Titolo: MOVIMENTO 5 STELLE. Inserito da: Arlecchino - Giugno 04, 2018, 06:17:40 am Movimento 5 Stelle, ecco clienti e conti della Casaleggio Associati svelati da Supernova
Giovanni Bucchi PALAZZI Che cosa c'è scritto nell'ultimo capitolo del libro scritto dall’ex collaboratore della Casaleggio Associati, Marco Canestrari, e dall’ex capo comunicazione M5S alla Camera, Nicola Biondo “Se Silvio Berlusconi oggi avesse avuto vent’anni di meno e avesse scelto di ‘scendere in campo’ con un suo partito, probabilmente avrebbe utilizzato lo stesso schema di Grillo e Casaleggio: la rete, le società collegate, le fake news per fare profitti, le consulenze… Ridurre quel sogno di movimento popolare che era il progetto Cinque Stelle in una Forza Italia 2.0 è stato forse uno dei delitti politici più efferati di questi ultimi anni”. Sono le parole con cui termina l’ultimo capitolo pubblicato di “Supernova, come è stato ucciso il Movimento 5 Stelle”, il libro sostenuto da un progetto di crowdfunding online scritto a quattro mani dall’ex collaboratore della Casaleggio Associati Marco Canestrari e dall’ex capo comunicazione M5S alla Camera Nicola Biondo, che a inizio marzo diffonderanno l’intera opera. Al centro dell’ultimo capitolo reso pubblico, i conti dell’azienda (la Casaleggio Associati) e la mappa del suo potere. GRILLO COME BERLUSCONI L’avventura politica del Movimento 5 Stelle non è così dissimile da quella di Silvio Berlusconi, secondo gli autori. In entrambi i casi due leader carismatici (l’ex Cav. e Beppe Grillo) si servono di aziende proprie o a loro vicine (nel caso di Grillo l’azienda è dell’amico Gianroberto Casaleggio) per entrare nell’agone politico. Se si confronta il 1994, e allo storytelling berlusconiano che narra di un nuovo movimento fatto di persone normali estranee alla vecchia classe politica ma in realtà costruito negli uffici di Publitalia, concessionaria pubblicitaria della Fininvest, rispetto a quello schema la vera differenza – secondo Canestrari e Biondo – è “la diffusione dei nuovi strumenti di comunicazione, che hanno costi d’accesso infinitamente più bassi, e che quindi non necessitano di investimenti paragonabili a quelli del secolo scorso”. Per il resto, “la strategia seguita da Grillo per scalare il Paese è la stessa, e non ha nulla a che fare con la democrazia diretta e il contrasto ai poteri forti; ne ha molto, invece, con l’economia di relazione e l’abile amministrazione di influenze pazientemente coltivate”. Ma se Berlusconi poteva contare su ben altre risorse, “i bilanci della Casaleggio Associati non evidenziano flussi di denaro particolarmente importanti per un’azienda che occupa tra le otto e le dieci persone”. Il problema, notano gli autori, “semmai è il contrario”, perché la società finirà per “trasferire alcuni costi ad altri soggetti legati al Partito e a garantirsi vitali ricavi”. QUEI LEGAMI CON EXPEDIA (FINO ALLA RAGGI) Agli albori dei 5 Stelle c’è una stretta sinergia con Expedia. Il colosso mondiale del turismo online, svela Supernova, “è uno dei clienti più importanti della neonata azienda”. Quando nel 2004 viene fondata, la Casaleggio Associati produce rapporti sull’e-commerce. “Uno in particolare: quello sull’andamento dell’e-commerce in Italia, sponsorizzato da Expedia”. All’epoca, tra il 2004 e il 2009, l’ed di Expedia era l’italiano Adriano Meloni, amico di Casaleggio padre, uno che ha preso parte anche agli incontri di Gaia organizzati dal guru. “Quando se ne va da Expedia, strana coincidenza, si interrompe il rapporto economico con Casaleggio Associati. Oggi è assessore allo sviluppo economico della giunta M5S di Virginia Raggi”. DI PIETRO? UN CLIENTE DI CASALEGGIO Non è mai stato un alleato politico dei 5 Stelle, però Antonio Di Pietro è stato un cliente della Casaleggio Associati. E’ Grillo che lo presenta a Casaleggio nel 2005, rivelano Canestrari e Biondo. “Viene aperto il Blog di Antonio Di Pietro, graficamente molto simile a quello di Grillo, che utilizza le stesse strategie di comunicazione online: un post al giorno, scritto da Casaleggio o dal socio Luca Eleuterio e approvato da Di Pietro, e banner per diffondere le campagne del Partito”. Nel 2005 e nel 2006 Casaleggio “organizza la comunicazione elettorale di Italia di Valori, che gli affida infine anche la responsabilità tecnica ed editoriale del sito del Partito”. Sul blog dell’ex pm i credits non sono esposti (a differenza del blog di Grillo che indica chiaramente la Casaleggio Associati), tuttavia “i bilanci di Italia dei Valori rivelano che tra il 2005 e il 2010 vengono spesi per la comunicazione online e le ‘strategie digitali’ non meno di 1.800.000 euro. Soldi pubblici, derivanti dai rimborsi elettorali”. In sostanza, “mentre Idv paga, per i suoi servizi, Casaleggio Associati, Gianroberto Casaleggio, nella veste di dominus del nascente Movimento e ghostwriter di Grillo, tuona proprio contro quello stesso finanziamento pubblico ai partiti”. DALLE BANCHE E MULTINAZIONALI ALL’EDITORIA Che dire poi di quel sistema bancario contro il quale Grillo e i suoi lanciano strali dal blog? “Casaleggio Associati più pragmaticamente con le banche collabora”. Si va da “colossi del calibro di CartaSì e Banca Intesa, per conto delle quali l’azienda produce analisi di mercato e campagne d’informazione online” fino a sponsor come Barclaycard, Banca Sella, HiPay e (nel 2016) Poste Italiane. Discorso analogo per le multinazionali “che finanziano i portali di fake news di Casaleggio Associati, tzetze.it, la-cosa.it, lafucina.it”. “Sono fonti di reddito dell’azienda grazie alla pubblicità fornita da aziende come Google (di cui Casaleggio Associati è partner importante, come rivelato un ex dipendente a BuzzFeed.com) e Publy”, mentre “attraverso Amazon, invece, l’azienda vende i propri prodotti editoriali”. Non c’è comunque soltanto l’e-commerce tra gli asset aziendali dell’azienda che sovraintende i 5 Stelle. Pure l’editoria è un settore che attira, con un primo tentativo di avviare una casa editrice online, l’idea di un portale per aggregare blog sparsi in rete (TzeTze) dando spazio a un’informazione alternativa. Canestrari e Biondo ripercorrono poi la collaborazione con Chiarelettere (“l’accordo prevede che il Blog intervisti e pubblicizzi alcuni titoli dell’editrice e li venda attraverso il proprio negozio online Grillorama, trattenendo una commissione”), i rapporti con il Fatto Quotidiano, il contratto con il gruppo editoriale GEMS, di cui fa parte Chiarelettere, “nel frattempo divenuto editore di Grillo e Casaleggio per alcuni libri, e che prevede la gestione di alcuni portali del gruppo e, in particolare, il blog collettivo voglioscendere.it”, con le firme di Marco Travaglio, Peter Gomez e Pino Corrias, poi trasformato in cadoinpiedi.it. C’è spazio anche per un aneddoto su Giovanni Favia, l’ex consigliere 5 Stelle in Emilia-Romagna cacciato dal Movimento dopo le parole off the records riprese da La7 il quale in realtà – raccontano gli autori – aveva già rotto con Casaleggio per non aver troncato la collaborazione con il Fatto Quotidiano (aveva un blog). Perché avrebbe dovuto chiuderla lì? Per ripicca, perché la testata aveva sviluppato quell’area del sito senza la consulenza della Casaleggio Associati. “Sorte simile – si legge nel capitolo – subiscono Daniele Martinelli, primo capo della comunicazione del Movimento alla Camera, Matteo Ponzano, che gestiva il canale web-tv La Cosa, oltre a uno degli autori di questo libro. Candidati alle parlamentarie del Movimento per le elezioni europee del 2014, vengono esclusi a votazioni aperte da una nota del Blog: ‘non sono ammessi dipendenti o collaboratori attuali o ex della Casaleggio Associati’”. Da - http://formiche.net/2017/01/m5s-casaleggio-grillo-supernova/ Titolo: ARCANGELO ROCIOLA Intervista a Davide Casaleggio che ad Agi racconta le ... Inserito da: Arlecchino - Giugno 04, 2018, 12:32:48 pm "Internet deve essere accessibile a tutti, serve alle imprese e alla nostra conoscenza"
Intervista a Davide Casaleggio che ad Agi racconta le strategie che l'Italia dovrebbe adottare per far crescere il mercato del digitale, l'importanza dell'accesso alla rete, e la privacy di Rousseau dove assicura: "Il Garante sarà soddisfatto del nostro lavoro" Di ARCANGELO ROCIOLA 25 maggio 2018, 11:37 "Internet deve essere accessibile a tutti, serve alle imprese e alla nostra conoscenza" DAVIDE CASALEGGIO STARTUP DIGITALE ECOMMERCE VENTURE CAPITAL Nessun accenno alla politica, né al governo. L’unica eccezione è una breve dichiarazione alle telecamere dove dice solo: "Sono molto contento che si sia sbloccata questa situazione e sono sicuro che Giuseppe Conte sarà all’altezza della situazione. Gli faccio un grande augurio di portare avanti il suo compito con serietà e professionalità, che penso abbia". Ma a margine della presentazione del suo rapporto sull'e-commerce in Italia, Davide Casaleggio, 42 anni, amministratore delegato della Casaleggio Associati e titolare dell'associazione proprietaria della piattaforma Rousseau, si lascia avvicinare per qualche minuto e si concede a qualche domanda. Non su questioni politiche, ma solo scenari sul mercato del digitale in Italia che per Casaleggio ha un grande potenziale. E dal suo osservatorio traccia alcune direttrici per farlo esprimere appieno. Non c'è digitale senza Internet, e nel programma del cambiamento del prossimo governo si parla di Internet gratuito per tutti, è fattibile? "Credo che Internet debba essere accessibile a tutti, è un bene fondamentale, come l'acqua. Senza Internet non potremo sviluppare né la nostra conoscenza personale, né le nostre imprese. E legato al tema del diritto di accesso per tutti a Internet ci sono molti temi, come quello della cittadinanza digitale, su cui lavoreremo nei prossimi giorni. Certo è che bisogna capire come dare a tutti accesso alla rete". A proposito di Internet e imprese, l'Italia non è riuscita in questi anni ad aumentare i propri investimenti in startup e in innovazione. Cosa andrebbe fatto? "L'Italia ha grandi potenzialità ma per far crescere il mercato dell'innovazione credo dovremmo partire da un coordinamento nazionale che razionalizzi i vari investimenti fatti a livello locale, spesso fatti da finanziarie regionali e fondazioni bancarie. Il modello che dovremmo valutare è quello francese, che ha portato Parigi sul tetto d'Europa per investimenti in startup. Sono sicuro che anche l'Italia può fare lo stesso. L'e-commerce, come racconta il nostro rapporto, oggi vale 35 miliardi di euro, ma il mercato dell'innovazione e del digitale non ha ancora espresso il suo potenziale. Per farlo, secondo noi, serve una strategia nazionale in cui si coinvolgano le grandi aziende italiane con programmi di open innovation (ovvero accordi tra grani aziende e nuove società digitali, ndr) e corporate venture capital (cioè investimenti diretti nel capitale di imprese innovative, ndr), in maniera tale da favorire il mercato degli investimenti, e poi quello delle exit". È una tesi piuttosto dibattuta da anni, ma finora non si è riusciti a farlo. "Credo che la strada passi da una riorganizzazione dei finanziamenti fatti a livello regionale dalle finanziarie, sarebbe un primo passo per sviluppare questo mercato. Oggi ci sono molte finanziarie che investo piccole somme in molte startup. E spesso si tratta di investimenti a cui non seguono altri investimenti più cospicui, magari fatti da privati, quelli che poi davvero permettono alle neo imprese innovative di crescere. A queste imprese dopo un po' manca liquidità e servono investimenti da diversi milioni di euro per continuare a sviluppare le loro tecnologie dopo le fasi iniziali della loro vita d'impresa". Cosa fare quindi? "Cercare di fare in Italia quello che è riuscita a fare la Francia con l'istituzione della Bpifrance (la banca pubblica di investimento francese, ndr). Loro soffrivano dello stesso problema italiano e, proprio attraverso una razionalizzazione delle finanziarie regionali, sono riusciti a creare un percorso di sviluppo delle aziende. Il pubblico investe nelle fase iniziali, ma in modo più cospicuo e strutturato, così si porta il privato a investire nelle fasi successive della vita aziendale. Un'altra soluzione potrebbe venire dal coinvolgimento delle fondazioni bancarie. Oggi le fondazioni bancarie spendono ogni anno circa 800 milioni di euro a livello locare. Mi chiedo, perché non trasformare questa spesa in investimenti veri in startup, magari anche a livello locale, così da generare nuovi capitali per le stesse fondazioni? Serve un cambio culturale nel Paese sui temi dell'innovazione". Durante la presentazione del rapporto sull'ecommerce ha detto che un ruolo fondamentale lo hanno i media. Cosa intendeva? "Non voglio certo dire ai media quello che devono fare, ma per fare in modo che in Italia si parli di startup e innovazione bisogna creare dibattito, e anche i media possono fare la loro parte". Torniamo brevemente sul governo. Paolo Savona è stato indicato come ministro dell'Economia, se dovesse diventarlo sarebbe il primo ministro al Tesoro con una buona conoscenza della tecnologia blockchain e dell'intelligenza artificiale. Secondo lei da queste tecnologie potrebbero arrivare delle soluzioni innovative nell'azione di governo? "Non parlo di quello che potrebbe fare il governo, ma è un fatto che la blockchain non è qualcosa che riguarda il futuro prossimo, ma è già attuale, già servirebbe alle imprese italiane nella gestione dei contratti e delle reazioni tra imprese in maniera trasparente. Pensi a quanto ne potrebbero giovare le piccole e medie imprese, di cui il tessuto produttivo italiano è pieno". È entrata in vigore la Gdpr, il nuovo regolamento sulla privacy online dei cittadini. Rousseau è pronto? "Abbiamo lavorato molto sulla sicurezza della nostra piattaforma e degli iscritti, sono sicuro che anche il garante della privacy sarà soddisfatto di quello che abbiamo fatto". @arcangelorociola Da - https://www.agi.it/economia/casaleggio_startup_internet_ecommerce-3947535/news/2018-05-25/ Titolo: Di Maio alle imprese: “Ricetta per crescita è lasciarle in pace. Inserito da: Arlecchino - Giugno 09, 2018, 12:53:44 pm Di Maio alle imprese: “Ricetta per crescita è lasciarle in pace. Via lo spesometro, siete onesti fino a prova contraria” Semplificazione: è la parola scelta dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico nel suo discorso all'assemblea di Confcommercio. C'è "c'è troppa certificazione da compilare" per accedere agli incentivi e anche al codice degli appalti "dobbiamo togliere qualcosa" perché "è diventato così complicato che terrorizza". Sul fronte della lotta all'evasione fiducia agli imprenditori: "Invertiremo l'onere della prova". Ai lavoratori "va garantito un salario minimo" Di F. Q. | 7 giugno 2018 “La ricetta per fare decollare le imprese che creano lavoro, sviluppo, nuove tecnologie nella loro crescita è lasciarle in pace “. Sono le parole scelte da Luigi Di Maio per illustrare all’assemblea di Confcommercio il manifesto del governo Conte per gli imprenditori. “La mia grande preghiera al Parlamento, che si avvia a partire con i suoi lavori presumibilmente entro la prossima settimana, è non bombardate i cittadini di leggi, semmai alleggeriteli. Ce ne sono fin troppe”, ha detto il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico riecheggiando una delle grandi battaglie condotta negli scorsi anni dalla Lega alleata di governo, quella per la semplificazione. Alla quale il governo Berlusconi IV dedicò persino un ministero guidato dal leghista Roberto Calderoli dal 2008 al 2011. “C’è una questione importante che riguarda l’innovazione – ha argomentato Di Maio – il programma Industria 4.0 va sempre di più semplificato nel suo accesso”. “Dobbiamo prenderci qualche rischio per fare ripartire il paese” a partire “dall’eccessiva burocratizzazione. Bisogna agevolare e semplificare” le modalità “per accedere anche ad altri programmi, al fondo garanzia, a tutto il sistema degli incentivi, per esempio gli sgravi sull’energia per le imprese. Tante persone hanno i requisiti poi mollano perché c’è troppa certificazione da compilare”. (Di Manolo Lanaro) Un problema che riguarda anche il codice degli appalti. “Dovremo lavorare tantissimo sulle infrastrutture e chi sta raccontando l’idea che questo sia il Governo del no alle infrastrutture sbaglia – premette Di Maio – vengo da un’area di questo Paese dove abbiamo bisogno di infrastrutture, di investimenti e conosco bene anche il valore dell’effetto moltiplicatore degli investimenti nelle infrastrutture. L’unica cosa però è che quando si fanno investimenti e si stanziano i soldi si deve creare lavoro. E per farlo non abbiamo bisogno di nuove leggi se mai abbiamo bisogno di togliere qualcosa dal codice degli appalti che è diventato così complicato che terrorizza”. Da un lato la lotta alla burocrazia, dall’altra la fiducia nei confronti degli imprenditori: “Aboliremo tutti gli strumenti come lo spesometro e il redditometro – ha annunciato il vicepremier – e inseriremo l’inversione dell’onere della prova. Perché siete tutti onesti ed è onere dello Stato provare il contrario “, ha affermato Di Maio strappando un sonoro applauso alla platea e sottolineando che strumenti come lo spesometro hanno “reso schiavi quelli che producono valore”. “Noi – ha aggiunto – incroceremo tutti i dati della P.A.” per dimostrare l’evasione. “Avete la mia parola qui a Confcommercio che l’Iva non aumenterà e le clausole di salvaguardia saranno disinnescate”, ha annunciato Di Maio, ribadendo che il governo saprà tenere testa a Bruxelles: “Ci teniamo alla tenuta dei conti”, ma “se vogliamo bene all’Italia, e noi le vogliamo bene, se vogliamo portare avanti progetti economici dobbiamo contrattare con Europa le condizioni che l’Italia non può più sostenere, dicendo anche dei no. Non bisogna andare in Europa con la clava a minacciare, ma spiegando che l’Italia pretende di essere rispettata e trattata come gli altri”. Il ministro ha quindi illustrato i progetti dell’esecutivo per i lavoratori: “Per tutta la generazione fuori dalla contrattazione nazionale va garantito almeno un salario minimo, almeno fino a che non si arriva alla contrattazione”. “Il lavoro nobilita l’uomo fino a che ti dà la soddisfazione di arrivare a fine mese” e invece siamo in un momento in cui “si cerca di lavorare pur guadagnando zero “. Il Partito Democratico ribadisce le critiche già espresse in Parlamento quando, chiedendo la fiducia alle Camere, il premier Conte aveva annunciato l’abolizione di spesometro e redditometro: “Peccato che siano già stati eliminati dal precedente governo”, afferma Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Pd. “Dov’era Di Maio quando è stata approvata la legge di Bilancio 2018 che ha previsto l’eliminazione dello spesometro a partire dal 1° gennaio 2019? Anche gli studi di settore sono già stati mandati in soffitta e il redditometro di fatto non esiste più da tempo”. Il centrodestra accoglie con favore le parole del vicepremier: “Prendiamo atto che Di Maio sta già modificando il contratto di governo – dichiara Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia al Senato – lasciare piena libertà di impresa salvo i controlli successivi, invertire l’onere della prova sui contenziosi fiscali, realizzare le infrastrutture riformando l’illeggibile Codice degli appalti, che sta bloccando l’attività edilizia e più in generale quella delle imprese, sono proposte di schietta marca Forza Italia e centrodestra”. Il ministro riscuote persino il plauso di Vincenzo De Luca: “Sul nuovo codice degli appalti Luigi Di Maio ripropone le stesse osservazioni critiche che ho fatto da solo, già da due anni”, ha detto il presidente della Regione Campania – leggo anche della paura dei dirigenti pubblici chiamati a firmare atti. Bene: su entrambe le questioni, mi aspetto modifiche rapide e conseguenti”. Da - https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/07/di-maio-alle-imprese-ricetta-per-crescita-e-lasciarle-in-pace-via-lo-spesometro-siete-onesti-fino-a-prova-contraria/4410577/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2018-06-07 Titolo: Vitalizi e Sud, le mosse del M5S per arginare l’egemonia di Salvini al governo Inserito da: Arlecchino - Giugno 17, 2018, 08:57:35 pm Vitalizi e Sud, le mosse del M5S per arginare l’egemonia di Salvini al governo
Di Riccardo Ferrazza 12 giugno 2018 «I nostri voti sono andati verso la Lega: chiudo il comitato e vado a dormire». L’analisi del voto di Enrico Lupardini, candidato del Movimento 5 Stelle nel municipio VIII di Roma (Garbatella), dove i pentastellati hanno raccolto appena il 13%, è brutale. Partire da un quartiere storicamente “rosso” della Capitale - in cui a pesare sulla scelta degli elettori c’era anche il giudizio sul primo biennio di Virginia Raggi al Campidoglio - per valutare il risultato delle elezioni comunali di domenica può apparire fuorviante. Tuttavia in quello sfogo del mancato mini-sindaco c’è la frustrazione del movimento che, a dieci giorni dalla nascita del governo giallo-verde guidato da un presidente del Consiglio proveniente dall’ambiente pentastellato, si trova già costretto rincorrere e a dover impostare una “fase due” per evitare di ritrovarsi schiacciato dalla corazzata leghista alle europee del prossimo anno. Nell’ «alleanza competitiva» in cui i due contraenti hanno un elettorato in parte sovrapponibile, Matteo Salvini ha dimostrato finora maggiore abilità, assegnandosi di fatto la leadership dell’esecutivo, pur partendo dal 17,4% delle politiche rispetto al 32,7% di M5S. Come si è visto sul “caso Aquarius”: il segretario del Carroccio ha sfruttato la situazione e - a urne aperte - ha annunciato la chiusura dei porti per impedire l’approdo dei 629 migranti, misura che per competenza spetta al dicastero delle Infrastrutture, guidato Danilo Toninelli del Movimento 5 Stelle. Comunali: la Lega traina il centrodestra, M5S in frenata anche a Roma. Brescia al centrosinistra Il ministro pentastellato è rientrato nella partita solo successivamente con una nota congiunta con il Viminale ma ormai la paternità della vicenda era già stata assegnata. Ed è tutta di marca leghista. È vero che i cinque stelle devono fare i conti con l’ala movimentista, capeggiata dal presidente della Camera Roberto Fico, che vive con enorme disagio la vicenda dei migranti ma colpisce che proprio Di Maio un anno fa, nel pieno della polemica sulle ong accusate di essere “taxi del mare”, propose proprio questo: «Chiudere i porti italiani agli sbarchi dalle navi di chi non rispetta le regole». Emergenza Aquarius, migranti a Valencia anche su navi italiane Per la ripartenza che imprima un nuovo equilibrio nell’esecutivo e blocchi l’egemonia leghista, il Movimento 5 Stelle punterà da subito su uno dei suoi temi più forti e a rapida presa “propagandistica”: il taglio dei vitalizi. «La delibera è già pronta ed è sul tavolo del presidente della Camera dei deputati Roberto Fico» ha assicurato alcuni giorni fa il capo politico pentastellato. Prima, però, andrà integrato l’ufficio di presidenza che ha perso due membri promossi ministri (Riccardo Fraccaro e Lorenzo Fontana). La convocazione è per mercoledì: in quell’occasione si vedrà se i pentastellati riusciranno a imprimere un’accelerazione e controbilanciare la visibilità maggiore dell’alleato leghista. Di Maio, con il doppio incarico di ministro Lavoro e Sviluppo economico, al pari di Salvini, può contare su un’ampia visibilità. Sulla riforma economica “manifesto” dei pentastellati, il reddito di cittadinanza, il governo Conte ha però imposto tempi lunghi: prima si dovrà intervenire sui centri per l’impiego, ha spiegato il presidente del Consiglio nel suo discorso in Parlamento. Il vicepremier dovrà parlare direttamente all’elettorato che il 4 marzo più si è dimostrato sensibile alla novità pentastellata e che nel voto di domenica ha mostrato disaffezione: quello meridionale. Nelle città del sud, ha calcolato l’Istituto Cattaneo, i voti per il Movimento 5 Stelle sono passati dal 48,1% del 4 marzo al 15,1% di domenica. Un calo di 33 punti. «Sono un cittadino del Sud e non ho dimenticato quello che ha fatto la Lega e non mi sono seduto a quel tavolo a cuore leggero» disse Di Maio in un comizio a Napoli a pochi giorni dalla formazione del governo. I suoi elettori si aspettano ora qualcosa in più. © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-06-11/vitalizi-e-sud-mosse-m5s-arginare-l-egemonia-salvini-governo-160013.shtml?uuid=AEosbA4E Titolo: Ascesa e caduta di David Borrelli, da fedelissimo di Casaleggio a “fuoriuscito” Inserito da: Arlecchino - Giugno 20, 2018, 05:27:52 pm Dossier | n. 177 articoli Elezioni 2018-Ultime notizie, interviste e video
Ascesa e caduta di David Borrelli, da fedelissimo di Casaleggio a “fuoriuscito” Di Manuela Perrone 13 febbraio 2018 Come si può passare nel giro di un anno da fedelissimo di David Casaleggio a spina nel fianco del M5S, al punto da dire addio al gruppo all’Europarlamento per entrare in quello dei non iscritti? L’ascesa e la caduta di David Borrelli - classe 1971, imprenditore trevigiano nel settore informatico e grillino della prima ora - raccontano di quanto fragili siano gli equilibri nel Movimento Cinque Stelle, ma anche di quanto la “rimborsopoli” degli ultimi giorni si stia trasformando in una resa dei conti interna che riapre vecchie ferite e ne genera di nuove. Borrelli lascia nel silenzio (da Bruxelles i suoi colleghi sostengono che abbia spento il telefono). Per lui parla una nota stringata della capo delegazione M5S in Europa, Laura Agea: «Questa mattina l’eurodeputato David Borrelli ha ufficializzato il suo ingresso nel gruppo dei non iscritti. Borrelli ha comunicato alla delegazione italiana del MoVimento 5 Stelle che la sua è stata una scelta sofferta ma obbligata da motivi di salute. Prendiamo atto che Borrelli non fa più parte del MoVimento 5 Stelle». RESTITUZIONI 13 febbraio 2018 Caso rimborsi, per M5S buco da oltre un milione. Altri nomi nel mirino Qui c’è la prima stranezza, formale: i «motivi di salute» gli fanno lasciare il M5S ma non il seggio di eurodeputato? Ma sono tante altre le cose che non tornano. Borrelli è (ma sarebbe meglio a questo punto usare l’imperfetto “era”) uno dei tre soci dell’Associazione Rousseau, insieme a Casaleggio jr e al consigliere comunale a Bologna Massimo Bugani. Proprio quest’ultimo, oggi, in un’intervista a Il Fatto Quotidiano, ha usato parole durissime contro i furbetti dei rimborsi: «Cacceremo a calci chi ha fatto finta di versare e non ha versato». Alla domanda se anche Borrelli sia incappato in irregolarità, dal M5S Europa rispondono di non sapere. Ma confermano che «le verifiche stanno procedendo a tappeto anche sugli eurodeputati», che a differenza dei parlamentari non hanno l’obbligo di rendicontare le spese. A STRASBURGO 11 gennaio 2017 M5s, due eurodeputati lasciano il gruppo. Grillo: «Chi va via paghi 250mila euro» Gli ultimi 13 mesi, per Borrelli, non sono stati facili. La parabola discendente è cominciata a gennaio 2017, quando era ancora co-capogruppo degli euroscettici Efdd insieme al leader Ukip Nigel Farage. Fu lui a ricevere da Casaleggio jr l’incarico di trattare con i liberali di Alde per il passaggio dei pentastellati tra le braccia dei super-europeisti. Un tentativo di giravolta funzionale alla lunga marcia di accreditamento del M5S presso le cancellerie europee che però fallì miseramente e costò al Movimento polemiche, faide e la perdita dei due eurodeputati Marco Affronte e Marco Zanni. Ma Borrelli, protetto dai vertici, restò saldamente in sella, seppur molto più defilato rispetto al passato. A ottobre scorso è tornato nuovamente agli onori delle cronache per un caso di “parentopoli”: la sua compagna, Maria Angela Riva, era entrata in sordina, da qualche mese, nello staff di Isabella Adinolfi, un’altra eurodeputata M5S della commissione Cultura. Lui si è difeso: «Maria Angela ha la sua vita, le sue competenze e il suo lavoro. Lei fa il suo, io faccio il mio». Ma dentro il Movimento erano in molti a storcere il naso. IL CASO RESTITUZIONI 13 febbraio 2018 Altri due deputati M5S irregolari: Della Valle e Cozzolino. Di Maio: «Per noi regole sacre» L’ultimo scivolone, assai sgradito a Milano, risale al 4 gennaio scorso. Contattato dal Foglio, che ha scovato lo statuto dell’Associazione Rousseau provando come a Davide Casaleggio sia intestato il controllo assoluto della piattaforma che è il cuore digitale della democrazia diretta targata M5S, ha risposto così: «Vorrei evitare di parlare dell’Associazione Rousseau, non so nulla di più di quello che è pubblico. Io non so nulla, sono in quell’associazione perché Beppe mi ha chiesto di esserci, ma è come se non ci fossi. Tutti e tre gli incarichi sono intestati a Davide Casaleggio, bisogna chiedere a lui. La prego di non farmi comparire, non voglio parlare di nulla». Un figurante che adesso esce di scena. A sorpresa, e in pieno terremoto. Ma c’è un’altra vicenda che potrebbe avere avuto il ruolo decisivo nella fuoriuscita di Borrelli: la notizia della settimana scorsa che l’amministrazione dell’Efdd ha contestato i rimborsi chiesti da Cristina Belotti, capo della comunicazione del Movimento a Bruxelles e Strasburgo, per alcune missioni legate alla campagna elettorale di Luigi Di Maio in Italia. Secondo Marco Canestrari, ex dipendente della Casaleggio Associati e autore con Nicola Biondo del libro “Supernova: così è stato ucciso il Movimento 5 Stelle”, con “rimborsopoli” Borrelli non c’entra: «Paga l’essersi schierato con Beppe nella lotta di potere in atto nel M5S». Canestrari ha twittato un post di Borrelli datato 24 ottobre 2017 in cui l’europarlamentare criticava la gestione attuale, sostenendo che «in questi ultimi anni anziché parlare alle persone abbiamo parlato a noi stessi e tra noi. Litigandoci la presenza di uno o l’altro come fosse un trofeo da esporre. Ha ragione Beppe Grillo, come sempre, abbiamo sbagliato qualcosa. Non è troppo tardi». © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-02-13/ascesa-e-caduta-david-borrelli-fedelissimo-casaleggio-fuoriuscito-164350.shtml?uuid=AE6U4RzD Titolo: Ecco i numeri di Rousseau, la cassaforte M5S che paga anche le spese legali... Inserito da: Arlecchino - Giugno 20, 2018, 05:29:08 pm L’ASSOCIAZIONE DI DAVIDE CASALEGGIO
Ecco i numeri di Rousseau, la cassaforte M5S che paga anche le spese legali del Movimento Di Manuela Perrone 20 giugno 2018 L’“operazione trasparenza” lanciata ieri dal M5S è cominciata con la pubblicazione sul blog delle Stelle del rendiconto 2017 dell’Associazione Rousseau presieduta da Davide Casaleggio e della lista dei donatori (identificati con le sole iniziali) con l’elenco di quanto donato. Non è una grande novità: il rendiconto 2016 e l’elenco dei donatori erano già da tempo disponibili in chiaro sul sito della piattaforma. L’unica innovazione è stata quella di trasmetterli anche alla Camera, anticipando quello che i Cinque Stelle vorrebbero diventasse un obbligo per tutte le fondazioni e le associazioni che gravitano nell’orbita dei partiti. I documenti sono stati inviati alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza di Montecitorio, come “segnale” anche alle altre forze politiche. LA PIATTAFORMA M5S 02 agosto 2017 Casaleggio a Roma “apre” Rousseau. Obiettivo un milione di iscritti Che cosa ci dice il rendiconto 2017? Intanto è il bilancio del primo anno completo di Rousseau, che è nata l’8 aprile 2016 all’Istituto Auxologico di Milano, dove Gianroberto Casaleggio era ricoverato e dove sarebbe morto qualche giorno dopo. L’atto costitutivo, rivelato dal Foglio lo scorso gennaio, consegna ai due fondatori (Gianroberto e suo figlio Davide) le funzioni di presidente, tesoriere e amministratore unico. È dunque oggi solo Davide che rappresenta l’associazione e la controlla. Ed è soltanto lui che può decidere sull’ammissione di nuovi soci. Con Casaleggio jr ci sono Pietro Dettori, ex dipendente della Casaleggio Associati oggi nello staff M5S di Palazzo Chigi, Massimo Bugani, numero del Movimento in Emilia Romagna ed Enrica Sabatini, subentrata dopo l’addio di David Borrelli. INTERVISTA ALLO «STRATEGA» M5S 6 aprile 2018 Casaleggio: «Lega e Pd? Destra e sinistra non esistono più» Se il rendiconto 2016 si era chiuso con un avanzo di gestione (e un patrimonio netto) pari a 79.676 euro, il rendiconto 2017 presenta invece un disavanzo di gestione di 135.062 euro e un patrimonio netto negativo di 55.386 euro. Qui c’è il primo aspetto interessante. I ricavi ammontano a 357mila euro (principalmente grazie a una pioggia di microdonazioni: in media 53 euro, sono soltanto 40 quelle superiori ai mille euro), i costi a 493mila euro. «Hanno contribuito significativamente ai costi - spiega l’Associazione nel post - le spese dedicate alla sicurezza investiti per la tutela degli iscritti sulla piattaforma e gli accantonamenti precauzionali per le spese legali relative alle cause in corso pari a 89mila euro». Di questi 31mila euro si riferiscono a pagamenti da effettuare a stretto giro, gli altri per future eventuali cause. NON SI FERMANO I GUAI GIUDIZIARI 12 gennaio 2017 M5S, Grillo di nuovo in tribunale: la vecchia associazione fa causa alla nuova L’informazione è preziosa: chiarisce che le spese per i contenziosi che riguardano il M5S vengono pagate dall’Associazione Rousseau. La strada dovrebbe essere quella della «delegazione di pagamento» dall’Associazione MoVimento 5 Stelle all’Associazione Rousseau, che va approvata dall’assemblea. La domanda è: perché Rousseau si assume i costi delle cause relative alle espulsioni di associati del M5S, avvenute anche prima della creazione dell’associazione? Nello statuto c’è la risposta: Rousseau si occupa di supportare il M5S e i suoi esponenti «nello svolgimento delle loro attività, ivi compreso le attività amministrative, normative, giuridiche e fiscali». Nel regolamento del M5S, pubblicato a dicembre 2017 insieme al nuovo statuto, è scritto però che ogni eletto alla Camera e al Senato deve versare un contributo di 300 euro mensili «destinato al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l’attività dei gruppi e dei singoli parlamentari». Si tratta di 4 milioni di euro in cinque anni: le prime somme hanno cominciato a entrare nelle casse dell’Associazione Rousseau da quando si è insediata la XVIII legislatura. E dunque, ovvero stando al regolamento, quelle somme dovrebbero servire in futuro soltanto a mantenere la piattaforma online. Rousseau e il Movimento sono in ogni caso legate a doppio filo. E, nonostante Casaleggio si ostini a ritagliarsi soltanto un ruolo di «tecnico», appare sempre più come il tesoriere di fatto del Movimento, visto che la sua Associazione si occupa anche delle spese legali del M5S e della movimentazione delle ingenti somme pagate dai parlamentari. Altri dettagli: nel 2017 Rousseau ha impiegato 4 persone part time, 2 full time, uno stagista e un collaboratore coordinato e continuativo. Pochi se si pensa alla mole di dati e attività che ruotano intorno alla piattaforma (che conta più di 140mila iscritti), che durante lo scorso anno ha dovuto fronteggiare diversi attacchi hacker e ha dovuto provvedere ai rilievi del Garante della privacy, che le sono costati una sanzione di 32mila euro. Spicca il dato di 137mila euro di debiti commerciali per fatture di fornitori già emesse o che devono essere emesse. I debiti in generale aumentano: sono 165mila euro, oltre il 20% in più dell’anno prima. In crescita però anche i crediti sia per la cessione di beni e servizi e soprattutto per non meglio precisati «crediti diversi correnti» da 18.664 euro su cui neanche la nota integrativa al rendiconto fornisce ulteriori dettagli. L’INCHIESTA SULLO STADIO DELLA ROMA 15 giugno 2018 Fondazioni, le nuove casseforti della politica senza trasparenza Rousseau chiede ora che presentino il loro bilancio alla Camera anche le altre fondazioni e associazioni. Come la Fondazione Eyu del Pd (che ha ricevuto 123mila euro dal costruttore Luca Parnasi, arrestato nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio della Roma), presentino il loro bilancio alla Camera. Il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi ha rivendicato la «gestione scrupolosa e trasparente delle casse del partito» ma si è detto disponibile «ad aprire un tavolo concreto in cui scrivere una legge che sancisca, in modo definitivo, i principi di trasparenza cui dovranno soggiacere tutti i partiti politici e i soggetti ad essi in qualsiasi modo correlati». La sfida è aperta. Anche alla Lega. Alla Onlus di area leghista “Più Voci”, per dire, Parnasi ha donato 200mila euro. Ma c’è anche chi, come Marco Canestrari (ex dipendente della Casaleggio Associati e autore con Nicola Biondo del libro-inchiesta sul M5S “Supernova”) chiede proprio al Movimento uno sforzo in più: quello di rendere trasparenti anche la lista dei soci e la rete di relazioni dell’Associazione Gianroberto Casaleggio, presieduta sempre da Davide. Era una cena di raccolta fondi per questa associazione quella a cui il superconsulente M5S Luca Lanzalone, finito ai domiciliari sempre per l’inchiesta sullo stadio, aveva partecipato la sera prima dell’arresto. © Riproduzione riservata Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-06-19/ecco-numeri-rousseau-cassaforte-m5s-che-paga-anche-spese-legali-movimento-185326.shtml?rlabs=1 Titolo: Perché M5S non è un partito né conservatore né progressista Inserito da: Arlecchino - Giugno 28, 2018, 05:11:09 pm Perché M5S non è un partito né conservatore né progressista
Benedetto Ippolito PALAZZI L'analisi di Benedetto Ippolito, storico della filosofia Il fenomeno politico più interessante dei nostri tempi, e certamente meno comprensibile sul piano politologico, è il M5S. La sua comparsa storica è stata la meteora elettorale con cui si è affermato alle politiche del 2013, e con cui ha dominato lo spazio pubblico e i risultati alle ultime amministrative di quest’anno, dopo la battuta di arresto delle Europee. La sua presenza elettorale e la portata del consenso che raccoglie sono ormai un dato di partenza per ogni analisi prospettica sul futuro politico italiano. All’inizio, quando ancora esisteva un duopolio tra centrodestra e centrosinistra, lo stato di cose ha costretto i grillini fuori da ogni possibile collocazione. Un movimento anti sistema che, più e meglio di ogni altro, contestava il tutto della politica ufficiale, fino al limite di apparire come episodio, e ce ne sono stati tanti nella storia repubblicana, puramente protestatario. Adesso le cose sono cambiate. Il centrodestra vive da anni una crisi politica ed elettorale, e il M5S di fatto è diventato il polo accentratore di consenso nazionale più importante di alternativa al Pd. A scanso di equivoci, con ciò non si vuol dire che il centrodestra non abbia un futuro, anzi, ma che l’efficacia del progetto di Stefano Parisi sia proprio quello di rendere possibile un tripolarismo, davanti all’ineluttabile destino contrario di una sola alternativa a due PD-M5S. Da qui nasce l’esigenza di comprendere meglio non tanto ciò che è adesso ma cosa possa o potrebbe diventare il M5S come forza maggioritaria e di Governo contrapposta, per necessità di cose, al centrosinistra. Su questo tema sono intervenuto qualche giorno fa su Formiche.net con un articolo che inaspettatamente ha generato un ricco, interessante e talvolta persino aspro dibattito su Facebook. In quella riflessione ho cercato di inquadrare il M5S nello scenario possibile di una interpretazione filosofica delle distinzioni tradizionali tra destra e sinistra che nel bene e nel male esistono ancora in tutti gli Stati democratici del mondo. Sulla legittimità dell’antitesi, molto criticata ragionevolmente da alcuni lettori, rimando a studi classici e nuovi sul tema, emersi a partire dal noto libro di Norberto Bobbio” Destra e sinistra” per arrivare, passando per gli scritti di Marco Revelli, all’ultimo importante saggio di Carlo Galli” Perché ancora destra e sinistra “. Rifacendomi ad Augusto Del Noce, nonché a Renzo De Felice, sono convinto che il M5S, badate bene non “sia”, ma “abbia delle analogie” con quei movimenti politici di ieri e di oggi che appartengono alla complessa galassia del ‘radicalismo di destra’. Prima precisazione: radicalismo di destra non è sinonimo di estrema destra. Alla seconda appartengono tutti quei movimenti che sono ‘ultra conservatori’, come il Fronte Nazionale o la Lega; alla prima invece partiti e movimenti che non si collocano per nulla nel centrodestra o nella destra estrema, ma che, in virtù di un certo metodo diretto e antagonistico e in nome di una totale contrapposizione al centrosinistra tradizionale, interpretano una lettura estrema della democrazia come espressione rousseauviana di totale critica morale del potere, luogo di corruzione e causa di ogni male. Nicola Genga ha spiegato molto bene questo in un recente libro dedicato al Fronte Nazionale, un partito appunto di estrema destra e non un semplice radicalismo politico anti sinistra come è forse, e dico forse, il grillismo. Ringraziando pertanto i tanti interventi che sono stati scritti, specialmente quelli critici e non offensivi, cioè la maggior parte, profitto per aggiungere qualche chiarimento utile alla mia tesi, invitando ad intervenire ancora. La democrazia per me è questo: discutere apertamente e duramente sulle idee senza personalismi. Ho citato Del Noce non a caso. Egli infatti, a mio avviso, ci dà alcuni suggerimenti preziosi. La distinzione tra destra e sinistra deriva dalla Rivoluzione Francese e ha avuto tante declinazioni diverse, specialmente durante e dopo i totalitarismi del XX secolo. Oggi, finite le ideologie, continua e ritorna la distinzione originaria ben espressa da Carlo Marx nelle sue “Tesi su Feuerbach “: chi è di sinistra ritiene che l’azione riformatrice o rivoluzionaria degli uomini sia il fondamento della politica, mentre chi è di destra pensa che la realtà, la continuità storica, la natura di una società siano un dato di partenza permanente che precede in modo immanente l’azione umana, dandogli significato e limite politico. In questo quadro il M5S è sicuramente un movimento di sinistra rispetto, ad esempio, alla Lega: quest’ultima ha la realtà locale e nazionale da difendere, mentre il M5S s’interessa alla partecipazione volontaria del popolo e dei cittadini al cambiamento dell’establishment. Del Noce notava infatti che il radicalismo di destra ha dei caratteri che sono associabili alla sinistra, vale a dire l’accettazione del primato della partecipazione attiva dei cittadini, senza però, al contrario della sinistra, indirizzarla materialmente a finalità ideologiche e politiche prestabilite: uguaglianza, giustizia economica, europeismo, umanitarismo, eccetera. Bene. Questo è il senso della mia tesi. Il M5S non è un movimento conservatore, quindi non appartiene alla destra popolare e nazionale, e non è certo progressista perché manca di quella cultura razionalista e illuminista della governance istituzionale che anima sia il riformismo di Renzi e sia il massimalismo classico della minoranza di sinistra del Pd. A mio avviso si tratta di una lettura di destra radicale della visione attivistica della volontà generale di Rousseau, una visione interessante ed originale confermata ed espressa da una negazione plastica e risoluta verso tutto e tutti, nonché dalle continue auto epurazioni e da un certo culto del capo, tanto presente quanto avvolto nel mistero imponderabile. Le riforme volute dai Cinquestelle non sono mosse da una meta finale e sono antagoniste ad ogni realtà sottratta al gioco democratico. Il successo elettorale e il suo destino spaziale sono tuttavia inseparabili e difficilmente compatibili tra loro. Quando si sono presi i voti bisogna governare e fare politica. Ecco allora che lì deve emergere con chi si sta e con chi non si sta, chi è il tuo alleato e chi il tuo concorrente. E qualora il M5S dovesse arrivare contro la destra e la sinistra a governare da solo, chi rimane come minoranza darà all’azione grillina l’inevitabile collocazione, svelandoci se si tratta di un radicalismo di destra o di sinistra. Se ciò non avverrà vorrà dire soltanto che la sua battaglia è persa e il suo ruolo non più significativo dal punto di vista elettorale. Titolo: Perché M5S non è un partito né conservatore né progressista Inserito da: Arlecchino - Giugno 30, 2018, 04:56:41 pm Perché M5S non è un partito né conservatore né progressista
Benedetto Ippolito PALAZZI L'analisi di Benedetto Ippolito, storico della filosofia Il fenomeno politico più interessante dei nostri tempi, e certamente meno comprensibile sul piano politologico, è il M5S. La sua comparsa storica è stata la meteora elettorale con cui si è affermato alle politiche del 2013, e con cui ha dominato lo spazio pubblico e i risultati alle ultime amministrative di quest’anno, dopo la battuta di arresto delle Europee. La sua presenza elettorale e la portata del consenso che raccoglie sono ormai un dato di partenza per ogni analisi prospettica sul futuro politico italiano. All’inizio, quando ancora esisteva un duopolio tra centrodestra e centrosinistra, lo stato di cose ha costretto i grillini fuori da ogni possibile collocazione. Un movimento anti sistema che, più e meglio di ogni altro, contestava il tutto della politica ufficiale, fino al limite di apparire come episodio, e ce ne sono stati tanti nella storia repubblicana, puramente protestatario. Adesso le cose sono cambiate. Il centrodestra vive da anni una crisi politica ed elettorale, e il M5S di fatto è diventato il polo accentratore di consenso nazionale più importante di alternativa al Pd. A scanso di equivoci, con ciò non si vuol dire che il centrodestra non abbia un futuro, anzi, ma che l’efficacia del progetto di Stefano Parisi sia proprio quello di rendere possibile un tripolarismo, davanti all’ineluttabile destino contrario di una sola alternativa a due PD-M5S. Da qui nasce l’esigenza di comprendere meglio non tanto ciò che è adesso ma cosa possa o potrebbe diventare il M5S come forza maggioritaria e di Governo contrapposta, per necessità di cose, al centrosinistra. Su questo tema sono intervenuto qualche giorno fa su Formiche.net con un articolo che inaspettatamente ha generato un ricco, interessante e talvolta persino aspro dibattito su Facebook. In quella riflessione ho cercato di inquadrare il M5S nello scenario possibile di una interpretazione filosofica delle distinzioni tradizionali tra destra e sinistra che nel bene e nel male esistono ancora in tutti gli Stati democratici del mondo. Sulla legittimità dell’antitesi, molto criticata ragionevolmente da alcuni lettori, rimando a studi classici e nuovi sul tema, emersi a partire dal noto libro di Norberto Bobbio” Destra e sinistra” per arrivare, passando per gli scritti di Marco Revelli, all’ultimo importante saggio di Carlo Galli” Perché ancora destra e sinistra “. Rifacendomi ad Augusto Del Noce, nonché a Renzo De Felice, sono convinto che il M5S, badate bene non “sia”, ma “abbia delle analogie” con quei movimenti politici di ieri e di oggi che appartengono alla complessa galassia del ‘radicalismo di destra’. Prima precisazione: radicalismo di destra non è sinonimo di estrema destra. Alla seconda appartengono tutti quei movimenti che sono ‘ultra conservatori’, come il Fronte Nazionale o la Lega; alla prima invece partiti e movimenti che non si collocano per nulla nel centrodestra o nella destra estrema, ma che, in virtù di un certo metodo diretto e antagonistico e in nome di una totale contrapposizione al centrosinistra tradizionale, interpretano una lettura estrema della democrazia come espressione rousseauviana di totale critica morale del potere, luogo di corruzione e causa di ogni male. Nicola Genga ha spiegato molto bene questo in un recente libro dedicato al Fronte Nazionale, un partito appunto di estrema destra e non un semplice radicalismo politico anti sinistra come è forse, e dico forse, il grillismo. Ringraziando pertanto i tanti interventi che sono stati scritti, specialmente quelli critici e non offensivi, cioè la maggior parte, profitto per aggiungere qualche chiarimento utile alla mia tesi, invitando ad intervenire ancora. La democrazia per me è questo: discutere apertamente e duramente sulle idee senza personalismi. Ho citato Del Noce non a caso. Egli infatti, a mio avviso, ci dà alcuni suggerimenti preziosi. La distinzione tra destra e sinistra deriva dalla Rivoluzione Francese e ha avuto tante declinazioni diverse, specialmente durante e dopo i totalitarismi del XX secolo. Oggi, finite le ideologie, continua e ritorna la distinzione originaria ben espressa da Carlo Marx nelle sue “Tesi su Feuerbach “: chi è di sinistra ritiene che l’azione riformatrice o rivoluzionaria degli uomini sia il fondamento della politica, mentre chi è di destra pensa che la realtà, la continuità storica, la natura di una società siano un dato di partenza permanente che precede in modo immanente l’azione umana, dandogli significato e limite politico. In questo quadro il M5S è sicuramente un movimento di sinistra rispetto, ad esempio, alla Lega: quest’ultima ha la realtà locale e nazionale da difendere, mentre il M5S s’interessa alla partecipazione volontaria del popolo e dei cittadini al cambiamento dell’establishment. Del Noce notava infatti che il radicalismo di destra ha dei caratteri che sono associabili alla sinistra, vale a dire l’accettazione del primato della partecipazione attiva dei cittadini, senza però, al contrario della sinistra, indirizzarla materialmente a finalità ideologiche e politiche prestabilite: uguaglianza, giustizia economica, europeismo, umanitarismo, eccetera. Bene. Questo è il senso della mia tesi. Il M5S non è un movimento conservatore, quindi non appartiene alla destra popolare e nazionale, e non è certo progressista perché manca di quella cultura razionalista e illuminista della governance istituzionale che anima sia il riformismo di Renzi e sia il massimalismo classico della minoranza di sinistra del Pd. A mio avviso si tratta di una lettura di destra radicale della visione attivistica della volontà generale di Rousseau, una visione interessante ed originale confermata ed espressa da una negazione plastica e risoluta verso tutto e tutti, nonché dalle continue auto epurazioni e da un certo culto del capo, tanto presente quanto avvolto nel mistero imponderabile. Le riforme volute dai Cinquestelle non sono mosse da una meta finale e sono antagoniste ad ogni realtà sottratta al gioco democratico. Il successo elettorale e il suo destino spaziale sono tuttavia inseparabili e difficilmente compatibili tra loro. Quando si sono presi i voti bisogna governare e fare politica. Ecco allora che lì deve emergere con chi si sta e con chi non si sta, chi è il tuo alleato e chi il tuo concorrente. E qualora il M5S dovesse arrivare contro la destra e la sinistra a governare da solo, chi rimane come minoranza darà all’azione grillina l’inevitabile collocazione, svelandoci se si tratta di un radicalismo di destra o di sinistra. Se ciò non avverrà vorrà dire soltanto che la sua battaglia è persa e il suo ruolo non più significativo dal punto di vista elettorale. Titolo: Davide Casaleggio: “È arrivato il momento di far uscire le utopie dai cassetti, Inserito da: Arlecchino - Luglio 04, 2018, 05:36:08 pm Davide Casaleggio: “È arrivato il momento di far uscire le utopie dai cassetti, l’Italia torni a innovare”
Al Forum dell’Economia Digitale, il presidente di Casaleggio Associati e Fondazione Rousseau ricorda la lezione di Adriano Olivetti Pubblicato il 03/07/2018 - Ultima modifica il 03/07/2018 alle ore 22:39 BRUNO RUFFILLI MILANO QUESTO CONTENUTO È CONFORME AL SCOPRI DI CHE SI TRATTA L’intervento di Davide Casaleggio, nel cartellone del Forum dell’Economia Digitale compare tra un discorso di Matteo Flora sulla brand reputation e l’intervento del direttore di Repubblica Mario Calabresi. Il presidente di Casaleggio Associati e Fondazione Rousseau comincia citando Adriano Olivetti, e rallegrandosi del premio “all’imprenditore visionario di Ivrea”, che in realtà è un premio alla città, appena dichiarata patrimonio mondiale dell’Unesco. Le slide non funzionano, ma Casaleggio va avanti: “Il tema dell’innovazione è molto importante, non è stato affrontato negli ultimi anni e oggi tutti gli investimenti sono ai minimi storici, di recente abbiamo fatto uno studio e in Italia si investono 200 milioni di euro all’anno, in Francia 20 volte tanto, in Gran Bretagna 40 volte tanto. Dobbiamo iniziare a metterci in pari con i nostri partner europei”. Le grandi aziende innovano, dice, e ricorda esempi storici di grandi nomi sorpassati dal cambiamento: Blockbuster cancellata da Netflix, Toys R Us fallita per colpa di Amazon, ma pure Uber, “la più grande compagnia di taxi al mondo senza avere nemmeno un taxi”, o Airbnb, che “ha una capitalizzazione di mercato superiore a quella di Hilton non avendo nemmeno una stanza”. Una narrativa dell’innovazione piuttosto frequente in incontri dove si parla di digitale e cambiamento. Più originale l’analisi di aziende come Amazon, Booking, Zalando, spiegate come “piattaforme di innovazione” che portano al grande pubblico i vantaggi delle nuove tecnologie. Anche Spotify “è un veicolo che distribuisce musica di altri. il loro successo è riuscire a posizionarsi nella relazione col pubblico”. La piattaforma di streaming musicale è nata in Svezia, da cui vengono molte altre aziende innovative, e c’è un perché: “Noi destiniamo solo l’1,34% del Pil a ricerca e sviluppo, una percentuale pari alla metà della Germania e quasi un terzo della Svezia”. Casaleggio passa poi all’intelligenza artificiale, un tema toccato da molti dei 30 interventi di questa edizione. “Lo scorso anno valeva 18 miliardi di dollari, avrà un impatto sul mercato tra i 14 e 33 triliardi di dollari entro il 2025. Così le economie avanzate aumenteranno la propria crescita grazie all’intelligenza artificiale. L’impatto sulla produttività in Italia sarà del 12 %, in altri paesi avanzati arriverà però al 40%. Chi investe in ricerca e sviluppo riesce a cavalcare l’innovazione, gli altri vengono dietro”. Senza parlare di bot e machine learning, però, basta sottolineare che in Italia l’ecommerce è cresciuto moltissimo negli ultimi anni, e oggi vale 35 miliardi di euro, ma nel nostro Paese “le categorie meno rappresentate sono quelle dell’italianità: alimentari, moda, salute e bellezza”. Ci sono, dunque, ampi margini di miglioramento, ma esistono anche esempi lodevoli di adattamento: “Le Poste italiane hanno perso oltre la metà delle spedizioni di lettere, oggi calano ancora del 4% all’anno. Qualunque azienda con numeri del genere avrebbe qualche preoccupazione. E infatti nel nuovo piano industriale le Poste si sono focalizzate sui pacchi, che cresceranno del 6% all’anno, grazie soprattutto all’e-commerce, il che ha suggerito di allungare l’orario delle consegne e lavorare anche nei weekend. E poi ci sono le assicurazioni, con decine di migliaia di sinistri l’anno gestiti direttamente dall’app”. L’intervento di Casaleggio si conclude com’è iniziato, con un ricordo di Olivetti: “Utopia - diceva - è la maniera più comoda di liquidare ciò che non si ha voglia, tempo o capacità di fare”. Come prevedibile, nessun accenno alla politica, non una parola su Governo e tanto meno sulla piattaforma Rousseau o gli altri affari di Casaleggio Associati su internet, dove pure è una delle agenzie più potenti d’Italia. Ma un auspicio: “È arrivato il momento di far uscire le nostre utopie dai cassetti, con la tecnologia e l’intelligenza artificiale. La mia utopia è vedere l’Italia che finalmente diventa innovatrice, sulla strada di Olivetti”. Licenza Creative Commons Alcuni diritti riservati. LA STAMPA IT Titolo: MOVIMENTO 5 STELLE. Inserito da: Arlecchino - Luglio 04, 2018, 05:44:47 pm POLITICA
04 LUGLIO 2018 Il Sole 24 Ore L’ANALISI Paolo Pombeni Decreto dignità, mediazione che produce un pasticcio La politica non può vivere di sola immagine, per non dire di propaganda. È quanto emerge una volta di più dagli ultimi avvenimenti legati al varo del primo decreto del governo Conte. Detto subito che a dispetto di tutte le novità ci si muove nell’ottica consueta dei decreti in cui si affastellano interventi di tipo diverso, appare sin troppo evidente la rincorsa a segnare il territorio da parte di Di Maio dopo che Salvini ha abbondantemente colonizzato il suo. Se il leader della Lega si è buttato a fidelizzarsi i sentimenti di un elettorato che viene definito di destra, Di Maio punta a quelli di un elettorato che viene ipotizzato come di sinistra. In realtà i due termini sono poco appropriati, perché si tratta piuttosto di due qualunquismi che fanno leva su due diverse percezioni dell’insicurezza. Da parte leghista quella dipendente dall’impatto percepito delle instabilità sociali legate all’immigrazione e al degrado delle relazioni con conseguente sviluppo della microcriminalità. Da parte pentastellata quella che è legata alla percezione di una crisi economica che tocca la disponibilità e certezza dei posti di lavoro, sia sul versante della fine dell’impiego stabile sia su quello del timore che le imprese lascino l’Italia riducendo ulteriormente le possibilità di lavoro. Una analisi approfondita di tutti questi fenomeni richiederebbe interventi ben strutturati, frutto di una conoscenza appropriata non solo dei “titoli” dei vari problemi, ma delle complesse tecnicalità, non solo finanziarie, con cui si devono fare i conti. In un’ottica che ormai si è proiettata per tutti verso la scadenza delle elezioni europee, non c’è spazio per queste finezze e ci si accontenta dell’effetto annuncio, che significa presenza sui media e sui social. Tuttavia si dovrebbe tenere conto che i vari problemi sono facilmente componibili. Una parte almeno dell’elettorato leghista, che è basato nel Nord delle industrie e dell’artigianato, non guarda certo con benevolenza ad interventi come quelli proposti dal decreto Di Maio che sono rozzamente modellati su preconcetti di un sindacalismo che ha fatto il suo tempo. Così una parte almeno dell’elettorato dei Cinque Stelle non si scalda per la prospettiva di stare trent’anni al governo con chi vorrebbe mettersi in Europa a capo di una specie di Lega transnazionale dei populisti. Aspettarsi però una rapida crisi della coalizione giallo-verde può essere prematuro. Certo non manca una concorrenza fra le sue componenti come ha platealmente sottolineato l’assenza dal Consiglio dei ministri del vicepremier Salvini impegnato ad assistere al Palio di Siena o come hanno mostrato, con un certo gioco delle parti, alcune affermazioni del presidente Fico. Tuttavia quella concorrenza non può spingersi oltre un certo limite. Modificare significativamente il decreto durante l’iter parlamentare di convalida comporterebbe mettere in crisi la maggioranza attuale: visti i rapporti numerici fra Lega e Cinque Stelle i primi dovrebbero ricorrere al sostegno di FI ed i secondi risponderebbero probabilmente cercando una stampella a sinistra (LeU ha già fatto aperture in tal senso). Significherebbe però far saltare il governo ed è una prospettiva che al momento non conviene né a Salvini né a Di Maio. Siccome il gioco è quello degli annunci e delle parole, è più che probabile che troveranno quelle opportune per mascherare degli aggiustamenti che facciano comunque apparire tutti vincitori. Anche se sono escamotage che non risolvono nessun problema. © RIPRODUZIONE RISERVATA Paolo Pombeni Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180704&startpage=1&displaypages=2 Titolo: MOVIMENTO 5 STELLE. Inserito da: Arlecchino - Luglio 04, 2018, 05:57:42 pm Perché M5S non è un partito né conservatore né progressista
Benedetto Ippolito PALAZZI L'analisi di Benedetto Ippolito, storico della filosofia Il fenomeno politico più interessante dei nostri tempi, e certamente meno comprensibile sul piano politologico, è il M5S. La sua comparsa storica è stata la meteora elettorale con cui si è affermato alle politiche del 2013, e con cui ha dominato lo spazio pubblico e i risultati alle ultime amministrative di quest’anno, dopo la battuta di arresto delle Europee. La sua presenza elettorale e la portata del consenso che raccoglie sono ormai un dato di partenza per ogni analisi prospettica sul futuro politico italiano. All’inizio, quando ancora esisteva un duopolio tra centrodestra e centrosinistra, lo stato di cose ha costretto i grillini fuori da ogni possibile collocazione. Un movimento anti sistema che, più e meglio di ogni altro, contestava il tutto della politica ufficiale, fino al limite di apparire come episodio, e ce ne sono stati tanti nella storia repubblicana, puramente protestatario. Adesso le cose sono cambiate. Il centrodestra vive da anni una crisi politica ed elettorale, e il M5S di fatto è diventato il polo accentratore di consenso nazionale più importante di alternativa al Pd. A scanso di equivoci, con ciò non si vuol dire che il centrodestra non abbia un futuro, anzi, ma che l’efficacia del progetto di Stefano Parisi sia proprio quello di rendere possibile un tripolarismo, davanti all’ineluttabile destino contrario di una sola alternativa a due PD-M5S. Da qui nasce l’esigenza di comprendere meglio non tanto ciò che è adesso ma cosa possa o potrebbe diventare il M5S come forza maggioritaria e di Governo contrapposta, per necessità di cose, al centrosinistra. Su questo tema sono intervenuto qualche giorno fa su Formiche.net con un articolo che inaspettatamente ha generato un ricco, interessante e talvolta persino aspro dibattito su Facebook. In quella riflessione ho cercato di inquadrare il M5S nello scenario possibile di una interpretazione filosofica delle distinzioni tradizionali tra destra e sinistra che nel bene e nel male esistono ancora in tutti gli Stati democratici del mondo. Sulla legittimità dell’antitesi, molto criticata ragionevolmente da alcuni lettori, rimando a studi classici e nuovi sul tema, emersi a partire dal noto libro di Norberto Bobbio” Destra e sinistra” per arrivare, passando per gli scritti di Marco Revelli, all’ultimo importante saggio di Carlo Galli” Perché ancora destra e sinistra “. Rifacendomi ad Augusto Del Noce, nonché a Renzo De Felice, sono convinto che il M5S, badate bene non “sia”, ma “abbia delle analogie” con quei movimenti politici di ieri e di oggi che appartengono alla complessa galassia del ‘radicalismo di destra’. Prima precisazione: radicalismo di destra non è sinonimo di estrema destra. Alla seconda appartengono tutti quei movimenti che sono ‘ultra conservatori’, come il Fronte Nazionale o la Lega; alla prima invece partiti e movimenti che non si collocano per nulla nel centrodestra o nella destra estrema, ma che, in virtù di un certo metodo diretto e antagonistico e in nome di una totale contrapposizione al centrosinistra tradizionale, interpretano una lettura estrema della democrazia come espressione rousseauviana di totale critica morale del potere, luogo di corruzione e causa di ogni male. Nicola Genga ha spiegato molto bene questo in un recente libro dedicato al Fronte Nazionale, un partito appunto di estrema destra e non un semplice radicalismo politico anti sinistra come è forse, e dico forse, il grillismo. Ringraziando pertanto i tanti interventi che sono stati scritti, specialmente quelli critici e non offensivi, cioè la maggior parte, profitto per aggiungere qualche chiarimento utile alla mia tesi, invitando ad intervenire ancora. La democrazia per me è questo: discutere apertamente e duramente sulle idee senza personalismi. Ho citato Del Noce non a caso. Egli infatti, a mio avviso, ci dà alcuni suggerimenti preziosi. La distinzione tra destra e sinistra deriva dalla Rivoluzione Francese e ha avuto tante declinazioni diverse, specialmente durante e dopo i totalitarismi del XX secolo. Oggi, finite le ideologie, continua e ritorna la distinzione originaria ben espressa da Carlo Marx nelle sue “Tesi su Feuerbach “: chi è di sinistra ritiene che l’azione riformatrice o rivoluzionaria degli uomini sia il fondamento della politica, mentre chi è di destra pensa che la realtà, la continuità storica, la natura di una società siano un dato di partenza permanente che precede in modo immanente l’azione umana, dandogli significato e limite politico. In questo quadro il M5S è sicuramente un movimento di sinistra rispetto, ad esempio, alla Lega: quest’ultima ha la realtà locale e nazionale da difendere, mentre il M5S s’interessa alla partecipazione volontaria del popolo e dei cittadini al cambiamento dell’establishment. Del Noce notava infatti che il radicalismo di destra ha dei caratteri che sono associabili alla sinistra, vale a dire l’accettazione del primato della partecipazione attiva dei cittadini, senza però, al contrario della sinistra, indirizzarla materialmente a finalità ideologiche e politiche prestabilite: uguaglianza, giustizia economica, europeismo, umanitarismo, eccetera. Bene. Questo è il senso della mia tesi. Il M5S non è un movimento conservatore, quindi non appartiene alla destra popolare e nazionale, e non è certo progressista perché manca di quella cultura razionalista e illuminista della governance istituzionale che anima sia il riformismo di Renzi e sia il massimalismo classico della minoranza di sinistra del Pd. A mio avviso si tratta di una lettura di destra radicale della visione attivistica della volontà generale di Rousseau, una visione interessante ed originale confermata ed espressa da una negazione plastica e risoluta verso tutto e tutti, nonché dalle continue auto epurazioni e da un certo culto del capo, tanto presente quanto avvolto nel mistero imponderabile. Le riforme volute dai Cinquestelle non sono mosse da una meta finale e sono antagoniste ad ogni realtà sottratta al gioco democratico. Il successo elettorale e il suo destino spaziale sono tuttavia inseparabili e difficilmente compatibili tra loro. Quando si sono presi i voti bisogna governare e fare politica. Ecco allora che lì deve emergere con chi si sta e con chi non si sta, chi è il tuo alleato e chi il tuo concorrente. E qualora il M5S dovesse arrivare contro la destra e la sinistra a governare da solo, chi rimane come minoranza darà all’azione grillina l’inevitabile collocazione, svelandoci se si tratta di un radicalismo di destra o di sinistra. Se ciò non avverrà vorrà dire soltanto che la sua battaglia è persa e il suo ruolo non più significativo dal punto di vista elettorale. Titolo: MOVIMENTO 5 STELLE. Inserito da: Arlecchino - Luglio 06, 2018, 04:11:16 pm Confindustria Verona
Manca una strategia di fondo «I nostri associati sono preoccupati: è una riforma fatta guardando avanti, ma nello specchio retrovisore, smontando quanto fatto in passato». Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona, fa sua una battuta che molti imprenditori del territorio stanno ripetendo in questi giorni. «Noi abbiamo bisogno di più lavoro, aggravarne il costo non aiuta a creare nuovi posti, è una questione di fondamentali - prosegue -. Il Jobs act aveva una strategia di fondo di gestione del mercato che questo decreto non ha». Il territorio veronese viene da 19 trimestri di crescita consecutiva, il tasso di disoccupazione è sceso al 6%. «Dispiace vedere che ora si rischia di tornare indietro» conclude Bauli. Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180705&startpage=1&displaypages=2 Titolo: Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani. Il valore dell’informazione Inserito da: Arlecchino - Luglio 08, 2018, 04:59:55 pm ANALISI
Il valore dell’informazione Il Parlamento Ue ha deciso di rinviare la discussione sulla direttiva copyright, forse decretandone la fine. È una vittoria della libertà di informazione? I punti qualificanti del testo, su cui vi è stata una spaccatura in aula e nell'opinione pubblica, sono due. In primo luogo le piattaforme che condividono contenuti o link avrebbero dovuto garantire una remunerazione agli editori. Inoltre, avrebbero anche dovuto installare meccanismi volti a evitare che gli utenti commettano violazioni del diritto d’autore, diffondendo opere protette, siano esse un libro, una canzone o un articolo come questo. Continua a pagina 3 Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani … Continua da pagina 1 E proprio la questione del costo dell’informazione ci pare centrale. I punti sopra indicati sembrerebbero tentare la conciliazione di interessi imprenditoriali contrapposti: quelli dei motori di ricerca e dei social network, che fanno capo a imprese con mezzi e un raggio d’azione globali, e quelli degli editori nazionali, oggi destinati a una lotta per la sopravvivenza. Un simile bilanciamento, stando ad alcuni critici, avverrebbe “a spese” degli utenti, che si vedrebbero privati di contenuti o gravati (direttamente o indirettamente) di costi per poterli ottenere. Questa lettura sembra miope e figlia di una visione ingenua della rete, come miniera dove chiunque possa estrarre qualunque cosa gratuitamente. In realtà la direttiva avrebbe forse avuto un diverso e auspicabile effetto: tutelare una filiera produttiva che garantisce la possibilità di mantenere un'informazione professionale, che ha bisogno di tempo e risorse. Dunque, a Strasburgo la libertà di informazione ieri ha vinto? Se per essa intendiamo persino la facoltà di diffondere qualunque cosa prodotta da altri allora ogni ostacolo alla approvazione della direttiva è un’ottima notizia. Salvo, poi, dover constatare come pochissimi si arricchiscano grazie al lavoro di moltissimi altri. Ma se si pensa che per garantire la libertà di informazione la democrazia abbia bisogno di una stampa libera e autorevole, i media devono avere la possibilità di essere economicamente indipendenti. E ciò è possibile solo se, seguendo le regole del libero mercato, le notizie di qualità sono pagate, soprattutto da chi le sfrutta nell’ambito di un’attività economica assai remunerativa. Inoltre, ma non ci sembra secondario, le informazioni accurate sono frutto di un lavoro intellettuale e in base a un principio antico, ma che deve valere anche per la rete, il lavoro va remunerato. In altre parole, se la stampa è il cane da guardia della democrazia, questo cane deve essere ben addestrato e ben nutrito per controllare e se necessario mordere il potere. Tanti chihuahua possono abbaiare per ore ma non fanno paura a nessuno. © RIPRODUZIONE RISERVATA Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180706&startpage=1&displaypages=2 Titolo: Marco Mobili Claudio Tucci. Di Maio: tra le novità in Aula anche sgravi sul ... Inserito da: Arlecchino - Luglio 08, 2018, 05:02:12 pm Di Maio: tra le novità in Aula anche sgravi sul lavoro stabile
Il decreto del governo. Riflessione sul periodo transitorio per «differire», almeno per un breve periodo, l’entrata in vigore delle nuove norme - Testo atteso alla Camera per martedì ROMA Su somministrazione e giochi sarà battaglia in Parlamento. Si aprirà invece una riflessione sul periodo transitorio, per differire, almeno per un breve periodo, l’entrata in vigore delle nuove norme; e probabilmente, si discuterà di come rendere più conveniente il lavoro stabile in vista della legge di Bilancio. Anche se il vice premier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ieri ha detto: «Possiamo farlo anche nel Decreto Dignità durante il dibattito parlamentare». Il decreto d’estate su cui fino a ieri è proseguito il confronto, tecnico e politico, tra le due anime del Governo, è atteso alla Camera per martedì prossimo, giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Data che comunque attende conferma in vista dell’attesa firma del Capo dello Stato. Sarà un esame “lampo” considerato che, calendario alla mano, il Parlamento avrà a disposizione non più di trenta giorni, in luogo dei canoni 60 giorni, per convertire in legge il Dl. La pausa di Ferragosto al momento sarebbe calendarizzata dal 10 al 27 agosto (data in cui dovrebbero riprendere i lavori delle Commissioni). Il giro di vite sulla somministrazione a termine, con la prevista estensione della disciplina più stringente sui rapporti a tempo determinato al contratto che lega agenzia del lavoro e lavoratore, fa discutere. La norma, da quanto si apprende, resterà così come è scritta nel provvedimento. Ma Lega e M5S ascolteranno parlamentari e parti sociali per apportare possibili miglioramenti. Anche la Cisl, ieri, dopo le critiche di imprese e agenzie, ha preso posizione sull’argomento chiedendo al governo di «tirare via tutto la somministrazione dal decreto dignità». Sul periodo transitorio, anche, è aperto un confronto: al momento, il dl si applicherebbe ai rapporti temporanei in corso, seppur limitatamente a proroghe e rinnovi. «Una possibile soluzione sarebbe quella di differire l’entrata in vigore delle nuove regole alla data di conversione - sottolinea Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’università «La Sapienza» di Roma -. In questo modo, si potrà sistemare il testo ed evitare, nel mese di luglio, problemi seri per le aziende». In Parlamento, quasi sicuramente, si tornerà a parlare di voucher, come chiede la Lega. Il ministro Di Maio non chiude: «Se ne deve discutere - ha detto ieri -. Incontrerò i settori del turismo e dell’agricoltura. Tuttavia non voglio che si torni agli abusi del passato». L’altro fronte “caldo” sarà il gioco, dove il divieto assoluto e immediato della pubblicità e quello di sponsorizzazione in vigore dal 1° gennaio 2019, sara accompagnato con tutta probabilità da un aumento dello 0,5% del prelievo erariale unico (Preu) su Awp e Vlt (più note come slot). Sulla pubblicità tra le modifiche in arrivo potrebbe esserci un rafforzamento della gestione contingentata delle fasce orarie, una limitazione della pubblicità tabellare (affissioni stradali) come prevedono regioni e comuni, mentre per gli operatori di gioco online con concessione dei Monopoli l’obbligo di effettuare comunicazioni con banner o video su siti web (fruiti attraverso personal computer o attraverso dispositivi mobili) con strumenti in grado di selezionare di l’audience. © RIPRODUZIONE RISERVATA Marco Mobili Claudio Tucci Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180707&startpage=1&displaypages=2 Titolo: Di Maio: «Non ratificheremo il Ceta». Confindustria: «All'Italia il trattato... Inserito da: Arlecchino - Luglio 16, 2018, 10:42:55 am Di Maio: «Non ratificheremo il Ceta»
L’annuncio. Il vicepremier detta la linea e minaccia: «Saranno rimossi i funzionari che difendono l’intesa» Le reazioni. Confindustria: «Alitalia il trattato conviene» Coldiretti: «È un pessimo accordo per l’alimentare» È fuoco incrociato sul Ceta, il trattato di libero scambio tra Ue e Canada entrato in vigore il 21 settembre scorso e tutt’ora in fase di ratifica da parte dei Paesi Ue. La miccia è stata accesa ieri mattina dal presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, che nel corso dell’assemblea dell’associazione ha duramente attaccato l’intesa, colpevole, a suo giudizio, di non tutelare i prodotti italiani. «Avevamo fin dall’inizio denunciato l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada – ha detto Moncalvo - come un pessimo accordo per l’alimentare di qualità made in Italy. I nostri sospetti sono ora confortati dai dati. Nel primo trimestre 2018, l’export di Grana Padano e Parmigiano reggiano, due delle eccellenze che dovevano essere tutelate dal Ceta, è calato in valore del 10%. Numeri che fugano ogni dubbio, quell’intesa non è positiva per il food made in Italy e va respinta». Richiesta recepita immediatamente dal vicepremier, Luigi Di Maio: «A breve – ha detto nel suo intervento all’assemblea di Coldiretti- l’accordo Ceta giungerà in Parlamento e la maggioranza non lo ratificherà. Siamo pronti a difendere gli interessi del Paese. Anzi dirò di più. Se, come mi è stato riportato, qualche funzionario italiano che opera nelle ambasciate all’estero o negli uffici Ice dovesse sostenere il Ceta o comunque tenere una linea contraria a quella del Governo, sarà rimosso». Sulla stessa linea il ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio. «Il Ceta – ha detto – tutela solo 43 marchi Dop e Igp sui quasi 300 riconosciuti. Un aspetto per me inaccettabile perché sono il ministro di tutta l’agricoltura italiana e non solo di una parte». Ma le perplessità di parte, non della totalità, del mondo agricolo non sono condivise dal resto dell’economia italiana. «Non ratificare il Ceta sarebbe un grave errore – ha commentato ieri il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia – all’Italia il trattato conviene perché siamo un Paese ad alta vocazione all’export e attraverso l’export creiamo ricchezza. Dobbiamo chiederci solo se con questo accordo l’Italia esporta di più, e quindi è nell’interesse nazionale, oppure no. Ma la valutazione dei dati va fatta in una logica di Paese e non di singola categoria». E i numeri dell’export italiano verso il Canada nei primi cinque mesi di entrata in vigore del Ceta (ottobre 2017-febbraio 2018) parlano chiaro: +8% i macchinari; +15% l’agroalimentare; +15% i mezzi di trasporto (fonte Ice Toronto). In media una crescita del 12,8 per cento. «Non ho seguito il dossier – ha riconosciuto il ministro dell’Economia Giovanni Tria –. In linea di principio è sempre bene avere degli accordi commerciali. La mia opinione personale è che il libero commercio, che si estende anche attraverso queste intese, è sempre una buona cosa. Però bisogna vedere come si fanno questi accordi. Non conosco i contenuti e i particolari e, in genere, il diavolo sta nei dettagli». Qualche dettaglio in più sull’impatto sull’agroalimentare lo ha fornito il presidente del Consorzio del Parmigiano reggiano, Nicola Bertinelli (presidente anche di Coldiretti Parma). «Se dovessimo valutare un prima e un dopo Ceta – ha detto – dovremmo concludere che oggi quei 43 marchi riconosciuti (che sono solo una piccola parte dei marchi Dop e Igp italiani), sono in una condizione migliore di prima, quando non avevano tutela. Il problema è che il Ceta è diventato un modello per accordi successivi, come quello con il Giappone, Paese nel quale i prodotti italiani godevano di condizioni più favorevoli e che ora subiranno un trattamento peggiore». Il Ceta inoltre riconosce all’Italia un incremento in 5 anni della quota di formaggi esportati a dazio zero da 13.500 a 32mila tonnellate. Un successo che però nasconde anche dei problemi. «In realtà – spiega infatti Bertinelli – quel plafond è stato distribuito dal Governo di Ottawa non agli importatori tradizionali, ma a un numero elevato di operatori tra i quali ci sono anche piccoli negozianti. Soggetti non attrezzati a garantire una distribuzione efficace e che spesso stanno svendendo il prodotto per fare cassa oppure stanno subappaltando le licenze a terzi operatori generando un’ulteriore pressione al ribasso». E forse da qui il calo del 10% del fatturato. «Il punto – conclude il presidente del Consorzio – è che non basta siglare un accordo, ma occorre vigilare su come viene applicato. E su questo l’Italia sconta un deficit di rappresentatività sui tavoli internazionali al quale bisogna velocemente porre rimedio». © RIPRODUZIONE RISERVATA Giorgio dell’Orefice Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180714&startpage=1&displaypages=2 Titolo: Francesco Gerace Di Maio alla costante ricerca di un nemico. ... Inserito da: Arlecchino - Luglio 18, 2018, 09:27:54 pm Di Maio alla costante ricerca di un nemico. Il turno di Confindustria
Francesco Gerace - @FrancescoGerace 18 luglio 2018 Di Maio alla costante ricerca di un nemico. Il turno di Confindustria L’associazione degli Industriali critica il provvedimento varato dal governo. Il vicepremier attacca: “Terrorismo psicologico per impedirci di cambiare” Da quando è nato il M5s ha sempre cercato un nemico: i partiti, i poteri forti, i banchieri, la stampa e potremmo continuare per molto. Chi si aspettava che una volta al governo questo schema cambiasse è rimasto terribilmente deluso. Sin da subito il capo politico Luigi Di Maio ha cercato un nemico contro cui poter aizzare i suoi sostenitori. In questi giorni lo scontro è stato ancor più acceso. Il Decreto dignità ha molte falle, e Di Maio ha deciso di nasconderle sotto la propaganda dei nemici del cambiamento. Inizialmente gli strali del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico si sono concentrati sull’Inps e sul suo presidente. La colpa? Aver realizzato una relazione tecnica allegata al provvedimento in cui evidenzia che con lo stesso si avrebbe la conseguenza di ottomila posti di lavoro in meno all’anno. Inaccettabile per Di Maio, che quindi ha iniziato a invocare i poteri forti, le manine magiche che a sua insaputa hanno allegato la tabella e quant’altro. Oggi il nemico è un altro: Confindustria. Infatti l’associazione degli industriali italiani, con la direttrice generale Marcella Panucci, in audizione alla Camera alle commissioni riunite Finanze e Lavoro, ha non solo confermato le stime dell’Inps, ma addirittura sostiene che genererà “potenziali effetti negativi sull’occupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto (quella contestata da Di Maio, in cui si fa riferimento a un abbassamento della durata da 36 a 24 mesi)”. Secondo Confindustria, il testo “pur perseguendo obiettivi condivisibili” rende “più incerto e imprevedibile il quadro delle regole” per le imprese “disincentivando gli investimenti e limitando la crescita”. Per gli imprenditori la stretta sui contratti “parte da presupposti sbagliati” e non tiene “in considerazione i dati effettivi degli ultimi anni. C’è il presupposto di aumento eccessivo della precarietà. Noi condividiamo la lotta agli abusi, ma nel decreto ci sono misure eccessive rispetto all’obiettivo. I dati non mostrano un aumento della precarietà. La migliore strada è agire sul costo del contratto a tempo indeterminato, con una riduzione netta del costo del lavoro”. Tali parole non potevano suscitare le ire di Luigi Di Maio che sul suo account Facebook addita Confindustria di fare “terrorismo psicologico per impedirci di cambiare. Sono gli stessi che gridavano alla catastrofe se avesse vinto il no al Referendum, poi sappiamo come è finita. Sappiamo come finirà anche in questo caso”. Dunque un nuovo nemico da offrire in pasto ai suoi seguaci sui social, anche per oggi la missione è compiuta: nascondere l’incapacità e l’inattività dietro i poteri forti contrari al cambiamento. Da - https://www.democratica.com/focus/dimaio-confindustria-decreto-dignita/ Titolo: Di Maio sapeva tutto una settimana prima Inserito da: Arlecchino - Luglio 20, 2018, 09:54:13 am Ottomila posti di lavoro a rischio? Di Maio sapeva tutto una settimana prima
Il ministro: «La legge non consente di rimuovere Boeri prima della scadenza del mandato». Ma le carte scagionano il presidente Inps Pubblicato il 17/07/2018 - Ultima modifica il 17/07/2018 alle ore 15:44 ALESSANDRO BARBERA ROMA Luigi di Maio comprende solo ora - e lo ammette lui stesso - quanto sia complicata l’arte del governare. Procedure, autorizzazioni, nulla osta, pareri e affini. Dopo aver denunciato l’esistenza di una «manina» che all’ultimo momento avrebbe introdotto una stima «non scientifica» (cit. Giovanni Tria) sull’impatto occupazionale del decreto dignità (ottomila occupati in meno all’anno), il superministro del Lavoro ha scaricato ogni responsabilità sul presidente dell’Inps Tito Boeri, capo della struttura che ha realizzato quella stima. Ma rimuovere Boeri prima della scadenza del mandato (a gennaio 2019) non è possibile, perché la presidenza dell’Istituto di previdenza non è soggetta alle regole dello spoil system: «La legge non ci consente di rimuoverlo», ammette il ministro. C’è di più: farebbe un errore, perché non c’è stata nessuna «manina» che ha tramato contro di lui. Tutto è avvenuto alla luce del sole, ogni procedura è stata rispettata e i collaboratori di Di Maio hanno avuto la stima una settimana prima della pubblicazione del testo del decreto in Gazzetta Ufficiale. Una settimana prima, non 24 ore, come apparso in alcune ricostruzioni: La Stampa ha i documenti che lo provano. Tutto inizia il due luglio, quando l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro scrive all’Inps per chiedere di predisporre «con la massima urgenza» la platea dei lavoratori coinvolti «al fine di quantificare il minor gettito contributivo». Detto fatto: quattro giorni dopo, il sei luglio, la segreteria tecnica di Boeri spedisce all’ufficio legislativo del ministero quanto richiesto. Mail certificata e testo non lasciano dubbi: la scheda che stima impietosamente il calo degli occupati è sul tavolo del ministero sei giorni prima della bollinatura da parte della Ragioneria generale dello Stato, il 12 luglio. La relazione tecnica verrà ritoccata il giorno prima della pubblicazione in Gazzetta su richiesta della stessa Ragioneria - accade l’11 di luglio - ma per ragioni che non hanno nulla a che vedere con quella stima: il funzionario della Rgs, che per mestiere è chiamato a verificare le coperture finanziarie di ogni provvedimento, chiede di quantificare gli effetti del decreto sul sussidio di disoccupazione. Dunque nessun giallo, nessun complotto, e d’altra parte sarebbe stato incredibile da parte dell’Inps - che dipende funzionalmente dal ministero del Lavoro - un atteggiamento diverso. Al professore milanese non resta che il peccato originario: quello di essere stato nominato a quell’incarico dall’ex premier ora all’opposizione, Matteo Renzi. Ma è poco più di un peccato originario: basta chiedere a chi in quei mesi ha avuto l’occasione di assistere alle conversazioni fra Boeri e il leader Pd. Licenza Creative Commons Da - http://www.lastampa.it/2018/07/17/economia/ottomila-posti-di-lavoro-a-rischio-di-maio-sapeva-tutto-una-settimana-prima-XMN9Pz0WYDRVX5rjKlBn0I/pagina.html Titolo: Il sottosegretario all'Interno, esponente del M5s, conosce meglio di chiunque... Inserito da: Arlecchino - Luglio 28, 2018, 12:41:38 pm Il sottosegretario all'Interno, esponente del M5s, conosce meglio di chiunque altro cosa significa coabitare con Salvini
15 luglio 2018, 09:15 "Sui migranti la linea del governo è condivisa". Intervista a Carlo Sibilia L'ultimo caso è quello del barcone con i 450 migranti a bordo, intercettato a largo di Linosa con l'intervento della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza per salvare naufraghi che si sono lanciati in mare. Ma è, appunto, solo l'ultimo episodio di una ormai lunga serie. E, quando si tratta di migranti, non sono mancate le divergenze tra i diversi ministri competenti: Interno, Difesa, Infrastrutture. Ma secondo il sottosegretario all'Interno, Carlo Sibilia, esponente M5s, "la linea del governo è condivisa" e anche se - dice all'AGI - "qualche volta ci possono essere delle sbavature, poi si raggiunge l'obiettivo senza danno per nessuno". "Non ci sono super uomini seduti sulle poltrone" osserva. Ogni giorno però si registra un nuovo caso: la linea dura del ministro dell'Interno Salvini non sta funzionando? "Al contrario - risponde in un'intervista all'AGI il pentastellato Sibilia - stiamo dimostrando che la linea del governo è condivisa e non a scopo elettorale visto che non abbiamo scadenze imminenti in tal senso. Quindi i tentativi di far dividere la maggioranza tra buoni e cattivi non funzionano. Dannoso per il paese chi va avanti su questa strada. Del resto le parole del primo ministro Conte sui 450 migranti di Linosa confermano quanto dico. Le porte e i porti del nostro paese sono aperti per chi ha diritto di asilo e protezione. Chi non ha questi diritti non può essere un problema che l'Italia deve gestirsi da sola. Siamo la porta d'ingresso dell'Europa e il nostro problema è un problema di tutti. Esistono tante altre porte in un casa, non solo quella d'ingresso. C'è la cucina, il salotto, la camera da letto. Con questo voglio dire che c'è bisogno di fervida e solerte collaborazione europea". Nella gestione dei migranti e dei barconi che continuano ad arrivare vicino al nostro paese, sono emersi conflitti tra le competenze dei diversi ministeri: Interno, Difesa, Infrastrutture. Come 'armonizzare' e riuscire a far parlare il governo con una voce sola come chiede il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella? "Ogni attività del governo ha competenze interministeriali. Questo è un approccio sano in una democrazia matura come la nostra, è il sistema di controllo e bilanciamento che ci consegna la nostra Costituzione. Sono pochissime se non inesistenti le attività che una sola persona può intraprendere in autonomia. È per questo che il governo si fonda su un contratto specifico che vincola le forze politica a mantenere una linea. Oggi le dichiarazioni del premier Conte rispondono alla giusta esigenza di chiarimento chiesta da Mattarella. I ministeri devono comunicare tra loro sempre di più. Stiamo rodando una macchina complessa in una situazione politica difficile. Non ci sono super uomini seduti sulle poltrone. Qualche volta ci possono essere delle sbavature, ma poi si raggiunge l'obiettivo senza danno per nessuno". Sibilia è esponente M5s, Salvini è della Lega: come va la 'coabitazione' al Viminale? su cosa sta lavorando? "Al Viminale abbiamo dei compiti abbastanza definiti. Ma io sono un fautore del lavoro di squadra. Se la squadra funziona e lavora in sinergia si ottengono i risultati. In qualsiasi campo vale questa regola. Noi serviamo a risolvere i problemi della gente e dobbiamo essere giudicati per questo. In un solo mese di attività in un ministero complesso com'è il Viminale si fa appena in tempo ad ambientarsi. Ma ho già avuto modo di incontrare i capi Dipartimento della struttura che si occupa degli Affari Interni e Territoriali e del Personale. Una volta il ministro dell'Interno era il ministro dei sindaci. Ecco, voglio provare sempre di più ad essere vicino a chi è in trincea ogni giorno e deve affrontare i problemi anche se svuotato di risorse economiche. Dobbiamo dare risposte sul livello micro, ad esempio il pagamento 'incagliato' per un lavoro già svolto, e nel lungo periodo, digitalizzando in maniera spinta il rapporto con le strutture territoriali. Abbiamo bisogno di personale fresco che si tuffi nella valutazione di innovazioni utili". Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it Da - https://www.agi.it/politica/intervista_sibilia_m5s_governo_lega_salvini_conte-4158367/news/2018-07-15/ Titolo: LUCA FERRUA. Grillini totalitari e Di Maio inadeguato: lo schiaffo di Giordana.. Inserito da: Arlecchino - Agosto 25, 2018, 05:18:45 pm “Grillini totalitari e Di Maio inadeguato”: lo schiaffo di Giordana ai Cinquestelle
Su Facebook l’ex capo di gabinetto della sindaca attacca gli ex amici e sconfessa anche le ultime scelte della giunta Appendino Dopo la vittoria solo Paolo Giordana era al fianco di Chiara Appendino. L’ex capo di gabinetto fu molto importante nelle scelte elettorali e successive all’insediamento Pubblicato il 24/08/2018 - Ultima modifica il 24/08/2018 alle ore 08:37 LUCA FERRUA TORINO Non erano tre amici al bar, ma il legame era ancora più solido dell’amicizia. Condividendo progetti e strategie e avevano fatto qualcosa di impossibile «si erano presi Torino». Ora, non al bar ma a Palazzo Civico dei tre ne è rimasta solo una, Chiara Appendino. La sindaca. Gli altri due, Paolo Giordana e Luca Pasquaretta hanno preso altre strade. Pasquaretta lo farà ufficialmente dal 1° settembre, mentre Paolo Giordana lo ha fatto da tempo. Per entrambi hanno pesato vicende giudiziarie, ma se Pasquaretta si sente ancora parte della squadra, Paolo Giordana no. E dopo averlo lasciato intendere ai suoi amici più stretti ieri lo ha manifestato con un post su Facebook che più chiaro non si può. Lo schiaffo a Di Maio L’unico uomo che Appendino aveva voluto al fianco nella prima trionfale passeggiata per le vie della città con la fascia tricolore ha scritto: «Dopo qualche tempo di esitazione e di silenzio ho deciso di romperlo. Ho avuto la fortuna di conoscere Di Maio personalmente e di discutere di alcune cose concrete faccia a faccia (c’era con lui il fidato Spadafora ed eravamo negli uffici della Camera). Ho avuto la netta impressione che, sebbene ci mettesse una buona dose di impegno, fosse strutturalmente limitato, una specie di scolaretto che in quinta elementare pensa di poter dare l’esame di Maturità. Non è possibile affidare la nostra nazione nelle mani di persone così improvvisate, che non si rendono conto del contesto e che non hanno gli strumenti per comprendere la realtà che li circonda». Il post è molto più lungo e non lascia spazio all’immaginazione, si rilegge nei passaggi chiave la lucidità e la cattiveria dello spin doctor di Appendino non la leggerezza del potente che si fa incastrare per una multa sul bus: «Di Maio non è uno statista o un politico, è uno che per caso in questo mondo malato senza selezione della classe dirigente si è trovato a rivestire un ruolo ben più grande di ciò che può sopportare, purtroppo montandosi la testa e pensando di essere ciò che non è: il salvatore della Patria. Prima va a casa è meglio è». Un segnale futuro Quello di Paolo Giordana non è uno sfogo ma un’uscita frutto di un percorso che da qualche giorno lo vede dialogare con il presidente della Circoscrizione 8 Davide Ricca. Sicuramente una strada non causale per un politico abituato a soppesare azioni e parole, una visione del governare che lo aveva fatto soprannominare sia «Rasputin» che «Richelieu». Giordana prende anche le distanze dalla Torino a Cinquestelle: «Non sono mai stato 5 Stelle e speravo che la componente “civica” (sostenuta anche dal sindaco, vi ricordate quante volte sui manifesti di Chiara c’era il simbolo dei 5 Stelle? Praticamente mai) potesse essere l’inizio di un nuovo cammino per Torino. Alla fine però i 5 Stelle “totalitari” hanno inglobato tutto e gli effetti si vedono. Purtroppo. Ma per il bene di Torino ci sarà ancora una volta (forse l’ultima) possibilità di ricominciare». Proprio questo post apre al futuro di Giordana in una città che sta cercando nuove alleanze a cominciare da quella coalizione anti-populista che potrebbe sostenere la sempre più probabile ricandidatura di Chiamparino. Su Facebook Giordana dice molto e quello che non esprime chiaramente lo esplicita con un «mi piace» (che equivale a sono d’accordo nel linguaggio del social network) a un post dell’ex assessore Claudio Lubatti: «Incredibile ma vero: sostituendo la parola Paese con la parola Città, e la parola Di Maio con Appendino, il post non perde comunque di significato». «Basta ignoranza» Il fedele consigliere di Chiara Appendino diventa un avversario che guarda a un futuro diverso, a un’altra Torino e anche qui le sue parole non sono casuali: «Per me comunque la questione è semplice trovare persone di buona volontà che siano stufe di subire l’ignoranza, la superficialità e la sciatteria di questi e vogliano impegnarsi. Davvero però non per uno strapuntino o una poltrona. Tutto questo senza vincolo di partito o di parte qui in gioco c’è l’Italia che tra 6 mesi è fallita più della Grecia ed è carne da macello per le multinazionali (ma tanto di questo Di Maio mica se ne accorge, lui pensa all’aeroplanino e a 1 milione di euro restituito al fondo per il microcredito mandando in tv quel sempliciotto di Cabetta)». Divisione su tutto come due strade che viaggiano in direzione ostinata e contraria. Su tutto. «Le cose - scrive sempre Giordana - che avevo suggerito per gli enti locali di cui avevo parlato anche con Luigi Marattin che necessitano di un po’ di approfondimento e che per Torino vorrebbero dire mal contati una ventina di milioni di euro in più ovviamente giacciono lettera morta. Però le loro priorità sono le pagine dei giornali, solleticare la pancia delle persone e non risolvere i problemi». La rottura Una rottura sicuramente insanabile con Giordana coincide, con il giro di boa dell’amministrazione Appendino. E anche per questo in molti si aspettano un cambio di passo in Comune. Una presa di distanza dal passato. Giordana dal passato si allontana a tutta velocità e giustifica la scelta come una presa di coscienza: «Per chi si chiedesse il perché di queste parole: la nostra vita è troppo breve per permetterci di pregiudicare con scelte scellerate il destino di milioni di persone che verranno. Lo considero un dovere morale». Licenza Creative Commons Da - http://www.lastampa.it/2018/08/24/cronaca/grillini-totalitari-e-di-maio-inadeguato-lo-schiaffo-di-giordana-ai-cinquestelle-IkvAG9sOvxjREIWgZogRdM/pagina.html Titolo: Dietrofront su Giarrusso Inserito da: Arlecchino - Settembre 17, 2018, 12:12:05 pm Dietrofront su Giarrusso
Pubblicato il: 15/09/2018 10:06 Dietrofront sulla vicenda Dino Giarrusso. "Non sarà 'il controllore' di alcun concorso, come invece ha scritto qualcuno, perché non esiste una figura di 'controllore' e perché questo Ministero ha pieno rispetto dell’autonomia delle università e non vuol sostituirsi ad alcun organo ispettivo esistente, tantomeno alla magistratura". E' quanto ha affermato il viceministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti, intervenendo per "mettere fine alle polemiche pretestuose e talvolta grottesche nate intorno alla nomina di Dino Giarrusso nel mio staff, chiarendo definitivamente la questione". Avendo "ricevuto decine di segnalazioni su presunte irregolarità riguardanti concorsi universitari, ho chiesto a Dino di svolgere anche un'altra attività: raccogliere queste segnalazioni, leggerle e aiutarmi a rispondere a chi le ha inviate" ha precisato Fioramonti, ricordando che l'ex Iena è stata nominata "mio segretario particolare già a fine luglio, nei tempi e nei modi previsti dalla legge. In quel ruolo si sta occupando a norma di legge di coordinare la comunicazione del mio ufficio e curare le mie relazioni istituzionali, in ragione del suo incarico". "La legge - aggiunge il sottosegretario all'Istruzione - prevede che la nomina del segretario particolare sia fiduciaria (non tramite concorso, trattandosi di un ruolo non organico al Ministero) e decade con la fine del mandato". RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos. Da - http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/09/15/dietrofront-giarrusso_08ZAIePiySDpnICifjSD3N.html Titolo: GIORGIO MAJORINO. PSICOPOLITICA: LA ROBOTIZZAZIONE DI LUIGI DI MAIO Inserito da: Arlecchino - Settembre 17, 2018, 11:06:12 pm PSICOPOLITICA: LA ROBOTIZZAZIONE DI LUIGI DI MAIO
GIORGIO MAJORINO 11 settembre 2018 In un intervento recente sul Corriere (9/9/2018), il critico televisivo Aldo Grasso esprimeva il suo sconcerto per l’espressione gelida e per lo sguardo nel vuoto di Casaleggio junior. Ora ci si può chiedere se anche Luigi Di Maio abbia un visual impact, che riveli una stereotipia dell’aspetto rafforzante una specifica immagine, forse voluta, forse connaturata. Il suo collega Salvini è immerso nella grossolanità fonetica di noi lombardi, Renzi ci invade con l’isterica rabbiosità toscana, Berlusconi cerca di sedurci con il sorriso del venditore di pubblicità e Prodi sembra invitarci alle delizie gastronomiche di una salumeria bolognese (e ce ne sono anche altri). Per Di Maio accade qualcosa di diverso. L’attenzione visiva di chi lo guarda, è concentrata sul sorriso incessante mentre i muscoli facciali sembrano poco mobili, gli occhi fissi, c’è un contenuto scuotimento del capo e mancano gesticolazioni, soprattutto delle mani. Cioè c’è una rigidità che si potrebbe definire artificiosa. Un paragone, ahimè non felice, forse potrebbe essere fatto con Andreotti. Solo un velato timbro partenopeo rivela la propria origine etnica, anche se ben lontano dalla vivacità scrosciante di un Totò o di un De Filippo. Il tutto poi è immerso in un look perfetto che sembra quasi dipinto addosso e non indossato. Lo scuro dell’abito fa risaltare ancora di più il candore della camicia che a propria volta fa risplendere il sorriso bianchissimo. Da quel sorriso bianchissimo poi, escono le parole, precise e forbite (quasi…). Qualcuno potrebbe obiettare che quello che importa è il contenuto dei discorsi. Non credo: che efficacia avrebbe avuto Mussolini se non si fosse affacciato a Palazzo Venezia e se il Padre Eterno non avesse convocato Mosè sul monte Sinai, tra tuoni e lampi, per consegnarli i 10 Comandamenti? E oggi, inoltre, viviamo in un’età dell’immagine esasperata. Ma tutto questo che funzionalità può avere, considerando che Di Maio è un uomo politico e quindi non possiamo credere che comportamenti e atteggiamenti siano solo risvolti, quasi un po’ anomali, della sua personalità? O per lo meno, possono esserlo, ma vengono utilizzati e rafforzati magari dal clan Casaleggio, per più ampi orizzonti. Se utilizziamo i (noiosi) parametri psicoanalitici, possiamo fare l’ipotesi che comportamenti irrigiditi e ripetitivi facciano parte di quella cintura difensiva che è stata costruita per difendere un proprio Sè narcisistico. Ma poiché qui non stiamo facendo la diagnosi clinica del sig. Di Maio. ci interessa capire quali effetti tutto ciò abbia sulla gente. Dobbiamo tenere conto che nella terribilmente complessa e confusa nostra psichicità, gli elementi esterni vengono continuamente introdotti dentro di noi. Vi saranno persone che tenderanno a respingere con fastidio questa intrusione ma altri tenderanno ad accaparrarsene frammenti da integrare nel proprio Sè, fruendo così del sentimento di piacere e di sicurezza che danno le caratterizzazioni narcisistiche. In parole povere il Di Maio si accampa dentro di noi e si collega al nostro narcisismo, come una protesi efficiente ed anche attesa. Proprio l’efficienza delle azioni e dei pensieri che il narcisismo, erroneamente, sembra trasmettere, da l’illusione che le vistose promesse declamate verranno soddisfatte. È un errore perchè il narcisismo ha solo un obiettivo: mantenere la cintura difensiva attorno al proprio Sè, senza venire a patti con la realtà. Costi quel che costi (agli altri…). Da - https://www.glistatigenerali.com/psicologia/psicopolitica-la-robotizzazione-di-luigi-di-maio/ Titolo: INTERVISTA LUIGI DI MAIO Di Maio: resta Industria 4.0 non siamo anti-impresa Inserito da: Arlecchino - Settembre 23, 2018, 05:41:09 pm PRIMA PAGINA
08 SETTEMBRE 2018 Il Sole 24 Ore Il taglio del cuneo è parte della riforma fiscale: si farà Torna la Cig straordinaria Per Alitalia controllo pubblico. Venture capital per Pmi ad alto potenziale «Confermeremo Industria 4.0 e il taglio del cuneo si farà, è parte della riforma fiscale. Ora che non siamo più antagonisti, abbiamo lavorato dalla stessa parte del tavolo anche per cercare insieme soluzioni concrete alla massa di scadenze, reiterazioni e adempimenti. Per le agevolazioni favoriremo in particolare l’accesso delle piccole imprese». Il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio parla delle misure cui sta lavorando per la legge di bilancio, mentre «già a settembre sarà introdotta la cigs di 2 anni per i lavoratori di aziende che chiudono». Alitalia avrà «prevalente controllo pubblico». Su Telecom: no alla vendita di Sparkle. Carmine Fotina - Claudio Tucci Ministro Di Maio, anzitutto una riflessione sul messaggio del Papa contenuto nell’intervista al direttore del Sole 24 Ore, Gentili. Messaggio fondato sulla centralità del lavoro e dell’impresa. «Il lavoro - dice il Papa - crea dignità, non i sussidi, quando non legati al preciso obiettivo di ridare lavoro e occupazione, creano dipendenza e deresponsabilizzazione». È un messaggio importante che noi recepiamo con grande attenzione e facciamo nostro come governo. Sulla frase che mi sottolineate voglio dire che è un concetto che noi sposiamo in pieno. È quello che faremo con il reddito di cittadinanza che ha questa finalità. Ridare dignità alla persona. Il reddito di cittadinanza non è sussidio. Ha la finalità di assicurare un reddito mentre la persona si forma e si attiva per rientrare nel mercato del lavoro. È fondamentale che passi questo concetto. Chi ottiene il reddito di cittadinanza è obbligato a essere preso in carico dai centri per l’impiego e deve assicurare otto ore di lavoro al comune di residenza. Se chi percepisce il reddito rifiuta tre proposte di lavoro perde il reddito. Non è assistenza. E dal 2019 sarà realtà. L’accordo su Ilva è fondamentale per la difesa dell’industria in Italia e nel Sud. Si apre una fase nuova con l’industria fra le vostre priorità? Proporrete misure in legge di bilancio? Spesso veniamo descritti come quelli contro le imprese e contro l’industria. Non è così, siamo consapevoli che l’impresa è il volano di sviluppo per il nostro paese. Ci sarà grande attenzione, rifinanzieremo i contratti di sviluppo, la legge 181 sulle aree di crisi oltre alle misure di carattere fiscale. Soprattutto investiremo in nuove tecnologie per aumentare la produttività delle nostre aziende. Industria 4.0: confermerete nel 2019 iperammortamento, superammortamento e bonus formazione? Confermeremo le misure di Industria 4.0 per il 2019. Stiamo lavorando per articolare meglio le misure, riducendo la burocrazia per l’accesso e favorendo un maggiore utilizzo da parte delle piccole imprese, specie al Sud, che ancora fanno troppa fatica a entrare nei circuiti virtuosi di maggiori investimenti, crescita e ingresso nei mercati esteri. Rifinanzieremo il fondo di garanzia a patto e condizione che sia maggiormente a misura di Pmi. È allo studio in tempi rapidi un progetto con Cdp per sbloccare i crediti delle imprese con la Pa. Avete definito il quadro macroeconomico con il ministro Tria? La manovra sarà realizzata per il benessere del paese. E ci sarà il reddito di cittadinanza, il superamento della Fornero e l’avvio della flat tax. L’obiettivo è la felicità degli italiani tenendo i conti in ordine, la leva finanziaria generata dalle misure che introdurremo creerà sviluppo. Il debito si abbasserà proprio grazie alle misure coraggiose che intraprenderemo. È vero, come dice Salvini, che quota 100 aiuterà a creare occupazione giovanile? Il taglio al cuneo ci sarà in legge di bilancio? Superare la legge Fornero sblocca posti utili per le nuove assunzioni. Ma soprattutto ci permette di svecchiare la pubblica amministrazione, con nuove risorse, giovani e formate per le nuove sfide di uno stato più snello, quello che io chiamo Smart Nation. Il taglio del cuneo rientra nella riforma della tassazione in generale, si farà. Confermerete il bonus Sud per l’occupazione stabile? Sarà una delle misure che intendiamo garantire. Avvieremo altre misure per l’aumento dell’occupazione stabile in tutto il paese e per favorire anche le trasformazioni di contratti a tempo determinato. Quota 100 per tutti: quale platea? Quali costi? Quali vincoli? Stiamo lavorando a tutti i dettagli. Tanti cittadini hanno paura di non rientrarvi. Stiamo approntando una vera quota 100 che consentirà un ricambio generazionale nel pubblico e nel privato. Cosa altro pensate di inserire in manovra sul lavoro? Il recupero della Cigs per la cessazione delle attività? La Cigs per cessazione sarà inserita nel decreto urgenze entro fine settembre e almeno per i prossimi due anni, darà ai lavoratori delle aziende cessate la possibilità di non restare senza ammortizzatori nell’attesa di una ricollocazione per 12 mesi. È una promessa che dovevo agli operai Bekaert, una delle aziende che è scappata all’estero lasciandoli per strada. Riguarda moltissimi operai che ho incontrato in questi mesi in tutta Italia. Avete dati sugli effetti del decreto dignità? C'è qualcosa da correggere o integrazioni da fare? È ancora prematuro per valutare gli effetti, ma le prime informazioni che stiamo raccogliendo ci rassicurano sulle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato. Il decreto dignità è stato solo un primo intervento. Ora mettiamo mano alle norme per gli imprenditori perché il primo precario in Italia è l’imprenditore, spesso anche più dei suoi dipendenti. I prossimi provvedimenti saranno dedicati a i nostri piccoli e medi imprenditori. Alitalia: la prima mossa è cercare il partner aereo? Ci sono contatti solidi con compagnie cinesi? Su Alitalia siamo già al lavoro e stiamo valutando la migliore soluzione. Ci sono contatti con tutti i potenziali investitori. L’obiettivo è quello di trovare un partner che garantisca solidità alla azienda, in un momento in cui la crescita di mercato ci consiglia di mantenerla a prevalente controllo pubblico. Telecom: incontrerà gli azionisti francesi? Vi piace il progetto di scorporo della rete e la società unica con Open Fiber? Non è in agenda al momento. La fibra è strategica per il paese. Il mio obiettivo è che il paese sia cablato. Ma non permetteremo che si venda Sparkle. Pensate a una legge di semplificazione per le imprese? La struttura ministeriale ha avviato colloqui con le principali associazioni datoriali e i principali consigli nazionali dei professionisti: non più antagonisti, abbiamo lavorato dalla stessa parte del tavolo cercando insieme soluzioni concrete alla matassa di scadenze, reiterazioni e adempimenti previsti a oggi dall’ordinamento. A breve uscirà un provvedimento che sarà in grado di dare respiro alle aziende: abbiamo raccolto istanze puntali cui intendiamo dare seguito perché andranno a rimuovere ostacoli dispendiosi, inutili e senza vantaggi diretti. Amplieremo l’utilizzo della “decertificazione” al mondo delle attività produttive per semplificare il rapporto tra amministrazioni e imprese. In più siamo pronti a realizzare il codice del lavoro che semplificherà la vita ai datori di lavoro eliminando oltre 140 leggi e centinaia di decreti che oggi rendono difficoltosa la comprensione delle norme. Nella legge di bilancio ci saranno norme per rafforzare la Cdp come banca pubblica di investimento? La nostra ambizione è costituire una banca pubblica per gli investimenti, ispirata al modello francese, che sostituisca tutti gli attuali enti e fondi di investimento che erogano contributi. Quando le nostre aziende vanno all’estero vengono continuamente battute da aziende tedesche e francesi che hanno le banche pubbliche nazionali che le sostengono. Inoltre per potenziare il mercato del private equity e in particolare il venture capital stiamo studiando misure per convogliare una quota del risparmio privato verso le Pmi ad alto potenziale innovativo, anche attraverso la creazione di una piattaforma pubblica che, grazie alla garanzia dello Stato, favorisca gli investimenti privati in innovazione. Come valuta l’intesa Fincantieri-Autostrade per ricostruire il Ponte? L’abbiamo sempre detto Autostrade ci mette i soldi ma il ponte lo deve costruire un’azienda pubblica. © RIPRODUZIONE RISERVATA Carmine Fotina Claudio Tucci Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180908&startpage=1&displaypages=2 Titolo: Ilario Lombardo M5S in trincea contro Mattarella: Uomo di diritto non economista Inserito da: Arlecchino - Ottobre 01, 2018, 08:50:52 pm M5S in trincea contro Mattarella: “Uomo di diritto, non economista” Di Maio attacca i media: fanno terrorismo sullo spread. Oggi Eurogruppo a Bruxelles e nuovo test sui mercati Il Presidente Sergio Mattarella e il vicepremier Matteo Salvini ieri a Ostia hanno partecipato alla celebrazione per i 50 anni della fondazione dell’associazione nazionale Polizia di Stato Pubblicato il 01/10/2018 Ilario Lombardo Roma La storia potrebbe ripetersi. E ci sono tutte le premesse perché i 5 Stelle scatenino un nuovo assalto al Colle, come fece Luigi Di Maio a fine maggio, chiedendo l’impeachment. Solo che questa volta la campagna grillina, dopo aver abbattuto l’argine del ministro dell’Economia Giovanni Tria, potrebbe travolgere anche tutte le burocrazie ministeriali, dirigenti e tecnici che lavorano nei ministeri e che la furia giacobina dei 5 Stelle considera contigui al potere del passato. Anche a fine maggio erano giorni di grande tensione, quando il destino del governo rimase appeso per ore al nome del possibile ministro dell’Economia. Il veto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla scelta di Paolo Savona fu l’innesco dell’esplosione di Di Maio contro colui che per mesi gli aveva facilitato le trattative per trovare una maggioranza. Le similitudini sono tante: oggi come quattro mesi fa al centro del dibattito c’è la politica economica, le ricette, gli scenari finanziari, le reazioni dei mercati. In questi giorni di forte stress rifà capolino proprio Savona, il suo piano di maxi investimenti e torna come un vago presagio la sua idea di avere un piano B - smentito dal governo - di uscita dall’euro. I toni sono di nuovo esacerbati, inaspriti dalle reazioni di Di Maio che definisce «aguzzini» tutti quelli che prima di lui stavano a Palazzo Chigi, e accusa i giornali di fare nientedimeno che «terrorismo mediatico», un gioco cinico di autolesionismo per «far schizzare lo spread sperando in un altro colpo di Stato finanziario». Sono le stesse parole usate per anni da Silvio Berlusconi: il golpe finanziario, i «giornali irresponsabili e nemici dell’Italia», gli stessi che nella società disintermediata secondo il M5S «non contano più nulla». Il frasario berlusconiano aveva già investito i magistrati del Csm, rei di aver votato un ex parlamentare del Pd come vicepresidente, colpevoli «di fare politica», complici del «vecchio sistema». LEGGI ANCHE - Salvini: “Correggere la manovra? Si va fino in fondo”. Di Maio: “Da Pd e Forza Italia terrorismo mediatico” Tutti finiscono nell’obiettivo della rivoluzione sovranista, di chi inneggia al consenso del popolo per fare piazza pulita nelle istituzioni. Hanno cominciato con il Tesoro e la Ragioneria dello Stato ma «sappiamo - ha detto ieri Di Maio - che ci sono tecnocrati che ci remano contro, in tutti i ministeri». Il capo politico del M5S ha parlato nello studio di Massimo Giletti su La 7, guardando ripetutamente il pubblico, chiamando l’applauso, come legittimazione popolare contro chiunque si stagli sulla sua strada. Anche il Quirinale. Di nuovo il Quirinale. Sabato, nelle ore subito successive al monito di Mattarella, i vertici dei 5 Stelle si sono sentiti con Di Maio. I ministri Danilo Toninelli, Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro, il capogruppo Francesco D’Uva. Bisogna decidere come rispondere agli avvertimenti del Capo dello Stato sui conti e sulla sostenibilità del bilancio. Un esponente molto in vista del governo dice stizzito: «Che ne sa lui? È un costituzionalista mica un economista». Viene difesa la linea sugli investimenti per abbattere il debito e un altro traduce le paure di tutti, Di Maio in primis: «Non è che alla fine ci sta dicendo che è pronto a non firmare la manovra? Deve farlo per forza». Sono infuriati, considerano un colpo basso il comunicato del Colle, «prematuro», perché ancora non ci sono i numeri e le tabelle della nota al Def, attesi per oggi. Si spiega anche così la frase fuggita al sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, poi ritrattata, contro «i segnali negativi lanciati delle opposizioni» che, «come le parole di Mattarella contribuiscono a scoraggiare gli investitori e mettere in agitazione i mercati». Oggi o più probabilmente domani potrebbe arrivare la sentenza di creditori e investitori sui rendimenti dei titoli italiani e sullo spread. Il governo è spaventato, i grillini più dei leghisti, perché entro la settimana ci sarà anche il verdetto sul rating di Moody’s. Oggi Tria andrà all’Eurogruppo a spiegare a tutti i ministri dell’Economia perché ha ceduto sul deficit al 2,4 per cento e come farà a rendere fattibile una legge di Stabilità del genere. In Europa, a Strasburgo, arriverà anche Savona e pure il premier Giuseppe Conte si sta organizzando per portare tranquillità a Bruxelles. Lo farà puntando tutto sugli investimenti. La cabina di regia a Chigi è già convocata per martedì. Licenza Creative Commons Da - http://www.lastampa.it/2018/10/01/italia/ms-in-trincea-contro-mattarella-uomo-di-diritto-non-economista-StQqNtiM3fnGigsmqtPXVN/pagina.html Titolo: Italia a 5 Stelle. Grillo: Il Capo dello Stato ha troppi poteri Inserito da: Arlecchino - Ottobre 21, 2018, 11:11:20 pm Italia a 5 Stelle, oggi la chiusura. Grillo: "Il Capo dello Stato ha troppi poteri".
Di Maio. "Resteremo nella Ue". Conte: "Avanti fino al 2023" Il vicepremier dal salotto di "In mezz'ora" cerca di rassicurare i mercati. E annuncia un manifesto e il lavoro per la creazione di un nuovo gruppo al Parlamento Europe. Ma non risponde alla domanda su a chi appartenga la famosa "manina". Al Circo Massimo l'intervento del premier Conte e di Beppe Grillo: "Cambieremo il mondo" Di CARMINE SAVIANO 21 ottobre 2018 Italia a 5 Stelle, la seconda giornata al Circo Massimo Italia a 5 Stelle, oggi la chiusura. Grillo: "Il Capo dello Stato ha troppi poteri". Di Maio. "Resteremo nella Ue". Conte: "Avanti fino al 2023" ROMA - Sono tre i messaggi che chiudono la due giorni di Italia a 5 Stelle. Uno rassicurante, affidato a Luigi Di Maio: "Non usciremo mai dall'Europa". Il secondo, baldanzoso, scandito dal premier Giuseppe Conte: "Le opposizioni si mettano l'animo in pace, arriveremo al 2023". Infine il terzo, rivolto al Quirinale e lanciato da Beppe Grillo: "Dobbiamo togliere poteri al Capo dello Stato: serve una riforma". Così il capo politico, il premier e il fondatore del Movimento 5 Stelle chiudono la quinta festa nazionale dei grillini dal Circo Massimo di Roma. Di Maio: "Orgoglioso di Conte". Dal palco agli studi televisivi. Luigi Di Maio lancia messaggi rassicuranti all'Europa e ai mercati: "Vogliamo restare nell'Unione Europea e nell'euro. E io ne sarò sempre il garante". E poi lancia attestati di stima al premier Conte: "Sono orgoglioso di lui: l'esempio di un cittadino che si fa Stato”. Poi ripete: "non c'è nessuna intenzione di uscire dall'Europa e non c'è un piano B. C'è solo un piano A. E finché sarò in questo governo sarà sempre garantito che l'Italia resti in Europa e nell'euro". APPROFONDIMENTO Fico e Di Maio: le due voci del M5S al Circo Massimo che aspetta Grillo Di ANNALISA CUZZOCREA L'intervento del premier. E dal palco della kermesse grillina al Circo Massimo interviene anche il presidente del Consiglio di Ministri: "Andremo avanti fino al 2023: ci aspetta un cammino ancora lungo, gli oppositori se ne facciano una ragione", dice il premier allontanando così i venti di crisi arrivati sul governo dopo il caso della "manina" che aveva modificato il testo del decreto fiscale. Il premier cerca di spostare l'attenzione dai problemi con la Lega affermando che: "Stiamo riformando il fisco più iniquo d'Europa". E sul reddito di cittadinanza: "Ci sarà, noi manteniamo le promesse". Poi racconta ai militanti le modalità del suo ingresso nel Movimento: "Conoscevo i 5 Stelle, già 5 anni prima mi era stata chiesta la disponibilità per l'organo di autogoverno della magistratura, e io all'epoca dissi 'non vi conosco', ma mi fu risposto di fare solo il mio dovere e non ho mai ricevuto una sola indicazione in 5 anni". Italia a 5 Stelle, Di Battista in collegamento: "Giusta la battaglia di Di Maio. Manovra ottima legge" Verso le europee. E se il premier affronta anche un cavallo di battaglia della retorica grillina - il salvabanche: "Ai truffati dalle banche ho fatto una promessa: non vi lasceremo soli. Queste persone avranno un miliardo e mezzo. Noi le promesse le manteniamo - non mancano elementi di carattere organizzativo. Affidati al capo politico, Luigi Di Maio. Che annuncia per le prossime europee che anche che il Movimento Cinque Stelle "sta lavorando a un gruppo che metta insieme sensibilità che sono state tradite sia a destra sia a sinistra". Dunque, spiega il vice premier, i grillini pensano ad un futuro gruppo parlamentare al Parlamento europeo che "sostituisca Forza Italia e Pd che a livello europeo hanno tradito gli elettori. Non voglio uscire da Ue e Euro ma lavoriamo a un nuovo progetto europeista". Beppe Grillo: "Togliere i poteri al capo dello Stato". E la chiusura della kermesse è affidato al padre fondatore del Movimento. Grillo si affida all’ironia: "Noi abbiamo cambiato il mondo...guardate a Conte cosa è successo in 4 mesi, era un cazzo di professorino, che faceva l'esegesi del diritto e ora è qui, cazzo ... noi cambieremo il mondo". Lo afferma Beppe Grillo dal palco di Italia 5 Stelle soffermandosi poi sul leader del Movimento Luigi Di Maio. "Nessuno mette in difficoltà Di Maio, solo io posso farlo, perché so tutte le cose vere ma non le dirò mai". E poi un messaggio al Quirinale: "Dovremmo togliere i poteri al capo dello stato, dovremmo riformarlo. Il vilipendio... Un capo dello stato che presiede il csm, capo delle forze armate. Non è più in sintonia col nostro modo di pensare". La manina. Di Maio glissa poi sulla domanda relativa alla famosa "manina" che avrebbe inserito nel decreto fiscale la versione del condono che è stata cassata ieri. "E' stato un errore o c'è stato dolo Questa è la grande domanda", dice il ministro per lo Sviluppo economico e al lavoro, "Io personalmente- aggiunge- non solo ho fiducia nella Lega ma negli esponenti della Lega. "Se c'è stato errore o dolo - conclude - questo poi lo chiariremo". Noi non siamo un partito, non cerchiamo consenso, non viviamo di stipendi pubblici, ma stiamo in piedi grazie ai lettori che ogni mattina ci comprano in edicola, guardano il nostro sito o si abbonano a Rep:. Se vi interessa continuare ad ascoltare un'altra campana, magari imperfetta e certi giorni irritante, continuate a farlo con convinzione. MARIO CALABRESI Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/10/21/news/di_maio_unione_europea_manovra-209565574/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr Titolo: MOVIMENTO 5 STELLE. Di Maio. "Resteremo nella Ue". Conte: "Avanti fino al 2023" Inserito da: Arlecchino - Ottobre 22, 2018, 01:49:43 pm Italia a 5 Stelle, Grillo: "Il Capo dello Stato ha troppi poteri". Di Maio. "Resteremo nella Ue". Conte: "Avanti fino al 2023"
Il vicepremier dal salotto di "In mezz'ora" cerca di rassicurare i mercati. E annuncia un manifesto e il lavoro per la creazione di un nuovo gruppo al Parlamento Europe. Ma non risponde alla domanda su a chi appartenga la famosa "manina". Al Circo Massimo l'intervento del premier Conte e di Beppe Grillo: "Cambieremo il mondo" di CARMINE SAVIANO 21 ottobre 2018 ROMA - Sono tre i messaggi che chiudono la due giorni di Italia a 5 Stelle. Uno rassicurante, affidato a Luigi Di Maio: "Non usciremo mai dall'Europa". Il secondo, baldanzoso, scandito dal premier Giuseppe Conte: "Le opposizioni si mettano l'animo in pace, arriveremo al 2023". Infine il terzo, minaccioso, rivolto al Quirinale e lanciato da Beppe Grillo: "Dobbiamo togliere poteri al Capo dello Stato: serve una riforma". Così il capo politico, il premier e il fondatore del Movimento 5 Stelle chiudono la quinta festa nazionale dei grillini dal Circo Massimo di Roma. E sulle parole di Grillo, l'intervento del segretario del Pd, Maurizio Martina: "Giù le mani da Mattarella". Italia 5 Stelle, l'attacco di Beppe Grillo: "Il capo dello stato ha troppi poteri" Di Maio: "Orgoglioso di Conte" Dal palco agli studi televisivi. Luigi Di Maio lancia messaggi rassicuranti all'Europa e ai mercati: "Vogliamo restare nell'Unione Europea e nell'euro. E io ne sarò sempre il garante". E poi lancia attestati di stima al premier Conte: "Sono orgoglioso di lui: l'esempio di un cittadino che si fa Stato".Poi ripete: "non c'è nessuna intenzione di uscire dall'Europa e non c'è un piano B. C'è solo un piano A. E finchè sarò in questo governo sarà sempre garantito che l'Italia resti in Europa e nell'euro". Di ANNALISA CUZZOCREA L'intervento del premier E dal palco della kermesse grillina al Circo Massimo interviene anche il presidente del Consiglio di Ministri: "Andremo avanti fino al 2023: ci aspetta un cammino ancora lungo, gli oppositori se ne facciano una ragione", dice il premier allontanado così i venti di crisi arrivati sul goveno dopo il caso della "manina" che aveva modificato il testo del decreto fiscale. Il premier cerca di spostare l'attenzione dai problemi con la Lega affermando che: "Stiamo riformando il fisco più iniquo d'Europa". E sul reddito di cittadinanza: "Ci sarà, noi manteniamo le promesse". Poi racconta ai militanti le modalità del suo ingresso nel Movimento: "Conoscevo i 5 Stelle, già 5 anni prima mi era stata chiesta la disponibilità per l'organo di autogoverno della magistratura, e io all'epoca dissi 'non vi conosco', ma mi fu risposto di fare solo il mio dovere e non ho mai ricevuto una sola indicazione in 5 anni". Italia a 5 Stelle, Di Battista in collegamento: "Giusta la battaglia di Di Maio. Manovra ottima legge" Verso le europee E se il premier affronta anche un cavallo di battaglia della retorica grillina - il salvabanche: "Ai truffati dalle banche ho fatto una promessa: non vi lasceremo soli. Queste persone avranno un miliardo e mezzo. Noi le promesse le manteniamo - non mancano elementi di carattere organizzativo. Affidati al capo politico, Luigi Di Maio. Che annuncia per le prossime europee che anche che il Movimento Cinque Stelle "sta lavorando a un gruppo che metta insieme sensibilità che sono state tradite sia a destra sia a sinistra". Dunque, spiega il vice premier, i grillini pensano ad un futuro gruppo parlamentare al Parlamento europeo che "sostituisca Forza Italia e Pd che a livello europeo hanno tradito gli elettori. Non voglio uscire da Ue e Euro ma lavoriamo a un nuovo progetto europeista". Beppe Grillo: "Togliere i poteri al capo dello Stato" E la chiusura della kermesse è affidato al padre fondatore del Movimento. Grillo, con tanto di manina al seguito, si affida all'ironia: "Noi abbiamo cambiato il mondo...guardate a Conte cosa è successo in 4 mesi, era un cazzo di professorino, che faceva l'esegesi del diritto e ora è qui: noi cambieremo il mondo". Sul "figlioccio" Luigi Di Maio: "Nessuno lo mette in difficoltà, solo io posso farlo, perché so tutte le cose vere ma non le dirò mai". E poi un messaggio minaccioso al Quirinale: "Dovremmo togliere i poteri al capo dello stato, dovremmo riformarlo. Il vilipendio... Un capo dello stato che presiede il csm, capo delle forze armate. Non è più in sintonia col nostro modo di pensare". Poi una battuta rivolta a Salvini. "Io non lo conoscevo Salvini, l'ho incontrato una volta in aeroporto, e io ero già l'Elevato e Salvini percepiva questa potenza che emanava il mio fisico come razza superiore alla sua. Allora lui si è avvicinato, timido, e mi ha detto: 'signor grillo c'è mia mamma al telefono, la potrebbe salutare?' io a lei ho detto 'signora perchè non ha preso la pillola quel giorno?'". La manina Resta ancora uno degli argomenti principali della kermesse: Di Maio glissa sulla domanda relativa alla famosa "manina" che avrebbe inserito nel decreto fiscale la versione del condono che è stata cassata ieri. "E' stato un errore o c'è stato dolo Questa è la grande domanda", dice il ministro per lo Sviluppo economico e al lavoro, "Io personalmente- aggiunge- non solo ho fiducia nella Lega ma negli esponenti della Lega. "Se c'è stato errore o dolo - conclude - questo poi lo chiariremo". Le reazioni Martina, Pd: "Giù le mani dal Capo dello Stato". "Il comico miliardario prenda in giro chi vuole, non c'è alcun problema a farsi due risate al circo di domenica, ma lasci stare la Costituzione e il ruolo di garanzia del Quirinale. Il Capo dello Stato non si tocca caro Grillo". Così il segretario del Partito democratico Maurizio Martina. Bonelli, Verdi: "Grillo vuole dare i poteri alla Casaleggio?". "Grillo afferma che bisogna togliere poteri al presidente della Repubblica perché non coincidono con il loro modo di pensare. Grillo immagina e sogna una riforma costituzionale che trasferisca i poteri alla Casaleggio?". Lo dichiara Angelo Bonelli dei Verdi. De Petris, Leu: "Attacco inquietante". "L'attacco di Grillo alla presidenza della Repubblica è estremamente inquietante e pericoloso. Il fondatore dell'M5S indica chiaramente, rivolto al suo popolo in occasione particolarmente rilevante, l'arrembaggio a uno dei cardini della Costituzione come obiettivo". Così la senatrice di Lee Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto. © Riproduzione riservata 21 ottobre 2018 Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/10/21/news/di_maio_unione_europea_manovra-209565574/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr Titolo: Equilibri impossibili/ Così tramonta il format di lotta e di governo Di Ajello. Inserito da: Arlecchino - Ottobre 29, 2018, 12:41:19 pm Equilibri impossibili/ Così tramonta il format di lotta e di governo
PER APPROFONDIRE: format, governo Così tramonta il format di lotta e di governo Di Mario Ajello Si sta spezzando l’ossimoro: quello del partito di lotta e di governo. È un format che si ripete da decenni, che non ha funzionato mai, che nasce a sinistra - nel Pci degli anni ‘70 nella sua marcia di avvicinamento verso il potere ma senza rinunciare alla retorica e dalla comodità da opposizione - e che via via sfilacciandosi e logorandosi è arrivato adesso al suo epilogo. La scarsa partecipazione alla festa 5 Stelle, insieme alla stanchezza e alla fine della spinta propulsiva che quella piazza ha messo in scena, possono essere un indizio di questo passaggio d’epoca. E in questo senso perfino Grillo, in mezzo ai suoi attacchi forsennati, sembra sentire a modo suo la necessità di qualche trasformazione governista - in tandem con Salvini che non pareva proprio il suo tipo - per M5S. Ossia mostra, e Conte e Di Maio più di lui, di accorgersi dei limiti e delle impossibilità di un partito fondamentalista del Vaffa alle prese con la pratica della risoluzione dei problemi che implica di dire più sì e meno no. L’ossimoro di colpo, ma finalmente, si presenta come un ferro vecchio nelle circostanze attuali che richiedono o il governo o la lotta e non la riproposizione stantia, come è stato finora nei giallo-verdi, di una ricetta continuamente sperimentata con insuccesso. Il mix lotta-governo del Pci venne affossato dal terrorismo delle Brigate rosse. Quando poi, nel ‘94, la «gioiosa macchina da guerra» di Occhetto stava per andare al potere, ma con retorica iper-sinistrese inadatta al compito, Berlusconi le taglia la strada. Quando lo schema “dentro” ma anche “fuori” viene inflitto da Rifondazione comunista e da buona parte del suo partito di riferimento al premier Prodi, si sono visti i risultati (e anche scene tragicomiche di ministri in piazza contro l’esecutivo di cui facevano parte). Renzi invece al governo è andato, ma una volta lì, nell’illusione di poter recuperare voti di sinistra finiti al grillismo o all’astensionismo, ha usato a sua volta l’ossimoro, praticando un populismo dall’alto che non ha giovato né a lui né al Pd. Basterebbero questi rapidi esempi per spingere M5S e Lega di fuggire dalla trappola. Adesso - mentre il gioco si fa duro, risultati veri e netti vanno portati a casa e s’impone una linearità e una serietà che hanno fatto troppo difetto - qualcosa dovrebbe cambiare. Anche la baraonda sul condono fiscale, un tema topico, ha dimostrato per i 5 stelle che o si è capaci di accettare un compromesso su una questione scomoda e lo si rivendica con coraggio, senza tornare partito di lotta solo per vellicare l’ideologia della propria gente e sottomettervisi, oppure l’effetto è quello della fiction e del gioco «manine» e «manone». E gli elettori del movimento - come si evince anche dai sondaggi - si accorgono della finzione. L’ossimoro da abolire è quello di cui è impregnata la manovra economica, in cui lotta e governo convivono, con netta prevalenza della prima sul secondo. Non c’è crescita nella manovra perché la sua morale è quella di prendere voti presso l’elettorato di riferimento, sia dei gialli sia dei verdi, invece di allargare lo sguardo oltre i propri interessi e steccati cercando di creare consenso anche dove non ce l’hanno. Questo l’atteggiamento che distingue i partiti di governo e i veri statisti, che si fanno responsabili degli interessi generali e della crescita per tutti, dai partiti di lotta e di governo che pensano anzitutto a tenersi stretto il rispettivo zoccolo duro. Prediligendo il particolarismo al patriottismo. Il balletto sulle infrastrutture è assai rappresentativo di questa impossibilità, cocciutamente perseguita, di essere di lotta e di governo. Gli oppositori di Salazar, in Portogallo, dicevano: gubernar no es asfaltar. Si sbagliavano: governare è anche asfaltare. Più ponti, più autostrade, più valichi, più tunnel, come dice Salvini, ma lo stesso Salvini proprio perché partecipa all’esecutivo dell’ossimoro non trova il coraggio di far passare queste sue istanze presso gli alleati. E la paralisi su questo capitolo importante della crescita è il rischio grave che stiamo correndo. Non è liberale la coesistenza dell’opposizione nel governo - derivante anche dal fatto che oggi l’opposizione vera fuori dal governo non c’è - perché annichilisce l’idea di società aperta, fatta di sfide a tutto campo e non di calcoli di bottega. E profuma di rattrappimento, che è il contrario della libertà di movimento per far crescere meglio se stessi e, dal punto di vista non solo economico ma anche politico-culturale, il resto del Paese. Mario Vargas Llosa, premio Nobel, liberale doc, nella sua autobiografia appena pubblicata in Spagna - «La llama de la tribù» - scrive che «brillare, morire, scontrarsi e cambiare con la vivacità degli eroi dei romanzi d’avventura produce buona storia». Restare immobilizzati nelle proprie presunte certezze produce la solita cronaca assai andante. E alla fine - chissà se davvero i grillini lo stanno capendo - non conviene più. © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 22 Ottobre 2018, 06:30 Da - https://www.ilgazzettino.it/politica/governo_format-4054765.html Titolo: M5S, l'intervista inventata a Dijsselbloem: l'attacco inesistente alle finanze.. Inserito da: Arlecchino - Novembre 03, 2018, 08:56:37 pm 2 NOVEMBRE 2018
M5S, l'intervista inventata a Dijsselbloem: l'attacco inesistente alle finanze italiane - il confronto Alcuni giorni fa "MoVimento 5 Stelle Europa" ha pubblicato sulla sua pagina Facebook il video di un'intervista all'ex presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem della quale - come ha sottolineato "Il Post" in un articolo - ha distorto i contenuti fino a inventarsi intere dichiarazioni. In questa clip mettiamo a confronto l'intervista originaria della rete Usa CNBC a Dijsselbloem con il video tradotto e pubblicato dagli M5S, comparso originariamente sul sito Pandora Tv. Nell'intervista originaria, l'ex presidente dell'Eurogruppo ha affermato che "il debito sovrano [Italiano] è per la maggior parte in mano a investitori italiani, fondi pensione italiani e banche italiane". Per questo motivo l’Italia non può permettersi l'aumento dei tassi di interesse sui propri titoli di Stato, conseguenza inevitabile della sfiducia degli investitori internazionali nei confronti della manovra economica del governo Lega-M5s. Secondo il video M5S, invece, Dijsselbloem "invita apertamente i mercati a lanciare un attacco alle finanze italiane, spiegando loro anche come devono fare, e cioè orchestrando un danno ai titoli italiani, facendo così salire gli interessi sul debito all'Italia". Sempre nel video dei pentastellati, la voce fuori campo afferma che l'ex presidente dell'Eurogruppo sostenga che il popolo italiano debba percepire la distruzione dell'economia italiana e il crollo delle banche "come un'implosione". Non vi è traccia di questa dichiarazione nell'intervista alla Cnbc. Così come nell'intervista originaria Dijsselbloem non cita mai Mario Draghi o eventuali piani per far salire lo spread Il video M5s, inoltre, nel corso del suo "riassunto" cita ZeroHedge definendola “una prestigiosa rivista americana". In realtà si tratta di un blog associato alla far-right Usa (la destra radicale americana) Di Alessandra Del Zotto Da - https://video.repubblica.it/dossier/governo-lega-m5s/m5s-l-intervista-inventata-a-dijsselbloem-l-attacco-inesistente-alle-finanze-italiane-il-confronto/318570/319200?ref=fbpr Titolo: Il M5s poteva non sapere quanto sarebbe costato fermare la Tap? Inserito da: Arlecchino - Novembre 04, 2018, 06:50:18 pm Il M5s poteva non sapere quanto sarebbe costato fermare la Tap?
Di Maio aveva parlato di "penali" per 20 miliardi. In realtà si tratta di risarcimenti, il cui conto potrebbe però essere ancora più elevato Di PAGELLA POLITICA DI AGI 30 ottobre 2018, 07:20 Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, a proposito del Tap, ha dichiarato il 27 ottobre: “Non è semplice dover dire che ci sono delle penali per quasi 20 miliardi di euro, ma così è, altrimenti avremmo agito diversamente”. Alla domanda di un giornalista se non lo sapessero durante la campagna elettorale ha risposto: “No, perché le carte ovviamente un ministro le legge quando diventa ministro, soprattutto a noi del M5s non ci hanno mai fatto leggere niente”. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in una lettera ai cittadini di Melendugno, aveva poi chiarito che, tecnicamente, non si tratta di penali bensì di risarcimenti, il cui conto potrebbe arrivare a 35 miliardi. Ma il M5s poteva non sapere, come sostiene Di Maio? La contestazione Il suo predecessore allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, il giorno successivo su Twitter ha smentito questa ricostruzione. Calenda, rivolgendosi qui al presidente del Consiglio Conte, ha scritto: “Se sostieni che esistano carte nascoste e penali dimostralo. Se invece parli dei costi di un risarcimento erano ben conosciuti da tutti. In primo luogo da quelli che hanno detto che avrebbero chiuso il Tap in due settimane”. L’ultimo riferimento è in particolare ad Alessandro Di Battista, che il 2 aprile 2017, aveva dichiarato a una manifestazione no-Tap che: “Con il governo del M5S quest’opera la blocchiamo in due settimane”. Ma vediamo di fare chiarezza sulla questione delle penali. Che cosa sono le penali? Con “penale” si fa normalmente riferimento alla “clausola penale” disciplinata dall’articolo 1382 del codice civile. In base a questo: “La clausola, con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno”. Traducendo: secondo la legge, insomma, si tratta di una clausola che deve essere esplicitata nel contratto, che stabilisce la somma che una parte del contratto deve all’altra in caso di ritardo o inadempimento. In questo modo, da un lato si limita il risarcimento a una somma predeterminata e dall’altro si rende non necessario, per chi chiede il risarcimento, provare il danno subito. In assenza di clausole penali, l’entità del risarcimento viene normalmente stabilita dal giudice dopo aver ascoltato le ragioni delle parti. Quando è coinvolto lo Stato, normalmente si applica il diritto amministrativo e non quello civile. Ma, semplificando una questione giuridica che sarebbe altrimenti molto complessa da spiegare, possiamo dire che anche in questo caso trovano applicazione i principi generali sul risarcimento del danno e sulle penali. Erano previste penali per il Tap? L’avvocato del movimento No Tap Michele Carducci ha presentato una richiesta di accesso civico agli atti (Foia) a vari ministeri chiedendo, tra le altre cose, chiarimenti sull’esistenza e l’entità di eventuali clausole penali. Nessuno dei Ministeri interpellati ha risposto di essere a conoscenza dell’esistenza di queste penali. Il Ministero dello Sviluppo economico ha chiarito meglio la situazione. Nella sua risposta ha spiegato che: “Una eventuale revoca dell’autorizzazione rilasciata […], col conseguente annullamento del progetto, causerebbe una serie di danni a soggetti privati […] e pubblici, configurando richieste di rimborso degli investimenti effettuati nonché dei danni economici connessi alle mancate forniture”. Dunque sembra che si possa dire con un buon margine di certezza che non esiste alcuna clausola penale riguardo la Tap. Quindi non c’è una quantificazione predeterminata dei risarcimenti dovuti, ma un suo annullamento causerebbe sicuramente dei danni a soggetti privati e pubblici, che potrebbero avanzare richieste di rimborso. A quel punto toccherebbe poi a giudici o arbitri stabilire l’entità di tale rimborso. Dunque al momento possiamo solo avere stime non certe sul costo di annullamento dell’opera. Le stime Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in una lettera ai cittadini del Comune di Melendugno, ha affermato che “se il Governo italiano decidesse adesso, in via arbitraria e unilaterale, di venire meno agli impegni sin qui assunti anche in base a provvedimenti legislativi e regolamentari, rimarrebbe senz’altro esposto alle pretese risarcitorie dei vari soggetti coinvolti nella realizzazione dell’opera e che hanno fatto affidamento su di essa”. Anche qui sembra confermata la tesi sull’assenza di clausole penali ma sulla presenza certa di pretese risarcitorie dei soggetti coinvolti, se l’opera fosse bloccata. Sempre secondo Conte, “i costi potrebbero aggirarsi, in base a una stima prudenziale, in uno spettro compreso tra i 20 e i 35 miliardi di euro”. Un’altra stima, proveniente dal sottosegretario allo Sviluppo Andrea Cioffi e riferita dal sindaco di Melendugno Marco Potì, parlava invece di circa 20 miliardi di euro. Di questi 3,5 miliardi sarebbero di risarcimenti per i costi già sostenuti, 11,2 miliardi per il mancato utile sui flussi del gas, e “se questo gas non arriva ai clienti con cui hanno fatto i contratti ma si vende sul mercato turco, costerebbe 7 miliardi di euro”. Ancora più alte le cifre ipotizzate dalla società di Stato azera Socar e dalla britannica British Petroleum, coinvolte nella realizzazione del progetto: come riportano alcuni quotidiani, i risarcimenti potrebbero oscillare tra i 40 e i 70 miliardi di euro, a detta delle due società. Come abbiamo già detto, il fatto che si parli di stime e non di cifre precise rafforza la tesi dell’assenza di clausole penali, che darebbero importi prestabiliti. Ma vediamo se è vero, come afferma ancora Di Maio, che i pentastellati non potessero conoscere la situazione in particolare riguardo ai risarcimenti miliardari in caso di blocco del gasdotto. Il M5s poteva non sapere? Per cercare di rispondere a questa domanda ce ne poniamo altre tre: chi può chiedere il risarcimento, perché e quanto? Chi e perché Come sintetizza il presidente del Consiglio Conte nella sua lettera ai cittadini di Melendugno, i soggetti che sicuramente chiederebbero un risarcimento del danno sarebbero il consorzio Tap e i suoi azionisti (Socar, BP, Snam, Fluxys, Enagas, Axpo) “per i costi di costruzione e di mancata attuazione dei relativi contratti e per il mancato guadagno da commisurare all’intera durata della concessione (25 anni)”; le società importatrici di gas (tra cui: Edison, Shell, Eon e altri ancora) “che hanno già comprato il gas a prezzi scontati e che mirerebbero a trasferire allo Stato italiano i maggiori costi di approvvigionamento per i prossimi 25 anni”; e gli “shipper di gas che si ritroverebbero a perdere margini per vendite in Turchia anziché in Italia”. Che il consorzio Tap e i suoi azionisti avrebbero potuto chiedere dei risarcimenti in caso di annullamento dell’opera era chiaro fin dal 20 maggio 2015, quando il ministero dello Sviluppo economico firmò il Decreto di attuazione unica del progetto, che approva il progetto definitivo dell’opera e incarica il consorzio stesso di terminare il lavori entro il 2020. Allo stesso modo, una volta approvato il progetto, era chiaro che avrebbero potuto vantare delle pretese risarcitorie le società importatrici di gas, che avevano firmato i contratti venticinquennali già a settembre 2013, così come gli shipper. Che il risarcimento, infine, venga calcolato considerando i costi già sostenuti e i mancati guadagni lo stabilisce il codice civile, in particolare l’articolo 1223, che dovrebbe applicarsi al Tap anche in base ai principi del diritto internazionale privato (l. 218/1995 artt. 58-63). Quanto? Quindi, il fatto che ci sarebbero stati diversi soggetti titolati a chiedere un risarcimento per le perdite subite e per i mancati guadagni, in caso di annullamento dell’opera, era chiaro già da anni. Ma era chiaro anche che l’entità del risarcimento sarebbe stata così elevata? Qui la questione si fa più complessa, perché come già detto ci muoviamo prevalentemente nel terreno delle stime. L’unica cifra certa è quella sul costo dell’opera: secondo quanto affermato a gennaio 2017 da Ian Bradshaw, managing director del Tap, tale costo è di 4,5 miliardi di euro. La stessa stima è ripresa anche dai più recenti documenti del consorzio che sta costruendo il gasdotto. In base a questi il 90% dei 4,5 miliardi sono già stati spesi o impegnati, dunque un eventuale rimborso dei costi già sostenuti supererebbe i 4 miliardi di euro. Le cifre ulteriori – su altri costi sostenuti, danni e mancati guadagni – sono anche oggi di difficile previsione, anche perché il Tap è parte di un’opera ben più ampia, il Corridoio meridionale del gas. Secondo un esperto di sicurezza energetica da noi sentito, e che preferisce rimanere anonimo per il suo coinvolgimento con diverse importanti aziende del settore, il costo dell’annullamento dell’opera nell’ordine di grandezza delle decine di miliardi era comunque ampiamente prevedibile già dopo il via libera all’opera nel 2015. C’erano, e ci sono, grossi margini di incertezza sulla cifra finale – la differenza tra i 20 miliardi di cui parla Cioffi e i 70 di cui parlano Socar e BP è enorme – ma che sarebbe stata a dieci zeri era abbastanza chiaro a tutti gli addetti ai lavori. Abbiamo provato a contattare più volte sia il Ministero dello sviluppo economico sia il Sottosegretario Cioffi, per chiedere in base a quali documenti rimasti nascosti ai membri dell’esecutivo fino al loro insediamento fossero state fatte le stime che di recente hanno reso palese l’impossibilità di bloccare il Tap, ma non abbiamo mai avuto risposta sul punto. Restiamo ovviamente a disposizione per eventuali chiarimenti e integrazioni. Conclusione Di Maio ha torto a parlare di “penali” riguardo al Tap. In base a quanto affermato da diversi Ministeri, nonché dallo stesso presidente del Consiglio Conte, sembra chiaro che non esistano. Esiste invece la sostanziale certezza che un’eventuale retromarcia del governo sul Tap darebbe il via a numerose richieste di risarcimento. Che queste richieste ci sarebbero state, e quali sarebbero stati i soggetti titolati ad avanzarle, era chiaro da anni. Sul “quanto” di queste richieste è vero che sia difficile elaborare delle stime precise in assenza di una documentazione dettagliata che forse è in possesso del Mise (ma non abbiamo avuto conferme o smentite sul punto dal Ministero). Ma che si sarebbe trattato di decine di miliardi, secondo gli esperti, era ampiamente prevedibile. Insomma, il M5S avrebbe dovuto sapere già durante la campagna elettorale che fermare il Tap avrebbe portato a richieste di risarcimento miliardarie da parte di diversi soggetti. Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it Da - https://www.agi.it/fact-checking/tap_penali_risarcimenti_di_maio_m5s-4546649/news/2018-10-30/ Titolo: La società di Davide Casaleggio ha pubblicato un report sulla tecnologia nata... Inserito da: Arlecchino - Novembre 15, 2018, 12:10:46 pm Cosa c'è scritto nel report sulla blockchain della Casaleggio
La società di Davide Casaleggio ha pubblicato un report sulla tecnologia nata con bitcoin. I temi toccati, le opportunità riscontrate per aziende e pubblica amministrazione, i rischi. E le polemiche sorte in queste ore Di ARCANGELO ROCIOLA 14 novembre 2018, 11:26 La Casaleggio Associati ha presentato a Milano un report sulla tecnologia blockchain. 53 pagine in cui l’azienda spiega le opportunità di business legate a questa nuova tecnologia. Tutto parte dalla constatazione del mercato della blockchain, che, si legge nel report, nel 2017 aveva raggiunto quota 339 milioni di dollari a livello globale ma che già si prevede che nel 2018 arriverà a sfiorare i 2,5 miliardi. Le previsioni lasciano intendere che entro il 2027 il 10% del Pil mondiale sarà generato da prodotti e servizi legati alla blockchain. Da qui muove lo studio, che si prefigge di esplorare gli ambiti in cui la blockchain è e sarà applicata in futuro. Il report ha avuto il supporto economico di Poste Italiane e Consulcesi, società che offre soluzioni blockchain, fondata da Andrea e Massimo Tortorella che qualche mese fa hanno pubblicato il loro libro di esordio “Cripto-Svelate”, pubblicato da Paesi edizioni. Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano del 13 novembre entrambe le società avrebbero sponsorizzato il report con 30 mila euro ciascuna. L’articolo de Il Fatto e un altro pubblicato da La Stampa sempre sul report della Casaleggio hanno portato le opposizioni in Parlamento a parlare di conflitto di interessi (Huffington Post). Il deputato Pd Francesco Boccia ha paragonato la Casaleggio alla Fininvest di 25 anni fa, mentre un altro dem, Carmelo Miceli, chiede che la società pubblichi i nomi dei propri clienti. Il motivo della polemica è che il governo, per volontà del ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, qualche mese fa ha annunciato in finanziaria l’istituzione di un fondo da 45 milioni di euro proprio da destinare a società interessate in investimenti in questa tecnologia (Il Sole 24 Ore). Ha replicato alle accuse Davide Casaleggio, dicendo che la sua società “non usufruirà di quel fondo” e che il compito della Casaleggio Associati è raccontare “come singole tecnologie possano cambiare completamente il business dell'azienda in Italia”. Questo racconto parte da una definizione di questa tecnologia, per arrivare alle sua applicazioni pratiche. Dai prodotti finanziari ai contratti, dalla gestione della filiera all’economia dei token, fino al ruolo dello Stato, che potrebbe usarla per il voto, o il catasto. Ma tutto parte dalla blockchain, il protocollo che ha permesso la nascita delle criptovalute basato su un registro distribuito dove vengono registrate in maniera permanente e immodificabile le informazioni scambiate nella rete. Per alcuni, al netto delle difficoltà di applicazione (ne parlerà il report, ne abbiamo parlato qui), si tratta di una rivoluzione pari a quella di Internet, o della partita doppia (Edward Luttwak). La blockchain, nel report della Casaleggio “Il primo livello di utilizzo della blockchain è quello legato alla funzione di registro immodificabile”, si legge nel report. “Le attività riportate sul registro non possono essere cambiate da nessuno e non possono essere rimosse. Grazie a questa caratteristica, la tecnologia blockchain permette nella sostanza di avere un notaio digitale che certifica fatti e dati e che attribuisce loro una data certa”. Una sorta di “notarizzazione distribuita degli eventi” che potrebbe generare “una nuova modalità di archiviare e dimostrare fatti rispetto a molti argomenti, legati ai singoli individui ma anche alle aziende, allo Stato, agli oggetti di intelligenza artificiale e tanto altro”. “Questa nuova possibilità di certificazione e fruizione dei contenuti, porterà in primo luogo alla nascita di nuovi motori di ricerca che permetteranno di leggere, confrontare e analizzare queste informazioni con una nuova importante dimensione, quella temporale”, è poi il suggerimento di scenario suggerito. Gli effetti della blockchain sulla filiera “La tecnologia blockchain supporta le aziende nelle tracciabilità di filiera”, continua il report, “seguendo il prodotto dalle origini dei suoi componenti al momento in cui raggiunge il consumatore finale. L’azienda guadagna in termini di affidabilità e credibilità e dispone di uno strumento efficiente per monitorare i fornitori. Il consumatore finale invece ha finalmente l’opportunità di conoscere l’intera filiera dei prodotti. In entrambi i casi è poi possibile registrare un vantaggio in termini economici, laddove l’utilizzo della tecnologia renda possibile l’eliminazione degli intermediari”. Ci sono già degli esempi. Alcuni diventati piuttosto popolari sui social. Come quello di Carrefour che permette da qualche mese ai clienti italiani di accedere alle informazioni relative al prodotto acquistato attraverso un QR Code e di consultare i dati relativi ai prodotti. O Barilla che ha avviato una sperimentazione in cui sono coinvolti i produttori di basilico che tracciano tutti i dati relativi a coltivazione, irrigazione, antiparassitari impiegati e sfalcio. Ma, si legge, “anche lo Stato può essere protagonista nella certificazione delle filiere. Ad esempio la Food Standard Agency britannica ha portato a termine un progetto pilota in un macello al fine di certificare l’ottemperanza della legge all’interno della struttura”. Così come il settore della moda, o della navigazione. Le opportunità individuate per le aziende Ma al di là della filiera, l’interesse per il controllo di ciò che avviene dei propri prodotti è qualcosa che può riguardare anche le aziende: “Sono numerose le aziende che optano per creare dei registri basati su blockchain consultabili solo internamente o dai partner. Un nuovo sistema basato sulla trasparenza può rendere più fluido lo svolgimento del monitoraggio dei processi a tutti i livelli e per tutte le persone ed entità coinvolte”. Le tecnologie di voto Nella fase di esplorazione delle applicazioni possibili dei registri blockchain, il report fa un passaggio anche sui “processi di voto”. “Alcuni esempi esistono già come la piattaforma blockchain Bitshares, il partito Liberal Alliance che in Danimarca ha testato su piccola scala un sistema di voto blockchain nel 2014 o l’esempio più recente del voto di Zugo, in Svizzera”. Scenari possibili, e il Parlamento italiano lo scorso settembre ha inviato un’indagine conoscitiva per esplorare l’applicabilità di questa tecnologia al voto in Italia. Lo studio è ancora alle sue fai iniziali, ma va detto che al momento la maggioranza degli esperti di blockchain ritiene inutile l’uso di questa tecnologia per il voto per i rischi legati alla sicurezza e alla segretezza. L’economia dei token Chiusa la parte esplorativa delle applicazioni, il report si concentra sulle caratteristiche dell’economia blockchain, legata al concetto di token. “La seconda caratteristica della blockchain dopo i registri non modificabili è quella dei token, ovvero delle monete digitali”, spiaga la Casaleggio. Infatti bitcoin non è altro che il token più famoso al mondo. L’oggetto virtuale, la moneta, o se preferite l’’informazione’ che viene scambiata all’interno della blockchain per un determinato valore di mercato (quello dei bitcoin, per esempio, è di circa 6mila dollari). “La particolarità di questi oggetti digitali è quella di non essere riproducibili”, e qui è chiaro perché Bitcoin ha avuto il suo successo. La non duplicabilità di una moneta, di un valore, di una informazione garantita dalla blockchain è un po’ il sacro graal delle teorie economiche. Il report lo spiega con un esempio: “Se scattiamo una foto con il nostro smartphone e la condividiamo con qualcuno la stiamo copiando: il risultato è che esisteranno due copie della stessa foto localizzate ciascuna su un device. I token invece, per quanto trattasi sempre di oggetti digitali, una volta ceduti non sono più a disposizione e non è più possibile spenderli nuovamente, come se la foto che inviamo non potesse essere più visualizzabile sul nostro cellulare una volta inviata. Il passaggio di proprietà viene infatti scritto sui registri blockchain e il token è a disposizione solo del nuovo proprietario”. Come un oggetto digitale (un token nella blockchain) acquista valore “Un secondo utilizzo dei token consiste nella possibilità di attribuirgli un valore del mondo reale”, come il valore che diamo a un bitcoin. “Oggi ad esempio è possibile acquistare un palazzo a New York del valore di 30 milioni di dollari tramite la sua cosiddetta “tokenizzazione del valore” sulla blockchain di Ethereum. Il concetto di tokenizzazione consiste nella possibilità di rappresentare il valore di un certo bene in tante azioni, tanti token appunto, e venderli direttamente on line su una blockchain”. Le Ico Il report poi si sofferma sulle ICO, definito “un fenomeno popolare” che non è altro che “raccogliere soldi dai privati (crowdfunding) per finanziare iniziative o società suddivise in token e vendute su blockchain attraverso le cosiddette ICO (Initial Coin Offering)”. Un metodo “sempre più utilizzato, tanto che il valore di offerte raccolte del 2017, pari a oltre 6 miliardi di dollari, è stato eguagliato nel primo trimestre del 2018”. Gli Smart contract “Gli Smart Contract sono contratti che si autogestiscono”. Più che autogestiscono forse si autolegittimano, senza più bisogno di una persona per ottenerne l’attuazione. “Si attuano da soli. Come da soli possono verificare l’effettivo realizzarsi delle condizioni stabilite e erogare il compenso dovuto o avviare un’azione prevista”. Ad esempio, spiega il report “se si concorda di ricevere una spedizione di mozzarelle e non si vuole che la temperatura vada mai sopra i 14°C, un sensore potrà monitorare la temperatura nel furgone. Il pagamento della spedizione o della penale potrà essere eseguito direttamente tramite contratto stipulato, che avrà a disposizione i borsellini di criptovaluta dei due interlocutori per importi predefiniti”. L’ultimo anello della blockchain “Analizzando il mondo delle blockchain con le lenti del business, emerge un punto strategico dove le aziende devono posizionarsi. È l’ultimo anello della blockchain. L’anello che collega la catena digitale al mondo fisico. Proprio attraverso questo passaggio si riesce a gestire il processo e creare una blockchain che possa generare valore nel mondo reale”. Esistono tre tipi di ultimi anelli, elenca il report: • L’Internet delle cose, oggetti che permettono tramite i loro sensori e sistemi attivi di registrare eventi e di farne accadere. • I sistemi per l’utilizzo delle criptovalute nel mondo fisico, che permettono di trasformare il valore virtuale in reale. • Il valore legale, che permette di rendere vincolanti gli Smart Contract definiti anche nel mondo fisico. Ma il collegamento al mondo reale necessita di un elemento imprescindibile in una società di diritto. Una base giuridica su cui operare, un contesto normativo: “ad oggi in Italia non è stata ancora codificata la possibilità di raccogliere investimenti tramite le ICO (Initial Coin Offering) e non a caso le aziende italiane che hanno utilizzato questo metodo lo hanno fatto all’estero, segnatamente in Svizzera e Malta”. I lati oscuri della blockchain Il primo che elenca il report è quello più noto di tutti. La tecnologia blockchain, le criptovalute, gli smart contract, sono energivori. Consumano una quantità enorme di energia e la loro applicazione su larga scala è difficile senza una riduzione dei costi del consumo energetico (sostanzialmente dovuto al fatto che una catena di blocchi è fatta di computer che validano le operazioni, per funzionare e risolvere algoritmi consumano energia, e più si estende la catena, più ne nascono, oggi sono circa 1.600, più energia si consuma). L'energia che serve alla blockchain “La rete Bitcoin è oltre 10 mila volte più potente dei 500 supercomputer del mondo messi assieme”, riprende il report. “La tecnologia blockchain prevede che le transazioni debbano essere accettate dalla rete e organizzate in blocchi. Per farlo viene utilizzato il sistema Proof of Work (PoW) che consiste nel dover lavorare per almeno 10 minuti su blockchain, nel tentativo di risolvere in modo semplice problemi matematici casuali e complessi (se i computer ci mettono meno a risolverli il sistema li rende più complessi) e nell’essere poi ricompensati con la creazione di nuova criptovaluta”. La blockchain Bitcoin oggi ha un consumo di energia complessivo pari a quello di uno stato occidentale come la Svizzera o l’Olanda. “Si stima che per la fine del 2018 il consumo generato dalla blockchain di Bitcoin varrà 7.7 gigawatts e che l’80% dei costi dei cosiddetti “minatori” (ovvero coloro che risolvono questi problemi matematici in 10 minuti) è proprio dovuto al consumo di elettricità”. I problemi di privacy “Un dato scritto su blockchain rimane per sempre visibile a tutti. Un commerciante a cui paghiamo un prodotto può vedere nel nostro account la nostra disponibilità presente e futura di Bitcoin e potrebbe inoltre vedere la nostra storia di acquisti effettuati con altri esercenti o privati. Questa trasparenza crea evidenti problemi di privacy. Per risolverli sono nati sistemi per criptare i dati o creare borsellini elettronici paralleli”. I problemi di sicurezza “La sicurezza di un sistema distribuito si basa sul fatto che non esiste un sistema centrale da cui recuperare, ad esempio, le credenziali di accesso. Se si smarriscono o vengono rubate le credenziali di un borsellino Bitcoin, non esiste un sistema di “recupera password””, avverte il report. “Al fine di tutelarci, sono stati dunque sviluppati sistemi distribuiti tramite gli Smart Contract, ad esempio su Ethereum. Tuttavia, se non lo prevediamo tramite gli Smart Contract, non esiste un paracadute: se inviamo dei Bitcoin ad un account sbagliato, l’operazione rimane irreversibile”. Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it Da - https://www.agi.it/economia/casaleggio_report_blockchain-4619866/news/2018-11-14/ Titolo: Di Battista non ci sta: "Ribelliamoci" Inserito da: Arlecchino - Novembre 15, 2018, 11:04:41 pm Di Battista non ci sta: "Ribelliamoci"
Pubblicato il: 20/10/2018 15:43 Dibba non ci sta. All'indomani del declassamento dell'Italia da parte di Moody's, l'ex parlamentare M5S entra a gamba tesa nel dibattito sulla manovra. "L'Italia è sotto attacco", scrive su Facebook. "Credo che chiunque abbia avuto a che fare con lo studio del sistema finanziario - sottolinea - se lo sarebbe aspettato. Io, da parlamentare, mi sono occupato della 'Bancocrazia', la forma più moderna di Stato totalitario, e onestamente me l'aspettavo. Il problema, lo ripeto, non è il deficit al 2,4%, o il reddito di cittadinanza, o il superamento della legge Fornero. Il problema è che per la prima volta si è deciso di tirare fuori denari per ripristinare alcuni diritti economici e sociali dei cittadini e non per garantire le solite entrate alle banche d'affari". "E se tale scelta politica dovesse per di più produrre un aumento del Pil e un conseguente abbassamento del deficit per tutti coloro che hanno obbligato gli Stati sovrani a tagliare la spesa pubblica, a privatizzare i loro gioielli, a mettere le mani sui diritti dei lavoratori o sulle pensioni gli si metterebbe male". "L'Italia, salvo rare eccezioni, non è mai stato, storicamente, un paese di ribelli. Tuttavia una ribellione democratica e di partecipazione è necessaria. E tale ribellione passa indubbiamente attraverso una campagna di informazione necessaria per far capire ai cittadini che senza il loro supporto nessun governo, sia esso di destra, di sinistra, di centro o populista, avrà mai le mani libere per potere realizzare, autonomamente, le proprie politiche. Chi è di destra avrà idee di destra. Ebbene sappiano costoro che senza un briciolo di sovranità finanziaria tali idee non potranno mai vedere la loro concretizzazione. Ai compagni, quelli veri, se ancora ci sono, dico che i loro rappresentanti dentro o fuori le Istituzioni, negli ultimi 25 anni, si sono piegati". "Hanno studiato -prosegue Di Battista- più lo spread che le condizioni di vita nelle periferie. A questo punto il Popolo italiano deve assumersi le proprie responsabilità. Votare non basta, l'avete visto, provano in ogni modo a rendere l'esercizio del voto un'attività pressoché inutile. Il Popolo italiano ha il dovere di difendere non la politica di Salvini o del Movimento o del Pd o della sinistra antagonista ma il sacrosanto diritto di un Parlamento e di un governo ad esser sovrani e a rispondere delle loro scelte di fronte al Popolo stesso, non di fronte ad organismi internazionali che ambiscono, da decenni, alla privatizzazione delle società". "Sarà un caso ma l'escalation di attacchi nei confronti dell'Italia è partita dall'annuncio della possibile nazionalizzazione delle autostrade. Nazionalizzazione che va portata a termine, per quanto mi riguarda, il prima possibile. E' indispensabile - sottolinea - che il governo oggi sia unito e che le opposizioni, che hanno il diritto a contrastare la maggioranza, capiscano che qui non è in gioco il destino di un governo ma la speranza che milioni di cittadini ancora hanno nei confronti della politica la quale deve ribadire il suo primato rispetto alla grande finanza". "Io ritengo di aver fatto la mia parte durante i 5 anni da parlamentare. Ovviamente, qualora fosse richiesto, sento il dovere di mettermi al servizio di una battaglia di civiltà che si può vincere solo a colpi di informazione! Vanno spiegati i conflitti di interesse tra le agenzie di rating e i grandi istituti finanziari. Va spiegato il perché una politica che intende rendere di nuovo pubblici determinati asset strategici sia così contrastata a Bruxelles. Vanno informati i cittadini dei legami tra banche d'affari e pezzi grossi dei passati governi o della commissione europea. Le battaglie si possono vincere o perdere. Certamente - conclude - si perdono se ci si lascia intimorire da minacce sempre meno velate da parte di chi, sulla privatizzazione dei diritti ha costruito il suo impero. Coraggio!" RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos. Da - http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/10/20/battista-non-sta-ribelliamoci_3sCcWOlbYEyTLLaNpHjG9L.html Titolo: Ivo Mej dedica una recensione a “Supernova – Com’è stato ucciso il M5S Inserito da: Admin - Novembre 16, 2018, 03:33:26 pm M5s, perché abbiamo scritto Supernova – replica a Ivo Mej
Politica | 14 settembre 2017 Marco Canestrari Ivo Mej dedica una recensione a “Supernova – Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle”, il libro che ho scritto insieme a Nicola Biondo (qui trovate l’indice dei capitoli). Inizia con un complimento: ci definisce “Cassandre”. Cassandra, figura della mitologia greca, era dotata del dono della profezia, con la sventura di non essere mai creduta. Insomma: diceva la verità ma non se la filava nessuno. A noi sta bene anche così. Più modestamente, ci è capitato di assistere da protagonisti alla nascita del MoVimento in due momenti chiave: io ho lavorato in Casaleggio Associati dal 2007 al 2010, ho collaborato all’organizzazione dei due V-Day e delle prime liste civiche ed ero l’inviato di Gianroberto presso i MeetUp, la cinghia di collegamento tra lo Staff del Blog e gli embrioni del MoVimento sul territorio; Nicola è stato capo della comunicazione M5S alla Camera dei Deputati dal 2013 al 2014, all’inizio dell’avventura parlamentare. Mej sostiene che lamentiamo un complotto ai nostri danni perché “non abbiamo trovato un editore”. Nessun complotto: questo libro è nato grazie alle donazioni sulla piattaforma Produzioni dal Basso di 596 lettori, che hanno coperto le spese come i viaggi per raggiungere le fonti e le parcelle dei professionisti che ci hanno assistiti. È stata una nostra scelta: non volevamo appartenere a nessuno, se non ai nostri lettori, e non volevamo essere vincolati, avendo altri impegni di lavoro, ai tempi che gli editori impongono agli autori. Supernova non è mai stato offerto a nessun editore: la scelta di chiedere sostegno “dal basso” è stato un omaggio allo spirito originario del MoVimento. Nella conferenza stampa ci siamo limitati a sottolineare il fatto – a nostro parere singolare – che nessun editore si sia fatto avanti, in un anno, per chiederci se avessimo cambiato idea. Il giornalista prosegue con alcune critiche di carattere politico alla nostra analisi: il filo conduttore è la nostra presunta esagerazione nel giudizio negativo di alcuni comportamenti e dichiarazioni di figure di primo piano del M5S. Con ironia, afferma che i conflitti di interessi di Renzi e Berlusconi “sembrano nulla” rispetto a quelli che attribuiamo noi alla struttura che gestisce i processi democratici e l’anagrafica del partito. Il riferimento è all’Associazione Rousseau, presieduta da Davide Casaleggio, pure presidente di Casaleggio Associati, azienda dove è stata inizialmente sviluppata la piattaforma e i cui uffici ospitano oggi quelli dell’associazione. Mej mi attribuisce, poi, un concetto che non ho mai espresso: l’interpretazione elastica da parte dell’On. Di Battista della regola che obbliga gli eletti M5S a ricandidarsi una sola volta sarebbe – per me – un pericolo per la democrazia. E nemmeno il cambio di opinione del Blog e del M5S rispetto al regime di Putin, secondo Mej, pare essere grave rispetto alle politiche di Berlusconi su questo argomento. Insomma, scrive, “siamo ancora anni luce lontano dalle porcate cui ci hanno assuefatto tutti gli altri partiti italiani”. E quindi? Il M5S ha un “bonus porcate” da spendersi prima di raggiungere la concorrenza? Su questo e su altro noi ribadiamo, invece, un concetto caro ai due fondatori: il M5S non deve essere il meno peggio. Deve essere il meglio: coerente, trasparente, onesto. Grillo sintetizzò così il pensiero, nel 2006: “Non voglio più scegliere tra il peggio e il leggermente meno peggio, la merda fumante e quella appena tiepida”. Non credo ci sia bisogno di ricordare quante volte dalle colonne di questo giornale si sia denunciato il malcostume di utilizzare i conflitti di interessi grossi per coprire quelli più piccoli. Detta con altre parole: se il MoVimento alza, meritoriamente, l’asticella delle aspettative non può paragonarsi a chi fa peggio per giustificare i propri cedimenti. Altrimenti, non è più il MoVimento. Sui metodi di propaganda in Rete del M5S Supernova riporta fatti discussi con preoccupazione anche all’estero, oltre ai commenti di Gianroberto. Se questi fatti, questi commenti e la nostra valutazione siano o meno interessanti, lo lasciamo giudicare ai nostri lettori. Così come saranno i nostri lettori a giudicare se siano “pettegolezzi” le trecento pagine di memorie e testimonianze che abbiamo raccolto dai protagonisti, alcuni ancora tali, della nascita e crescita del primo partito del Paese. Mej ricorda anche la mia candidatura col M5S alle Europee del 2014, che il Blog bloccò a parlamentarie in corso. Lo fa, probabilmente, perché la ricordo anche io in Supernova. Intanto, lo devo ringraziare della notizia inedita che ha scovato: pare che io avessi superato le primarie. Deve avere ottime fonti a Milano, perché i risultati di quel primo turno non sono mai stati resi noti. A differenza di quanto scrive, io non lo ritengo affatto un episodio irrilevante. All’epoca mi dissi fiducioso della decisione dei Garanti di escludermi perché – scrissi pubblicamente – ritenevo fosse la prova che Gianroberto volesse allontanare ogni sospetto di conflitto di interessi (vennero infatti dichiarati incandidabili tutti i dipendenti e collaboratori attuali o ex della Casaleggio Associati). Mi fidai perché sapevo bene che un mio ex collega, ora socio dell’azienda, aveva intenzione di ricandidarsi nel suo Comune, dopo averlo già fatto una volta e tentato anche la via di Roma nel 2013. Questa norma avrebbe creato certamente tensione in ufficio, così mi dissi: “Gianroberto, evidentemente, preferisce sopportare questi malumori piuttosto che sporcare l’immagine del MoVimento”. Poche settimane dopo le elezioni, però, Casaleggio nominò capo della comunicazione M5S a Bruxelles Filippo Pittarello, all’epoca dipendente dell’azienda. Evidentemente la mia fiducia era stata mal riposta e il problema non era il conflitto di interessi. Qual era, dunque? Per finire: Mej, lo scorso venerdì, ci ha chiesto più volte perché abbiamo scritto Supernova. Gli abbiamo risposto che, tra le motivazioni più importanti, sentivamo l’esigenza di rendere onore ai tanti attivisti che ci hanno creduto fin da subito e che si sentono oggi traditi. Non pare ancora soddisfatto. Ce ne faremo una ragione, ma voglio comunque ribadire il concetto. Per chi non ne ha fatto parte, è difficile capire quanto fosse totalizzante l’impegno nei confronti di questo sogno, diventato oggi un incubo. Ci sono state persone che hanno sacrificato salute e famiglia prima per i MeetUp, poi per le liste civiche, infine per il MoVimento 5 Stelle. Per cosa? Per vedere parlamentari spendere 1000-1200 euro al mese in ristoranti (dati da tirendicondo.it)? Che votano, in Aula, spesso e volentieri, il contrario di quanto deciso dagli iscritti? Per vedere il MoVimento diventare un partito? Concludo questa mia replica con le parole che mi ha scritto ieri un attivista storico. Non un ragazzino ingenuo, ma un uomo maturo che già lo era quando buttò il cuore oltre l’ostacolo dieci anni fa: “Ciao Marco, ho ricevuto il libro e l’ho cominciato a leggere. Ti ringrazio molto soprattutto per il grande lavoro di informazione ma arrivato a pagina 50 ho dovuto smettere. Non ce la faccio. Mi si apre una ferita non ancora rimarginata. Lo leggerò tutto quando il mio cuore sarà guarito. Grazie e scusami per non avercela fatta. In tutti i sensi”. A lui e ai tanti che provano questi sentimenti è dedicato Supernova. Politica | 14 settembre 2017 Da - https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/14/perche-supernova-replica-ivo-mej/3856244/ Titolo: Marco Canestrari, chi è l’autore del libro che fa vedere le stelle ai 5 stelle Inserito da: Admin - Novembre 16, 2018, 03:44:11 pm Marco Canestrari, chi è l’autore del libro che fa vedere le stelle ai 5 stelle
Il countdown via Twitter volge al termine, il libro che promette rivelazioni sui vertici grillini è ormai pronto per la vendita. Temutissime dal gruppo parlamentare 5 Stelle, mal viste dallo stesso Beppe Grillo, le pagine scritte da Marco Canestrari --- con Nicola Biondo su quanto accaduto negli ultimi anni ai piani alti della galassia pentastellata potrebbero destabilizzare l’intero Movimento già alle prese con la difficilissima crisi di Roma. Il pamphlet si intitola Supernova, come le esplosioni delle stelle, sottolinea oggi Marco Imarisio del Corriere della Sera: “L’opera completa uscirà tra due mesi e sarà finanziata attraverso crowdfunding, su supernova5stelle.it, ma da ieri notte è visibile on line il primo capitolo “. LA TELEFONATA BURRASCOSA Secondo gli autori del libro, pochi giorni prima della morte di Gianroberto Casaleggio, fra lo stesso Casaleggio e Beppe Grillo ci sarebbe stata una telefonata tempestosa. Il motivo? Secondo quanto sarà scritto nel libro, Casaleggio non avrebbe informato Grillo di alcuni passaggi fondamentali per il movimento: la nascita del Blog delle Stelle e la piattaforma Rousseau: “In questo modo – dicono Canestrari e Biondo – non è più il blog di Grillo al centro delle attenzioni; il motore propulsore di M5S, la sua comunicazione, migrano altrove”. L’ARTICOLO DELLA STAMPA L’ultima telefonata tra i due fondatori sarebbe stata condita anche da qualche Vaffa. E’ quanto svela oggi su La Stampa Jacopo Iacoboni dando conto del libro in uscita di Canestrari e Biondo. Secondo quanto ricostruisce il giornalista del quotidiano diretto da Maurizio Molinari, fu una conversazione amara e dai toni molto duri. Scrive Jacoboni: “«Non ti voglio più sentire», grida dunque al telefono Casaleggio a Grillo. Pochi giorni dopo muore, e Grillo piange, senza aver avuto possibilità di un chiarimento con il suo amico. Non è uno scontro casuale, però, quello tra i due: è una divergenza strutturale su ciò che sta accadendo al Movimento, e sulla strada da prendere. Grillo confida ai suoi: «mi girano le scatole» – scrivono Biondo e Canestrari – per cos’è diventato il Movimento. Ha nostalgia degli inizi, naif ma puri. È estromesso da scelte di fondo che avvengono senza che lui le conosca”. COSA HA DETTO CANESTRARI Ex collaboratore di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio, Marco Canestrari è uscito dal cono d’ombra nell’aprile scorso quando ha rilasciato una scoppiettante intervista a un conoscitore dei meandri pentastellati come Iacoboni de La Stampa. Ha descritto il Movimento come “un sistema che allontana le competenze e avvicina i ciarlatani”, ha aperto il fuoco contro Luigi Di Maio bollandolo come un leader autonominatosi al Tg1 la cui ascesa politica ha coinciso con quella di Matteo Renzi. Quindi ha annunciato la nascita del portale maquantospendi.it perché “non ho contribuito a far nascere il Movimento per poi vedere un parlamentare che spende 32mila euro in vitto in tre anni a spese del contribuente”. CHI E’ MARCO CANESTRARI Trentatré anni, originario di Pavia poi trapiantato a Torino, sposato, oggi Marco Canestrari vive a Londra dove fa il programmatore informatico. Come lui stesso spiega nel suo sito, dopo aver frequentato la Facoltà di Ingegneria informatica all’Università di Pavia (senza però aver terminato gli studi) nel 2006 ha iniziato a lavorare a Milano presso la Casaleggio Associati “dove mi sono occupato come sviluppatore e videomaker, di alcuni progetti tra cui beppegrillo.it, antoniodipietro.it e italiadeivalori.it”. Ed è proprio in occasione di una festa dell’Italia dei Valori nel 2006 che arriva l’incontro con Grillo e Casaleggio. Tra i lavori svolti, Canestrari cita anche lo sviluppo della nuova interfaccia di gestione editoriale dei contenuti per il sito del Fatto Quotidiano. Dall’organizzazione dei V-Day alla gestione dei MeetUp, dal raccordo tra Grillo e il fantomatico staff all’accompagnamento del leader durante le visite con gli ambasciatori stranieri, per alcuni anni è stato tra i collaboratori più stretti dell’ex comico. L’INIZIO DEL DIRETTORIO, LA FINE DEI MEETUP Non ha parlato esplicitamente del suo libro prossimo all’uscita, ma in una recente intervista a Radio Radicale Canestrari ha fornito una approfondita analisi del Movimento 5 Stelle visto con gli occhi di chi ha vissuto dall’interno le fasi iniziali di questa avventura. “Non individuo l’entrata in Parlamento come l’inizio della mutazione – ha detto parlando della metamorfosi grillina -, la individuo nello specifico con la formazione del direttorio, dopo le elezioni europee”. E’ in quel momento che i 5 Stelle cambiano davvero pelle. “Inizia a sgretolarsi tutta la struttura messa in piedi, viene meno la regola principe: non ci sono leader”. Secondo la ricostruzione di Canestrari, quello che lui definisce “l’errore madre” non era farina del sacco di Casaleggio senior (“sono a conoscenza che non è stato un suo errore, a lui è stato imposto”). Ne consegue comunque che oggi, come è ancora più palese con la confusione scatenatasi su Roma, “nel Movimento ci sono tre soggetti che gestiscono il potere e sono in lotta tra di loro anche se non lo ammetteranno mai: l’azienda Casaleggio Associati, Grillo e il direttorio”. Canestrari li definisce “tre blocchi di potere con interessi da difendere che sono in contrasto tra di loro”. TUTTI VOGLIONO LE LISTE DEGLI ISCRITTI Il vero oggetto conteso sono gli iscritti al Movimento. “Esiste un database, gestito dalla Casaleggio Associati, con un numero sterminato di persone iscritte al blog, credo sia anche nella disponibilità di Grillo”, ha aggiunto Canestrari. “Parliamo di una mole sterminata di dati, qualcosa di cui va golosissimo chi ha in mano il potere politico nel Movimento. Consente infatti di poter raggiungere con un clic centinaia di migliaia di persone e convincerle che tu hai ragione”. Non solo: “Si tratta anche di sapere chi all’interno del gruppo parlamentare ha votato a favore e chi contro il direttorio”. E questa informazione così sensibile può trasformarsi in un’arma di ricatto politico, eccolo il vero pomo della discordia. I dati, le informazioni. Utili a chi fa politica, così come a chi fa impresa. Chissà se l’interesse di queste due anime del Movimento continuerà a coincidere. 19/09/2016 Da - https://formiche.net/2016/09/canestrari-libro-cinque-stelle/ Titolo: EMANUELE LAURIA E nell’anticorruzione spunta un articolo che “blinda” Casaleggio Inserito da: Arlecchino - Novembre 18, 2018, 11:22:52 pm E nell’anticorruzione spunta un articolo che “blinda” Casaleggio
06 NOVEMBRE 2018 Il disegno di legge del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede riconosce Rousseau come soggetto politico e consegna a Davide il potere sul Movimento DI EMANUELE LAURIA Dallo spazza-corrotti al blinda-Casaleggio il passo è breve. E nel ddl Bonafede, scritto per contrastare i reati contro la pubblica amministrazione, spuntano alcune norme che "sanano" il complesso e contestato assetto di comando di M5S. Il provvedimento, in pratica, dà dignità politica a Rousseau, l'associazione privata di cui fanno parte Davide Casaleggio e Massimo Bugani, che lavora nello staff di Di Maio. Rousseau, formalmente, non ha alcun ruolo all'... Stampa.it Titolo: Tasse sulle imprese, i giochi di prestigio spacciati per crescita Inserito da: Arlecchino - Dicembre 16, 2018, 10:46:40 am CATEGORIA: RES PUBLICA
Tasse sulle imprese, i giochi di prestigio spacciati per crescita Scritto da Francesco Bruno Il 13 Dicembre 2018 Sabato 8 dicembre, Luigi Di Maio ha inviato una lettera a “Il Sole 24 Ore”. Si può considerare come un buon segnale, tendente al dialogo con il tessuto imprenditoriale. Dopo mesi passati a diffondere una cultura ostile, appare opportuno che il Governo voglia ascoltare le imprese. Se le intenzioni non possono essere biasimate, preoccupano maggiormente i contenuti. Uno degli argomenti trattati nella lettera riguarda il capitolo delle tasse sulle imprese: «Iniziamo ad abbassare le tasse» scrive Di Maio. Contemporaneamente, il Ministro elenca le misure in materia che l’Esecutivo si appresta ad adottare. Si inizia con quello che è rimasto dell’idea flat tax, una sorta di topolino partorito da una montagna. Dal 2019, 15% di aliquota per le partite Iva e le piccole imprese con ricavi fino a 65 mila euro. Dal 2020, imposta sostitutiva opzionale al 20% per chi ha ricavi compresi tra i 65 i 100 mila euro. Una misura che favorisce principalmente i lavoratori autonomi piuttosto che le piccole imprese. I primi hanno infatti costi meno elevati. Sicuramente avvantaggia i giovani professionisti che iniziano la carriera lavorativa e che hanno, pertanto, fatturati minori. Ma pone problemi di incentivi e di equità. Gli stessi sono stati analizzati dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), in un’audizione parlamentare. Secondo il Presidente dell’UPB Pisauro. «(…) in corrispondenza del passaggio tra regime forfettario e quello con imposta sostitutiva (in corrispondenza della soglia di 65.000 euro di ricavo), si verifica una cosiddetta trappola di povertà (aliquota marginale superiore al 100 per cento) dovuta al disegno della tassazione per classi e non per scaglioni(…)».. «Infatti se un aumento dei ricavi fa superare la soglia del regime forfettario, tutto il reddito subisce un incremento di aliquota di cinque punti e non solo la parte eccedente, come accade nel caso di imposta per scaglioni. (…) dunque, emergono dei forti disincentivi all’incremento dei ricavi, che possono incentivare anche l’evasione (…)». Ma da qui al primo gennaio 2020, chissà. Vi è un altro tema di compliance, più nascosto. L’abbassamento dell’aliquota per i piccoli lavoratori autonomi di certo non aiuterà la lotta alla piaga delle false partite Iva. Soprattutto se si considera insieme alla stretta sui contratti a termine disposta dal Decreto Dignità. In termini di equità invece, fa notare ancora Pisauro che «(…) la riforma introdotta con il disegno di legge di bilancio si applica a una ampia porzione del lavoro autonomo: circa l’80 per cento dei lavoratori autonomi e delle imprese individuali si colloca sotto la soglia dei 100.000 euro di fatturato». «Questo assetto configura un sistema speciale di tassazione per particolari tipologie di contribuenti (imprenditori individuali e lavoratori autonomi), che sussiste in parallelo a quello dell’imposta personale progressiva al quale rimangono sottoposti i lavoratori dipendenti, i pensionati e gli altri contribuenti non coinvolti (…) (ad esempio, un lavoratore dipendente con 40.000 euro di reddito paga circa 5.000 euro di imposte sul reddito in più di un autonomo in regime forfettario; il differenziale passa a circa 11.500 euro in corrispondenza di un imponibile di 80.000 euro)». Tali effetti distorsivi si verificano quando si vuole adottare una riforma (la flat tax) che dovrebbe essere necessariamente completa per dispiegare i suoi effetti, ma -non potendola implementare per motivi di risorse- si finisce per scompigliare ancor di più un sistema fiscale iniquo e inefficiente pur di sventolare una bandierina. Passiamo a un altro punto della lettera. «Abbassiamo sensibilmente l’Ires. La riduciamo di 9 punti, dal 24% al 15%, ed estendiamo questa aliquota al 15% anche ai soggetti Irpef che investono utili in beni strumentali. I contratti di lavoro che rientrano nell’agevolazione sono quelli a tempo indeterminato e determinato». Il Ministro sembra voler far credere al lettore che l’aliquota Ires venga ridotta di ben 9 punti percentuali. Non ci è dato sapere l’intenzionalità del passaggio, ma ovviamente non corrisponde al vero (altrimenti costerebbe miliardi di euro). In realtà, la misura riguarda gli imprenditori che decideranno di non intascare tutti gli utili conseguiti. Sulla parte di tali utili destinati a investimenti in beni strumentali o nuove assunzioni, si applicherà l’aliquota ridotta. Suona un po’ diverso. Anche qui però, il Ministro omette dei fatti altrettanto importanti. La misura infatti non è stata accolta con favore dal mondo imprenditoriale, poiché contestuale all’abrogazione di altre misure giudicate più importanti. Come detto in audizione parlamentare dal Presidente dell’Istat: «Nel complesso i provvedimenti analizzati generano una riduzione del debito di imposta IRES per il 7% delle imprese, mentre per più di un terzo tale debito risulta in aumento». «L’aggravio medio di imposta è pari al 2,1%: l’introduzione della mini-IRES (-1,7%) non compensa gli effetti dell’abrogazione dell’ACE (+2,3%) e della mancata proroga del maxi-ammortamento (+1,5%)». Tornando alla lettera, Di Maio conclude il capitolo tasse con ottimismo. «La pressione fiscale inizia quindi a scendere e inizia a scendere per quelli che hanno sempre pagato di più fino ad ora, i più piccoli». La misura sulla tassazione delle imprese Come segnalato da Luciano Capone, la tassazione sulle imprese aumenterà di oltre sei miliardi nel 2019. Dovrebbe poi scendere negli anni a venire. Si obietterà che gran parte degli aumenti di tasse riguardano il settore finanziario e assicurativo e non i “piccoli”. Tuttavia, servirebbe uno sforzo riflessivo maggiore. Tra chi paga formalmente le tasse e chi ne sostiene realmente il peso (famiglie e consumatori), sussiste una grande differenza. Non è da escludere che il nuovo dialogo in corso porti a nuove agevolazioni fiscali per le aziende. Si rischia però di portare avanti qualche misura di breve respiro e di scarso impatto, con coperture da trovare. Bene il dialogo, ma la cultura della crescita non si improvvisa con misure estemporanee. Twitter @frabruno88 Da - http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/12/13/tasse-imprese-crescita/?uuid=96_f2K36nPx Titolo: Di Maio ha spiegato tutta la strategia del governo su startup e innovazione. Inserito da: Arlecchino - Gennaio 04, 2019, 06:33:25 pm Di Maio ha spiegato all'AGI tutta la strategia del governo su startup e innovazione
Il ministro dello Sviluppo economico racconta in dettaglio i punti della manovra che riguardano startup, investimenti, blockchain e piani per digitalizzare il Paese Di RICCARDO LUNA 25 dicembre 2018, 12:39 Di Maio ha spiegato all'AGI tutta la strategia del governo su startup e innovazione “Buon Natale!”. Sono da poco passate le undici del mattino della vigilia di Natale del primo anno di governo gialloverde. Dopo giorni concitati come non si erano mai visti, dopo le lacrime di Emma Bonino in difesa del Parlamento, dopo la notte dei senatori alle prese con una manovra economica che avrebbero votato senza neanche il tempo di leggerla, dopo le ennesime polemiche furibonde che facevano da contraltare agli ennesimi post di giubilo e ai foglietti con scritto vero e falso, è scattata la tregua. Da Milano ci è appena arrivata la foto di Matteo Salvini in un ospedale vestito da Babbo Natale. E da Pomigliano la voce di Luigi Di Maio arriva forte e chiara nella redazione dell’AGI. E’ un giorno strano per una intervista, ma c’è qualcosa nella legge di bilancio che è passata al Senato come è passata e che passerà alla Camera esattamente come è passata al Senato, ovvero un voto e passa la paura, c’è qualcosa di importante che è rimasto fuori dai radar, qualcosa che nessuno ha notato, qualcosa che chi si occupa da anni di questi temi considera il primo vero “Innovaction Act” italiano. La prima legge che dà un impulso serio, concreto e forse decisivo ad un ecosistema ricco di talenti, ma povero di soldi e per questo soprattutto assolutamente marginale. Parliamo di startup, ma non solo. Parliamo del futuro di ragazzi che invece che andarsi a cercare il reddito di cittadinanza proveranno a creare una azienda, una di quelle aziende ad alto contenuto di tecnologia in grado di crescere in fretta, e crearlo davvero il reddito per chi ci lavorerà. Di Maio oggi vuole parlare solo di questo. Non gli chiederemo dei rapporti con la Lega o della durata del governo; non gli chiederemo se oggi si riaffaccerebbe sul balcone di palazzo Chigi esultando per il 2,4 per cento che nel frattempo è divento 2,04, o se ripeterebbe una frase temeraria come “abbiamo abolito la povertà”; e neppure come sarà il Natale a casa Di Maio dopo le polemiche che hanno travolto il padre e l’azienda di famiglia. Oggi parliamo di futuro e la voce del vice presidente del Consiglio è squillante. Quasi sollevata vien da pensare perché finalmente può parlare di un pacchetto di misure di cui si discuteva da anni e che il suo staff al ministero dello Sviluppo Economico ha infilato in extremis nella legge di bilancio, innescando una accelerazione virtuosa che, se ci sarà, sarà qualcosa che non si è mai vista prima da queste parti. Allora, partiamo dalle startup. Nella manovra ci sono alcune delle norme che attendevamo da anni. E non ne ha parlato nessuno. Neanche tu. Eppure muove tanti soldi. "Primo, io sono scaramantico. E quindi “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Aspettiamo l’approvazione definitiva che è sostanzialmente in dirittura di arrivo perché alla Camera non ci saranno modifiche. E poi ho previsto un appuntamento al ministero a gennaio che si chiamerà “Open Mise” in cui inviterò tutto il mondo dell’innovazione per presentare questi strumenti e spiegare la strategia. La strategia è questa: mettere l’Italia alla pari con gli altri Paesi europei che stanno facendo politiche molto competitive per le startup. E non solo sviluppare le startup italiane, ma anche fare campagna acquisti all’estero e portarne qualcuna in Italia. Gli strumenti che abbiamo messo in piedi permetteranno di portare l’Italia al livello di altri paesi, come la Francia e la Inghilterra, che sostanzialmente in questi anni hanno rubato le nostre menti migliori, i nostri Leonardo da Vinci, i nostri Ferrari, gli Olivetti". Più che rubato li hanno attratti perché da noi non c’erano le condizioni per far crescere le loro aziende. Mancavano le risorse. "Io ti dico che la strategia che stiamo portando avanti si divide in due. Una parte punta a creare un habitat favorevole a chi vuole fare startup. L’altra punta a digitalizzare le piccole e medie imprese, le pmi. Per le startup tutto ruoterà attorno al Fondo Innovazione Italiano, che permetterà anche investimenti di privati. Per questo abbiamo formalizzato le figure dei business angels per esempio…” Formalizzato vuol dire che li avete riconosciuti, ovvero che oltre una certa soglia di investimenti in startup puoi definirti business angel: giusto? “Sì. Esistono per la legge italiana. Lo so che non dovremmo gioire su una cosa che avremmo dovuto fare tanto tempo ma l’abbiamo fatta e sulla base di questo riconoscimento avranno una serie di vantaggi. Inoltre nella conversione del decreto semplificazione che inizierà subito dopo la Befana anche la blockchain esisterà per la legge italiana. Infine abbiamo creato alcune fiscalità di vantaggio sia per i PIR, i piani individuali di risparmio, che quelle aziende che acquistano quote di startup…”. Fermiamoci un attimo per capire: sui PIR avete deciso che il 5 per cento vada in capitali di rischio, il venture capital. Il 5 per cento sono tanti soldi. Come glielo spieghi agli italiani che una parte dei loro risparmi sarà investita in capitali di rischio? (Come accade in tanti altri paesi del resto). "Capitali di rischio è sbagliato come parola. L’investimento che noi stiamo favorendo con questo 5 per cento ci consente di investire nel futuro e quindi favorirà lo sviluppo di un futuro migliore per l’Italia. E accanto a questo lo Stato si impegna a investire il 15 per cento degli utili che percepisce dalle società partecipate in venture capital…" Sono circa 400 milioni di euro l’anno. “Esatto. Sono tanti soldi ma tutto questo ruota attorno ad un concetto: dobbiamo colmare un gap e servivano delle misure molto spinte per recuperare. Fra PIR, utili delle partecipate e tutta la fiscalità di vantaggio per chi investe in startup innovative…" Quali saranno i vantaggi per le aziende che comprano una startup? "Per chi acquista il 100 per cento di una startup e la tiene per almeno tre anni parliamo del 50 per cento, mentre per gli investimenti semplici il 40…" Questo dovrebbe affrontare uno dei problemi che da sempre affliggono il settore: la mancanza delle cosiddette exit, cioè il fatto che nessuno si compri la nostre startup. "Sì, sono detrazioni fiscali molto importanti che assieme agli altri provvedimenti ci consentono di fare un intervento choc, di dare una bella scossa". Torniamo al venture capital. Con i fondi del MISE puntate a investimenti diretti in startup o a investire nei fondi esistenti? "Noi vogliamo esserci nel Fondo per l’Innovazione, per orientare gli investimenti, e lo stesso faranno altri enti dello Stato, d’ora in poi potranno farlo. Allo stesso tempo noi abbiamo un altro fondo, da 45 milioni, che ci servirà per gli investimenti diretti nelle nuove tecnologie. Quindi, 90 milioni li voglio usare per entrare nel Fondo Innovazione, possedendone una quota come MISE per stare nel comitato che decide gli investimenti. Poi Invitalia cederà Invitalia Ventures a Cassa Depositi e Prestiti (400 milioni circa, ndr), e a sua volta CDP apre a un suo fondo di circa 600 milioni che già voleva fare sul venture capital. Quindi all’inizio dell’anno prossimo superiamo abbondantemente il miliardo di euro con la novità che lo Stato può investire direttamente in questi fondi. Accanto a questi altri 45 milioni che erano nel bilancio del MISE ci servono per un’altra cosa importante: la blockchain applicata al made in Italy. Per combattere la contraffazione, useremo la blockchain già nel 2019”. Ok, la blockchain è sicuramente una delle tecnologie emergenti, anche se converrai che in pochi hanno capito di cosa si tratta davvero. Come la spieghi quando te lo chiedono? "Ogni volta che spiego io la blockchain c’è un esperto di blockchain che muore nel mondo, ma lo farò ugualmente. E’ come se ci fosse sempre un notaio accanto a te che ti certifica la provenienza di un prodotto, o l’autenticità di una transazione. E’ come un notaio virtuale che garantisce per te". E per il made in Italy come influisce? "Vogliamo sperimentare questa tecnologia in una delle filiere più colpite dalla contraffazione in modo che l’utente finale possa conoscere l’esatta provenienza di quel prodotto artigianale o alimentare quando lo va ad acquistare. Noi in questo modo garantiamo l’autenticità di un prodotto italiano. In questo modo portiamo la blockchain fuori dal mondo nerd dove sta adesso". I 45 milioni del MISE sono tutti per la blockchain? “No ci serviranno anche per fare esperimenti nel campo dell’intelligenza artificiale. Abbiamo fatto adesso una call per formare un comitato di esperti e presto faremo la prima riunione con l’obiettivo di sperimentare l’intelligenza artificiale in alcuni settori. Uno su tutti, te lo dico ma non ti dico con chi lo farò, è la semplificazione normativa. Ci sono delle società che dispongono di software in grado di dirci dove si sovrappongono e a volte contraddicono le varie leggi italiane. Così potremo intervenire a colpo sicuro”. Come si concilia questo pacchetto startup con il resto della manovra? “Sono perfettamente integrati, perché mentre noi investiamo nel futuro, in sviluppo e tecnologia, creiamo le condizioni per la pace sociale perché non c’è sviluppo senza pace sociale. Gli interventi sul welfare che andiamo a fare puntano a questo e a far riemergere quelle persone che oggi vivono ai margini, nelle periferie delle nostre città abbandonati a loro stessi” Quali sono le startup italiane che ti hanno colpito di più in questi anni. "Quelle che resistono. La capacità di resilienza dei nostri startupper è molto più alta che altrove. Preferisco non fare nomi, ma tra le migliori ce ne sono un paio nel fintech che stanno facendo molto bene, altre nell’ambiente, come quella che un anno fa è stata premiata da StartupItalia! che fa le traversine dei treni con gli scarti degli pneumatici…” Si chiama GreenRail, e la cosa paradossale è che lavora in tutto il mondo ma non con Ferrovie dello Stato. "Lo so, è veramente assurdo, infatti la promessa che ho fatto loro è stata di metterli in contatto con Ferrovie. Poi c’è una terza startup che mi piace molto, è quella che in Basilicata di propone di promuovere i prodotti della terra, hanno creata un portale con un loro brand che è diventato di moda a Londra e Berlino. Per dire che non parliamo solo di innovazione tecnologica". Se c’è qualcosa che ancora manca è la possibilità per la pubblica amministrazione di lavorare con una startup: oggi una startup non può diventare fornitrice di un ente pubblico perché non hai i requisiti di bilancio per iscriversi al mercato della pubblica amministrazione. Farete qualcosa anche su questo? "Con le aziende di Stato lo stiamo valutando e ci saranno novità presto, nei prossimi mesi. Poi è auspicabile che lo faccia anche la pubblica amministrazione ma ho un timore. Finora il pubblico era alla mercé della prima proposta che arrivava. Per questo vorrei prima rafforzare la cultura dell’innovazione dello Stato e poi gradualmente aprire il mercato. Per evitare di ripetere i disagi creati dalla digitalizzazione a macchia di leopardo che c’è stata finora”. A proposito: che ti pare dei primi passi del nuovo commissario di governo per la trasformazione digitale Luca Attias? "Sono contento perché sta operando in continuità con il lavoro svolto prima da Diego Piacentini e dal suo team. Sono molto contento e collaboriamo con loro anche per tutto ciò che riguarda il reddito di cittadinanza". E’ vero, come si era detto all’inizio, che il funzionamento della complessa macchina del reddito di cittadinanza passerà anche dal lavoro del Team Digitale? "Assolutamente. Con loro abbiamo fatto una serie di cose che ci serviranno per il portale. Tieni conto che tutto il processo di identificazione, presentazione dei documenti e accesso al reddito sarà fatto tutto in digitale, mentre con il reddito di inclusione dovevi andare ai centri per l’impiego a consegnare le carte. Quindi abbiamo fatto tutto un lavoro di accesso alle banche dati e adesso la mia grande sfida per il 2019 è andare verso l’identità digitale generalizzata. Noi dobbiamo consentire al cittadino, quando ha la carta di identità, di avere anche una identità digitale che gli consenta di accedere a tutti i servizi della pubblica amministrazione”. Da quello che dici, intravedo una svolta sul tema: in Italia c’è l’identità digitale, si chiama SPID, ha appena superato i tre milioni di utenti, ma nessuno può davvero dire che sia un successo. E’ vero che state pensando di cambiarla, di passare da un modello per cui il cittadino acquista SPID dai privati, ad un altro in cui lo Stato la eroga a tutti? "Non ho nessun pregiudizio nei confronti di SPID. Il Team digitale ha sviluppato diverse possibilità compresa la carta di identità digitale. Ora dobbiamo decidere in quale direzione andare. La cosa certa è che, anche grazie alla misura del reddito di cittadinanza, abbiamo l’occasione di fare identificare milioni e milioni di persone in più che dovranno identificarsi se vorranno prendere il reddito di cittadinanza". Dovranno prendere tutti lo SPID? "Stiamo lavorando in questa direzione". Il decreto sarà l’8 gennaio? "Sarà nei primi giorni dopo il rientro. Il testo è pronto, occorre solo convocare il consiglio dei ministri". Ecco le misure per startup e investimenti in manovra. Obiettivo: muovere 2 miliardi Leggi anche Ecco le misure per startup e investimenti in manovra. Obiettivo: muovere 2 miliardi Torniamo per un istante al tema startup, ma il discorso vale anche per il resto: su questi argomenti, che non sono né di destra né di sinistra ma dovrebbero essere patrimonio di tutti, non varrebbe la pena di avere un atteggiamento bipartisan? Nelle passate legislature c’era l’intergruppo parlamentare innovazione che portava avanti congiuntamente certe battaglie. E’ possibile ripetere quella esperienza in questo clima politico? "Non c’è bisogno neanche di dirlo. In questo periodo, al di là degli scontri sulla manovra, quando ho fatto le due call al MISE su blockchain e intelligenza artificiale, la composizione è uno spaccato dell’intera società. Per esempio nel gruppo di esperti sull’intelligenza artificiale ci sono sindacalisti fra gli altri, perché quel mondo sa che le innovazioni in arriveranno rivoluzioneranno il lavoro. Tutti sanno quanto è fondamentale questo momento storico per cogliere le opportunità dei cambiamenti. Aggiungo un’altra cosa importante: tutto il pacchetto Industria 4.0 dei precedenti governi lo abbiamo rimodulato sulle aziende piccole e medie al posto delle grandissime, e lo abbiamo aperto al cloud. Voglio dire che se hai una piccola azienda e fai un investimento sul cloud questo fa parte degli sgravi fiscali previsti dalla legge. Prima non si poteva fare”. Torniamo alla manovra. Avete recuperato in extremis la webtax. In realtà in Italia c’era già una legge, da un anno, ma era scritta così male che il ministero dell’economia non ha mai fatto il decreto attuativo perché avrebbe punito le imprese italiane al posto dei cosiddetti giganti della Silicon Valley. Ora ce n’è una nuove versione, con un gettito previsto di 500 milioni l’anno: come funzionerà? "Prima di tutto voglio dire che con me il MISE sarà un baluardo contro derive anti web e anti digital. Anche questa web tax, che non è una misura punitiva, ha bisogno di un decreto ministeriale MEF-MISE per essere attuata e noi vigileremo in tale senso; non che al MEF ci siano derive anti web, ma noi abbiamo un obiettivo, guardare a quello che fanno gli over the top; per questo sono previsti parametri che guardano al fatturato mondiale che sostanzialmente si rivolgono agli over the top che contribuiranno in misura del 3 per cento del fatturato fatto in Italia e contribuiranno a riallineare la posizione di estremo vantaggio che hanno in alcuni settori, penso soprattutto al turismo e al commercio". Fate in tempo a far tutto per aprile? "Sì, sì, sì. Questa è una delle cose che faremo per prime anche perché ne va del gettito della manovra, ne abbiamo estremamente bisogno". Il 23 dicembre era l’anniversario di una norma che ha compiuto due anni che ha a che fare con l’innovazione: il FOIA, il Freedom of Information Act, che possiamo tradurre come il diritto di conoscere la verità. Molto usata dai giornali vicini al M5s quando eravate all’opposizione perché, per esempio, vi consentiva di scoprire dove erano finiti i Rolex regalati a palazzo Chigi. Adesso che siete al governo, è vero che limiterete la portata del FOIA, che qualche ministro sta pensando di ridurlo? "No, no, anzi, chiunque ci stia pensando non so a quale indirizzo politico risponda. Noi vorremmo fare un vero FOIA. A livello internazionale il principio di accesso agli atti è molto più esteso di quello che avviene in Italia. Noi vogliamo andare nella direzione di estendere ancora di più quel diritto, di renderlo ancora più forte. Per fare un esempio, noi quei Rolex li abbiamo visti quando siamo arrivati a Palazzo Chigi prima per riuscire ad avere le informazioni è stato impossibile. Quindi smentisco la voce che dice che staremmo pensando di restringere il FOIA: è vero il contrario". Parlando di innovazione, nei comizi da qualche tempo continui a dire che la sorpresa del 2019 saranno le riforme istituzionali, ovvero il taglio di 345 parlamentari. Contestualizziamo: nel contratto di governo vi eravate impegnati a ridare centralità al Parlamento. Diciamo la verità: anche alla luce della discussione azzerata sulla manovra, avete fatto il contrario. E adesso? "Sicuramente questa legge di bilancio essendo stata modificata in corsa per l’accordo com la Commissione europea, ci ha costretto a ridurre i tempi della discussione. Fa parte di una dinamica che non aveva nessuna nostra intenzione, abbiamo una maggioranza solida sia alla Camera che al Senato non abbiamo nessuna paura della discussione, ma il maxiemendamento aveva una serie di interventi che erano frutto dell’accordo con l’Unione europea. Ciò detto non si va nella direzione di voler mortificare le democrazia e i parlamentari perché nello stesso provvedimento dove si prevede di ridurne il numero di 345 unità, ci sono referendum propositivi senza quorum per i cittadini. Aumentiamo strumenti di partecipazione diretta e abbiamo meno bisogno di un numero così alto di parlamentari". Torniamo all’innovazione. Sul tema auto elettriche avete dovuto fare un mezzo passo indietro o no? L’impressione è che su questo la Lega vi abbia frenati. "La somma di investimento per gli incentivi per le auto elettriche è identica al punto di partenza. Avevo promesso che non ci sarebbero state tasse per le auto degli italiani e così è. Con l’eccezione dei macchinoni inquinanti che vengono tassati per finanziare l’acquisto con rottamazione fino a 6mila euro di una auto elettrica. Poi bisognerà fare molto di più nei prossimi anni. Tra l’altro come MISE stiamo finanziando un’area di Torino dove la Fiat produrrà la 500 elettrica, portando finalmente anche l’Italia in questa partita. Restiamo sul tema auto: si guideranno da sole anche in Italia? Quando? "Lo vedremo molto presto. Intanto alla commissione europea abbiamo detto che non possono discutere degli impatti etici di questa tecnologia in comitati ristretti ma che è necessario aprire la discussione ai parlamenti nazionali. Perché sul tema dell’auto senza guidatore nascerà inevitabilmente un grande dibattito su come debba essere scritto l’algoritmo che dovrà scegliere quali scelte far fare alla vettura". Il successo dell’auto che si guida da sola passa anche dall’arrivo di un nuovo tipo di connettività: il 5G. C’è qualche su questo punto nella legge di bilancio? "Reputo il 5G una legge del contrappasso perché si prende la cosiddetta banda “700” e costringe le tv a spostarsi per far posto a questa nuova tecnologia. E per evitare ricorsi nella legge di bilancio c’è una norma che elimina la riserva di un terzo delle frequenze per le tv locali. In questo modo le tv nazionali avranno lo stesso spazio di prima perché vanno ad occupare le frequenze che le tv locali di fatto non usavano e liberano frequenze per il 5G. C’è stata un’opera di mediazione al tavolo tv del MISE che ha funzionato mettendo d’accordo tutti". Qualche giorno fa hanno scioperato Ansa e Aska. Avvenire avrà qualche problema con i tagli all'editoria. Cosa ci dobbiamo dal governo nel 2019 per il giornalismo? "Dialogo, sicuramente dialogo. Ovviamente teniamo fede agli impegni che abbiamo preso con gli elettori, ma il nostro obiettivo resta quello di assicurare un graduale disintossicazione dai fondi pubblici, in modo tale possano stare sul mercato come tanti altri soggetti che sul mercato ci sono comunque". Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it Da - https://www.agi.it/politica/manovra_intervista_di_maio_innovazione_startup-4769969/news/2018-12-25/ Titolo: La vera storia del falso sui "Savi di Sion", spiegata dal sito dell'ebraismo ... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 24, 2019, 06:12:19 pm La vera storia del falso sui "Savi di Sion", spiegata dal sito dell'ebraismo italiano
In un post sul sito Moked, si ricostruisce la storia del Protocollo e si critica duramente la scelta di Lannutti di condividerne i contenuti, considerati un falso storico conclamato da un secolo 22 gennaio 2019,07:04 Un post delirante. Così Moked, il sito dell'ebraismo italiano definisce quello scritto dal senatore Lannutti, che poi si è scusato: "Il senatore del Movimento Cinquestelle Elio Lannutti (eletto come capolista nel Lazio) ha pensato bene di attirare l'attenzione sulla sua ultima fatica letteraria con una squallida trovata promozionale. Un delirante post su Facebook - si legge sul sito - in cui avvalora le tesi sostenute ne I protocolli dei Savi di Sion, il falso storico creato dalla polizia segreta zarista all'inizio del Novecento che è alla base dell'antisemitismo moderno e di molti complottismi". "Secondo il senatore Lannutti, che da anni rivendica un ruolo da protagonista nella difesa dei diritti dei consumatori - si legge su Moked - il comportamento di Mayer Amschel Rothschild, 'l'abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale, portò alla realizzazione di tale documento di denuncia". "Suddiviso in 24 paragrafi - prosegue Moked- viene descritto come soggiogare e dominare il mondo con l'aiuto del sistema economico, oggi del globalismo, dei banchieri di affari e finanza criminale, si legge sul profilo Facebook di Lannutti, il cui penultimo saggio 'Morte dei Paschi. Dal suicidio di David Rossi ai risparmiatori truffati. Ecco chi ha ucciso la banca di Siena' porta la prefazione del vicepremier Luigi Di Maio. In un testo di cui il senatore ha riportato il link sul proprio profilo si legge: 'Rothschild aiutò e finanziò l'ebreo Adam Weishaupt, un ex prete gesuita, che a Francoforte creò il famigerato gruppo segreto dal nome 'Gli Illuminati di Baviera'. Weishaupt prendendo spunto dai 'Protocolli dei Savi di Sion' elaborò verso il 1770 'Il Nuovo Testamento di Satana', un piano che porterà una piccola minoranza di persone al controllo globale. La sua strategia si basava sulla soppressione dei governi nazionali e alla concentrazione di tutti i poteri sotto unici organi da loro controllati'. "Loro - prosegue il testo segnalato - hanno un piano ben preciso che portano avanti a piccoli passi, proprio per non destare alcun sospetto. Creare la divisione delle masse, è un passo fondamentale, in politica, nell'economia, negli aspetti sociali, con la religione, l'invenzione di razze ed etnie ecc... scatenare conflitti tra stati, così da destabilizzare l'opinione pubblica sui governi, l'economia e incutere timore e mancanza di sicurezza nella popolazione. Corrompere con denaro facile, vantaggi e sesso, quindi rendere ricattabili i politici o chi ha una posizione di spicco all'interno di uno stato o di un organo statale. Scegliere il futuro capo di stato tra quelli che sono servili e sottomessi incondizionatamente". --- Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it. Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo. Da - https://www.agi.it/cronaca/savi_sion_lannutti_moked-4879034/news/2019-01-22/ Titolo: "I 5 Stelle si svelano da queste piccole cose - dice Ravetto all'Adnkronos Inserito da: Arlecchino - Gennaio 28, 2019, 05:02:18 pm Di Antonio Atte
C'era una volta la lotta alla casta. L'occasione è di quelle solenni, parliamo di un convegno sulla Shoah, in vista del giorno della memoria. Presenti il presidente della Camera Roberto Fico, il sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti, il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti, la presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni. Oltre a una folta delegazione di parlamentari. Il giorno 17 gennaio l'Ufficio del Cerimoniale della Camera inoltra via mail l'invito ai deputati per il convegno 'Trasmettere ed insegnare la Shoah è impossibile?', organizzato oggi presso l'Aula del Palazzo dei gruppi parlamentari. E tra i destinatari del messaggio c'è anche Carla Ruocco del M5S, presidente della Commissione Finanze della Camera. Ma, rileva l'Adnkronos, alle 9.47 di oggi - a meno di un'ora dall'inizio del convegno - la segreteria della deputata cinquestelle risponde all'invito del cerimoniale con una domanda: "Per la Presidente On. Carla Ruocco è stato riservato un posto tra le autorità? Gradirei essere informato al (segue numero di telefono)". Peccato però che a leggere quel messaggio di risposta ci fossero, in copia, anche gli altri parlamentari, tra cui Laura Ravetto di Forza Italia. La quale non ha risparmiato una stilettata alla Ruocco: "Le autorità... e poi erano gli altri la casta", ha commentato via mail l'esponente azzurra. E anche il suo messaggio arriva (appositamente) a tutti. Lo scambio di mail non è passato inosservato, tanto che nelle chat interne del parlamentari cinquestelle qualcuno scherza sull'accaduto. "I 5 Stelle si svelano da queste piccole cose - dice Ravetto all'Adnkronos - Nessuno dei colleghi con cui ho a che fare del mio o degli altri partiti, da Lega a Fdi a Pd, si sarebbe mai sognato, prima di un convegno, di chiedere un posto riservato tra le autorità. E' una cosa che si commenta da sola". E sulla sua mail ironica aggiunge: "Non ho resistito... Dov'è l'uno vale uno? Ho trovato i toni abbastanza curiosi, io non mi sarei mai permessa", prosegue l'esponente azzurra, che chiude con una battuta: "Uno vale uno e poi ci sono le autorità. E soprattutto i posti riservati per le autorità". RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos. Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/01/25/posto-tra-autorita-per-ruocco-scatta-ironia_L8VptlrGPpl9ydIHqgKLnL.html Titolo: Il MOVIMENTO 5 STELLE ... più Pirati che Barbari! Inserito da: Arlecchino - Febbraio 03, 2019, 10:34:59 am Tav, Di Battista alla Lega: "Non rompa o torni da Berlusconi".
Di Maio: "Con noi al governo non si farà mai “Tav, Di Battista alla Lega: "Non rompa o torni da Berlusconi". Di Maio e Di Battista a Penne, nel Pescarese, con la candidata alle regionali Marcozzi (ansa) Si infiamma la lite nel governo sulla Torino-Lione. Il ministro dello Sviluppo: "Le peggiori lobby tifano per l'opera". Il leader del Carroccio replica: "C'è un'ipotesi di intesa, comunque andremo avanti". Conte: "Il contratto prevede una revisione del progetto". E cresce la tensione anche sul caso Diciotti 02 febbraio 2019 Sono insieme in campagna elettorale, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Entrambi in Abruzzo con la candidata Sara Marcozzi (qui si vota per le regionali il 10 febbraio). E scelgono di far esplodere lo scontro con la Lega sulla Tav, all'indomani della visita di Matteo Salvini al cantiere di Chiomonte. Usando toni di una durezza finora sconosciuta. Mentre il premier, Giuseppe Conte, prova a trovare una via d'uscita diplomatica: "Il contratto prevede la revisione del progetto". --- APPROFONDIMENTO Tav, lite Salvini-Di Maio, si tratta con Francia e Ue per dare il via alle gare DAL NOSTRO INVIATO PAOLO GRISERI Comincia Di Maio, al mattino, parlando da Penne, in provincia di Pescara. "Le peggiori lobby di questo Paese vogliono che si inizi a fare la Tav, che è a zero. Noi stiamo dalle parte delle opere utili, quando i grandi potentati cominciano a tifare per la Torino-Lione noi stiamo dall'altra parte". Poi lancia l'avvertimento: "Finché ci sarà il Movimento 5 Stelle al governo, per quanto mi riguarda la Tav non ha storia". Tav, Di Battista a Salvini: "Opera inutile, non rompa i c.....i o torni da Berlusconi" Accanto a lui, nella tournée abruzzese, Alessandro Di Battista, frontman del Movimento, da sempre in prima linea nella battaglia anti-Tav. E proprio Di Battista, in diretta Fb da Chieti, rincara la dose: "Se la Lega intende andare avanti su un buco inutile che costa 20 miliardi e non serve ai cittadini tornasse da Berlusconi e non rompesse i c...". E poi: "Ancora la Tav? Una stronzata". Tav, Di Maio: "Finché M5s è al governo Torino-Lione non ha futuro" Matteo Salvini prova a moderare i toni. Anzi, forse con una punta di veleno, lascia capire che c'è una mediazione in corso. Anche lui parlando dall'Abruzzo, dice: "Troveremo un'intesa con i Cinquestelle. C'è già un'idea di compromesso sulla Tav. C'è un'ipotesi per ridurre l'impatto ambientale. In ogni caso andiamo avanti". Anche Di Maio, più tardi, raffredda la polemica: "A Salvini dico: non utilizziamo i temi dei nostri oppositori per farci dividere". A sera, quando lo scontro è già deflagrato, interviene Giuseppe Conte. "Sulla Tav - si legge in una nota di Palazzo Chigi - ho preso un impegno a nome del governo: di procedere alla decisione finale non sulla base di sensibilità personali o di una singola forza politica. Il contratto di governo prevede una 'revisione' del progetto. Abbiamo interpretato questa clausola quale necessità di procedere all'analisi costi-benefici". Riccardo Fraccaro, dei Cinquestelle, ministro dei rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, ripete appunto: "Sulla Tav la posizione del governo è che dobbiamo aspettare l'analisi su costi e benefici". Questo mentre il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, assicura che i risultati del dossier saranno presto resi pubblici: "Tra pochi giorni avrete l'analisi costi benefici della Tav", dice. Una bozza - quella del rapporto costi-benefici - pronta già dal 15 gennaio ma finora "blindata" dal ministero. Giorgio Mulè, deputato e portavoce di Forza Italia, ironizza: "A Di Maio qualcuno dovrebbe sussurrare che se a volere la Tav sono le 'peggiori lobby del paese', allora lui è al governo con i primi rappresentanti di questa lobby....". Ma i rapporti dei 5Stelle con l'alleato leghista sono difficili anche su un altro tema: quello della richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini sul caso Diciotti. --- Caso Diciotti, immunità per Salvini: il no al processo spacca il Movimento DI ANNALISA CUZZOCREA Se i vertici del Movimento sembrano intenzionati a salvare in qualche modo il ministro dell'Interno - e lo stesso premier Conte ha parlato di una responsabilità collegiale sulla vicenda - diversi esponenti escono allo scoperto manifestando apertamente il loro disagio. È il caso della senatrice Virginia La Mura: "Nessuno può evitare un processo grazie al Parlamento e io non potrei mai acconsentire a una cosa del genere, che è palesemente contraria ai miei principi e a quelli del M5S. E non se ne dovrebbe affatto discutere", scrive su Facebook. E aggiunge un attacco anche sull'autonomia. Altro tema dolente nel rapporto Cinquestelle-Lega. Da - https://www.repubblica.it/politica/2019/02/02/news/lega_m5s_tav_di_maio_salvini_diciotti-218087258/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1 Titolo: MOVIMENTO 5 STELLE. Cos'è rimasto del M5S Inserito da: Arlecchino - Febbraio 03, 2019, 08:53:48 pm Cos'è rimasto del M5S
Di Alessandro Gilioli * Ieri il leghista Claudio Borghi ha proposto ironicamente di spedire i 47 migranti della Sea Watch in un lussuoso Club Med sulle coste della Tunisia, mostrandone con una mappa la vicinanza al punto di mare in cui sono stati soccorsi. Nulla di strano, né di nuovo: il linguaggio dell'attuale potere è tutto fatto di irrisione, cattivismo e scherno, insomma siamo in piena continuità con la "pacchia", i "palestrati" e i "bacioni" di Salvini. È questa l'egemonia culturale del presente, espressione diretta del governo gialloverde e della caccia al consenso basata sulla canalizzazione della rabbia sociale nei confronti dei migranti. È questa la moneta comune dell'oggi, che ogni giorno si autoalimenta: più i leghisti indicano nei migranti il nemico, più si diffonde l'odio verso i migranti stessi; e più si diffonde l'odio verso i migranti, più i leghisti rincarano la dose per incrementare il proprio consenso. In questo penoso scenario, tuttavia, l'aspetto più interessante - parlando da analisti della politica - è la posizione del Movimento 5 Stelle. Il M5S, dalla fondazione, non era mai stato xenofobo né aveva posto la questione delle migrazioni al centro del suo programma, in una direzione o nell'altra. Non che facesse dell'accoglienza una propria battaglia, ma aveva posizioni sfumate e controverse. Ad esempio, nel 2013 depositò una proposta di legge sullo Ius Soli molto avanzata, perfino migliore di quella del Pd che poi naufragò a fine legislatura. Per contro, Grillo sul suo blog parlava di "sacri confini della patria". Ma - appunto - non era questione centrale del programma grillino che si fondava su ben altre colonne: l'ambientalismo e le rinnovabili, la democrazia diretta, la fine dei privilegi dei politici, l'attenzione al precariato etc. Sull'immigrazione - come si dice in politichese - nel Movimento 5 Stelle c'erano "sensibilità diverse". Il suo essere privo di ideologie, portato alle conseguenze estreme, li rendeva privi anche di una visione sistematica: quindi erano assai assertivi nelle loro battaglie verticali (quelle suindicate) ma incerti e tiepidi se non disinteressati su molto del resto, compresi fra l'altro i diritti civili. Così si è arrivati al Contratto di governo, dove la questione dell'immigrazione è solo al punto 13, il terzultimo. In altre parole: nemmeno allora i grillini pensavano che questa sarebbe diventata la questione fondamentale su cui il governo si sarebbe caratterizzato mediaticamente (e non solo). La questione che avrebbe "dettato l'agenda", come si dice sempre in politichese. Fra l'altro, nel Contratto non si accennava all'ipotesi di chiudere i porti, ma si scivolava tra il contrasto al business e la revisione del Trattato di Dublino, ponendo semmai più direttamente la questione dei rimpatri, che poi col tempo si è rivelata inapplicabile. Nel tempo si è anche vista la straordinaria maestria mediatica con cui Salvini ha imposto la questione delle migrazioni come centrale, fondamentale, peraltro raccogliendo frutti in un terreno su cui in molti avevano già seminato prima, dalle trasmissioni di Del Debbio ai decreti di Minniti. Adesso siamo finiti qui: con il M5S incerto se inseguire Salvini al punto di rinnegare i suoi fondamentali principi, cioè opponendo l'arrocco della politica nel suo Palazzo alle richieste della magistratura, accettando il principio che un potente, al contrario dei normali cittadini, può difendersi dal processo anziché nel processo. Ma questa è solo l'ultima tappa di un percorso che dura da un anno. Il percorso che ha visto la Lega dilagare con la sua ideologia xenofoba e razzista; e il M5S abbozzare, accettare, poi emulare ed inseguire (ricordate i "taxi del mare" di Di Maio?) insomma farsi complice alla fine dell'egemonia culturale xenofoba, chiusa, incivile, a tratti perfino inumana che ci ha portato oggi al linguaggio derisorio e beffardo verso chi è in balia del mare da settimane dopo aver attraversato il deserto e subito indicibili torture. In termini astratti - cioè senza entrare nel contenuto politico - la conclusione è che quando un partito con un'ideologia incontra un partito senza un'ideologia, quello senza un'ideologia è morto. Detta altrimenti: se non hai un sistema di valori "giusto" da opporre a quello "sbagliato", ti mangiano. Vale oggi per il M5S sulla questione migranti come è valso per il Pd e la sinistra sulle questioni economico-sociali, quando per trent'anni ha emulato i liberisti trovandosi infine vuoto, senza identità - e senza voti. In termini contenutistici la resa culturale del M5S allo stronzismo della Lega è una delle pagine più tristi della pur ricca storia di derive italiane. Così com'è assai triste il pavido silenzio del medesimo movimento sul revanscismo patriarcale e ultrà cattolico con cui i suoi sodali Fontana e Pillon vorrebbero cancellare mezzo secolo di conquiste di diritti civili. E più in generale è tristissima l'acquiescenza nei confronti di questa nuova egemonia culturale di estrema destra. Acquiescenza che a volte diventa compartecipazione, come nel caso delle allucinanti posizioni antisemite dell'onorevole Lannutti su cui i vertici grillini non hanno ritenuto di prendere posizione (per molto meno, un partito che vuol dirsi civile fa partire un'immediata pratica di espulsione). Fino a due o tre anni fa (non un secolo) il Movimento 5 Stelle aveva tra i propri numi tutelari anche Dario Fo, Stefano Rodotà e Gino Strada. Oggi con Strada siamo agli insulti reciproci, Fo e Rodotà purtroppo non sono qui a poter dire la loro. Chissà se è per pavidità, per potere o per assenza di una visione sistematica che così tanto è cambiato da quando il M5S si ispirava a loro tre, o a Occupy Wall Street, e l'eurodeputato Corrao da Bruxelles mi diceva che loro erano il Podemos italiano. * da Piovono Rane - L'Espresso (29 gennaio 2019) Da - http://temi.repubblica.it/micromega-online/cose-rimasto-del-m5s/ Titolo: La svolta del Movimento 5 Stelle annunciata da Luigi Di Maio Inserito da: Arlecchino - Febbraio 14, 2019, 07:10:46 pm La svolta del Movimento 5 Stelle annunciata da Luigi Di Maio
Dopo la debacle abruzzese il capo politico annuncia: più radicamento sul territorio, nessun obbligo di presentarsi alle amministrative ovunque, possibilità di appoggiare le liste civiche. Intanto le liste delle europee le deciderà lui 14 febbraio 2019, 07:28 La svolta del Movimento 5 Stelle annunciata da Luigi Di Maio Dopo tre giorni di silenzio, Luigi Di Maio si fa vivo e trae, in un lungo intervento sul blog delle stelle, le conclusioni della dura esperienza delle elezioni in Abruzzo. In sintesi: il movimento compie una svolta, si apre alle alleanze elettorali (ma solo con liste civiche, sia chiaro) e tenta la strada del radicamento nelle periferie del Paese. Proprio quello che, per scelta o per natura, non aveva fatto in tutti questi anni. Ma sia chiaro, avverte il capo politico dell’M5S, i problemi sarà lui personalmente ad affrontarli proprio in quanto capo politico. Il che potrebbe essere letto come un avvertimento: nessuno pensi di cambiare cavallo. Forse non è un caso che in queste ore sia stato fatti circolare il testo del regolamento in vista delle elezioni europee del 26 maggio, e qui c’è scritto che sarà il capo politico ha decidere le cose fondamentali in tema di formazione delle liste, e che la base verrà consultata (consultata) tramite la piattaforma Rousseau. “Abbiamo un problema” "In questi due giorni dopo le elezioni ho riflettuto. Mi sono chiesto se fosse il caso di dire una verità che tutti nel Movimento conosciamo, ma nessuno ha ancora avuto il coraggio di dire". Nella sua analisi del voto Di Maio mette in fila i risultati "dopo la Sicilia, dopo il Molise, dopo l’Abruzzo". Ecco la prima ammissione: "Se non siamo riusciti a conquistare una regione con Giancarlo Cancelleri nonostante il 35%, con Andrea Greco nonostante il 38% e con Sara Marcozzi, persone che hanno dato l’anima nel territorio per anni e che hanno fatto l’impossibile, è chiaro che ci sono alcuni problemi di fondo”. Problemi (e qui c’è l’avvertimento) “che come Movimento dobbiamo affrontare. Che io come capo politico del Movimento 5 stelle intendo affrontare". Signori si cambia. E se non siamo pronti non si parte Quello che segue ha più il tono dell’analisi di un segretario di un partito vecchio stile, che non della promessa di un leader movimentista. "È necessario arrivare sempre alle amministrative con un percorso che preveda un lavoro sul territorio fatto di incontri con categorie, mondo del sociale, con gli amministratori”, riflette Di Maio, “Non improvvisando come a volte accade". Non a caso il capo politico M5s aggiunge: "Questo vuol dire pure che dove non siamo pronti dobbiamo smetterla di presentarci. Mi ha colpito il fatto che in alcune regioni in questi anni siamo rimasti nella nostra 'zona di comfort', evitando di incontrare categorie importanti come ad esempio quelle dell’imprenditoria e del volontariato. È ora di farlo". L’apertura alle liste civiche "Dobbiamo affrontare il tema dell’organizzazione nazionale e locale, dobbiamo aprire ai mondi con cui sui territori non abbiamo mai parlato a partire dalle imprese, dobbiamo decidere se guardare alle liste civiche radicate sul territorio”, prosegue. Un inciso, quello sule liste civiche, che sa tanto di rottura del tabù rispettato coscienziosamente fino ad ora, vale a dire il dogma dell’autonomia. Meglio soli che male accompagnati, quindi sempre soli: è stata questa la linea vigente fino alla fine dello spoglio abruzzese. La svolta del Movimento 5 Stelle annunciata da Luigi Di Maio Non sarà più così, anche se “questo processo non si concluderà dall’oggi al domani e richiederà mesi e impegno da parte di tutto il Movimento per poi arrivare alla formulazione di proposte da votare su Rousseau". Tutti dovranno essere coinvolti: "Abbiamo anche da migliorare la presenza del governo e dei parlamentari sul territorio, di questo parleremo alla prossima assemblea dei parlamentari". Chissà se cambieranno anche i criteri per la selezione delle candidature alle politiche, un giorno. Meno parlamentarie, più valutazioni sulla presa dei singoli nei confronti dell’elettorato di riferimento. Deciderà lui Nel frattempo escono le nuove regole in vista delle europee. Sarà Luigi Di Maio a scegliere i capilista per le circoscrizioni plurinominali, anche se poi il nome dovrà essere ratificato dagli iscritti su Rousseau. Sempre al capo politico M5s spetterà inoltre l'ultima parola su tutte le candidature. Insomma, le liste le farà lui. Lo si legge sul “Regolamento per le Europee del 26 maggio 2019”: "Il Capo Politico, sentito il Garante, provvede alla scelta dei candidati capilista nelle singole circoscrizioni plurinominali rispettando il criterio della residenza, del domicilio personale o professionale e/o del centro principale degli interessi vitali della persona nella circoscrizione plurinominale di riferimento. I candidati predetti potranno essere scelti anche tra i candidati che hanno avanzato la loro candidatura per le circoscrizioni plurinominali e in ogni caso dovranno rispettare i criteri dell’Art 1. I nomi dei capilista così identificati saranno ratificati - viene precisato - dal voto degli iscritti su Rousseau”. Anche sulla 'compatibilità' delle candidature l'ultima parola spetta sempre a Di Maio: "Come previsto dallo Statuto, il Capo Politico, sentito il Garante, ha facoltà di valutare la compatibilità della candidatura con i valori e le politiche del Movimento 5 Stelle". E così ci sarà, nelle mani di Di Maio, anche la funzione di controllore e garante dell’ortodossia. Non un particolare secondario. Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it. … Da - https://www.agi.it/politica/di_maio_m5s_svolta-4997197/news/2019-02-14/ Titolo: ALDO FERRARA. DALLA RIVOLUZIONE VERDE ALL’ELEMOSINA DI STATO, IL TRADIMENTO M5S Inserito da: Arlecchino - Febbraio 14, 2019, 07:24:51 pm DALLA RIVOLUZIONE VERDE ALL’ELEMOSINA DI STATO, IL TRADIMENTO M5S
ALDO FERRARA 29 settembre 2018 Il fascio-accattonismo: povertà per tutti e benessere per nessuno Il controllo delle masse nacque con il fascismo alla ricerca di una massa critica di sostegno in un momento storico in cui la Grande Guerra aveva falcidiato lavoro e opportunità di crescita. Senza mezzi di produzione, senza risorse autoctone, l’Italia trovò nel fascismo la giustificazione per un processo di falsa crescita basata sul neo-imperialismo coloniale del “ posto al sole”. Nacque l’idea di assicurare con sussidi il sostegno delle masse, dando pane e sussidi con l’aspettativa di nuove conquiste. Dopo la Liberazione, l’Italia della ricostruzione vide nel clientelismo e nell’assistenzialismo a pioggia il mezzo di controllo dell’elettorato. E siamo andati avanti così per anni. Oggi ritorna l’idea elettoralistica, senza prospettiva, di assicurarsi l’elettorato con il più becero assistenzialismo, una forma di istituzionalizzazione dell’accattonaggio, l’elemosina per legge. Il pane attraverso il lavoro e la ricerca della felicità mediante le rose, sono state sempre il credo di un vecchio socialismo senza frontiere ma anche senza prospettive. La necessità di un nuovo socialismo che renda paritetica la società, indipendentemente dal censo e dalle capacità di spesa, passa attraverso la costruzione del lavoro e la ricerca di risorse nuove non certo attraverso la soddisfazione dell’accattonaggio. Il neo-assistenzialismo accattone porterà voti ma nuove povertà, finché non arriveranno le nuove tendenze del XXI secolo, capacità di produzione sostenibile e equamente distribuita. Il neo-populismo accattone impererà fino all’avvicendamento naturale verso lo sviluppo delle possibilità sostenibili di lavoro. Dare il pane elemosinato è il perfetto neo-fascismo, dare il lavoro e le opportunità il neo-socialismo. Ne deriva un concetto nuovo di produzione sostenibile che è quello della pariteticità tra le masse, e ne deriva anche che la vera opportunità è quello dello sviluppo meritocratico al contrario dell’assistenzialismo diffuso di cui è intriso il concetto di reddito di cittadinanza, che reca in sé il marchio della “povertà per tutti”. Ecco il vero tradimento del 5S: nati per un sostegno concreto alla rivoluzione sostenibile, antifossili, hanno finito per ingenerare un controtendenza di restaurazione del vecchio sistema assistenziale, con il reddito di cittadinanza che è elemosina per legge e istituzionalizzazione del precariato. Al contrario avrebbero dovuto sostenere la rivoluzione sostenibile come era nella primigenea ispirazione di Grillo. Al contrario ha prevalso la linea aziendalistica di Casaleggio che aveva ed ha per mira il controllo dell’elettorato o di quota parte di esso. Lo stesso dicasi per la Lega, nata negli anni Ottanta per il sostegno alla PMI e finita oggi nel vortice del controllo elettoralistico del Centro-Sud dove spopola con l’assistenzialismo d’antan. Ha tradito le aspettative padane, malgrado avesse intercettato le istanze della produzione, come era nella Lega di Bossi che conquistò la Stalingrado d’Italia, Sesto S. Giovanni dove la massa operaia e dei salariati vide nella Lega il nuovo PCI. Conquista dell’elettorato e del potere attraverso l’assistenzialismo sono dunque il neo-fascismo? Il PD con il reddito di inclusione ha seguito la stessa strada, mimetizzandosi nel copia-incolla. Deduzione: il cripto-fascismo sta dilagando come tsunami politico, contaminando anche partiti storici e un pezzo consistente d’Europa. TAG: assistenzialismo, clientelismo, Cripto-fascismo, il posto al sole, neo-fascio-populismo CAT: Occupazione, Partiti e politici Da - https://www.glistatigenerali.com/occupazione_partiti-politici/dalla-rivoluzione-verde-allelemosina-di-stato-il-tradimento-m5s/ Titolo: Lao Xi: Di Maio rischia di far saltare la visita di Xi Jinping in Italia Inserito da: Arlecchino - Febbraio 14, 2019, 07:28:36 pm DALLA CINA
Lao Xi: Di Maio rischia di far saltare la visita di Xi Jinping in Italia I colpi di testa del governo italiano su Venezuela e Francia, causati da Di Maio, mettono l’Italia in una posizione pericolosa rispetto a Usa e Cina 11.02.2019, agg. alle 08:52 - Lao Xi Gli stati antichi avevano confini labili, decisi in sostanza dall’influenza del sovrano dominante, o dal timore ispirato da loro eserciti. I limes romani o la muraglia cinese non erano linee precise ma avvertimenti di potenza: chi supera questo spazio lo fa a suo rischio e pericolo. Il confine era un segnale che se violato metteva in pericolo lo Stato. Ci sono voluti secoli per arrivare ai confini definiti sulla carta e difesi metro per metro con filo spinato, mine e soldati armati fino ai denti. Il senso però rimane lo stesso del tempo antico: la frontiera va difesa, pena il crollo di tutto lo Stato. Cioè dai tempi antichi fino ad oggi è la politica estera che definisce uno Stato all’interno, e viceversa la sua politica interna che definisce la politica estera. Quindi cosa vuole ottenere Roma oggi attaccando la Francia e schierandosi con il Venezuela di Maduro? Il problema è che Parigi ha una serie di dossier con i quali può rivalersi sull’Italia e lo dovrà fare, perché altrimenti rinuncerebbe alla sua politica estera, al suo essere Stato. La Francia, diversamente dall’Italia, ha ben chiaro le prerogative e i doveri di uno Stato. Lo stesso toccherà fare alla Spagna, che si era schierata con grandissima forza in Venezuela contro Maduro e a favore di Guaidó. In altri termini, in un momento di grande difficoltà dell’Italia in Europa e nel mondo, l’Italia si è creata due nemici da due paesi che le erano invece vicini. Ciò si può fare in politica estera, ma se si hanno obiettivi chiari. Ma, sarà per la distanza, sarà per l’ignoranza, non ci è chiaro quale sia l’obiettivo di politica estera perseguito nell’attirarsi l’inimicizia di Francia e Spagna. C’è un obiettivo di “esportazione del proprio dibattito interno”, come ha acutamente osservato Stefano Folli qualche giorno fa su Repubblica. Ma tutto ha un costo, e per l’Italia pestare i calli a tutta l’Europa e agli Usa su Francia e Venezuela potrebbe essere un costo ben maggiore di quello che chiunque possa sopportare. E forse non è finita. L’Italia avrebbe promesso di firmare un memorandum sulla Via della Seta con Pechino durante la prossima visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia e Francia a fine marzo. L’Italia sarebbe il primo paese occidentale a firmarlo. Adesso sono in corso dure trattative tra Cina e Stati Uniti sul commercio che scadono il 1° marzo. Non è chiaro come finiranno, ma è chiaro che, al di là del commercio, il fastidio americano verso la Cina è ormai a 360 gradi e ha sempre più aspetti di sicurezza e militari. Quindi firmare tale accordo sulla Via della Seta è destinato a irritare gli Usa, già nervosi per l’appoggio di Roma a Maduro. Ciò specie se l’accordo sul commercio Usa-Cina non si trova. Non firmare l’accordo sulla via della Seta, a questo punto, dopo le promesse fatte, irriterà la Cina. Il tutto con conseguenze da ogni parte. Tutti questi elementi destabilizzanti in politica estera sono gravi come e più di una politica economica sbagliata, anche se gli effetti hanno riflesso meno immediato. La domanda prima e ovvia è: che cosa sta facendo il giovane Luigi Di Maio? Qui la risposta, altrettanto ovvia, è: fa quello di cui è capace, rompe tutto come un bambino impazzito con un bastone in una cristalleria. Ma del resto non sa cosa sia una cristalleria, non sa cosa ci faccia lì, e non sa cosa sia un bastone… e nessuno vicino a lui glielo insegna. La domanda meno ovvia è: che cosa sta facendo il ministro degli Esteri Enzo Moavero? Non agisce, evidentemente, appiattito per timore della propria sopravvivenza politica. Solo che lui sa o dovrebbe sapere tutto su bastoni e cristallerie. In questo modo alla fine sia Di Maio sia il ministro degli Esteri fantasma giocano facendone pagare il prezzo al paese. Per molto meno in altri tempi il premier Silvio Berlusconi, entrato in rotta di collisione con gli Usa sulla Russia e con l’Europa sull’euro, è saltato. Berlusconi e la sua Forza Italia allora erano molto più forti di Di Maio, M5s e Moavero. Questi potranno sopravvivere alla confusione che stanno montando? Improbabile. Il problema vero però sono altri: quale sarà il prezzo che l’Italia dovrà pagare per avere scelto costoro? Come li si manda a casa il prima possibile? E cosa verrà dopo? © RIPRODUZIONE RISERVATA Da - https://www.ilsussidiario.net/news/politica/2019/2/11/dalla-cina-lao-xi-di-maio-rischia-di-far-saltare-la-visita-di-xi-jinping-in-italia/1846462/?fbclid=IwAR2rBPkBOFhwFV4a73LG6L3VpqtL22dW7WPrQCTmMJozdUsGFmPn4wAzeuA Titolo: Antonio Atte 'Privacy a rischio', rivolta contro Rousseau Inserito da: Arlecchino - Febbraio 17, 2019, 10:08:14 pm 'Privacy a rischio', rivolta contro Rousseau
Pubblicato il: 14/02/2019 17:10 Di Antonio Atte Rivolta nel Movimento 5 Stelle contro il 'Grande Occhio' di Rousseau. All'interno del gruppo parlamentare pentastellato cresce sempre di più l'insofferenza nei confronti delle regole per le rendicontazioni. Nel mirino ci sarebbe la procedura che regola il funzionamento di tirendiconto.it (sito su cui deputati e senatori sono tenuti a rendicontare spese e restituzioni di parte del loro 'stipendio') e, in particolare, l'obbligo di caricare fatture e cedolini con dati sensibili, giudicato "lesivo della dignità personale" da non pochi grillini (al momento circa una decina i malpancisti). Polemica che i vertici M5S hanno provato a smorzare specificando che i dati in questione possono essere tranquillamente oscurati. Il malcontento covato da tempo, ovvero da quando sono state introdotte le nuove regole, sarebbe esploso negli ultimi mesi. Tant'è vero che, apprende l'Adnkronos, alcuni eletti hanno deciso di scrivere allo 'Staff' M5S per mettere nero su bianco le loro lamentele, annunciando l'intenzione di non caricare più sul portale i documenti che attestano l'avvenuta esecuzione del bonifico. Tra questi, la deputata Gloria Vizzini, che ha più volte affrontato la questione in uno scambio epistolare con lo 'Staff' grillino. "I documenti che dovremmo caricare - spiega la pentastellata - contengono informazioni sui nostri familiari: sono dati che non intendo condividere con Davide Casaleggio. Mi dicano quanto devo dare e io restituisco tutto, infatti i bonifici li ho effettuati. Ma non tocchino la mia privacy". Nella risposta a una mail di sollecito inviatale dallo 'Staff' - e visionata dall'Adnkronos - Vizzini lancia un pesante j'accuse nei confronti del meccanismo di tirendiconto: "Il sito - scrive - è organizzato in modo violento e lesivo della dignità del parlamentare e non si possono caricare i bonifici senza prima aver superato degli step in cui si devono inserire fatture e cedolini contenenti dati sensibili e che diventano immediatamente proprietà dell'Associazione Rousseau, ossia della Casaleggio Associati (aspetto quest'ultimo che farò presente nelle sedi opportune, istituzionali e non)". "Ribadisco che ho restituito, restituisco e restituirò ciò che mi sono impegnata a versare, ma assolutamente non nelle forme imposte e decise non si sa bene da chi", rimarca Vizzini in un altro passaggio della mail, chiedendo allo 'Staff' di "firmarsi con nome e cognome" in virtù della "trasparenza tanto decantata". "Pretendo - aggiunge ancora - ricevuta dei bonifici effettuati all'Associazione Rousseau se volete che continui a versarli". In un'altra missiva Vizzini allega i bonifici da 6mila euro per i territori alluvionati relativi ai mesi di luglio, agosto e settembre 2018. Ma avverte: "Non ho intenzione di caricare i miei documenti o le mie spese su tirendiconto.it perché sarebbe violata la mia privacy o quella di persone terze che non hanno la delibera sui propri dati; ci sarebbero dati riferiti a me (o a terze persone) che non voglio siano nella completa disponibilità della Casaleggio Associati". Il 9 dicembre la deputata scrive ancora allo 'Staff': "In applicazione e rispetto del Regolamento Ue 2016/679" (noto come Gdpr - General Data Protection Regulation), "previa consultazione con i miei legali, vi informo che non è mia intenzione comunicare all'Associazione Rousseau, titolare del trattamento dei dati così come risulta dall'informativa privacy, alcun dato sensibile riguardante la mia persona". Ma Vizzini non è la sola ad aver sollevato la questione del regolamento Gdpr. "Anche io - si sfoga un'altra deputata, che ha scelto però di rimanere anonima - dopo essermi consultata con il mio legale ho deciso di non caricare i miei dati sensibili. Quello di ti rendiconto è un apparato farraginoso e il sistema della giustificazione dei rimborsi coinvolge terzi che non hanno dato assenso al trattamento dei dati sensibili. E io non intendo mettere in piazza informazioni sui miei figli e la mia famiglia". In totale sarebbero una decina, tra deputati e senatori, i parlamentari M5S che, pur avendo effettuato i bonifici per le restituzioni, si sarebbero rifiutati o sarebbero pronti a rifiutarsi di caricare i propri dati sensibili sulla piattaforma. A queste perplessità lo 'Staff' ha replicato sempre via mail specificando che "tutti i dati ritenuti sensibili, presenti nei documenti che il portale chiede di caricare" possono essere "preventivamente oscurati, così come indicato chiaramente nel portale". Ma questo non sarebbe bastato a fugare i dubbi degli eletti più diffidenti. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos. Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/02/14/privacy-rischio-rivolta-contro-rousseau_ac9z4AYk7oerhX1Zrhe8AJ.html Titolo: SIMONA ZAPPULLA Per il M5S arriva il momento delle scelte ineludibili Inserito da: Arlecchino - Febbraio 17, 2019, 10:11:54 pm Per il M5S arriva il momento delle scelte ineludibili
Lunedì l’assemblea sulle regionali abruzzesi, subito dopo la decisione sul processo a Salvini per la nave Diciotti. Contemporaneamente il dibattito sulla riforma del Movimento. Grillo a Roma, ma solo da martedì Di SIMONA ZAPPULLA 15 febbraio 2019, 21:55 Un week-end per riflettere, poi lunedì sera giungerà il momento della verità per il Movimento 5 stelle. Si terrà infatti l'assemblea congiunta di deputati e senatori che servirà a fare un'analisi del voto abruzzese, alla luce soprattutto della svolta annunciata dal capo politico M5s, Luigi Di Maio. Non ci sarà, secondo quanto apprende l'AGI, Beppe Grillo il cui arrivo a Roma era previsto in un primo momento per lunedì, poi spostato al giorno successivo. Il Garante M5s da martedì quindi sarà nella Capitale, per il suo show 'Insomnia' al teatro Brancaccio, ed è però molto probabile che ci sia un faccia a faccia tra Di Maio e Grillo, anche alla luce anche delle novità determinanti che aspettano il Movimento. Temi divisivi Per il M5s potrebbe essere una svolta cruciale: sul tavolo tanti i temi, dalla riorganizzazione del Movimento - ma nessun pentastellato la vuole chiamare 'segreteria politica' anche se gli potrebbe somigliare molto - all'apertura ad alleanze con liste civiche a livello locale. Tutti temi divisivi: molti tra gli ortodossi, che fanno riferimento al pensiero di Roberto Fico, non hanno alcuna intenzione di diventare come gli altri partiti e non vogliono derogare rispetto ai principi delle origini; ma molti altri, decisamente più pragmatici in linea con il leader Di Maio, sono d'accordo sul cambiamento che serve, così dice qualcuno, "a non farci perdere sempre in occasione delle elezioni amministrative dove non abbiamo mai chance contro le 'corazzate' degli altri". Tabù destinati a cadere Alcuni parlamentari sostengono da anni la necessità di rivedere quelli che sono stati dei veri e propri tabù. Così come il dibattito sulla possibilità di derogare ai due mandati parlamentari: anche su questo fronte il No è stato sempre categorico ma adesso uno spiraglio sembra aprirsi nel caso in cui i due mandati siano stati a livello locale. Diciotti Calde previsioni Di Maio dovrà affrontare tutti questi temi lunedì sera e il dibattito si preannuncia acceso. Anche perché la riunione si tiene proprio alla vigilia della seduta della Giunta per l'Immunità del Senato che dovrà decidere sul caso di Matteo Salvini per la vicenda Diciotti. Anche su questo le posizioni sono molto distanti dentro M5s e nella giornata di lunedì potrebbe esserci un voto sul Blog per chiedere agli iscritti di esprimersi. Un voto che potrebbe essere a 'rischio'? "Non credo - risponde all'AGI un autorevole esponente M5s - il nostro popolo non vuole che cada il governo e quindi penso proprio che prevarrà il no". Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it. Da - https://www.agi.it/politica/m5s_diciotti_riforma_movimento_assemblea-5008768/news/2019-02-15/ Titolo: Cosa ha voluto dire Beppe Grillo parlando di Comma 22 e sindrome di Procuste Inserito da: Arlecchino - Febbraio 20, 2019, 11:11:18 pm Cosa ha voluto dire Beppe Grillo parlando di Comma 22 e sindrome di Procuste
A proposito del quesito sul caso Diciotti rivolto agli utenti di Rousseau, il comico genovese tira in ballo il romanzo di Joseph Heller e il mito greco. Una forte critica all'attuale stato di salute del M5s che sceglie riferimenti colti per non essere troppo esplicita. Azzardiamo un'interpretazione delle sue parole Di FRANCESCO RUSSO 17 febbraio 2019, 18:56 Beppe grillo comma 22 sindrome Procuste Non sono proprio comprensibili a tutti le citazioni utilizzate da Beppe Grillo per criticare il quesito sulla piattaforma Rousseau con la quale gli aderenti al M5s dovranno esprimersi sul caso Diciotti. Se i riferimenti adottati possono non sfuggire a una persona di media cultura, è invece molto più complicato comprendere il messaggio del comico genovese, che ha cercato volutamente di non essere diretto per evitare una critica troppo esplicita all'operato odierno del movimento di cui è cofondatore, che sarebbe equivalsa a una sconfessione. "Se voti Sì vuol dire No. Se voti No vuol dire Sì. Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!", scrive Grillo sui social network. Il riferimento è alla formulazione del quesito. Ovvero: “Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?" L'illusione della scelta È chiaro che chi risponderà "sì" chiederà ai senatori pentastellati della Giunta per le immunità di votare "no" alla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania, che accusa il ministro dell'Interno di sequestro di persona ai danni dei migranti rimasti bloccati per alcuni giorni su un'imbarcazione della Guardia Costiera. Chi risponderà "no", viceversa, dirà "sì" al processo nei confronti di Salvini. Che c'entra il Comma 22? Il riferimento è al titolo del romanzo di Joseph Heller che narra le vicende di un gruppo di aviatori statunitensi appartenenti a uno stormo di bombardieri operante in Italia durante la seconda guerra mondiale. Il Comma 22 stabilisce che "chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo". Ovvero, c'è l'illusione di una scelta che nasconde in realtà un'unica opzione obbligata. Grillo non tira quindi fuori il Comma 22 per irridere la formulazione del quesito (dove appunto il sì vuol dire no e il no vuol dire sì), giacché - sulla carta - due opzioni ci sono. È invece probabile che il cofondatore intenda alludere alla certezza che, alla fine, prevarrà il no al processo a Salvini. Le memorie depositate dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dal ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, sposano infatti la tesi del ministro dell'Interno: la decisione di negare uno sbarco immediato ai migranti raccolti dalla Diciotti fu una scelta collegiale di tutto il governo. Voler processare Salvini significa quindi voler mandare a processo tutto il governo (a maggior ragione se sono vere le voci secondo cui i giudici di Catania intendono indagare anche Conte e Toninelli). Anche qualora gli iscritti a Rousseau votassero così, ciò potrebbe significare la fine dell'esecutivo, a meno che i parlamentari del M5s, dopo aver seguito in Giunta le istruzioni della base, non si vogliano prendere la responsabilità di votare altrimenti in Aula, una soluzione che metterebbe in discussione tutta la teoria pentastellata della democrazia diretta. E la sindrome di Procuste? Essa prende il nome da un brigante del mito greco, il quale offriva la sua locanda ai viaggiatori solitari. Se costoro erano bassi, li accomodava in un letto lungo e ne stirava le membra finché non lo occupassero per intero. Se i malcapitati erano alti, finivano invece su un letto corto e le parti del corpo che sporgevano venivano segate via. Fu l'eroe Teseo a metter fine alle sue malefatte. In psicologia tale locuzione, spiega Repubblica, "indica la condizione per cui una persona tende a disprezzare e se possibile svantaggiare chi considera avere maggior talento e più possibilità di successo. Un disturbo psicologico quindi, che nasce dal non saper accettare la propria condizione rispetto ad individui più preparati o dotati. Ovvero dal non sopportare la propria mediocrità". Volendo ritenere il M5s preda di questa sindrome, sembrerebbe più che altro di sentire le critiche di un Berlusconi, secondo il quale i pentastellati sono rosi dall'odio e dall'invidia sociale a causa del loro complesso di inferiorità. È nondimeno probabile che anche Grillo avverta nel M5s un crescente complesso di inferiorità: quello nei confronti della Lega, soprattutto dopo il voto in Abruzzo. Il comico intende quindi scuotere la sua creatura da un ripiegamento su se stessa che le impedisce di crescere, uno schiacciamento sulle posizioni del Carroccio che nasconde la coscienza di avere un capitale politico e un'esperienza amministrativa inferiori a quelli di un alleato sempre più ingombrante. Cadere vittima della sindrome di Procuste potrebbe quindi significare, per un iscritto a Rousseau, votare per mandare a processo Salvini sulla spinta emotiva dell'insofferenza per il crescente successo della Lega, che era partita come partner di minoranza e ora nei sondaggi allarga sempre più la distanza dagli alleati. Ma, facendo fuori Salvini, si fa fuori tutto il governo. Quindi una vera scelta non c'è. Comma 22. Verrebbe infine quasi da pensare che il cofondatore appoggi il progetto di Di Maio di rendere il M5s un partito vero, che possa competere ad armi pari in contesti, come le elezioni amministrative, dove non conta tanto la rabbia degli elettori quanto l'attesa di un'amministrazione efficiente che i pentastellati, come insegna il caso di Roma, non riescono sempre a soddisfare. @cicciorusso_agi … Da - https://www.agi.it/politica/beppe_grillo_comma_22_sindrome_procuste-5015034/news/2019-02-17/ Titolo: Antonio Atte. Da doppio mandato a territori, Di Maio prepara rivoluzione Inserito da: Arlecchino - Febbraio 28, 2019, 06:01:20 pm Da doppio mandato a territori, Di Maio prepara rivoluzione
POLITICA Pubblicato il: 21/02/2019 20:49 Di Antonio Atte Sì alla riorganizzazione territoriale del Movimento 5 Stelle. Ma la rivoluzione pentastellata dovrà ricevere l'avallo della base su Rousseau. Si partirà da una proposta generica, per poi procedere con quesiti sempre più specifici sul nuovo assetto del Movimento: compresa la regola dei due mandati, che finora è sempre stata considerata inamovibile. Dopo il lungo vertice a pranzo con Beppe Grillo e Davide Casaleggio, Luigi Di Maio lascia l'Hotel Forum di Roma e annuncia che sulla svolta c'è l'ok sia del garante M5S che del presidente di Rousseau. "Abbiamo pranzato insieme e conveniamo tutti che ci sia bisogno di un'organizzazione del Movimento sia a livello nazionale che a livello locale in modo tale da essere competitivi anche alle amministrative", scandisce il capo politico, per il quale "a livello amministrativo di Comuni e di Regioni dobbiamo essere più competitivi". Dunque, aggiunge Di Maio, "inizieremo una discussione con i nostri iscritti sia sull'organizzazione sia su alcune regole che riguardano i consiglieri comunali". La base sarà dunque probabilmente chiamata a decidere con un voto ad hoc sulla piattaforma Rousseau sulla possibilità di derogare al limite dei due mandati per quanto riguarda i consiglieri comunali. Nel corso del lungo confronto Di Maio, Grillo e Casaleggio avrebbero già iniziato a delineare la geografia del 'nuovo' M5S, dalle strutture territoriali fino ad arrivare a una riorganizzazione a livello nazionale. Il tema del radicamento sul territorio viene considerato prioritario: l'obiettivo è "dare una risposta ai deludenti risultati ottenuti a livello locale". Ma in che modo partirà la consultazione su Rousseau? "Inizieremo con una proposta generica - spiegano all'Adnkronos fonti del M5S - per poi passare a votazioni più specifiche". Nel frattempo Grillo allontana le voci sui dissidi con Di Maio. "Pace fatta? Non c'è mai stato alcun bisticcio", risponde il comico ai giornalisti lasciando l'albergo romano dove è solito soggiornare. A tenere banco all'interno del M5S sono però le fibrillazioni legate alla vicenda Diciotti. Nonostante i senatori grillini in Giunta al Senato abbiano respinto la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del ministro Salvini, c'è chi si dice pronto, in Aula, a 'disobbedire' al responso del Blog votando sì al processo, con la possibilità di incorrere in sanzioni disciplinari. Tra questi, la senatrice 'ribelle' Paola Nugnes. Secondo la collega Elena Fattori, ospite di Otto e Mezzo su La7, "il voto in Aula deve essere un voto di coscienza, io - afferma - valuterò le carte e voterò in coscienza. Ho l'onere e l'onore di avere la competenza per decidere". E aggiunge: "Non so se sarò cacciata, spero di no, anche perché troverei inquietante essere cacciata per salvare Salvini". "Io non ho notizia" di voti in dissenso, dice però Di Maio dopo il vertice di oggi pomeriggio. "E' chiaro che se si decide su una linea, sono contento se sento dei parlamentari dire che si adegueranno. Anche io a volte sono stato in minoranza ma mi sono adeguato a votare perché quello è un momento di unione". E a chi gli ricorda il risultato di 60 a 40 emerso dalla consultazione online il vicepremier risponde: "Io non credo che si debba usare questo risultato con discorsi alla Cirino Pomicino della Prima Repubblica. Presto ci sarà un'altra votazione e le percentuali non saranno le stesse". RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos. Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/02/21/doppio-mandato-territori-maio-prepara-rivoluzione_DAykJJTHjhXkCpzzj7JNYI.html Titolo: MARIA ROSA. Tornano le foto hot della Sarti. I 5S: una legge contro i ricatti Inserito da: Arlecchino - Marzo 22, 2019, 11:02:10 pm Tornano le foto hot della Sarti.
I 5S: una legge contro i ricatti La grillina travolta dal caso rimborsopoli ancora non espulsa dal Movimento. ll Pd: «Faccia chiarezza sulle telecamere che aveva installato in casa» Pubblicato il 14/03/2019 Ultima modifica il 14/03/2019 alle ore 09:14 MARIA ROSA ROMA È una vecchia storia, ma la Rete non dimentica. Da memorie mai cancellate riaffiorano, tornando virali, le foto hard di Giulia Sarti, la parlamentare riminese del M5S che domenica si è autosospesa in attesa di chiarimenti sulla vicenda dei rimborsi «fantasma» al fondo per le imprese. Gli scatti, che martedì hanno ripreso a circolare su varie chat arrivando anche sui telefonini di politici e giornalisti, sono gli stessi che erano già stati diffusi nel 2013, dopo essere stati rubati da un hacker: gli stessi che Bogdan Andrea Tibusche, ex fidanzato di Sarti, esperto informatico, era riuscito all’epoca a rimuovere. Le immagini tornano a galla mentre la parlamentare è nella bufera, pochi giorni dopo che il gip di Rimini ha messo fine all’inchiesta nata dalla sua denuncia contro Tibusche, archiviando il fascicolo per appropriazione indebita nell’ambito del caso «rimborsopoli». La parlamentare aveva accusato l’ex compagno di essersi appropriato di fondi versati sul suo conto, annullando i bonifici destinati al fondo per le imprese, un’accusa che il gip ha ritenuto infondata. Per l’ex presidente della commissione Giustizia della Camera è una spirale infernale. Oltre alle foto, infatti, sarebbe stato messo in circolo un filmato fake, un falso: «Un video con una ragazza dai capelli mori che non c’entra nulla con la Sarti, non è lei e nemmeno gli somiglia, che si accoppia con un tizio» ha spiegato Filippo Roma, l’inviato delle «Iene» autore dell’intervista a Bogdan Tibusche. Emerge anche l’ipotesi dell’esistenza di filmati ripresi in casa Sarti all’insaputa dei presenti grazie a un sistema di telecamere interne. Anche in camera da letto. La deputata appare tuttavia meno vicina a una espulsione finora data per certa: «C’è solo lo 0,1% di possibilità che davvero riesca dimostrare di essere innocente» spiega una fonte del M5S, alle prese con l’ennesimo travaglio interno. Tibusche smentisce di essere coinvolto nella nuova diffusione di immagini hard: «Sono pronto a querelare chiunque metta in giro la voce di un mio coinvolgimento in questo schifo» dice, affermando che «qualche criminale ha salvato quelle foto e hanno continuato a girare. La stessa Sarti tempo fa mi segnalò che giravano su un Google Drive». Mentre la caccia ai responsabili è aperta, il Garante per la privacy invita i mezzi di informazione a non diffondere dati «relativi alla sfera intima di una persona» e si solleva un coro di condanna bipartisan. Il presidente della Camera Roberto Fico parla di atto «vergognoso». Da Giorgia Meloni a Mara Carfagna fino alle deputate del Pd e a Laura Boldrini il disprezzo contro il «Revenge porn» (vendetta attraverso il porno) è unanime. “La solidarietà a Giulia Sarti per la diffusione di foto o eventuali video privati è sacrosanta. È opportuno che si pensi anche alla privacy di quelle persone che, secondo quanto ricostruito dalle Iene, sarebbero state videoregistrate nel corso di riunioni a casa della parlamentare» argomenta però il deputato Pd Michele Anzaldi. Il M5S ha già in cantiere le contromisure. Arriva infatti oggi in commissione Giustizia del Senato il ddl firmato da Elvira Evangelista che istituisce il reato di pubblicazione non consensuale di pornografia: «È un crimine rispetto al quale bisogna colmare un vuoto – afferma Evangelista – viene punito con una pena da 6 mesi a un anno chi pubblica immagini senza il consenso della persona e, con una multa, chi le diffonde». Con due aggravanti: la prima relativa all’esistenza di un rapporto di fiducia tra vittima e autore del reato (da 1 a 4 anni), la seconda in caso di morte della persona offesa (da 5 a 10 anni). Licenza Creative Commons Da - https://www.lastampa.it/2019/03/14/italia/tornano-le-foto-hot-della-sarti-i-s-una-legge-contro-i-ricatti-FFo6KvItOQb9RklWbhE3RO/pagina.html Titolo: Il caso Sarti accelera l'iter della legge contro il revenge porn Inserito da: Arlecchino - Marzo 22, 2019, 11:40:59 pm Il caso Sarti accelera l'iter della legge contro il revenge porn
Al via l'esame del testo proposto dal M5s, mentre sulle chat continuano a diffondersi vecchie immagini private dell'ex presidente grillina della commissione Giustizia. Salvini mobilita la Polizia Postale: "Vicenda disgustosa e molto grave" di MAURO BAZZUCCHI 14 marzo 2019,16:20 GIULIA SARTI REVENGE PORN È diventata un caso politico la vicenda del materiale privato appartenente alla deputata di M5s Giulia Sarti, diffuso illecitamente e circolato sulle chat nelle ultime ore. Già nell'occhio del ciclone per la questione dei mancati rimborsi e per la battaglia legale con l'ex-compagno Bogdan Tibusche, in seguito alla quale si è autosospesa dal Movimento e ha rassegnato le proprie dimissioni da presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, la parlamentare grillina è tornata al centro dell'attenzione per alcune immagini (vecchie) di natura privata diventate virali. Tanto che, allarmato dal rapido aumento delle condivisioni private dei file, il Garante per la privacy ha diffuso una nota a inizio giornata in cui si invitavano i mezzi di informazione ad astenersi dal "diffondere dati riguardanti la sfera intima di una persona per il solo fatto che si tratti di un personaggio noto o che eserciti funzioni pubbliche, richiedendo invece il pieno rispetto della sua vita privata quando le notizie o i dati non hanno rilievo sul suo ruolo e sulla sua vita pubblica". Parallelamente all'iniziativa dell'Authority, numerosissime sono state le reazioni di solidarietà nei confronti della deputata, da parte di personalità istituzionali ed esponenti di tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sta seguendo personalmente la vicenda. Al momento, riferisce il Viminale, le verifiche della Polizia Postale non hanno rilevato la presenza in rete di nuove foto e video. Le immagini si stanno diffondendo attraverso le applicazioni di messaggeria. Salvini ribadisce la massima attenzione contro questi fenomeni: "È una vicenda disgustosa e molto grave. È nostro dovere proteggere la libertà e la privacy di Giulia Sarti e delle altre persone, spesso giovani, che subiscono e/o hanno subito lo stesso vergognoso trattamento". Al via l'esame del disegno di legge E proprio il caso Sarti potrebbe accelerare l'iter della legge sul revenge porn, vale a dire la diffusione non autorizzata sulla Rete di contenuti a sfondo sessuale. Oggi in commissione Giustizia di Palazzo Madama, è stata infatti svolta la relazione introduttiva del disegno di legge che porta la firma della senatrice di M5s Elvira Evangelista, che introduce la nuova fattispecie di reato. Il leghista Andrea Ostellari, che oltre a essere relatore è anche presidente della commissione, nella riunione di stamani, ha disposto un ciclo di audizioni sul tema, prima di arrivare, verosimilmente, alla redazione di un testo base che potrebbe essere largamente condiviso, visto che, sull'argomento esiste una larga convergenza tra tutte le forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione. "Proporrò alcune modifiche - ha spiegato Ostellari - fra cui l'ulteriore inasprimento delle pene, previste dalla bozza, per chi pubblica materiale senza consenso, contando su un rapporto fiduciario con la persona offesa e, soprattutto, in caso di morte di quest'ultima. "Un'adeguata riflessione sarà dedicata anche ai concetti di pubblicazione e diffusione, considerate le diverse modalità con cui le attuali tecnologie possono concorrere a creare patimento nelle vittime. È giunto il momento di dire basta. Se ricatti, minacci o pensi di vendicarti in un modo infame, finisci in galera", aggiunge Ostellari. Solidarietà da tutti i partiti Il presidente della Camera Roberto Fico in un tweet ha definito "vergognoso quello che sta subendo Giulia Sarti" e "vigliacco" l'atto di diffondere immagini private sulla Rete. Prima di Fico, attestati di solidarietà per Sarti e di condanna per gli autori della diffusione erano arrivati sia da destra che da sinistra: la presidente di FdI Giorgia Meloni ha parlato di una "violenza sulla quale mi aspetto una condanna netta da parte di tutta la politica italiana", mentre la vicepresidente della Camera Mara Carfagna ha definito "infame atto di cyberbullismo" che merita "totale disprezzo" quanto accaduto alla parlamentare. Numerose le dichiarazioni anche dal fronte del centrosinistra, come quella dell'ex-presidente della Camera Laura Boldrini, ora deputata di Leu, che ha spiegato come non si possa più tollerare la pratica del "revenge porn", ovvero "la diffusione di immagini intime senza il consenso della persona interessata". Anche le deputate Dem Giuditta Pini, Anna Ascani e Teresa Bellanova hanno manifestato la propria solidarietà alla Sarti per quanto accaduto, mentre una parte degli esponenti grillini (a partire dalla vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni) ha polemizzato con la giornalista Lilli Gruber, rea a loro avviso di aver ironizzato sulla vicenda. Un'accusa rispedita al mittente dalla redazione di "Otto e mezzo", che si è appellata alla registrazione della trasmissione di ieri sera, escludendo categoricamente che la conduttrice possa aver detto "chi di spada ferisce, di spada perisce". Il chiarimento de 'Le Iene' Le Iene, che hanno intervistato Tibusche anche in merito a un presunto video a contenuto sessuale con protagonista la Sarti (quello che sta girando al momento sulle chat ritrae in realtà un'altra donna che somiglia vagamente alla parlamentare), hanno precisato, da parte loro di "indagare su questioni di pubblico interesse, su dove potrebbero essere finiti i soldi che la parlamentare aveva dichiarato di aver restituito al fondo per il microcredito alle piccole imprese e che sarebbero stati dedicati anche all'eventuale acquisto di apparecchi di videosorveglianza forse per girare filmini privati. Questo non c'entra nulla con la diffusione del materiale rubato all'onorevole anni fa dalla sua posta elettronica. La diffusione delle sue foto intime, oltre che un reato, è una vera violenza". "Affrontiamo il problema dei video che sarebbero stati registrati a casa di Giulia Sarti esclusivamente perchè è una questione di pubblico interesse se, come ha sostenuto Bogdan, un onorevole, per di più con un ruolo delicato prima in Commissione Antimafia, poi in Commissione Giustizia, abbia o meno registrato tutte le persone che entravano a casa sua, a maggior ragione se a loro insaputa", prosegue la nota, "è vero che Giulia Sarti ne era conoscenza? O è stata ancora una volta vittima di qualcuno tecnologicamente più esperto di lei?." "Infine, la questione diventa ancora più rilevante nel caso in cui, come raccontato dall'ex Bogdan, se questi video fossero veramente finiti nelle mani di una terza persona, che dichiara di essere in possesso di una copia di tutti i filmati e che però nulla ha a che fare con i soggetti ripresi e non ha alcun diritto su quelle immagini", concludono Le Iene, "la nostra inchiesta si basa su queste domande, che nulla c'entrano certo con il "revenge porn" o con la diffusione di materiale privato dell'onorevole. Sono temi delicatissimi, che come sappiamo in alcuni casi hanno portato addirittura alla morte di chi ne è stato vittima, come nel caso di Tiziana Cantone, di cui anche noi ci siamo occupati". Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it. da - https://www.agi.it/politica/giulia_sarti_foto_hot-5144488/news/2019-03-14/ Titolo: Rousseau Il voto è manipolabile (ma al pettine non sono arrivati tutti i nodi). Inserito da: Arlecchino - Aprile 07, 2019, 11:40:03 pm M5S, dal Garante della privacy 50mila euro di multa a Rousseau: "Il voto è manipolabile"
Per l'Authority l'associazione presieduta da Casaleggio non garantisce la segretezza e la sicurezza del voto degli iscritti Di GIOVANNA VITALE 04 aprile 2019 "La piattaforma Rousseau non gode delle proprietà richieste a un sistema di e-voting". In parole povere: non garantisce né la segretezza né la sicurezza del voto degli iscritti ai 5Stelle, il cui risultato può essere manipolato - senza lasciare traccia - dagli amministratori del sistema, in ogni fase del procedimento elettorale. È l'esito dell'attività ispettiva svolta dal Garante della privacy che, al termine di una istruttoria in più fasi durata due anni, ha "condannato" l'Associazione presieduta da Davide Casaleggio a pagare 50mila euro e a predisporre una serie di misure correttive volte a: scongiurare la permanente vulnerabilità della piattaforma; consentire la verifica a posteriori delle attività compiute; rimuovere la condivisione delle credenziali di accesso, che rendono impossibile identificare e controllare i soggetti autorizzati a operare sulla piattaforma; progettare un sistema di e-voting in grado non solo di proteggere i dati personali da attacchi interni ed esterni, ma soprattutto di "assicurare l'autenticità e la riservatezza delle espressioni di voto". Pena, ulteriori sanzioni. Il voto non è segreto Anche se, dopo una precedente istruttoria, l'Associazione Rousseau ha adottato alcuni accorgimenti mirati a garantire la libertà e la segretezza del voto - come la cancellazione o la trasformazione in forma anonima dei dati personali trattati, una volta terminate le operazioni di voto, nonché il disaccoppiamento del numero telefonico del votante dal voto espresso - il Garante ritiene che gli interventi non siano ancora sufficienti. Anzi - scrive - "sono state evidenziate persistenti criticità" scrive. Oltre ad aver scoperto l'esistenza di una tabella esterna alla piattaforma (presente all'interno del data center di Wind, con cui l'associazione Rousseau aveva un contratto di servizi) contenente tutte le informazioni relative alle operazioni di voto, al numero di telefono e all'ID dei votanti, insieme all'espressione di ciascun voto, il Garante ritiene che "la mera rimozione del numero telefonico, a fronte della presenza di un altro identificativo univoco dell'iscritto", come Casaleggio rivendica di aver fatto, "non possa essere considerata quale misura coerente con gli obiettivi di protezione dei dati personali che si intendevano promuovere". Non solo "la rilevata assenza di adeguate procedure di auditing informatico, eludendo la possibilità di verifica ex post delle attività compiute, non consente - scrive il Garante - di garantire l'integrità, l'autenticità e la segretezza delle espressioni di voto, caratteristiche fondamentali di una piattaforma di e-voting (almeno sulla base degli standard internazionali comunemente accettati)". Possibilità di manipolazione La protezione dei dati personali è messa a rischio anche da un'altra condotta, ovvero quella di lasciare "esposti i risultati delle votazioni (per un'ampia finestra temporale che si estende dall'istante di apertura delle urne fino alla successiva "certificazione" dei risultati, che può avvenire a distanza di diversi giorni dalla chiusura delle operazioni di voto) ad accessi ed elaborazioni di vario tipo (che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni o soppressioni, all'estrazione di copie anche offline)". E ciò perché gli amministratori di sistema, cioè le persone in possesso delle credenziali per accedere e operare sulla piattaforma (mediante due diverse utenze con privilegi) sono cinque per il sito www.movimento5stelle.it e altre cinque per il sito rousseau.movimento5stelle.it, alcune delle quali uguali per l'uno e l'altro sito. Ma non è possibile identificarle. Perciò "la modalità di assegnazione delle credenziali e dei privilegi relativi alle varie funzionalità dei siti dell'Associazione (...) risultano inadeguate sotto il profilo della sicurezza - avverte il Garante - poiché la condivisione delle credenziali impedisce di attribuire le azioni compiute in un sistema informatico a un determinato incaricato, con pregiudizio anche per il titolare, privato della possibilità di controllare l'operato di figure tecniche così rilevanti". Controlli impossibili "La regolarità delle operazioni di voto è quindi affidata alla correttezza personale e deontologica di queste delicate funzioni tecniche, cui viene concessa una elevata fiducia in assenza di misure di contenimento delle azioni eseguibili e di suddivisione degli ambiti di operatività, cui si aggiunge la certezza che le attività compiute, al di fuori del ristretto perimetro soggetto a tracciamento, non potranno essere oggetto di successiva verifica da parte di terzi". È cioè fare un controllo su chi fa cosa, sua ex ante, sia ex post. "In questo senso la piattaforma Rousseau non gode delle proprietà richieste a un sistema di e-voting", sentenzia il Garante richiamando il documento adottato dal comitato dei ministri del consiglio di europa il 14 luglio 2017 "che prevede la protezione delle schede elettroniche e l'anonimato dei votanti in tutte le fasi del procedimento elettorale elettronico". La piattaforma, infatti "non appare in grado né di prevenire eventuali abusi commessi da addetti interni, né di consentire l'accertamento a posteriori dei comportamenti da questi tenuti, stante la limitata efficacia degli strumenti di tracciamento delle attività" scrive il Garante. E "in questo senso sussistono forti perplessità sul significato da attribuire al termine 'certificazione' riferito al titolare del trattamento all'intervento di un notaio o di un soggetto terzo di fiducia in una fase successiva alle operazioni di voto con lo scoop di asseverarne gli esiti". "Non c'è dubbio infatti - si legge - che qualunque intervento ex post di soggetto di pur comprovata fiducia (notai, certificatori accreditati) poco possa aggiungere, dal punto di vista della genuinità dei risultati, in un contesto in cui le caratteristiche dello strumento informatico utilizzato, non consentendo di garantire tecnicamente la correttezza delle procedure di voto, non possono che produrre una rappresentazione degli esiti non suscettibile di analisi, nell'impossibilità di svolgere alcuna significativa verifica su dati che sono, per loro natura e modalità di trattamento, tecnicamente alterabili in pressoché ogni fase del provvedimento di votazione e scrutinio antecedente la cosiddetta certificazione". © Riproduzione riservata 04 aprile 2019 Da - https://www.repubblica.it/politica/2019/04/04/news/rousseau_garante_privacy_m5s_movimento_casaleggio-223277861/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr&fbclid=IwAR3tk78NRPeyf8K3PKSrEDeTjV_0kYRdSiyssuX7SZCHDdvotkh7OBuUU3E Titolo: Casaleggio: "Di Battista? E' stato coerente" Inserito da: Arlecchino - Aprile 07, 2019, 11:41:18 pm Casaleggio: "Di Battista? E' stato coerente"
Pubblicato il: 01/04/2019 18:51 Di Ileana Sciarra Alessandro Di Battista "ha fatto una scelta personale coerente con il suo modo di essere e di vivere, che rispetto. Ovviamente è e resterà sempre parte del Movimento e continuerà a dare il suo apporto con punti di vista e idee stimolanti e ricchi di spunti di riflessione". Lo dice all'Adnkronos Davide Casaleggio, riguardo la decisione del frontman del Movimento di non candidarsi alle europee e di prendere altro tempo per sé. Attraverso l'Adnkronos, Casaleggio risponde alle parole attribuite oggi da un quotidiano a Matteo Salvini, ovvero quel 'qui comando io', rispetto a cui il M5S aveva chiesto una smentita da parte del vicepremier e leader della Lega: "Comandano - dice - gli italiani". In vista dell'appuntamento di Sum, il convegno che si terrà il 6 aprile ad Ivrea in ricordo del padre Gianroberto, cofondatore del M5S, Davide Casaleggio spiega: "Credo che mio padre sarebbe stato contento di vedere il Movimento impegnato per realizzare gli obiettivi che si è dato molti anni fa e che lui stesso aveva condiviso. Aveva previsto che sarebbe stata una lunga marcia". A Sum, quest'anno "arrivano ospiti da tutto il mondo", segnando "una svolta in chiave internazionale. Quando si parla di futuro è importante aprirsi alle idee e agli spunti che arrivano dall’estero. Questo vuole essere Sum: una torre di avvistamento su quello che avverrà nei prossimi anni". "L’uomo e il suo rapporto con il futuro sono sempre stati al centro di Sum, che - spiega ancora Casaleggio - è una delle pochissime occasioni che indaga il futuro non dal punto di vista tecnologico, ma da quello umanistico. In questa edizione lo sarà più che mai. Parleremo di transumanesimo, ma anche di cultura e persino di fede". Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/04/01/casaleggio-battista-stato-coerente_3PKkO2f89WC0JJUX2kt5IN.html Titolo: STORIA PARZIALE DEL MOVIMENTO 5 STELLE IN 10 QUADRI Inserito da: Arlecchino - Gennaio 03, 2020, 09:17:45 pm L’UNTO (2). L’OPERA (3) –
STORIA PARZIALE DEL MOVIMENTO 5 STELLE IN 10 QUADRI MARCO MOROSINI 17 dicembre 2019 Proseguiamo con la pubblicazione di brevi estratti dal libro Snaturati – Dalla social-ecologia al populismo. Autobiografia non autorizzata del MoVimento 5 Stelle, 2019 1992 – Dall’Unto Beppe mi diede appuntamento in un ristorante vicino al Teatro Smeraldo. L’Unto, lo chiamammo, perché ci portò peperoni arrostiti, annegati nell’olio. Beppe è curioso. Mi chiese cosa facessi all’Università di Ulm, in Germania, e di raccontargli i miei seminari ecologici nelle scuole medie. Ne avevo appena registrato uno su un nastro. Eravamo soli, dall’Unto. Dopo il caffè cominciammo ad ascoltare l’audiocassetta. Mi interrompeva. Voleva sapere che oggetti mostravo agli scolari. Rideva. Aveva le stesse reazioni dei ragazzi dei miei seminari. Beppe è un ragazzo per sempre. L’audiocassetta era una C60, durava un’ora. Impiegammo alcune ore ad ascoltarla. «Ferma, spiegami» diceva Beppe. Ci demmo del tu. Gli era piaciuta la mia storia dello spazzolino da denti con la testina cambiabile. Lo usavo per spiegare che se fabbricassimo i prodotti in modo più intelligente, consumeremmo meno risorse e creeremmo meno rifiuti e inquinamenti. Beh, la soluzione è semplice, dicevo ai ragazzi, teniamo il manico. E cambiamo questa, la testina con la spazzola. La sera stessa questo divenne uno degli sketch più famosi di Beppe. Era semplice. Cambiare la testina. Per cambiare la testa. 1992 – L’opera sua e l’opera mia Beppe cominciava lo spettacolo in fondo alla sala, solo, con la voce amplificata. Uno-due-tre, mi sentite? Entrava in platea da dietro. Mentre percorreva la sala verso il palco le teste e le spalle si giravano. Creava un’onda nel pubblico. Avvicinandosi al palco l’onda si gonfiava. Infine frangeva in un enorme applauso, prima ancora che avesse cominciato lo spettacolo. La serata era già guadagnata. Il lavoro con Beppe mi introdusse nel mondo del teatro. Nemmeno immaginavo che avrei frequentato per tanti anni i camerini, le quinte, le platee e i foyer di tanti teatri. Con i miei documentari d’avventura avevo imparato un po’ di mestiere televisivo. Ma l’incontro con Beppe fu un’altra cosa. Fu come trovarmi dietro le quinte di un palcoscenico d’opera. Ma il palcoscenico era vuoto. E l’opera era lui. L’opera mia era un’altra. All’Università di Ulm il mio costume di scena era il camice bianco. Lavoravo in un celebre dipartimento di chimica analitica ambientale dove studiavo la contaminazione chimica sulle più alte montagne e nelle regioni polari. Le mie parole non evaporavano dopo la mezzanotte come quelle nei teatri, ma restavano nelle biblioteche per decenni. Il mio palcoscenico erano le riviste scientifiche. La giuria era una manciata di scienziati che decidevano se pubblicare i miei lavori. Il mio pubblico erano le migliaia di scienziati nel mondo che leggevano i miei articoli scientifici. Nel botteghino del mio teatro non si contavano i biglietti venduti, ma il numero di volte che i miei uguali citavano una mia pubblicazione. Come il resto della mia vita, anche il mio profilo di scienziato è anomalo: le mie pubblicazioni sono poche, ma le citazioni dei miei articoli sono tante. Da - https://www.glistatigenerali.com/partiti-politici/lunto-2-lopera-3-storia-parziale-del-movimento-5-stelle-in-10-quadri/ Titolo: Quelli del - MOVIMENTO 5STELLE. Inserito da: Admin - Agosto 17, 2020, 11:27:24 am 5S, attacco finale a Casaleggio. Una legge per togliergli il controllo degli iscritti | Rep
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Posta in arrivo x Arlecchino Batocio a me https://rep.repubblica.it/pwa/editoriale/2020/08/16/news/m5s_rousseau_referendum_governo_conte_beppe_grillo-264784604/ Inviato da Posta per Windows 10 Titolo: Prestito a Casaleggio, il manager isolato nel Movimento: "Dobbiamo lasciarci ... Inserito da: Admin - Agosto 18, 2020, 11:05:34 pm Prestito a Casaleggio, il manager isolato nel Movimento: "Dobbiamo lasciarci alle spalle il passato" | Rep
Posta in arrivo x ggiannig <ggianni41@gmail.com> 09:37 (13 ore fa) a me https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/08/17/news/prestito_a_casaleggio_il_manager_isolato_nel_movimento_dobbiamo_lasciarci_alle_spalle_il_passato_-264854609/ Titolo: M5S, l’ultimo rifugio è l’anti-casta Inserito da: Arlecchino - Agosto 30, 2020, 09:49:16 pm M5S, l’ultimo rifugio è l’anti-casta | Rep
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Posta in arrivo x A-LAU-NUOVA da news x Arlecchino Euristico a me https://www.corriere.it/padiglione-italia-grasso/20_settembre_13/doppio-equivoco-cinque-stelle-duri-puri-8b867c66-f52e-11ea-814b-1722ae1ed93d.shtml Inviato da Posta per Windows 10 Titolo: Di Battista: 5stelle regionali sconfittastoriaca Inserito da: Arlecchino - Settembre 22, 2020, 07:57:31 pm (nessun oggetto)
Posta in arrivo x Arlecchino Euristico 19:21 (32 minuti fa) a me https://www.open.online/2020/09/22/di-battista-regionali-sconfitta-storia-m5s-referendum-entusiasmo-eccessivo/ Inviato da Posta per Windows 10 Titolo: Nel Movimento Cinque Stelle tutti contro tutti. Di Battista attacca: rischio... Inserito da: Admin - Settembre 24, 2020, 12:41:28 pm Nel Movimento Cinque Stelle tutti contro tutti. Di Battista attacca: rischio scissione | Rep
Posta in arrivo x ggiannig <ggianni41@gmail.com> mer 23 set, 08:17 (1 giorno fa) a me https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/09/22/news/elezioni_m5s_-268215433/ Titolo: Piernicola Pedicini - Lentamente un Movimento muore Inserito da: Admin - Settembre 24, 2020, 06:21:39 pm Piernicola Pedicini - Portavoce M5S al Parlamento Europeo
Lentamente un Movimento muore Quando le regole diventano più importanti degli obiettivi e si epura il dissenso appellandosi al rigore del regolamento mentre ci si dimentica dei territori, della TAV, della Tap, dell’ILVA di Taranto… Quando si sostituisce l’attivismo con il proselitismo e ti senti sempre più gratificato da un “signor si” e sempre più minacciato da un “signor no”. Quando sei al Governo e non crei una classe dirigente adeguata alle sfide globali ma ti impegni per sistemare i tuoi amici più fedeli al prezzo delle nomine più indigeste nelle partecipate dello Stato. Quando cominci ad andare alle cene di gala, diventi amico di un ambasciatore, di un petroliere, di un industriale…quando il mondo dei potenti ti saluta cordialmente. Quando non è più il Governo a fare ciò che dice il Movimento ma il Movimento a fare ciò che dice il Governo. Quando i Parlamentari sono ridotti a schiaccia-bottoni che avallano la scelta del Capo a suon di voti di fiducia e Decreti Legge. Quando la “democrazia diretta” diventa “democrazia diretta dall’alto” con quesiti che favoriscono il pensiero unico e l’omologazione. Quando la linea politica la decide la Comunicazione che, giorno dopo giorno, impartisce un documento di sintesi che sarà il più fedele alla linea a recitare a memoria in TV. Quando ci si schiera con un leader solo per sostituirlo con un altro leader dimenticando che il vero problema è il leaderismo in se…che il vero problema è la tendenza a lasciar fare a qualcun altro, lo spazio vuoto del tuo impegno civile. Quando di fronte ad una nuova tecnologia (5G) ci si pone solo il problema della sicurezza dei dati e quello dei rapporti geopolitici con la Cina o con gli Stati Uniti, dimenticando totalmente i rischi per la salute. Quando si esulta per un prestito dalle istituzioni europee (Recovery Fund) dimenticandosi che quello è denaro prelevato dalle tasche dei nostri figli, che è denaro preso in prestito dal nostro futuro e se si decide di farlo bisogna battersi fino in fondo per evitare di restare incatenati ad un muro per sempre. Quando si accetta il ricatto sul MES. Quando i sondaggi decidono la tua linea politica e in nome di quei sondaggi non si ha il coraggio di fare una scomoda battaglia culturale. Quando si rinuncia a combattere contro gli assurdi meccanismi Europei che prevedono una moneta unica ma un differente costo del denaro e che sono privi di una vera e propria Banca Centrale. Quando si regalano miliardi dei poveri cittadini alle voraci banche italiane con il sistema delle aste marginali o dei sindacati senza che un viceministro dica mai una parola su questo. Quando un Capo politico si arroga il diritto di scegliere i capilista che, una volta eletti, inquineranno qualsiasi processo decisionale interno, spostando la maggioranza verso il pensiero del Capo e non verso il pensiero libero. Quando un Capo politico può fare anche il Ministro o, addirittura, il vice premier infischiandosene del conflitto di interesse. Quando le posizioni politiche si fissano sul giornale con una dichiarazione del Capo politico, di un Ministro, di un vice Ministro e con le successive dichiarazioni di consolidamento dei propri sottoposti. Quando non ci si prende la responsabilità di aver portato il Movimento al 10% ma si festeggia per una vittoria scontata del SI. Quando si esulta e si sorride mentre il Movimento sul territorio soffre. Quando ci si dimette solo di facciata e si scaricano le responsabilità sul debole capro espiatorio di turno. Quando alla fine di un evento restano a terra le carte colorate, i manifesti e i volantini dei tuoi candidati. Quando tutto questo succede e non te ne accorgi neanche più. Quando non hai più un sogno. Ecco…è così che sta morendo il nostro Movimento, lentamente. Sta morendo a piccole dosi. Sta morendo nei silenzi di convenienza. Sta morendo nei sorrisi falsi e nelle pose programmate. Io dico che se c’è ancora una possibilità per tentare di rianimare il nostro Movimento, allora bisogna provarci organizzando un Congresso (sì, proprio un Congresso) al massimo entro ottobre. Un Congresso che sia realmente democratico e realmente partecipato da chiunque ne avesse diritto tranne che da coloro che rivestono un incarico di Governo! Perché la sola presenza di chi riveste già un incarico di Governo sarebbe in palese e inaccettabile conflitto di interesse! Da Fb il 23 settembre 2020 Titolo: Lombardi: “Fuori ministri e big dal direttorio M5S. Raggi? Non può vincere” Inserito da: Admin - Settembre 26, 2020, 11:08:23 am Lombardi: “Fuori ministri e big dal direttorio M5S. Raggi? Non può vincere” | Rep
Posta in arrivo ggiannig <ggianni41@gmail.com> 09:45 (1 ora fa) a me https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/09/25/news/lombardi_fuori_ministri_e_big_dal_direttorio_m5s_raggi_non_puo_vincere_-268543777/ Titolo: Grillo un credo molto pericoloso ... Inserito da: Admin - Settembre 26, 2020, 05:08:29 pm (nessun oggetto) Posta in arrivo Arlecchino Euristico mer 23 set, 23:29 (3 giorni fa) a me https://www.open.online/2020/09/23/beppe-grillo-credo-solo-nella-democrazia-diretta/ Inviato da Posta per Windows 10 Titolo: I Ragazzi di Grillo ci hanno messo in mezzo tra incudine e martello, e noi fessi Inserito da: Admin - Settembre 27, 2020, 04:26:48 pm La visita di Pompeo nell’Italia terreno di scontro tra Usa e Cina | Rep
Posta in arrivo ggiannig <ggianni41@gmail.com> 09:46 (6 ore fa) a me https://rep.repubblica.it/pwa/editoriale/2020/09/27/news/stati_uniti_cina_visita_di_mike_pompeo_in_italia_telecomunicazioni_porti_marittimi-268616941/ Titolo: PANCHO PARDI - L'anticostituzionalismo dei 5Stelle Inserito da: Admin - Settembre 29, 2020, 02:30:35 pm PANCHO PARDI - L'anticostituzionalismo dei 5Stelle
La proclamazione pubblica di Grillo sulla sua ormai definitiva sfiducia nella democrazia parlamentare e la preferenza per la democrazia referendaria si presta a diversi livelli di lettura. C'è il piano personale, quasi psicologico, del rapporto tra lui stesso e i parlamentari eletti nelle file del Movimento 5Stelle. Rapporto complesso tra ispiratore e ispirati, non privo di necessari momenti di frizione: una cosa è dare la linea generale, altra dibattersi in Commissioni e in Aula per mantenere una coerenza riconoscibile all'azione parlamentare del gruppo, in una situazione ricca tanto di sorprese che di necessità. Questo piano appartiene tutto ai protagonisti e nessuno che sia al di fuori può aver qualcosa da dire. Salvo registrare di passaggio che la plateale svalutazione del Parlamento sottolinea con forza la condizione provvisoria e incerta degli eletti. C'è poi il piano tattico della previsione politica, che un leader è comunque tenuto a esercitare. Qui si può rilevare una sua possibile maliziosità. Non avrà voluto dire ai suoi che, attuato vittoriosamente il taglio del Parlamento e dovendo fronteggiare l'ormai sensibile calo del consenso elettorale, lo squadrone parlamentare dei 5Stelle deve prepararsi al suo assottigliamento in una ben più ristretta pattuglia? Insomma un intento quasi consolatorio: svanita la potenza parlamentare il Movimento si concentri sulla dimensione strategica per attuare la democrazia diretta. Ma se di questo si tratta - il passaggio in Parlamento per superarlo - allora ci riguarda tutti. Non è una novità assoluta; l'aveva anticipato Casaleggio padre qualche anno fa. Ma espresso con le parole recenti di Grillo il progetto riduce a innocua battuta l'antica idea di Berlusconi che per sveltire la prassi parlamentare bastasse far votare solo i capigruppo. Idea che allora sollevò cori indignati e che appare ora come un'amenità bonaria da vecchio zio. Non è chiaro se Grillo abbia presenti le implicazioni della sua fantasia. Dovrà comunque ammettere che passare dalla routine parlamentare al voto referendario "una volta la settimana" significa non una riforma radicale della Costituzione ma una sua totale riscrittura. Che lo sappia o no Grillo si è posto in una condizione che, considerata nel modo più asettico, è del tutto extracostituzionale, ma vista sotto il necessario profilo politico appare francamente anticostituzionale. Tema secondario di questo piano è il suo realismo. Grillo pensa davvero che tutta l'azione politica sia riducibile al martellamento referendario? Tutta la complessa macchina di gestione conflittuale della società può essere concentrata nella risoluzione a passo di carica di una serie virtualmente infinita di quesiti referendari? Ma queste sono quisquilie se si pensa anche solo di sfuggita alla dimensione istituzionale. Se non c'è Parlamento da chi o da che cosa è espresso il governo? Chi o cosa controlla il governo? In quali sedi si esercita l'opposizione? E, dato e non concesso che l'azione legislativa possa essere ridotta alla pratica referendaria, chi controlla la legittimità degli effetti legislativi di questa? In subordine altro interrogativo riguarda il carattere materiale del voto. Grillo vuole sostituire il voto elettorale col voto referendario, ma non si ferma qui. Immagina davvero che questo possa essere esercitato da casa con un click sul computer usando una piattaforma on line. A parte il tema tutt'altro che trascurabile del controllo sulla piattaforma (perfino i suoi parlamentari non sono soddisfatti della sua) si rende conto Grillo di che cosa significhi privare il voto della sua natura di consapevole esercizio collettivo, concentrato in un tempo e in uno spazio strettamente formale, e ridurlo al rango di una banale risposta a un sondaggio telefonico? Continua a dominare su tutto l'interrogativo sulla fonte di legittimità del governo. Grillo pensa che si possa votare solo per il governo? Magari tramite una piattaforma senza controllo? Oppure dalla piattaforma uscirà non il governo ma addirittura la Volontà Generale? Non so Grillo ma molti suoi parlamentari che in queste legislature hanno duramente studiato non ignorano che nella prosa spesso tagliente e luminosa di Rousseau il passaggio di gran lunga più oscuro è proprio quello sulla formazione della Volontà Generale. Ma non voglio buttarla in filosofia. Si rendono conto gli eletti 5Stelle che il loro leader si muove in una prospettiva ontologicamente anticostituzionale? Hanno qualcosa da dire in proposito? Pancho Pardi (25 settembre 2020) Scritto venerdì, 25 settembre, 2020 alle 14:20 nella categoria Pancho Pardi. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Da - http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=30645 Titolo: La crisi del Movimento 5 Stelle: «Ora può dissolversi» Inserito da: Admin - Ottobre 01, 2020, 05:43:59 pm La crisi del Movimento 5 Stelle: «Ora può dissolversi» - Corriere.it
Posta in arrivo ggiannig <ggianni41@gmail.com> gio 24 set, 23:52 (7 giorni fa) a me https://www.corriere.it/politica/20_settembre_23/02-politico-documentoacorriere-web-sezioni-e830a42a-fdc9-11ea-a13a-1a7326323030.shtml Titolo: Strappo di Casaleggio, 5Stelle verso la scissione Inserito da: Admin - Ottobre 05, 2020, 07:21:07 pm Strappo di Casaleggio, 5Stelle verso la scissione | Rep
Posta in arrivo ggiannig <ggianni41@gmail.com> 08:04 (11 ore fa) a me https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/10/04/news/strappo_di_casaleggio_5stelle_verso_la_scissione-269482080/ Titolo: Reddito di cittadinanza, il flop sul lavoro utile delle sindache grilline Inserito da: Admin - Ottobre 06, 2020, 09:21:26 pm Reddito di cittadinanza, il flop sul lavoro utile delle sindache grilline | Rep Posta in arrivo ggiannig <ggianni41@gmail.com> ven 2 ott, 09:36 (4 giorni fa) a me https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/10/01/news/reddito_di_cittadinanza_il_flop_sul_lavoro_utile_delle_sindache_grilline-269152825/ Titolo: M5S, sopravvivere non basta più Inserito da: Admin - Ottobre 07, 2020, 06:42:39 pm M5S, sopravvivere non basta più | Rep
Posta in arrivo Arlecchino Euristico mar 6 ott, 10:54 (1 giorno fa) a me https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/10/05/news/m5s_sopravvivere_non_basta_piu_-269583892/ Inviato da Posta per Windows 10 Titolo: M5S, Bugani: "Affondiamo come la Costa Concordia e i capi pensano a salvarsi" Inserito da: Admin - Ottobre 08, 2020, 12:34:38 pm M5S, Bugani: "Affondiamo come la Costa Concordia e i capi pensano a salvarsi" | Rep
Posta in arrivo Arlecchino Euristico sab 3 ott, 11:41 (5 giorni fa) a me https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2020/10/02/news/m5s_massimo_bugani_casaleggio-269249931/ Inviato da Posta per Windows 10 Titolo: I 5Stelle e il duello dell’algoritmo Inserito da: Admin - Ottobre 15, 2020, 11:47:42 am I 5S e il duello dell’algoritmo | Rep
Posta in arrivo ggiannig <ggianni41@gmail.com> lun 12 ott, 08:49 (3 giorni fa) a me https://rep.repubblica.it/pwa/editoriale/2020/10/11/news/i_5s_e_il_duello_dell_algoritmo-270252205/ Titolo: Stati generali M5S, l'esame della patente è rinviato Inserito da: Admin - Novembre 13, 2020, 07:03:43 pm Stati generali M5S, l'esame della patente è rinviato
Stefano Cappellini - La Repubblica Hanno tutti ragione - La distanza tra le parole e la politica Stati generali M5S, l'esame della patente è rinviato 13 novembre 2020 Care abbonate, cari abbonati, ecco a voi il numero 20 di Hanno tutti ragione. Nel fine settimana si tengono gli Stati generali del M5S, qualche spunto per capire cosa è lecito aspettarsi e cosa no. Gli Stati generali del Movimento 5 Stelle che si aprono domani sono una cosa seria o una kermesse di facciata? È, di fatto, il primo congresso di una forza nata sull’idea di tenersi alla larga dai rituali dei partiti tradizionali e che però, come per altre questioni che segnano il discrimine tra adolescenza ed età adulta, ne ha scoperto l’urgenza e la necessità. Di questi Stati generali non va sottovalutato l’effetto. Il Movimento è entrato nel governo giallorosso come un paziente trascinato a un Tso. E Luigi Di Maio, il capo politico che nel frattempo ha perso i gradi ma non la funzione, è stato all’inizio il più recalcitrante. Dopo poco più di un anno le cose sono cambiate. Gli Stati generali daranno una copertura politica a quella scelta forzate ed estemporanea. Da tempo si è abbassato il livello di conflittualità con il Pd. Le manovre in vista delle comunali della prossima primavera certificano che tira un’altra aria: il M5S sta cercando intese con i dem in tutte le grandi città, persino a Roma, dove ufficialmente sarebbe già in campo Virginia Raggi a caccia del bis, eppure i giochi sono tutt’altro che chiusi (inconfessabilmente, un pezzo di Movimento spera che a riaprirli definitivamente arrivi una sentenza di condanna in secondo grado per la sindaca costringendola a ritirarsi come Chiara Appendino a Torino). C’è chi all’esperimento giallorosso crede per convinzione, come il presidente della Camera Roberto Fico, chi per sano pragmatismo, come il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, chi più per tatticismo, e qui è difficile non fare il nome dello stesso Di Maio. Resta il fatto che la situazione attuale diverrà figlia di una scelta più articolata e ragionata di quelle che, fin qui, hanno affidato le scelte fondamentali a un pugno di clic su Rousseau. Non è un caso che la discussione sulla nuova leadership collegiale del M5S si avvii a chiudersi senza vincitori – nascerà una segreteria allargata e non sarà eletto un vero nuovo capo politico – ma con due perdenti sicuri: uno è Alessandro Di Battista, il più critico sull’avvicinamento al Pd - la “Morte nera” ha definito la prospettiva di un’alleanza strategica tre le due forze oggi unite dal Conte bis - il quale resterà fuori dal nuovo organismo e isolato nelle sue tesi; l’altro è Davide Casaleggio, il cui ruolo di dominus esterno del Movimento è stato picconato fino a renderlo ormai solo una residuale eredità del passato. Ci sono però due questioni che gli Stati generali non affronteranno, per scelta esplicita, e che non depongono a favore di una maturazione del Movimento. La prima è la più appariscente: il M5S è una forza passata nel giro di pochi giorni dal governo in alleanza con la Lega, soggetto tra i più a destra del panorama europeo, a uno con il Pd. Blindare la legislatura e l’esecutivo in carica non basta a dare un senso politico alla piroetta, sulla quale Di Maio&co continuano a glissare in nome della natura post-ideologica del Movimento, come se definirsi estranei al vecchio posizionamento destra-sinistra o insistere solo sul perseguimento del proprio programma, possa legittimare politicamente il fatto di governare un giorno con i sovranisti e quello dopo con gli europeisti, prima con i porti chiusi e poi semi-chiusi o aperti, la mattina a braccetto con Bagnai e la sera con Gualtieri. I vertici grillini insistono a voler rimuovere, quasi in senso psicanalitico, la questione della loro collocazione. Prima di vincere le elezioni del 2018 la linea era: mai alleanze. Dopo averle vinte e aver capito come funziona la democrazia parlamentare la linea si è rovesciata in: alleanze con chiunque pur di fare le cose nostre. Nella sostanza, non è cambiato molto, era un assurdo la prima tesi e resta un assurdo la seconda. Una piroetta a 360 gradi è destinata a riportarti al punto di partenza. Gli Stati generali diranno dunque che il governo è una scelta irreversibile in questa legislatura ma non faranno un passo avanti sul dopo: che succederà finito il governo Conte? Il varo di una legge proporzionale consentirà a tutte le forze di correre in solitaria, e va bene, ma questo significa che, dopo le prossime elezioni, il Movimento sarà pronto a rimettersi in gioco anche con alleanze a destra e magari con la stessa Lega salviniana? L’idea di tenersi le mani libere può rassicurare i Di Battista e chi teme la perdita della presunta purezza primigenia, ma è soprattutto la scelta di restare un passo al di qua della maturità politica. Poi c’è la seconda questione irrisolta: il limite dei due mandati. Una regola costitutiva del Movimento che, come altre rottamate in questi anni a causa del principio di realtà, ora molti vorrebbero rivedere. Gli Stati generali non se ne occuperanno, perché c’è il rischio che il Movimento imploda sotto il peso delle divisioni sul tema (anche in questo caso è Di Battista a minacciare addirittura l’uscita dal Movimento in caso di revisione del limite). Non decidere significa però che il M5S non ha il coraggio di guardare in faccia un’altra delle lezioni apprese: la politica è un mestiere, una professione che richiede preparazione, esperienza e competenze che si acquisiscono nel tempo, sul campo. Immaginate un M5S che confermi il limite dei due mandati: significherebbe trovarsi nel prossimo Parlamento con un’altra masnada di dilettanti allo sbaraglio. Può solleticare qualcuno l’idea di liberarsi di molte delle inadeguate figure viste all’opera, ma il prezzo per le nostre istituzioni sarebbe caricarle di un’altra infornata di stagisti della politica. È pronto il Movimento a riconoscere pubblicamente che il limite dei due mandati era solo la parossistica applicazione di un astratto delirio anti-politico? Se sì, benvenuti tra gli adulti. Se no, la patente di guida è ancora lontana. Da - Stefano Cappellini - La Repubblica Titolo: 5 Stelle, cambia poco o nulla. La bussola resta il populismo. Inserito da: Arlecchino - Novembre 27, 2020, 06:06:09 pm 5 Stelle, cambia poco o nulla. La bussola resta il populismo
Posta in arrivo Arlecchino Euristico lun 16 nov, 22:12 (11 giorni fa) a me http://www.strisciarossa.it/5-stelle-cambia-poco-o-nulla-la-bussola-per-vincitori-e-vinti-resta-il-populismo/ Inviato da Posta per Windows 10 Titolo: Inchiesta Philip Morris Casaleggio, dopo 10 giorni si sveglia il Fatto e vede Ci Inserito da: Admin - Dicembre 10, 2020, 11:16:18 am Inchiesta Philip Morris Casaleggio, dopo 10 giorni si sveglia il Fatto e vede Cinquestellopoli
Posta in arrivo ggiannig <ggianni41@gmail.com> mar 8 dic, 17:30 (2 giorni fa) a me https://www.ilriformista.it/inchiesta-philip-morris-casaleggio-dopo-10-giorni-si-sveglia-il-fatto-e-vede-cinquestellopoli-181313/ Titolo: Il successo di Gianroberto e la Casaleggio Associati, da Olivetti a Beppe Grillo Inserito da: Admin - Dicembre 26, 2020, 06:46:09 pm Il successo di Gianroberto e la Casaleggio Associati, da Olivetti a Beppe Grillo passando per Di Pietro Posta in arrivo Arlecchino Euristico ven 25 dic, 19:06 (23 ore fa) a me https://www.ilriformista.it/il-successo-di-gianroberto-e-la-casaleggio-associati-da-olivetti-a-beppe-grillo-passando-per-di-pietro-178439/ Inviato da Posta per Windows 10 Titolo: Philip Morris ordina, il governo esegue: niente tasse al 50% sul tabacco ... Inserito da: Arlecchino - Gennaio 07, 2021, 06:56:28 pm Philip Morris ordina, il governo esegue: niente tasse al 50% sul tabacco riscaldato
Posta in arrivo ggiannig <ggianni41@gmail.com> mar 22 dic 2020, 16:41 a me https://www.ilriformista.it/philip-morris-ordina-il-governo-esegue-niente-tasse-al-50-sul-tabacco-riscaldato-184486/ Titolo: Dall'uno vale uno al governo appeso a Ciampolillo. Il fallimento del modello M5S Inserito da: Admin - Gennaio 24, 2021, 07:04:49 pm Dall'uno vale uno al governo appeso a Ciampolillo. Il fallimento del modello M5S
Posta in arrivo Arlecchino Euristico 18:31 (31 minuti fa) a me In due anni e mezzo il Movimento ha perso 47 parlamentari, molti dei quali tornati in partita durante la recente crisi di governo. Di Maio e i suoi sanno che &… https://www.repubblica.it/politica/2021/01/21/news/m5s_bivio_cabiare_organizzazione_e_selezione_scontro_casaleggio-283650078/ Inviato da Posta per Windows 10 ... [Messaggio troncato] Visualizza intero messaggio Titolo: Le Sinistre sopportavano tacite o complici? Certamente inutili in ogni caso! Inserito da: Arlecchino - Giugno 08, 2021, 11:39:03 pm Dovevamo aspettare Casaleggio per sentirlo ammettere d'essere un responsabile del Torbido portato, con la Lega, nella società Italiana.
Le Sinistre sopportavano tacite o complici? Certamente inutili in ogni caso! ciaooo Titolo: M5stelle. Movimento nato nel 2009 come libera associazione di cittadini ... Inserito da: Admin - Agosto 27, 2021, 10:40:49 am Movimento 5 stelle
Enciclopedia on line Movimento 5 stelle. - Movimento nato nel 2009 come libera associazione di cittadini e composto dai cosiddetti “attivisti 5 stelle” (già Amici di B. Grillo, poi definiti dalla stampa “grillini”). Anche se il loro peso politico ha iniziato a farsi sentire soprattutto a partire dal 2009, gli attivisti (con in testa Grillo) sono presenti sulla scena pubblica italiana sin dal 2005, da quando cioè si sono raccolti per la prima volta attorno al neo-nato blog del loro ispiratore e si sono uniti a lui nella condanna della corruzione in politica. In breve tempo il blog è divenuto uno dei più visitati del paese, anche grazie all’esperienza del curatore, G. Casaleggio (1954 - 2016). A partire dalla piattaforma sono state organizzate diverse manifestazioni di natura politica e sociale, fra cui hanno avuto particolare rilevanza i V-Day del 2007 e del 2008: nati con l’obiettivo specifico di proporre una legge popolare in aperta polemica con i politici italiani, hanno condensato il malcontento dei molti cittadini delusi dalle dinamiche di governo. Forte del consenso crescente, nel 2008 Grillo ha annunciato dal blog l’intento di promuovere la formazione di liste civiche locali da lui “certificate”, prima di parlare nello specifico di “Liste civiche a cinque stelle”, dove con “cinque stelle” ci si riferisce a connettività, ambiente, acqua, sviluppo e trasporti, punti cardine del gruppo e base programmatica del M. vero e proprio nato pochi mesi dopo. Solo nelle amministrative del 2009 sono stati eletti dodici consiglieri comunali facenti parte delle Liste civiche a cinque stelle, un risultato che ha sorpreso i più e che ha dimostrato l’efficacia di una costante attività a livello locale e di una presenza capillare sul territorio, mostrando una ritrovata vicinanza alla popolazione (principio a cui altri partiti hanno derogato negli ultimi anni). Riuniti sotto la nuova dicitura di “movimento”, gli attivisti a cinque stelle hanno continuato a rifiutare l’etichetta di partito e a negare l’esistenza di un leader, benché la loro partecipazione alle elezioni (fin dal 2010) e l’innegabile influenza di Grillo abbiano dato adito a non pochi dubbi e critiche circa la credibilità di tali affermazioni. Dopo il 6,9% delle preferenze registrato a livello nazionale nelle amministrative del 2011, nel maggio del 2012 quattro attivisti del movimento sono stati eletti sindaci (tra questi anche F. Pizzarotti, divenuto primo cittadino di Parma con oltre il 60% delle preferenze). Qualche mese più tardi (ottobre 2012), in occasione delle elezioni regionali il M. è divenuto il primo partito della Sicilia; il candidato alla presidenza della regione (G. Cancellieri) ha ricevuto il 18,20% dei voti e ha ottenuto uno dei quindici seggi dell’Assemblea guadagnati dagli attivisti (sui novanta totali). Nonostante i successi, all’interno del M. non mancano le voci di dissenso. Negli ultimi mesi del 2012 alcuni attivisti hanno denunciato quella che secondo loro è un’ingerenza eccessiva da parte di Grillo nelle scelte dei singoli componenti del movimento; a far discutere è stata soprattutto la sua dura presa di posizione nei confronti di attivisti quali F. Salsi e G. Favia, che ha poi espulso dal M., dopo i loro interventi televisivi (Grillo infatti si era detto contrario alla presenza del movimento in televisione, in quanto mezzo non adatto a una democrazia partecipativa). A far discutere anche la figura di Casaleggio; indicato da più parti come “il braccio destro” di Grillo, è stato spesso accusato dagli stessi attivisti di comportamenti antidemocratici e censori. Nonostante le critiche interne, dopo una convincente e coinvolgente campagna elettorale conclusa a Piazza San Giovanni a Roma che ha visto una grande partecipazione di cittadini, il movimento di Grillo ha ottenuto alle elezioni politiche del 2013 oltre il 25% dei consensi divenendo il primo partito alla Camera dei Deputati e dando fine, di fatto, alla Seconda Repubblica. In controtendenza rispetto alle passate elezioni, il partito ha perso molti voti alle elezioni europee del 2014, in cui ha di poco superato il 21%, mentre alle amministrative del 2016 il M. ha ottenuto un notevole successo elettorale, presentandosi in 102 comuni, ha fatto eleggere 38 sindaci, conquistando 19 città sulle 20 in cui era in lizza al secondo turno, tra cui importanti capoluoghi come Torino con C. Appendino e la Capitale con V. Raggi. Nel settembre del 2017 Luigi Di Maio ha vinto le primarie per la scelta del candidato premier e del capo politico del Movimento, assumendo Grillo il ruolo di garante. Alle elezioni politiche del 2018 il Movimento ha avuto uno straordinario successo ottenendo più del 32% dei voti sia alla Camera che al Senato, risultando il primo partito ma non raggiungendo la maggioranza assoluta per governare. In una situazione politica di stallo, a quasi tre mesi dalle elezioni, il M. ha raggiunto un accordo con la Lega e individuato nel giurista Giuseppe Conte il premier condiviso, dando così vita al primo governo della storia repubblicana giallo-verde. Alle elezioni europee del 2019 il M. ha registrato un forte calo di consensi attestandosi intorno al 17%. Nell’agosto del 2019, date le divergenze tra i due partiti di maggioranza, la Lega, forte dei consensi ottenuti alle elezioni amministrative ed europee, ha presentato una mozione di sfiducia, poi ritirata, al presidente del Consiglio Conte, che ha rassegnato le dimissioni del governo da lui presieduto al Presidente Mattarella, il quale ha preso atto delle dimissioni e ha invitato il governo a curare il disbrigo degli affari correnti. Nel settembre successivo è nato un nuovo governo sempre a guida Conte con la maggioranza formatasi tra il Movimento, il Partito democratico e LeU, dando vita al primo governo giallo-rosso. Nel gennaio del 2020 L. Di Maio ha dato le dimissioni da capo politico del M. e V. Crimi ha assunto la funzione di reggente. Nel gennaio del 2021 il secondo governo Conte è entrato in crisi, dopo il mancato appoggio della forza politica facente parte della maggioranza Italia viva e nel febbraio successivo è nato il governo Draghi a cui il Movimento ha dato l'appoggio. Nell’agosto dello stesso anno l'Assemblea nazionale degli iscritti del Movimento ha approvato il nuovo statuto che regola le attività e definisce i ruoli e le funzioni degli organi e dove è inserita la Carta dei principi e dei valori del Movimento, e Conte è stato eletto Presidente. Da treccani.it |