della Spd mi ha anche detto cosa può significare Biden per l’Europa e la Germania, dopo il disastro della presidenza Trump, e perché Olaf Scholz è un buon candidato per la cancelleria.
A proposito di sinistra, sulla Sueddeutsche Zeitung è apparsa questa settimana un’intervista importante alla leader dei Verdi, Annalena Baerbock. Gli ambientalisti hanno ottime probabilità di andare al governo, dopo le elezioni del 2021, come junior partner della Cdu/Csu. E il partito di massa più pacifista d’Europa si interroga già oggi, in un mondo sempre più permeato da tensioni geopolitiche e caratterizzato dalle palesi ambizioni espansionistiche della Cina, sulla traiettoria da intraprendere sul tema cruciale della difesa.
Baerbock rompe non pochi tabù, in questo colloquio con il quotidiano tedesco. Parla della necessità che si investa di più nel riarmo - “i fucili devono essere in gradi di funzionare” - risponde positivamente alla richiesta di Emmanuel Macron di rafforzare la sovranità europea nella difesa e di aumentare l’impegno della Germania nelle missioni all’estero - “non ci possiamo sottrarre” - e seppellisce anche la regola statutaria del suo partito che rifiuta missioni militari senza l’egida dell’Onu: “Un genocidio non può essere ignorato dalla comunità internazionale (…) Il diritto di veto (all’Onu) non può neutralizzare il diritto internazionale”. Un’intervista da leggere da cima a fondo.


Buona settimana e, come dicono i tedeschi, bleibt gesund!

Tonia

 

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Titolo: Polonia, governo e opposizione alla guerra dei media
Inserito da: Admin - Dicembre 12, 2020, 08:27:58 pm
Polonia, governo e opposizione alla guerra dei media

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
19:11 (1 ora fa)
a me

Il gigante petrolifero Pkn Orlen compra l'editore Polska Press, uno dei maggiori gruppi editoriali del Paese: per la società civile è un tent…

https://www.repubblica.it/esteri/2020/12/11/news/polonia_il_gigante_dell_energia_compra_tutti_i_giornali_locali_l_opposizione_tentativo_di_polonizzare_i_media_-277994178/
 


Titolo: Brexit, col no deal gli inglesi rischiano di mangiare ancora peggio
Inserito da: Admin - Dicembre 15, 2020, 03:51:00 pm
Brexit, col no deal gli inglesi rischiano di mangiare ancora peggio | L&#039;HuffPost

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
07:56 (7 ore fa)
a me

Article:

https://www.huffingtonpost.it/entry/cibo-meno-fresco-e-piu-costoso-per-i-britannici-il-no-deal-e-anche-un-problema-alimentare_it_5fd75df8c5b690d5d305b93a?ncid=other_email_o63gt2jcad4&utm_campaign=share_email
 


Titolo: Ai francesi ho detto che Al Sisi è complice dei killer di Regeni
Inserito da: Admin - Dicembre 15, 2020, 03:54:51 pm
Ai francesi ho detto che Al Sisi è complice dei killer di Regeni | Rep

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
07:40 (8 ore fa)
a me

https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/12/14/news/ai_francesi_ho_detto_che_al_sisi_e_complice_dei_killer_di_regeni-278386317/
 


Titolo: Polonia, nel Paese di Papa Wojtyla i giovani voltano le spalle alla Chiesa
Inserito da: Admin - Gennaio 02, 2021, 06:44:56 pm
Polonia, nel Paese di Papa Wojtyla i giovani voltano le spalle alla Chiesa

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
10:02 (8 ore fa)
a me

Solo il 9 per cento dice di avere fiducia nella gerarchia cattolica.
Il partito di sinistra polacco Wiosna (Primavera) ha aperto uffici e siti che aiutano chi …

https://www.repubblica.it/esteri/2021/01/02/news/polonia_cresce_la_distanza_tra_i_giovani_e_la_chiesa_in_dieci_anni_aumento_delle_richieste_di_apostasia-280762530/
 


Titolo: Anaïs Ginori - Mentre a Roma Beppe Grillo citava l'esempio francese per il ...
Inserito da: Admin - Febbraio 12, 2021, 05:41:37 pm
Anaïs Ginori  -  12 febbraio 2020

Buongiorno da Parigi,

Mentre a Roma Beppe Grillo citava l'esempio francese per il nuovo ministero della Transizione ecologica, a Parigi Barbara Pompili - titolare del dicastero - presentava il pacchetto "Clima e resilienza", testo cardine sulla transizione ecologica composto di 69 articoli.
Le Ong considerano che il governo è ancora troppo timoroso nella svolta verde, e molte associazioni chiedono da tempo che il dicastero dell’Agricoltura finisca dentro il maxi-ministero per poter lavorare meglio ad esempio sul bando di pesticidi.

Quando è nato, nel 2017, si chiamava “Ministero della Transizione ecologica e solidale”, come aveva chiesto l'attivista Nicolas Hulot prima di accettare di guidarlo. Non solo Ambiente, ma anche Energia, Infrastrutture, Trasporti, Edilizia. L'avventura da ministro del bretone simbolo di tante battaglie ecologiche è durata poco. Un anno dopo, Hulot se n'è andato in polemica con Macron, sostenendo che il peso delle lobby era troppo forte per varare misure coraggiose.
Con ben quattro ministri in poco più di tre anni di vita politica, il maxi-ministero ha una storia tormentata ma continua a essere un punto di forza del governo francese soprattutto adesso che la sfida green è al centro del Recovery Plan. E' nella cabina di regia che, con il responsabile dell'Economia Bruno Le Maire, gestisce il piano di rilancio approvato quest'estate: 100 miliardi di euro, di cui 30 miliardi per decarbonizzare i settori dell'economia che emettono più gas a effetto serra, tra cui 11,5 miliardi per lo sviluppo di trasporti meno inquinanti e 6,7 miliardi per la ristrutturazione ecologica degli immobili.


Pompili ha anche annunciato nelle ultime ore la rinuncia al progetto di allargamento dell'aeroporto Roissy Charles de Gaulle: faraonico progetto con un costo previsto tra i 7 e i 9 miliardi di euro che avrebbe dato allo scalo parigino una capacità supplementare pari a 40 milioni di passeggeri.

Non ho l'età
La Francia sta cambiando. Il paese della rivoluzione sessuale e del Sessantotto ha finalmente deciso di introdurre nel codice penale un età del consenso che sarà fissata a 15 anni. “E' la società ci chiede di farlo” ha spiegato il ministro della Giustizia, Éric Dupond-Moretti. E' l'effetto delle denunce di violenze sessuali su minorenni e di incesto che si moltiplicano.
Un movimento inedito diventato ancora più forte e variegato del MeToo americano. Secondo la nuova legge un adulto che farà violenza o abuserà sessualmente di una persona di meno di 15 anni potrà essere condannato fino a 20 anni di carcere senza che la vittima debba dimostrare che non era consenziente. Già nel 2018 il governo aveva provato a fare la riforma ma si era dovuto fermare per il rischio di incostituzionalità sollevato dal Consiglio di Stato. La normativa è stata adesso rilavorata da giuristi per non subire intoppi.

Terremoto a Sciences Po
Un altro effetto del libro di Camille Kouchner sono le dimissioni di Frédéric Mion, direttore della prestigiosa università parigina Sciences Po. Nel libro “La familia grande” Kouchner racconta gli abusi sul fratello gemello, avvenuti negli anni Ottanta, quando il ragazzo aveva 13 anni, da parte del loro patrigno Olivier Duhamel.
Secondo l'avvocata e autrice della denuncia, le accuse di incesto che pesavano su Duhamel erano note da tempo a molte persone nell'entourage della famiglia e negli ambienti di Sciences Po. Mion aveva prima negato di aver saputo qualcosa, ma poi è stato contraddetto dall'ex ministra Aurélie Filippetti con la quale ne aveva parlato. Ora si apre la difficile successione in una delle più famose fabbriche dell'élite francese.

La guerra dell'acqua
E' guerra totale sul progetto del gigante francese dell’acqua e dei rifiuti. Il gruppo Veolia ha annunciato un'Opa ostile sul suo diretto concorrente Suez, di cui è già primo azionista con il 29,9%. Da mesi la società guidata da Antoine Frérot cerca di portare a termine l'aggregazione per creare quello che ha definito “campione mondiale della trasformazione ecologica”.
Sulla carta poteva essere una buona notizia per la Francia, e invece il progetto è fortemente osteggiato dal management di Suez e da una parte dei sindacati che negli ultimi giorni hanno comprato pagine di giornali per pubblicare comunicati durissimi contro Veolia rappresentato come un immenso Pinocchio. Lo stesso governo, inizialmente favorevole, ha cambiato idea e chiede una soluzione amichevole. E ora nessuno è in grado di prevedere come andrà a finire.

Elogio della lettura
“Leggete, staccatevi dagli schermi”. L'accorato appello non viene dal solito editore o intellettuale preoccupato per il crollo della lettura tra i giovani. E' Bruno Le Maire, ministro francese dell’Economia, che si è lanciato in un'appassionata difesa della cultura letteraria in un mondo in cui le nuove generazioni passano spesso più tempo davanti al telefono o al computer che dentro a un libro. “Gli schermi vi divorano, la lettura vi nutre. Gli schermi vi svuotano, i libri vi riempiono. Fa tutta la differenza” dice Le Maire nel suo discorso rivolto ai giovani ripreso in un video.

Luci da Parigi torna venerdì prossimo. Mi potete mandare messaggi e segnalazioni sulla mia email (a.ginori@repubblica.it).
Buon weekend.
Anaïs Ginori


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Titolo: Il patto Draghi-Macron
Inserito da: Admin - Marzo 06, 2021, 07:48:52 pm
Il patto Draghi-Macron

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Rep: | Luci da Parigi
ven 5 mar, 19:49 (23 ore fa)
a me


Rep: Luci da Parigi di Anais Ginori
 
5 marzo 2020

 

Buongiorno da Parigi,

la corsa del Covid continua a preoccupare il governo. Il 60% dei nuovi contagi è ormai composta da varianti, ma “per adesso non c'è la crescita esponenziale che temevamo” dice il premier Jean Castex. La curva si attesta su un livello alto, in una forchetta tra 20 e 30mila nuovi contagi al giorno, un tasso di positività al 7% e un tasso di incidenza medio a 22.

Le autorità francesi hanno varato il lockdown nei weekend ora anche nel Pas-de-Calais, dopo averlo già dichiarato nelle province di Nizza e Dunkerque. I dipartimenti sotto “sorveglianza rafforzata” sono aumentati a 23 (con l'ingresso Hautes-Alpes, Aisne e Aube) ma tra questi ci sono piccoli segni di speranza. In Mosella e nelle Bouches-du-Rhône, infatti, è cominciata una diminuzione dei casi. Qui sotto l'ultimo bollettino di giovedì e la curva su due mesi.

 
Il calo dei ricoveri di anziani

Il dato più incoraggiante è la diminuzione dei ricoveri in ospedale di pazienti con più di 85 anni: un calo del 17,5% nelle ultime settimane, grazie all'effetto della campagna di vaccinazione. “La Francia è il primo paese in Europa per la vaccinazione delle persone più vulnerabili” dice Castex, dato contestato da alcuni ma è indubbio che da gennaio il governo ha scelto di dare una netta priorità ai più anziani. Negli Ephad, l'equivalente delle nostre Rsa, la percentuale dei vaccinati è pari all'85%.

Al livello totale, il numero delle persone che hanno ricevuto almeno una dose è di 3,2 milioni di persone (di cui 1,7 milioni con due dosi). Entro metà aprile il governo conta di aver vaccinato 10 milioni di persone, 20 milioni a maggio e 30 milioni entro l'estate. Anche se sono dati che sfigurano rispetto allo sprint dei britannici, la Francia ha accelerato, tanto che il portavoce del governo ha promesso che a metà aprile si potrà cominciare a pensare ad allentare le restrizioni e “ritrovare una certa normalità”.

L'altro punto della strategia francese confermato è la tutela dell'istruzione in presenza. Dopo le due settimane di vacanze d'inverno le scuole hanno riaperto anche nella Capitale. Secondo uno studio Unesco, la Francia è uno dei paesi dove bambini e ragazzi hanno perso meno lezioni in presenza: 41 giorni contro 93 dell'Italia.

 
Il patto Draghi-Macron

Gli sherpa sono al lavoro per invitare Mario Draghi nella capitale francese. Emmanuel Macron vorrebbe essere il primo leader europeo a incontrare di persona il nuovo premier italiano, suggellando così l’intesa con Super Mario. Niente di ancora definito, la crisi del Covid che torna a mordere da un lato e l’altro della Alpi rende tutto complicato. Ma proprio per questo c’è una sensazione di urgenza.

Draghi deve correre per la stesura del Recovery Plan, mentre Macron si è portato avanti e potrebbe offrire preziosi consigli. Draghi ha una solida "french connection" che risale a quando fu candidato dalla Francia alla Bce. Il Presidente era allora Nicolas Sarkozy. È presto per parlare di asse Roma-Parigi, ma una cosa è già chiara: la coppia Draghi-Macron guiderà l’Europa nella transizione post-Merkel.
 

La battaglia di Sarkò

“Sono innocente, combatterò fino alla fine”. Così Sarkozy commenta la condanna a 3 anni (di cui due con la condizionale) per corruzione di magistrato e traffico di infuenze. Sarkozy ha fatto appello, quindi la pena è sospesa, ma intanto il 17 marzo lo aspetta un nuovo processo.

"È un doppio shock, per la politica francese nel suo insieme e per la destra in particolare" commenta il politologo Pascal Perrineau, convinto però che l'ex leader della destra "non sia politicamente morto".

Non ci poteva essere momento migliore, o peggiore. A poche ore dalla sentenza di condanna di Sarkozy, con l’ex ministro che va in tv per denunciare l'“accanimento” dei giudici, il Guardasigilli Eric Dupond-Moretti lancia una riforma della Giustizia in cui tra l’altro vengono messi nuovi paletti per intercettazioni e indagini segretate. Nel mirino c'è anche il ruolo del Parquet Nationale Financier (Pnf), la Superprocura creata dal governo di sinistra nel 2013, che ha scoperchiato molti scandali politici e considerata dalla destra come un covo di "toghe rosse". Lo stesso Guardasigilli si è scagliato contro il Pnf.


Turbolenze per il caccia del futuro
 
Non decolla il faraonico progetto per il sistema integrato del caccia del futuro battezzato da Emmanuel Macron e Angela Merkel. Proprio nei giorni in cui l'autonomia strategica dell'Europa viene invocata dai leader nel Consiglio Europeo di Bruxelles, viaggia in mezzo a turbolenze uno dei simboli della cooperazione militare franco-tedesca, inserita nel trattato bilaterale di Aix-la-Chapelle due anni fa. Anche se è un cantiere di lungo periodo, proiettato nel 2045, i lavori preliminari procedono a rilento. Il progetto, che vale oltre 100 miliardi di euro, finora non ha neppure un nome condiviso. I tedeschi usano l'acronimo inglese Fcas (Future Combat Air System), i francesi parlano invece di Scaf (Système de combat aerien du futur).

Intanto i negoziati diplomatici sull'Iran passano anche da una scuola parigina. Nell'istituto internazionale del quindicesimo arrondissement Jeannine Manuel hanno studiato sia il nuovo Segretario di Stato Anthony Blinken, che l'inviato speciale Robert Malley, entrambi diplomati nel 1980. Il dato biografico potrebbe sembrare marginale se non fosse che i contatti tra Washington e Parigi sono sempre più intensi, facilitati anche da una french connection.


Il nuovo Medio Oriente

"La combinazione tra pandemia e crollo del petrolio ha provocato un cataclisma in Medio Oriente". Il 2020 è stato un anno di svolta nella regione più tormentata del pianeta come racconta l'intellettuale Gilles Kepel nel nuovo saggio "Il Profeta e la pandemia" appena pubblicato da Gallimard e in corso di traduzione da Feltrinelli. Rispetto al suo precedente libro, "Uscire dal caos", nel quale tornava su mezzo secolo di storia della regione, Kepel firma adesso quasi un instant book, presentando la cronologia degli eventi del 2020 - dagli Accordi di Abramo alle nuove tensioni nel Mediterraneo - in una documentata analisi e una vasta cartografia. Docente all'École Normale Supérieure e all'università italiana di Lugano, Kepel è ormai un punto di riferimento fisso nel dibattito francese sull'Islam.


L'ultimo strillone

L'ultimo strillone di Parigi va in pensione. Alì Akbar, il pachistano che da 40 anni vendeva Le Monde e altri giornali nelle strade del quartiere latino, abbandona il suo storico lavoro. I suoi finti titoli sensazionalistici e presunti scoop urlati nelle strade facevano parte del folklore di Saint-Germain-des-Prés, dove Alì appariva sempre verso ora di pranzo con le copie fresche del quotidiano della sera.

La crisi del Covid ha aggravato le difficoltà dello strillone che senza café e ristoranti ha perso gran parte della sua clientela. Alì ha dovuto rassegnarsi ad abbandonare il suo lavoro che ha sempre considerato come una "vocazione". Grazie a una colletta in Rete è riuscito a ricomprarsi un piccolo chiosco davanti ai giardini del Luxembourg. Potrà vendere a famiglie e turisti (quando torneranno) bibite e gelati. Ma non è detto che sul bancone non ci sia anche qualche copia di giornale.

Luci da Parigi torna venerdì prossimo. Mi potete mandare messaggi e segnalazioni sulla mia email (a.ginori@repubblica.it).

Buon weekend.

Anaïs Ginori

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Titolo: 30anni dopo la sua festosa abolizione la cortina di ferro torna a surriscaldarsi
Inserito da: Admin - Aprile 19, 2021, 11:37:23 pm
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Care abbonate e cari abbonati,

"Trent’anni dopo la sua festosa abolizione, la cortina di ferro torna a surriscaldarsi.

Solo, molto più a Est di quanto fosse durante la Guerra fredda. Ben dentro quel che era all’epoca territorio sovietico. Epicentro: Ucraina orientale.
Quando nel 1994 gli ultimi soldati dell’Armata Rossa lasciarono Berlino, pochi immaginavano che la Nato avrebbe non solo integrato gli ex satelliti di Mosca ma ampi e strategici spazi già sovietici, quali Estonia, Lettonia, Lituania. E meno ancora si concepiva il cambio di campo di Kiev dal mondo russo a quello occidentale. O che le avanguardie russe sul fianco Sud della Nato si sarebbero installate a Sebastopoli, 1717 chilometri a oriente di Berlino Est.
È precisamente qui, fra Crimea e Donbas – visti da Mosca quali ultimi ridotti di contenimento dell’avanzata occidentale – che russi e ucraini stanno mostrando i muscoli, assemblando truppe, lanciando minacce.
Oltre a decine di migliaia di uomini a ridosso della frontiera ucraina, Putin ha financo esibito a Voronezh lanciatori per missili Iskander, capaci di scaricare una bomba atomica tattica a oltre 500 chilometri di distanza. A protezione degli ucraini, che ovviamente non avrebbero scampo in un solitario scontro diretto con i russi, Washington sta inviando mezzi navali e aerei nella regione del Mar Nero, oltre a supportare le truppe di Kiev.
 Due cacciatorpediniere Usa si faranno vedere non lontano da Sebastopoli in questi giorni. Approccio simile adottano i russi con i ribelli del Donbass, che dopo sette anni di guerra “a bassa intensità” (gergo ingannevole: sono censite 14 mila vittime) non intendono lasciare il campo all’esercito regolare ucraino.
Nessuna delle parti in causa dichiara di volere la guerra aperta, ed è probabilmente sincera. Ma si ostenta pronta a reagire facendo fuoco e fiamme in caso di aggressione altrui. Uno schema che nella storia ha già preceduto infinite volte lo scoppio delle ostilità, fosse solo per accidente..."

#IdeaLimes di oggi è l'editoriale di Lucio Caracciolo sul rischio di una nuova guerra in Ucraina.

Buona lettura
Niccolò Locatelli
Coordinatore di Limesonline

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Titolo: "E' l'Alleanza più forte della storia", Draghi rilancia sulla Nato
Inserito da: Admin - Giugno 17, 2021, 03:50:00 pm
"E' l'Alleanza più forte della storia", Draghi rilancia sulla Nato

Posta in arrivo

Arlecchino Euristico
15 giu 2021, 12:49 (2 giorni fa)
a me

Serrata l'agenda di missioni in ambito Ue del presidente del Consiglio -

https://www.agi.it/politica/news/2021-06-14/draghi-vertice-nato-alleanza-forte-storia-12915264/

Inviato da Posta per Windows 10

 



Titolo: Lucio Caracciolo: “Il dramma di una guerra senza senso”. Cinzia Sciuto ...
Inserito da: Admin - Ottobre 03, 2021, 06:25:44 pm
Lucio Caracciolo: “Il dramma di una guerra senza senso”

A distanza di vent’anni dall’attacco alle Torri gemelle il direttore di “Limes” sottolinea l’insensatezza della “guerra al terrorismo”. E sull’esercito unico europeo commenta: “Un’idea che non sta in piedi”.

Cinzia Sciuto 9 Settembre 2021

L’11 settembre di venti anni fa molti di noi, scioccati davanti alla tv, hanno pensato “niente sarà più come prima”. Neanche un mese dopo gli Stati Uniti lanciavano la loro offensiva contro il regime dei talebani in Afghanistan, dove si nascondevano alcuni degli esponenti di al-Qaida, l’organizzazione terroristica islamica individuata come responsabile degli attentati alle Torri Gemelle. Venti anni dopo, al governo dell’Afghanistan ci sono di nuovo i talebani. La sensazione che questi vent’anni non siano serviti a nulla è forte. Che cosa abbiamo fatto, o forse è meglio dire: cosa non abbiamo fatto in questi 20 anni in Afghanistan?
Inizierei tornando indietro all’alba di quell’11 settembre 2001, qualche ora prima dell’attentato. In quel momento gli Stati Uniti d’America erano l’unica superpotenza al mondo, senza rivali, convinti di essere sul tetto del mondo. Si sentivano in una condizione di serenità rispetto a possibili aggressioni. Un’ora dopo cambia tutto, ed è uno shock terrificante. Non solo per l’evento in sé, ma soprattutto perché quell’evento ha innescato una sensazione di panico fino ad allora sconosciuta negli Usa: nei giorni successivi, nei mesi successivi gli americani hanno vissuto con la paura quotidiana di nuovi attacchi, magari anche con delle armi chimiche, biologiche o addirittura nucleari. C’era un’atmosfera di tregenda. È stato quello shock, da cui gli americani si sono solo parzialmente ripresi, a condurli a quella che loro chiamano la “war on terror”, la guerra al terrore, al terrorismo. Che è una guerra priva di logica, priva di strategia. Le guerre si fanno per fare la pace in condizioni più vantaggiose di quando le si sono cominciate. Non si può fare una guerra a un metodo bellico come il terrorismo (metodo che, detto per inciso, è utilizzabile da chiunque, compresi gli Stati Uniti, a seconda delle necessità). In realtà la guerra al terrorismo aveva un sottotesto: era in parte pensata e comunque percepita come guerra all’Islam. Tanto è vero che Bush in uno dei suoi primi discorsi parlò addirittura di “crociata”, per poi mordersi la lingua. Questo è un tema che risale fino ai tempi della nascita dell’Islam e che ci porteremo appresso per sempre. Ossia questa idea che la nostra condizione di occidentali sia anche per certi aspetti definita in chiave anti-islamica. Più specificamente, in questi vent’anni gli americani si sono trovati impegnati in campagne prive di senso strategico, prima in Afghanistan poi in Iraq poi in altri interventi – penso per esempio alla Libia, caso particolarmente significativo per noi – in cui hanno perso moltissimi uomini, e hanno ammazzato moltissimi uomini. Prendendo solo il caso afghano, ufficialmente gli americani hanno avuto più di 7mila caduti. Parlo di soldati regolari, perché poi c’erano anche i cosiddetti contractors, le cui cifre non le avremo mai precisamente. Ma il dato sconvolgente è che ci sono stati più di 30.000 caduti per suicidio al rientro: oltre quattro volte di più di coloro che sono morti sul campo. Si tratta di soldati che non riuscivano a trovare un senso per quello che stavano facendo. E questo vale anche per noi italiani che abbiamo avuto 54 morti e più di 700 feriti. È difficile trovare un senso a quello che abbiamo fatto ed è questo il vero dramma di una guerra che a mio avviso continuerà in maniera sottile, subliminale ancora per molto.
Un segnale del fatto che questa guerra non è affatto finita è arrivato il 27 agosto: subito dopo l’attacco all’aeroporto di Kabul da parte di Isis K c’è stata la reazione americana, con un drone che ha ucciso anche diversi bambini. È questo il modo migliore per combattere il terrorismo? Non abbiamo imparato nulla?
Biden ha risposto a quella che lui ha percepito come una richiesta profonda della società americana, la richiesta di vendetta. La stessa che veniva dopo l’11 settembre, in quel caso ancora più profonda naturalmente vista la spettacolarità dell’attacco. Gli americani sono un popolo piuttosto violento ed era impensabile che di fronte a un attacco come quello dell’11 settembre facessero finta di nulla. Certo, razionalmente quello che andava fatto non era certo una guerra, ma rispondere con delle operazioni di intelligence e di polizia internazionale andando a prendere i mandanti e gli esecutori di quella strage, invece di prendersela con gli afghani la cui unica colpa era quella di ospitare sul proprio territorio terroristi di al-Qaida, che in realtà i talebani avrebbero voluto cacciare. I membri di al-Qaida erano in gran parte sauditi e pachistani. Il problema è che gli Stati Uniti ovviamente non potevano fare la guerra all’Arabia Saudita e al Pakistan, due Paesi fondamentali dal punto di vista americano in quell’area, e quindi hanno ripiegato sulla soluzione apparentemente più facile: andare in un paese praticamente inesistente dal punto di vista militare, fare una grande operazione, per poi tornarsene a casa. Invece sono rimasti molto più del previsto e in questo una responsabilità ce l’abbiamo anche noi perché sono stati gli alleati europei a un certo punto, per farsi notare dagli americani e far capire che esistono anche loro, ad andare sul terreno rivoltando quella che a quel punto poteva essere tranquillamente una missione conclusa, in una missione direi coloniale, cioè di redenzione di un popolo per portarlo verso standard occidentali. Quanto di ipocrisia e quanto di buona volontà ci sia stato in questo non lo so, ma certamente è stato uno dei motivi per cui gli americani sono rimasti lì 20 anni.
Dopo il ritorno dei talebani si discute se e quanto siano cambiati: lei come la vede?
Qualcosa in vent’anni ovviamente è cambiato, sono successe molte cose, tra cui il contatto tra l’Afghanistan e il resto del mondo, anche se certo si è trattato di un contatto limitato perché quando parliamo di Afghanistan parliamo essenzialmente di Kabul, mentre il grosso della popolazione sparsa per questo grande Paese vive in condizioni molto peggiori rispetto a chi vive nella capitale. Una delle cose che certamente è cambiata è che il nuovo governo afghano, in cui ci sono clamorosi terroristi come il ministro dell’Interno Sirajuddin Haqqani, è costretto a ostentare un volto più moderato, e forse anche a praticarlo, semplicemente perché ha bisogno degli aiuti internazionali per poter tirare avanti. Quando si passa dalla condizione di guerrigliero terrorista alla condizione di ministro qualcosa cambia per forza.
Adesso che i talebani hanno annunciato anche la presa del Panshir pare non ci sia più nessuna resistenza nel Paese. Possiamo parlare di una situazione interna stabile?
In un Paese che di fatto non esiste e in cui gruppi etnici, culturali e politici si contrappongono da sempre l’uno all’altro è impossibile immaginare una pacificazione totale. L’Afghanistan ha sempre funzionato e continuerà a funzionare con una sorta di sindaco di Kabul che fa il presidente della Repubblica e il capo del governo e i vari signori del territorio, o meglio della guerra, o meglio ancora dell’oppio, che controllano singoli territori e se li contengono. Il problema è se questa competizione fra signori della guerra può essere tenuta sotto un certo livello di violenza oppure no. Attualmente non vedo all’orizzonte una guerra civile come quella che scoppiò dopo il primo avvento dei talebani. Forme di violenza e di guerriglia saranno inevitabili in un Paese così armato come l’Afghanistan (armato dagli americani che gli hanno mollato gran parte degli armamenti), ma non penso che saranno tali da destabilizzare questo molto peculiare ordine che si è venuto a creare.
Vent’anni fa i talebani sono stati attaccati perché in qualche modo protettori di al-Qaida. Oggi in che rapporti stanno con l’organizzazione fondata da Osama bin Laden?
In verità i talebani non sono mai stati in ottimi rapporti con al-Qaida, anche quando andarono al governo per la prima volta nel 1996. La consideravano un pericolo perché, a differenza loro che sono interessati unicamente all’Afghanistan (o meglio ai territori afgani, perché l’Afghanistan non esiste), al-Qaida era ed è interessata al resto del mondo per sovvertirlo. Dobbiamo tenere a mente che non esiste un fondamentalismo islamico tout court. Esistono diversi modi di interpretarlo e questi modi sono tendenzialmente conflittuali visto che il mondo islamico è percorso da una quantità di conflitti, di tensioni quando non di vere e proprie guerre che coinvolgono islamici di una tendenza o di un’altra. Qualcuno legge queste tensioni soprattutto in chiave di contrapposizione fra sunniti e sciiti, ma anche questa è una semplificazione. Insomma l’Islam come soggetto unitario non è mai esistito nemmeno gli esordi, figuriamoci oggi che non è più tempo di califfi.
Se alcune delle frange del fondamentalismo islamico hanno mire universali, quanto è concreta la minaccia per l’Europa e l’Occidente?
Le strutture deputate al controllo e alla repressione del terrorismo fanno abbastanza bene il loro mestiere. L’opinione pubblica, finché non viene colpita e impaurita da attentati, tutto sommato anche. Il problema è che ora la questione del terrorismo islamico si connette, anche per iniziativa di certi gruppi politici e culturali, a quella migratoria. Per cui il problema non è più tanto percepito come la paura di un attentato quanto nei termini di “questi ci invadono”, “ci rubano casa”, “vengono a imporre la loro legge a casa nostra” e questo può diventare un motivo serio non tanto di scontro fra “loro” e “noi” quanto di disgregazione del tessuto sociale e istituzionale dentro i nostri paesi. Il presidente Macron parla di separatismo, intendendo il fatto che in Francia esistono dei territori molto importanti e molto vasti – basti pensare alla città di Marsiglia o a certe periferie di Parigi neanche tanto lontane dal centro – che sono di fatto insediamenti di popolazioni mal radicate nel territorio francese che vivono autosegregate, e in parte anche segregate, rispetto al resto della nazione. Di fronte a questo problema Macron ha bisogno di apparire come uomo forte per guadagnare popolarità in un’opinione pubblica che è molto scossa e anche molto “reattiva”. Io temo però che si tratti di una questione che non può essere risolta con un atteggiamento da campagna elettorale o con semplici dichiarazioni, ma solo attraverso una capacità di filtrare e gestire i flussi migratori, che per Paesi in declino demografico sono in parte inevitabili e in parte però superiori al necessario, ma che in ogni caso non possono avvenire in modo caotico e incontrollato. Questa è un’operazione innanzitutto culturale che dovrebbe investire le nostre società fin dalla scuola per poi risalire fino alle strutture di governo, di intelligence e di sicurezza. Perché o ci abituiamo a convivere con questa realtà migratoria e a gestirla per quanto possibile oppure fenomeni di guerra civile a bassa intensità, che sono già individuabili, potrebbero diventare pericolosi. Non tanto in termini di “guerre di religione” quanto piuttosto di sfaldamento delle nostre società.
In un’intervista al Corriere della Sera il sottosegretario ai Servizi Segreti e alla Sicurezza Franco Gabrielli alla domanda se pensa che ci saranno nuove guerre risponde: “Non sono auspicabili perché è vero che la democrazia non si esporta con la forza. Tuttavia negare che i diritti e le libertà si possano difendere anche con la forza significherebbe rinnegare l’aiuto ricevuto dagli eserciti alleati nella guerra di Liberazione da cui è nata la nostra Repubblica”. Le sembra sensato questo richiamo alla guerra di Liberazione dell’Italia dal regime nazifascista?
Penso che sia un modo per dire che non possiamo semplicemente dichiarare la pace eterna, che dobbiamo essere pronti a qualunque situazione, e tanto più deve esserlo un signore che fa il mestiere di Gabrielli. Non si tratta certo di un incitamento ad armarsi e scendere in campo, ma semplicemente di un invito a essere consapevoli del fatto che la pace non è un regalo eterno, ma è qualcosa che deve essere preservato. Il fatto che noi italiani ormai, per fortuna, da almeno tre generazioni siamo emancipati da questo rischio ci induce a pensare che la pace sia un bene eterno o comunque assicurato almeno per le nostre vite e quelle dei nostri figli. Ma non è così, quindi questo richiamo mi pare pertinente.
In questi giorni si parla molto di un esercito europeo unico. Da un lato c’è chi lo ritiene un elemento di forza dell’Europa, dall’altro invece chi pensa che paradossalmente un interlocutore unico sarebbe più subalterno agli Stati Uniti di quanto lo siano i diversi Stati con i propri interessi nazionali. Cosa ne pensa?
Facciamo l’ipotesi che domani il Consiglio europeo decida di formare un esercito unico e quindi mette insieme 27 eserciti. A parte che sarebbe interessante capire in che lingua parlerebbero i soldati fra loro, ma mettiamo che ci sia da fare una guerra contro la Russia. Siamo sicuri che un baltico o un polacco la vivrebbe come un italiano o un tedesco o un francese? Per fare invece un esempio non astratto ma reale, se in Libia fosse andato un esercito europeo avrebbe ricevuto ordini completamente diversi a seconda che fosse stato comandato da un italiano, da un francese o da un danese. Insomma, quella dell’esercito unico è un’ipotesi che non sta in piedi perché manca il soggetto politico. Si possono formare delle bande mercenarie, ma non un esercito vero e proprio se non c’è un potere politico che lo legittima, lo comanda, lo autorizza: se non sei uno Stato non puoi avere un esercito. E attualmente non vedo questa possibilità all’orizzonte. Per definizione questa organizzazione che è l’Unione europea non ha dei limiti, siamo partiti in 6 e, senza neanche capire bene secondo quali criteri, siamo diventati 27: difficile immaginare che una realtà del genere possa darsi una struttura statuale. Un esercito europeo si potrebbe fare dopo aver fatto la terza guerra mondiale e aver stabilito chi comanda in Europa, cosa naturalmente che nessuno auspica. Altrimenti non vedo come si possano spontaneamente tenere insieme culture, interessi, punti di vista, popoli così diversi come quelli europei. Quello che invece è perfettamente possibile è che, preservando la propria quota di sovranità e i propri interessi, alcuni paesi si mettano d’accordo, anche con un certo grado di integrazione fra le rispettive forze armate, per fare delle missioni insieme. Ben sapendo comunque che in ultima analisi la loro capacità operativa, almeno per i prossimi dieci o vent’anni, è strettamente legata alla disponibilità americana a sostenerli.


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Da - https://www.micromega.net/11-settembre-2001-terrorismo-intervista-lucio-caracciolo/


Titolo: David Carretta. - Ma un blog è sempre molto persoanle.
Inserito da: Admin - Ottobre 25, 2021, 02:59:08 pm

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di venerdì 22 ottobre,
realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

In quello che probabilmente è il suo ultimo Consiglio europeo, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, è riuscita ad evitare una resa dei conti sullo stato di diritto con la Polonia, frenando l'azione della Commissione di Ursula von der Leyen nonostante la richiesta esplicita del premier olandese, Mark Rutte, di non dare il via libera al piano di Recovery di Varsavia. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha tratto la conclusione che "il dialogo politico deve continuare per trovare soluzioni", ha spiegato una fonte dell'Ue. Anche se una maggioranza di leader ha espresso sostegno alla Commissione, dal Vertice non è arrivato un mandato esplicito a von der Leyen per aprire procedure di infrazioni, attivare il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto, aggiornare la procedura dell'articolo 7 del trattato o bloccare i fondi del Recovery fund per la Polonia. In fondo è stata una delle molte caratteristiche dei sedici anni di regno di Merkel sull'Ue: “Kick the can down the road”. Rinviare all'infinito un problema, anche se è un problema esistenziale come lo Stato di diritto.

Il dibattito tra i capi di stato e di governo sulla sentenza del Tribunale costituzionale polacco che ha dichiarato incostituzionali due articoli del trattato è durato un paio d'ore. Il primo a prendere la parola è stato il premier polacco, Mateusz Morawiecki, che ha sostanzialmente ribadito quanto detto martedì al Parlamento europeo: la Polonia rispetta lo stato di diritto, la Corte di giustizia dell'Ue è uscita dalle sue competenze, c'è un attacco contro Varsavia per ragioni politiche. Morawiecki ha trovato solo due alleati: il premier ungherese, Viktor Orbán, e quello sloveno, Janez Jansa.

"La Polonia è il migliore paese in Europa", ha detto Orbán, secondo il quale "non c'è alcuna necessità di avere sanzioni. E' ridicolo". Jansa si è lamentato della magistratura nel suo paese, accusandola di essere politicizzata e ostile al suo governo. L'intervento di von der Leyen è stato breve. Morawiecki, la presidente della Commissione ha ribadito quel che aveva detto al Parlamento europeo: la sentenza del Tribunale costituzionale polacco è senza precedenti e l'esecutivo comunitario sta valutando le varie opzioni per rispondere. Durante il dibattito "il più duro è stato Mark Rutte", ci ha spiegato un'altra fonte dell'Ue. Ma le critiche del premier olandese sono state frenate da Merkel che, con Emmanuel Macron e Mario Draghi, ha sostenuto la linea del dialogo.

"Dobbiamo essere duri", ha spiegato Rutte. "L'indipendenza della giustizia polacca è la questione chiave che dobbiamo discutere e risolvere". Per il premier olandese, l'indipendenza della giustizia "ha a che fare con le fondamenta della nostra democrazia in questa parte del mondo. Non è negoziabile".

È "difficile immaginare come un grande quantità di denaro del Recovery fund possa essere reso disponibile alla Polonia fino a quando questo non è risolto", ha spiegato Rutte, chiedendo anche al Consiglio europeo di giocare il suo ruolo, per esempio continuando a lavorare sull'articolo 7 del trattato. "Spero che nel frattempo la Polonia prenda le misure necessarie per salvaguardare l'indipendenza della giustizia", ha spiegato Rutte.

Una decina di leader hanno detto di condividere la riflessione di Rutte, ma senza esporsi elencando le misure da adottare contro la Polonia. “La mia prima domanda al mio collega polacco è: dove vuoi arrivare? Che futuro vedi in Europa?”, ha detto il premier belga Alexander De Croo: “Se si vuole far parte di un club e approfittare dei suoi vantaggi, bisogna rispettarne le regole”. Il primo ministro irlandese, Michael Martin, ha denunciato “uno schiaffo in faccia” agli altri stati membri da parte della Polonia.
 
A parte Orbán e Jansa, nella discussione Merkel è stata la più cauta sulla Polonia. “Lo stato di diritto è una parte chiave dell'Ue, ma dobbiamo trovare possibilità per ritornare a essere uniti, perché una cascata di dispute legali davanti alla Corte europea di giustizia non è la soluzione”, ha spiegato la cancelliera in pubblico. Per Merkel, “un buon posto per discutere” di Stato di diritto, competenze nazionali, unione sempre più stretta e il modo di concepire l'Ue è “la Conferenza sul futuro dell'Europa”.

Dentro al Consiglio europeo, Merkel ha spiegato che c'è il rischio di arrivare a una rottura con i paesi dell'est con “conseguenze irreversibili”, ci ha raccontato la nostra seconda fonte. Macron e Draghi hanno espresso sostegno alla Commissione ma – secondo altri diplomatici – si sono schierati nel campo dei reticenti alla linea dura sulla Polonia. Risultato: von der Leyen potrebbe decidere di rinviare l'attivazione del meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto.

A proposito di Polonia, ieri il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione dopo il dibattito in plenaria di martedì con Morawiecki. I deputati europei hanno definito il tribunale costituzionale illegittimo e inadatto a interpretare la Costituzione, perché per le interferenze del governo è diventato "uno strumento per legalizzare le attività illegali delle autorità".

Il Parlamento ha chiesto di bloccare i fondi comunitari ai governi che minano in modo flagrante, mirato e sistematico i valori dell'Ue e di proteggere il popolo polacco che rimane pro-europeo per la stragrande maggioranza. Secondo i deputati, la Commissione deve astenersi dall'approvare il piano di Recovery della Polonia. La risoluzione è stata approvata 502 voti favorevoli, 153 contrari e 16 astensioni.

Lega e Fratelli d'Italia hanno votato contro, prendendo le difese del PiS polacco. In un editoriale il Foglio spiega che il voto di Lega e Fratelli d'Italia è contro gli interessi dell'Italia e mostra la pavidità dei partiti anti-europeisti che hanno smesso di promuovere le “exit” ma si nascondono dietro al nazionalismo giuridico polacco.

Più di quattro ore di negoziati al Vertice sull'energia - Ci sono volute più di quattro ore di discussioni e un altro paio di negoziati per arrivare ad un accordo sulle conclusioni del Consiglio europeo sull'aumento del prezzo dell'energia. Andrej Babis, il primo ministro uscente della Repubblica ceca, ha insistito su una richiesta di introdurre delle misure per limitare il prezzo delle quote di emissioni nell'ambito del sistema Ets. Il pretesto? L'accusa lanciata dalla Spagna di speculatori che fanno salire il prezzo del carbonio. In realtà la Commissione ha già spiegato che non ci sono prove di speculazione sul mercato degli Ets. Il Consiglio europeo ha dato il suo avallo alla proposta della Commissione di affidare uno studio all'Esma e deciso di tornare sulla questione a dicembre.

Orbán accusa Timmermans di voler uccidere la classe media - Il tema degli Ets è comunque caldissimo, in particolare dopo la proposta della Commissione nel pacchetto “Fit for 55” di allargare il sistema a famiglie e consumatori introducendo quote di emissioni per riscaldamento domestico e trasporti su strada. Il premier ungherese, Viktor Orbán, ha lanciato un attacco frontale contro il vicepresidente responsabile del Green deal, Frans Timmermans. “Ciò che propongono Timmermans e altri ucciderà la classe media in Europa. E la chiave per la democrazia europea è la classe media”, ha detto Orbán: “Utopie e fantasie ci uccidono”. Secondo il premier ungherese “includere le auto, il traffico su strada e gli appartamenti nel sistema Ets” significa mettere “le famiglie in ginocchio. Non fatelo”.

Al Vertice Draghi sotto pressione sui movimenti secondari dei migranti - Il Consiglio europeo oggi dibatterà di migrazione e digitale. Nei piani di Charles Michel, il dibattito sui migranti dovrebbe essere consensuale: i leader erano stati invitati a concentrarsi sull'uso dei migranti da parte del presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenka, contro l'Ue e sulla dimensione esterna con la richiesta alla Commissione di concretizzare (finanziariamente) i piani di azione per i paesi di origine e transito. Ma, come spieghiamo sul Foglio, potrebbe esserci una sorpresa sgradevole per l'Italia: Paesi Bassi, Austria, Danimarca, Svezia e forse Germania vogliono mettere pressione su Mario Draghi di fermare i movimenti secondari.

Il Parlamento congela i fondi di Frontex - Il Parlamento europeo ha chiesto di congelare una parte del bilancio di Frontex per il 2022 a causa del presunto coinvolgimento dell'agenzia dei guardia-frontiera dell'Ue in respingimenti e altre violazioni dei diritti fondamentali. La raccomandazione di concedere il discarico (la procedura di verifica dei deputati sulle spese del bilancio dell'Ue) a Frontex per la gestione del bilancio 2019 è stata approvata con 558 voti favorevoli, 82 contrari e 46 astensioni. Nel testo della risoluzione di accompagnamento, i deputati riconoscono gli sforzi in corso di Frontex per porre rimedio ad alcune carenze, ma chiedono che parte del bilancio del 2022 sia congelato e reso disponibile solo quando l'agenzia avrà soddisfatto una serie di condizioni specifiche. Tra queste, l'assunzione dei restanti 20 osservatori dei diritti fondamentali e di tre vice-direttori esecutivi, la creazione di un meccanismo per la segnalazione di incidenti gravi alle frontiere esterne dell'Ue e un sistema di monitoraggio dei diritti fondamentali pienamente funzionante. Durante l’adozione della posizione sul bilancio dell'Ue per il 2022, i deputati hanno messo in riserva 90 milioni di euro (il 12 per cento degli oltre 750 milioni allocati all'agenzia) del budget di Frontex per il prossimo anno.

Nel 2022 il Parlamento vuole un bilancio focalizzato sulla ripresa - Il Parlamento europeo ieri ha votato la sua posizione per i negoziati con i governi sul bilancio dell'Ue del 2022. I deputati hanno annullato la maggior parte dei tagli effettuati dal Consiglio (1,43 miliardi di euro in totale), riportando il progetto di bilancio al livello originariamente proposto dalla Commissione (172,5 miliardi di pagamenti e 171,8 miliardi di impegni). I deputati hanno proposto di aumentare i finanziamenti per diversi programmi e politiche legati alla ripresa post-pandemia. Tra questi, il programma di ricerca Horizon Europe (+305 milioni rispetto alla proposta della Commissione), la Connecting Europe Facility (+207 milioni), e il programma LIFE per l'ambiente e l'azione per il clima (+171 milioni). Il voto di ieri dà il via a tre settimane di negoziati di "conciliazione" con il Consiglio, con l'obiettivo di raggiungere un accordo per il bilancio del prossimo anno.

Il Parlamento chiede un accordo sugli investimenti con Taiwan - Il Parlamento europeo ieri ha chiesto alla Commissione e agli stati membri di lanciare i negoziati per un accordo bilaterale sugli investimenti con Taiwan, provocando una dura reazione da parte della Cina. In una risoluzione approvata con 580 voti favorevoli, 26 contrari e 66 astensioni, i deputati hanno definito Taiwan come un partner chiave dell'Ue e un alleato democratico nell'Indo-pacifico ed espresso le loro preoccupazioni per le pressioni militari della Cina sull'isola. Il Parlamento europeo vuole relazioni più strette con Taiwan, anche se guidate dalla politica “Una Cina”. Ma per rafforzare la cooperazione, i deputati ritengono urgente lanciare una valutazione di impatto e una consultazione pubblica per un accordo sugli investimenti. I deputati hanno sottolineato l'importanza delle relazioni commerciali tra Ue e Taiwan, incluso su tecnologie come il 5G, la sanità pubblica e le forniture di semiconduttori. Il Parlamento europeo ha chiesto ai governi di fare di più per proteggere la democrazia di Taiwan dalla belligeranza militare cinese. Un'altra proposta che fa infuriare Pechino è quella di cambiare il nome dell'ufficio economico e commerciale europeo a Taiwan in “Ufficio dell'Unione europea a Taiwan”.

La Cina condanna il Parlamento su Taiwan - Pechino ha condannato la risoluzione adottata ieri dal Parlamento europeo voluta a rafforzare i legami con Taiwan, lanciando un avvertimento di “non sottovalutare la determinazione” della Cina di difendere le questioni legate alla propria sovranità. “La risoluzione (…) viola gravemente le norme fondamentali delle relazioni internazionali, il principio di “Una Cina” e gli impegni assunti da Bruxelles sulla questione di Taiwan”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin: “il suo impatto è negativo”.

La Conferenza sul futuro dell'Europa si riunisce in plenaria - A partire da oggi si riunisce a Strasburgo la plenaria della Conferenza sul futuro dell'Europa per discutere delle relazioni dei panel di cittadini che si sono tenuti nelle scorse settimane. Con la plenaria della Conferenza si insedieranno gli 80 rappresentanti dei panel europei selezionati tra un gruppo di 800 cittadini riunitisi a Strasburgo a settembre e ottobre. Inoltre, per la prima volta la plenaria discuterà dei contributi dei cittadini provenienti dalle diverse componenti della Conferenza, mentre proseguono le deliberazioni, gli eventi e il dibattito online.

Gli insegnanti italiani con i salari più bassi dell'Europa occidentale - Gli stipendi di ingresso lordi degli insegnanti in Italia sono i più bassi dell'Europa occidentale dopo Grecia e Portogallo, secondo un rapporto pubblicato ieri dalla rete Eurydice della Commissione europea. Il rapporto mostra che i redditi degli insegnanti variano in modo considerevole da un paese all'altro dell'Ue, in generale in funzione del loro livello del costo della vita. Le differenze riguardano non solo i salari di partenza, ma anche la loro evoluzione durante la carriera.

Eurostat certifica deficit e debito del 2020 - Nel 2020 il deficit pubblico dell’area euro e dell'Ue è salito rispettivamente al 7,2 e del 6,9 per cento del pil, secondo la seconda notifica dei dati provvisori per il 2020 pubblicata ieri da Eurostat. Il debito pubblico è salito al 97,3 per cento del pil per l'area euro e al 90,1 per cento dell'Ue. I livelli più alti di deficit sono stati registrati in Spagna (-11,0 per cento), Grecia (-10,1), Malta (-9,7) e Italia (-9,6). I livelli più bassi sono stati registrati in Danimarca (-0,2) e Svezia (-2,8). La ratio più alta di debito sul pil è stata registrata in Grecia (206.3 per cento), Italia (155,6), Portogallo (135,2) e Spagna (120,0). Anche Francia e Belgio hanno un debito considerevolmente superiore al 100 per cento del Pil rispettivamente con il 115,0 per cento e il 112,8 per cento. I livelli più bassi di debito sono stati registrati in Estonia (19,0 per cento) Bulgaria (24,7), Lussemburgo (24,8) e Repubblica ceca (39,7). Complessivamente 13 stati membri dell’Ue hanno un debito più alto del valore di riferimento del 60 per cento previsto dal Patto di stabilità e crescita. Nel 2020 la spesa pubblica nell'area euro è stata del 53,8 per cento del Pil, mentre le entrate sono state pari al 46,6 per cento del pil.

La fiducia dei consumatori in calo - L'indice della fiducia dei consumatori a ottobre ha registrato un calo di 0,8 punti nella zona euro collocandosi a quota -4,8, secondo la stima flash pubblicata ieri dalla Commissione. Nell'Ue a 27, l'indice della fiducia dei consumatori è sceso di 0,9 punti a quota -6,1. Per entrambe le aree l'indice rimane vicino o al di sopra dei suoi livelli pre pandemia e della media di lungo periodo.


Accade oggi in Europa
•   Consiglio europeo
•   Conferenza sul futuro dell'Europa: plenaria a Strasburgo (fino a sabato)
•   Commissione: la commissaria Ferreira a Roma interviene alla "Centesimus Annus Pro Pontifice International Conference"
•   Eurostat: statistiche sulle finanze pubbliche nel secondo trimestre del 2021; dati su debito e deficit nel secondo trimestre del 2021; conti annuali di famiglie e imprese non finanziarie nel 2020; dati su Ricerca e Sviluppo nel 2019
•   Nato: riunione dei ministri della Difesa

da Il Foglio

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Titolo: Merkel a Putin: "Disumana e inaccettabile strumentalizzazione dei migranti"
Inserito da: Arlecchino - Novembre 11, 2021, 09:29:26 pm
Merkel a Putin: "Disumana e inaccettabile strumentalizzazione dei migranti"

La cancelliera tedesca ha telefonato al presidente russo chiedendo un suo intervento sulla Bielorussia, vista l'altissima tensione al confine polacco dove migliaia di persone stanno tentando di entrare e sono fronteggiare dall'esercito di Varsavia

aggiornato alle 13:3810 novembre 2021
 
AGI - Angela Merkel ha avuto un colloquio telefonico con Vladimir Putin. Lo riferisce su Twitter il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert: "La cancelliera ha telefonato con il presidente Putin per discutere della situazione al confine bielorusso-polacco". A detta del portavoce, Merkel "ha sottolineato che la strumentalizzazione dei migranti attraverso il regime bielorusso è disumano e inaccettabile e ha pregato il presidente Putin di intervenire" su questa situazione.
Il presidente russo ha invitato la cancelliera tedesca a stabilire un dialogo diretto con Minsk sulla crisi migratoria ai confini con la Polonia e la Lituania. Come riferisce il Cremlino in una nota, riportando i contenuti del colloquio telefonico tra i due leader, "il presidente della Federazione russa ha proposto di avviare una discussione nei contatti diretti dei rappresentanti degli Stati membri dell'Ue con Minsk".
Putin e Merkel hanno deciso di continuare i contatti su questo argomento, ha aggiunto il Cremlino, sottolineando che l'iniziativa della telefonata è avvenuta da parte tedesca. La cancelliera aveva chiesto al presidente russo di esercitare la sua influenza sul leader bielorusso, Aleksandr Lukashenko, denunciando una "strumentalizzazione" inaccettabile dei migranti.
Da - https://www.agi.it/estero/news/2021-11-10/telefonata-merkel-putin-inaccettabile-disumana-strumentalizzazione-dei-migranti-14503591/


Titolo: L’identità del Popolo Palestinese, ...
Inserito da: Arlecchino - Novembre 30, 2021, 05:35:08 pm
L’identità del Popolo Palestinese, che non ha ancora raggiunto la volontà di pace, deve essere ricordata!

Con l’auspicio che si ritrovi riconosciuta e capace di farsi rispettare e rispettare, nella serenità della Pace.

ggiannig


Titolo: L'ex consigliere di Trump e Obama: "L'Italia è il bersaglio della Russia"
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 12, 2022, 06:34:27 pm
L'ex consigliere di Trump e Obama: "L'Italia è il bersaglio della Russia"

Posta in arrivo

Arlecchino Euristico <ggianni41@hotmail.it>
dom 28 nov 2021, 15:00
a me

Fiona Hill: "Putin non usa solo gli agenti segreti o i ransomware per influenzare la politica italiana. In alcuni partiti manca consapevolezza" -

https://www.agi.it/estero/news/2021-10-30/ex-consigliere-trump-e-obama-italia-bersaglio-di-russia-14371056/

Inviato da Posta per Windows

 



Titolo: Svizzera - I veicoli ibridi non sono verdi come si pensa: a rivelarlo è ...
Inserito da: Admin - Gennaio 18, 2022, 04:09:53 pm
Oggi in Svizzera
Care lettrici, cari lettori,
stando a una recente analisi fatta da un gruppo di “fact checker” (gruppo di persone o istituzioni che si occupano di verificare la veridicità di informazioni dichiarazioni), le fake news che circolano in rete non sono prerogativa dei social network. Anzi: la pecora nera è YouTube. Tra i miliardi di filmati presenti sulla piattaforma, è facile trovare molta disinformazione e gli esperti chiedono alla proprietaria Google di intervenire per migliorare la situazione.
Noi vi invitiamo, però, a leggere qui le notizie della giornata. Queste, ve lo possiamo assicurare, non sono false.

Marija Milanovic
 Copyright 2021 The Associated Press. All Rights Reserved.
I veicoli ibridi non sono verdi come si pensa: a rivelarlo è uno studio di Impact Living commissionato dal Canton Vallese.

Secondo i dati raccolti dall’impresa che punta ad accelerare la transizione energetica, i veicoli che combinano motore termico tradizionale e motore elettrico con carica tramite presa della corrente sono una “trappola climatica” poiché aumentano le emissioni di gas a effetto serra invece di ridurle.

“Una truffa”: il rapporto non usa mezzi termini per definire questi mezzi di locomozione che, dati alla mano, consumano 230% in più rispetto a quanto pubblicizzato dai produttori. “I veicoli ibridi sono spesso vantati per consumare 1,5-2,5 litri sui 100 chilometri, ma in realtà, nel loro uso quotidiano, ne consumano dai 4 ai 7, come dei motori a diesel”, spiega alla trasmissione romanda “La Matinale” della RTS il fondatore di Impact Living Marc Muller.

Il Governo vallesano, che ha finanziato lo studio di Impact Living, ha ora deciso di sopprimere le sovvenzioni per l’acquisto di veicoli ibridi plug-in. “Non possiamo sostenere dei mezzi che non ci permettono di raggiungere gli obiettivi [climatici] che ci siamo fissati”, spiega il consigliere di Stato vallesano Frédéric Favre.

Lo studio di Impact Living (in francese)
L’articolo su rts.ch (in francese)
Dal nostro sito: “Un'auto su sette venduta in Svizzera è elettrica”

Da - tvsvizzera.it <tvsvizzera@swissinfo.ch> Annulla iscrizione
17:17 (6 ore fa)
a me


Titolo: Una panoramica sul divieto di mendicità in Svizzera l'articolo di swissinfo.ch.
Inserito da: Arlecchino - Gennaio 19, 2022, 03:16:44 pm
Keystone / Zoltan Balogh

Il Tribunale amministrativo federale (Taf) bacchetta la Segreteria di Stato della migrazione (Sem) per il respingimento in Croazia di un cittadino afghano maltrattato a più riprese dagli agenti di frontiera di Zagabria.
Per i giudici di San Gallo, che già in novembre avevano accolto un ricorso dell'espatriato, l'agenzia federale non avrebbe tenuto in debito conto dei difetti, evidenziati dai racconti del ricorrente e da molti osservatori indipendenti, della procedura d'asilo applicata nel paese balcanico, che prevede rinvii immediati (push-backs) degli stranieri. Una pratica che non consente di accedere alle norme a tutela dei profughi e sarebbe sistematicamente accompagnata da violenze di varia natura.

Gli abusi riferiti dal cittadino asiatico, che avrebbe subito manganellate, pugni, torture e sequestri da parte degli agenti croati, appaiono credibili al Tribunale e per questo motivo sono di impedimento al suo respingimento. 

Inoltre, la corte federale ha sollevato dubbi sulla reale competenza, nel caso concreto, della Croazia (in base al Regolamento di Dublino), in particolare in relazione alle reali date dei tentativi di ingresso nel paese da parte dell'immigrato afghano.
La procedura di ricorso contro una decisione negativa in materia di asilo.
Il regime dell'asilo in Svizzera descritto da swissinfo.ch.
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Keystone / Barbara Gindl

In seguito a una decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2021 Losanna rinuncia a sanzionare i mendicanti sul suo territorio, anche se la legge "resta in vigore".
La precisazione è giunta martedì dal responsabile cittadino della sicurezza Pierre-Antoine Hildbrand in Consiglio comunale, che ha chiarito che la polizia non infligge più multe, per un importo che va dai 50 ai 100 franchi, alle persone che chiedono l'elemosina in strada.
Finora le autorità vodesi hanno sostenuto che la legge cantonale adottata nel 2018 restava in vigore mentre altri cantoni, come Ginevra, hanno congelato norme analoghe. Nel parlamento locale sono comunque pendenti due mozioni della sinistra e della destra che chiedono, rispettivamente, l'abrogazione delle disposizioni cantonali e un'interpretazione meno rigida della sentenza europea.

Per i giudici di Strasburgo, che si erano pronunciati il 19 gennaio dello scorso anno sul caso riguardante una cittadina romena di etnia rom a Ginevra, l'ammenda di 500 franchi e la pena sostitutiva di 5 giorni di carcere per il mancato pagamento della stessa, erano "sproporzionati".
La notizia riportata da 20 minutes.
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Sulla sentenza della CEDU il servizio multimediale di rsi.ch e di swissinfo.ch.
Una panoramica sul divieto di mendicità in Svizzera l'articolo di swissinfo.ch.
La mendicità descritta in una prospettiva di più ampio respiro dal Dizionario storico della Svizzera (DSS).
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Titolo: SVIZZERA. Regolamentazione del commercio di legno
Inserito da: Admin - Gennaio 28, 2022, 09:23:53 pm
Regolamentazione del commercio di legno

Dal 1° gennaio 2022 sarà proibito immettere sul mercato svizzero legname di provenienza illegale e i prodotti da esso derivati. La nuova ordinanza sul commercio di legno (OCoL) entra in vigore contestualmente alla modifica della legge sulla protezione dell’ambiente (LPAmb). Per tutti gli operatori del mercato, l’ordinanza prevede l’adempimento di un obbligo di diligenza nonché l’attenuazione dei rischi connessi al legname di provenienza illegale.

Il prelievo e il commercio di legno di provenienza illegale rappresentano un problema globale che ha ricadute negative sull’ambiente, l’economia e la società. Per contrastare tale fenomeno, molti Governi hanno emanato regolamenti relativi all’immissione sul mercato di legno e prodotti derivati, ad esempio: il Lacey Act negli Stati Uniti, l’Illegal Logging Prohibition Bill in Australia o lo European Timber Regulation (EUTR) nell’UE. Tutti i regolamenti stabiliscono che i prodotti siano verificati con la dovuta diligenza prima di essere immessi sul mercato.
Lotta al prelievo e al commercio di legno di provenienza illegale

Il Consiglio federale fissa l’entrata in vigore al 1° gennaio 2022 della modifica della legge sulla protezione dell’ambiente (LPAmb), la quale prevede il divieto di mettere in commercio legno e prodotti da esso derivati di provenienza illegale. La modifica di legge è stata approvata dal Parlamento nel 2019 e costituisce la base legale per la nuova ordinanza sul commercio di legno (OCoL), che entrerà contestualmente in vigore. Con l’OCoL, il Consiglio federale, su mandato del Parlamento, istituisce una normativa equivalente al regolamento dell’Unione europea (UE; EUTR 995/2010). Lo scopo è, da un lato, impedire che in Svizzera siano immessi sul mercato legno e prodotti da esso derivati provenienti da prelievo o commercio illegali. La lotta contro il prelievo e il commercio illegali ridurrà la deforestazione, ma anche la perdita di biodiversità, il che rappresenta un contributo alla lotta contro il cambiamento climatico. Dall’altro lato, in questo modo si eliminano gli ostacoli al commercio tra la Svizzera e l’UE.

Gli operatori del mercato sono tenuti alla dovuta diligenza
L’aspetto centrale dell’ordinanza è l’obbligo di diligenza per chi commercializza per la prima volta legno e prodotti da esso derivati, i cosiddetti operatori, i quali devono poter dimostrare di aver valutato sistematicamente i rischi e, ove presenti, di averli ridotti a un livello trascurabile. A tal fine, devono allestire, applicare e aggiornare regolarmente un sistema di dovuta diligenza.
I commercianti, i quali acquistano o vendono legname già immesso sul mercato, devono documentare da quali fornitori hanno acquistato il legno o i prodotti da esso derivati e a quali acquirenti li hanno rivenduti. Questa tracciabilità deve consentire di identificare gli operatori.
Anche i proprietari di bosco, che raccolgono legno nei boschi svizzeri, sono soggetti a questa normativa. Essi possono presumere che l’autorizzazione di utilizzazione prevista dalla legislazione forestale, di competenza dei Cantoni, ed eventuali altri documenti approvati per l’utilizzazione (ad es. un piano aziendale) contengano le informazioni necessarie. Di conseguenza sono tenuti a conservare queste informazioni attestanti la «raccolta legale». La valutazione e l’attenuazione del rischio sono di regola soddisfatte con le attestazioni summenzionate.
L’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) è responsabile del controllo degli operatori e dei commercianti, mentre i Cantoni sono responsabili del controllo dei proprietari di bosco.

In cosa consiste la dovuta diligenza
Chi per la prima volta immette sul mercato svizzero legno o prodotti da esso derivati, è tenuto a garantire che il legname sia stato raccolto e commercializzato legalmente. Per dimostrarlo, gli operatori del mercato allestiscono un sistema di dovuta diligenza, preferibilmente da subito. Qui di seguito sono riportati gli elementi necessari per l’allestimento.

Obbligo di diligenza
Esecuzione e controllo

L’esecuzione spetta in gran parte all’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), il quale si concentra soprattutto sulle aziende che importano volumi elevati di legname da Paesi a rischio, mentre i Cantoni si occupano del legname raccolto nei boschi svizzeri.

Esecuzione e controllo
Domande frequenti (FAQ)
Cosa comporta la nuova normativa e chi è interessato? Qui sono riportate le risposte alle domande più importanti.
Domande frequenti (FAQ)
Newsletter «Commercio legale di legname in Svizzera»
L’UFAM informa gli operatori, i commercianti e altri soggetti interessati in merito a progressi, pubblicazioni ed eventi rilevanti sul regolamento per il legno.
Iscrizione
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Obbligo di dichiarazione per il legno e i prodotti del legno in Svizzera
In Svizzera, l’obbligo di dichiarazione per il legno e i prodotti del legno è in vigore dal 2010 (RS 944.021). La relativa ordinanza obbliga i venditori di legno e prodotti del legno a fornire ai consumatori informazioni trasparenti sulla specie e sull’origine del legno (Paese di produzione del legname).
Ufficio federale del consumo (UFDC): Dichiarazione del legno
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Ulteriori informazioni
12.05.2021
Il Consiglio federale approva ordinanze nel settore ambientale
07.12.2018
Lotta al disboscamento illegale: il Consiglio federale propone una modifica di legge
Legge federale sulla protezione dell’ambiente
Seleziona la versione dal 01.01.2022
Legge federale sulla protezione dell’ambiente (Legge sulla protezione dell’ambiente, LPAmb) - Modifica del 27 settembre 2019 (PDF)
Progetto della Commissione di redazione per il voto finale
Messaggio concernente la modifica della legge federale sulla protezione dell'ambiente
(Divieto di mettere in commercio legname ottenuto illegalmente)
Ordinanza sulla messa in commercio del legno e dei prodotti da esso derivati
(Ordinanza sul commercio di legno, OCoL)

Commento concernente l’ordinanza sulla commercializzazione del legno e dei pro-dotti da esso derivati (Ordinanza sul com-mercio di legno, OCoL) (PDF, 730 kB, 12.05.2021)

Ufficio federale del consumo (UFDC): Dichiarazione del legno
European Union EU: Timber Regulation
 



Titolo: Mille anni che sta lì - DA AMICI DI fb ("loro" pensieri e ricordi).
Inserito da: Admin - Marzo 17, 2022, 04:18:56 pm
Carlo Angelo Tosi e Lino Gabriel Del Sarto hanno condiviso un post.
Gianmarco Volpe

Mille anni che sta lì

Dice: bisogna capire le ragioni dell’altra parte. E capiamole, allora, ma sul serio. Dice: questa guerra non è iniziata adesso. Sì, ma manco nel 2014. Né nel 2008. E nemmeno nel 1991. Se volete fare sul serio, io ci sto.
E quindi partiamo da Pietro il Grande.
A cavallo tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, è il primo zar a fare del concetto di profondità strategica il principio di base della politica di difesa della Russia. L’impero, al tempo, è già sterminato e praticamente indifendibile, perché non ha barriere naturali a protezione dei suoi centri nevralgici. L’invasione da Occidente non è un pericolo ipotetico: meno di un secolo prima, dopo la morte di Ivan il Terribile e il periodo dei torbidi, i polacchi erano entrati a Mosca e vi avevano regnato un paio d’anni.
L’intuizione dello zar è di mettere quanto più terra possibile tra il Cremlino e i suoi nemici. L’impero inizia ad allargarsi verso il Baltico, verso il Mar Nero, verso il Caucaso, verso l’Asia centrale. È Pietro il Grande a portare la frontiera fino al Mare d’Azov e fino al fiume Dnipro in Ucraina. La profondità strategica, con l’aiuto del generale inverno, consente alla Russia di salvarsi dall’offensiva di Napoleone nel 1812 e da quella di Adolf Hitler nel 1941. Resta infatti concetto centrale della politica di sicurezza anche per l’Unione sovietica, che non a caso due anni prima dell’operazione Barbarossa scendeva a patti con la Germania nazista per spartirsi il territorio della Polonia; e che non a caso, durante gli anni della Guerra fredda, non esita a inviare i carri armati a Budapest e a Praga per assicurare la tenuta del Patto di Varsavia.
Il problema per Mosca è che, quando incorpori nuovi territori, incorpori anche nuove nazionalità. I sovietici, fin dai primi anni, tentano di sedare le spinte centrifughe nazionaliste con rudi esperimenti di ingegneria demografica e disegnando confini per così dire fantasiosi, che ancora oggi non mancano di alimentare conflitti in tutta l’area post-sovietica. Ma per tenere insieme il baraccone serve una salda ortodossia ideologica, una forza militare schiacciante e la promessa di un miglioramento delle condizioni di vita di tutte le popolazioni dell’Unione. L’Urss collassa nel 1991 per effetto del venir meno di tutti e tre questi elementi, dando vita a una costellazione di Stati indipendenti che, nella gran parte dei casi, immaginano di costruire il proprio futuro sul modello politico ed economico proposto dall’Occidente, quello uscito vincitore dalla Guerra fredda. 
Quando Vladimir Putin definisce il crollo dell’Unione sovietica “la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo” non lo fa perché è un nostalgico del socialismo reale, ma perché è consapevole che nel 1991 Mosca ha perso la sua profondità strategica. Già la Russia di Boris Eltsin tenta di chiudere i cancelli dando vita alla Comunità degli Stati indipendenti (Csi), che però non riesce mai a dotare di una politica estera e di difesa comune. I buoi sono già scappati e Eltsin non ha la forza politica ed economica per andare a recuperarli. Nel 1997 Georgia, Ucraina, Azerbaigian e Moldova danno persino vita a un’organizzazione regionale parallela che si chiama Guam, dalla quale la Russia è esclusa. È questo il periodo del grande allargamento dello spazio Nato, che – temo vada sempre ricordato – non è una potenza, ma un’alleanza militare alla quale si aderisce volontariamente. Sul rapporto Nato-Russia non mi dilungo, perché l’ho già fatto il 26 febbraio qui su Facebook.
Quando arriva al potere, nel Duemila, Putin incarna il senso di umiliazione e d’insofferenza che la sua generazione – una generazione cresciuta nell’epoca della dottrina brezneviana, nel mito dell’espansionismo sovietico e i cui padri avevano resistito a Stalingrado e liberato Berlino – che la sua generazione, dicevo, vive nelle macerie fumanti dell’impero. È un uomo del Novecento, sì, ma è soprattutto un leader russo e come un leader russo disegna la sua politica estera. Mette subito in chiaro che il disegno strategico che persegue punta dritto a mettere in discussione l’ordine mondiale emerso dalla Guerra fredda, a ridisegnare i confini dell’Europa. Lo fa piallando al suolo la capitale dell’ultima delle repubbliche separatiste, la Cecenia, e utilizzando ogni strumento a disposizione per richiamare all’ordine gli Stati indipendenti della galassia post-sovietica.
L’Ucraina, per ragioni strategiche, è il Paese verso cui, più d’ogni altro, si concentrano le attenzioni e le preoccupazioni di Putin. La sua esistenza è accettabile solo come Paese satellite della Russia: dista 600 chilometri da Mosca, dai Carpazi alla capitale russa è aperta pianura, e a Sebastopoli, nella Crimea ucraina, c’è la principale base navale russa sul Mar Nero. Nel 2004, quando si avvicinano le elezioni, il candidato filoccidentale alla presidenza, Viktor Yushchenko, viene avvelenato con la diossina, sopravvive ma ne porterà i segni sul volto per tutto il resto della sua vita. Tra il 2006 e il 2009, con lo stesso Yuschenko al potere, Gazprom interrompe ogni anno le forniture di gas in pieno inverno. Non sorprende che nel 2010 vada al potere un leader ben disposto verso Mosca, Viktor Yanukovic, il quale però tenta un gioco pericoloso di equilibrismo: tratta l’Accordo di associazione con l’Unione europea, poi si tira indietro quando arrivano cospicui assegni dalla Russia. Il resto è storia recente: la protesta dell’Euromaidan, gli spari sulla folla, le infiltrazioni di estrema destra, Yanukovic che viene esautorato dal parlamento e scappa dal Paese, l’annessione della Crimea, il conflitto a bassa intensità nel Donbas.
Non bisogna perdere di vista il quadro più ampio. L’invasione dell’Ucraina è un piano pronto da tempo: non è una reazione, non è una risposta, non è una rappresaglia. Putin ritiene fondamentale colpire per primo e colpire duro, come teorizza scavando nell’aneddotica della sua infanzia a Leningrado e ricordando di quando andava a caccia di topi e uno di questi, stretto all’angolo, approfittò di un’esitazione del piccolo Vladimir per saltargli addosso e trovare una via di fuga. Il 12 luglio 2021 il leader russo pubblica un lungo articolo che s’intitola “Sull’unità storica tra russi e ucraini” (lo linko nei commenti): ha già deciso d’invadere l’Ucraina.
Perché proprio ora? Per quattro ragioni fondamentali. La prima è che nel 2021 i prezzi di gas e petrolio sono raddoppiati in maniera inattesa, e garantiscono alla Russia un flusso di cassa extra per finanziare l’avventura militare. La seconda è che la guerra in Siria è ormai finita e Mosca può permettersi di aprire un nuovo fronte. La terza è che, nell’analisi del Cremlino, il blocco occidentale è diviso: gli Stati Uniti, debilitati dalla disastrosa transizione Trump-Biden, guardano quasi solo al Pacifico, e l’Europa è l’Europa, per di più in convalescenza da uno dei più gravi shock finanziari della sua storia. La quarta è che Putin è convinto di trovare sponda in Cina e di potersi quindi permettere di rompere con l’Occidente: Xi Jinping ha bisogno oggi più che mai del gas e del petrolio russo per accelerare la crescita economica, e avrà bisogno in futuro di un alleato che gli copra le spalle quando toccherà a lui invadere Taiwan.

Alcuni punti importanti:
• Putin non vuole la neutralità dell’Ucraina: in tal caso il conflitto si sarebbe già concluso, o più probabilmente non sarebbe mai iniziato. Putin vuole terra: l’Ucraina intera o, se dovrà accontentarsi, la sua metà fino al fiume Dnipro.
• Non si fermerà fino a quando non sarà in grado di portare a casa un risultato in grado di consolidare il suo potere e il suo consenso interno, inevitabilmente intaccato dal crollo delle condizioni di vita dei russi provocato dalle sanzioni. È ingenuo pensare che possa sedersi ora al tavolo dei negoziati.
• La Russia non vincerà mai questa guerra. L’ha già persa sul piano mediatico, rischia di perderla persino sul piano militare (il blitzkrieg è già fallito, la guerra casa per casa avvantaggia gli ucraini e il tempo gioca contro gli occupanti) e la perderà certamente sul piano politico (se anche dovesse prender Kiev, a che costo potrà controllarla?).
• La nostra capacità d’incidere sugli eventi è limitata, benché distorta dalla nostra tendenza a sentirci il centro del mondo. Dobbiamo invece abituarci a un pianeta che sempre più gira indipendentemente dalla nostra volontà e dalle nostre responsabilità. Vedete: un secolo fa l’Europa rappresentava il 30 per cento della popolazione della Terra, oggi tra il 7 e l’8 per cento. Nel 1975, quando nacque, il G7 raccoglieva l’80 per cento della ricchezza mondiale, oggi non arriva al 50. Ci sono nuovi protagonisti, nuovi scenari, nuovi centri gravitazionali. È un pensiero arrogante quello che ci porta a credere che tutto dipenda da noi, dalle nostre scelte o dalle nostre inazioni.
• Ci sono anche nuovi e vecchi imperialismi, e bisognerebbe imparare a riconoscerli prima che ci piovano le bombe in sala da pranzo. Anche se mi rendo conto che esiste una parte di questo Paese - in quel territorio oscuro nel quale s’intrecciano destra e sinistra e nel quale la necessità di posizionarsi contro il Pensiero Unico®️ sovrasta quella di cercare la verità e di abbracciare la complessità delle cose, ma anche di provare una naturale compassione per le vittime e per gli oppressi – che sarebbe disposto ad appoggiare qualunque despota, anche il più sanguinario, purché fieramente anti-occidentale.
Putin non è pazzo, piuttosto è il prodotto paranoico di una cultura paranoica. Ma è sempre stato questo. Sta invecchiando, e questo lo porta ad affrettare delle scelte che in altri tempi avrebbe ponderato più a lungo. È solo, e quindi non ha nessuno intorno che lo avverta che sta facendo una cazzata. Ma la traiettoria che lo porta a invadere l’Ucraina è la stessa lungo la quale si è mossa la sua intera carriera politica. È sempre stato tutto lì, davanti ai nostri occhi. Solo che non l’abbiamo voluto vedere. Putin oggi vuol terminare un lavoro iniziato quasi vent’anni fa. O, se vogliamo, mezzo millennio fa.

Carlo Angelo Tosi
IS17peuttri al6mo0sloure 14:3ec4  ·

OGGI E' IL MOMENTO DI BATTERE SUL CHIODO
E' paradossale che esistano mentalità così arcaiche (l’articolo lo racconta) e non è la sola quella di Putin. Il Mondo sta viaggiando verso gli anni 3000, se mai ci arriverà. Non ci arriverà se si continua a percorrere la “striscia rossa”, come l'ho definita a conclusioni dei miei studi storici. La "La Lunga Linea Rossa di Sangue".  Eppure, ci sono stati saggi, uomini e non dei che hanno indicato l'ipotesi alternativa. La verità è più semplice di tutte le palle. C'è un unico Paradiso, è "qui, ora e adesso" come ha scritto un mio caro amico e teologo. Spetta a noi realizzarlo e per farlo dobbiamo smetterla di seguire la strada sbagliata. Nulla è impossibile per l'umanità, anche l'abbandono delle armi e la messa al bando delle guerre, delle nazioni e di tutte le sconcezze e oscenità di cui continuiamo a cibare il potere. Dobbiamo smetterla di farci opprimere dalla mancanza di una visione superiore dei peggiori. Spetta a ognuno di noi ribellarsi, come ha fatto Marina Ovsyannikova e molti come lei. Dobbiamo smetterla di farci turlupinare da chi pretende di guidare l'umanità. Noi tutti possiamo viaggiare verso un futuro migliore di quello che ci raccontano. Dobbiamo volerlo con tutte le forze.

Da fb del 16 marzo 2022
PS: loro pensieri e ricordi in cui io non entro.


Titolo: Macron, Francia sia pronta ad una guerra di alta intensità
Inserito da: Arlecchino - Marzo 18, 2022, 12:33:09 pm
Macron, Francia sia pronta ad una guerra di alta intensità

Ultima Ora - ANSA

Posta in arrivo

ggiannig <ggianni41@gmail.com>
09:33 (2 ore fa)
a me

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/03/17/macron-francia-sia-pronta-ad-una-guerra-di-alta-intensita_f7552182-e671-407b-9674-6d62b65f2a22.html
 


Titolo: EUROPA - Il quinto pacchetto di sanzioni si svuota –
Inserito da: Admin - Marzo 25, 2022, 07:26:24 pm
EUROPA ORE 7

L'Ue aveva promesso a sé stessa più autonomia strategica e lo Strategic compass doveva essere lo strumento per guidare la politica di difesa e sicurezza del prossimo decennio verso un futuro di indipendenza europea. I ministri degli Esteri e della Difesa oggi si riuniscono per approvare lo Strategic compass (in italiano "Bussola strategica"), prima della benedizione formale dei capi di stato e di governo durante il Consiglio europeo di giovedì e venerdì. Ma la guerra di Vladimir Putin contro l'Ucraina ha modificato in modo sostanziale l'orientamento dello Strategic compass: la Nato e dunque gli Stati Uniti tornano a essere centrali per la sicurezza dell'Ue, secondo l'ultima bozza che è stata discussa venerdì dagli ambasciatori dei ventisette. “La partnership strategica dell'Ue con la Nato è essenziale per la nostra sicurezza euro-atlantica, come dimostrato ancora una volta nel contesto dell'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina nel 2022”, si legge nel documento: “L'Ue resta pienamente impegnata a rafforzare ulteriormente questo partenariato fondamentale anche per promuovere il legame transatlantico”.

La guerra di Putin ha costretto funzionari del Servizio europeo di azione esterna e diplomatici degli stati membri a rivedere in profondità l'ultima bozza (la quarta) dello Strategic compass. La prima frase del documento è significativa: “Il ritorno della guerra in Europa, con l'aggressione ingiustificata e non provocata della Russia contro l'Ucraina, così come i grandi cambiamenti geopolitici stanno mettendo alla prova la nostra capacità di promuovere la nostra visione e difendere i nostri interessi”. In questo contesto, "le relazioni transatlantiche e la cooperazione Ue-Nato (...) sono fondamentali per la nostra sicurezza globale". L'Ue intende rafforzare la cooperazione con la Nato su "dialogo politico, condivisione delle informazioni, operazioni di gestione delle crisi, sviluppo delle capacità militari e mobilità militare. Approfondiremo il nostro lavoro comune per migliorare la sicurezza marittima e contrastare le minacce ibride, compresa la manipolazione delle informazioni straniere e la protezione del cyberspazio". L'Ue vuole anche ampliare la collaborazione su "tecnologie emergenti e dirompenti, cambiamenti climatici e difesa, resilienza e spazio". La Nato rimane “il fondamento della difesa collettiva”, mentre “gli Stati Uniti restano il partner strategico più fedele e importante dell'Ue e sono una potenza globale che contribuisce alla pace, alla sicurezza, alla stabilità e alla democrazia nel nostro continente”.

Concretamente cosa significa? Nello Strategic compass l'Ue indica diversi strumenti per rafforzare la partnership con la Nato: organizzare riunioni congiunte di alto livello frequenti, avere incontri regolari tra il suo Comitato politico e di sicurezza e il Consiglio Nord Atlantico, effettuare scambi di personale, condividere valutazioni dell'ambiente di sicurezza e scambiare informazioni non classificate e classificate. Dal punto di vista militare, lo Strategic compass vuole andare oltre le esercitazioni parallele e coordinate attuali e passare a esercitazioni congiunte e inclusive come "vero motore" per una maggiore cooperazione Ue-Nato “così da creare fiducia, migliorare l'interoperabilità e approfondire il nostro partenariato”. La Nato è spesso citata nel documento anche a proposito delle minacce ibride, le interferenze straniere e la cyber-difesa. Per l'interoperabilità, il documento cita esplicitamente la necessità per gli stati membri dell'Ue di essere in linea con gli standard della Nato.

La prima bozza dello Strategic compass iniziava con una frase a effetto: “L'Europa è in pericolo”. Oggi “l'Europa è ancora più in pericolo”, ci ha detto un alto funzionario dell'Ue. Con la guerra di Putin “in gioco non c'è solo la sopravvivenza dello stato ucraino, ma l'ordine di sicurezza dell'Europa”. Il testo dello Strategico compass ha subìto altre modifiche significative per tenere conto della guerra in Ucraina su spesa per la difesa, uso della Peace facility per fornire armi a paesi terzi, cyber-difesa, mobilità degli armamenti. Quello che doveva essere il simbolo del rilancio dell'Europa della difesa – la creazione di una forza d'intervento rapido fino a 5 mila uomini – è ancora presente nello Strategic compass, ma la sua portata è significativamente ridimensionata dalla sfida alla sicurezza collettiva posta da Putin. “Servirà per evacuazioni e altre piccole operazioni sotto comando dell'Ue”, ci ha spiegato un diplomatico di uno stato membro. Ma lo Strategic compass sarà la risposta all'invasione russa?  “No” ha risposto il diplomatico: “Ci permetterà di fare più operazioni nel limite inferiore dello spettro” militare. Per quello superiore, l'Ue non può fare a meno della Nato. In un editoriale Il Foglio spiega perché alla difesa dell'Ue serve una nuova Triplice: Francia, Germania e Italia.

Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 21 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

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Michel vuole un Fondo di solidarietà per l'Ucraina - Per una volta il protagonista del prossimo Consiglio europeo sarà un leader non europeo. Giovedì i riflettori saranno puntati su Joe Biden, che arriverà a Bruxelles non solo per la riunione con i capi di stato e di governo dell'Ue, ma anche per i vertici straordinari di Nato e G7. Nel frattempo, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha rilanciato la sua proposta di una conferenza internazionale dei donatori per l'Ucraina. Dopo una conversazione telefonica con Volodymyr Zelensky, Michel ha espresso sostegno per "la creazione di un Fondo di solidarietà per l'Ucraina per fornire servizi di base e andare incontro alle necessità immediate dei cittadini". In effetti il governo di Kyiv non è più in grado di finanziare sui mercati il suo sforzo di guerra Il Fondo - secondo Michel - dovrebbe dare "liquidità per continuo sostegno alle autorità e nel lungo periodo servire come spina dorsale per la ricostruzione di un'Ucraina libera e democratica quando le ostilità si saranno fermate. I partner potrebbero contribuire al Fondo di solidarietà dell'Ucraina attraverso una conferenza internazionale dei donatori". Il tema sarà affrontato dai leader al Consiglio europeo.

La Germania vuole rilanciare il Ttip - Il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, ha lanciato un appello per resuscitare i negoziati sul Ttip, l'accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti che era stato seppellito dall'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. "Dovremmo riprendere i negoziati su un accordo transatlantico di libero scambio", ha detto Lindner a Handelsblatt. "Soprattutto ora nella crisi (ucraina), sta diventando chiaro quanto sia importante il libero scambio con partner in tutto il mondo che condividono i nostri valori", ha spiegato Lindner: "L'attuale crisi dimostra che Usa e Germania, e Unione europea, sono partner indispensabili".

L'Ue pronta al via libera ad altri 500 milioni di armi all'Ucraina - I ministri degli Esteri dell'Ue oggi dovrebbero dare il via libera politico a sbloccare altri 500 milioni di euro della Peace facility per finanziare le forniture di armi all'Ucraina. La decisione dovrebbe essere formalizzata in settimana, dopo che mercoledì il Bundestag avrà autorizzato il governo di Olaf Scholz ad approvare la proposta dell'Alto rappresentante, Josep Borrell. La decisione sul raddoppio degli stanziamenti all'Ucraina è stata preceduta da una serie di polemiche. Alcuni stati membri si sono lamentati che Charles Michel e Borrell abbiano fatto l'annuncio sui 500 milioni aggiuntivi al vertice di Versailles, senza che ci fosse stata una discussione tra i 27. Alcuni paesi, tra cui la Germania, si sono lamentati che i primi 500 milioni non erano ancora stati interamente spesi. “In termini di validazione” delle forniture che possono essere finanziate dalla Peace facility “siamo sotto i 500 milioni, ma ci arriveremo presto”, ci ha detto una fonte dell'Ue. “Per questo è importante avere già pronti ulteriori fondi”.

Il quinto pacchetto di sanzioni si svuota –
Venerdì, diversi diplomatici hanno cercato di ridimensionare le aspettative sul quinto pacchetto di sanzioni che l'Ue potrebbe adottare questa settimana. “Non sarà un pacchetto vero e proprio”, ci ha detto una fonte di uno stato membro: “Ormai è un lavoro continuo. La priorità è chiudere le falle per evitare che le sanzioni siano aggirate”. I Paesi Bassi insistono per un'azione dell'Ue per reprimere i trust, nei quali gli oligarchi possono piazzare i loro beni prima vengono congelati dalle sanzioni. Per il momento, solo Polonia e paesi Baltici sono favorevoli a un embargo sull'energia. “E facile dire sanzioni sul petrolio, ottenere un articolo sui giornali. Ma poi dietro c'è un mondo complicato di cui tenere conto”, ci ha detto un altro diplomatico. Tuttavia, tutto potrebbe cambiare in caso di un attacco chimico o nucleare da parte di Putin o un massacro su vasta scala di civili. Nell'Ue sta crescendo il livello di allerta per questa possibilità.

Johnson paragona la resistenza dell'Ucraina al voto della Brexit - Le parole del primo ministro britannico, Boris Johnson, alla conferenza di primavera del partito Tory hanno provocato dure polemiche nell'Ue. Johnson ha spiegato che con la guerra di Putin il mondo è confrontato a una scelta tra "libertà e oppressione" e che non si devono fare compromessi "con la tirannia". Tutto bene, salvo che poi Johnson ha aggiunto questa frase: "So che è l'intento del popolo di questo paese, come del popolo dell'Ucraina, di scegliere ogni volta la libertà. Vi possono dare un paio di esempi famosi recenti. Quando i britannici hanno votato a favore della Brexit, non penso che sia stato perché erano ostili agli stranieri. E' perché volevano essere liberi". Il parallelo tra l'Ue e la tirannia non è piaciuto a nessuno oltre Manica, tanto più che l'Ucraina ha chiesto una procedura di adesione rapida all'Ue. "Boris Johnson paragona la lotta degli ucraini al voto dei britannici per la Brexit. Mi ricordo ancora l'entusiasmo di Putin e Trump dopo il referendum. Boris, le tue parole offendono gli ucraini, i britannici e il buon senso", ha risposto su Twitter l'ex presidente del Consiglio europeo e attuale leader dell'opposizione in Polonia, Donald Tusk. "Il paragone di Johnson della coraggiosa battaglia dell'Ucraina con la Brexit è folle", ha detto l'europarlamentare di Renew, Guy Verhofstadt: "Gli ucraini vogliono più libertà e vogliono entrare nell'Ue!".

Il fronte del "no" al tetto del prezzo del gas - Oggi o domani la Commissione presenterà una serie di opzioni per tentare di tenere sotto controllo i prezzi dell'energia. Ma non aspettatevi troppo. Non ci saranno proposte, perché ciascuna opzione comporta costi e rischi. Politicamente, per la Commissione è impossibile trovare una via di mezzo tra due gruppi di paesi che spingono in direzioni diverse sul tetto al prezzo del gas al mercato all'ingrosso. Italia e Spagna sono in prima fila per chiedere questa misura. Ma Germania, Paesi Bassi, Finlandia, Danimarca, Finlandia ed Estonia sono contrari. Secondo le nostre fonti, almeno metà degli stati membri sono scettici su un tetto al prezzo del gas. “Trovare soluzioni sarà estremamente difficile”, ci ha detto un diplomatico. Germania e Paesi Bassi sono anche contrari a disaccoppiare i prezzi del gas da quelli dell'elettricità, perché metterebbe a rischio gli investimenti nelle rinnovabili.

L'Austria reintroduce l'obbligo di mascherine al chiuso - Il governo austriaco ha deciso di reintrodurre da mercoledì l'obbligo di mascherina Ffp2 al chiuso, dopo il recente aumento di casi di Covid-19. L'Austria è il primo paese dell'Ue a imporre nuove restrizioni di fronte all'attuale ondata della pandemia. Il ministro della Sanità, Johannes Rauch, ha ammesso che alcune delle restrizioni erano state tolte troppo presto. Tuttavia il governo austriaco ha anche allentato alcune regole sull'isolamento del personale sanitario positivo per evitare problemi di gestione negli ospedali.

Da - https://mailchi.mp/ilfoglio/nato-centro-strategic-compass?e=fbfc868b87


Titolo: A una settimana dalle elezioni politiche in Ungheria, Viktor Orbán sembra ...
Inserito da: Admin - Marzo 28, 2022, 10:52:32 am

Europa ore 7

A una settimana dalle elezioni politiche in Ungheria, Viktor Orbán sembra sicuro di ottenere la quarta vittoria consecutiva e prolungare il suo lungo regno. Ma la deriva del primo ministro ungherese verso Vladimir Putin, la sua politica pro Cina e la contestazione sempre più aperta della democrazia liberale e dello stato di diritto stanno compromettendo le relazioni di Orbán con i suoi alleati storici nell'Unione europea. Il gruppo dei quattro di Visegrad (il V4 come viene chiamata l'alleanza informale tra Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia) si sta sfaldando.
 
Nel corso del 2021 i governi di Praga e Bratislava avevano preso le distanze da Budapest e Varsavia sullo stato di diritto. Tuttavia Orbán poteva ancora contare sulla relazione speciale con il premier polacco, Mateusz Morawiecki, e il Partito Legge e Giustizia (PiS) al governo in Polonia, grazie alla causa comune nel braccio di ferro comune contro Bruxelles nello stato di diritto. La guerra in Ucraina ha lasciato Orbán completamente isolato. Il veto dell'Ungheria alle sanzioni contro gas, petrolio e carbone e il rifiuto del premier ungherese di fornire e far transitare armi sul suo territorio hanno provocato una rottura difficilmente sanabile sia con la Polonia sia dentro il V4.
 
Venerdì è stata la ministra della Difesa della Repubblica ceca, Jana Černochová, ha sparare una salva politica contro Orbán annunciando il boicottaggio di una riunione del V4 in Ungheria per protestare contro le scelte del premier ungherese sull'Ucraina. “Non andrò personalmente in Ungheria per un incontro dei ministri della Difesa del V4 mercoledì e giovedì”, ha spiegato  Černochová su Twitter. La ministra è esponente del Partito democratico civico di centrodestra (Ods), diretto dal primo ministro ceco, Petr Fiala, che aveva deciso di partecipare al viaggio in treno a Kiev per incontrare Volodymyr Zelensky organizzato da Morawiecki.
 
Černochová ha lasciato intendere che l'incontro del V4 è a fine di propaganda elettorale: “Hanno le elezioni la prossima settimana e non è giusto che io partecipi alla campagna lì. Ho sempre sostenuto il V4”, ma “mi dispiace molto che il petrolio russo a buon mercato sia più importante per i politici ungheresi del sangue ucraino”, ha detto Černochová. La scorsa settimana, Orbán ha annunciato il veto su un embargo dell'Ue su petrolio e carbone russi perché metterebbero “a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ungheria”.

Giovedì, come spiega Paola Peduzzi sul Foglio, era stato Zelensky ad attaccare direttamente Orbán durante il suo straordinario intervento al Consiglio europeo. Rivolgendosi ai capi di stato e di governo, il presidente ucraino ha ringraziato uno per uno ventisei stati membri dell'Ue per il sostegno più o meno intenso all'Ucraina di fronte all'aggressione di Putin. Poi è arrivato al ventisettesimo. “Ungheria, mi voglio fermare qui ed essere onesto. Una volta e per tutte. Tu devi decidere da solo con chi stai. Sei uno stato sovrano”, ha detto Zelensky rivolgendosi a Orbán. “Sono stato a Budapest. Adoro la tua città. L'ho visitata molte volte. E' bellissima e che accoglienza la gente. Avete avuto momenti tragici della nostra storia. Ho visitato il memoriale, le scarpe sulla riva del Danubio sulle uccisioni di massa”, ha detto Zelensky: “Ascolta Viktor, sai cosa succede a Mariupol? Per favore, se puoi, vai sulla riva del fiume. Guarda quelle scarpe. E vedrai come le uccisioni di massa possono accadere di nuovo. E' quello che fa la Russia oggi. Le stesse scarpe, A Mariupol, ci sono gli stessi esseri umani. Adulti e bambini, nonni e sono migliaia. E migliaia sono morti. E  tu esiti a imporre sanzioni o no? Esiti a far passare delle armi? Esiti a fare commercio o meno? Non è tempo di esitare. E' tempo di decidere”, ha concluso Zelensky.
 
Orbán ieri ha reagito screditando il presidente ucraino. “Sono un giurista, che lavora con le conoscenze che ho raccolto nel  mondo del diritto. Qualcuno che è un attore lavora con le conoscenze che ha raccolto come attore”, ha detto Orbán. L'opposizione in Ungheria ha reagito con un comunicato: “Secondo Orbán, Zelensky è un attore. Secondo noi, è uno statista. Secondo Orbán, lui è un giurista. Secondo noi è un ladro”. Il clima è quello di campagna elettorale.
 
Il candidato dell'opposizione Péter Márki-Zay, sta cercando di presentare il voto di domenica come un referendum tra Putin e l'Ue. Márki-Zay ha accusato il primo ministro di aver tradito gli ungheresi scegliendo Putin al posto dell'Ue e della Nato. “Non lasciate che l'Ungheria venga dirottata” dal suo percorso occidentale. “Il 3 aprile scegliamo l'Europa!”, ha detto Márki-Zay. Gli ultimi sondaggi, che risalgono a un mese fa, davano il Fidesz leggermente in testa sulla coalizione dell'opposizione. Ma, per come sono stati disegnati i collegi elettorali, Márki-Zay avrebbe bisogno di vincere con almeno 4 punti percentuali di vantaggio per ottenere la maggioranza assoluta dei deputati.

Macron contro Biden sul macellaio Putin - Il presidente americano, Joe Biden, aveva partecipato ai vertici di Nato, G7 e Ue per mostrare l'unità del fronte occidentale. Ma un paio di frasi di troppo di Biden durante la sua visita in Polonia sabato hanno provocato nuove fessure. Prima il presidente americano ha definito Vladimir Putin un "macellaio". Poi Biden ha detto che "questo uomo non può restare al potere" (costringendo anche la Casa Bianca a chiarire che l'obiettivo non è un cambio di regime). A Varsavia e in altre capitali dell'Europa orientale, Biden è stata applaudito. Ma nell'Europa occidentale le sue parole sono state accolte con grande freddezza. "Non utilizzerò questo tipo di espressioni perché continuo a discutere con il presidente Putin", ha detto Emmanuel Macron. "Non bisogna lanciarsi nell'escalation, né con le parole né nell'azione", ha detto Macron. Il presidente francese ha annunciato che nei prossimi giorni parlerà con Putin per cercare di convincerlo a dare il via libera a una missione umanitaria organizzata da Francia, Turchia e Grecia per evacuare Mariupol.

Von der Leyen e Trudeau lanciano una colletta per i rifugiati ucraini - La Commissione e il governo del Canada hanno annunciato sabato il lancio di una campagna mondiale per raccogliere fondi a favore delle persone che fuggono dall'invasione dell'Ucraina, in partenariato con l'organizzazione Global Citizen. L'obiettivo della campagna - battezzata "Agire per l'Ucraina" - è di mobilitare governi, istituzioni, artisti, imprese e cittadini privati. "L'Ue risponde ai bisogni di milioni di rifugiati che accoglie. E faremo ancora di più. Ma i bisogni sono talmente importanti" che serve "la solidarietà dei cittadini e dei governi del mondo intero", ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

I leader lanciano una consultazione pubblica sull'energia - I capi di stato e di governo venerdì hanno passato quasi otto ore a discutere di come rispondere all'aumento dei prezzi dell'energia. Tra scontri, minacce di alzarsi dal tavolo e mediazioni, alla fine è uscita una dichiarazione finale molto ambigua. Il Consiglio europeo ha dato mandato alla Commissione e ai ministri dell'energia di contattare con urgenza gli attori del settore energetico e “discutere, se e come, le opzioni di breve periodo presentate dalla Commissione (…) contribuiscano a ridurre il prezzo del gas e affrontare il suo effetto contagio sui mercati dell'elettricità”. Quali opzioni? Bonus ai consumatori, riduzioni fiscali, acquisti comuni, riduzione di accise e Iva, tetto ai prezzi, misure regolamentari. Le decisioni dovrebbero non dovrebbero arrivare prima di maggio. Come spieghiamo sul Foglio, uno degli ostacoli principali a una svolta sulle politiche dell'Ue sull'energia è la Germania. Il governo di Olaf Scholz vuole uscire dalla dipendenza dagli idrocarburi (“è irreversibile”, ha detto il cancelliere), ma teme la recessione e lo smantellamento dell'attuale mercato europeo dell'energia con i suoi incentivi per il Green deal. Nel dibattito a porte chiuse, Mario Draghi e Pedro Sánchez hanno espresso tutta la loro irritazione verso le posizioni di Germania e Paesi Bassi.

La Spagna strappa una piccola concessione sull'elettricità - Almeno al Consiglio europeo è stata raggiunta un'intesa sulla proposta della Commissione di stoccaggio di gas per l'inverno (80 per cento entro il primo novembre e 90 per cento dell'anno prossimo) e la possibilità di acquisti congiunti volontari (in particolare per il Gas naturale liquefatto). Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, tuttavia ha ottenuto una piccola concessione e una possibile eccezione per la penisola Iberica sul sistema del prezzo marginale che lega il prezzo dell'elettricità a quello del gas. Ma le condizioni sono talmente strette che non è detto che la Commissione accetti l'eccezione iberica. Lorenzo Consoli, storico giornalista della sala stampa dell'Ue, su Askanews ha tutti i dettagli della vittoria dimezzata di Sanchez.

Accordo sul nucleare molto vicino (o forse no) - Sabato l'Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha detto che un'intesa con l'Iran per salvare l'accordo nucleare del 2015 è "molto vicino". "Spero sarà possibile", ha detto Borrell al Doha Forum, spiegando che l'intesa potrebbe essere "una questione di giorni". Ieri il vicesegretario generale del Servizio europeo di azione esterna, Enrique Mora, era a Teheran per incontrare il capo-negoziatore iraniano, Bagheri Kani, e cercare di chiudere gli ultimi dettagli. Nelle stesse ore, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, era in Israele per rassicurare il premier, Yair Lapid, che i due paesi "continueranno a  lavorare insieme per impedire un Iran nucleare". Ed ecco che, sempre ieri, il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Hossein Amir-Abdollahian, in un successivo incontro ha detto a Mora che la mancanza di una decisione politica degli Stati Uniti sulla fine delle sanzioni rappresenta un ostacolo per l'intesa.

Il laburista Abela vince le elezioni a Malta - Il primo ministro maltese, Robert Abela, ieri ha rivendicato la vittoria per il suo Partito laburista nelle elezioni legislative a Malta. Il vantaggio sul partito nazionalista guidato da Bernard Grech sarebbe ulteriormente aumentato rispetto alle precedenti elezioni del 2017, malgrado i diversi scandali che hanno colpito il predecessore di Abela, Joseph Muscat, compreso l'assassinio della giornalista Daphne Caruana Galizia. I risultati definitivi sono attesi in mattinata. Davanti a una folla di migliaia di persone, Abela ha promesso "umiltà" alla guida del prossimo governo. Abela ha anche chiesto all'opposizione e ai suoi sostenitori di "lavorare insieme in spirito di unità nazionale per continuare a portare avanti il nostro paese".
 
La Spd di Scholz strappa il Saarland alla Cdu - La Spd di Olaf Scholz ieri ha trionfato nelle elezioni regionali del Saarland strappando questo Land al confine con la Francia alla Cdu per la prima volta in 23 anni. Secondo i risultati preliminari, la Spd ha ottenuto il 43,5 per cento dei voti, il 13,9 per cento in più di cinque anni fa, mentre la Cdu si è fermata al 28,5 per cento, 12,2 punti in meno rispetto al 2017. Tra gli altri partiti solo l'estrema destra di Alternativa per la Germania ha superato la soglia di sbarramento con il 5,7 per cento, mentre i Verdi e i liberali della Fdp non avrebbero superato il 5 per cento per pochi voti. Per Scholz è il primo successo dopo le elezioni federali di settembre. La perdita del Saarland è uno schiaffo enorme per il nuovo leader della Cdu, Friedrich Merz, e il premier uscente del Land, Tobias Hans, che dovrà lasciare il posto alla socialdemocratica, Anke Rehlinger.

Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 28 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


Titolo: Esistono diversi modi di "fare male" all'Europa: Massacrarne una parte ...
Inserito da: Arlecchino - Marzo 30, 2022, 02:50:44 pm
ARLECCHINO Euristico.
Pubblicato da Gianni Gavioli   · 01tm4u9ip0aofs0o0r ehl  ·

Esistono diversi modi di "fare male" all'Europa:
Massacrarne una parte importante, invadendola, non importa se possederla tutta e subito. Basta fare danni e ricattarla con armi improprie per un mondo civile che non esiste.


Farla invadere da milioni di profughi provenienti da paesi più diversi, a loro volta vittime di guerrafondai.

Lasciare che la malavita organizzata l'invada di droghe d'ogni tipo e con il ricavato si infiltri nei segmenti produttivi.

Ma l'Europa soffre anche di una malattia interna, la carenza di personalità da grande Potenza confederata dotata di precise configurazioni unitarie.

Nelle ammucchiate umane c'è sempre qualcuno, poco sensibile all'igiene personale, che disturba.
Nell'Unione Europea ci sono Stati che l'armonia di intenti pensano sia il tintinnare dei soldi, che carpiscono, dal mucchio.

Esattamente come certe Regioni in Italia.
ciaooo


da – Meta del 30 marzo 2022


Titolo: Non so se sono visibili i post di cui parlo, ne ho avuto diversi cancellati ...
Inserito da: Arlecchino - Aprile 03, 2022, 11:55:18 pm
L'ho pensato appena ho espresso questo pensiero su come uscire dalla guerra di Putin.
Neutralità dell’Ucraina garantita con pesanti penali per chi la infrange.

Che poi è ovvio visti i vicini che si ritroveranno.
Avevo anche aggiunto che uno dei garanti al tavolo della Pace Ucraina dovesse essere la CINA.

Non so se sono visibili i post di cui parlo, ne ho avuto diversi cancellati o mai pubblicati da Meta/FB .
Ma non importa lo scrivo di nuovo adesso.

Speriamo si faccia!
ciaooo
da Fb/Meta Marzo 2022


Titolo: Lo sfascismo di Orban non ha vinto, ha ancora ingannato il suo popolo/gregge
Inserito da: Admin - Aprile 12, 2022, 11:37:44 am

A una settimana dalle elezioni politiche in Ungheria, Viktor Orbán sembra sicuro di ottenere la quarta vittoria consecutiva e prolungare il suo lungo regno. Ma la deriva del primo ministro ungherese verso Vladimir Putin, la sua politica pro-Cina e la contestazione sempre più aperta della democrazia liberale e dello stato di diritto stanno compromettendo le relazioni di Orbán con i suoi alleati storici nell'Unione europea. Il gruppo dei quattro di Visegrad (il V4 come viene chiamata l'alleanza informale tra Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia) si sta sfaldando.
 
Nel corso del 2021 i governi di Praga e Bratislava avevano preso le distanze da Budapest e Varsavia sullo stato di diritto. Tuttavia, Orbán poteva ancora contare sulla relazione speciale con il premier polacco, Mateusz Morawiecki, e il Partito Legge e Giustizia (PiS) al governo in Polonia, grazie alla causa comune nel braccio di ferro comune contro Bruxelles nello stato di diritto. La guerra in Ucraina ha lasciato Orbán completamente isolato. Il veto dell'Ungheria alle sanzioni contro gas, petrolio e carbone e il rifiuto del premier ungherese di fornire e far transitare armi sul suo territorio hanno provocato una rottura difficilmente sanabile sia con la Polonia sia dentro il V4.
 
Venerdì è stata la ministra della Difesa della Repubblica ceca, Jana Černochová, ha sparare una salva politica contro Orbán annunciando il boicottaggio di una riunione del V4 in Ungheria per protestare contro le scelte del premier ungherese sull'Ucraina. “Non andrò personalmente in Ungheria per un incontro dei ministri della Difesa del V4 mercoledì e giovedì”, ha spiegato Černochová su Twitter. La ministra è esponente del Partito democratico civico di centrodestra (Ods), diretto dal primo ministro ceco, Petr Fiala, che aveva deciso di partecipare al viaggio in treno a Kiev per incontrare Volodymyr Zelensky organizzato da Morawiecki.
 
Černochová ha lasciato intendere che l'incontro del V4 è a fine di propaganda elettorale: “Hanno le elezioni la prossima settimana e non è giusto che io partecipi alla campagna lì. Ho sempre sostenuto il V4”, ma “mi dispiace molto che il petrolio russo a buon mercato sia più importante per i politici ungheresi del sangue ucraino”, ha detto Černochová. La scorsa settimana, Orbán ha annunciato il veto su un embargo dell'Ue su petrolio e carbone russi perché metterebbero “a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ungheria”.

Giovedì, come spiega Paola Peduzzi sul Foglio, era stato Zelensky ad attaccare direttamente Orbán durante il suo straordinario intervento al Consiglio europeo. Rivolgendosi ai capi di stato e di governo, il presidente ucraino ha ringraziato uno per uno ventisei stati membri dell'Ue per il sostegno più o meno intenso all'Ucraina di fronte all'aggressione di Putin. Poi è arrivato al ventisettesimo. “Ungheria, mi voglio fermare qui ed essere onesto. Una volta e per tutte. Tu devi decidere da solo con chi stai. Sei uno stato sovrano”, ha detto Zelensky rivolgendosi a Orbán. “Sono stato a Budapest. Adoro la tua città. L'ho visitata molte volte. E' bellissima e che accoglienza la gente. Avete avuto momenti tragici della nostra storia. Ho visitato il memoriale, le scarpe sulla riva del Danubio sulle uccisioni di massa”, ha detto Zelensky: “Ascolta Viktor, sai cosa succede a Mariupol? Per favore, se puoi, vai sulla riva del fiume. Guarda quelle scarpe. E vedrai come le uccisioni di massa possono accadere di nuovo. E' quello che fa la Russia oggi. Le stesse scarpe, A Mariupol, ci sono gli stessi esseri umani. Adulti e bambini, nonni e sono migliaia.

E migliaia sono morti.
E tu esiti a imporre sanzioni o no? Esiti a far passare delle armi? Esiti a fare commercio o meno? Non è tempo di esitare. È tempo di decidere”, ha concluso Zelensky.
 
Orbán ieri ha reagito screditando il presidente ucraino. “Sono un giurista, che lavora con le conoscenze che ho raccolto nel mondo del diritto. Qualcuno che è un attore lavora con le conoscenze che ha raccolto come attore”, ha detto Orbán. L'opposizione in Ungheria ha reagito con un comunicato: “Secondo Orbán, Zelensky è un attore. Secondo noi, è uno statista. Secondo Orbán, lui è un giurista. Secondo noi è un ladro”. Il clima è quello di campagna elettorale.
 
Il candidato dell’opposizione Péter Márki-Zay sta cercando di presentare il voto di domenica come un referendum tra Putin e l'Ue. Márki-Zay ha accusato il primo ministro di aver tradito gli ungheresi scegliendo Putin al posto dell'Ue e della Nato. “Non lasciate che l'Ungheria venga dirottata” dal suo percorso occidentale. “Il 3 aprile scegliamo l'Europa!”, ha detto Márki-Zay. Gli ultimi sondaggi, che risalgono a un mese fa, davano il Fidesz leggermente in testa sulla coalizione dell'opposizione. Ma, per come sono stati disegnati i collegi elettorali, Márki-Zay avrebbe bisogno di vincere con almeno 4 punti percentuali di vantaggio per ottenere la maggioranza assoluta dei deputati.

Macron contro Biden sul macellaio Putin - Il presidente americano, Joe Biden, aveva partecipato ai vertici di Nato, G7 e Ue per mostrare l'unità del fronte occidentale. Ma un paio di frasi di troppo di Biden durante la sua visita in Polonia sabato hanno provocato nuove fessure. Prima il presidente americano ha definito Vladimir Putin un "macellaio". Poi Biden ha detto che "questo uomo non può restare al potere" (costringendo anche la Casa Bianca a chiarire che l'obiettivo non è un cambio di regime). A Varsavia e in altre capitali dell'Europa orientale, Biden è stata applaudito. Ma nell'Europa occidentale le sue parole sono state accolte con grande freddezza. "Non utilizzerò questo tipo di espressioni perché continuo a discutere con il presidente Putin", ha detto Emmanuel Macron. "Non bisogna lanciarsi nell'escalation, né con le parole né nell'azione", ha detto Macron. Il presidente francese ha annunciato che nei prossimi giorni parlerà con Putin per cercare di convincerlo a dare il via libera a una missione umanitaria organizzata da Francia, Turchia e Grecia per evacuare Mariupol.

Von der Leyen e Trudeau lanciano una colletta per i rifugiati ucraini - La Commissione e il governo del Canada hanno annunciato sabato il lancio di una campagna mondiale per raccogliere fondi a favore delle persone che fuggono dall'invasione dell'Ucraina, in partenariato con l'organizzazione Global Citizen. L'obiettivo della campagna - battezzata "Agire per l'Ucraina" - è di mobilitare governi, istituzioni, artisti, imprese e cittadini privati. "L'Ue risponde ai bisogni di milioni di rifugiati che accoglie. E faremo ancora di più. Ma i bisogni sono talmente importanti" che serve "la solidarietà dei cittadini e dei governi del mondo intero", ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

I leader lanciano una consultazione pubblica sull'energia - I capi di stato e di governo venerdì hanno passato quasi otto ore a discutere di come rispondere all'aumento dei prezzi dell'energia. Tra scontri, minacce di alzarsi dal tavolo e mediazioni, alla fine è uscita una dichiarazione finale molto ambigua. Il Consiglio europeo ha dato mandato alla Commissione e ai ministri dell'energia di contattare con urgenza gli attori del settore energetico e “discutere, se e come, le opzioni di breve periodo presentate dalla Commissione (…) contribuiscano a ridurre il prezzo del gas e affrontare il suo effetto contagio sui mercati dell'elettricità”. Quali opzioni? Bonus ai consumatori, riduzioni fiscali, acquisti comuni, riduzione di accise e Iva, tetto ai prezzi, misure regolamentari. Le decisioni dovrebbero non dovrebbero arrivare prima di maggio. Come spieghiamo sul Foglio, uno degli ostacoli principali a una svolta sulle politiche dell'Ue sull'energia è la Germania. Il governo di Olaf Scholz vuole uscire dalla dipendenza dagli idrocarburi (“è irreversibile”, ha detto il cancelliere), ma teme la recessione e lo smantellamento dell'attuale mercato europeo dell'energia con i suoi incentivi per il Green deal. Nel dibattito a porte chiuse, Mario Draghi e Pedro Sánchez hanno espresso tutta la loro irritazione verso le posizioni di Germania e Paesi Bassi.

La Spagna strappa una piccola concessione sull'elettricità - Almeno al Consiglio europeo è stata raggiunta un'intesa sulla proposta della Commissione di stoccaggio di gas per l'inverno (80 per cento entro il primo novembre e 90 per cento dell'anno prossimo) e la possibilità di acquisti congiunti volontari (in particolare per il Gas naturale liquefatto). Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, tuttavia ha ottenuto una piccola concessione e una possibile eccezione per la penisola Iberica sul sistema del prezzo marginale che lega il prezzo dell'elettricità a quello del gas. Ma le condizioni sono talmente strette che non è detto che la Commissione accetti l'eccezione iberica. Lorenzo Consoli, storico giornalista della sala stampa dell'Ue, su Askanews ha tutti i dettagli della vittoria dimezzata di Sanchez.

Accordo sul nucleare molto vicino (o forse no) - Sabato l'Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ha detto che un'intesa con l'Iran per salvare l'accordo nucleare del 2015 è "molto vicino". "Spero sarà possibile", ha detto Borrell al Doha Forum, spiegando che l'intesa potrebbe essere "una questione di giorni". Ieri il vicesegretario generale del Servizio europeo di azione esterna, Enrique Mora, era a Teheran per incontrare il capo-negoziatore iraniano, Bagheri Kani, e cercare di chiudere gli ultimi dettagli. Nelle stesse ore, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, era in Israele per rassicurare il premier, Yair Lapid, che i due paesi "continueranno a lavorare insieme per impedire un Iran nucleare". Ed ecco che, sempre ieri, il ministro degli Esteri della Repubblica islamica, Hossein Amir-Abdollahian, in un successivo incontro ha detto a Mora che la mancanza di una decisione politica degli Stati Uniti sulla fine delle sanzioni rappresenta un ostacolo per l'intesa.

Il laburista Abela vince le elezioni a Malta - Il primo ministro maltese, Robert Abela, ieri ha rivendicato la vittoria per il suo Partito laburista nelle elezioni legislative a Malta. Il vantaggio sul partito nazionalista guidato da Bernard Grech sarebbe ulteriormente aumentato rispetto alle precedenti elezioni del 2017, malgrado i diversi scandali che hanno colpito il predecessore di Abela, Joseph Muscat, compreso l'assassinio della giornalista Daphne Caruana Galizia. I risultati definitivi sono attesi in mattinata. Davanti a una folla di migliaia di persone, Abela ha promesso "umiltà" alla guida del prossimo governo. Abela ha anche chiesto all'opposizione e ai suoi sostenitori di "lavorare insieme in spirito di unità nazionale per continuare a portare avanti il nostro paese".
 
La Spd di Scholz strappa il Saarland alla Cdu - La Spd di Olaf Scholz ieri ha trionfato nelle elezioni regionali del Saarland strappando questo Land al confine con la Francia alla Cdu per la prima volta in 23 anni. Secondo i risultati preliminari, la Spd ha ottenuto il 43,5 per cento dei voti, il 13,9 per cento in più di cinque anni fa, mentre la Cdu si è fermata al 28,5 per cento, 12,2 punti in meno rispetto al 2017. Tra gli altri partiti solo l'estrema destra di Alternativa per la Germania ha superato la soglia di sbarramento con il 5,7 per cento, mentre i Verdi e i liberali della Fdp non avrebbero superato il 5 per cento per pochi voti.
Per Scholz è il primo successo dopo le elezioni federali di settembre. La perdita del Saarland è uno schiaffo enorme per il nuovo leader della Cdu, Friedrich Merz, e il premier uscente del Land, Tobias Hans, che dovrà lasciare il posto alla socialdemocratica, Anke Rehlinger.

Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 28 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

Da - https://mailchi.mp/ilfoglio/orban-affossa-v4-per-putin?e=fbfc868b87


Titolo: La Francia e la Slovenia ieri hanno scelto l'Europa. Ma ci sono ancora problemi.
Inserito da: Arlecchino - Aprile 26, 2022, 11:38:32 am
La Francia e la Slovenia ieri hanno scelto l'Europa, infliggendo un duro colpo ai sostenitori della democrazia illiberali che vorrebbero minare l'Ue dall'interno. In Francia Emmanuel Macron ha superato nettamente Marine Le Pen nel secondo turno delle presidenziali. Il presidente uscente ha ottenuto il 58 per cento contro il 42 per cento della candidata del Rassemblement National. In Slovenia un nuovo partito ecologista e liberale, il Movimento per la libertà di Robert Golob, ha ottenuto la maggioranza relativa in Parlamento e dovrebbe riuscire a cacciare dal potere il primo ministro uscente, il populista di destra Janez Jansa. Il Movimento per la Libertà ha conquistato il 34 per cento e 40 seggi sui 90 del Parlamento sloveno contro il 24 per cento e 28 seggi del Partito democratico sloveno di Jansa (il Partito popolare cristiano ha ottenuto 8 seggi, i Socialdemocratici 7, la Sinistra 5, le minoranze 2). Fuori dai confini francesi e sloveni ci sono un vincitore e due sconfitti dopo i voti di ieri. A vincere è l'Ue, che avrà in Macron un leader europeista per i prossimi cinque anni, potenzialmente in grado di far avanzare ulteriormente il progetto comunitario. A perdere sono Vladimir Putin e Viktor Orbán. Il presidente russo non è riuscito a destabilizzare le elezioni in Francia. Il premier ungherese non solo ha scommesso sul cavallo sbagliato per l'Eliseo, ma vede ridursi il gruppo dei suoi potenziali alleati dentro il Consiglio europeo con l'uscita di Jansa.

Nelle ultime due settimane, l'Ue aveva iniziato a prendere seriamente il rischio di un successo di Le Pen e del terremoto che avrebbe provocato. Il sollievo per la vittoria di Macron è diventato subito evidente dalle dichiarazioni che sono state pubblicate appena uscite le proiezioni ieri. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, sono stati i più rapidi a fare le congratulazioni. "Un bravo caloroso caro Emmanuel Macron. In questo periodo tormentato, abbiamo bisogno di un'Europa solida e di una Francia totalmente impegnata per un'Ue più sovrana e più strategica", ha detto Michel. "Mi rallegro di poter continuare la nostra eccellente cooperazione. Insieme faremo avanzare la Francia e l'Europa", ha detto von der Leyen. Anche la presidente del Parlamento europeo, Roberto Metsola, ha voluto detto di non vedere "l'ora di continuare a lavorare nell'ambito della presidenza francese del Consiglio dell'Ue e al di là per affrontare le sfide di un mondo sempre più incerto e inquietante". Sintomo del rischio sistemico che una vittoria di Le Pen in Francia avrebbe potuto rappresentare per la zona euro, anche la presidente della Bce, Christine Lagarde, si è congratulata spiegando che "la forte leadership (di Macron) è essenziale in questi tempi incerti e la (sua) dedizione instancabile sarà molto necessaria per affrontare le sfide che abbiamo di fronte in Europa".

Quasi tutti i capi di stato e di governo dei ventisette si sono congratulati ieri sera con Macron. Per il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, gli elettori francesi hanno inviato un messaggio di "impegno forte per l'Europa".  Il premier olandese, Mark Rutte, si è rallegrato di poter proseguire "l'ampia e costruttiva cooperazione in seno all'Ue e alla Nato e rafforzare l'eccellente relazioni tra i nostri paesi". Secondo il premier belga, Alexander De Croo, i francesi hanno fatto "una scelta forte: hanno optato per delle certezze e per dei valori illuministici". Il presidente lituano, Gitanas Nauseda, ha detto di voler continuare a lavorare con Macron "per rafforzare ulteriormente l'europa e la Nato e difendere i valori democratici". Per il premier portoghese, Antonio Costa, “è cruciale contare sulla Francia per difendere il multilateralismo, la sicurezza, la lotta contro il cambiamento climatico e per impegnarsi nella costruzione di un'Europa umanista, più giusta, verde e prospera”. Fuori dall'Ue, anche il premier britannico, Boris Johnson, che con Macron ha avuto una relazione difficile a causa dei conflitti sulla Brexit, si è detto "felice di continuare a lavorare" con lui, spiegando che la Francia è uno degli alleati "più vicini" al Regno Unito.

La vittoria di Macron non risolve i problemi della Francia. Le Pen ha ottenuto il miglior risultato di sempre di un candidato dell'estrema destra. Per poter governare con le mani libere, Macron ha bisogno di una maggioranza anche all'Assemblea nazionale. Le elezioni legislative di giugno si annunciano ancor più combattute delle presidenziali. I partiti tradizionali sono praticamente scomparsi. Il panorama politico francese è diviso in tre blocchi di dimensioni simili: i centristi di Macon, l'estrema destra attorno a Le Pen ed Eric Zemmour e l'estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon. Ieri sera ai Campi di Marzo, Macron ha inviato un messaggio proiettato al futuro, circondandosi di bambini e giovani prima di salire sul palco davanti alla Tour Eiffel per il suo discorso di vittoria. Gli elettori hanno "fatto la scelta di un progetto umanista, ambizioso per l'indipendenza del nostro paese e per l'Europa", ha detto Macron. Ma, appena rieletto, il presidente ha promesso "una nuova era" che "non sarà la continuità" degli ultimi cinque anni. "Nessuno sarà lasciato sul bordo della strada", ha assicurato Macron. Il suo prossimo governo potrebbe essere orientato molto più a sinistra dei due precedenti.

Anche la Slovenia dovrebbe spostarsi a sinistra, ma partendo da molto più a destra, quella di Janez Jansa, che in questi ultimi due anni di premier è stato accusato di minare le fondamenta della democrazia e dello stato di diritto del suo paese. Golob, il leader del Movimento per la libertà che ha sorpreso tutti superando di 10 punti il Partito democratico sloveno di Jansa, ha spiegato che "i cittadini vogliono davvero cambiare". Lo conferma il dato sull'affluenza che, al 68 per cento, è inusualmente alto per la Slovenia. Il Movimento per la libertà, che è nato solo a gennaio, dovrebbe allearsi con il Partito socialdemocratico o la Sinistra per formare il prossimo governo. Golob ha promesso di migliorare la sanità e una transizione a un'economia più verde. Soprattutto la Slovenia dovrebbe riallinearsi nell'Ue ai governi europeisti. La sconfitta di Jansa è quella del sovranismo orbanista. "I risultati sono quello che sono. Congratulazioni al vincitore relativo", ha detto ieri Jansa.

Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di lunedì 25 aprile, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


In arrivo il sesto pacchetto di sanzioni dell'Ue contro la Russia - Superate le elezioni presidenziali in Francia, questa settimana la Commissione dovrebbe inviare ai governi dell'Unione europea la sua proposta per il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia. Secondo le nostre fonti, tra le nuove misure dovrebbero esserci alcune restrizioni sulle importazioni di petrolio, anche se un embargo totale e immediato è improbabile. La Commissione ha lavorato a diverse opzioni sul petrolio: da un'uscita graduale (come accaduto per il carbone) a limitazioni per il greggio trasportato via mare e via terra (per preservare gli oleodotti che arrivano in Germania e alcuni paesi dell'est). Un'altra ipotesi è utilizzare una forma di tetto per il prezzo del petrolio russo, anche se la misura è di difficile applicazione. Un aiuto al campo anti embargo è arrivato dal segretario al Tesoro, Janet Yellen, che ha lanciato un avvertimento contro un divieto totale immediato perché “avrebbe un impatto dannoso sull'Europa e su altre parti del mondo”. Il sesto pacchetto di sanzioni dell'Ue potrebbe colpire anche Sberbank, una delle due banche con Gazprombank che finora non sono state escluse dal sistema di pagamenti internazionali Swift.

Michel ritiene che Putin non sia informato dalla sua cerchia - Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, venerdì mattina ha avuto una telefonata di novanta minuti con il suo omologo russo, Vladimir Putin. La discussione è stata “difficile”, ci ha detto una fonte dell'Ue, sottolineando che Michel è stato “inequivocabilmente chiaro” sul fatto che l'Ue fornirà “tutto il sostegno possibile all'Ucraina”. In un editoriale Il Foglio spiega che finalmente l'Ue ha deciso di parlare il linguaggio della forza con Putin. Fatto degno di nota: Michel ha elencato a Putin gli errori di calcolo che, a suo avviso, la Russia ha commesso e le perdite subite nell'offensiva contro l'Ucraina. Il presidente del Consiglio europeo è convinto che “non tutte le informazioni sono state condivise in modo trasparente con Putin” dai suoi sottoposti, ci ha detto la nostra fonte dell'Ue. Michel ha spiegato “le conseguenze brutali dell'aggressione sulla società russa. L'impressione è che non riceva le stesse informazioni dalle persone che lo circondano”, ha spiegato la fonte dell'Ue.

Gli europei pronti a offrire una garanzia di sicurezza limitata all'Ucraina - Nella sua conversazione con Putin, Michel ha anche testato il terreno sulla disponibilità del presidente russo ad accettare la neutralità dell'Ucraina e garanzie di sicurezza da parte degli occidentali in caso di accordo di pace. A quanto ci è stato riferito non c'è stata una risposta chiara di Putin. Ma siamo riusciti a capirne di più su che tipo di garanzia di sicurezza gli europei sono pronti ad offrire a Kyiv. Come spieghiamo sul Foglio, non sarà una clausola di difesa stile Nato in caso di aggressione, ma la promessa di fornire armi per permettere all'Ucraina di difendersi da sola.

Ue e Stati Uniti minacciano conseguenze per la Cina - Unione europea e Stati Uniti intendono continuare “a esortare la Cina a non eludere o indebolire le sanzioni contro la Russia e a non fornire alcuna forma di sostegno all'aggressione della Russia contro l'Ucraina”. Lo hanno detto il vicesegretario di Stato americano, Wendy Sherman, e il segretario generale del Servizio europeo di azione esterna, Stefano Sannino, in una dichiarazione congiunta al termine delle loro discussioni di giovedì e venerdì. Ma la frase più interessante del comunicato è quella successiva: Ue e Stati Uniti riaffermano “che tale sostegno avrebbe conseguenze sulle nostre rispettive relazioni con la Cina”.

Von der Leyen corteggia Modi con negoziati di libero scambio - La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, potrebbe offrire al primo ministro indiano, Narendra Modi, di rilanciare i negoziati su un accordo di libero scambio per tentare di allontanarlo dalla Russia di Vladimir Putin. Ieri von der Leyen ha iniziato una visita di due giorni in India. L'incontro con Modi è previsto per oggi. Secondo Bloomberg, con l'offerta dell'Ue di rilanciare i negoziati commerciali, permetterebbe di offrire un'alternativa all'India per diversificare la sua economia e le sue catene di approvvigionamento. Von der Leyen dovrebbe proporre anche la creazione di un consiglio tecnologia per discutere di protezione dei dati personali e digitalizzazione.

Kyiv irritata con l'Austria per il “no” allo status di candidato - Un portavoce ministero degli Esteri ucraino ieri ha espresso il suo disappunto per la possibilità che l'Austria metta il veto alla concessione dello status di paese candidato. Secondo diversi media, in un discorso sabato, il ministro degli Esteri austriaco, Alexander Schallenberg avrebbe detto di essere contrario alla concessione dello status di candidato al Consiglio europeo di giugno e all'adesione dell'Ucraina, preferendo altre forme di associazione con l'Ue.

Anche la Moldova ha risposto al questionario sull'adesione - Dopo l'Ucraina, venerdì anche la Moldova ha risposto alla prima parte del questionario sottoposto dalla Commissione sulla sua domanda di adesione all'Unione europea. “Facciamo un passo per avvicinarsi alla candidatura di adesione all'Ue”, ha detto la presidente moldava Maia Sandu, dopo aver consegnato il questionario all'ambasciatore dell'Ue, Janis Mazeiks. “Siamo pronti a fare la nostra parte rapidamente e diligentemente per dare alla Moldova una chance di un futuro migliore, più sicuro e più prospero”, ha detto Sandu.

Accordo sul Digital Services Act! - I negoziati del Parlamento europeo e la presidenza francese del Consiglio dell'Ue hanno raggiunto un accordo politico sul regolamento del Digital Services Act (Dsa), che insieme al Digital Markets Act (Dma) fisserà le nuove regole per operare nel settore digitale nell'Ue. "Con il Dsa aiutiamo a creare un ambiente online sicuro e responsabile. Le piattaforme dovranno essere trasparenti sulle loro decisioni di moderazione dei contenuti, impedire che la disinformazione pericolosa diventi virale ed evitare che prodotti non sicuri vengano offerti sui mercati", ha spiegato la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager: "Con l'accordo di oggi garantiamo che le piattaforme siano ritenute responsabili dei rischi che i loro servizi possono comportare per la società e i cittadini". Per la relatrice del Parlamento europeo, la socialista danese Christel Schaldemose, "i cittadini avranno un migliore controllo sul modo in cui i loro dati saranno utilizzati sulle piattaforme online e dalle grandi società digitali". "Con il Dsa, l'epoca in cui le grandi piattaforme online si comportano come se fossero 'troppo grandi per preoccuparsene' sta volgendo al termine", ha detto il commissario al Mercato interno, Thierry Breton: "Il Dsa non sarà una tigre di carta" e "siamo il primo continente a farlo". Il testo dell'intesa che deve essere confermata dalla plenaria del Parlamento europeo e dai governi al Consiglio.

Cosa prevede il Digital Services Act - Il Dsa si applicherà sia alle piattaforme (dai social network come Meta ai marketplace come Amazon) sia ai motori di ricerca (come Google), che dovranno adottare una serie di misure per proteggere gli utenti contro i contenuti, i prodotti e i servizi illeciti. Secondo il testo dell'intesa, i giganti del digitale dovranno reagire più rapidamente per ritirare i contenuti illeciti. I marketplaces come Amazon dovranno assicurarsi che i venditori forniscano informazioni affidabili e condurre maggiori controlli. Le piattaforme, compresi i motori di ricerca, dovranno essere più trasparenti sui sistemi di raccomandazione dei contenuti agli utenti e mettere a disposizione almeno un sistema di raccomandazione di contenuti che non sia basato sulla profilazione. La pubblicità mirata fondata su dati sensibili (orientamento sessuale, religione o origine etnica) sarà vietata, così come quella diretta ai minori. Il Dsa contiene anche nuovi obblighi sui contenuti pericolosi e la disinformazione: le  grandi piattaforme dovranno valutare e attenuare i rischi sistemici e sottoporsi ad audit indipendenti. In caso di crisi - come una minaccia alla sicurezza o alla salute pubblica - la Commissione potrà chiedere alle grandi piattaforme di circoscrivere la minaccia per un periodo limitato a tre mesi.  Le piattaforme e i motori di ricerca rischiano una multa fino al 6 per cento del fatturato mondiale, in caso di non rispetto delle regole. Per le grandi piattaforme con più di 45 milioni di utenti nell'Ue, sarà la Commissione ad avere il potere esclusivo di far rispettare le regole. Per le piccole e medie imprese online sono previsti tempi più lunghi per adeguarsi alle regole.



Il calendario della settimana in Europa

Lunedì 25 aprile
•   Commissione: la presidente von der Leyen in India incontra il premier Narendra Modi e interviene al Raisinia Dialogue
•   Commissione: la vicepresidente Jurova a Ginevra incontra l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet
•   Commissione: discorso del commissario Breton all'Industrial Forum
•   Commissione: il commissario Varhelyi a Zagabria
•   Commissione: il commissario Sinkevičius in Colombia (fino al 27 aprile)
•   Parlamento europeo: audizione dei commissari Urpilainen e Lenarcic alla commissione Sviluppo
•   Banca centrale europea: discorso di Fabio Panella alla Columbia University a New York
•   Eurostat: dati sulla produzione nel settore delle costruzioni; dati sul commercio extra-Ue delle materie prime nel 2021; dati sul trasporto modale nel 2020
Martedì 26 aprile
•   Commissione: il vicepresidente Timmermans e la commissario Johansson ricevono il sindaco di Firenze, Dario Nardella
•   Commissione: discorso del vicepresidente Schinas al Wilfried Martens Centre su come è cambiata la sicurezza europea dopo gli attacchi terroristici di Parigi e Bruxelles
•   Commissione: il commissario Breton a Roma
•   Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
•   Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sulla durata massima dei controlli alle frontiere interne di Schengen); sentenza sulla direttiva sul diritto d'autore)
•   Corte dei conti dell'Ue: rapporto speciale sulla protezione della proprietà intellettuale nell'Ue
•   Eurostat: pubblicazione delle eurostatistiche e dell'inflazione nel 2021; dati sul commercio internazionale di auto nel 2021; dati sulle cause di morte per gruppo di età nel 2019
Mercoledì 27 aprile
•   Commissione: riunione settimanale del collegio dei commissari
•   Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell in Cile (fino al 1 maggio)
•   Commissione: il commissario Varhelyi a Skopje
•   Commissione: il commissario Sinkevičius in Brasile (fino al 30 aprile)
•   Commissione: discorso della commissaria McGuinness alla Convenzione annuale dei mercati finanziari del Consiglio economico tedesco
•   Consiglio: riunione del Coreper
•   Corte di giustizia dell'UE: sentenza su Airbnb e la trasmissione dei dati sul volume d'affari delle transazioni turistiche)
•   Comitato delle regioni: sessione plenaria (dibattito sull'Ucraina con i sindaci di Mariupol e Melitopol, i commissari Ferreira e Lenarcic e il sindaco di Roma Gualtieri; dibattito sui rapporti con il Regno Unito con il commissario Sefcovic)
•   Eurostat: dati sulla mortalità e l'aspettativa di vita nel 2020
Giovedì 28 aprile
•   Commissione: il vicepresidente Timmermans riceve il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri
•   Commissione: la commissaria Johansson a Varsavia
•   Commissione: il commissario Varhelyi a Tirana
•   Parlamento europeo: conferenza dei presidenti con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg
•   Parlamento europeo: dibattito alla commissione Economica sul rapporto annuale della Bce con il suo vicepresidente Luis de Guindos
•   Parlamento europeo: audizione del vicepresidente Sefcovic davanti alla commissione Affari costituzionali
•   Parlamento europeo: audizione della commissaria Dalli davanti alla commissione Occupazione e affari sociali
•   Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
•   Comitato delle regioni: sessione plenaria (dibattito sulla promozione dei valori democratici con la commissaria Suica)
•   Banca centrale europea: pubblicazione del rapporto annuale 2021
•   Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sul trattamento dei dati personali da parte di Meta; sentenza sui vini importanti dalla Moldavia)
•   Eurostat: dati sui conti delle famiglie nel quarto trimestre del 2021; tasso di occupazione nel 2021; dati sulla fertilità nel 2020; dati sulle scuole nel 2020
Venerdì 29 aprile
•   Conferenza sul futuro dell'Europa: sessione plenaria (a Strasburgo)
•   Consiglio: riunione del Coreper
•   Eurostat: stima flash dell'inflazione ad aprile; stima flash del Pil della zona euro e dell'Ue nel primo trimestre del 2022; dati sui prezzi dell'elettricità e del gas nel secondo semestre del 2021; dati sulla disoccupazione regionale nel 2021; rapporto mensile sull'asilo a gennaio del 2022; dati sul trasporto aereo nell'agosto del 2021
•   Eurostat: webinar sulle statistiche nel mercato del lavoro
Sabato 30 aprile
•   Conferenza sul futuro dell'Europa: sessione plenaria (a Strasburgo)
Domenica 1 maggio
•   Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell a Panama (fino al 3 maggio)



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Titolo: Nonostante la vittoria di Emmanuel Macron su Marine Le Pen domenica, l'Unione..
Inserito da: Arlecchino - Aprile 27, 2022, 06:25:35 pm
Nonostante la vittoria di Emmanuel Macron su Marine Le Pen domenica, l'Unione europea si prepara ad altri due mesi di batticuore in vista di quello che in Francia chiamano “il terzo turno delle presidenziali”.
I francesi torneranno alle urne il 12 e 19 giugno per eleggere la nuova Assemblea nazionale. Il terzo turno delle presidenziali sono i due turni delle elezioni legislative. Con la nuova configurazione emersa dal voto presidenziale, con tre poli costituiti dal centro, dall'estrema destra e dall'estrema sinistra, la paura è che Macron si ritrovi costretto alla coabitazione con un governo antisistema o con un'Assemblea senza maggioranza. “La coabitazione sarebbe un problema per l'approvazione di alcune misure faro della legislatura europea”, ci ha detto ieri una fonte dell'Ue.
La Francia si troverebbe rappresentata da Macron al Consiglio europeo e da ministri di tendenze completamente diverse al Consiglio dell'Ue, che deve approvare le singole misure legislative. “Il pericolo è la paralisi”, ci ha spiegato la nostra fonte. Un esempio: è difficile immaginare che un governo guidato da Marine Le Pen o Jean-Luc Mélenchon accetti di dare il via libera a un accordo di libero scambio concluso dall'Ue. Ma il pericolo appare fortemente esagerato.

Il primo sondaggio sul terzo “turno delle presidenziali” è stato realizzato da Harris Interactive per Challenges. Al primo turno delle legislative, La République En Marche di Macron dovrebbe ottenere il 24 per cento, davanti al Rassemblement National di Le Pen con il 23 per cento e la France Insoumise di Mélenchon con il 19 per cento. Più indietro arrivano i gollisti dei Républicains con (8 per cento), i Verdi (8 per cento), la Reconquete di Eric Zemmour (7 per cento) e il Partito socialista (3 per cento). Il risultato in termini di seggi potrebbe sembrare sorprendente alla luce del primo turno delle presidenziali, ma non per chi conosce le meccaniche elettorali in Francia. Ci sono due scenari. Nel primo, senza alleanze tra i vari partiti dei tre poli, La République En Marche otterrebbe tra i 328 e i 368 seggi. Il Rassemblement National si fermerebbe a 75-105 seggi. I Républicains avrebbero 35-65 seggi. La France Insoumise strapperebbe solo 25-45 seggi, poco più del Partito socialista con 20-40 seggi. Nel secondo scenario, con alleanze compatte attorno ai tre poli, i centristi di Macron (con i gollisti) otterrebbero tra i 326 e i 366 seggi. Il polo di estrema destra attorno a Le Pen (con Zemmour) avrebbe 117-147 seggi. Il polo di estrema sinistra di Mélenchon (con i socialisti e i Verdi) si fermerebbe a 73-93 seggi. Sul Foglio Mauro Zanon racconta come alle legislative destra e sinistra radicali vogliono la rivincita contro Macron. Ma, in entrambi gli scenari, Macron avrebbe la maggioranza assoluta all'Assemblea nazionale.

Due mesi sono lunghi e tutto può cambiare. Ma anche a livello europeo i timori di Macron con le mani legate da una coabitazione potrebbero essere esagerati. Il presidente siede comunque al Consiglio europeo e ha libertà di scegliersi il primo ministro e il ministro degli Esteri. La politica estera e i grandi orientamenti sull'Ue rimarrebbero di prerogativa di Macron. Sul Foglio spieghiamo che la rielezione di Macron apre le porte a un nuovo periodo di ristrutturazione dell'Ue. Ci sono i cantieri già aperti su impulso del presidente francese. Anche i più scettici si sono convinti della necessità dell'autonomia strategica. Ci sono nuovi cantieri da aprire, compresa l'ipotesi di una riforma dei trattati sull'onda della Conferenza sul futuro dell'Europa. In campagna elettorale, Macron non ha delineato le sue intenzioni europee. Le nuove proposte di Macron sull'Ue potrebbero arrivare il 9 maggio, festa dell'Europa e giorno di chiusura della Conferenza sul futuro dell'Europa. Il momento è doppiamente simbolico, e probabilmente dunque anche i contenuti. Quel giorno Vladimir Putin farà sfilare i carri-armati per le strade di Mosca per celebrare la Giornata della Vittoria in piena guerra contro l'Ucraina.

Nel frattempo in Francia si discute molto di come sarà il secondo mandato di Macron sul piano nazionale. Sul Foglio Paola Peduzzi spiega come il presidente ambisca al monopolio dei cuori percorrendo la strada dei dibattiti per ricucire una Francia a pezzetti. Sempre sul Foglio Marina Valensise ha interrogato Nicolas Baverez: il politologo spiega che per federare le anime diverse dei francesi e colmare le fratture della società serve meno Jupiter e più proximité. Fuori dai confini francesi e dell'Ue, il premier britannico, Boris Johnson, ieri ha lasciato intendere di volere un reset delle relazioni con Macron. "Condividiamo una prospettiva comune, molto simile, e l'unità dell'Occidente, l'unità della Nato, è assolutamente vitale per la posizione che abbiamo preso contro Putin. E questo ora continuerà", ha detto Johnson. Ma non sarà una nuova intesa cordiale. "La nostra prima sfida non è la relazione tra il Regno Unito e la Francia", ha già detto il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire.



Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 26 aprile, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.



La Commissione aspetta il nuovo governo in Slovenia prima di congratularsi - Contrariamente a quanto accaduto per Emmanuel Macron, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, non ha inviato un messaggio di congratulazioni al vincitore delle elezioni in Slovenia. Robert Golob, con il suo neonato Movimento per la libertà, è riuscito a cacciare il premier nazionalista, Janez Jansa, liberando l'Ue di un orbaniano. Una fonte ci ha spiegato che la Commissione intende aspettare la formazione del nuovo governo sloveno prima di congratularsi. Così vuole la prassi. Il caso francese è diverso perché l'elezione del capo dello stato avviene per suffragio universale diretto e non c'è bisogno di un voto di fiducia in Parlamento.
 
Per Lavrov il pericolo di un conflitto nucleare è "reale" - La Russia di Vladimir Putin è tornata ieri a minacciare implicitamente un conflitto nucleare con l'occidente per il suo sostegno all'Ucraina, come sempre a modo suo, attribuendo ad altri la responsabilità. "Non voglio alzare questi rischi artificialmente. Molti lo vorrebbero", ha detto il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, in un'intervista televisiva, secondo la trascrizione fornita dal suo ministero. "Il pericolo è serio, reale. E non dobbiamo sottovalutarlo", ha detto Lavrov, aggiungendo che la Russia vuole ridurre i rischi di conflitto nucleare. Sul Foglio Cecilia Sala spiega che nel Donbas l'offensiva della Russia va a rilento, in una ripetizione degli errori della prima fase della guerra di Putin.
 
Esplosioni in Transnistria - Alcune esplosioni hanno colpito ieri la sede dei servizi di sicurezza della Transnistria, due giorni dopo che la Russia ha parlato della possibilità di un intervento in questa regione separatista della Moldova denunciando l'oppressione dei russofoni. La Transnistria è controllata da separatisti pro-russi e ospita basi e depsoiti di armi russe al confine occidentale dell'Ucraina. Sul Foglio Micol Flammini spiega i rischi di trascinare anche la Moldova nella guerra contro l'Ucraina.
 
La candidatura di Finlandia e Svezia alla Nato a metà maggio - La guerra della Russia contro l'Ucraina sta spingendo Finlandia e Svezia a correre sempre più veloce per proteggersi sotto l'ombrello di sicurezza della Nato. Secondo il quotidiano finlandese Iltalehti, i governi di Finlandia e Svezia potrebbero presentare la loro domanda di adesione alla Nato a partire dal 16 di maggio per poter ottenere il via libera al vertice dell'Alleanza atlantica di giugno. Nel frattempo, secondo il giornale svedese Aftonbladet, la Svezia avrebbe ottenuto da Stati Uniti e Regno Unito garanzie di sicurezza nel lasso di tempo che interverrà tra la domanda di adesione e l'ingresso effettivo nella Nato.

La leader della Spd chiede a Schröder di dimettersi dal partito - La leader della Spd in Germania, Saskia Esken, ha chiesto all'ex cancelliere Gerhard Schröder di lasciare il partito, dopo che in un'intervista al New York Times l'ex cancelliere ha confermato di non avere l'intenzione di dimettersi dalla presidenza di Rosneft e Nord Stream. Dimettersi da questi incarichi "sarebbe stato necessario per salvare la sua reputazione di ex cancelliere", ha detto Esken alla Deutschlandradio: "Purtroppo non ha seguito questo consiglio". A Esken è stato chiesto se Schröder debba rinunciare alla sua iscrizione alla Spd. "Dovrebbe", è stata la risposta. Secondo Esken, "Schröder ha agito per diversi anni come uomo d'affari e dobbiamo smettere di considerarlo come un vecchio statista, un ex cancelliere. Ha guadagnato soldi con il lavoro per le imprese di stato russe e la sua difesa di Vladimir Putin dall'accusa di crimini di guerra è assolutamente assurda", ha spiegato Esken, che condivide la leadership della Spd con Lars Klingbeil. In un editoriale Il Foglio spiega che la Spd si è finalmente svegliata su Schröder, ma dovrebbe svegliarsi anche su Olaf Scholz.

Un nuovo mandato a Eurojust per i crimini di guerra - La Commissione ieri ha proposto di modificare il regolamento Eurojust per dare all'agenzia la possibilità di raccogliere, conservare e condividere prove di crimini di guerra. La proposta arriva nel contesto della guerra della Russia contro l'Ucraina. Secondo la Commissione, a causa del conflitto, è difficile stoccare e conservare le prove in sicurezza in Ucraina ed è dunque meglio portarle fuori dal paese per permettere di sostenere le inchieste e i procedimenti delle autorità giudiziarie europee e internazionali contro i responsabili di crimini di guerra. “Dobbiamo rafforzare Eurojust affinché disponga degli strumenti necessari per far fronte all'ampiezza delle atrocità commesse in Ucraina”, ha detto la vicepresidente della Commissione, Vera Jourová. Il mandato di Eurojust sarà modificato anche per permettere all'agenzia di cooperare direttamente con la Corte penale internazionale.

Von der Leyen corteggia l'India con la carta rivalità con la Cina - L'esito della guerra della Russia contro l'Ucraina “non determinerà solo il futuro dell'Europa, ma avrà un impatto profondo anche sulla regione Indo-Pacifico”, ha detto ieri la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in una visita a Nuova Delhi per rafforzare i legami tra l'Ue e l'India. Nei suoi incontri con il premier Narendra Modi e in un discorso pubblico, von der Leyen ha giocato la carta della rivalità con la Cina per cercare di allontanare l'India dalla Russia. “La Russia e la Cina hanno forgiato un patto senza restrizioni”, ha spiegato von der Leyen: “Hanno dichiarato che la loro amicizia è senza limiti (…)”. Ue e India “sono le due più grandi democrazie al mondo” e “dobbiamo tutti scegliere se vogliamo che una Terra Nova sia un luogo selvaggio, pericoloso e invivibile o una casa migliore per tutta l'umanità. Sono convinta che le democrazie avranno un ruolo cruciale da svolgere nella definizione del mondo di domani”, ha detto von der Leyen nel suo discorso al Raisina Dialogue.

Von der Leyen offre a Modi un Consiglio commercio e tecnologia - Nel loro incontro di ieri von der Leyen e Modi hanno annunciato un accordo per lanciare un Consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia. Fatto simbolico: “Questo è il secondo Consiglio commercio e tecnologia dopo quello con gli Stati Uniti”, ha spiegato la portavoce della Commissione: “Questo dimostra l'importanza che diamo alla relazione con l'India”. Questo meccanismo di coordinamento strategico dovrebbe consentire a entrambi i partner di discutere le sfide legate al commercio, alle nuove tecnologie e alla sicurezza sicurezza, rafforzando in tal modo la cooperazione in questi settori. Secondo il comunicato della Commissione, von der Leyen e Modi hanno “riconosciuto come il rapido evolversi del contesto geopolitico evidenzi la necessità di un impegno strategico congiunto e approfondito” tra Ue e India: “L'istituzione del Consiglio Ue-India per il commercio e la tecnologia è un passo fondamentale nella direzione di un partenariato strategico rafforzato”. Il portavoce della Commissione, tuttavia, non ha precisato quando e come verrà lanciato il nuovo Consiglio Ue-India.

Il Twitter di Musk alla prova del Dsa - Elon Musk da ieri sera è il nuovo e unico proprietario di Twitter, dopo che il consiglio di amministrazione del social network ha accettato un'offerta da 44 miliardi di dollari. Musk ha subito twittato il suo programma: "La libertà di parola è il fondamento di una democrazia funzionante, e Twitter è la piazza digitale dove questioni vitali per il futuro dell'umanità sono dibattute". Musk vuole migliorare Twitter con nuove funzioni, rendere gli algoritmi open source per aumentare la fiducia, sconfiggere i bot che spammano e autenticare tutti gli utenti umani. "Twitter ha un potenziale tremendo", ha detto Musk. Ma sulle due sponde dell'Atlantico c'è preoccupazione che la libertà di parola versione Musk si trasformi in libertà di disinformazione, propaganda e odio. La trasformazione di Twitter con Musk potrebbe rivelarsi il primo banco di prova del Digital Services Act (Dsa), su cui Parlamento europeo e governi hanno appena trovato un'intesa. "Ci sono cose interessanti in quello che Musk vuole fare per Twitter, ma ricordiamo che il Dsa - e dunque l'obbligo di lottare contro la disinformazione, l'odio online, eccetera - si applicherà a prescindere dall'ideologia del suo proprietario", ha detto il segretario di stato francese per la Transizione digitale, Cédric O.

La Commissione approva 2 miliardi di aiuti di stato per la 5G in Italia - La Commissione ieri ha approvato un regime da 2 miliardi di euro di aiuti di stato che l'Italia ha messo a disposizione attraverso il piano nazionale per la ripresa e la resilienza per la diffusione di reti mobili 5G ad alte prestazioni. Grazie a questi aiuti “i consumatori e le imprese potranno accedere a servizi 5G di alta qualità, contribuendo alla crescita economica del paese e agli obiettivi strategici dell'Ue relativi alla transizione digitale”, ha detto la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager. Gli aiuti, validi fino al 2026, assumeranno la forma di sovvenzioni dirette a favore dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica per finanziare la realizzazione di reti di backhaul e delle stazioni di base necessarie alla fornitura di servizi mobili 5G.

Veicoli a motore e giocattoli in cima alla lista dei prodotti pericolosi - Il commissario alla Giustizia, Didier Reynders, ieri ha presentato la relazione annuale sul Safety Gate, il sistema di allarme rapido dell'Ue per i prodotti non alimentari pericolosi. In base alle segnalazioni notificate nel 2021, per la prima volta le automobili figurano in cima all'elenco dei prodotti pericolosi, seguite dai giocattoli e dagli apparecchi e dispositivi elettronici. Lo scorso anno, le segnalazioni nel sistema Safety Gate sono state 2.142. Per i veicoli a motore si è fatto prevalentemente ricorso al richiamo del prodotto a causa di problemi tecnici, mentre per i giocattoli ci si è incentrati sulla presenza di sostanze chimiche pericolose e di pile a pastiglia. I problemi più comuni segnalati per gli apparecchi e dispositivi elettrici riguardavano parti in tensione esposte e surriscaldamento. Inoltre, secondo la Commissione, nel contesto della pandemia di Covid-19, i dispositivi di protezione come le mascherine rappresentano ancora una parte considerevole dei prodotti pericolosi. In questo contesto, e dato il ruolo che giocano le piattaforme nelle vendite online, la Commissione  anche annunciato un nuovo strumento di vigilanza elettronica chiamato "web crawler" che aiuterà le autorità nazionali a intercettare le offerte online dei prodotti non sicuri segnalati nel Safety Gate.

La produzione nel settore delle costruzioni in crescita in febbraio - Da gennaio a febbraio la produzione nel settore delle costruzioni è cresciuta del 1,9 per cento nell'area euro e dell'1,1 per cento nell'Ue a 27, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat. Tra gli stati membri, gli aumenti maggiori sono stati registrati in Ungheria (+13,3 per cento), Slovenia (+8,4 per cento) e Austria (+5,3 per cento). L'Italia ha segnato un aumento del 3,9 per cento. Per contro la produzione nel settore delle costruzioni è scesa in Svezia (-11,4 per cento), Polonia (-6,0 per cento) e Germania (-0,7 per cento).


Da - https://mailchi.mp/ilfoglio/ue-terzo-turno-francia?e=fbfc868b87


Titolo: Durante la Seconda guerra mondiale va in scena l'Operazione Mincemeat: ...
Inserito da: Arlecchino - Maggio 10, 2022, 12:21:53 am
Roberto Cocchis ha commentato.
CroniStoria

30 Aprile 1943

Durante la Seconda guerra mondiale va in scena l'Operazione Mincemeat: il sottomarino britannico HMS Seraph emerge nel Mediterraneo al largo della costa spagnola rilasciando un cadavere con addosso falsi piani di invasione e vestito con un'uniforme da ufficiale del controspionaggio britannico
Ideata dal capitano della marina britannica Ewen Montagu, il quale pare si ispirò ad un racconto di Ian Fleming al tempo suo collega nel servizio segreto navale di Sua Maestà, l'Operazione Mincemeat, tradotta dall'inglese "Carne trita", fu un piano condotto dai Servizi segreti britannici allo scopo di far credere all'esercito nazista l'imminenza di sbarchi alleati in Grecia e Sardegna e che la Sicilia sarebbe stata utilizzata a sua volta come semplice diversivo per distrarre le forze dell'asse dai veri obiettivi principali degli anglo-americani. Il piano inglese e statunitense consistette nel far giungere alla deriva, sulla costa Spagnola nei pressi di Huelva, il corpo esanime di quella che sembrava la vittima di un incidente aereo, un tale "William Martin" (il corpo in realtà era quello del suicida gallese, Glyndwr Michael, morto per avvelenamento da topicida) vestito con la divisa di maggiore dei Royal Marines ed appartenente al Combined Operation Command alleato e con indosso alcuni documenti top-secret, chiaramente dei falsi, nella speranza che i servizi segreti nazisti abboccassero all'inganno e fossero depistati. I due documenti chiave che dovevano essere ritrovati dai nazisti e che vennero creati appositamente per confezionare l'inganno erano due lettere: la prima, il documento principale, era quella del vicecapo di stato maggiore imperiale Archibald Nye indirizzata al comandante del 18º Gruppo di Armate Harold Alexander e faceva riferimento ad un'offensiva contro la Grecia e indicava falsamente come finto obiettivo la Sicilia.

Inoltre, in aggiunta, vennero indicati due (falsi) assalti chiamati operazione Husky (nome che venne dato poi effettivamente all'operazione di sbarco in Sicilia e che invece nella lettera veniva associato alla Grecia in modo che se i tedeschi avessero intercettato dei messaggi contenenti tale nome, avrebbero pensato ad un'operazione nel paese balcanico) ed operazione Brimstone (totalmente inventata e riferita ad un non precisato punto del Mediterraneo); la seconda, una missiva inviata dall'ammiraglio Louis Mountbatten, capo del Combined Operations, all'ammiraglio Cunningham, comandante navale alleato del Mediterraneo e nella quale Martin veniva indicato come un esperto di guerra anfibia in prestito all'esercito fino a quando "l'assalto è finito". Il documento inoltre conteneva una goffa battuta sulle sardine, che Montagu aveva inserito appositamente nella speranza che i tedeschi avessero visto questa come un riferimento a una probabile invasione della Sardegna. Infine, per rendere più credibile la messinscena sul cadavere vennero aggiunti numerosi effetti personali falsificati appositamente come le lettere della falsa fidanzata Pam, del padre e addirittura una falsa lettera di sollecito della Lloyds Bank.
La gendarmeria spagnola, una volta recuperato il cadavere, provvide a fare delle copie degli incartamenti che il presunto cadavere conteneva in una cartelletta legata alla cintura del suo trench e inviò tali documenti all'Abwehr Alolf Clauss che, consideratili autentici, provvide immediatamente ad informare i suoi diretti superiori. L'intero bluff ebbe successo e i nazifascisti disposero parte delle loro difese proprio come speravano gli alleati lasciando in parte sguarnita la Sicilia: il 14 maggio 1943 l'ammiraglio Karl Dönitz incontrò Hitler per discutere delle questioni relative all'avanzamento della guerra e della recente incontro avuto con il leader italiano Benito Mussolini e riferendosi ai documenti rinvenuti in Spagna ed appartenenti al maggiore William Martin come "ordine anglosassone", registrò che:
"Il Führer non è d'accordo con Mussolini che il punto di invasione più probabile è la Sicilia. Inoltre, ritiene che l'ordine anglosassone scoperto confermi l'assunto che gli attacchi pianificati saranno diretti principalmente contro la Sardegna e il Peloponneso"

Hitler, infatti, comunicò all'alleato italiano che la Grecia, la Sardegna e la Corsica dovevano essere difese "a tutti i costi" e che le truppe tedesche sarebbero state nella posizione migliore per svolgere tale lavoro. Verso la fine di giugno, il contingente delle truppe tedesche in Sardegna era raddoppiato a 10.000 unità, con aerei da combattimento come supporto; due divisioni panzer furono trasferite nei Balcani dal fronte orientale e siluri tedeschi furono trasferiti dalla Sicilia alle isole greche.

Infine, Sette divisioni tedesche si trasferirono in Grecia, portando il numero presente a otto, e in totale dieci divisioni furono inviate nei Balcani, portando il numero complessivo a diciotto. Il 9 luglio del 1943 gli alleati invasero la Sicilia dando il via all'Operazione Husky. Sembrerebbe che per un periodo considerevole successivo allo sbarco Hitler fosse ancora convinto dell'imminenza di un attacco alleato diretto ai Balcani e alla fine di luglio inviò il generale Erwin Rommel a Salonicco per preparare la difesa dell'intera regione. Quando l'Alto Comando tedesco comprese l'errore, era ormai troppo tardi per correre ai ripari.

Da Fb del 30 aprile 2022


Titolo: I Balcani Occidentali richiedono un grande impegno dell’Europa e dell’Italia
Inserito da: Arlecchino - Maggio 21, 2022, 09:10:37 pm
Dibattito:
La Ue e i Balcani: la scommessa dell'allargamento
I Balcani Occidentali richiedono un grande impegno dell’Europa e dell’Italia

Lodovico Sonego
Già Presidente della Delegazione parlamentare italiana presso la Central European Initiative

Oltre il desiderio e la retorica
Il CeSPI propone un aggiornamento sui Balcani Occidentali con un documento che, premesse varie affermazioni, sollecita il dibattito con alcune domande. Fra le affermazioni vi è: “Una piena appartenenza della Serbia all’Unione europea potrà evitare il rischio che Belgrado sia attratta in altre orbite”, e poi “E’ l’inclusione europea che sollecita Serbia e Kosovo a normalizzare le loro relazioni.”. Le asserzioni citate vanno discusse.
L’europeismo dei paesi fondatori, a volte collocato in un’area che sta tra desiderio e retorica, ritiene che l’ingresso nelle istituzioni comunitarie sia di per sé un fattore stabilizzante e di adesione ai valori liberaldemocratici dell’Occidente. Gli anni più recenti e le esperienze di Polonia, Ungheria, Cechia hanno svelato che per i longevi governi eletti in quei paesi l’Ue è certamente una scelta di campo occidentale, ma non liberaldemocratica. Ancor più recentemente si è realizzato che vi sono paesi - i Frugali, Olanda in primis - che considerano certamente l’adesione all’Unione come una scelta di campo occidentale, liberaldemocratica, di utile partecipazione al più grande mercato unico ma assai meno come condivisione di un comune progetto propriamente politico. Oggi, in altri termini, ciò che davvero accomuna senza riserve i ventisette dell’Ue è l’opzione occidentale e del mercato unico; per unione politica e liberaldemocrazia ci sono geometrie e sfumature variabili.


È tuttora vero che The Balkans produce more history than they can consume, ossia che quella regione d’Europa è in grado di esportare consistenti criticità nell’intero continente ed è per questo, volendo invertire la bilancia commerciale della politica, che si cerca di indurre i Balcani ad importare l’opzione occidentale e la liberaldemocrazia tramite il processo di adesione all’Ue. Serbia e Bosnia Erzegovina, in misura minore il Kosovo per ragioni che vedremo, sono il banco di prova di questo programma di integrazione.
Serbia
Dal 1° marzo 2012 il Paese gode dello status di candidato all’Ue e dei 35 capitoli dell’istruttoria 2 sono stati provvisoriamente chiusi, 17 sono aperti e in corso d’esame; un processo da incoraggiare e sostenere. Molto difficile fare previsioni sul timing dell’intera istruttoria perché dipende dalla celerità delle riforme domestiche. Vi è tuttavia un’ulteriore questione, non formalizzata ma non per questo meno cogente. L’accesso all’Ue di tutti i paesi dell’ex blocco sovietico e della disciolta Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia è sempre stato preceduto dalla membership della NATO, l’unica eccezione è la Bulgaria che compie le due adesioni lo stesso giorno. L’ingresso in Europa è sempre preceduto cioè da un’opzione occidentale – transatlantica - netta e formalizzata ed è per questa ragione che oggi l’Unione appare divisa su molti aspetti ma non sull’appartenenza al blocco geostrategico di riferimento.
La Serbia non entra nella NATO perché non lo vogliono i cittadini e nemmeno le élite, la memoria dei bombardamenti su Belgrado comandati dal quartier generale di Mons ha del resto il suo peso, ma vi è di più; per varie ragioni che non vengono qui nemmeno richiamate il sentiment diffuso non è tale da consentire la scelta occidentale e la collocazione del Paese è pertanto quella di una discutibile neutralità, non certamente la neutralità dell’Austria di cui non è dubitabile la collocazione occidentale. Belgrado ha firmato accordi di collaborazione con la NATO ma la cooperazione militare con Mosca è molto più operativa e si traduce in forniture di alcuni MIG 29, vari carri T72 ed altro ancora. Gli incontri fra i due capi di stato e i due governi sono frequenti. Da un punto di vista formale accesso all’UE e adesione alla NATO sono del tutto disaccoppiati, ma quel decoupling è destinato ad esaurirsi man mano che l’Unione procede sulla strada di una politica estera comune che per forza di cose implica anche un’unica politica della sicurezza: e il momento della convergenza tra vecchi e nuovi requisiti di adesione potrebbe essere meno lontano di quanto si pensi.

Lo scorso 17 giugno il Consiglio dell’Unione Europea ha varato ambiziose Conclusions on Security and Defence: lecito prevedere che in assenza della Gran Bretagna quel programma potrà camminare con meno ostacoli e se paesi come gli ex Patto di Varsavia o Slovenia e Croazia lo criticheranno lo faranno semmai chiedendo maggiore assertività. La questione occidentale come argomento geostrategico assumerà un ruolo crescente nella vicenda serba e balcanica.
Bosnia ed Erzegovina
Dayton 1995 ha miracolosamente stabilizzato l’intera area dei Balcani occidentali dopo la stagione dei genocidi e della guerra guerreggiata. In realtà quell’intesa fu l’esito del massiccio ricorso NATO alla forza delle armi che consentì, in particolare, la complessa composizione dei rapporti nazionali e istituzionali che organizzano l’odierna statualità della Bosnia ed Erzegovina: due entità, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina e poi il Distretto di Brčko. Il miracolo Dayton si sta progressivamente esaurendo perché la complicata ingegneria istituzionale del Paese, frutto dell’accordo, impedisce qualsiasi evoluzione politica, economica, sociale, istituzionale. L’ordinamento costituzionale è tale, per fare solo un esempio, da permettere alla Republika Serpska di impedire l’adesione della BIH alla NATO invocando certe competenze demaniali che stanno in capo esclusivamente a ciascuna delle due entità. In queste condizioni sarà proibitivo dare corso alle riforme per entrare nell’UE il cui accesso è stato chiesto il 15 febbraio 2016.
La situazione non può che deteriorarsi. La Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina che raccoglie la quasi totalità dei serbi del Paese è rilevante per il ruolo interno ma merita attenzione pure per l’influenza che esercita su Belgrado; la Serbia e il suo Capo di stato Aleksandar Vučić sono i tutori della confinante entità serba ma volendo e dovendo svolgere questa funzione - anche quando il leader di quell’entità Milorad Dodik esaspera la contesa - finiscono per essere prigionieri della politica di Banja Luka per evitare di apparire troppo poco nazionalisti. Ne esce un legame abbastanza inestricabile tra le dinamiche bosniaco erzegovesi e quelle serbe, è una prigionia che indebolisce Vučić che qualche anno fa veniva percepito come un conservatore evoluzionista.
Dunque, una parte della vicenda serba si declina in Bosnia Erzegovina e mette in luce che anche per questa ragione i due grandi nodi dei Balcani occidentali stanno a Belgrado e Sarajevo.
Lungimiranza suggerisce che il secondo vada affrontato con un Dayton-2 che riscriva la costituzione della Bosnia Erzegovina; si tratta naturalmente di un notevole grattacapo che tuttavia è meno problematico del lento ma esiziale deterioramento che si è menzionato. Una nuova Dayton richiede un consistente ruolo politico dell’Europa ma, come nel 1995, l’imprescindibile ruolo politico, e non solo, degli Stati Uniti che confermano anche in questo modo la loro rilevanza nella regione. Di questo dirò qualcosa al punto successivo.
Le diplomazie
Lo scorso 10 luglio la questione kosovara è stata oggetto di un video vertice fra il Presidente francese Emmanuel Macron, la Cancelliera Angela Merkel, il Presidente serbo Aleksandar Vučić e il Primo ministro kosovaro Avdullah Hoti in supplenza del Presidente Hashim Thaci, chiamato in causa dalla Corte Penale Internazionale dell’Aia per crimini di guerra (l’azione della Corte dell’Aia è la ragione che ha causato il rinvio sine die del vertice convocato per il 27 giugno scorso a Washington dall’Inviato Speciale Presidenziale Richard Grenell. Vi avrebbero dovuto partecipare Aleksandar Vučić e Hashim Thaci. Il secondo ha rinunciato al viaggio proprio a causa dell’inchiesta penale internazionale). La conversazione non ha prodotto esiti se non un programma di ulteriori incontri che si svolgeranno con il patrocinio dell’alto rappresentante UE Josep Borrell e la collaborazione del suo inviato speciale Miroslov Lajcak. Viste le complessità l’esito era previsto, ma giova notare che il summit segna un utile rilancio del dialogo. Necessaria invece qualche presa d’atto di contesto.
In primo luogo, il tandem franco tedesco assume la guida del processo di normalizzazione ed integrazione dei Balcani. Ciò accade, in maniera apparentemente paradossale, poco dopo la “gaffe” con cui nel 2019 la Francia impresse una brusca frenata al processo di adesione, suscitando nell’Europa del Sud Est un sentimento antifrancese e disillusione verso l’Europa. In realtà, alla luce delle considerazioni espresse al punto 2, lo stop francese assume il significato del realismo e della prudenza a cui ha poi fatto seguito, e significativamente proprio su proposta francese, un nuovo approccio della Commissione europea, che il 5 febbraio 2020 lancia una politica per Rafforzare il processo di adesione - Una prospettiva europea credibile per i Balcani occidentali.


Il tandem franco tedesco non esclude il Processo di Berlino ma certamente lo ridimensiona con conseguenze che riguardano anche la funzione politica dell’Italia, che pure nei Balcani ha una presenza economica importante a cominciare dal ruolo dei propri gruppi bancari, di Terna, di varie imprese manifatturiere.
In altri termini si pone la questione di un profilo italiano che, ferma restando la condivisibile impostazione di fondo, sia più assertiva; ciò richiede alla guida politica del MAECI un’autorevolezza che negli anni è stata intermittente. Cancelleria, MAECI e Bundestag hanno utilmente riscoperto la crucialità dei Balcani nel 2014 dopo anni di negligenza motivata dalla presunzione che Dayton avesse risolto l’argomento; Berlino ha ripreso l’impegno ma a volte con conoscenza e comprensione discutibili. È accaduto per esempio che Cancelleria ed entrambe le ali del Bundestag appoggiassero con un filo di ingenuità la proposta di Aleksandar Vučić che puntava ad un’area di libero scambio tra Albania e i paesi dell’ex Jugoslavia non ancora Ue. Uno Zollverein propedeutico all’Ue. Ipotesi del tutto propagandistica se solo si pensa che implicava il riconoscimento serbo del Kosovo oppure l’esclusione di questi dall’accordo con vari risvolti, fra cui un problema in Albania. L’Austria, al contrario, esprime da sempre competenza e comprensione per le dinamiche balcaniche nonché uno sforzo organizzato per la propria presenza economica nella regione. L’elezione di Donald Trump con la ritirata degli Stati Uniti da molti scenari esteri ha fatto temere il disimpegno di Washington dal Sud Est europeo. In realtà il deep state di Pentagono e Dipartimento di Stato, nonché entrambi gli schieramenti del Congresso, hanno da subito confermato alle rappresentanze diplomatiche americane dell’area la continuità dell’impegno USA. A rafforzare l’ingaggio vi è stata la nomina due special envoy: l’Inviato Speciale Presidenziale Richard Grenell e il rappresentante Speciale per I Balcani occidentali Matthew Palmer. Entrambi molto attivi.
Vale la pena di aggiungere che nell’affollata varietà dei format diplomatici presenti nell’area vi è il 16+1 che include fra i sedici tutti i paesi del Sud Est Europa accanto agli stati membri Ue dell’ex blocco sovietico, e dove il +1 è Xi Jinping in persona, nonché la Three Seas Initiative nata su impulso di Croazia e Polonia e che ora include Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. La TSI è nata per iniziativa dei due paesi europei ma è ben presto stata molto influenzata dagli Stati Uniti: il Partito Repubblicano e il Presidente Donald Trump vi attribuiscono una considerevole importanza.
L’Unione Europea non apprezza, la Germania nemmeno, e a ragione.
Il Presidente della Commissione Romano Prodi completò con successo e sulla base di un percorso accelerato l’adesione di tutta la regione europea centro-orientale; l’allargamento, effettivamente assai rapido, fu poi criticato sotto più aspetti e il rimprovero riemerge anche oggi quando con riferimento ai newcomers si discute dello stato di diritto. La vera molla che spinse Prodi a quell’accelerazione fu il desiderio tutto politico di includere quei paesi di neonata democrazia nel contesto istituzionale, economico, di mercato regolamentato, valoriale dell’Unione Europea per evitare che diventassero una vasta regione del continente inclusa nello schema di un liberismo senza freni di tipo statunitense e dominato direttamente dalla leadership di Washington. Una grande regione europea che agisce da succursale USA. La TSI a guida americana si ripropone oggi quell’obiettivo in chiave anti Ue ed antirussa trovando orecchie attente per entrambi gli scopi.
NATO
Torniamo brevemente sulla questione dell’opzione occidentale discussa al punto 2. La NATO non è solo un’intesa difensiva, è una coalizione politico-militare in cui l’aspetto politico del binomio manifesta il rilievo della scelta di campo occidentale. In questa luce l’adesione all’Alleanza di Albania (2009), Montenegro (2017) e Macedonia del Nord (2020) costituisce una facilitazione per l’ingresso dei tre paesi nell’Ue. Comprensibile l’irritazione di Mosca per la scelta di Podgorica e soprattutto di Skopje.
Kosovo
Viene solitamente trascurato il fatto che il Paese sta faticosamente transitando dalla fase bellica a quella di una difficile pacificazione democratica grazie all’indispensabile supporto stabilizzante della lunga presenza militare NATO, la Kosovo Force. Il contingente attuale è composto da truppe di ventisette paesi per un totale di 3.500 effettivi, le due aliquote più numerose sono quelle americana (660) e italiana (550). Dal settembre 2013 il comando della KFOR è stabilmente italiano dopo la fase dei comandi a rotazione. Le autorità kosovare stanno da tempo cercando di dare vita ad una propria piccola forza armata ma la cosa suscita vari contrasti, fra cui la scontata contrarietà di Belgrado, sottolineando ulteriormente la funzione del contingente multinazionale che gestisce fra l’altro l’importante emittente radiofonica Radio KFOR, che trasmette in diretta h24 fornendo intrattenimento ma anche preziosa informazione slegata dalle fazioni serba e skipetara.


L’Islam
Il conflitto serbo bosgnacco degli anni Novanta provoca un mutamento dell’identità dell’Islam dei Balcani Occidentali; si assiste infatti all’introduzione di elementi di radicalismo che contrastano con una lunga tradizione di secolarizzazione diffusa. Il fenomeno riguarda, con modalità e toni differenti, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord e anche Albania. L’argomento è motivo dell’interesse del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza e dei suoi rapporti al Parlamento. Fra i vari aspetti che connotano la questione va richiamato il ruolo degli investimenti esteri effettuati nella regione da soggetti che rimandano al mondo islamico: spesso ONG ma anche direttamente schemi finanziari conducibili ad organizzazioni statali. L’intento degli investimenti è duplice: promuovere il mutamento della natura di un antico Islam europeo, ciò che accade soprattutto su sollecitazione del Wahhabismo, ed esercitare un ruolo geopolitico dentro l’Europa. In tale contesto si assiste anche ad una competizione tra l’Islam influenzato da Ryad e quello riconducibile ad Ankara. Volendo sintetizzare si può dire che nell’area vi è un eccesso di investimenti islamici e che il fenomeno è oggetto di attenzione da più parti. Dal canto loro le autorità degli Stati interessati replicano senza nascondere l’approccio mercantile dicendo che per ciò che non ottengono da Bruxelles possono sempre rivolgersi alla Turchia, al Golfo, alla Cina; un altro argomento di riflessione per l’Ue.
Da - https://www.cespi.it/e


Titolo: Importante che tutte le nazionalità che formano i Poli siano coerenti in ...
Inserito da: Admin - Giugno 02, 2022, 03:25:30 pm
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  ·
I vertici delle nazioni e delle varie combriccole salvapoltrone devono mettersi nella condizione di capire che, se il fine ultimo e lo scopo principale del NOM (nuovo ordine mondiale) consiste nella creazione di POLI di influenza, economica condivisi, per arrivare alla PACIFICAZIONE TRA NAZIONI, alla SALVEZZA DELL'AMBIENTE e alla ELIMINAZIONE DELLE INGIUSTIZIE NELL'UMANITÀ, non è importante come si definisce una nazione, perché il suo popolo l'ha scelta come tale.

Importante che tutte le nazionalità che formano i Poli siano coerenti in azioni e opere a quanto determinato nel Nuovo Ordine Mondiale.
É una Utopia?
Certamente sì!
Ma o si lavora da subito per realizzare L'UTOPIA o si sparisce dalla faccia della Terra.
Ggiannig

Da ILFOGLIO.IT
La Commissione europea chiude gli occhi sulla Polonia


Titolo: Nazioni Zecche piccole e meno piccole, invadono a turno, l'Europa.
Inserito da: Admin - Giugno 02, 2022, 03:30:42 pm
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Nazioni Zecche piccole e meno piccole, invadono a turno, lo spezzatino Europa.

L'Europa incapace di una disinfestazione salutare, rischia di essere impreparata quando, nel dopo Putin, si dovranno formare, sia il Polo EuroAfricano, sia una eventuale Federazione CentroEuropea radunata intorno all'Ungheria o all'Ucraina a seconda delle condizioni finali, in ogni caso, tremende in cui si troverà.

Bruxelles deve progettare rapidamente il futuro prossimo dell'Europa di migliore condizione, eliminando, sia le suddette Zecche succhiasangue, sia le cicatrici delle infezioni provocate dagli infiltrati ProPutin.
Senza la vicinanza e "comprensione" degli Usa non sarà facile per i popoli europei rasserenarsi senza affidarsi con le elezioni a Vertici di Stato forti e determinati verso Democrazie Autorevoli.

ggiannig




Titolo: Sempre più difficoltoso e aperto a ricatti, per l'Europa, l'agire insieme!
Inserito da: Admin - Giugno 02, 2022, 03:34:46 pm
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  · ntsedoproSu03:a97h3I5u4 1010li050 rilhe1emc  ·

Sempre più difficoltoso e aperto a ricatti, per l'Europa, l'agire insieme!

Questo condizionerà in negativo la formazione di un POLO EUROPA-NORDAFRICA, nel Nuovo Ordine Mondiale.

Con questa incapacità costruttiva, il rischio d'essere compressi tra POLI ORIENTALI e POLO USA, INGHILTERRA e Altri, sarà inevitabile.

Compressi e divisi, sarà sempre più difficile mantenere l'indipendenza, dei singoli Stati.

ggiannig


Titolo: Crimea: la resistenza dei tatari
Inserito da: Arlecchino - Giugno 18, 2022, 11:16:50 pm
Crimea: la resistenza dei tatari
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Mustafa Džemilev, storico leader dei tatari di Crimea - Review News / Shutterstock.com

A seguito dell'occupazione russa della Crimea la comunità tatara è sotto forte pressione. Un'analisi della situazione attraverso uno sguardo al passato e l'opinione dei rappresentanti tatari eletti recentemente nel parlamento ucraino

09/08/2019 - Martina Napolitano

(Questo articolo è frutto di una collaborazione editoriale tra OBCT e EastJournal  )
I tatari di Crimea sono una comunità nazionale turcofona e musulmana che vive almeno dal XV secolo sulla costa settentrionale del Mar Nero e, in particolare, nella penisola della Crimea. Il Khanato di Crimea ebbe il suo momento di massimo splendore tra XV e XVIII secolo sotto la dinastia, discendente di Gengis Khan, dei Giray. Lo stato era allora protetto dall’Impero ottomano: quando quest’ultimo entrò in conflitto con l’Impero zarista in espansione fu la fine per questa grande potenza e raffinata cultura. Da allora perseguitata e repressa, la comunità che ancora oggi vive nella penisola rifiuta strenuamente l’occupazione russa del proprio territorio.

I tatari di Crimea nel nuovo Parlamento ucraino
La comunità tatara, nonostante l'occupazione della Crimea da parte della Russia, sta mantenendo una propria rappresentanza nelle istituzioni dell'Ucraina. Ci sono infatti anche tre rappresentanti della comunità tatara di Crimea  tra i deputati eletti nella nuova Rada, il parlamento ucraino, lo scorso 21 luglio. "Per noi è una conquista: nella scorsa legislatura gli interessi dei tatari di Crimea al parlamento erano rappresentati solo da me e Refat Čubarov”, dichiara Mustafa Džemilev, il settantacinquenne che è guida e leader dei tatari di Crimea fin dall’epoca sovietica.

Čubarov, presidente del Mejlis (il più alto organismo di rappresentanza dei tatari, vietato in Russia, e quindi in Crimea, dal 2016 in quanto ritenuto “estremista”), questa volta è rimasto fuori: il partito con cui si era candidato, Sila i Čest’ (Forza e Onore), non ha superato la soglia di sbarramento del 5%.

Džemilev e il vice-presidente del Mejlis Achtem Čijgoz sono invece tra i 24 deputati eletti del partito dell’ex-presidente Petro Porošenko, "Solidarietà europea". Rustem Umerov, delegato del Kurultaj (assemblea del popolo tataro) e terzo rappresentante dei tatari di Crimea nella nuova Rada, si era invece candidato con il partito Holos (Voce) del rocker Svjatoslav Vakarčuk.

"Avevamo solo un unico principio in questa tornata elettorale: non candidarci assolutamente con il partito filorusso 'Piattaforma di opposizione - Per la vita' - afferma con decisione Džemilev - tutti gli altri partiti invece li abbiamo sentiti". Il leader tataro non ha avuto molti dubbi nel presentarsi ai suoi elettori al fianco del presidente uscente Porošenko, per il quale nutre profonda stima e di cui apprezza molto l’operato, soprattutto a livello internazionale: "Penso che il presidente Porošenko sia riuscito a risolvere in maniera ottimale tutte le questioni più importanti; dal nulla ha creato un esercito e ha saputo edificare una potente coalizione internazionale filoucraina".

L’importante, per Džemilev e gli altri rappresentanti tatari, è che il neo-eletto presidente Zelenskij e la sua squadra di governo non invertano il corso politico per l’Ucraina inaugurato da Porošenko: la desovietizzazione, il rafforzamento militare, l’orientamento a ovest verso Ue e Nato. "Tutto ciò permetterà una più rapida liberazione della Crimea”, afferma dal canto suo Achtem Čijgoz. Aggiungendo: "Certamente, un ruolo di non poca importanza gioca l’ottenimento per la Crimea dello status di autonomia nazionale", un punto su cui da tempo i rappresentanti tatari insistono.

"Sono felice che Zelenskij abbia dichiarato l'intenzione di creare un Comitato per la liberazione dei territori ucraini. Sarebbe un passo importante - continua Džemilev - tuttavia alcune affermazioni di Zelenskij mi sconcertano. Ad esempio, l’idea di indire un referendum sull’adesione alla Nato. Ma quale referendum: il corso euroatlantico sta ben scritto nella Costituzione ucraina!".

Mustafa Džemilev e la lunga repressione dei tatari di Crimea
Mustafa Džemilev è uno dei più noti dissidenti e difensori dei diritti umani della storia sovietica, famoso soprattutto per uno sciopero della fame durato 303 giorni, il più lungo nella storia dei movimenti per i diritti civili. Nel 2016 un giovane regista tataro, Ahmed Sarychalil, ha dedicato un documentario alla sua affascinante figura, titolato "Mustafa".

Džemilev ha consacrato la propria vita alla lotta per i diritti del suo popolo, in primo luogo quello di tornare nella propria terra, scontando per questo oltre quindici anni nei gulag sovietici. Oggi la sua missione non è cambiata: una volta lasciata nel novembre del 2013 la carica di presidente del Mejlis, che guidava dal 1991, ha continuato a rappresentare la voce dei tatari di Crimea a Kiev (dal 1998 è membro della Rada) e, soprattutto, dal 2014 porta avanti una nuova lotta - quella di riportare la sua terra, annessa forzatamente dalla Russia - all'Ucraina. Da allora gli è vietato l’ingresso in Crimea (così come in Russia); il suo nome è sulla lista - rinnovata lo scorso inverno - delle persone bandite dalla penisola e dalla Federazione russa.

Non è tra i soli che hanno lasciato la Crimea occupata dal 2014, forzatamente o meno: si stimano tra i 15.000 e i 30.000 i tatari di Crimea che hanno abbandonato da allora la propria casa. Nonostante l’apparente riconoscimento dei diritti alla comunità (la lingua tatara è riconosciuta sulla carta, ad esempio, come ufficiale, accanto a russo e ucraino), la repressione nei loro confronti continua. Sono circa 130 i prigionieri politici tatari oggi nelle carceri russe; arresti e perquisizioni continuano ogni giorno. "Se confrontiamo le procedure di perquisizione dei tempi sovietici con quelle di oggi, noteremo molte differenze - racconta Džemilev - da me sono venuti a perquisire una decina di volte in epoca sovietica, ma almeno allora arrivavano e dicevano: ‘Ecco l’autorizzazione del procuratore o del giudice, abbiamo tutte le ragioni di ritenere che lei abbia della letteratura antisovietica. Le chiediamo di consegnarcela volontariamente, altrimenti procederemo con la perquisizione’. Mentre ora non ci sono autorizzazioni: fanno irruzione nelle case, tutti a terra e iniziano a cercare arrecando danni materiali; anche se le porte sono aperte preferiscono scavalcare. Visto da fuori, pare che abbiano scovato un covo di terroristi, mentre in realtà si tratta di gente comune".

Nato nel 1943, Džemilev all’età di sei mesi venne deportato con la famiglia dalla Crimea all’Asia Centrale, in Uzbekistan. Sono oltre 183.000 i tatari di Crimea cui venne riservato in quegli anni lo stesso destino. Furono la comunità nazionale più colpita tra quelle che vennero accusate (o solo sospettate, è lo stesso) di alto tradimento ai danni dello stato sovietico. Per tutte la pena fu la stessa: il trasferimento forzato sugli Urali e in Asia Centrale con il divieto di far ritorno nella propria terra. Il 46% dei deportati tatari morì durante il tragitto o subito dopo. La deportazione puntò a distruggere, a cancellare la cultura del popolo tataro, la sua stessa identità. A tal proposito, oggi viene contestato un manuale di storia utilizzato nelle scuole della Crimea russa, nel quale i tatari vengono definiti dei collaborazionisti durante la Seconda guerra mondiale e conseguentemente nemici dello stato sovietico. Un modo per giustificare la loro deportazione: il 18 febbraio scorso il consiglio dei tatari di Crimea si è rivolto al governatore della regione Aksionov affinché il manuale venga ritirato.

Gli anni Sessanta, epoca di quel disgelo breve e precario inaugurato da Nikita Chruščiov, risvegliarono gli animi anche della comunità tatara; si iniziò a parlare di genocidio. Cinquemila tatari si trasferirono nella seconda metà del decennio a Mosca per tener vivo il movimento di rinascita, per far sentire più forte la propria voce nel centro del potere sovietico. E ottennero alcuni risultati: nel 1967 venne emanato il decreto che riabilitò i tatari di Crimea; eppure, nella loro penisola, nel frattempo ripopolata di nuovi cittadini sovietici, non riuscirono a rientrare e le repressioni non si arrestarono. Notizie sulla situazione dei tatari di Crimea cominciarono intanto a giungere oltrecortina, grazie alle voci di dissidenti (soprattutto russi).

Il 6 luglio 1987 fu una giornata importante per i tatari di Crimea: furono circa 150 in piazza Rossa a manifestare (ma le testimonianze sono discordanti e parlano anche di 500 persone) e il sit-in durò tutta la notte. Tra loro c’era anche la moglie di Mustafa, Safinar. L’evento portò i suoi frutti e i rappresentanti dei manifestanti vennero convocati da Andrej Gromyko in persona, allora presidente del presidium del Soviet Supremo dell’Urss.

Nel 1989 la repressione dei tatari di Crimea venne ufficialmente riconosciuta come “illegale e criminale”. Džemilev, eletto quell’anno capo del Movimento nazionale dei Tatari di Crimea, tornò nella penisola, seguito da altri 250.000 membri della comunità.

Prima o poi la Crimea tornerà ucraina
La fontana di Bachčisaraj, immortalata dal sommo poeta russo Aleksandr Puškin nell'omonimo poema (1824), era ridotta a un “tubo di ferro arrugginito” quando il poeta visitò il leggendario palazzo dei Khan nei primi anni Venti dell’Ottocento. La splendida e raffinata residenza dei sovrani tatari era stata distrutta nel 1736 dall’“orda” dei russi, i conquistadores della penisola di Crimea. Puškin se ne rammaricò e fece rivivere la perduta bellezza nel suo poema, rendendo eterna - grazie alla sua poesia - la civiltà tatara, checché ne pensassero i suoi compatrioti.

"L’unica possibilità perché vengano sollevate le sanzioni alla Russia è l’instaurazione a Kiev di un governo pronto ad accettare l’occupazione e a riconoscere la Crimea come russa. A Putin questo non è riuscito e speriamo non ci riesca mai - conclude Mustafa Džemilev - per questo, prima o poi, la Crimea tornerà ucraina”.

Da https://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Crimea-la-resistenza-dei-tatari-195916?fbclid=IwAR1e8UYZCCWviropqPTKqhky-fyFmNe1rYui4rW71HfdT2NJDSWa-Nsxxt0


Titolo: Per la prima volta dal 1991 la Germania registra un deficit mensile della ...
Inserito da: Arlecchino - Luglio 06, 2022, 11:37:37 pm

Per la prima volta dal 1991 la Germania registra un deficit mensile della bilancia commerciale a causa dell'aumento dei costi delle importazioni energetiche e della perturbazione degli scambi con Russia e Cina. La cifra pubblicata ieri dall'agenzia federale delle statistiche non è da capogiro: il deficit commerciale tedesco a maggio è stato di meno di un miliardo di euro. Le esportazioni della Germania sono calate dello 0,5 per cento tra aprile e maggio per un valore di 125,8 miliardi. Per contro, il valore delle importazioni è cresciuto del 2,7 per cento a 136,7 miliardi. Ma, anche se limitato, il dato rappresenta uno choc per il motore economico dell'Europa, la cui crescita è stata alimentata dalle esportazioni e da un saldo estremamente positivo della bilancia dei pagamenti. Di chi è la colpa? Si può darla alle sanzioni, alla guerra o all'abilità di Vladimir Putin di usare il gas come arma contro l'occidente. Ma dietro a tutto questo c'è l'azzardo morale della Germania, che non ha mai voluto tenere conto delle potenziali conseguenze economiche negative della sua dipendenza energetica dalla Russia.

“Azzardo morale” era l'accusa che la stessa Germania lanciava contro la Grecia e gli altri paesi del sud durante la crisi del debito sovrano della zona euro. Protetti dai bassi tassi di interessi che erano garantiti dall'appartenenza all'euro, i vari governi di Atene, Roma, Madrid e Lisbona avevano lasciato correre la spesa pubblica, incuranti delle conseguenze di ritrovarsi con debiti insostenibili. Con i governi di Gerhard Schröder e Angela Merkel, la Germania ha fatto la stessa cosa con la Russia sul fronte energetico: interi settori industriali, così come la politica climatica, sono stati costruiti su misura sul gas russo. Anche la scelta di abbandonare le centrali nucleari si era fondata sulla convinzione che la Russia non avrebbe mai chiuso il rubinetto del gas. Gli avvertimenti degli Stati Uniti e dei paesi dell'est sono caduti nel vuoto. Ancora oggi alcuni diplomatici tedeschi sostengono che “a Putin non conviene tagliare il gas”, perché la Russia si ridurrebbe da sola le entrate. Ma, contrariamente alle leadership tedesche, il presidente russo non dissocia progetti politici ed economici. Nord Stream 1 e 2 sono sempre stati immaginati dalla Russia come armi per esercitare la sua influenza sulla Germania.


L'attuale cancelliere, Olaf Scholz, oggi si ritrova di fronte a una crisi senza precedenti. Nord Stream 1 sarà in manutenzione dalla prossima settimana e alcuni temono che non rientrerà in funzione. Il prossimo passo dei piani di emergenza del governo di Berlino è il razionamento. Nel frattempo, Scholz sta valutando due misure fino a poco tempo fa impensabili: il salvataggio di Uniper, una delle grandi utility (e principali clienti di Gazprom) i cui conti sono in profondo rosso a causa dell'aumento del prezzo del gas; e l'imposizione di una tassa straordinaria sui consumatori per compensare gli aumenti dei costi per i fornitori di energia. Ma le conseguenze delle scelte della Germania sul gas russo si ripercuoteranno sul resto dell'Ue. Se le industrie tedesche si fermeranno per penuria di gas o per prezzi troppo alti, i loro fornitori in Italia saranno costretti a fare altrettanto. Eppure il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, continua a rigettare gli appelli ad adottare un approccio meno rigido sia sulle regole sul debito interno alla Germania sia sulla possibilità di un nuovo strumento di debito dell'Ue per fronteggiare le ripercussioni economiche della guerra.

Oltre al ministero delle Finanze tedesco, anche la Bundesbank si oppone ad altri strumenti straordinari per aiutare i paesi più in difficoltà. Parliamo della Banca centrale europea, che nella prossima riunione del Consiglio dei governatori dovrebbe lanciare il nuovo strumento anti-frammentazione per evitare un'impennata degli spread di Italia, Grecia e altri paesi del sud. Secondo Reuters, nella riunione straordinaria del Consiglio dei governatori che si è tenuta il 15 giugno, il presidente della Buba, Joachim Nagel ha espresso la sua opposizione al nuovo scudo anti-spread. Ieri Nagel ha confermato tutte le sue perplessità, chiedendo che lo strumento anti-frammentazione sia usato solo "in circostanze eccezionali e sotto condizioni strettamente definite". Il presidente della Buba si è detto "cauto" di fronte alla possibilità di usare "strumenti di politica monetaria per limitare il premio del rischio". Secondo Nagel, è "virtualmente impossibile" stabilire se un aumento dello spread tra membri della zona euro sia giustificato o meno. La riunione del Consiglio dei governatori del 21 luglio si annuncia surriscaldata, anche se la posizione di Nagel sembra essere minoritaria.


Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 5 luglio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


L'Ucraina chiede 750 miliardi per la ricostruzione - Il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, ieri ha chiesto 750 miliardi di dollari per finanziare la ricostruzione del paese, nel momento in cui la comunità internazionale ha iniziato a discutere della strategia per rimettere in piedi l'Ucraina nella Conferenza di Lugano. Secondo Shmyhal, è la Russia che deve pagare il conto della guerra. "Le autorità russe hanno scatenato questa sanguinosa guerra e causato questa massiccia distruzione, e dovrebbero esserne ritenute responsabili", ha detto il premier ucraino, spiegando che l'obiettivo del suo governo è di “costruire un nuovo paese”. Shmyhal ha delineato un piano in tre fasi per la ripresa: una fase immediata incentrata sulla ricostruzione di infrastrutture chiave; una seconda fase che prevede la costruzione di scuole e alloggi temporanei; e una fase finale mirata alla trasformazione di lungo periodo dell'Ucraina e della sua economia. Restano tuttavia da trovare i soldi.

Von der Leyen offre una piattaforma stile Recovery (ma niente soldi) - Alla Conferenza di Lugano, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri non è stata in grado di offrire impegni finanziari per la ricostruzione dell'Ucraina. L'annuncio più importante di von der Leyen è la proposta di creare una “piattaforma per la ricostruzione” gestita dalla stessa Commissione per combinare soldi, riforme e investimenti sul modello del Recovery fund (ma i soldi dovrebbero arrivare anche da molti altri donatori). Il vicepresidente, Valdis Dombrovskis, ha spiegato che la piattaforma dovrebbe essere "un organo di governo strategico per coordinare e dare priorità agli sforzi e alle risorse di ricostruzione". I suoi compiti dovrebbero essere di lavorare sui finanziamenti per la ricostruzione, progettare i veicoli, le istituzioni e gli strumenti, sviluppare la governance e creare meccanismi di responsabilità per aumentare la trasparenza e ridurre i rischi di uso improprio dei fondi. "La piattaforma monitorerà anche i progressi nell'attuazione del piano di ripresa dell'Ucraina", ha detto Dombrovskis. In un editoriale Il Foglio spiega che la ricostruzione deve essere un'occasione per ancorare e far entrare l'Ucraina nell'Ue.

Oggi la firma del protocollo di adesione di Finlandia e Svezia alla Nato - La Finlandia e la Svezia ieri hanno completato i negoziati di adesione alla Nato, dopo il via libera dei leader dell'Alleanza atlantica nel vertice di Madrid. Entrambi i paesi hanno formalmente confermato la loro volontà e capacità di rispettare gli obblighi e gli impegni politici, giuridici e militari derivanti dall'adesione alla Nato. Oggi i membri della Nato firmeranno i protocolli di adesione per la Finlandia e la Svezia presso la sede della Nato. Prima dell'ingresso effettivo, i protocolli dovranno essere ratificati dai Parlamenti di ciascuno stato membro della Nato. Il segretario generale, Jens Stoltenberg, terrà una conferenza stampa oggi con i ministri degli Esteri di Finlandia e Svezia, Pekka Haavisto e Ann Linde. Nel frattempo ieri Stoltenberg ha partecipato alla cerimonia di insediamento del nuovo Comandante alleato supremo in Europa, il generale americano Christopher Cavoli, che prende il posto del generale Tom Wolters. “Ti unisci a noi in un momento di svolta per la sicurezza transatlantica, segnato dalla crescente concorrenza strategica e dal ritorno di un conflitto brutale in Europa”, ha detto Stoltenberg a Cavoli: "So che continuerai a servire la Nato con la stessa leadership e dedizione che hai sempre dimostrato".

La Norvegia aumenta la produzione di gas - La Norvegia ha approvato un aumento della produzione di gas dei suoi principali giacimenti per aiutare l'Ue a compensare la riduzione delle forniture dalla Russia. Il ministero norvegese dell'Energia ieri ha annunciato di aver concordato la revisione dei permessi per i giacimenti di Troll, Gina Krog, Duva, Oseberg, Asgard e Mikkel in modo da mantenere la produzione a pieno regime fino al prossimo anno. "La cosa più importante che la Norvegia può fare nella difficile situazione energetica odierna per l'Europa e il mondo è facilitare le aziende che estraggono in modo che possano mantenere l'elevata produzione odierna", ha detto il ministro del Petrolio e dell'energia, Terje Aasland.

Il primo rimpasto di Macron senza maggioranza e senza fiducia - Il presidente francese, Emmanuel Macron, alla fine ha scelto di fare un rimpasto di governo quasi tutto macronista, dopo che gli altri partiti si sono rifiutati di entrare in una coalizione con la sua maggioranza. Sul Foglio Mauro Zanon spiega che Macron e il suo primo ministro hanno dato maggio peso solo agli alleati del Modem e di Horizons. La principale novità per l'Ue è il trasloco di Clément Beaune, prima consigliere di Macron all'Eliseo sull'Europa e poi ministro per gli Affari europei. Al suo posto è arrivata la capo-economista dell'Ocse, Laurence Boone. Beaune è stato nominato ministro dei Trasporti. Il primo ministro, Elisabeth Borne ha annunciato che non sottoporrà il governo a un voto di fiducia all'Assemblea nazionale. Troppo alto il rischio di una maggioranza assoluta contro. Il suo governo cercherà una maggioranza "testo dopo testo", ha detto il nuovo portavoce, Oliver Véran, dopo una riunione del consiglio dei Ministri. Nel frattempo, la France insoumise di Jean-Luc Mélenchon ha annunciato che presenterà una mozione di censura. Per far cadere il governo avrà bisogno dei voti di tutti i partiti d'opposizione.

La Bulgaria svela le mazzette russe per giornalisti e politici - Il governo bulgaro nel fine settimana ha accusato la Russia di pagare 2 mila euro al mese a personalità pubbliche, giornalisti e politici per diffondere la propaganda russa nel paese. Lena Borislavova, portavoce del governo e capo dell'ufficio del primo ministro, ha spiegato a Darik radio che i servizi segreti bulgari hanno dati che dimostrano i pagamenti da parte di Mosca. Tra i destinatari, oltre a politici e giornalisti, ci sono analisti, scienziati politici e altre personalità che sono regolarmente ospitate nei media. Euractiv ha tutti i dettagli di queste presunte rivelazioni, che arrivano mentre la Bulgaria attraversa una crisi politica interna (che ha portato alle dimissioni del premier Kiril Petkov) e un conflitto diplomatico con la Russia (con la minaccia di Mosca di chiudere l'ambasciata dopo l'espulsione di 70 diplomatici russi).

Un'altra candidata per il posto di Segretario generale del Pe - Ieri vi abbiamo spiegato che Alessandro Chiocchetti è il favorito nella corsa per prendere il posto di Klaus Welle come segretario generale del Parlamento europeo. E in serata l'Ufficio di presidenza (Bureau) dell'istituzione si è riunito per aprire il bando per il posto. Non sono escluse sorprese. Politico.eu ha scritto che "la reazione da parte dell'amministrazione e di alcuni deputati è stata così negativa che i gruppi, in particolare Verdi, Renew e la Sinistra che devono sostenere l'accordo, potrebbero abbandonare la nave" che sostiene Chiocchetti. Ci sono altri due uomini potenzialmente candidati: il vicesegretario generale del Parlamento europeo, il tedesco Markus Winkler (area socialista), e il direttore generale della Comunicazione, lo spagnolo Jaume Duch (area popolare). Una fonte ci ha detto che una donna potrebbe entrare nella corsa: il direttore generale per l'Interpretazione e le Traduzioni, Agnieszka Walter-Drop. Problema: gli interpreti sono appena entrati in sciopero per le loro condizioni di lavoro durante la pandemia e non garantiscono più l'interpretazione per chi interviene da remoto. In termini procedurali, sarà la presidente Roberta Metsola a fare la proposta al Bureau, che poi potrà accettarla per consenso o votare a maggioranza semplice.

La Corte dei Conti chiede più azione contro le frodi nella Pac - La Politica agricola comune (Pac), che costituisce nel suo complesso la maggiore componente di spesa a carico del bilancio dell’Ue, comprende alcuni regimi di spesa particolarmente esposti ai rischi di frode, secondo una relazione pubblicata ieri dalla Corte dei conti, che chiede alla Commissione di essere più proattiva nel settore. Per i giudici contabili dell'Ue, "i frodatori potrebbero sfruttare le debolezze presenti nei controlli degli stati membri". I principali rischi individuati dalla Corte sono connessi all’occultazione, da parte dei beneficiari, di violazioni delle condizioni di ammissibilità, alla complessità delle misure finanziate e alle forme illegali di “accaparramento dei terreni” (falsificazione di documenti, coercizione, uso di influenze politiche o informazioni privilegiate, manipolazione delle procedure o pagamento di tangenti). La Corte dei conti raccomanda alla Commissione di migliorare il monitoraggio delle misure antifrode nazionali, di fornire orientamenti più concreti e di promuovere l’uso delle nuove tecnologie per prevenire e individuare le frodi.

I prezzi della produzione industriale crescono dello 0,7 per cento a maggio - Tra aprile e maggio i prezzi della produzione industriale sono cresciti dello 0,7 per cento nell'area euro e dello 0,8 per cento nell'Ue, secondo le stime pubblicate ieri da Eurostat. A livello di stati membri l'incremento maggiore è stato registrato in Finlandia (+5,5 per cento), Estonia (+5,4 per cento) e Lituania (+4,9 per cento). Per contro un calo è stato osservato in Irlanda (-19,4 per cento), Slovacchia (-4,4 per cento) e Paesi Bassi (-0,8 per cento). In Italia è stato registrato un aumento dello 0,3 per cento. Rispetto a maggio del 2021, i prezzi della produzione industriale sono cresciuti del 36,3 per cento nell'area euro e del 36,4 per cento nell'Ue.

EuroNomine - L'agenzia dei guardia frontiere dell'Ue, Frontex, ieri ha annunciato che il Consiglio di amministrazione ha deciso di mantenere la lettone Aija Kalnaja come direttore esecutivo ad interim dopo le dimissioni di Fabrice Leggeri. Il bando per la nomina del nuovo direttore esecutivo è stato pubblicato dalla Commissione europea il 21 giugno e la scadenza per presentare le candidature è stata fissata al 19 di luglio. Sarà il Consiglio di amministrazione di Frontex a nominare il nuovo direttore esecutivo sulla base di una lista di candidati presentata dalla Commissione.



Accade oggi in Europa
•   Parlamento europeo: sessione plenaria (dibattiti sull'azione salute mentale nel mondo del lavoro digitale; le iniziative per affrontare l'aumento del costo della vita; il piano d'azione per l'economia sociale; la Cop15 sulla biodiversità; la tassonomia; i rapporto della Commissione su Bosnia e Erzegovina, Serbia e Kosovo)
•   Parlamento europeo: discorso del primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis
•   Parlamento europeo: conferenze stampa dei presidenti dei gruppi politici
•   Parlamento europeo: conferenza stampa del deputato Bas Eickhout sulla tassonomia
•   Parlamento europeo: conferenza stampa dei deputati Christel Schaldemose e Andrea Schwab sul Dsa e il Dma
•   Commissione: riunione del collegio dei commissari
•   Commissione: conferenza stampa della commissaria Gabriel sul nuovo programma europeo di innovazione
•   Nato: conferenza stampa del segretario generale Stoltenberg con i ministri degli Esteri di Finlandia e Svezia, Pekka Haavisto e Ann Linde
•   Eurostat: bilancia dei pagamenti nel primo trimestre del 2022; dati sui conti di famiglie e imprese nel primo trimestre del 2022

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Titolo: Mario Corti. Noi, società civile ucraina, attivisti, volontari, giornalisti e...
Inserito da: Arlecchino - Agosto 11, 2022, 04:41:48 pm
Mario Corti
Per l'ucraino. cittadini che desiderano firmare, il link nel primo commento.
"Al consiglio internazionale di Amnesty International

Noi, società civile ucraina, attivisti, volontari, giornalisti e difensori dei diritti umani, ci indigniamo per una serie di passi irresponsabili di Amnesty International, che ci mettono alla grande la vita e quella di milioni di altri ucraini er pericolo in mezzo all'aggressione russa in corso. Chiediamo le dimissioni immediate del Segretario Generale di Amnesty International Agnes Callamard, altri dipendenti dell'organizzazione responsabile dell'incidente, oltre a fare una serie di passi per evitare che si verifichi una situazione simile di nuovo nel futuro.

Noi, la società civile dell'Ucraina, attivisti, volontari, giornalisti e difensori dei diritti umani, abbiamo lavorato instancabilmente per promuovere e stabilire lo stato di diritto, l'uguaglianza dei diritti umani e la sovranità dell'Ucraina. Eravamo in prima linea nella rivoluzione della dignità del 2014 per difendere il diritto di vivere in un'Ucraina democratica e libera senza violenza della polizia e limitazioni dei diritti umani fondamentali. Nonostante le continue persecuzioni, abbiamo creduto in quello che stavamo facendo e passo dopo passo abbiamo costruito un paese democratico dove lo stato di diritto e l'uguaglianza dei nostri diritti stanno guadagnando il rispetto universale. Le nostre campagne contro la corruzione, la violenza della polizia, i crimini d'odio, l'uguaglianza di genere e queer, la distruzione ambientale, le indagini giornalistiche, la promozione delle riforme, la creazione di progetti artistici ed educativi, il volontariato - questo non è stato solo il tuo lavoro, ma la nostra vocazione.

Con l'inizio della guerra su vasta scala della Russia contro l'Ucraina, non ci siamo fermati. Continuiamo a fare quello che facciamo anche quando sembra impossibile. Non ci hanno fermato né i continui allarmi aerei, né le notti insonni nei rifugi antibomba, né i bombardamenti delle città ucraine, né i terribili crimini di guerra commessi dalla Russia sui territori ucraini occupati. Perdiamo parenti, cari e amici, siamo costretti a lasciare le nostre case e tutto ciò che avevamo, ma continuiamo ancora a credere nell'Ucraina e nella nostra causa. Evacuiamo le persone dal fronte, aiutiamo i rifugiati, raccogliamo fondi per sostenere le forze armate dell'Ucraina, documentiamo crimini di guerra, informiamo il mondo sugli eventi nel nostro paese, andiamo a proteste in tutto il mondo affinché le voci ucraine non vengano dimenticate e ignorato durante il genocidio. Crediamo nell'Ucraina e che la giustizia e lo stato di diritto prevalgano.

Ecco perché l'ultimo rapporto di Amnesty International, che accusa l'Ucraina di mettere in pericolo la vita dei propri cittadini, non è altro che uno sputo in faccia al popolo ucraino che rischia la vita ogni giorno. Le discussioni sull'imparzialità o la neutralità non hanno senso, dato che la relazione ignora completamente il contesto militare e umanitario ucraino. Inoltre, la mancata spiegazione della metodologia di ricerca da parte di Amnesty International e di fornire prove significative ha ulteriormente minato la sicurezza di milioni di Ucraini e ha dato all'aggressore una potente giustificazione formale e ideologica per il furt i suoi crimini di guerra. Il testo della relazione sposta chiaramente la responsabilità a chi si difende. Questa vittima non ha nulla a che vedere con la tutela dei diritti umani. Il rapporto ha attirato le critiche diffuse da parte di leader dello stato ucraino, giornalisti, difensori dei diritti umani, oltre a un'ampia gamma di politici internazionali, attivisti ed esperti di diritto internazionale. Il volume di tali critiche professionali e imparziali, e non solo degli ucraini, è già impossibile da ignorare.

Siamo anche indignati che la leadership di Amnesty International abbia ignorato l'opinione e l'esperienza della propria squadra ucraina, e abbia pubblicato il rapporto contro la loro protesta - esponendo irresponsabilmente il personale ucraino e i nostri colleghi a un pericolo maggiore minando il loro lavoro per documentare i crimini di guerra russi.
Separatamente, vorremmo menzionare il tweet del Segretario Generale di Amnesty International, Agnes Callamard, in cui ha disumanizzato un'ampia gamma di società ucraina, e chiunque abbia criticato il rapporto, chiamandoci "troll" e "bot. "A parte un disprezzo coloniale indiscusso per l'opinione della società civile ucraina, questo è anche un atto di umiliazione di una persona che respinge le critiche indigene dalla sicurezza e dal comfort del proprio ufficio occidentale. Il capo di un'organizzazione internazionale per i diritti umani non ha il diritto di raccogliere fondi in nome dell'Ucraina rifiutandosi di sentire e capire gli ucraini. Questo è segno di mancanza di compassione. Un segno di incompetenza. Un segno di ignoranza su chi le organizzazioni per i diritti umani dovrebbero davvero servire con il loro lavoro.

Amnesty International ha la possibilità di redimersi agli occhi della società civile ucraina e servire da esempio ad altre organizzazioni internazionali su come affrontare le critiche pubbliche in modo responsabile. Una serie di passi concreti e urgenti possono garantirlo, illustrare la responsabilità e rappresentare veramente i valori al centro del movimento per i diritti umani in tutto il mondo.
Pertanto, noi, la società civile ucraina, chiediamo le dimissioni immediate del Segretario Generale di Amnesty International, Agnes Callamard, e degli altri membri dello staff responsabili della relazione, nonché un'indagine interna pubblica all'interno della L’organizzazione per sistemare la cultura organizzativa e prevenire un simile grave incidente succederà di nuovo nel futuro.

Cordialmente,
Il gruppo di iniziativa della società civile ucraina:”

da – FB del 11 agosto 2022 (FB mi ha impedito di condividere questo Post di Mario Corti, lo copiato e posto qui per LAU)