Titolo: Messaggio di fine anno di Mattarella, il testo integrale Inserito da: Arlecchino - Gennaio 02, 2019, 05:18:10 pm Messaggio di fine anno di Mattarella, il testo integrale
31 dicembre 2018 Care concittadine e cari concittadini, siamo nel tempo dei social, in cui molti vivono connessi in rete e comunicano di continuo ciò che pensano e anche quel che fanno nella vita quotidiana. Tempi e abitudini cambiano ma questo appuntamento - nato decenni fa con il primo Presidente, Luigi Einaudi - non è un rito formale. Mi assegna il compito di rivolgere, a tutti voi, gli auguri per il nuovo anno: è un appuntamento tradizionale, sempre attuale e, per me, graditissimo. Permette di formulare, certo non un bilancio, ma qualche considerazione sull'anno trascorso. Mi consente di trasmettere quel che ho sentito e ricevuto in molte occasioni nel corso dell'anno da parte di tanti nostri concittadini, quasi dando in questo modo loro voce. E di farlo da qui, dal Quirinale, casa di tutti gli italiani. Quel che ho ascoltato esprime, soprattutto, l'esigenza di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita. La vicinanza e l'affetto che avverto sovente, li interpreto come il bisogno di unità, raffigurata da chi rappresenta la Repubblica che è il nostro comune destino. Proprio su questo vorrei riflettere brevemente, insieme, nel momento in cui entriamo in un nuovo anno. Sentirsi "comunità" significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa "pensarsi" dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l'astio, l'insulto, l'intolleranza, che creano ostilità e timore. So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un'altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza. Certo, la sicurezza è condizione di un'esistenza serena. Ma la sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune. La domanda di sicurezza è particolarmente forte in alcune aree del Paese, dove la prepotenza delle mafie si fa sentire più pesantemente. E in molte periferie urbane dove il degrado favorisce il diffondersi della criminalità. Non sono ammissibili zone franche dove la legge non è osservata e si ha talvolta l'impressione di istituzioni inadeguate, con cittadini che si sentono soli e indifesi. La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza. Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l'un l'altro. Qualche settimana fa a Torino alcuni bambini mi hanno consegnato la cittadinanza onoraria di un luogo immaginario, da loro definito Felicizia, per indicare l'amicizia come strada per la felicità. Un sogno, forse una favola. Ma dobbiamo guardarci dal confinare i sogni e le speranze alla sola stagione dell'infanzia. Come se questi valori non fossero importanti nel mondo degli adulti. In altre parole, non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società. Sono i valori coltivati da chi svolge seriamente, giorno per giorno, il proprio dovere; quelli di chi si impegna volontariamente per aiutare gli altri in difficoltà. Il nostro è un Paese ricco di solidarietà. Spesso la società civile è arrivata, con più efficacia e con più calore umano, in luoghi remoti non raggiunti dalle pubbliche istituzioni. Ricordo gli incontri con chi, negli ospedali o nelle periferie e in tanti luoghi di solitudine e di sofferenza dona conforto e serenità. I tanti volontari intervenuti nelle catastrofi naturali a fianco dei Corpi dello Stato. È l'"Italia che ricuce" e che dà fiducia. Così come fanno le realtà del Terzo Settore, del No profit che rappresentano una rete preziosa di solidarietà. Si tratta di realtà che hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona e che meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, anche perché, sovente, suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto dei più deboli, degli emarginati, di anziani soli, di famiglie in difficoltà, di senzatetto. Anche per questo vanno evitate "tasse sulla bontà". È l'immagine dell'Italia positiva, che deve prevalere. Il modello di vita dell'Italia non può essere - e non sarà mai - quello degli ultras violenti degli stadi di calcio, estremisti travestiti da tifosi. Alimentano focolai di odio settario, di discriminazione, di teppismo. Fenomeni che i pubblici poteri e le società di calcio hanno il dovere di contrastare e debellare. Lo sport è un'altra cosa. Esortare a una convivenza più serena non significa chiudere gli occhi davanti alle difficoltà che il nostro Paese ha di fronte. Sappiamo di avere risorse importanti; e vi sono numerosi motivi che ci inducono ad affrontare con fiducia l'anno che verrà. Per essere all'altezza del compito dobbiamo andare incontro ai problemi con parole di verità, senza nasconderci carenze, condizionamenti, errori, approssimazioni. Molte sono le questioni che dobbiamo risolvere. La mancanza di lavoro che si mantiene a livelli intollerabili. L'alto debito pubblico che penalizza lo Stato e i cittadini e pone una pesante ipoteca sul futuro dei giovani. La capacità competitiva del nostro sistema produttivo che si è ridotta, pur con risultati significativi di imprese e di settori avanzati. Le carenze e il deterioramento di infrastrutture. Le ferite del nostro territorio. Dobbiamo aver fiducia in un cammino positivo. Ma non ci sono ricette miracolistiche. Soltanto il lavoro tenace, coerente, lungimirante produce risultati concreti. Un lavoro approfondito, che richiede competenza e che costa fatica e impegno. Traguardi consistenti sono stati raggiunti nel tempo. Frutto del lavoro e dell'ingegno di intere generazioni che ci hanno preceduto. Abbiamo ad esempio da poco ricordato i quarant'anni del Servizio sanitario nazionale. E' stato - ed è - un grande motore di giustizia, un vanto del sistema Italia. Che ha consentito di aumentare le aspettative di vita degli italiani, ai più alti livelli mondiali. Non mancano difetti e disparità da colmare. Ma si tratta di un patrimonio da preservare e da potenziare. L'universalità e la effettiva realizzazione dei diritti di cittadinanza sono state grandi conquiste della Repubblica: il nostro Stato sociale, basato sui pilastri costituzionali della tutela della salute, della previdenza, dell'assistenza, della scuola rappresenta un modello positivo. Da tutelare. Ieri sera ho promulgato la legge di bilancio nei termini utili a evitare l'esercizio provvisorio, pur se approvata in via definitiva dal Parlamento soltanto da poche ore. Avere scongiurato la apertura di una procedura di infrazione da parte dell'Unione Europea per il mancato rispetto di norme liberamente sottoscritte è un elemento che rafforza la fiducia e conferisce stabilità. La grande compressione dell'esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un'attenta verifica dei contenuti del provvedimento. Mi auguro - vivamente - che il Parlamento, il Governo, i gruppi politici trovino il modo di discutere costruttivamente su quanto avvenuto; e assicurino per il futuro condizioni adeguate di esame e di confronto. La dimensione europea è quella in cui l'Italia ha scelto di investire e di giocare il proprio futuro; e al suo interno dobbiamo essere voce autorevole. Vorrei rinnovare un pensiero di grande solidarietà ai familiari di Antonio Megalizzi, vittima di un vile attentato terroristico insieme ad altri cittadini europei. Come molti giovani si impegnava per un'Europa con meno confini e più giustizia. Comprendeva che le difficoltà possono essere superate rilanciando il progetto dell'Europa dei diritti, dei cittadini e dei popoli, della convivenza, della lotta all'odio, della pace. Quest'anno saremo chiamati a rinnovare il Parlamento europeo, la istituzione che rappresenta nell'Unione i popoli europei, a quarant'anni dalla sua prima elezione diretta. È uno dei più grandi esercizi democratici al mondo: più di 400 milioni di cittadini europei si recheranno alle urne. Mi auguro che la campagna elettorale si svolga con serenità e sia l'occasione di un serio confronto sul futuro dell'Europa. Sono rimasto colpito da un episodio di cronaca recente, riferito dai media. Una signora di novant'anni, sentendosi sola nella notte di Natale, ha telefonato ai Carabinieri. Ho bisogno soltanto di compagnia, ha detto ai militari. E loro sono andati a trovarla a casa portandole un po' di serenità. Alla signora Anna, e alle tante persone che si sentono in solitudine voglio rivolgere un saluto affettuoso. Vorrei sottolineare quanto sia significativo che si sia rivolta ai Carabinieri. La loro divisa, come quella di tutte le Forze dell'ordine e quella dei Vigili del fuoco, è il simbolo di istituzioni al servizio della comunità. Si tratta di un patrimonio da salvaguardare perché appartiene a tutti i cittadini. Insieme a loro rivolgo un augurio alle donne e agli uomini delle Forze armate, impegnate per garantire la nostra sicurezza e la pace in patria e all'estero. Svolgono un impegno che rende onore all'Italia. La loro funzione non può essere snaturata, destinandoli a compiti non compatibili con la loro elevata specializzazione. In questa sera di festa desidero esprimere la mia vicinanza a quanti hanno sofferto e tuttora soffrono - malgrado il tempo trascorso - le conseguenze dolorose dei terremoti dell'Italia centrale, alle famiglie sfollate di Genova e della zona dell'Etna. Nell'augurare loro un anno sereno, ribadisco che la Repubblica assume la ricostruzione come un impegno inderogabile di solidarietà. Auguri a tutti gli italiani, in patria o all'estero. Auguro buon anno ai cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese. Rivolgo un augurio, caloroso, a Papa Francesco; e lo ringrazio, ancora una volta, per il suo magistero volto costantemente a promuovere la pace, la coesione sociale, il dialogo, l'impegno per il bene comune. Vorrei concludere da dove ho iniziato: dal nostro riconoscerci comunità. Ho conosciuto in questi anni tante persone impegnate in attività di grande valore sociale; e molti luoghi straordinari dove il rapporto con gli altri non è avvertito come un limite, ma come quello che dà senso alla vita. Ne cito uno fra i tanti ricordando e salutando i ragazzi e gli adulti del Centro di cura per l'autismo, di Verona, che ho di recente visitato. Mi hanno regalato quadri e disegni da loro realizzati. Sono tutti molto belli: esprimono creatività e capacità di comunicare e partecipare. Ne ho voluto collocare uno questa sera accanto a me. Li ringrazio nuovamente e rivolgo a tutti loro l'augurio più affettuoso. A tutti voi auguri di buon anno. Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/12/31/news/messaggio_di_fine_anno_di_mattarella_il_testo_integrale-215586193/ Titolo: Evocare il "civismo" per mascherare gli errori di partito Inserito da: Arlecchino - Gennaio 04, 2019, 06:12:52 pm IL BLOG
23/10/2018 17:01 CEST | Aggiornato 23/10/2018 17:01 CEST Evocare il "civismo" per mascherare gli errori di partito Andrea Pertici Professore ordinario di diritto costituzionale nell'Università di Pisa Laura Lezza via Getty Images Durante la Leopolda a Firenze, svoltasi negli scorsi giorni, pare sia stato fatto un ennesimo appello alla costituzione di comitati civici. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Lo dice l'articolo 4 della Costituzione, affermando che, in sostanza, tutti siamo chiamati a fare politica perché tutti dobbiamo contribuire al progresso comune. Possiamo farlo fuori o dentro i partiti, che la stessa Costituzione indica come strumenti a disposizione dei cittadini per concorrere a determinare la politica nazionale. Sappiamo quanto i partiti, purtroppo, siano lontani da questa loro funzione. E non è un dato di oggi, considerando che Enrico Berlinguer lo spiegava benissimo in un'intervista rilasciata a Scalfari del 1981. I partiti, in cui gli italiani non hanno più fiducia, hanno cercato più volte di cavarsela facendo appello all'impegno civico. I civici - cioè cittadini estranei alle formazioni partitiche - sono chiamati, invitati, vezzeggiati, un po' come i nuovi abbonati. E, come si trattasse di un nuovo abbonamento, viene da rispondere: "No, grazie. Lei oggi è così gentile, ma so che una volta data l'adesione mi vedrà con molto meno interesse. Magari mi aumenterà pure la tariffa". Ma soprattutto la chiamata al civismo è sempre generica, fine a se stessa. Eppure, durante la Leopolda, il civismo è stato richiamato accostandolo al contrasto "scienza contro superstizione", "società contro esclusione" e perfino "vero contro virale". Sembra quasi uno scherzo: mancava solo "amore contro odio", che forse non è stata sfruttata solo perché l'aveva detta qualcun altro. In realtà, l'obiettivo è molto semplice: ammantare di "civismo" un partito in forte difficoltà. Cosa ci può essere di civico in comitati nati su impulso di un politico di lungo corso che ha portato avanti, nel partito e nello Stato, un'idea di chiusura, scontro, esclusione? C'è molto poco di civico in qualcuno che ha sempre evitato la partecipazione, fino al punto di andare al governo attraverso una manovra dei dirigenti di partito, fino a invitare a disertare un referendum, fino a sostituire nelle commissioni i parlamentari dissenzienti. E poi a rifiutare il dialogo sulle questioni istituzionali, ponendo la fiducia su ben due leggi elettorali. In gioco c'è anzitutto una questione di credibilità, che non si risolve solo con l'impostazione della voce, la direzione dello sguardo e i gesti del corpo (come certamente insegnano alcuni strateghi della comunicazione). La credibilità è data anzitutto dalla propria esperienza. Da ciò che si è detto e fatto. Oltre a una questione di credibilità, c'è una questione di merito. Il civismo non può nascere dalla "chiamata" di un politico di lungo corso, per essere magari affidato al "coordinamento" di un altro politico di lungo corso. L'impegno civico è costituzionale, libero, rispondente alle proprie possibilità e alle proprie scelte. Deve nascere e generare aggregazione spontanea, dal basso. I partiti politici non devono irreggimentare il civismo, facendone un proprio "spin-off", una propria "linea smart". Semmai possono attingervi idee da discutere all'interno dei propri organismi, aprendosi al contributo di chi ne è autore. Ma bisogna che migliorino i meccanismi di partecipazione, che non consistono tuttalpiù nel porre qualche domanda agli iscritti "dall'alto" della dirigenza. Bisogna, invece, che tutti partecipino all'elaborazione della proposta, sapendo di avere la possibilità di affermare le proprie idee e potendo accettare così il risultato, anche uscendo sconfitti dal confronto. In sostanza, la chiamata al popolo, anche nella forma di comitati civici, da parte di un leader non fa che riproporre una forma di populismo, riproponendo ciò che si dice di voler contrastare. Ancora una volta, si ripete una tecnica consumata che contribuisce alla perdita di credibilità. L'inversione di rotta della crisi dei partiti sembra, in definitiva, ancora molto lontana. Ma questo non stupisce, considerando che, anziché affrontare i propri errori, si preferisce coprirli. Magari con una spruzzata di "civismo". da - https://www.huffingtonpost.it/andrea-pertici/evocare-il-civismo-per-mascherare-gli-errori-di-partito_a_23567103/ |