Titolo: LIETTA TORNABUONI Inserito da: Admin - Novembre 27, 2007, 12:08:16 am 26/11/2007 (8:49)
Quei tormenti minimalisti dell'Ora Blu Coppie in crisi a Los Angeles in "The Blue Hour" Storie di disperazione tra Oriente e Occidente. Ayres cronista di passioni in "Home Song Stories" LIETTA TORNABUONI TORINO Cinema minimalista d’Occidente o d’Oriente e qualcosa di più. The Blue Hour (L’ora blu, ma anche «l’ora della malinconia») di Eric Nazarian, debuttante nel lungometraggio, armeno, cittadino americano, raccoglie in un quartiere popolare di Los Angeles attraversato da un fiume lurido, quattro piccole storie di strazio e passioni. Una writer tutta sola che sembra un ragazzo, disegna con le bombole sul lungofiume una bionda carina con un buco al posto del naso e una lacrima che goccia all’angolo interno dell’occhio. Il senzatetto investito e ucciso da un’auto in fuga era un professore di astronomia scomparso da anni. In una giovane famiglia, la bambina di quattro anni è morta per incidente: la madre sta male, il padre non sa cosa fare e beve, lei sparisce, lui la ritrova, forse sapranno riaversi. Un chitarrista nero visita all’ospedale la moglie, telefona al figlio perché venga e non riesce mai a parlargli; una mattina il letto è vuoto, è finita. Un ex militare della seconda guerra mondiale, vedovo, si alza al mattino, si lava e si veste con cura, esce zoppicando appoggiato al bastone, fa la spesa, poi va a far merenda disteso sul prato accanto a un tumulo di terra che è la tomba della moglie. I personaggi ogni tanto s’incrociano, sono testimoni della reciproca vita, ma a conoscerli è soltanto il regista: a Nazarian mancano l’ironia e la crudeltà di America oggi, ma racconta i suoi personaggi con affetto pietoso e sobrietà. In un villaggio sulla costa della Malesia, devastato da una inondazione seguita da un’epidemia, un ragazzo e un uomo quasi vecchio che ha perduto tutto cercano di tirare avanti la loro povera vita tra il verde umido delle piante, l’acqua carica di detriti, i vizi invincibili, i sussidi governativi. Il ragazzo raccoglie per venderli i pesci fuor d’acqua, ancora boccheggianti, gioca alla lotteria, tende trappole agli animali del bosco (ci trova incastrato un bambino), vende una ragazzina ai ruffiani e poi se la riprende. L’altro getta nella spazzatura anche le ceneri della moglie morta nell’inondazione, ritrova vitalità andando con una prostituta, vede tra gli alberi la miracolosa immagine di un elefantino, tornando a casa trova un pulcino dal quale iniziare a mettere insieme un nuovo pollaio. The Elephant and the Sea (L’elefante e il mare) di Woo Ming Jin, 32 anni, malese di Ipoh, è un film sensibile, che oppone alla catastrofe pazienza e speranza. Ma poi arriva in concorso The Home Song Stories (I racconti delle canzoni di casa) dell’australiano Tony Ayres, amore ardente, languido e rovinoso tra un marinaio australiano e una bellissima, fatale cantante di locali notturni a Hong Kong e allora si dimentica tutto il resto: tranne il fatto che il regista garantisce che la vicenda è vera, che ha coinvolto lui stesso e sua sorella fin quasi a morire, che era suo dovere raccontarla. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Inserito da: Admin - Dicembre 08, 2007, 05:17:22 pm CINEMA
Giochi proibiti di Lietta Tornabuoni Marianne Faithfull è Irina Palm, vedova ultracinquantenne che sbarca il lunario grazie alle sue mani abili e delicate... Può essere un film patetico oppure un film sardonico, 'Irina Palm': a seconda degli umori dello spettatore. Al centro sta un esercizio sessuale forse davvero praticato o forse inventato dalla malignità del regista, che rappresenta nel settore il massimo della miseria: in un locale sessuale londinese, i clienti infilano il coso in un buco, dopo aver messo monete in una fessura; dall'altra parte della parete una persona li masturba senza parlare né lasciarsi vedere né fare alcun rumore; quando è finita, gli uomini vengono puliti coi fazzoletti di carta e se ne vanno. Una vedova ultracinquantenne cerca lavoro o prestiti perché il proprio amato nipotino possa venir curato in Australia d'una rara malattia e rimanere vivo. Quando a Londra, dopo tentativi falliti, vede il cartello 'Cercasi hostess', si presenta: viene a sapere che hostess è un eufemismo, deve mostrare le mani lisce, morbide e forti, viene assunta in prova. Si sforza di pensare che sia solo un impiego come un altro, sul lavoro porta un grembiule, si costruisce intorno un angolo famigliare con fotografie, fiori e centrini, più tardi legge. Si rivela bravissima, si guadagna il nome allusivo ed esotico di Irina Palm, i clienti fanno la fila per lei, sullo sfondo la musica ripete l'ansimante ritmo coitale. Il nipotino può andare a curarsi in Australia. Il figlio, che ha scoperto la sua attività, la aggredisce e insulta: ma poi si calma. E lei, interpretata benissimo da Marianne Faithfull, migliora: non più una vedova provinciale perbenista, ma una donna libera, compassionevole, forse innamorata. Irina Palm, di Sam Garbarski, con Marianne Faithfull (06 dicembre 2007) da espresso.repubblica.it Titolo: LIETTA TORNABUONI. Attenzione pochi partiti poco pensiero Inserito da: Admin - Aprile 17, 2008, 12:02:22 pm 17/4/2008
Attenzione pochi partiti poco pensiero LIETTA TORNABUONI Se uno ha il cellulare, da noi, non basta: ne compra altri, di altre forme e prestazioni, di altri colori (blu scuro, bianco, prugna, rosa). Se ha un’auto, lo stesso: ne è subito stufo, la cambia con un’altra, tanto per ogni modello ci sono tante varianti. Ogni vestito confezionato ha differenti tinte, bottoni, colletti. Ogni tipo di cibo ha caratteristiche diverse, è italiano oppure no, fatto con grano duro oppure no, mescolato a orzo e farro, da cuocersi in due minuti oppure no. E il caffè? Lungo, corretto, marocchino, con una goccia di latte, con zucchero, senza zucchero, sembra impossibile che così poco liquido consenta tante varianti. La medesima cosa succede per tutto: specialmente in Italia ma dovunque, il segreto del successo, il Bene è la diversificazione dei prodotti, la pluralità delle scelte possibili. Soltanto nel pensiero o nell’agire politici non vale? Nei commenti postelettorali, è stato unanime il giubilo per la secca riduzione del numero dei partiti in Parlamento: tutti contenti, che bellezza, si risparmia e non si fa confusione, fantastico, i partiti erano trentanove e adesso sono sei o sette, è la gioiosa fine della frammentazione, degli accordi introvabili, di ciascuno che vuol dire la sua. Mah. Prima considerazione: da 39 a 7 (ammesso che le cifre siano esatte) è un’assoluta esagerazione, non può essere che il frutto di una insofferenza smaniosa, d’una pulsione modaiola oppure d’una vendetta antipolitica, d’una convinzione che condensare i voti sui due maggiori partiti fosse più utile. Seconda considerazione: quando, dei partiti sopravvissuti alla Camera e al Senato, uno conquista una maggioranza tale da consentirgli di fare quel che vuole, non siamo a una salutare riduzione del numero di partiti, ma al temibile partito unico. Vantaggi pochissimi, dunque: e non si capisce perché rallegrarsene tanto. A una delle infinite discussioni postelettorali, uno degli uomini di Berlusconi, interrogato sulle prime mosse del nuovo governo, ha parlato candidamente di riforma della Costituzione e di federalismo fiscale. Si sa che Berlusconi desidererebbe diventare Presidente della Repubblica e che la Lega vorrebbe tenere al Nord le tasse raccolte sul territorio, quindi uno spasmo allo stomaco: rieccoli, con gli affari loro. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI. Politica in maniche di camicia Inserito da: Admin - Aprile 24, 2008, 08:57:59 am 24/4/2008 - PERSONE
Politica in maniche di camicia LIETTA TORNABUONI Berlusconi ha portato camicia blu scura, quasi nera, con cravatta in tinta, e pazienza: è alla moda (a Milano la portano tutti i parrucchieri) e rétro, evocativa. Sono più numerosi i candidati che durante la campagna elettorale per farsi fotografare o riprendere, per andare in mezzo alla folla, hanno rinunciato alla giacca per restare in maniche di camicia: per esempio Veltroni (raramente), Casini (camicia rigata aderente), Rutelli, persino Storace grosso com’è, pure il direttore del Tg1 Riotta (ampia camicia bianca alla maniera contadinesco-Dolce & Gabbana). Niente di male, anzi: le maniche di camicia sono più giovanili, più disinvolte, eleganti e domestiche nello stesso tempo, da lavoratore e insieme in stile Kennedy. Alle origini, invece, l’uso della camicia denotava una posizione antiborghese: le camicie brune di Hitler, le camicie nere di Mussolini, le camicie franchiste presenti pure in un inno («Cara al sol, camisa nueva»), le camicie dell’Unione Fascista inglese di Mosley, furono adottate per sottolineare una virilità semplice e combattente, antitetica rispetto agli usi del modo di vestire democratico dell’epoca. Nel caso delle S.A. naziste, la camicia era addirittura una promessa di aggressività, una divisa da forzuti. Ma succedeva tanto tempo fa. Adesso le maniche di camicia conservano una punta di più mite atteggiamento antiborghese e insieme si ispirano alla praticità americana o giapponese, all’eleganza di chi è abbastanza ricco o potente da non essere costretto ad alcun formalismo. È strano però che da noi la scelta della camicia sia stata dismessa appena si è arrivati al voto: come se la campagna elettorale fosse uno spettacolo per il quale si indossano adeguati costumi, un esercizio di seduzione, una cerimonia per la quale vestirsi in maniera particolare. Ecco allora cosa pensavano i candidati al mattino, preparandosi alla giornata politica: cosa mi metto? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI. Perché telefonare al vincitore? Inserito da: Admin - Maggio 02, 2008, 10:51:16 am 1/5/2008 - PERSONE
Perché telefonare al vincitore? LIETTA TORNABUONI Chi governa non vince le elezioni, nei periodi difficili: i bisogni e le aspettative degli elettori sono tali che nessuno riuscirebbe a soddisfarli. E per le sciocchezze? Alemanno quasi non era ancora sindaco di Roma, che Rutelli compunto annunciava in conferenza-stampa: «Gli ho già telefonato i miei auguri di buon lavoro». Aveva fatto lo stesso Veltroni vinto telefonando a Berlusconi vincitore: «L’ho chiamato per fargli gli auguri di buon lavoro». Ma perché telefonate? Per gentilezza, per amicizia? Per fare gli anglosassoni, per dimostrare fair play, per far sapere che mentre la sinistra sconfitta soffre voi pensate alla bella o brutta figura personale, per ostentarvi ancora una volta superiori dato che se aveste vinto voi Berlusconi o Alemanno mai vi avrebbero chiamato? Ma per cosa telefonate? Per etichetta, per formalismo? Per gli elettori romani della sinistra, davvero la sconfitta è dolorosa. Sinora, negli anni della Repubblica, era successo che il sindaco di Roma fosse un uomo di destra: ma di quella destra democristiana composta e spietata, borghese. Roma era stata per vent’anni la sede di tutte le gerarchie e le istituzioni mussoliniane: i fascisti, palesi o occulti, nella città del dopoguerra restavano massa, prima di venir sostituiti dai democristiani. La destra neofascista era un’altra cosa. Accanto ai «fascisti in doppio petto» come il segretario Almirante: picchiatori, prepotenti, rissosi, tifosi, autori di irruzioni e peggio nelle feste popolari, maneschi all’Università e nelle scuole, scrittori sui muri di slogan raccapriccianti, portatori di emblemi nazi, sempre col braccio teso nel saluto romano. Questi, davvero non erano mai arrivati al Campidoglio: però erano spesso testa a testa con la sinistra nelle elezioni cittadine. Persino adesso che «fascisti» è un termine più fuori moda che fuori tempo, adesso che sono passati tanti anni e i missini hanno cambiato nome e usi, l’avvento di Alemanno conserva per la sinistra romana qualcosa di allarmante, il suo benevolo proposito «Sarò il sindaco di tutti i romani» ha una sfumatura temibile. E tanti della sinistra patiscono pensando alle possibili conseguenze pratico-politiche e culturali: altro che telefonate. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI. Dialogo diretto salvatutti Inserito da: Admin - Maggio 08, 2008, 06:44:34 pm 8/5/2008 - PERSONE
Dialogo diretto salvatutti LIETTA TORNABUONI Litigi e pastrocchi proprio come quando si formavano i governi democristiani; per contentare tutti, ministri e ministeri avrebbero dovuto essere almeno mille. Ci siamo abituati, ma per parlare d’altro non sarebbe stato meglio che, prima della scadenza del suo mandato alla fine di maggio o magari sin dall’inizio, il Commissario ai rifiuti De Gennaro avesse parlato con la gente delle difficoltà del suo lavoro? Non sarebbe meglio se fra cittadini e persone con incarichi specifici (anche ministri, si capisce) si stabilisse un nuovo tipo di comunicazione? Adesso ci siamo presi il mònito internazionale con avviso di multa, i rifiuti cominciano a diventare un problema anche per Roma, una parte del Lazio ne ha già subìto l’invasione. Non solo non si sono ottenuti risultati, ma la situazione è peggiorata: e non stiamo qui a parlare dei danni disastrosi. La gente può pensare che il Commissario non abbia saputo fare nulla, non abbia potuto fare nulla; che sia pigro, insipiente, prigioniero. Sì, si son visti alla tv gruppi di persone opporsi alla costruzione o riesumazione di diverse discariche, si son visti costosi treni carichi di rifiuti in corsa verso la Germania che ne ricava bei soldi: ma cosa veramente sia accaduto non lo sappiamo. Se il Commissario, con pacatezza e precisione, ci avesse spiegato le sue difficoltà alla tv, almeno non penseremmo male delle istituzioni e di lui, non daremmo ragione a battutisti e qualunquisti. Non si poteva instaurare con la gente un dialogo diretto, per niente lagnoso o disonorevole ma schietto, anche al di là dell’intervento dei media? Non si può ancora instaurare un rapporto vero, una occasione in cui i ministri e altri, a rotazione, rendono conto di quanto hanno fatto o non fatto? Ingenuità? Ammesso che sia sincera (vanterie e menzogne non servono a nessuno), non sarebbe un’iniziativa capace forse, se non è troppo tardi, di ravvicinare governanti e governati? Comunque, qualcosa di meglio dei redditi on-line, che sono falsi per natura: perché risalgono al 2005, perché le denunce dei redditi sono in maggioranza truccate e parziali. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Inserito da: Admin - Maggio 14, 2008, 06:13:24 pm 14/5/2008 - FESTIVAL DI CANNES
Meno film, pochi party, stesso chic LIETTA TORNABUONI Film da libro, per cominciare: il 61° Festival s’inaugura con Blindness di Fernando Meirelles, tratto da Cecità di Josè Saramago (Einaudi). Una repentina epidemia di cecità colpisce la popolazione che perde la vista riuscendo a scorgere appena una coltre bianca, una parete lattea. I malati vengono chiusi in un manicomio abbandonato: ma aumentano ogni giorno, mancano cibo e spazio, la violenza si sfrena, la metafora si fa sempre più trasparente. Molti altri film in concorso a questo Festival condensano un’angoscia simile, compresi i due italiani, Gomorra e Il divo, di Matteo Garrone e di Paolo Sorrentino, sulla camorra e sul declino della politica. Non capitava da molto tempo che ci fossero in gara per la Palma due nostri film: una delle ultime volte dev’essere stata nel 1972, quando La classe operaia va in paradiso di Elio Petri e Il caso Mattei di Francesco Rosi vinsero ex-aequo la Palma, mentre più tardi la Palma toccò a Padre padrone di Paolo e Vittorio Taviani nel ‘77 e a L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi nel ‘78. Non è il caso di preoccuparsi per l’immagine italiana: se si dovesse badare a cose simili, Stati Uniti e Inghilterra non avrebbero più alcuna immagine da un bel pezzo. Non è neppure il caso di prendere la presenza di quei due film in concorso come una vittoria italiana, oppure come un segno di bella e fiorente produzione, oppure come un complotto antitaliano: simboleggiano nulla, semplicemente ci sono. Si può rallegrarsi perché sono molto belli, ma non rappresentano una tendenza né altro, soltanto la realtà che rispecchiano e i bravi autori che li hanno realizzati. Quest’anno al Festival? Meno film, meno feste, meno giornalisti, meno fan: logico, pure il Festival avverte la crisi economica occidentale. Cannes riesce tuttavia a tenere alto il proprio prestigio: i nomi (le opere, si vedrà) dei partecipanti al concorso sono importanti e brillanti; non è male l’idea di celebrare i vecchi vincitori della Palma d’Oro e di risarcire gli autori dei film che non vennero proiettati nel dimezzato 1968; la Quindicina dei registi che festeggia quest’anno il quarantesimo compleanno è davvero una manifestazione parallela, offre un programma che il suo direttore Olivier Père definisce «radicale». Geograficamente parlando, il Festival è soprattutto sudamericano e belga più che americano o italiano. Insieme con il prestigio va l’immagine del festival di Cannes, sempre splendente e radiosa anche col maltempo, fatta di cartelloni colorati, scollature, film, fiori, luci, odore di patate fritte e cerimonie, che neppure la implacabile (e benvenuta, almeno tutto funziona) routine riesce ad appannare. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Quali parole per dirlo Inserito da: Admin - Maggio 15, 2008, 11:12:31 am 15/5/2008 - PERSONE
Quali parole per dirlo LIETTA TORNABUONI Naturalmente, «dialogo» è la parola più in voga, ripetuta dai politici con insistenza e frequenza sospette, come un mantra inteso a invocare la fortuna e a calmare i nervi, come una preghiera: ma sono altre le parole che suscitano la massima sorpresa. Per esempio Fini, dicono, ha affidato a La Russa il ruolo di reggente del suo partito. Davvero? E chi è? Un sovrano, un imperatore, che può nominare un reggente? Non un sostituto, un vice, ma proprio un reggente, come i re? E il ciambellano cosa fa, s’è offeso, se l’è presa? E Vittorio Emanuele III, ex re d’Italia che nominò il figlio reggente o luogotenente, s’è rivoltato nella tomba? Qui si va perdendo la testa, o più semplicemente il senso delle parole. Altra espressione interessante, il ministero della Semplificazione. Titolare a parte, è strano creare un ministero dedicato a una astrazione; è un po’ come fare il ministero della Disapprovazione o della Formalizzazione, della Lucidità, dell’Eleganza. Come potrà agire, questo ministro? Ficcandosi dappertutto a semplificare gli altri secondo il proprio criterio, indifferente alle competenze e ai settori? In questo caso, non potrebbe diventare un ministero dell’Intrusione? Ma quello che più lascia stupefatti è il nuovo uso della parola «rispetto». Riassumiamo: alla televisione, Marco Travaglio espone alcuni fatti riguardanti il presidente del Senato. Apriti cielo. Grida alla mancanza di rispetto, rimproveri, richiesta di scuse ufficiali, minacce, scandalo, promesse di forte intervento contro la trasmissione «Che tempo che fa» e Fabio Fazio (luogo e conduttore dell’infamia). Il solito fiume torbido che accompagna i pretesti, anche se Travaglio ha sempre vinto ogni causa intentatagli, ha sempre detto e scritto fatti documentati e se i fatti in questione li ha già pubblicati in un libro senza la minima reazione. Ma in un libro va bene, tanto non lo legge che una trascurabile minoranza; alla televisione, no. Ora, se quei fatti sono falsi si può querelare il falsario, e si vedrà. Se sono veri, da parte del presidente e di tutti sarà meglio lasciar perdere: non c’è alcuna mancanza di rispetto. Le cariche non garantiscono l’impunità, s’è visto mille volte. Montare una faccenda simile aiuta nel caso a pensare a uno strumentale attacco anti-Rai. Ricominciamo subito con le liste nere, le messe al bando, gli editti bulgari, le esclusioni, le persone da cacciare indicate col dito? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI - Una terribile bellezza Inserito da: Admin - Maggio 21, 2008, 05:50:53 pm 19/5/2008 - CANNES
Una terribile bellezza LIETTA TORNABUONI Bellissimo film in concorso, Gomorra di Matteo Garrone è parlato in dialetto con sottotitoli italiani:questo dà una sensazione remota. Come si sa, racconta la camorra nelle province di Napoli e di Caserta, ma la parola «camorra» nessuno la usa più:dicono piuttosto «il sistema»oppure dicono nulla, non servono definizioni. Le mafie italiane (informa Roberto Saviano, dal cui libro, edito da Mondadori con straordinario successo, è tratto il film) hanno un giro d’affari di 150 miliardi di euro l’anno: ad esempio, la Fiat ne fattura 58. La camorra ha ucciso 4 mila persone in trent’anni, più di ogni altra organizzazione criminale o terroristica. La camorra, nell’immensa ricchezza dei suoi investimenti diversificati, ha perfino acquistato azioni per la ricostruzione delle Torri Gemelle a New York e fa lavorare in nero per l’alta moda italiana tanto glamour. Il regista (40 anni, romano,figlio di un critico teatrale, già pluripremiato per L’imbalsamatore e Primo amore) ha strutturato la sua opera magnifica e terribile in cinque storie: come i sei episodi di Paisà di Rossellini sull’Italia in guerra. Gli interpreti sono perfetti. In particolare, Toni Servillo, delinquente che tratta lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici seppellendoli nelle campagne dove vivono i contadini,si ergono le ville dei boss, si coltivano le verdure cancerogene. Il film è nutrito di fatti realmente accaduti e che continuano ad accadere, di corpi morti, di soldi, di colpi secchi d’armi da fuoco, di addestramento criminale di ragazzini,di corridoi d’ospedale e di fatalità («Funziona così»). Termina sulla spiaggia, con due cadaveri di adolescenti che volevano essere indipendenti portati via lentamente da una ruspa, come un mucchio di sabbia. Così non si può dire che Gomorra sia grande ma senza cuore, che l’assenza di contrapposizione tra legalità e illegalità cancelli l’emozione: il film-analisi, il film d’antropologia sociale, vede tutto attraverso il linguaggio formale ed è anche questo a renderlo memorabile. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI. Tolleranza zero che mistero Inserito da: Admin - Maggio 22, 2008, 10:21:56 am 22/5/2008 - PERSONE
Tolleranza zero che mistero LIETTA TORNABUONI A molti piace assai l’espressione «tolleranza zero ». Se la rigirano in bocca sentendosi onnipotenti, decisionisticomeunpreside innervosito: gente senza indulgenze, dura, implacabile quando è necessario, un po’ arrogante ma insomma ferma. Non si curano del fatto che si tratti di un’espressione americana tradotta malamente: anzi. Li fa sentire bene, persone che hanno trovato la soluzione. Permette di rispondere alle obiezioni con due parole spavalde come uno sparo che corrispondono a quel sentimento così attuale di impazienza verso i ragionamenti, di insofferenza alla riflessione. Ad altri, invece, «tolleranza zero» non piace: pensano che sulla tolleranza (e non sulla durezza) si basi l’equilibrio precario del caoticomondocontemporaneo, che soltanto la tolleranza possa salvare dalle inevitabili migrazioni dei poveri nei Paesi dei ricchi, che la «tolleranza zero» sia una condanna per sé e magari per gli altri. A usare questa espressione in Italia e per l’Italia, poi, si sentirebbero ridicoli: come si fa a proclamare «tolleranza zero» quando ai poliziotti malpagati si negano anche pochi spiccioli di aumento e ogni motivazione o gratificazione, quando a Napoli e altrove ci sono migliaia di ordini di carcerazione da anni ineseguiti e ineseguibili, quando a certi Commissariati e Procure mancano pure i soldi per comprare la benzina e la carta, quando arrestare gli stranieri «colpevoli di immigrazione clandestina» vorrebbe dire (ammesso che gli arresti venissero eseguiti) devastare le nostre carceri già troppo popolate che avvicinandosi l’estate si preparano alle rivolte contro l’invivibilità, quando la comunità internazionale si risente e critica con severità? Sarebbe davvero meglio lasciar perdere, con l’assurda e militaresca «tolleranza zero», slogan usato per rigirare gli elettori di ieri e di domani, non calzante con alcuna condizione italiana. Sarebbe meglio cambiare atteggiamento e spirito, neppure provare a confortarsi facendo la faccia feroce. Sarebbe meglio tentare le cose indispensabili con serietà, senza esibizioni di una forza che non si possiede, senza affidare i problemi a commissari soli e impotenti scaricandosi del peso di governare le situazioni più aspre, senza megalomanie, con concretezza e senza furie verbali: il guaio è che nonne sono capaci. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI "Sono sereno" come mai? Inserito da: Admin - Maggio 29, 2008, 05:04:57 pm 29/5/2008 - PERSONE
"Sono sereno" come mai? LIETTA TORNABUONI Pallidissimo, il prefetto di Napoli ripete: «Sono sereno, sono molto sereno». E come mai? Se non avesse pure guai giudiziari personali, dovrebbero bastare i guai di Napoli (rifiuti, ritardi, rivolta) a renderlo inquieto. Invece no: sereno. L’espressione (sono sereno, siamo molto sereni) è adesso la prediletta, è usata da Berlusconi e da tutti: concretamente indica la massima preoccupazione, ma in sede oratoria vuol dire «nulla al mondo mi turba». Ci sono altre parole per dirlo, però «sereno» ha in sé qualcosa di serafico, di calmo, di santa letizia o di temperamento chiesastico, che suona bene. Non per gli ascoltatori, naturalmente. A quelli la serena impassibilità provoca invece esasperazione: ma come, noi non sappiamo più come cavarcela, siamo aggrediti dall’ansia e dall’insicurezza, e tu sei sereno? Come si potrebbe far capire ai politici questa reazione indispettita, questo senso di presa in giro? Ci sono poi persone a proposito delle quali la serenità non risulta credibile. Il ministro La Russa, per dire, col suo dinamismo verbale sulfureo e chiassoso; l’ex presidente della Camera Casini, con la sua eloquenza fluviale segnata da scoppi ed esplosioni vocali regolari; il ministro Tremonti, con i suoi toni monotoni e ostinati, un sussurro implacabile che non finisce mai; l’onorevole Di Pietro, con i suoi irritati accenti dialettali. Dichiarare d’essere sereni non serve, soprattutto in questo periodo in cui l’azione di governare è un groviglio inestricabile: impossibile stabilire quale delle innumerevoli emergenze affrontare per prima, impossibile aver fiducia nella eventualità di risolvere anche problemi minori, impossibile fare qualcosa perché mancano i soldi così che quello che levi con la sinistra lo aggiungi con la destra, impossibile appagare i grandi desideri e bisogni dei cittadini. Impossibile anche tirare la gente dalla propria parte: ormai ha imparato i meccanismi, sa stare in guardia, è capace di rinfacciare il tradimento oppure l’alterazione delle troppe promesse, gli atteggiamenti da forzaioli senza forza. A pensarci bene, forse sarebbe più opportuno (e anche più schietto, meno provocatorio) dire, anziché «sono sereno», «sono preoccupato». da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Vacanze truffa della tv Inserito da: Admin - Giugno 05, 2008, 10:22:14 am 5/6/2008 - PERSONE
Vacanze truffa della tv LIETTA TORNABUONI Personalmente non mi dispiace rivedere da ogni mese di giugno in poi l’ispettore Derrick, la Signora in Giallo, il cane poliziotto Rex. Anche se, come tutti, conosco le loro storie a memoria per averle viste e riviste da anni, sempre le stesse, i personaggi sono simpatici: Derrick ha una saggezza e un equilibrio un po’ noiosi ma rassicuranti; la Signora Fletcher (in Giallo) è intelligente, educata e ben pettinata; Rex è coraggioso, agilissimo e capisce tutto. Qualità che li rendono piacevoli. Naturalmente, a volte si ha nostalgia di qualcosa di nuovo: ma insomma meglio episodi vecchi e noti che niente. Quello che davvero è impossibile capire è il ritmo delle vacanze tv. Quando arrivano gli ultimi giorni di maggio, comincia una vertigine di saluti, salutoni e salutini: dicono arrivederci Cominciamo bene e La prova del cuoco, dà appuntamento al futuro Che tempo che fa, rinviano a settembre Dimmi la verità e Ballarò, si sono già congedati Annozero e L’infedele, eccetera. Dove andranno? Come occuperanno quei mesi da giugno a settembre, o più spesso a ottobre? Possibile che, mentre le nostre vacanze si abbreviano spietatamente per mancanza di soldi (2 settimane, 10 giorni, 8 giorni), le loro consistano in quattro-cinque mesi, come le villeggiature dei bambini piccoli delle ricche famiglie ottocentesche? E perché riposano tanto a lungo, invece di dare aiuto ai telespettatori rimasti per forza in città, magari da soli o peggio circondati da un’intera famiglia innervosita dalla mancanza di vacanze? Non sarebbe, diciamo, un loro dovere sociale? Al di là dell’etica, però, c’è un altro fatto: gli abbonati Rai pagano (quando lo pagano) l’abbonamento per 12 mesi l’anno, e ricevono invece intrattenimento, approfondimenti e spettacoli esclusivamente per 7-8 mesi. Per il resto, fondi di magazzino e repliche, i soliti vecchi Rex, Derrick e Signora in Giallo. Una vera truffa, si direbbe: come se il fruttivendolo ci obbligasse a pagare verdura e frutta anche per il periodo in cui sta chiuso per ferie. Perché, per fare giustizia, non pagare parte dell’abbonamento con soldi falsi oppure fotocopiati? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Da capo signori da capo Inserito da: Admin - Agosto 07, 2008, 09:33:20 am 7/8/2008 - PERSONE
Da capo signori da capo LIETTA TORNABUONI Votate in fretta e furia l’aritmetica oracolare del ministro Tremonti, l’ossessione numerica del governo, si può ricominciare: «Da capo, signori, da capo», come chiede il maestro direttore alle prove d’orchestra. Da capo la smania di doppiezza, di essere nello stesso tempo due cose contrastanti: Italia di guerra e pace, di lotta e di governo, di solidarietà e intolleranza. Il ministro degli Esteri viene incaricato d’assicurare una modesta ma ufficiale presenza all’inaugurazione delle Olimpiadi di Pechino; la meglio gioventù di destra (Gasparri, Meloni) incita gli atleti a fare gesti simbolici (alla Bossi, si suppone) d’ostilità alla Cina irrispettosa dei diritti umani e come gli Stati Uniti indulgente alla pena di morte, «un gesto, un nastro, un’assenza, un pugno chiuso, qualcosa che sappia esprimere il dissenso». Fini si tiene in bilico («i nostri atleti saranno certo in grado di esprimere»), Frattini si offende perché così la sua presenza verrebbe sminuita, gli atleti dicono di no. Un pasticcio. Pensassero piuttosto alle ripassate internazionali che ci siamo presi per via del trattamento riservato ai rom. Da capo con l’abitudine di scaricare su qualcun altro (commissario straordinario o simili) le responsabilità che il governo non riesce a fronteggiare: il pacchetto sicurezza consiste soprattutto nell’affidare ai sindaci compiti che sarebbero della polizia, nell’inventare per i soldati doveri che sarebbero dei carabinieri, nell'attribuire a Bertolaso ogni lavoro per l’eliminazione dei rifiuti in Campania (compito terrificante e infatti inadempiuto). Sempre pronti a tendere il dito accusatore e a precisare: «Quello non era compito del governo. Noi non c’entriamo, glielo avevamo detto di sistemare l’annosa faccenda della prostituzione o dell’accattonaggio». Quanto ai soldati usati come forza d’ordine pubblico, sono uno dei principali incubi dei sinceri democratici: i soldati sono volontari, non li puoi sbattere qua e là; distribuire soldati nelle grandi città spopolate dalla piena estate è assurdo; persino la memorabile volta precedente, soldati armati durante il rapimento di Moro, queste forze servirono a nulla, come adesso serviranno per pura mostra, per far vedere che il governo ci pensa. Speriamo che l’estate finisca presto, che l’inverno non sia peggiore. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Te ne vai alla prima che mi fai Inserito da: Admin - Agosto 14, 2008, 07:55:14 am 14/8/2008 - PERSONE
Te ne vai alla prima che mi fai LIETTA TORNABUONI Otto operai a Genova sono stati licenziati da Trenitalia perché si facevano timbrare il cartellino da un collega, e qualche giornale li prende anche in giro: «Sgominata la banda dei fannulloni». Si poteva forse multarli, sospenderli o altro, ma no: licenziati. Otto licenziamenti operai, otto famiglie repentinamente sul lastrico, otto esperti del lavoro da sostituire con otto dilettanti, non sono una piccolezza. Specie quando si pensa all’assetto storicamente stabilito tra lo Stato o le aziende statali e i loro dipendenti. C’è sempre stato, tra questi elementi, un tacito accordo: io ti pago poco, tu lavori poco. Era un accordo tra poveri, tra uno Stato squattrinato e lavoratori senza soldi, che danneggiava soltanto i cittadini, gli utenti. E’ stato rispettato per decenni senza che nessuno intervenisse a modificarlo: nemmeno i sindacati che avrebbero potuto essere un po’ più lungimiranti. Somigliava un po’, questo accordo, alle pensioni di invalidità, per scarse che fossero: si sapeva che tanta gente, soprattutto nel Sud, riceveva pensioni di invalidità senza averne davvero il diritto, ma si sapeva anche che, al di là del clientelismo, quelle piccole somme aiutavano a sopravvivere gente che non ce l’avrebbe fatta. Queste cose i governi le hanno sempre sapute: non hanno avvertito alcuna urgenza di correggerle, e hanno fatto male. Adesso arrivano governanti alla padrone delle ferriere, i castigamatti, i punitori, gli inflessibili: e, come se il passato non esistesse né fosse mai esistito, picchiano in testa. Si capisce che usi come quelli citati debbono venir modificati, scomparire; ma non a forza di urlacci, insulti, facce feroci, minacce. Bisogna valutare con umanità le situazioni, riequilibrarle con saggezza sociologica: e non fare i padroncini alla signor Bonaventura, «Alla prima che mi fai / ti licenzio e te ne vai». da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI. Stangata schizofrenica d'autunno Inserito da: Admin - Agosto 21, 2008, 11:01:28 am 21/8/2008 - PERSONE
Stangata schizofrenica d'autunno LIETTA TORNABUONI Sembra di avvertire una sfumatura di golosità nelle sciagure preventive che si annunciano: in autunno le famiglie italiane vedranno aumentare le proprie spese di 600 euro l’anno (o di mille euro, di ottocento, di milleduecento), in autunno stangata garantita, in autunno costeranno di più elettricità, gas, alimentari. Senza parlare di cose meno strettamente necessarie come i telefonini (aumento del 60%?): il meccanismo è classico, prima diffondi a buon mercato un oggetto o un’abitudine, poi di colpo ne moltiplichi il prezzo, così la gente o paga qualsiasi cifra oppure s’immerge nella disperazione. Cosa può fare chi non ci arriva anche senza questi aumenti? Logica e buon senso consiglierebbero di ridurre il proprio tenore di vita o di lavorare e guadagnare di più per far fronte alle nuove difficoltà: ma il lavoro non c’è, i guadagni sono insufficienti e già è stato intaccato fortemente il valore d’acquisto di stipendi e salari. Una forma continuamente crescente di schizofrenia: i prezzi crescono; i redditi s’immiseriscono; la forbice s’allarga sempre più; la gente non sa come fare, s’indebita insopportabilmente, mangia alle mense della carità oppure va ad accrescere il numero dei cittadini del Paese dei ladri. In una simile situazione senza uscita, il governo si conserva remoto, distratto, quando non progetta alcune mancette: mance agli impiegati statali zelanti o ai bravi studenti (quelli con la media dell’8: vogliamo scherzare?), bonus per i neonati pure (che degnazione) di colore, sovvenzioni agli amici benintenzionati, premi ai fedeli, sempre all’insegna del motto «Si dice e non si fa». Al massimo, lamentarsi perché gli impoveriti non consumano, perché le aziende non producono e non vendono, perché gli arricchiti non continuano ad arricchire, perché «l’Italia è ferma». È un comportamento che non ha nulla a che vedere con l’estate né con l’inverno, né tanto meno con l’autunno: il dovere di pensare alla cittadinanza è qualcosa che non dovrebbe seguire l’andare delle stagioni. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Premiata ditta X Files Inserito da: Admin - Agosto 23, 2008, 09:39:52 am CINEMA
Premiata ditta X Files di Lietta Tornabuoni Tornano al cinema, dopo nove stagioni tv e un primo film, gli ex agenti dell'FBI Fox Mulder e Dana Skully. Ma il mistero sulla trama non salva la pellicola dalla mediocrità Un vecchio sensitivo cammina cautamente sulla neve. Alle sue spalle, in lunga fila orizzontale, decine di poliziotti trafiggono il terreno con bastoni ferrati. Cercano un cadavere e non lo trovano. Ogni tanto il vecchio sensitivo si ferma, trema: scavando nella neve, si scoprono parti di corpo umano maschile o femminile (braccio, testa, piede) destinati a fabbricare nuovi mostri. Nell'infanzia della televisione, 'X Files' fu il primo serial per gli appassionati di thriller, horror, racconti sovrannaturali: uno straordinario successo internazionale cominciato nel 1993 con il racconto delle avventure di due agenti dell'Fbi, David Duchovny e Gillian Anderson, incaricati di investigare su casi rimasti irrisolti, terminato nel 2002 dopo nove stagioni e 205 episodi. Lo stile inconsueto, il mix di paura e paranoia, piacquero molto. Nel 1998 uscì il primo film basato sulla serie; dieci anni dopo, 'Voglio crederci' è il secondo film, sempre realizzato dalla stesso gruppo televisivo, regista, sceneggiatore, interpreti. Come sempre, i realizzatori hanno compiuto grandi sforzi per lasciare nel pieno segreto il film girato a Vancouver: ma il mistero non salva dalla mediocrità. Sono interessanti i metodi controcorrente usati nel serial e nei film per acuire l'attenzione. Innanzi tutto il rapporto tra i protagonisti è platonico: si vogliono bene, sono complici, ma tra loro non c'è mai stato un bacio; si aiutano, si stimano, ma non fanno l'amore. Lui, ora psicologo e sensitivo, crede nell'occulto, nel sovrannaturale; lei, ora medico, ha fede soltanto nella razionalità. Amicizia e affetto non diventano mai passione. Capita poi che spesso le vicende narrate negli episodi e nei film abbiano una conclusione oscura che non è uno scioglimento: senza fine, le storie sembrano acquisire maggior fascino. Infine, il segreto: all'opposto della pubblicità invadente che accompagna ogni film, lo spettatore può finalmente entrare al cinema in perfetta ignoranza. X FiIes-Voglio crederci di Chris Carter con David Duchovny, Gillian Armstrong (21 agosto 2008) da espresso.repubblica.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Integrazione a senso unico Inserito da: Admin - Settembre 18, 2008, 11:13:50 am 18/9/2008 - PERSONE
Integrazione a senso unico LIETTA TORNABUONI Il ragazzo nero di diciannove anni ammazzato a Milano a colpi di spranga in testa era cittadino italiano, viveva in Italia da tempo: porsi il problema dell’integrazione in questo caso è sbagliato, eppure di integrazione si continua a discutere in modo strano. Di due cose si tiene poco conto, quando si parla di integrazione. La prima sta nel fatto che l’integrazione non è un fenomeno a senso unico, non è un compito riguardante soltanto gli emigrati, non è un dono che cade dal cielo sugli emigrati buoni, regolari, di buona volontà. Per realizzare l’integrazione, bisogna almeno essere in due: tu vuoi stare in questo Paese, io ti accolgo. Se uno desidera integrarsi e l’altro lo spranga a morte, se uno accoglie e l’altro lo deruba, difficilmente si realizzerà integrazione. Non è che tutti debbano diventare improvvisamente impeccabili, però il fenomeno sociale può avere migliore andamento se lo si osserva con consapevolezza. Seconda cosa: l’integrazione è una faccenda lunga, graduale. Inutile pretendere che si realizzi velocemente, per un puro atto di volontà, come una chiamata al cellulare o una moneta nella macchina del caffè. Stolto immaginare che somigli a una dichiarazione scritta o a un documento da presentare allo sportello. Si può (si deve) chiedere agli emigrati di rispettare leggi e regole del Paese in cui vivono, ma integrarsi è un’altra cosa. Nel mondo, le comunità diverse hanno sempre faticato moltissimo a integrarsi nelle nuove società. Basta pensare agli italiani di New York, in parte ancora strettamente cittadini della loro Little Italy, con le feste di San Gennaro, i maccheroni e tutto; o ai cinesi di San Francisco, chiusi nelle loro strade e nei loro riti; o ai nordafricani della periferia di Parigi. In genere, bisogna aspettare un paio di generazioni perché alcuni (non tutti) risultino più o meno integrati: per le persone adulte o anziane, rinunciare alla propria esperienza, educazione, natura, cultura è un’operazione non soltanto difficile, ma anche impraticabile. In molti casi, storicamente il tramite dell’integrazione è stato il crimine, unica forma di potere esercitabile dagli emigrati: e anche su questo si potrà riflettere. Invece la mancanza di cultura, l’ignoranza della Storia, fanno sì che a noi ogni cosa sembri nuova ed esclusiva, mai vista né affrontata, senza precedenti, impossibile da risolvere: ma è già accaduta prima, tanto tempo fa. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Inutili soldati in piazza Inserito da: Admin - Settembre 25, 2008, 12:00:39 pm 25/9/2008 - PERSONE
Inutili soldati in piazza LIETTA TORNABUONI Cinquecento soldati inviati nel Sud a combattere la camorra: e cosa faranno? Se non conoscono il territorio né la criminalità organizzata, sarà piuttosto improbabile che possano svolgere con un profitto anche minimo un’attività di investigazione. Ma no, il ministro della Difesa dice che serviranno soprattutto a formare posti stradali di blocco e di controllo. Ora, a proposito dell’esercito usato in funzioni di ordine pubblico, ci sono un paio di cose su cui si può riflettere. I soldati-poliziotti rappresentano, nel nostro sistema, una criticabile novità. Certo, si ricorda quando vennero impiegati brevemente dopo il rapimento di Aldo Moro: formarono posti di blocco per le strade, stettero a pencolare in piedi per un po’ senza sapere contro chi applicare i propri sospetti (non fermavano le auto con donne incinte o con persone dai capelli bianchi, ritenendoli terroristi impossibili), poi vennero ritirati. Utilità, quasi zero. L’allora ministro dell’Interno Cossiga sosteneva che costituissero un deterrente, che la loro presenza potesse limitare la circolazione di terroristi come lo spaventapasseri intimorisce gli uccelli: e infatti i terroristi stavano dentro un appartamento con Moro interrogandolo, mentre alle commissioni fuori casa erano addetti altri ragazzi dall’aspetto innocente o almeno comune. Nella storia europea o latinoamericana, poi, l’esercito in piazza è sempre stato un segno di minaccia, di situazioni estreme di rivolta o d’invasione: e l’Italia non è in queste situazioni, almeno in queste situazioni non è. Per istruzione e addestramento, i soldati sono inadatti alle indagini. Per di più, in passato si trattava di soldati di leva, mentre ora sono volontari: e non si possono usare i volontari come domestici, spedendoli qua e là a fare un lavoro diverso dal proprio. Anche se vengono all’occasione pagati più del solito, inviarli sul fronte della spazzatura, della sicurezza o della camorra è una decisione abusiva, che può soltanto suscitare malcontento, mortificazione, protesta. Lo spadroneggiare, in questo settore, del presidente del Consiglio e dei suoi ministri, esprime esclusivamente il desiderio di dare (a spese altrui) l’impressione di star facendo qualcosa, di decidere, di compiere gesti forti e drastici: ma non è così, e la gente non è tanto scema da non saperlo. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Miliardi di milioni di miliardi Inserito da: Admin - Ottobre 09, 2008, 10:36:12 am 9/10/2008
Miliardi di milioni di miliardi LIETTA TORNABUONI Il presidente del Consiglio, che non lascia passare mezza giornata senza dichiarare qualcosa, anche un semplice «Non me ne frega niente» (se non appare in tv gli sembra di non esistere), nonostante tutto ha ripetuto la sua sbrasata, «Non accetterò che alcun italiano perda neppure un euro dei suoi risparmi». Beh, conviene prepararsi: personalmente conosco un italiano che teme di aver perduto diecimila euro, altro che un euro. Nel 1999, quando nacque sua figlia, su consiglio del direttore (una signora) della sua banca (un’agenzia Unicredit) depositò appunto diecimila euro: con gli interessi e con modesti investimenti, la bambina si sarebbe ritrovata qualche soldo. Scadenza dieci anni. Capitale garantito. Adesso che l’operazione sta per scadere, ha ricevuto dalla banca una bella letterina. Siamo spiacentissimi, scrive la banca, ma è andata così: noi abbiamo affidato il lavoro alla Toro Assicurazioni; la Toro Assicurazioni è in generale garantita presso la banca americana Lehman Brothers; la Lehman Brothers è andata in fallimento. Allora? «Noi stiamo alla finestra, vediamo come andrà a finire». Di restituire il capitale garantito non si parla affatto: chissà cosa stabilirà il liquidatore americano, magari il cliente potrà far causa in Italia dove i processi durano anche otto anni quando va bene... Un altro italiano che conosco ha ricevuto inopinatamente dalla sua banca una richiesta di 450 euro a titolo di «tassa comunale». Siccome non aveva mai sentito parlare di una tassa comunale sui conti correnti, è andato a domandare spiegazioni. Gli hanno chiesto 48 ore e 10 euro «per le ricerche», come se le spese bancarie non venissero già pagate dal correntista. Risultato: si è trattato di un errore della banca di cui molti possono non accorgersi. Scomparsi i dieci euro «per le ricerche». Sono episodi minimi, che paiono ridicoli rispetto ai miliardi di milioni di miliardi di cui si parla nella crisi mondiale. Tutti dicono che le banche italiane sono in minore pericolo nel disastro perché più prudenti di quelle americane: in realtà, più che prudenti si potrebbe dirle inerti, non prestano un soldo se l’eventuale perdita non può essere scaricata sui clienti o sui garanti. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI - Manifestare non fa male Inserito da: Admin - Ottobre 23, 2008, 04:46:22 pm 23/10/2008 - PERSONE
Manifestare non fa male LIETTA TORNABUONI Sono molto strani la paura e il disprezzo che il presidente del Consiglio mostra verso le manifestazioni popolari, in particolare verso la prossima prevista dall’opposizione a Roma dopodomani: «Bisogna lavorare, altro che manifestare». Oppure: «La piazza non risolve niente». Soltanto la destra italiana al governo (una destra particolarmente reazionaria, antiquata e testarda) può fare simili osservazioni. Soltanto una destra senile e padronale come la nostra può avere insofferenza e intolleranza verso le manifestazioni: nelle quali sembra vedere soprattutto una smentita all’unanimità del consenso verso il governo di destra, un attentato alla popolarità del suo leader, un atto di rivalità o di beffa. Da quando siamo una democrazia e una Repubblica, l’Italia ha sempre manifestato: è anche ridicolo dover ripetere oggi quanto si scriveva quarant’anni fa. Ha manifestato contentezza alla caduta di Mussolini, anche abbattendo le statue del dittatore come in Iraq. Ha manifestato nel dopoguerra contro il carovita e contro la monarchia. Ha manifestato poi ogni volta che la realtà lo rendesse necessario: per occupare le terre da coltivare, per protestare contro gli abusi mafiosi e polizieschi o contro la democrazia cristiana al governo, per la parità dei diritti tra donne e uomini, per la libertà della cultura non soltanto universitaria, contro la disoccupazione o il terrorismo, per gli asili-nido o per l’aumento delle pensioni, per la gioia di essere in tanti a festeggiare il Primo Maggio o il 25 Aprile. Molte richieste o proteste che nutrivano le manifestazioni sono entrate a far parte della legislazione del Paese: non soltanto per merito della gente in piazza, ma anche con il suo aiuto. Tra i manifestanti, o tra manifestanti e polizia, ci sono stati anche brutti scontri: ma i gravi fatti di sangue e di morte, le stragi, non le hanno mai compiute i manifestanti. Non c’è da aver paura. Non c’è da nominare «la piazza» con un orrore da aristocratico settecentesco; né da perdere i nervi perché il corteo blocca il traffico, come signore indispettite private dello shopping. Non è il caso di fingere di credere che i manifestanti siano pecore intruppate dall’opposizione: i cittadini vogliono farsi sentire da chi nemmeno pensa ad ascoltarli, ed è del tutto legittimo che lo facciano manifestando. Se qualcuno decreta di tagliare decine di scuole e quasi tutti i soldi, chi non andrebbe in corteo come gli studenti? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Diavoli a Los Angeles Inserito da: Admin - Novembre 14, 2008, 10:25:43 pm Diavoli a Los Angeles
di Lietta Tornabuoni Clint Eastwood è il regista di una storia di violenza e amore materno ambientata nella Los Angeles degli anni Venti Angelina JolieÈ strano scoprire nel dizionario 'Cassell' che in inglese c'è una parola specifica per indicare un bambino sostituito (quante volte sarà accaduto, per giustificare l'esistenza del termine?): è 'Changeling', titolo del nuovo film di Clint Eastwood con Angelina Jolie. Ci si può chiedere pure se valga la pena, per un autore come Eastwood, fare un film per raccontare quanto fosse cattiva nel 1928 la polizia di Los Angeles. Sì, ne vale la pena: la storia vera di cronaca evocata dimostra molto di più. Certo, la polizia procede a forza di malvagità, sopraffazione, menzogna. Una giovane donna, madre nubile, sorvegliante di telefoniste, denuncia la scomparsa del proprio figlio di nove anni. La polizia dopo cinque mesi presenta alla donna un ragazzino. Lei non lo riconosce. Non è suo figlio. Per non dire altro, ha sette centimetri in meno di statura ed è circonciso, mentre il figlio non lo è. La polizia insiste per non dover ammettere un errore né smentire un fatto intorno al quale si era fatta molta pubblicità. Lei nega: non è suo figlio. La chiudono in un ospedale per malati mentali (docce gelate, perquisizioni vaginali e rettali, maltrattamenti). Nonostante la complicità dei medici e dell'istituzione ospedaliera debbono rilasciarla. La diffamano: ecco una donna che rifiuta il figlio per essere libera. Lei resiste, con l'aiuto di un pugnace predicatore, d'un grande avvocato, della gente solidale. Un criminale rapitore e massacratore di bambini viene arrestato: il figlio della donna poteva essere tra le vittime. Lei ha vinto, dalla polizia e dall'ospedale vengono cacciati i responsabili delle soperchierie (nella realtà, la conclusione della storia fu incerta e l'assassino di bambini compiva il suo lavoro di sangue insieme con la madre). Eastwood, si sa, è bravissimo. Il film classico, solido, bene sceneggiato e bene ambientato, appassionante, condanna la polizia e i suoi complici sociali, svela la malvagità nell'assassino dei piccoli e anche nei bambini; esalta la resistenza, il coraggio, la forza d'animo, la volontà di non piegarsi della giovane madre e dei suoi sostenitori. Ha molte virtù americane, forti qualità morali e professionali: Angelina Jolie non sa recitare granché, ma forse anche la sua ingenuità espressiva è un elemento di fascino. Changeling di Clint Eastwood con Angelina Jolie, John Malkovich (13 novembre 2008) da espresso.repubblica.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Cosa fai tutto solo? Inserito da: Admin - Novembre 20, 2008, 11:07:34 am 20/11/2008 - PERSONE
Cosa fai tutto solo? LIETTA TORNABUONI Chissà quando verremo a sapere che lo sgambetto umiliante subìto dalla sinistra parlamentare a proposito dell’elezione del capo della commissione di Vigilanza sulla Rai magari non era beffa nemica, ma fuoco amico. Chissà attraverso quali indiscrezioni, confessioni di transfughi, rivelazioni estorte, biografie non autorizzate, verremo a conoscere i particolari della battaglia occulta che magari si sta svolgendo all’interno dell’opposizione. Risolta oppure no che sia la faccenda (gli ottantacinque anni di Sergio Zavoli, candidato altrimenti perfetto, sarebbero molti anche per Sant’Agostino), adesso si può passare ad altro: per esempio, alla decisione di nominare un unico supermanager per tutti i musei, i parchi archeologici e i complessi monumentali italiani. Di affidare cioè la maggiore ricchezza d’Italia, quei beni culturali essenziali che costituiscono la materia e la ragione d’esistenza del relativo ministero, esclusivamente a un manager. A parte il fatto che un Paese di piccole imprese spesso famigliari come il nostro manca di cultura manageriale e dispone di pochi manager a volte disastrosi o disonesti, questo è un tic del governo in carica: si nomina uno, ci pensi lui, risolva lui, se va bene meglio, se va male lo sostituiamo. È una maniera per liberarsi della responsabilità in settori spinosi, per sottoscrivere iniziative impopolari con una firma diversa da quella del governo o del presidente del Consiglio. È anche frutto di una mentalità che per motivi di classe vuol credere nel talento salvifico del singolo, nella forza dell’onnipotenza almeno apparente: ma a sua volta il supermanager nominato scaricherà i propri compiti su un vice che farà lo stesso, in una catena destinata alla fine a cancellare ogni responsabilità. È una forma di divismo improduttivo e spiacevole. È un metodo autoritario di chi comanda, ottocentesco, superantiquato: la modernità (e anche la democrazia) tollera soltanto il lavoro collegiale, il buon funzionamento del sistema, l’efficienza dei controlli. Il potere solitario è inefficiente e pericoloso, può soltanto mandare tutto a rotoli: come appunto accade. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Infinite parole della crisi Inserito da: Admin - Novembre 27, 2008, 03:46:16 pm 27/11/2008 - PERSONE
Infinite parole della crisi LIETTA TORNABUONI Nei programmi televisivi detti (esagerando) di approfondimento, come è inevitabile si parla soltanto della crisi finanziario-economica. Tutti la giudicano grave. Tutti la prevedono lunga: 2010 circa. Tutti la immaginano sempre peggiore nel tempo. Su questo, l’unanimità è stata raggiunta. Poi c’è la solita suddivisione politica: i conversatori di centrodestra dicono che il governo in carica lotta e lotterà eroicamente come un leone contro la crisi; gli oratori del centrosinistra ripetono che da quando è in carica il governo ha fatto nulla, che non s’è visto un soldo. Altra variante, la suddivisione tra ottimisti e pessimisti. I pessimisti, opinionisti trasversali in netta maggioranza, non potrebbero non esserlo, data la situazione (in particolare lo è chi sino a ieri mattina risultava fiducioso e sereno); mentre gli ottimisti hanno piuttosto un certo tono di paziente rassegnazione («Coraggio, tiriamo avanti», «È soltanto una fase»). Questa elencazione non riguarda i comuni cittadini: quelli, bestemmiano o quasi di fronte alla propria realtà, quando non sono disperati perché hanno perduto il lavoro. Eppure, questi diversi stili oratori sono destinati, grottescamente, appunto ai comuni cittadini. E se qualcuno pigia un po’ troppo il pedale, lo fa con la speranza che, nella nera confusione, ci scappi qualche mancia, appalto, soldo, tasso zero, avanzo o simili. Il motivo determinante di tante chiacchiere, televisive o non, è un altro. Passato il tempo in cui alla gente si poteva tranquillamente dire il contrario della verità, in presenza d’una emergenza o d’un problema grave il metodo adesso è più americano: straparlarne. Parlare compulsivamente della sventura in atto, discuterne il più possibile, dilatare la trattazione fino all’assurdo. In questo modo, già al secondo giorno la gente non ne può più, e appena sente la parola crisi salta altrove, ben sapendo che tante parole non le porteranno il minimo vantaggio. Oppure, come cullate da una nenia ipnotica, le persone si abituano ai discorsi catastrofici, non li temono più, non ci fanno caso, non ci credono: almeno fino a quando non sentono fame. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Sono stato abbandonato Inserito da: Admin - Dicembre 04, 2008, 09:55:17 am 4/12/2008 - PERSONE
Sono stato abbandonato LIETTA TORNABUONI L’ultimo è stato l’assessore napoletano Giorgio Nugnes: interrrogandosi sui motivi del suo togliersi la vita, diversi amici o conoscenti hanno avanzato subito l’ipotesi «Si è sentito abbandonato». Accade continuamente. Persone colpite dalla sventura accusano con doloroso risentimento di essere state abbandonate: la comunità non s’è interessata, le autorità non hanno fornito sostegno né sussidi, la giustizia sta seguendo il suo solito lentissimo corso, la televisione è rimasta assente. Chissà perché, sembra che ogni sofferenza debba venire accompagnata da una pena comune, che ogni dolore individuale abbia diritto a un lutto collettivo. Se no, «siamo stati abbandonati». È un atteggiamento relativamente recente. Prima, ciascuno affrontava una sciagura a suo modo, come poteva, con la forza che aveva, e non chiedeva alcunché: saper affrontare con coraggio e sobrietà le prove imposte dalla vita veniva considerata una qualità del carattere, della personalità. L’atteggiamento si è modificato poco per volta. Forse per il diffondersi di un sentimento più forte della solidarietà collettiva; forse per un accentuarsi della mentalità e della realtà assistenziale; forse per il protagonismo magari inconsapevole indotto dai media e dal loro uso di rendere pubblici i fatti privati, felici o penosi che siano. Forse per il desiderio o la speranza di ottenere qualche aiuto concreto: nelle circostanze peggiori, al dolore si unisce spesso lo smarrimento per la repentina necessità di affrontare spese impreviste magari troppo forti per le proprie possibilità immediate. Sarà per l’uno o l’altro motivo: fatto sta che spesso nella sventura le persone paiono, più che donne e uomini, i bambini sperduti nel bosco della favola: tanto che l’aiuto della collettività diventa ai loro occhi un dovere, più che una eventuale aspirazione, e origina rancore se manca. Ma ci sono cose della vita che non si risolvono con l’applauso in chiesa, col funerale a spese dello Stato oppure con l’intervista a «La vita in diretta» o a «Chi l’ha visto?»: non è il caso di sentirsi abbandonati se si deve affrontare da soli le circostanze penose che appartengono all’esistenza come tutto il resto. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Maledetto pensierino al mercatino Inserito da: Admin - Dicembre 11, 2008, 06:36:13 pm 11/12/2008 - PERSONE
Maledetto pensierino al mercatino LIETTA TORNABUONI L’omaggio natalizio è stato da sempre suddiviso in diverse categorie decrescenti per importanza: dal dono al regalo, dal regalo al regalino, dal regalino al pensierino. Il pensierino era il più modesto, spesso rimediato tra le cose di casa oppure comprato per poco al mercatino: con la crisi, è diventato il primo della lista. Persone niente affatto ricche, che risparmiano ogni giorno, sono andate la settimana scorsa per tre giorni a Copenhagen per un giro dei mercatini, non più lussuosi di quelli italiani, non troppo diversi per le merci offerte (angioletti o animaletti di legno dipinto, bigiotteria di plastica multicolore, fodere di cotone imbottite per mantenere scottanti le teiere o le borse dell’acqua calda, roba così), però esotici. Anche se hanno trovato un volo low cost, anche se hanno digiunato, il viaggio per mercatini rappresenta comunque una certa spesa: e può simboleggiare la nostra disperata tendenza al superfluo così come il nostro attaccamento disperato a certe abitudini. La colpa è americana, naturalmente. In Italia si celebravano i riti del Natale con misura e poca spesa, abbondando quasi esclusivamente nei pranzi e nelle cene, quando dagli Stati Uniti, nei primi Anni Sessanta, arrivò la voga dei regali per tutti, dei pacchi colorati con nastri dorati o argentati e bigliettini, del consumismo festivo. Non eravamo abituati: parve prima un piacere poi un dovere del benessere, gli elenchi di amici e parenti da contentare si allungarono, il Natale diventò un lavoro. Specialissimi erano i regali aziendali. Per gli uffici presero a circolare oggetti misteriosi, pesanti e lustri, dall’uso ignoto (temperamatite elettrico? portafotografie da tavolo?), ingombranti, quasi sempre inutili, e cominciarono a proporsi problemi: il regalo padronale va contraccambiato oppure no? Se lo si accetta e basta, si farà la figura del dipendente beneficato? Altrimenti, a chi e con cosa si può restituire il dono? I regali aziendali si sono da anni rarefatti, i doni natalizi pure: ma resiste come una testimonianza di superbia o una prova di carattere l’uso maledetto del pensierino al mercatino, perdita di tempo, di soldi e forse di affetti, che sarebbe meglio lasciar perdere, al tempo d’ora. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Il governo comanda sulla vita? Inserito da: Admin - Dicembre 18, 2008, 10:41:29 am 18/12/2008 - PERSONE
Il governo comanda sulla vita? LIETTA TORNABUONI Come minimo si può dire che il ministro Sacconi se l’è presa comoda, per arrivare a proibire ad ogni struttura sanitaria pubblica qualsiasi ingerenza nella fine della povera Eluana Englaro che da quasi diciassette anni giace inerte in coma, e del suo povero papà: sono ormai anni che si discute di questo caso penosissimo, è già un po’ che un’alta sentenza ha autorizzato la morte della vittima. Il ministro, diciamo, si poteva risparmiare la comodità di arrivare all’ultimo minuto, si poteva dare una svegliata: ma anche quella sarebbe stata inutile, abusiva. Un legge in proposito, infatti, non esiste. Che diritto hanno il ministro o il magistrato di vietare o consentire? In nome di che cosa, con quale autorità? Se ci si riflette un momento, la politica e il governo si sono già impicciati abbastanza nella vita privata dei cittadini, hanno già compiuto prepotenze poco sopportabili. Hanno stabilito se e dove e quando possiamo o non possiamo fumare, guidare l’auto, possedere la patria potestà sui figli, abitare in un Paese a scelta (se appartenenti ad altra nazionalità o a nessuna nazionalità), vedere un certo film eccetera: chi compie una violazione a queste regole viene punito, la volontà personale conta proprio nulla. E perché? Perché dovremmo per forza non diventare troppo grassi, star lontani dal tabacco e dall’alcol, mettere il grembiulino in seconda elementare, morire o non morire? L’intrusione politico-pubblica in simili faccende non dipende dalla bontà dello Stato che ama i suoi cittadini e vorrebbe proteggerli come fossero bambini piccoli o persone incapaci. Il fatto è che il governo non è in grado (o non ha la volontà) di risolvere gli autentici problemi (di sopravvivenza, di lavoro, di alloggio) della gente, così si ostina a rompere le scatole a chi già patisce a sufficienza, a spadroneggiare su elementi secondari e superflui, a dare ordini a settori sottratti ai suoi poteri, a impicciarsi: tanto per mostrare che fa qualcosa, che qualcosa decide, che esiste anche se si occupa solo di leggi irrilevanti o personali. Ma la morte è la morte: attenzione, che almeno lascino la gente morire come vuole, come può. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Buone feste buone Inserito da: Admin - Gennaio 08, 2009, 03:56:09 pm 8/1/2009 - PERSONE
Buone feste buone LIETTA TORNABUONI Il grande sonno delle ferie d’inverno ha immerso il Paese in un letargo inerte, lo ha fatto regredire a un’infanzia: quindici giorni di vacanze scolastiche (23 dicembre - 7 gennaio) ogni discorso concentrato su doni e roba da mangiare (soprattutto dolciumi da calza della Befana), lunghi sonni, giochi e scommesse. Salvo i venditori e compratori d’occasione, impossibile prendere una paio di scarpe: negozio aperto ma magazzino chiuso (23-7), chissà se c’è la misura giusta. Impossibile tentar di affrettare una pratica: impiegati assenti, a dispetto di Brunetta e delle sue vanterie. Impossibile cavarsela in banca senza fare una lunga fila: unico sportello in funzione, sportellisti in vacanza. Impossibile uscire: freddo e gelo. Impossibile distrarsi con la tv: cancellati i programmi abituali, sospeso il campionato, invaso il piccolo schermo da telefilm americani con ragazzo, cane e cavallo, o da striduli auguri, oppure da cartoni animati con orsetti e giraffette (ci sono i bambini a casa e bisogna intrattenerli: come se le altre fasce d’età fossero tutte ai Caraibi). Il comportamento Rai, col suo motto untuoso «Buone Feste Buone», particolarmente tremendo: insieme con i programmi per i più piccini, invece di qualcosa che potesse interessare gli adulti, i malati, le persone sole, film vecchissimi (La principessa Sissi, roba tedesca di mezzo secolo fa, o qualche John Wayne altrettanto vetusto) e pubblicità esterna o interna. Non l’ha pensata male, il presidente francese Sarkozy, decidendo di mettere al bando sulla tv pubblica la pubblicità, adesso per alcune ore, in seguito del tutto. La tv nostra, a esempio, è diventata un accumulo pubblicitario: non soltanto con inserzioni o con raccolta di elemosine, ma con talk show e interviste affollati di interpreti televisivi che esaltano i propri stupendi programmi passati, presenti e futuri. Se uno provasse a pagare parte dell’abbonamento con fotocopie di euro, non sarebbe equilibrato? È commovente ascoltare il presidente Napolitano esortare gli italiani all’attività, al lavoro, alla svolta, all’energia, alla fiducia nell’avvenire, mentre si affonda ogni giorno un po’. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Quei deputati sonnacchiosi Inserito da: Admin - Gennaio 15, 2009, 03:32:35 pm 15/1/2009 - PERSONE
Quei deputati sonnacchiosi LIETTA TORNABUONI Alcuni parlano di «centralità» del Parlamento, altri di «sovranità» del Parlamento. Termini piuttosto grandiosi, che sembrano in contrasto con la realtà: quell’«aula sorda e grigia» di Montecitorio che, disse Mussolini, «avrei potuto trasformare in un bivacco di manipoli» è diventata molto poco vitale. A volte strapiena (quando occorre votare), a volte semivuota (basta vedere lo spettacolo dell’emiciclo durante il question time televisivo). Pare un luogo addormentato. Non si discute, non ci sono scontri né conflitti. Circola un’aria sonnacchiosa, burocratica, distratta. Non c’è uno, tranne i deputati dell’opposizione pure loro scoraggiati, che sollevi obiezioni, proponga alternative, faccia proposte. Si capisce che in una condizione politica in cui la maggioranza governa coi numeri, e la maggioranza consiste esclusivamente nel capo-coalizione indiscusso del centrodestra, Berlusconi, Montecitorio finisca per mutarsi in un luogo inerte dove andare a deporre il voto, a far merenda o a tagliarsi i capelli, a telefonare gratis. Basta osservare i pochi o molti deputati presenti nell’aula: in genere leggono il giornale o altre pubblicazioni, attivano il cellulare («Io sto qua, voi che fate?»), si esaminano le unghie delle mani con estrema attenzione, combattono coi polsini della camicia sempre troppo lunghi o troppo corti. Ma come fanno? Come non si annoiano a morte? Non si sentono umiliati dal dire sempre di sì? Non si vergognano di fare poco, di dipendere, di condurre una vita apparentemente vuota, di non manifestare in alcun modo il proprio pensiero, la propria personalità, le scelte proprie? Non li esaspera che a dar loro voce siano quattro pupazzi, sempre quelli, che ripetono alla tv sempre la stessa cosa? Brutta storia, e non sembra derivare soltanto dalle continue votazioni di fiducia con cui il governo elimina ogni protesta, ogni dibattito. È la vitalità che manca, il senso di rispetto per il proprio incarico; come una coltre, domina il grande sonno italiano. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI - Domande nel cuore d'inverno Inserito da: Admin - Gennaio 22, 2009, 03:31:32 pm 22/1/2009 - PERSONE
Domande nel cuore d'inverno LIETTA TORNABUONI Nel cuore nero dell’inverno non c’è molto per tirarsi su, ma fortunatamente sfuggono (o vengono presto cancellate) anche certe dichiarazioni ufficiali. Il ministro degli Esteri Frattini, sempre così ben composto e ravviato, dichiara a esempio che a nome dell’Italia ha consegnato aiuti per la popolazione dopo la guerra sospesa di Gaza all’Onu e alla Croce Rossa, «ma non ad Hamas». Una simile dichiarazione sarebbe come dire che si consegnano aiuti all’Italia «ma non al suo governo Berlusconi». Come Berlusconi, Hamas ha vinto le ultime elezioni nel modo più democratico possibile, è un governo legale. Come quello di Berlusconi, il governo di Hamas può non piacere e venire accusato dei peggiori delitti compreso il terrorismo, ma questi sono giudizi politici. Se si dovesse valutare in base alle vittime della guerra di Gaza (oltre 1400 morti palestinesi, meno di 20 israeliani) chissà quali sarebbero i giudizi. Alla fine, è vero che anche i primi governi fascista e nazista furono legalmente eletti, e acquistarono forza nel male anche dal rispetto europeo per la loro legittimità, il loro essere stati votati dai rispettivi elettorati, ma bisogna mettersi d’accordo: quando è illegittimo un governo eletto, quando non piace? cosa vale di più, i principii o il pragmatismo? E cos’è la democrazia, se va bene soltanto quando i suoi risultati hanno effetti apprezzati dalla comunità internazionale? E nel giudizio su un governo conta l’espansionismo e il voler stabilire un nuovo ordine mondiale, oppure no? Insomma, sono faccende troppo complesse per non rifletterci e non elaborare un pensiero comune, per affidarsi alle dichiarazioni del ministro degli Esteri. Pure il presidente della Camera Fini ha dichiarato. Dice che ci vuole una legge, un decreto, un regolamento o un intervento delle forze dell’ordine che obblighi gli Imam a predicare nella moschea in lingua italiana. E perché? Per facilitare il lavoro a polizia o servizi segreti, per risparmiare sulle spese di traduzione? E la pretesa di far pregare in una lingua straniera si estenderebbe pure alle Chiese ortodossa e valdese, alle Sinagoghe? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Se la battuta non è una battuta Inserito da: Admin - Gennaio 29, 2009, 11:08:12 pm 29/1/2009 - PERSONE
Se la battuta non è una battuta LIETTA TORNABUONI Il presidente del Consiglio, per sostenere che contro gli stupri alle donne il governo non può davvero far niente, dice: «Dovremmo mettere un soldato a guardia di tutte le belle ragazze italiane». Gli uomini della sua scorta politica si precipitano in molti, con benevola indulgenza: è una battuta, al presidente piace alleggerire anche le cose più gravi, ama scherzare e anche per questo piace a tanti. Ma è una battuta? No. Non fa ridere, è grossolana e inopportuna come è capitato infinite altre volte. È un indizio: lascia pensare che nella mentalità del presidente lo stupro sarebbe una specie di omaggio alla bellezza, una sfrenatezza provocata dalla desiderabilità femminile. Non l’avrebbe immaginato neppure Freud, che ha scritto le cose di meravigliosa intelligenza che sappiamo sui motti di spirito, la loro origine, le loro implicazioni, la loro significativa eloquenza. Il presidente potrebbe stare attento, frenarsi, rinunciare a volere far sempre lo spiritoso, rispettando il suo ruolo ed evitando di apparire come uno di quei nonni prigionieri del pensiero e del linguaggio ribaldo. Forse sarebbe pure consigliabile una maggior prudenza nell’uso dei sei telefonini che, dicono, si porta sempre dietro, due addosso e quattro affidati alla scorta fisica o all’auto. Ma adesso la mancanza di rispetto per le parole è globale, quanto la trascuratezza verso il rapporto tra parole e realtà. Il ministro dell’Interno, di fronte alle violenze urbane, promette di raddoppiare il numero dei soldati in città. Non sono serviti a migliorare la sicurezza: li ritiriamo? Macché, ne mandiamo di più. Il ministro della Giustizia, di fronte alla sovrappopolazione carceraria, promette l’edificazione di nuove carceri. Andrà bene per i costruttori di galere, ma già quelle esistenti non hanno dato risultati: cambiamo sistema? No, moltiplichiamo le carceri. La presidente di Confindustria si rallegra perché l’accordo parziale sui contratti «elimina lo sbagliato conflitto» tra datori di lavoro e lavoratori. Ma se i primi non possono o non vogliono pagare di più, e i secondi non arrivano a campare, come può il conflitto naturale essere sbagliato? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Come nel '29? Meglio finirla con le bugie Inserito da: Admin - Febbraio 05, 2009, 10:24:30 am 5/2/2009 - PERSONE
Come nel '29? Meglio finirla con le bugie LIETTA TORNABUONI Come nel ’29. Come nel 1982. Come nel ’98. Nei discorsi ufficiali si cercano analogie per rassicurare la gente sugli effetti della crisi, per familiarizzarla con l’idea: vedete, non è una novità, è già successo eppure siamo ancora qui e non stiamo peggio, passerà... Ma la memoria gioca brutti scherzi: le situazioni sono dissimili, soltanto la Grande Depressione del 1929 era internazionale ma pochi di noi possono ricordarla; gli altri momenti difficili sono svaniti, forse qualcuno neppure se n’è accorto. L’esercizio di stabilire similitudini non serve, non funziona. Anche rispetto alle crisi meno remote, tracciare paralleli che eventualmente possano consolare è del tutto inutile: il mondo cambia con troppa rapidità, condizioni diverse raramente sono paragonabili, il timore è più forte del ragionamento. Non sempre, però. Moltissime persone non credono affatto nella crisi: se le aziende licenziano oppure tagliano i compensi, spesso si pensa che lo facciano non perché costrette dalla crisi, ma per approfittarne e pagare meno. Moltissime persone pensano che le aziende potrebbero invece rinunciare a una parte dei profitti per proteggere il lavoro e i dipendenti, anziché tagliare e tagliare per salvaguardare il proprio guadagno magari a costo di limitare controlli e prevenzione; oppure che potrebbero fare a meno, in una prospettiva negativa, di liquidare e vendere, comunque di rinunciare e smettere. Pensieri simili acuiscono il timore del futuro, possono provocare quei moti sociali che spaventano i governi europei: e tuttavia sono ineliminabili, per la fondata diffidenza dei lavoratori verso i loro datori di lavoro. Son pensieri che non somigliano a quelli dei governanti. Fa una certa (forte) impressione sentire alla tv i governanti (modesti, a livello sottosegretari, perché il presidente del Consiglio ha proibito ai ministri di discutere in televisione e loro come sempre obbediscono, limitandosi a dichiarazioni solitarie senza interlocutori che possano obiettare o dare torto). I sottosegretari sono ancora lì a chiedersi l’un l’altro sotto i riflettori: che fare per la crisi? Come uscirne?. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Oggi sì domani no Inserito da: Admin - Febbraio 12, 2009, 11:03:08 am 12/2/2009 - PERSONE
Oggi sì domani no LIETTA TORNABUONI Che cosa non fa lo squattrinato in tempo di crisi? Non cambia l’automobile né la motocicletta. Non ristruttura la casa, non compera arredamenti. Non acquista nuovi elettrodomestici. Quindi i complicati bonus stabiliti dal governo non aiutano i bisognosi ma rappresentano soltanto un favore alle aziende e alla fascia sociale prediletta dei benestanti. Per quanto riguarda le aziende nessuna obiezione, a parte la meschinità della mancia-aiutino: ma perché non dirlo? Perché tentare di far passare la decisione come un dono alle persone? Dono ben misero, comunque: per i settori auto, moto, elettrodomestici, mobili lo stanziamento è di due miliardi mentre la Francia destina sei miliardi unicamente all’auto. Perché mentire, allora? Il binomio promessa-smentita, affermazione-negazione, dichiarazione-correzione è talmente abituale nell’oratoria del presidente del Consiglio. L’altro giorno ha detto che la Costituzione italiana è stata elaborata e approvata nello spirito delle legislazioni sovietiche, che non vale nulla, che da un pezzo è l’ora di modificarla. Chi l’ha sentito alla tv è rimasto senza fiato, e con il cuore stretto dal timore. Inutile ansia: la mattina dopo ha subito detto il contrario. Fino a qualche tempo fa si scusava, assicurava di essere stato frainteso. Adesso, niente. Con straordinaria impassibilità, si limita ad affermare il contrario del giorno prima: nessuno più di me rispetta e onora la Costituzione. Sempre l’altro giorno decide di risolvere il caso della povera Eluana con un decreto-legge governativo (come se il governo potesse diventare arbitro della vita e della morte di una persona) e siccome il Presidente della Repubblica giustamente non lo firma, è un miracolo se non gli dà dell’assassino. L’indomani invece loda i suoi ottimi rapporti con il Presidente della Repubblica, si augura che restino sempre tali. E via così: ma voi vedete in che mani siamo. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Pre-potenza dell'immagine Inserito da: Admin - Febbraio 26, 2009, 03:43:37 pm 26/2/2009 - PERSONE
Pre-potenza dell'immagine LIETTA TORNABUONI E tre. Per la terza volta nell’ultimo tempo, si è avuta conferma della pre-potenza dell’immagine rispetto alla realtà, dell’apparenza rispetto alla sostanza. Stavolta è per il festival di Sanremo: milioni di ascoltatori, omaggi, apprezzamenti, lodi sperticate soprattutto da parte dell’invadente Bonolis (abbiamo fatto un magnifico lavoro, l’eccellenza italiana, l’omaggio alla musica universale e via esagerando; ma le lodi non venivano solo da lui, sono state unanimi quanto l’ignoranza dei pasticci). E poi risulta che lo spettacolo è in rosso, che ha perduto diversi milioni. Non vuol dire molto, il modo di valutazione televisivo è del tutto particolare: però all’immagine trionfale corrisponde una realtà meno esaltante. Alcuni pensano che sia accaduto qualcosa di analogo per l’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti. Ritengono che l’America non abbia vinto in questa occasione l’antico pregiudizio verso i neri, ma che l’immagine (un uomo ancora giovane, elegante, energico, sorridente, con una simpatica famiglia) si sia mostrata più forte del pregiudizio. Succede continuamente. Accade per quanto riguarda la cronaca nera. Inutile informare la gente che gli stupri vengono commessi da italiani in sei casi su dieci, che gli atti di delinquenza in genere seguono la stessa proporzione: nulla al mondo convincerà a credere che i colpevoli di tutto non siano comunque e sempre gli immigrati stranieri. Accade qualcosa di simile per Berlusconi: invano l’opposizione ne condanna le leggi a misura personale, la trascuratezza verso la Costituzione, le decisioni individuali che ignorano e disprezzano un referendum popolare (è il caso delle centrali nucleari, bandite da un referendum e adesso ritirate fuori per volontà sovrana come se nulla fosse). Lui agisce così, e un po’ meno della metà degli elettori italiani seguita nonostante tutto a votarlo. Ma forse non è un meccanismo infrangibile. Il capitalismo della finanza pareva trionfante e onnipotente, intoccabile: adesso è nella crisi-disastro più rovinosa, si teme per le banche e le imprese, si invoca un mutamento delle regole. Può darsi che con la pre-potenza dell’immagine finisca lo stesso. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Lui e lei senza parità Inserito da: Admin - Marzo 05, 2009, 09:21:10 am 5/3/2009
Lui e lei senza parità LIETTA TORNABUONI Si potrebbe anche essere d’accordo sulla decisione europea di parificare a 65 anni l’età della pensione per uomini e donne, se tra i lavoratori statali dei due sessi ci fosse una qualche parità. Ma questa parità non esiste. Le donne fanno una fatica doppia, all’impiego e in casa. Pulire, cucinare, fare la spesa e il bucato, stirare, badare ai figli, non sono un lavoro quotidiano? Cosa credono all’Unione Europea e adesso anche in Italia, che ogni lavoratrice statale abbia cuoca, cameriera e governante? La doppia attività logora le donne ben prima dei 60 o 65 anni. È un’idea piuttosto infame voler risparmiare in tempo di crisi dai 315 ai 517 milioni di euro in questa maniera, sfruttando la fatica femminile in più: oppure bisognerebbe accompagnare l’equiparazione dell’età di pensione con una legge internazionale secondo cui i lavori domestici dovrebbero essere fatti da donne e uomini alla pari. Non c’è da contarci, e del resto chissà quanto tempo dovrebbe passare per abituare gli uomini a non venir serviti né liberati da ogni responsabilità, o a dover pagare un’altra lavoratrice domestica. Nella vicenda, comunque, quello che colpisce di più è che la condizione reale delle donne venga così facilmente dimenticata, messa da parte, trascurata come se non la si conoscesse e non se ne fruisse. Colpisce che si faccia appello a un concetto di parità astratto, che si rivendichi «uomini e donne sono uguali» senza valutare in alcun modo la condizione e la fatica femminile: vuol dire che non soltanto il lavoro domestico non viene valutato come se non garantisse il funzionamento famigliare, ma che neanche viene rispettato, insieme con chi lo fa. Per degli organismi internazionali, è un brutto atteggiamento: e lascia anche pensare che tutte le sempiterne chiacchiere sul salario domestico, in Italia e altrove, non abbiano mai avuto nessuna concretezza, fossero una presa in giro. Chiunque abbia visto una donna doppia lavoratrice alla fine d’un giorno, conosce quello sguardo atono, quelle spalle curve, quella faccia segnata dall’affanno, quelle membra sfinite: ma molti politici, evidentemente, sono ciechi. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Per favore non mandate i bacetti Inserito da: Admin - Marzo 12, 2009, 11:10:28 am 12/3/2009 - PERSONE
Per favore non mandate i bacetti LIETTA TORNABUONI L e tecniche più usate per mandare baci sono tre: l’operatore si bacia la punta delle dita e invia il bacio verso il destinatario; l’operatore si copre il centro della faccia con il palmo delle mani, poi fa esplodere il bacio; l’operatore si bacia un palmo delle mani (quasi sempre la destra), lo investe con un soffio potente e fa volare il bacio verso l’interlocutore. A volte (spesso) il lancio del bacio è accompagnato da una smorfietta, un arricciarsi rafforzativo delle labbra. Naturalmente esistono altre tecniche, personalizzate oppure no: ma queste sono le più frequenti. Vengono usate dal palcoscenico o dallo schermo televisivo verso il pubblico plaudente; dagli artisti, dagli oratori, dagli sportivi, dagli amanti, da chi rimane a terra verso i partenti, dai parenti, dalle amiche; è già miracoloso che non mandino baci pure i soldati o gli ufficiali in divisa. E’ un segno di gratitudine o di saluto, si capisce. Ma, francamente, perché mandare baci o bacetti? Per il bisogno di compiere un gesto fisico, di esprimersi con qualcosa di concreto, come càpita con gli applausi ai matrimoni o ai funerali? Perché le parole (o i silenzi) paiono troppo modesti, poco eloquenti, poco partecipativi? Perché si tende a trasformare gli scarsi riti della vita quotidiana in spettacoli o casini? Perché non si fa caso alla natura leziosa, settecentesca e manierata del bacetto volante? Perché non si riflette sugli usi sciocchi e inutili che chissà come si sono introdotti nel nostro modo di fare? L’invio (formale) del bacio è uno dei più recenti insieme con gli applausi in chiesa: farne meno non sarebbe male. L’applauso, specialmente a un funerale, ha qualcosa di grottesco. Come se in certo modo si volesse lodare il morto: e per cosa? Perché è morto o per l’insieme della sua vita, per dargli insomma una specie di premio alla terminata carriera di essere umano? Il lancio del bacio, a seconda delle circostanze, è altrettanto lezioso. Tutti e due gli usi perseguono magari inconsapevolmente lo scopo di mettersi in mostra nell’occasione di un raduno sociale. Ma andiamo, su. Se proprio volessimo metterci in evidenza, facciamo piuttosto qualcosa che meriti attenzione, ammirazione. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Che cosa mettersi in testa Inserito da: Admin - Marzo 26, 2009, 10:30:11 am 26/3/2009 - PERSONE
Che cosa mettersi in testa LIETTA TORNABUONI Almeno in questa settimana, non c’è immagine più eloquente: il presidente del Consiglio con un allegro berretto da ferroviere in testa che parla ai giornalisti di un piano-casa onirico ritirato dopo poche ore. Un’immagine che condensa diverse caratteristiche dell’uomo: innanzi tutto, la voglia di scherzare per rendersi simpatico, come tanti politici. Non esiste capo di Stato che non abbia adottato brevemente e opportunisticamente un qualche copricapo anomalo: i presidenti americani, per dire, hanno portato caschi da lavoro, cappellini da sport, ornamenti indiani di piume, berretti da soldato, zucchetti ebraici; Mussolini metteva volentieri cappelli bianchi con visiera da ufficiale di Marina. Ridicolo, magari innocuo: i difetti politici non sono certo questi, il cattivo gusto non è reato né peccato, la smania di consenso è connaturata ad alcune carriere politiche. Il copricapo anomalo è meno innocente quando si accompagna a discorsi insostenibili. Quello sul piano-casa è esemplare. Il progetto è stato trionfalmente esposto con la sicurezza tipica di chi riferisce idee altrui: con una leggerezza, una mancanza di controllo, una irresponsabilità rare. Senza riflettere su nulla: se il progetto fosse legale o costituzionale, se esigesse oppure no l’approvazione delle autorità comunali e regionali; se non presentasse il rischio di trasformare il Paese in un casino architettonico e in una sterminata palestra di litigi; se risultasse a favore dei cittadini (in periodi squattrinati l’ultima cosa a cui si pensa è ad ampliare la casa) o piuttosto a favore dei costruttori. Siccome non viviamo in una dittatura capricciosa, il piano-casa è stato infatti censurato e limitato fin quasi a scomparire. L’ennesina stupidaggine governativa è stata quasi messa da parte, in ogni caso ridimensionata al massimo, riservata soltanto a ville e villette monofamigliari. Una simile figuraccia non ha apparentemente turbato il presidente del Consiglio né i suoi fans: restava sempre l’allegro berretto da ferroviere. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Tenori, baritoni mezzosoprani Inserito da: Admin - Aprile 09, 2009, 11:08:32 am 9/4/2009 - PERSONE
Tenori, baritoni mezzosoprani LIETTA TORNABUONI Meno male che in questi giorni tragici del terremoto dell’Aquila si sono ragionevolmente azzittiti, lasciando spazio alle vittime e ai cronisti. Ci mancava soltanto di dover stare a sentire Buonaiuti, Cicchitto, Italo l’Innominabile, Quagliariello, magari Gasparri: insomma i portavoce del governo, i portaparola, i difensori d’ufficio. A volte si esprimono in parecchi, e allora è tremendo sentir ripetere da tutti le stesse cose, sempre quelle, come se tutti avessero nel torace il medesimo nastro preregistrato, con la sola differenza dei toni della voce: tenore, baritono, mezzo-soprano (pur essendo quest’ultimo un tono femminile, molti uomini lo hanno). Hanno provato a concentrarli nel limitato territorio telegiornalistico della nota politica, ma è servito a poco. Naturalmente tutti i governi dispongono di portavoce: è logico, necessario, il primo ministro non può passare la vita ai microfoni della tv né è sempre opportuno che sia lui a dire alcune cose. Ma in genere il portavoce del governo è uno mentre da noi, sempre speciali, il portavoce è una piccola folla e tutti i parlatori che la compongono devono parlare ogni volta uno dopo l’altro, senza che il discorsetto cambi granché. Va già bene. In passato era peggio: prima, in tempi di più variata coalizione di centrodestra, ciascuno esponeva le proprie sfumature, cercava di prendere il sopravvento, utilizzava marcatamente il proprio (diciamo) stile personale al di là d’una certa comune untuosità. C’era chi tentava di fare lo spiritoso o l’ironico, c’erano il pomposo, il rabbioso, il pastoso, l’impetuoso. Prima insolentivano, attaccavano, litigavano; adesso hanno capito che l’aggressività non è producente e spesso infastidisce gli ascoltatori (in mancanza di interlocutori diretti, poi, contro chi essere aggressivi senza che risulti un esercizio solitario?). Hanno cambiato, adottando un modo di parlare pacato, monotono, controllato, di toni bassi e un poco frettolosi, appena venati di faticata pazienza e di disprezzo: meno fastidioso, però impraticabile in momenti davvero gravi. Cosa possono pensare gli ascoltatori-spettatori, che i portavoce se ne freghino di tutti, che tutto adottassero tranne la sincerità? È in ogni caso possibile che adesso, con la creazione d’un partito unico, le cose subiscano un mutamento, che i portavoce diventino solo due come sarebbe ovvio. Troppo bello, meglio non farsi illusioni, magari non succederà. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI La censura nasconde code di paglia Inserito da: Admin - Aprile 19, 2009, 05:08:31 pm 16/4/2009 - PERSONE
La censura nasconde code di paglia LIETTA TORNABUONI Dicono che il governo abbia progettato, nell’idea di raccogliere il 51% dei voti, di avere prima delle elezioni giornalisti favorevoli in ogni punto-chiave dell’informazione, cartacea o televisiva che sia: e dev’essere vero, perché soltanto questo può spiegare il casino censorio sollevato da governativi e filogovernativi intorno a una puntata del programma tv AnnoZero e al suo conduttore Michele Santoro. Se poi quest’ultimo episodio viene accostato a quello del vescovo negazionista inglese, siamo davvero ben presi. AnnoZero ha criticato l’azione di soccorso dei primi due giorni dopo il terremoto d’Abruzzo. E allora? Gli altri mezzi di comunicazione hanno invece coperto di lodi quell’azione, l’hanno descritta come tempestiva, provvida, efficace e generosa. E allora? Dobbiamo giudicare e parlare tutti nella stessa maniera, in omaggio al pensiero unico, al governo e a Bertolaso? Dobbiamo tutti far parte del coro? Può darsi che i terremotati interrogati dalla trasmissione, sconvolti dalla propria situazione, abbiano sbagliato. E allora? Se qualcuno eventualmente sbaglia, lo si può correggere, come diceva il papa Wojtyla, e contrastare: ma cosa significa montare uno scandalo, parlare di «faziosità» e di «indecenza», scegliere Santoro come bersaglio, tirar fuori i doveri del servizio pubblico? Significa censura. Pulsioni contro la libertà d’espressione, limitazioni del diritto a esprimere il proprio pensiero. Con il vescovo inglese non è stato diverso. Il vescovo di estrema destra negazionista, appena liberato con altri dalla scomunica per volontà del papa Benedetto, ha detto che nei lager nazisti i forni crematori non sono mai esistiti né mai hanno funzionato. E allora? Ha detto una stupidaggine, una bislacca bugia, e lo sanno tutti: la Storia, i sopravvissuti, i documenti fotografici e cinematografici, tutto lo testimonia. E allora? Il vescovo ha detto una sciocchezza, se vale la pena si può smentirlo, se no si può lasciarlo perdere: ma cosa significa montare uno scandalo, da parte degli israeliani esigere dal Vaticano scuse e richieste di perdono? Significa sfruttamento politico e censura. Una simile furia censoria mette paura: non soltanto è qualcosa di profondamente antidemocratico, rivela pure nelle nostre gerarchie una insicurezza che tollera esclusivamente l’unanimità, che scopre terribili code di paglia. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Telelemosina esagerata Inserito da: Admin - Aprile 23, 2009, 10:38:46 am 23/4/2009 - PERSONE
Telelemosina esagerata LIETTA TORNABUONI Chiunque siano e chiunque sia il loro protettore, da ovunque vengano, i nuovi dirigenti della Rai-tv dovranno forse riflettere su un nuovo fenomeno: la telelemosina. Come non bastasse la pubblicità aziendale ed esterna, che sembra andare molto oltre i limiti consentiti: spot di fiction o show imminenti, presenti, futuri; protagonisti invitati ai talk-show pomeridiani per lodare il proprio lavoro; spot esterni trasmessi con una frequenza incalzante. A tutto questo, forse illegale e comunque molto fastidioso per i telespettatori, s’è unita impetuosamente la telelemosina. Compiere un atto di generosità verso i terremotati d’Abruzzo è giusto, naturale da chiedere e da fare. Ma il resto? Le più tremende malattie e disgrazie si affastellano sui nostri teleschermi, usurpando gli spazi destinati all’informazione e all’intrattenimento: sclerosi, disturbi del cuore, affezioni rare infantili oppure no, problemi di circolazione, bisogni dei bambini nati da donne africane malate di Aids, necessità di bambini africani semplici, protezione delle schiave nere o asiatiche, ricerche sui tumori e altri morbi fatali o quasi. Per tutti si chiede in continuazione un euro da cellulare, due euro da telefono fisso, numerosi euro in conto corrente. Dicono «solidarietà», «contributo», «aiuto», «sostegno», ma in concreto semplicemente chiedono e chiedono soldi. Naturalmente, soprattutto gli autentici telespettatori si accorgono di tutto ciò: non certo i politici o i giornalisti che guardano di corsa un telegiornale o una notizia, per rivedersi o per dovere professionale; né i distratti che si muovono, fanno altre cose, vanno in altre stanze e poi si lamentano: «Ho infrasentito», «ho sentito con mezzo orecchio». Il vero telespettatore è ormai all’esasperazione: oltre tutto, quel groviglio continuo di sventure e malattie dà l’impressione d’un mondo nerissimo; trasforma in tragedia dolorosa ogni seduta di svago o d’informazione; massacra la Rai spingendo gli spettatori verso le reti Mediaset o La7. Forse i nuovi dirigenti potrebbero intervenire e, se non abolire simili comunicazioni, dosarle almeno con un poco di misura, evitando di far pensare che con il canone ci si è pagati forme di mendicità permanente, di accattonaggio perenne. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Tutto sotto controllo Inserito da: Admin - Maggio 08, 2009, 05:03:42 pm 7/5/2009 - PERSONE
Tutto sotto controllo LIETTA TORNABUONI E dài. Il meccanismo governativo si mette ancora una volta in funzione per la febbre suina. Arrivano le prime notizie dal mondo, e subito il ministro assicura che in Italia i rischi sono minimi, quasi inesistenti, che in ogni caso siamo preparati ad affrontare l’epidemia (come? con il vaccino che non c’è, o con gli scongiuri?), che «è tutto sotto controllo». Passano due giorni, la malattia si espande e noi (fortunati, miracolati?) non abbiamo secondo il governo nulla da temere. Si segnalano i primi casi italiani: «Sono già guariti, già dimessi dall’ospedale», garantisce il ministro. Non è vero, ma con la bugia tutto sèguita a essere «sotto controllo»: come poi sarebbe possibile controllare una malattia infettiva internazionale che provoca tanti morti, non si capisce. Non è andata troppo diversamente con il terremoto d’Abruzzo. All’inizio, più veloce della luce, con foga elettorale Berlusconi ha assicurato «tutto è sotto controllo». Una forza della Natura, il terremoto, controllabile? È passato un mese e le scosse dello sciame sismico non danno tregua. Berlusconi s’era spinto ad affermare che il governo non voleva per i terremotati un periodo di abitazioni provvisorie («sappiamo per esperienza che poi ci restano per anni»): dopo un paio di settimane già parlava di chalettopoli, di casette di legno «transitorie», garantendo che sarebbero state consegnate a tutte le famiglie prima dell’inverno, a settembre; adesso la data è diventata settembre-dicembre. Altro che «sotto controllo». È difficile capire perché il governo, in circostanze simili, faccia lo sbruffone in modo così evidente. Si può comprendere il desiderio di contrastare l’eventuale panico, di rassicurare la gente, di evitare guai: ma quando le proclamate garanzie sono assurde rispetto all’evento a cui si riferiscono, quando bastano pochi giorni a smentirle concretamente, la faccenda cambia. Diventano menzogne, e così incoraggiano delusioni, rancori, sfiducia, disprezzo. Il ricordo degli atteggiamenti governativi di provvida onnipotenza fa presto a svanire, neppure dura fino alle elezioni. Il comportamento da «faccio tutto io» si trasforma nella ridicolaggine del commendator Tino Scotti, se non in una più grave truffa ai danni della gente. «Tutto sotto controllo» non soltanto è quasi sempre una bugia clamorosa nel nostro mondo caotico, ma diventa una crudele presa in giro. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI La vita in tempo di crisi Inserito da: Admin - Maggio 14, 2009, 11:54:08 am 14/5/2009 - PERSONE
La vita in tempo di crisi LIETTA TORNABUONI Chissà se qualcuno, oltre gli interessati, riflette al modo in cui si vive in tempo di crisi, se non si è ricchi o ladri ma lavoratori dipendenti. L’arrivo dello stipendio o del salario è il momento migliore del mese, l’unica tregua, ma finisce subito: quando hai pagato le spese fisse incombenti rimane poco, molto poco. Anche chi prima spendeva o compilava assegni con disinvoltura, adesso lo fa con attenzione, con timore quasi, come se la cura nell’allineare cifre potesse aiutare. Si decide di risparmiare sul mangiare, ma non serve a molto: mancano ancora i soldi per le bollette (telefono, elettricità, gas) che spesso arrivano a metà mese e che già non si sa come pagare. Scarpe e vestiti non ne parliamo, restano quelli di due o più anni fa. Ma la penuria rappresenta un pensiero continuo ineliminabile, un almanaccare senza soluzione che dà amarezza perenne. Ai figli non si può dare che l’assolutamente necessario. Si spera che non succeda nulla (una malattia, uno scontro): non si saprebbe come affrontare gli imprevisti. L’umore rimane teso, tetro, e peggiora quando arriva il periodo delle tasse. Si dorme in lenzuola logore, rammendate in qualche punto: bisognerebbe comprarne di nuove, ma come si fa? Quando si sente qualcuno che obietta: ma i ristoranti sono sempre pieni, la gente viaggia, fa i week-end, va in crociera, si risponde con asprezza che non sono certo i ladri a mancare, nel nostro Paese. Con la testa così occupata ad arrangiarsi o a rinviare, così ingombra di pensieri molesti, riflettere sulla politica e sulle elezioni è quasi impossibile: al massimo scappa qualche moto di esasperazione o qualche insulto, di fronte al parlare promettente, ipocrita e pomposo che è proprio dei governanti. Le disposizioni a favore dei poveri elaborate dal governo sono talmente complicate e difficili, prevedono una tale quantità di trappole, condizioni e obblighi in cambio d’una scarsa elemosina, che passa la voglia anche di provarci. È una vita brutta; ce ne sono di peggiori, ma anche questa è pessima. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Segni segnali simboli Inserito da: Admin - Maggio 21, 2009, 02:54:26 pm 21/5/2009 - PERSONE
Segni segnali simboli LIETTA TORNABUONI Strano: quando si tratta di fatti personali (corruzione o seduzione che sia) il tono è violento, minaccioso, anche sgangherato; quando invece l’argomento è la crisi finanziario-economica, sembra che il governo e il suo presidente vivano in un universo flou, vago, ultraterreno. Segni, segnali, simboli, sensazioni, percezioni: mai nulla di esatto e reale. Dalla crisi non siamo ancora fuori, non possiamo affermare di averla già alle spalle, sostiene Berlusconi, ma molti segni indicano che la direzione verso cui andiamo sia proprio quella. Segni? Quali segni? Non si sa. Segni. Arrivano numerosi segnali di ripresa, dice un ministro. Ah, sì? E sarebbero, questi numerosi segnali? Da dove arrivano, poi, e a chi? Mah. Si conosce la natura dei segnali: è indefinita, incorporea. Gli italiani, dice un altro ministro, col bel tempo e con il caldo esagerato di questi giorni pensano sempre più alle vacanze d’estate: un simbolo del fatto che la loro condizione non è oggi peggiore rispetto a quella di tre, quattro anni fa. Ma pensare all’estate non vuol dire programmare soggiorni e i simboli, si sa, non sono concreti. Terzo ministro: la sensazione è che la crisi sia nella sua fase discendente. Quarto ministro: è facile percepire che ne usciremo prima e meglio d’altri Paesi. E da cosa nasce tanta sensibilità, una percezione così netta? Va’ a sapere. Da nulla, probabilmente, se non dalla facile comodità del parlare ambiguo, impreciso, senza notizie, non impegnativo, smentibile ad ogni istante: come medium in trance, come discutibili lettori di tarocchi, come portavoce dall’aldilà. Segni, segnali, simboli, sensazioni si infittiscono quanto più ci si avvicina alle elezioni. Mettiamo sia vero che gli elettori si interessino poco o niente al Parlamento europeo. Mettiamo che abbiano altro (i soldi) a cui pensare e di cui preoccuparsi. Che cosa induce allora i governanti a rivolgersi a loro in termini astratti? L’impossibilità di essere concreti, magari? Oppure l’illusione di venir creduti, almeno quando fanno discorsi magici? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Chi odia chi e perché Inserito da: Admin - Maggio 28, 2009, 09:54:14 am 28/5/2009 - PERSONE
Chi odia chi e perché LIETTA TORNABUONI Togliatti e mio nonno litigavano moltissimo, tanto tempo fa. Togliatti era ovviamente il segretario generale del partito comunista italiano e, allora, ministro di Grazia e Giustizia. Mio nonno Dante Veroni era deputato della Democrazia del lavoro, un piccolo partito laico, e sottosegretario alla Giustizia. Togliatti e lui si stimavano molto, ma litigavano di continuo. Togliatti aveva verso la democrazia cristiana e la destra atteggiamenti non tolleranti ma politici, desiderava collaborazione più che disdegno, pensava alla sopravvivenza e alle conquiste politiche dei comunisti, temeva quanto accadeva in Grecia con la messa fuori legge dei comunisti. Mio nonno detestava democristiani e destre, aveva saldi principii democratici e laici. Quando arrivarono la conferma nella Costituzione dei Patti Lateranensi o l’amnistia per i fascisti, apriti cielo. Sin da allora, l’odio da cui Berlusconi lamenta d’essere assediato da parte dell’opposizione di sinistra non esisteva affatto. Non c’è mai stato neppure adesso: i favori legislativi resi dalla sinistra a Berlusconi sono anzi strepitosi, vanno ben oltre la questione pure essenziale del conflitto d’interessi. La sinistra non è mai stata indifferente al consenso popolare raccolto da Berlusconi, non ha mai pensato che Berlusconi non fosse la causa ma il sintomo d’una condizione italiana, non ha mai creduto che la gente lo votasse perché lo trova divertente. L’odio è un sentimento di élite. Gli unici che hanno odiato e forse odiano ancora Berlusconi, perché si vergognano di lui e della fama ridicola che riverbera sul Paese, sono altri. Sono quelli simili a mio nonno. Persone rigorose, rette, di buona educazione, colte, fedeli ai principii, rispettosi della forma (anche troppo), borghesi sprezzanti, convinti che il comando nel Paese spetti a gente non diversa da loro. «Persone da Partito d’Azione», si diceva. Democratici assoluti ma conservatori, a volte reazionari. Ovvio aggiungere che queste persone sono poche, e saranno sempre di meno man mano che la ferocia, la truffa e la rozzezza fanno in Italia passi da gigante. Pure il famoso odio andrà quindi attenuandosi. E se nel frattempo Berlusconi la piantasse di commettere scorrettezze che possono renderlo detestabile? Non c’è da contarci. A quell’età non si cambia. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Nella città blindata Inserito da: Admin - Giugno 06, 2009, 05:40:15 pm 4/6/2009 - PERSONE
Nella città blindata LIETTA TORNABUONI Roma è sempre stata luogo di manifestazioni di protesta, convegni internazionali, grandi partite di calcio, incontri al vertice, pellegrinaggi, feste: un po’ è la capitale italiana sede del governo, del Parlamento, anche del Vaticano, del Papa; un po’ è bellissima e fa piacere vederla o rivederla. Naturalmente i romani si sono sempre lagnati («città disgraziata», «città maledetta» delle sistematiche invasioni di visitatori, dei cortei turistici preceduti da bandierina e portabandiera che occupano i marciapiedi, delle sfilate ingombranti, delle masse di fedeli cattolici che prendono ogni spazio negli autobus: ma incidenti o guai ne sono accaduti molto di rado. Da qualche tempo però, diciamo da quando il sindaco della città e il ministro dell’Interno sono di centrodestra, qualcosa è cambiato. Roma sembra trasformata nella prima trincea di un Paese in guerra. Ogni volta che deve accadere qualcosa (ossia sempre) comincia una preparazione para-bellica: i cronisti paiono rigirarsi in bocca con delizia la parola «blindata», ma il termine non è usato a vanvera. In realtà, il sistema per proteggere i diversi eventi non sembra quello ragionevole di cercar di conciliare esigenze dei romani ed esigenze dell’evento. Semplicemente, i cittadini vengono espulsi, come fossero tutti infetti o delinquenti, da barriere, posti di blocco, divieti, cartelli imperiosi, nastri bicolori, uomini armati. Roma nei giorni scorsi (G8 speciale, partita internazionale, cortei studenteschi, sfilata del 2 giugno eccetera) pareva Mosca durante le Olimpiadi, quando i moscoviti vennero mandati fuori per non disturbare né mostrare spettacoli inverecondi né parlare con gli stranieri, e la città si presentava vuota, spopolata. Nonostante la blindatura, per fortuna non è successo nulla, nella Roma abituata da secoli: e le autorità l’hanno riferito trionfalmente, come fosse merito loro. Ma è un teatrino. Oppure è una mentalità, più che da governanti dilettanti, da vecchi padroni: per i quali ogni presenza popolare è fastidiosa o rischiosa, va evitata, e l’unico posto dove la gente può stare è a casa, a letto, a dormire per riprendere forze e tornare a lavorare domattina. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Nostri soldi quotidiani Inserito da: Admin - Giugno 11, 2009, 05:47:09 pm 11/6/2009 - PERSONE
Nostri soldi quotidiani LIETTA TORNABUONI Parliamo sempre di soldi e se ne parliamo, ovvio, è perché ci mancano, non ci bastano, non ne abbiamo, non sappiamo dove e a quale prezzo trovarne in prestito. Per via dei soldi (come capitava un tempo per la politica) si rompono amicizie, si spezzano legami famigliari, ci si perde di vista dalla paura d’una richiesta di aiuto. Ma c’è di più: a parte la natura ossessiva dei discorsi, i soldi cambiano la mentalità. Vedendo un film, possiamo essere portati a identificarci con i finanziatori: e certo, l’hanno fatto così per cercar di incassare cinque milioni di euro come l’anno scorso, guadagnarci meno sarebbe stato un guaio e si capisce che per dare certe garanzie il film dovrà essere scemo e volgare, si sa com’è la gente. Comprando mele e trovandole dure, acerbe e insipide, possiamo sentirci dalla parte del fruttivendolo: e certo, se le mettono in vendita mature rischiano di doverle buttare quasi marce, e quanto ci rimettono? Scegliendo un libro ne comprendiamo il costo grottescamente alto: e certo, se ne vendono pochi quindi li debbono far pagare di più. Scompare la tradizionale ostilità verso il negoziante o il venditore: ne comprendiamo benissimo le esigenze, ne condividiamo le preoccupazioni e persino l’ingiusto sfruttamento della clientela. Come se fossimo, diciamo, tutti economisti, gli ultimi a cui pensiamo siamo noi stessi. Una alterazione simile ha le sue ragioni e le sue origini, che stanno soprattutto nello stile di comunicazione dei media. Ogni televisione, radio, giornale quotidiano o settimanale si occupa dei problemi economici assumendo il punto di vista governativo e nazionale. Delle persone o delle famiglie parlano davvero in pochi, o spesso se ne parla in termini generici («fascia debole, settore svantaggiato, comunità colpita») nei quali non ci si riconosce, nei discorsi elettorali, nell’oratoria politica che esclude ogni ascoltatore. Veniamo quasi costretti dallo stile governativo dei media che si prendono per presidenti a ignorare noi stessi, come se la nostra realtà non fosse autentica, urgente: e poi ci ritroviamo ad allineare in una breve fila gli ultimi euro rimasti nel borsellino. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Altro che privacy dei cittadini Inserito da: Admin - Giugno 18, 2009, 10:18:05 am 18/6/2009 - PERSONE
Altro che privacy dei cittadini LIETTA TORNABUONI Vengono i brividi a sentir dire e ridire, proclamare e ripetere, insistere e garantire che gli interventi sulle intercettazioni telefoniche hanno lo scopo di «salvaguardare, proteggere la privacy dei cittadini». I cittadini comuni se ne infischiano delle intercettazioni. Gli unici a cui le intercettazioni stiano a cuore sono i criminali, e alcuni politici, industriali, alti funzionari statali, affaristi, giornalisti, magistrati, insomma la classe dirigente e la classe delinquente, i soli che dalle intercettazioni possano avere guai o danni all’immagine. Alla gente comune cosa potrebbe eventualmente importare che venissero intercettate quelle loro telefonate che si ascoltano a volte per via o sui mezzi di trasporto pubblici? Quelle che dicono magari: «Sei lì? Io sono qui. Sto venendo lì, spero di far presto», oppure «Sarò a casa con un po’ di ritardo» o ancora: «Ti senti meglio? Il dottore è venuto, che ha detto?». La loro privacy non può essere violata dalle intercettazioni telefoniche. Del resto è passato il tempo in cui, sospettando qualche brigadiere in ascolto, ci si rivolgeva a lui amichevolmente («Capito, brigadiere?») oppure si diceva: «Ne parleremo a voce», «Non al telefono, per favore», «Ti dirò direttamente». Adesso i cittadini comuni neppure ci pensano, parlano con disinvoltura: a chi può interessare quel che dicono? Magari qualcuno li stesse a sentire, ogni tanto. Per gli altri, per la classe dirigente o delinquente, il discorso è diverso: circola infatti da mesi la voce umiliante che tutto il casino legislativo e parlamentare delle intercettazioni sia dovuto alla esistenza di registrazioni d’un paio di conversazioni molto, molto salaci tra il primo governante e due giovani donne ministro. Sarà falso, sarà vero, certo è che si produce uno strano fenomeno: pur sapendo di poter essere ascoltati, i governanti non usano alcuna cautela nel parlare al telefono; pur sapendo di poter essere identificati, i delinquenti non rinunciano a usare i cellulari rubati alle loro vittime. La voglia di fare e dire quel che vogliono, la speranza se non la certezza di impunità, li spingono a non limitare in alcun modo la propria libertà, a fare i propri comodi: tanto poi ci sono le leggi protettive. Ma non protettive della privacy dei cittadini. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Il mondo va meno male? Inserito da: Admin - Giugno 25, 2009, 11:25:55 am 25/6/2009 - PERSONE
Il mondo va meno male? LIETTA TORNABUONI Se la grossolanità, la faccia di bronzo e le bugie sfrontate del vertice politico ti fanno star male, ti danno un senso di nausea esasperata quando al mattino sfogli i giornali, un rimedio può anche essere il pacco della corrispondenza quotidiana. Ti accorgi che mentre gli appassionati e i moralisti temono che il nostro Paese sia alla catastrofe economico-etico-politica, la vita va avanti come se nulla fosse. Vediamo. Tra biglietti e cartoncini, il centro internazionale di fotografia Forma propone immagini giapponesi, incontri sulla fotografia (il vero, il falso), discussioni sui paparazzi (l’estate, gli scandali, il potere), convegni su «un certo modo di essere al mondo» e su «lo sguardo sensibile». Un lettore gentilissimo avvisa che in alcuni forum tipi della troupe di un film italiano di prossima uscita «sembrano spacciarsi per lei, firmandosi Lietta T.». La Triennale di Milano invita a «Steelife», «l’acciaio in mostra da protagonista grazie ai suoi magistrali interpreti: gli artisti»; e alla mostra Pirelli sul lavoro manuale «Working. Uomini, macchine, idee». Il Goethe-Institut italiano sosteneva (ahimè, è troppo tardi) «La cultura dell’energia produce energia culturale: mutamenti climatici, politica energetica in Germania e in Italia, potenzialità delle energie rinnovabili, progetti bioclimatici, costruzioni solari, Bauhaus ieri e oggi. La Triennale di Milano rimembra ancora che nel 1964 Umberto Eco e Vittorio Gregotti commissionarono a Tinto Brass due video sul tema «Tempo libero e tempo di lavoro» che adessso, oltre quarant’anni dopo, sono stati ritirati fuori, «Teatro Agorà, ingresso libero fino a esaurimento dei posti». Per non parlare di «Letterature 2009», 5 giugno, con «Il verso della luna» alla romana Basilica di Massenzio. Istituzioni e persone appaiono vivissimi, ricchi d’energia nonostante l’estate; nonostante la crisi e gli altri guai, nessuno rinuncia al proprio ruolo e alle proprie iniziative. La cultura è l’ultima ad arrendersi. Il mondo non si ferma, va. Meno male? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Chi è pettegolo Inserito da: Admin - Luglio 02, 2009, 06:11:27 pm 2/7/2009
Chi è pettegolo LIETTA TORNABUONI Il breve biglietto lasciato dallo scrittore prima di togliersi la vita terminava con la frase: «Non fate troppi pettegolezzi». Desiderio comprensibile, ma improponibile. Non erano gli amici ad essere pettegoli e linguacciuti: era lui che aveva compiuto un gesto fatale, quello di uccidersi, che sarebbe stato ragionevolmente meditato, ripensato, discusso, caricato di dubbi e di ipotesi, per molti molti anni. Ci troviamo in una situazione analoga: si può anche dire, per carità di patria, «nei giorni in cui sono in Italia i governanti del G8, piantiamola con pettegolezzi e polemiche». La posizione potrà essere discutibile (e anche inutile perché i governanti stranieri leggono i loro giornali), in ogni caso non ci riguarda. Non siamo noi i pettegoli o polemici, e neppure i media né l’opposizione. Se il governante la smettesse di compiere azioni improprie, se smettesse di abbandonarsi a manie particolari, nessuno farebbe il minimo pettegolezzo né la minima polemica: ma a lasciarsi andare a rivelazioni sono lui stesso, la moglie, i magistrati, le co-protagoniste, le fonti meno labili. Se poi i media riprendono e pubblicano quanto affermato da queste fonti, sarà informazione: non pettegolezzo, spazzatura, marciume, complotto, vergogna e persino fango o melma, come dicono i sostenitori o dipendenti del protagonista. Personalmente ritengo che l’attività sessuale abbia nulla a che fare con la vita pubblica, che una persona non possa né debba essere giudicata a partire dalle proprtie abitudini sessuali: ma quando è la quantità a fare la qualità, quando si consente di credere che uno non pensi ad altro, la faccenda diventa diversa e impone una scelta: o ti controlli o rinunci alla vita pubblica. Gli elettori che hanno votato (ma grazie ai pastici partitico-legislativi nessuno viene votato personalmente) rimarranno delusi, ma poi voteranno qualcun altro: nessuno è insostituibile. La situazione viene resa persino più complessa dall’uso del protagonista di dire apertamente il contrario della verità: lo scoraggiamento prevale, se oggi tutti lo sentono dire alla tv che bisognerebbe chiudere la bocca a organizzazioni internazionali, persone e giornali che giudicano la crisi pericolosa e seria, e domani afferma di non aver mai detto nulla del genere. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Tanto vale vivere Inserito da: Admin - Luglio 09, 2009, 10:22:13 pm 9/7/2009
Tanto vale vivere LIETTA TORNABUONI L’autorevole marocchino Nour Dacham in nero, oro e berrettino bianco, venuto a rappresentare i sette morti della comunità islamica già commemorati in Marocco, e al suo fianco un vescovo cattolico con grandi occhiali da sole: pare un film di Francesco Rosi. Ai solenni funerali delle vittime di Viareggio tutto era esatto e perfetto: la geometrica ressa di gente devastata dal sole a picco di mezzogiorno in una confusione di lacrime e sudore, il vento leggero, la musica d’organo e i cori, il nostro impeccabile e caro Presidente della Repubblica, i corpi militari o paramilitari addetti come al solito ai lavori di fatica, le bare coperte di fiori bianchi sul prato, le bandiere abbrunate, l’andirivieni solenne e insieme veloce di arcivescovo, vescovi, sacerdoti, chierici. Il funerale, si sa, è il primo momento conclusivo del lutto, quello collettivo. Esprime dolore, rimpianto, gratitudine, nostalgia struggente, ma constata pure: «E’ andata così». Per questo i funerali pubblici solenni si celebrano sempre al più presto possibile dopo la morte: per poter considerare esaurita la cosa e andare avanti, vennero celebrati con la massima fretta a Monaco i funerali degli uccisi alle Olimpiadi, o i funerali a Roma dei morti di Nassirya. In queste cerimonie, noi siamo molto bravi: non perdiamo tempo in ragionamenti o promesse (ma: «Bisogna fare chiarezza», ha detto ancora una volta il presidente Napolitano), badiamo piuttosto a che tutto funzioni come deve, a che non ci siano durante la cerimonia errori, esplosioni di dolore, rombo di elicotteri dal cielo, presenze inopportune di compagne non legittimate. La scelta delle musiche è stata fatta da sempre; le cerimonie religiose sono sempre uguali; i discorsi (quando ci sono) risultano sempre opportunamente brevi. La consolazione di chi ha perduto un essere amato è ovviamente relativa: ma la nobile bellezza della cerimonia ha il compito di far sentire che tanto vale vivere. Siamo più bravi a commemorare i morti che a lasciar campare i viventi: se la manutenzione dei vagoni di Viareggio fosse stata migliore, se l’Aquila fosse stata costruita secondo i giusti criteri antisismici, se l’avidità di soldi non fosse stata la più forte, decine e decine di italiani sarebbero ancora vivi. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI La scuola ignorante Inserito da: Admin - Luglio 16, 2009, 11:45:00 am 16/7/2009 - PERSONE
La scuola ignorante LIETTA TORNABUONI Adesso tocca all’Università: qualità, merito, bravura, test per dare prova di abilità caratterizzerebbero le nuove disposizioni. Le altre scuola sono già state sistemate. Migliaia di bocciati: siamo contenti? Un sacco di rinviati: va bene così? A giudicare dall’esultanza ostentata dal governo (e purtroppo anche da giornali e telegiornali), parrebbe di sì: che gioia, è finito il Sessantotto (sfido, son passati oltre quarant’anni), è sparito il voto politico (mai comparso), è cancellata la mefitica indulgenza. Ma il sospetto è che questi siano soltanto pensieri antiquati, conservatori, formulati da gente incolta che odia le società contemporanee; luoghi comuni estranei al nostro mondo, che procurano agli studenti e alle loro famiglie i peggiori danni possibili. Le scuole all’origine servivano soltanto ad educare e preparare le classi dirigenti. Nel tempo la loro azione si è estesa alle altre fasce sociali: man mano che le società evolvevano, si comprendeva la necessità che tutti i cittadini avessero diritto all’istruzione e la acquisissero. Con lo stabilirsi e il crescere delle società di massa, il fenomeno è diventato ancora più esteso: le scuole di massa non servono a identificare e scegliere i bravi o bravissimi, gli studenti degni di emergere domani nel Paese, ma a dare a tutti un grado accettabile di istruzione, una più o meno sufficiente cultura personale. Le scuole non sono il luogo d’una selezione di futuri dominanti, l’occasione di una gara a chi ha più meriti. Poi, si capisce che i più bravi emergono, studiano meglio. Si fanno avanti, mentre ai meno bravi restano certi insegnamenti: ma è impossibile, da ignoranti e da reazionari, reggere la scuola come una istituzione di élite. Nello stesso modo, è impossibile conservare le strutture impraticabili e ristrette della scuola d’un tempo, e dar la colpa agli studenti se succede qualcosa. E’ ragionevole correggere gli estremismi e gli eccessi dell’indulgenza, se ce ne sono: ma con misura, con realismo, senza ideologie, senza ricorrere a illogiche rigidità. Se no la devastazione culturale del nostro Paese diventa sempre peggiore: e magari qualcuno ne è contento. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Mangia che ti passa Inserito da: Admin - Luglio 25, 2009, 11:22:18 am 23/7/2009 - PERSONE
Mangia che ti passa LIETTA TORNABUONI Viene rabbia e tristezza quando leggi con tutte le cifre bene allineate accompagnate dalle loro fonti attendibili, che i padroni o gestori di ristoranti dichiarano al fisco di incassare in un anno quanto i pensionati; e quando lo stesso giorno t’hanno raccontato che in un ristorante dei Parioli a Roma un antipasto di mare costa 160 euro. La rabbia non è contro padroni o gestori che fanno gli affari loro e cercano come tutti di non pagarle, le tasse. Fa invece rabbia constatare che queste persone, come milioni di altre, non sono sottoposte ad alcun controllo, mentre ai lavoratori dipendenti ogni centesimo viene esosamente calcolato e ritirato alla fonte. Chi incassa di più paga enormemente di meno: bella giustizia. E i controlli mancano non per carenza di personale o Guardia di Finanza con la testa tra le nuvole o mazzette: non vengono fatti perché non si vogliono fare. Un tempo si diceva che la Democrazia cristiana non intendesse colpire i suoi elettori, che non volesse limitare una parte sommersa e superfiorente dell’economia nazionale. La Democrazia cristiana è scomparsa, i suoi ex elettori restano evasori. Questo accade da moltissimi anni. Si estende naturalmente a medici, ingegneri, negozianti, avvocati, rapinatori, mediatori, liberi professionisti d’ogni genere, persone delle quali si può dire che siano fasce sociali privilegiate, amici del governo, elettori del partito dominante. Gente che guadagna molto e che non collabora al mantenimento del Paese (o collabora molto poco). E non bisognerebbe arrabbiarsi, quando magari per le tasse devi rateizzare, fare sacrifici, battere la testa al muro? La tristezza e l’avvilimento sopravvengono quando fai i conti e ti accorgi che gli evasori fiscali non sono soltanto due proprietari di barche o tre padroni di ville, ma una vera e propria massa di italiani. Sono evasori pure i meno benestanti che lavorano in nero facendo gli autisti, i lavoratori domestici, gli infermieri a domicilio, gli idraulici, le baby sitter eccetera. Vuol dire che l’illegalità è da noi un’abitudine o un’aspirazione così radicata che Dio sa se potrà mai essere sradicata: chissà se smetteremo mai di essere quei truffatori abituali che i giapponesi ci considerano. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI La pillola va giù Inserito da: Admin - Agosto 06, 2009, 03:45:20 pm 6/8/2009 - PERSONE
La pillola va giù LIETTA TORNABUONI Chi vuol prendere la pillola antiabortiva RU486, la prende. Chi non vuol prenderla (per motivi medici, etici, religiosi, varii) non la prende. Nessuno è obbligato a nulla. La scelta è chiara, semplice: infatti in altri Paesi europei questo farmaco è liberamente in vendita. Da noi, no. Da noi la Chiesa cattolica, dotata di un potere politico che è oppure sembra forte, che altrove ha già perduto la partita, che non pare avere fiducia nell’obbedienza e osservanza dei suoi fedeli, ha già dato inizio a tutte le possibili pressioni negative. Non si tratta affatto di ragioni di principio. La ragione di principio cattolica riguarda l’aborto (come il divorzio, anch’esso legale in Italia): non le sue modalità. Il farmaco RU486 è una modalità semplificante, che riduce le complicazioni e il lavoro degli ospedali, che allevia i disagi e dolori delle donne: in tempi varii si prendono tre pillole, e basta. Non è quindi per motivi di principio che la Chiesa avrebbe già ottenuto dal governo diverse difficoltà altrove inesistenti: mancata libera vendita del farmaco, assunzione del farmaco soltanto in ospedale (dove i medici ricevono pressioni per dichiarare la propria obiezione di coscienza) e con ricovero (si sa quanto difficile), eccetera. A quale scopo? Dare tormento, fare dispetto, scoraggiare? Sarebbe un’assurdità. Anche in passato, quando la clandestinità, i divieti della Chiesa, la minaccia di galera e i pericoli erano molto più gravi, le donne che si trovavano nella necessità di abortire, abortivano. Nessuna compie un atto simile con leggerezza o fatuità, senza che sia indispensabile: non si può dire infatti che gli aborti siano diventati spensierati da quando sono stati legalizzati. Neppure è possibile ipotizzare che la Chiesa voglia ad ogni costo seguitare a circondare l’aborto di un senso di castigo, di punizione, di dolore: sarebbe davvero crudele, e inutile. Invece pure questo può sembrare un banco di prova del proprio potere politico nei confronti del governo italiano, a spese (come è già capitato troppe volte) delle donne. E’ un esercizio che ignora le persone e serve esclusivamente alle gerarchie: non è una bella cosa, e per un governo non confessionale dovrebbe essere inaccettabile. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Un pasticcio di giustizia Inserito da: Admin - Agosto 13, 2009, 04:05:39 pm 13/8/2009 - PERSONE
Un pasticcio di giustizia LIETTA TORNABUONI Se c’è un favore, un’indulgenza, una paura, una conoscenza o altro, pazienza: non sarà la prima volta che càpita, in Calabria o altrove. Se non c’è nulla di simile, l’episodio è persino più grave. Riassumiamo? Nel febbraio 2007, un giovane ammazza con quattro colpi di pistola la ragazza di diciassette anni: pare che lei non lo volesse più, e si sa quanto oggi diventi pesante un rifiuto amoroso per uomini che spesso hanno nulla, non un buon lavoro, non soldi, non posizione, non speranze di futuro, che vedono nell’abbandono un’umiliazione cocente o una ferita all’onnipotenza criminale. Reo confesso, arrestato subito dopo l’omicidio, condannato in primo grado a trent’anni, esce di prigione e vi ritorna per estorsione, condannato a quattro anni; presto liberato e presto nuovamente arrestato per pericolo di fuga. O meglio, per pubblicità: all’ultima liberazione, il padre della vittima scrive indignato ai giornali, protesta; il ministro di Giustizia Alfano manda subito ispettori a Catanzaro a indagare tra i magistrati. Precisa Gasparri: «E’ stato il governo Berlusconi a supplire allo scarso senso di responsabilità di magistrati che rimettono in libertà assassini»; lo smentisce, con l’accusa di non conoscere i fatti e di parlare a vanvera, il presidente dell’associazione dei magistrati. L’assassino, tornato dietro lo sbarre, dice: «Ho sbagliato, è giusto che io debba pagare». L’errore sarebbe aver ammazzato una ragazza. Ma in questo oceano di pasticci, la protesta comprensibile d’un cittadino, del padre della vittima che abbiamo sentito piangere in televisione («era dolcissima, bella, solare, per noi era tutto...»), può bastare a cambiare un iter giudiziario? In questo mare d’ipocrisia colpisce quella di Gasparri: allora è il governo che da noi amministra la giustizia, che decide secondo il proprio tornaconto? E’ il governo a stabilire, secondo il proprio vantaggio o svantaggio mediatico, chi sta dentro e chi va fuori di prigione? E’ il governo e non la legge che decide sulla sorte degli uomini in base a un ipotetico effetto sul pubblico? Oppure sono tutti e due, governo e magistratura, a comportarsi in modo inaccettabile per una democrazia? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Guerra e crisi, il cinema invidia la storia Inserito da: Admin - Agosto 19, 2009, 12:09:16 pm 19/8/2009
Guerra e crisi, il cinema invidia la storia LIETTA TORNABUONI Non basta. A ottobre si vedrà un film antinazista e antifascista collocato nella Francia occupata dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino. Alla Mostra di Venezia si vedranno Le ombre rosse di Francesco Maselli, analisi critica della sinistra contemporanea; Capitalismo: una storia d’amore di Michael Moore sulla crisi finanziario-economica mondiale; L’uomo che verrà di Giorgio Diritti, storia dei nove mesi precedenti la strage di Marzabotto nella quale le SS nel 1944 fucilarono 780 civili. Tratto da Miccia corta di Sergio Segio, si vedrà a novembre La prima linea, di Renato De Maria. Si aspetta il nuovo film di Nanni Moretti sullo psicoanalista del Papa. Premono due film sul Medio Oriente in guerra: il documentario su Gaza di Stefano Savona Piombo Fuso - Cast Lead premiato a Locarno; The Man Who Stares at Goats di Grant Heslow, protagonista George Clooney. In produzione, post-produzione, preparazione, sono molti i film che hanno al centro fotoreporter o gionalisti di guerra, episodi e scontri politici, memorie. Come mai? Può essere, nel magma della scemenza presente, una nostalgia di cose serie, di sentimenti nobili, di grandi momenti eroici. Può essere una tendenza controcorrente, a smentita della puerilità attuale del cinema. Può essere il rimpianto invidioso per quei registi che affrontavano la Storia italiana, per un cinema che potesse servire d’insegnamento ai suoi spettatori. Può essere la maggiore facilità di realizzazione per i film sovvenzionati dallo Stato. Può essere una voglia di storie importanti. Può essere nulla, un caso. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Balle d'estate Inserito da: Admin - Agosto 21, 2009, 11:23:36 am 21/8/2009
Balle d'estate LIETTA TORNABUONI Agosto è sempre stato un gran mese per le frottole giornalistiche, fatti intesi a sostituire avvenimenti autentici latitanti nell’atonia dell’estate, balle destinate a intrattenere i lettori svogliati delle vacanze. Protagonista storico, il mostro di Lochness, grosso drago-serpente che emergeva dalle acque del lago per combinarne di tutti i colori. Poi, molte varianti animali della mostruosità: il cane con due teste, la mucca con sei zampe, il gatto dal volto umano, la formica gigantesca. Alla fine, diversi esempi di sensazionalismo: la bimba divenuta madre a sette anni, il neonato parlante, la donna-scimmia capace di saltare e correre per centinaia di chilometri, le sacre apparizioni. Le balle attuali sembrano meno fantasiose e più concrete: la scoperta della assoluta inutilità dell’esercizio fisico (jogging, palestra) per chi voglia dimagrire; l’uso del laser nella depilazione soprattutto maschile e pettorale; l’ammonimento a non mangiare frutta e verdura sinora caldamente raccomandate (sono mediterranee, ma fanno venire la colite); un eventuale matrimonio di George Clooney, eccetera. Ma il cambiamento s’è fatto molto più sensibile: ha mutato settore, dal terreno della varietà s’è spostato a quello della politica, ormai fonte d’ogni curiosità e interesse giornalistico. Sul giornalino di pettegolezzi che sembra aver eletto a proprio portavoce, il presidente del Consiglio dichiara severamente che nelle sue residenze «mai si sono svolti festini, ma cene simpatiche» (chissà come sono le cene antipatiche). I burloni della Lega, che cento ne fanno e mille ne pensano per tenere su i seguaci, spaventare gli alleati e far parlare di sé, dichiarano che intendono cambiare l’inno nazionale (e non sarebbe poi una cattiva idea, tanto l’inno è pomposo, arcaico, brutto) e che vogliono che a scuola si parli in dialetto (siccome pochi li parlano, i dialetti possono essere considerati lingue morte e studiati come il latino o greco). Basterà aspettare qualche giorno per veder spuntare altre sciocchezze del genere: ma quello che conta è che la politica sia diventata, come le barzellette salaci, il terreno prediletto delle balle d’estate (e anche delle altre stagioni). da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Vostra eccellenza Inserito da: Admin - Agosto 27, 2009, 04:21:44 pm 27/8/2009 - PERSONE
Vostra eccellenza LIETTA TORNABUONI Chissà chi ha introdotto nel nostro linguaggio ufficiale, già tanto deplorevole, la parola «eccellenza». Un tempo, nel Seicento e oltre, destinata alle persone (governatori, arcivescovi, presidenti), «eccellenza» è passata ora alle cose: uva e vini, affettati, Università (che pure sono tra le peggiori d’Europa), pomodori pelati, imbarcazioni, Grotta Azzurra caprese (nonostante i miasmi) e altri paesaggi naturali. Bisognerebbe tagliare la lingua a chi la adopera, questa espressione «eccellenza italiana» (a volte, in caso di necessità, anche plurale: «eccellenze»). E’ falsa. Trovare cose eccellenti da noi è molto raro; risulta più facile trovare cose alterate, manipolate, rovinate per incuria o per farci più soldi, oppure cose che non funzionano affatto. E’ un’espressione ridondante, un esempio di linguaggio-maschera che serve a occultare una situazione miserevole e a tenersi su a forza di chiacchiere. E’un’espressione invadente: da quando è stata introdotta, viene applicata a qualunque sciocchezza, son diventati eccellenti pure l’aspirina, le creme di bellezza piene d’acqua a confronto con quelle straniere di pari marca e volume; le cipolle rosse al mercato, i vini «famigliari» dai nomi illusori. Insomma, «eccellenza» è un’espressione ridicola e fuori posto, da tempi di crisi, da governi incapaci e vantoni. Eppure, a irritare non è soltanto la sua enfasi e il suo uso: piuttosto, il disprezzo per la normalità che nasconde. Che nostalgia, invece, per una normalità in cui i bagagli dei viaggiatori non vengano saccheggiati o perduti, gli aerei non tardino minimo due ore, il pane e la mozzarella non siano gonfi d’aria, i panorami non offrano veleni, i turisti non vengano sistematicamente derubati, nessuno pretenda torvamente mance e mazzette, la gente non venga ammazzata in mezzo alla strada. Che sollievo sarebbe, la normalità. Come permetterebbe di non vergognarsi ogni giorno, ogni minuto: altro che eccellenza. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Per chi suona la campana Inserito da: Admin - Settembre 17, 2009, 05:03:26 pm 17/9/2009 - PERSONE
Per chi suona la campana LIETTA TORNABUONI Non è che ci troveremo davanti le figure ottocentesche che nei libri per l’infanzia illustravano bambini eroici che dalla montagna raggiungevano la scuola camminando per chilometri a piedi nudi nella neve? La decisione di abolire le scuole di paesi sperduti perché «costano troppo» è veramente sciocca e crudele insieme. Si espongono bambini a danni culturali e fisici; si pone in svantaggio l’istruzione più importante e tenace, quella elementare che nella vita sarà sempre necessaria a tutti; si dà un’altra prova di quanto il governo se ne freghi della gente e delle sue necessità; si segue un criterio che non può essere applicato in ogni caso. Viene applicato, invece. Malati e persone appena operate vengono messi fuori dagli ospedali in due-tre giorni: magari da un punto di vista medico è una cosa possibile, ma l’ambiente domestico può presentare (presenta, di solito) inconvenienti non trascurabili. Gli uffici pubblici, nonostante Brunetta, impongono attese superlunghe, esasperanti: gli impiegati sono troppo pochi. Non parliamo degli aeroporti: il taglio del personale li ha trasformati in un inferno caotico che spaventa turisti e italiani; e pure le ferrovie non scherzano, come la scuola. Tutto inutile, tra l’altro: i conti pubblici e aziendali vanno comunque male, i risparmi sulla pelle della gente servono poco. Si capisce che da noi possono esserci state invenzioni e distribuzioni di posti di lavoro per motivi clientelari, che a volte la quantità dei personale è discutibile. Si capisce che si cerchi di ovviare a un simile inconveniente. Ma non si può eleggere questo a unico criterio, a spese di bambini, malati, lavoratori, turisti e viaggiatori. Il bilancio in pari, come dice il Papa, non è una divinità da venerare, è un risultato da ottenere razionalmente, una necessità che non ci faccia diventare un Paese mediorientale di fame, ignoranza e caos, una prova di capacità manageriale e organizzativa. Ma se elimini i lavoratori, tagli le spese e basta, dove sta l’abilità? Semplicemente fai pagare gli errori ai cittadini, rischiando che i piccoli restino somari, che i malati muoiano e che gli inglesi non si facciano più vedere. È rischioso pure per i dirigenti: si sa che se le cose non vanno il sistema adotta l’unica risorsa di sostituire il responsabile del settore, e non si sa più per chi suona la campana. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Sulla pillola un calcolo politico Inserito da: Admin - Ottobre 02, 2009, 05:53:58 pm 24/9/2009 - PERSONE
Sulla pillola un calcolo politico LIETTA TORNABUONI Bell’affare, soprattutto adesso che il presidente del Consiglio ha difficoltà con i vescovi cattolici a causa della sua vita privata sin troppo pubblicata. Non che l’uno o gli altri difendano sempre principi, ideologie. I vescovi, almeno al vertice della gerarchia, rimproverano anche perché sanno che il rimproverato cercherà di compiacerli su altri terreni per loro importanti: a muoverli è un calcolo politico. Il presidente non sembra avere molta intenzione di cambiare vita, oppure non può: ma, con la stessa disinvoltura con cui ordina ai ministri di non rilasciare interviste-gossip, intende correggere l’atteggiamento dei vescovi, sempre per calcolo politico. Così, veniamo a sapere che in un quarto d’ora al Senato è stata approvata l’apertura di una indagine conoscitiva sulla pillola Ru486 già approvata dall’Agenzia del farmaco: e anche questo avviene per calcolo politico. Si sa che questa pillola, già in uso da tempo in diversi Paesi europei, può sostituire l’aborto, con vantaggio e risparmio di complicazioni, tempo e soldi per le donne e per la Sanità. Questa pillola non inventa l’aborto, che è sempre stato praticato nei secoli anche quando era più pericoloso; lo semplifica, lo rende meno penoso per le donne. Rappresenta un metodo, non un principio morale. Si capisce che la gerarchia cattolica abbia timore che la semplificazione pragmatica renda l’aborto sempre meno carico di drammaticità e sofferenza, eticamente più lieve: ma pretendere di vietare una simile semplificazione, non alle cattoliche osservanti ma a tutte le italiane, è una vera crudeltà. E tuttavia, per timore di veder ridotto il proprio potere di interdizione, per calcolo politico, viene compiuta. Prima con il divieto di vendere la Ru486 nelle farmacie, imponendo il tramite medico-ospedaliero. Adesso con l’indagine conoscitiva parlamentare. Che male c’è? Cosa importa il parere degli specialisti dell’Agenzia del farmaco o l’esperienza in atto di altri Paesi? Più si indaga, meglio è. Gli indagatori avranno circa due mesi di tempo, poi saremo sotto Natale, poi succederà qualcos’altro, intanto si sospende, si rinvia. È strano che alcuni si domandino ancora da cosa derivi l’ostilità o l’indifferenza italiana verso la politica: quando essa viene adoperata per soddisfare simili meschini calcoli (sempre elettorali, quindi di potere proprio) come si potrebbe amarla, o anche soltanto rispettarla? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Sotto il burqa niente Inserito da: Admin - Ottobre 08, 2009, 11:41:35 am 8/10/2009 - PERSONE
Sotto il burqa niente LIETTA TORNABUONI Bisognerà arrestare anche i motociclisti rispettosi delle regole, con il casco che nasconde la faccia e che non di rado viene usato come copertura nel corso di rapine o altri reati, che negli anni del terrorismo proprio per questo era proibito? Dovranno scattare le manette pure per chi porta la mascherina bianca temendo di venir contagiato dell’influenza suina, per i poliziotti in assetto da scontro con la visiera calata, per gli operai che si riparano da fuoco e scintille, per i lavoratori della nettezza urbana che si difendono dai miasmi, per le signore con cappello e veletta fitta? Naturalmente sappiamo tutti che la Lega una ne fa e cento ne pensa, che è creativa al massimo nell’invenzione di qualcosa che confermi la propria esistenza e il proprio attivismo nella linea (diciamo così) politica che la distingue. Sappiamo tutti che nella gara a chi la dice più grossa la Lega non arriva a superare il presidente del Consiglio ma che insomma ci prova di continuo. Sappiamo che il gruppo governativo è così fragile da spaventarsi subito per la patetica minaccia di venir abbandonato e che la Lega ogni tanto ha il sopravvento. Ma proporre una modifica di legge che per qualsiasi ragione punisca burqa e nijab con l’arresto immediato, due anni di carcere e duemila euro di multa è davvero un attacco assurdo ad alcune donne islamiche abitanti in Italia. È un’eventualità sproporzionata sino al ridicolo e inutile: se per identificare le musulmane bastasse vederle in faccia, il lavoro della polizia tra gli immigrati mediorientali sarebbe meno lungo, difficile e infruttuoso. Poco utile anche perché le indossatrici di simili indumenti sono poche, e diminuiscono progressivamente. Dannosa proposta, poi, manca di rispetto, prevarica sulla volontà personale. Cosa avremmo fatto noi, non troppi anni fa, se una polizia avesse preteso di arrestare, incarcerare e privare di duemila euro le donne con il capo coperto, col fascino mutilato da capelli e dal viso nascosti? Come avremmo reagito se, senza valutare i dettami religiosi, una polizia avesse strappato dal collo la croce o dalla testa il copricapo obbligatorio in chiesa delle cattoliche? I Vespri siciliani? Magari è inutile scaldarsi, non se ne farà nulla. Ma il guaio è che con questo genere di cose veniamo indotti a chiacchiere o polemiche, distolti da faccende serie, incoraggiati a quella vana loquacità che è sin troppo una caratteristica nazionale. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Il diritto dei deboli Inserito da: Admin - Ottobre 15, 2009, 09:50:20 am 15/10/2009 - PERSONE
Il diritto dei deboli LIETTA TORNABUONI La questione non è tanto la bocciatura indecente a Montecitorio dell’aggravamento della legge che poteva difendere i gay dalle aggressioni divenute in quest’ultimo periodo più frequenti e crudeli. Leggi contro le aggressioni personali esistono già: se si sapesse prendere gli aggressori, se si volesse sanzionarli, non servirebbe altro. I problemi veri sono altri, principalmente almeno tre. Primo, il pronunciamento dei deputati rispecchia un atteggiamento consueto e maramaldesco di una parte della politica: ignorare i diritti dei più deboli, trascurare le loro esigenze usandole come tema di conflitto tra partiti e di rivalità elettorale. Le donne lo sanno bene: ciò che a loro stava più a cuore ed equiparava l’Italia ad altri Paesi occidentali sviluppati è sempre stato materia di scontri, di lotte per la sopraffazione partitica, di indifferenza verso la gente ma di ostilità verso gli avversari politici. Spesso invano. Adesso i gay stanno diventando i nuovi bersagli, come anche alcune singole persone: si può prendersela con Roberto Saviano di «Gomorra» minacciato di morte che ha bisogno di protezione, si può chiedere che gli venga tolta la scorta? Secondo e più importante problema: perché vengono aggrediti i gay, oltre alle donne? Sarebbe da sciocchi ignoranti sostenere (stranieri a parte) che alcune fasce di italiani si sono fatte più feroci, intolleranti e avvelenate di pregiudizi: ma è vero che proprio leader politici danno cattivi esempi, è vero che una cultura aggressiva e sprezzante degli altri esercita la propria influenza, è vero che l’arroganza di certi governi ha legittimato le persone peggiori, ha permesso alle peggiori pulsioni di manifestarsi e di rivendicare se stesse, ha tentato di ridicolizzare i comportamenti libertari, tolleranti, solidali, altruisti. Il sordido gioco di accanirsi sui socialmente più deboli non riguarda soltanto i politici. Terzo problema: la mancanza di atmosfera utile, di incoraggiamento e di mezzi per fare sì che gli aggressori delle donne e dei gay vengano arrestati e processati, non restino perlopiù impuniti; oppure che le pressioni politico-mediatiche provochino soluzioni sbrigative e sbagliate. Se alla polizia mancano le auto, la benzina, gli agenti sufficienti, il tempo, il modo per conoscere il territorio e i suoi abitanti, è comprensibile che non si concentri sui guai delle persone comuni, in quest’Italia d’autunno. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Con George licenziare è un piacere Inserito da: Admin - Ottobre 18, 2009, 05:20:51 pm 18/10/2009
Con George licenziare è un piacere LIETTA TORNABUONI Hai un protagonista quasi odioso? Fallo recitare dall’attore più affascinante, da quel nuovo Cary Grant che è l’adorato George Clooney. E Tra le nuvole (Up in the Air) diventa una commedia riuscita, intelligente, divertente, attuale, applauditissima al festival di Roma. E non è la sola vera idea del film diretto da Jason Reitman (Juno) e tratto dal romanzo di Walter Kirn, storia di un uomo che di mestiere licenzia gli altri e che pensa di non aver bisogno di nessuno e di nulla, neppure di affetti o d’una casa. Il «tagliatore di teste» viaggia 300 giorni l’anno, licenziando in ogni città degli Stati Uniti. Ama viaggiare, ama gli aeroporti e tutto ciò che li popola (vetro, metallo, desk, edicole, ristoranti, alberghi globalizzati, ovunque sempre uguali), ne ama gli incontri fugaci e i benefit. Ama il suo straziante mestiere: le aziende preferiscono affidare il compito di licenziare (esercizio frequentissimo in tempo di crisi) a estranei che non conoscono nessuno, ma lui è fiero di farlo bene, con eloquenza e umanità. Finché anche il suo lavoro è insidiato per la proposta di una ragazza «ottimizzatrice»: licenziare in videoconferenza, per risparmiare spese di viaggio; e la sua solitudine privata vacilla nell’incontro con una giovane donna. I cambiamenti mutano i personaggi. Clooney è meraviglioso, Vera Farmiga e Anna Kendrick sono brave. Il regista Reitman è autore con Sheldon Turner di una sceneggiatura scritta benissimo, scintillante di battute non soltanto brillanti. Idee: trascendere i generi, realizzare una commedia seria che accosta fatti drammatici a situazioni comiche; le sequenze veloci e perfette di preparazione dell’unico bagaglio a mano e dei passaggi al metal detector, che restituiscono la familiarità e l’appagamento del viaggiatore. E aver fatto interpretare i licenziati non da attori ma da persone comuni che davvero hanno perduto il lavoro: «Autentici, realistici disoccupati di Detroit e St. Louis», dice il regista: «Bravissimi». Sfido. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Cinema Roma, meglio abolire i premi Inserito da: Admin - Ottobre 25, 2009, 07:15:08 am 24/10/2009
Cinema Roma, meglio abolire i premi LIETTA TORNABUONI Premi? Helen Mirren è fuori discussione: premiare un’altra attrice quando c’era lei, moglie di Tolstoi in The Last Station, sarebbe stato non soltanto ingiusto, anche sciocco. Gli altri risultati del lavoro della giuria presieduta da Milos Forman al Festival di Roma sono invece ampiamente discutibili. Premiare Sergio Castellitto in un film dimezzato come Alza la testa di Angelini, quando c’era George Clooney perfetto nell’applauditissima commedia Tra le nuvole di Jason Reitman, è davvero un errore. Dare il primo premio a Brotherhood di Donato e il secondo a L’uomo che verrà di Diritti è assurdo. Quello danese è un film buono (più che un buon film) contro i razzisti neonazisti e a favore dei gay. Posizione ovvia e molto attuale, se si pensa alle infamie recenti compiute in Italia dai picchiatori di omosessuali: ma, come film, qualunque. L’uomo che verrà di Diritti è un film italiano contro i nazisti e a favore della gente di Monte Sole, Comune di Marzabotto, a una trentina di chilometri da Bologna. Vita e morte di 770 persone massacrate (donne, vecchi, bambini) nel ’44 dai nazisti, raccontate con bellissima sobrietà, emozione e uno stile che non è secondo a nessuno. Il fatto è che a questo Festival, avaro di opere di qualità, i premi erano più numerosi dei premiabili: sarebbe stato meglio non darli per niente, i premi. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Se la tv chiede di fare la carità Inserito da: Admin - Ottobre 29, 2009, 10:23:23 am 29/10/2009 - PERSONE
Se la tv chiede di fare la carità LIETTA TORNABUONI Chi ha detto «Uno per tutti, tutti per uno», i Tre Moschettieri o i Fantastici Quattro? Chi scrisse «Per me si va nella città dolente», Dante o Carducci? Chi cantava «Nessuno mi può giudicare nemmeno tu», Renato Zero o Caterina Caselli? Di che colore è la bandiera italiana, bianca, rossa, blu oppure bianca, rossa, verde? Di tal genere, se non tali appunto, sono le domande che la Rai rivolge ai suoi telespettatori per intascare qualche soldo. Sarebbe un concorso o un gioco, presente adesso in quasi tutte le trasmissioni dette «di intrattenimento»: il concorrente telefona la sua risposta, può vincere mille euro al giorno in buoni acquisto, ma la partecipazione costa un euro e vincitore quotidiano è uno solo. Le domande sono elementari, così molti sono tentati a partecipare: con un euro ciascuno la Rai mette insieme una sommetta al giorno senza spendere nulla. Anzi risparmia, perché occupa il tempo televisivo gratis; e questo tempo va ad aggiungersi agli spot benefici, ideologico-didattici della presidenza del Consiglio; agli spot istituzionali che chiedono soldi per i malati di leucemia, gli affetti da distrofia, gli afflitti da malattie rare, i cardiopatici, i disabili, bambini o adulti, attraverso acquisto di frutta e fiori oppure in cambio di nulla. Poi ci sono la pubblicità autoreferenziale redazionale per programmi vari (fatta anonimamente oppure dai conduttori); la pubblicità assegnata ai protagonisti televisivi (se non la fai non lavori); la pubblicità-pubblicità. Tutta roba che occupa il tempo delle trasmissioni senza che la Rai debba spendere, senza che nessuno si preoccupi se i telespettatori arrivano all’esasperazione e non ne possono più. Oltre la televisione, che è la più frequente e insistente perché la più seguita, le richieste di soldi ci assediano ovunque, per qualsiasi preteso scopo. Ma perché? Non paghiamo già con le tasse la Sanità, la nettezza urbana, il canone televisivo? Quante volte dovremmo pagare, nonostante la crisi finanziario-economica e l’impoverimento generale? Per quanto tempo, e quante volte, dobbiamo venir tristemente tormentati dalla vecchia invocazione dei mendicanti, «Fate la carità», carità che magari chissà dove va a finire? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Tff, largo ai giovani Inserito da: Admin - Novembre 05, 2009, 10:16:08 am 5/11/2009
Tff, largo ai giovani LIETTA TORNABUONI Gianni Amelio ringrazia Nanni Moretti: «Ho ricevuto un Torino Film Festival in forma eccellente; la popolarità personale di Nanni ha anche dato alla manifestazione una bella visibilità che io non avrei saputo assicurare». È singolare e significativo che in quattro anni (Amelio ha dato la propria disponibilità anche per il 2010) il Festival abbia avuto come direttori i due registi italiani più bravi, più rispettati e noti all’estero; anche se non si somigliano troppo né hanno gli stessi pensieri. In questa 27esima edizione, ad esempio, Amelio ha deciso di mettere in concorso un numero limitato di film (16, di 13 diversi Paesi) e di riservare la gara con i suoi premi soltanto alle prime e seconde (eccezionalmente alle terze) opere di un regista: cosa giusta, adeguata alla tradizione torinese del cinema giovane, all’opposto degli usi di Cannes o Venezia che prediligono spesso gli anziani classici. Gli autori italiani, che da anni mancavano a Torino, quest’anno sono due: cosa più giusta dello snobismo nazionale, se i film sono pregevoli. I temi affrontati nei film in competizione non sono eclettici, appartengono invece all’universo sentimentale delle persone giovani: musica, famiglia, coppie, viaggi. Perfino il linguaggio è cambiato, al Festival di Amelio: i soliti termini («Evento speciale», «Fuori concorso») sono sostituiti da titoli di opere letterarie («Festa mobile», «Figli e amanti»): anche lo scambio di uno stereotipo con un altro può essere divertente. L’altro cinema non manca certo: le retrospettive si occupano dell’opera di due idoli d’altra generazione, Nicholas Ray e Nagisa Oshima; a Francis Ford Coppola è dedicata una riflessione molto interessante che include il suo nuovo Storie di famiglia; i componenti la giurìa sono pochi, presieduti da Sandro Petraglia. Insomma, si conserva l’identità del Festival, con una ricchezza che dovrà seguitare ad allargarsi. Senza indulgenze ma senza rigidità, dice Amelio: «Nel calcio si sa che non bisogna confondere il rigore con l’autogol: occorre andare in porta all’avversario, non a se stessi». Il nuovo direttore ha suggerito il manifesto del 27° Tff. Un ripetuto abbraccio, visto come in un caleidoscopio, di Orson Welles giovanissimo e Rita Hayworth bionda platino ne La signora di Shangai: una stretta amorosa di genio e bellezza, di dramma e dolcezza. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Non potevano pensarci prima? Inserito da: Admin - Novembre 06, 2009, 09:35:35 am 6/11/2009 - PERSONE
Non potevano pensarci prima? LIETTA TORNABUONI Ma perché non ci hanno pensato prima? Un’altra prova clamorosa dell’indifferenza e/o incapacità del governo, quella dell’influenza A. Pare ieri che i governanti assicuravano che in Italia l’influenza suina non sarebbe arrivata mai, perché i controlli sugli animali importati erano severi e impeccabili. Pare ieri che i governanti prendevano in giro i giapponesi, i messicani o gli spagnoli che giravano per via con la faccia a metà coperta dalla mascherina bianca, trattandoli come gente primitiva piena di pregiudizi. Pare ieri (era estate) che i governanti ripetevano balle rassicuranti e che magari gli italiani ci credevano con tranquilla superficialità: noi siamo esclusi da ogni rischio (e perché?), comunque c’è il vaccino che a settembre sarà pronto e che agisce fulmineamente. Il vaccino arriva adesso, a novembre, e non basta: oltre Napoli quasi non l’hanno ancora visto mai, e già si scopre che i suoi effetti sono molto dubbi, che nel caso dei morti italiani non ha funzionato per niente. Ma perché comportarsi in modo così irresponsabile? Per non saper cosa fare? Per incredulità e speranze mal riposte? Per malavoglia di occuparsene, proprio d’estate? Per fiducia nel fatto che da noi (e perché?) tutto sarebbe andato per il meglio? A tanta leggerezza adesso seguono conseguenze pesanti: la gente muore, i bambini si ammalano, gli ospedali sono sotto assedio, i medici non sanno cosa fare, i genitori piangono di paura. Bel modo di governare, alternare incoscienza e spavento. Complimenti. Intanto ci rassicurano: la crisi finanziario-economica è già alle spalle, ci vorrà un po’ di tempo ma è finita, ne saremo fuori prima e meglio di altri Paesi. Neppure si accorgono, a esempio, di quanto in modo prodigioso si siano moltiplicate le inserzioni pubblicitarie dei compratori d’oro («Compro oro, pagamento immediato contanti») che approfittano del bisogno altrui. Basta pettegolare: da giorni gli stessi che si indignavano per gli attentati alla privacy prostitutoria di Berlusconi, si accaniscono sulla privacy ermafroditoria di Marrazzo. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI. Fare il possibile non basta Inserito da: Admin - Novembre 12, 2009, 10:05:39 am 12/11/2009 - PERSONE
Fare il possibile non basta LIETTA TORNABUONI Se ha gli anni richiesti e i contributi necessari, se è stanco e non ce la fa più, se dopo otto anni a capo della Protezione civile gli è venuto qualche dubbio sul suo lavoro, se lo desidera come ha detto, il dottor Bertolaso fa bene ad andare in pensione o magari ad assumere un altro incarico nel governo. A noi può dispiacere, anche perché il suo stile calmo sarà difficile da ritrovare; ma può indurre a riflettere. In una società moderna, è ovvio, non ci sono uomini onnipotenti. Per quanto intelligente, bravo e onesto uno possa essere, i problemi che è chiamato a risolvere non sono questione di capacità personale: sono fatti collettivi, della comunità sociale. Gli sforzi individuali diventano patetici o presuntuosi. Bertolaso avrà fatto il possibile per risolvere la crisi dei rifiuti a Napoli, in Campania e altrove; per portare aiuto a popolazioni colpite dal terremoto, dall’inondazione, dalla frana. Ma il possibile non basta, quando i problemi nascono dal degrado sociopolitico imposto dalla criminalità o dal dissesto idrogeologico a cui non s’è provveduto. Guai del genere, nessun uomo solo può evitarli o risolverli: al massimo può prevederli e annunciarli, trasformandosi in una figura jettatoria di cui i governanti presto sono stufi. Sono i guai non soltanto di un governo ma di diversi governi per lungo tempo, e di tutta la comunità nazionale. E’ un’abitudine cattiva e ingannevole, quella del presidente del Consiglio di pretendere di risolvere ogni questione aperta nel Paese nominando un responsabile di tutto (oppure facendo approvare dai suoi qualche legge relativa, come se l’esistenza di una legge bastasse a garantirne il rispetto). Serve a nulla, oppure soltanto ad avere qualcuno su cui scaricare le responsabilità, sollevandone se stessi: è infatti il metodo sempre usato dagli amministratori delegati delle aziende industriali, troppo comodo perché la sua inutilità riesca mai a convincere a rinunciarvi. Se davvero Bertolaso andrà in pensione come ha detto o assumerà nel governo un incarico differente, sarà difficile che venga sostituito alla Protezione civile con una persona migliore, in ogni caso con una persona che possa fare meglio e più di lui: i problemi sono altri, e il possibile non basta. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Nowhere boy, un film affettuoso ma troppo educato Inserito da: Admin - Novembre 15, 2009, 10:32:58 am 15/11/2009
Nowhere boy, un film affettuoso ma troppo educato LIETTA TORNABUONI Nell’americano medio in concorso Get Low (letteralmente: rallenta), primo lungometraggio di Aaron Scheider, il protagonista è un vecchio selvatico abitante le foreste del Tennessee, Robert Duvall coperto di stracci, con gran barba bianca e modi brutali, impegnato nel programmare il proprio funerale. È meno funereo il film inglese fuori concorso che ha inaugurato il Torino Film Festival, anzi vi circola un’aria affettuosa e si capisce: la regista Sam Taylor Wood e il protagonista Aaron Johnson sono sul punto di sposarsi. Il film, si sa, racconta l’adolescenza e alcuni ricordi d’infanzia a Liverpool di John Lennon con gli occhiali, il più intellettuale e il più nevrotico dei Beatles. Nowhere Boy, carino, ha nulla di straordinario: ma è interessante la storia di una prima giovinezza tormentosa e gli interpreti sono bravi (soprattutto Kristin Scott Thomas, esemplare zia austera e severa). Lennon, figlio d’una ragazza dai capelli rossi vitale, vivace e di un uomo che l’aveva lasciata, venne allevato ed educato dalla zia Mimi. Ragazzo, continuò a vedere la madre che abitava poco lontano, sposata e mamma di tre bambine. Lo tormentava l’idea di essere stato abbandonato da piccolo nelle mani della zia e di non conoscere suo padre. La madre gli voleva bene e amava pure il ballo, il canto, la musica, il divertimento: la levità di lei lo affascinava, ma gli pareva inadatta a una madre. Su questo fondo sentimentale diviso e inquieto si innesta la passione del ragazzo per la musica: l’abilità nel suonare l’armonica, il banjo, poi la chitarra, la folgorazione (come tutti) per Elvis Presley e il rock’n’roll, la formazione d’una band di ragazzi e le prime occasioni di lavoro, la conoscenza e amicizia con Paul McCartney e con George Harrison. L’ambiente di Liverpool, dei suoi tanti locali e musicisti, è ignorato; tutto è semplice e semplificato, educato, ordinato, anche le esplosioni di Lennon paiono capricci di un bambino; la musica è bella. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Ma il cinema vince sempre Inserito da: Admin - Novembre 20, 2009, 11:50:54 am 20/11/2009
Ma il cinema vince sempre LIETTA TORNABUONI Meglio andare fuori o restare dentro casa? Meglio l’oscurità di velluto o le lampade domestiche? Meglio la presenza di estranei forse affascinanti, o dei soliti parenti? Meglio il silenzio suggestivo dell’attesa e della paura, o il consueto chiasso di casa? La prima che ho detto, senz’altro, almeno per le persone giovani: anche per questo vedere un film al cinema è molto meglio che vederlo alla televisione. Ci sono pure parecchi altri vantaggi, al cinema .Le figure,umane o animali, appaiono grandi, dominano dall’alto, vanno benissimo per chi ha qualche difetto di vista e vedono moiltiplicata la propria importanza. Le voci e i rumori sono chiari, perfettamente udibili (a meno che l’impianto sonoro del cinema non risalga al 1959). I film che si vedono al cinema,adesso che non nesistono più locali di seconda o terza visione,sono attuali,si riferiscono al presente,sono stati fatti poco tempo fa;la loro scelta è personale,esatta; la loro proiezione non costringe a salti della memoria, può invece incoraggiare le discussioni e gli incontri fortuiti. In televisione, al contrario, tutto appare piccolo e trascurabile. La proiezione viene spesso interrotta dagli spot pubblicitari, autopromozionali e istituzionali, che si infittiscono malignamente soprattutto verso la fine del film, quando si desidera conoscere alla svelta la conclusione della storia. Comunque, non nè il caso d’interrogarsi con troppa ansia perchè alla TV film non ne trasmettono quasi più, tranne quelli vecchissimi visti già mille volte: costano, costano, a prenderli in affitto si buttano soldi, è più conveniente Carlo Conti. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Paghiamo pure il caos tv Inserito da: Admin - Novembre 26, 2009, 10:54:18 am 26/11/2009 - PERSONE
Paghiamo pure il caos tv LIETTA TORNABUONI C’è chi aprirebbe una fabbrica senza sperimentarne le nuove tecnologie? C’è chi inaugurerebbe un negozio senza aver messo in ordine gli articoli in vendita? Direi di no, non c’è: ma la Rai fa esattamente questo. Con tutto quello che s’è già speso per il digitale terrestre (televisori nuovi, decoder, tecnico venuto a sistemarli), adesso si ricomincia: nel Lazio e presto nella Campania bisogna pagare un’altra volta il tecnico perché venga a risintonizzare. E non è finita, dato che nulla funziona. Scompare il programma, compare l’avvertimento «segnale debole o assente» oppure «programma non disponibile». L’immagine si ferma di colpo, o saltella, si allunga o si dilata. Compare il canale «Storia» e non c’è verso di cambiarlo. Quando tutto va bene, non si riesce a registrare nulla: e alla fine si viene a sapere che un simile caos a pagamento (oltre tutto, già cominciano gli inviti pressanti a pagare il canone) non finirà prima di gennaio (marzo? il linguaggio ufficiale è impreciso). Di questa fase di sperimentazione nessuno ci aveva detto nulla di preparatorio, né ci dice qualcosa. Nel mondo dei sogni e delle fiabe, tutto ci veniva descritto come liscio, facile, vantaggioso: invece costa, è spinoso e non finisce più. Della Rai, lo sappiamo, si parla sempre molto: ma quando si tratta di posti e di persone che dovrebbero occuparli; oppure di scandaletti da mezzo euro, litigi o parolacce in onda; o di attentati alla libertà e completezza dell’informazione. Succede un casino come quello descritto e nessuno dice una parola di fronte a una simile vergogna aziendale, a un simile menefreghismo verso gli spettatori pagatori del canone? Ma come si fa, come è possibile, perdipiù nella Regione della capitale? Nessuno spiega, nessuno chiede scusa, apparentemente nessuno si vergogna. I programmi procedono come se nulla fosse, come se giornalisti, presentatori o attori non si rendessero conto di venir percepiti di sbieco, in immagine fissa a bocca aperta, in atto di pronunciare le loro battute in un precipitoso e incomprensibile profluvio. I politici continuano a discutere su chi deve partecipare oppure no a certe trasmissioni, ignorando che spesso vengono sostituiti con «segnale debole o assente». Si vede che maltrattare e spremere la gente è ormai diventata una solida abitudine. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Scemenze necessarie Inserito da: Admin - Dicembre 06, 2009, 11:10:09 am 3/12/2009 - PERSONE
Scemenze necessarie LIETTA TORNABUONI Fini ha dato giudizi non lusinghieri su Berlusconi parlando in fuorionda con un magistrato, senza accorgersi di essere ascoltato. Sai che novità. Mille volte il presidente della Camera ha espresso pubblicamente il suo dissenso da Berlusconi. Del resto, la reciproca condizione rende la cosa naturale, se non fatale. L’uno aspira a sostituire l’altro come capo del centrodestra e fa di tutto per procurarsi il consenso indispensabile, con tenacia divenuta nel tempo sempre più astuta ed evidente. L’altro si rende ben conto della rivalità e cerca di sconfiggerla prima ancora che si presenti come imminente. Tanto amici non possono essere, e nessuno presume che lo siano. Eppure l’ultimo incidente viene presentato come qualcosa di sensazionale o almeno d’importante, e non sono molti i lettori o spettatori che vanno oltre con indifferenza, considerando la faccenda per quello che è, un’ovvietà se non una stupidaggine. O uno spasso. Non si può negare che l’episodio sia divertente, una di quelle gaffes o brutte figure o magre di cui si farebbe volentieri a meno: ma non più che malignamente divertente. Non rilevante, non serio, sicuramente non grave, mostra nella considerazione da cui è circondato una mentalità da cortigiani per cui ogni scemenza riguardante la corte alimenta chiacchiere infinite, oppure una mentalità da travet sempre curiosi di quanto anche di minimo accade al capufficio. Gli utenti elettori non sono diversi, s’interessano: l’episodio è leggero, pettegolo, coinvolge due presidenti la cui carica non prevede fatti del genere; l’attenzione (moralità comprese) si divide tra Fini-Berlusconi e il video erotico fantasma tra deputato e deputata. Quella di occuparsi di balle o sciocchezze è una necessità, un bisogno vero e proprio, un appetito che consente di restare lontani dal resto, dal peggio, dalla realtà. E che allo stesso tempo permette di sfottere due degli esponenti politici ai quali vengono attribuiti i nostri guai. Tra due milioni di disoccupati e il fuorionda, meglio il fuorionda, è garantito. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Il pranzo di Capodanno Inserito da: Admin - Dicembre 31, 2009, 04:54:55 pm 31/12/2009 - PERSONE
Il pranzo di Capodanno LIETTA TORNABUONI Il pranzo di Capodanno, a casa di mio nonno, dal 1947 era sempre lo stesso: cappelletti in brodo, cotechino con lenticchie, panettone e mandarini. A volte qualche scheggia di torrone, ma non spesso. Nel pomeriggio i bambini andavano con la mamma a teatro a vedere «Natale in casa Cupiello» dei De Filippo: non si stancavano mai di ascoltarlo né di impararne a memoria le battute. Oppure i bambini andavano al cinema da soli, al primo spettacolo. La cena era leggerissima. Andavano a letto con l’idea felice di aver passato una giornata bellissima. Non divertente: bella. Insieme con le proteste per il freddo, le piogge, i viaggi, si sentono descrivere adesso banchetti stravaganti, pesanti, abbondanti: due tipi di carne con contorno dopo la pasta imbottita al forno e la pausa del pesce mescolato all’insalata russa condita alla maionese, pollo arrosto farcito di carne macinata piccante, tre tipi di dolci; oppure couscous, quattro varietà di pasta fresca, tacchino arrosto farcito, gelati e sorbetti. Anche il cibo possibilmente dev’essere sorprendente, variato, insomma divertente: come se la tradizione ingenerata dalla ripetizione non esistesse affatto, come se il divertimento fosse l’unica sensazione capace di rendere accettabile una festa. Ma Capodanno può essere pure sereno, dolce, chiassoso, tranquillo, ansioso, commovente, bello, senza essere particolarmente divertente. Il divertimento (distacco da pensieri gravi o malinconici, il divergere dagli affanni consueti) è diventato un’esigenza ossessiva che dovrebbe caratterizzare libri, film, programmi televisivi, musica, incontri, momenti di pausa. Come se non esistesse altro. È un atteggiamento che si capisce benissimo, data la vita che quasi tutti facciamo: però maniacale. Restringe il mondo di sentimenti ed emozioni, impedisce di sentirsi soddisfatti perché il divertimento non basta mai e la troppa voglia di divertimento impedisce di divertirsi. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Indifferenti alle paure degli altri Inserito da: Admin - Gennaio 05, 2010, 08:12:31 am 5/1/2010
Indifferenti alle paure degli altri LIETTA TORNABUONI L’aeroporto di Newark diventa un inferno di viaggiatori ammassati ovunque. Vengono tirati giù dagli aerei in partenza, obbligati ad attese di molte ore: gli agenti hanno intravisto sui teleschermi un uomo che correva controcorrente, e non l’hanno rintracciato subito. Allarme frenetico per quattro pacchi (bombe?) appoggiati alla sede della Regione Veneto, per l’esplosivo di Reggio Calabria, per la bomba all’Università Bocconi di Milano. Vertici dal ministro dell’Interno, polemiche, accuse di inadempienza a bodyguard e corpi speciali di sicurezza. Viviamo nella paura? Chi ha sperimentato gli autentici anni dello spavento sa che non è così. Anche allora, diciamo soprattutto nel 1975-’78 del terrorismo, la gente comune non aveva timori se non quelli di ladri e rapinatori. Per la prima volta nella storia italiana recente, oggetto della violenza era la classe dirigente diffusa, gli esponenti grandi, medi o piccoli del potere economico, politico, amministrativo, giudiziario, insieme con gli uomini incaricati di proteggerli. E, dato che la classe dirigente produce la cultura, l’immagine d’Italia pareva quella di una società mortifera. Esercito e mezzi corazzati, per la prima volta nell’Italia repubblicana, venivano impiegati in funzione d’ordine pubblico. La capitale sempre più spesso appariva come una città in stato d’assedio: il Parlamento, Palazzo Chigi sede del governo, i ministeri, il palazzo di Giustizia, la Rai, le sedi di speciali riunioni o cerimonie erano presidiati giorno e notte da armati. Gli attentati alle sedi di partiti, sindacati, caserme, giornali, erano oltre 2000 l’anno. Gli uomini delle polizie private erano più numerosi di quelli della polizia di Stato: 80.000 effettivi e più. Migliaia di apparecchi telefonici erano sotto controllo. Centinaia di esponenti della classe dirigente diffusa tenevano la pistola alla cintura dei pantaloni o nel cassetto dell’auto, abitavano in case blindate, protetti/prigionieri di macchine di scorta, guardie del corpo, cani da difesa; trovavano il proprio nome negli elenchi di bersagli futuri, meditavano l’emigrazione all’estero, passavano le vacanze fuori d’Italia o sotto la protezione dei carabinieri (come era costretto a fare il Presidente della Repubblica). Il privilegio sociale o finanziario si capovolgeva in possibile premessa di morte. Ma la gente qualunque (tranne agenti e sottufficiali della polizia penitenziaria) sapeva di non essere il bersaglio di terrorismi di alcun tipo, e non era spaventata: al massimo temeva il clima cupo del Paese, dalle stragi in piazza, in banca o in treno erano passati anni. Così può forse accadere oggi. Istituzioni o personalità sembrano ancora più remote ai cittadini comuni. La tendenza a occuparsi soltanto dei fatti propri e a considerare la vita, anche rischiosa e crudele, da semplici spettatori, si è ancora accentuata. La collettività si indigna, compatisce, esprime solidarietà: ma non ha paura. Per fortuna. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Siamo tutti poligami Inserito da: Admin - Gennaio 07, 2010, 04:58:43 pm 7/1/2010
Siamo tutti poligami LIETTA TORNABUONI Sentir discutere d’amore e di matrimonio nei talk show pomeridiani della televisione è veramente fantastico. Persone carine impreparate a tutto siedono sui divani mostrando le cosce e dibattono con passione: l’amore eterno esiste, non è vero non c’è; ecco una coppia sposata da tre giorni, pensate che il vostro amore durerà per sempre?; ecco una coppia sposata da quarant’anni, qual è il vostro segreto?; tu hai mai tradito?; e tu, se sapessi di un tradimento porresti fine al matrimonio?; gli uomini sono i più bugiardi e traditori; da ragazza ero molto gelosa, ma adesso... Le premesse di tutti sono almeno due: amore e matrimonio sono la stessa cosa, indivisibile; il matrimonio è tornato ad essere indissolubile nonostante il divorzio per motivi di soldi, soltanto mariti davvero ricchi possono pagare gli alimenti senza ridursi all’elemosina. Ma amore e matrimonio sono due cose distinte, e manca totalmente un’altra premessa che pure non sarebbe priva di ragionevolezza: il matrimonio monogamico, l’unione fedele di uomo e donna per la vita, la famiglia, rappresentano una parte essenziale delle società, fondamento dell’organizzazione sociale quale la conosciamo in Occidente; ma sono costruite per le società, non per gli esseri umani. Le persone, donne e uomini, non sono monogame: basta guardarsi intorno o guardare magari in casa propria, per rendersi conto del fatto che in una vita l’amore non è unico, gli amori piccoli o grandi sono svariati; che, almeno come temperamento amoroso, siamo tutti poligami. Possono essere amori minimi, leggeri come capricci, di breve durata, oppure grandi amori che esigono il capovolgimento della propria esistenza; possono venir vissuti o soltanto sognati; possono restare segreti o diventare palesi: ma l’esistenza femminile e maschile non si appaga di un solo amore, l’immaginazione e il desiderio sono meno poveri, come l’esperienza dimostra. Poi, naturalmente, ci sono le eccezioni: ma la realtà che viene ostentatamente ignorata sembra proprio questa. Nel tempo, molte regole destinate a governare le passioni si sono modificate: forse non sarebbe male arrendersi alla razionalità pure in questo campo, evitando infinito dolore e anche tragedie. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Cibo sano e pesce marcio Inserito da: Admin - Gennaio 14, 2010, 02:27:37 pm 14/1/2010 - PESCE
Cibo sano e pesce marcio LIETTA TORNABUONI Stavolta sono quattordici tonnellate e si tratta di pesce cinese infetto di muffe e di vermi, pronto a venir distribuito sui mercati del Mezzogiorno. Ma, soltanto nell’ultimo mese, scoperte e sequestri sono stati anche più importanti: altro pesce marcio (cinquanta tonnellate), formaggio grattugiato composto in parte da plastica bianca, mele rosse fuori e nere dentro, panettoni di farina di mais. Come sempre e in ogni settore, pare che in Italia si viaggi su due binari paralleli che non s’incontrano mai: più la gente crede di fare attenzione a quanto mangia e cerca i costosissimi cibi genuini, più decifra nonostante i caratteri a stampa imperscrutabili le etichette, più ammattisce alla vana ricerca di alimenti sani, e più si diffondono importazioni alimentari fetide, vini velenosi, latte acquoso senza sostanza. Più cresce nei media la cultura del mangiare sano, più nella prassi si infittiscono le truffe. Sarebbe interessante conoscere i responsabili, criminali di prim’ordine capaci di fare del male a infiniti loro simili, di danneggiare gravemente bambini, vecchi, donne in attesa di figli, soltanto per mettere in tasca qualche euro in più. Sarebbe interessante guardarli in faccia, fare domande: ma come possono? La notte, riescono poi a dormire? La mattina, sopportano la propria faccia nello specchio? Se scoperti, cosa direbbero ai propri figli? E, figli a parte, davvero non avvertono vergogna né rimorso? Domande ingenue. Il motto popolare «Per i soldi si venderebbero la madre» non è mai stato tanto calzante. Peggiora la situazione sapere che è così dappertutto, che anche l’assenza d’un pilone centrale nell’edificio universitario dell’Aquila ha provocato la morte di otto ragazzi nel terremoto abruzzese. Peggiora le cose constatare anche un altro fenomeno: più leggi terrificanti vengono proclamate, e meno esse vengono rispettate. Per mancanza non casuale di controlli, per carenza di informazione, per menefreghismo, per avidità: a proposito del pesce marcio come degli immigrati sfruttati e trattati come bestie. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI La realtà si allontana Inserito da: Admin - Gennaio 21, 2010, 12:15:02 pm 21/1/2010 - PERSONE
La realtà si allontana LIETTA TORNABUONI Non è piacevole dire certe cose (e del resto sono in tanti a non averne bisogno, ci arrivano da soli), ma sarà meglio fare attenzione a chi dice cosa e perché, prima di prendere per buona una notizia o una riflessione. Si capisce che credere ciecamente agli informatori è un’ingenuità, che nessuno è abituato a farlo: ma il periodo attuale è particolare, inconsueto. Non si vuol alludere al leader che oggi dice «diminuisco le tasse» e domani smentisce «non posso diminuire le tasse per via della crisi»: questa è la solita politica oppure sventatezza o mistificazione. C’è ora un meccanismo più generale, più complesso, che ci impedisce di conoscere le verità. Alla base di questo meccanismo sta il sistema pubblicitario della ripetizione: come la pubblicità ripete i suoi slogan finché non diventano realtà e sèguita a martellare le lodi dei prodotti, così un’informazione o un giudizio vengono ripetuti in sede soprattutto televisiva sino a essere creduti, a diventare un luogo comune, una collettiva idea ricevuta. Craxi era un grande statista? Un grande statista, un grande statista, un grande statista: alla fine quelle poche parole si trasformano in un dato di fatto, non ci si chiede più quali azioni e parole di Craxi giustifichino la definizione. Il secondo sistema è l’esistenza di una rete compatta di ripetitori: non che non esista chi dice il contrario, ma viene considerato un poveraccio con problemi psichici o un eccentrico oppure uno dell’opposizione importabile, peggiore del demente e dello stravagante messi insieme. Il terzo sistema è il disprezzo della realtà, il trionfo della frase fatta che accarezzano la pigrizia o la distrazione della gente verso tutto ciò che non la riguardi direttamente, personalmente. Il quarto sistema consiste nel non fornire mai prove, testimonianze o spiegazioni di quanto si dice, ma nel limitarsi alla affermazione apodittica, come nel passato remoto faceva Mussolini: «Vinceremo!». Grazie a questi sistemi, sempre più ci allontaniamo dalle realtà di carattere generale, politico, nazionale; sempre più abbiamo l’impressione di essere inadeguati e non capire; sempre più pensiamo ad altro. Così lo scopo è stato raggiunto. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Jean Simmons, il suo fascino inglese stregò Hollywood Inserito da: Admin - Gennaio 24, 2010, 03:47:20 pm 24/1/2010
Jean Simmons, il suo fascino inglese stregò Hollywood LIETTA TORNABUONI Bella e morta tra i fiori, scivolava sull’acqua che le gonfiava le vesti: la parte di Ofelia nell’Amleto di Laurence Olivier del 1948 è la ragione per cui Jean Simmons ottantenne restava memorabile. Il suo personaggio migliore, in più di cinquanta film durante una carriera durata oltre mezzo secolo, dal 1943 di Dacci la luna al ‘95 di Margherite a dicembre. Moglie per un decennio di Stewart Granger e di Richard Brooks dal 1961 al ‘77, graziosa, bellissimo naso, pacatamente elegante, quasi brava, interprete di commedie di G.B. Shaw ridotte a film (Cesare e Cleopatra, Androclo e il leone) o di musical con Marlon Brando (Bulli e pupe), indossatrice di pepli in ciknemascope (La tunica), era perfetta. Davvero inglese, anche quando viveva a Hollywood: riservata, signorile, cortese, spregiatrice dei modi volgarucci delle americane o del cinema in genere, bevitrice, non esibizionista, laconica, nevrotica, pronta a ritirarsi al momento dovuto. Ha condotto la sua vita senza scandali privati e senza picchi professionali: tranne Ofelia folle e indimenticata, naturalmente. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Le false ragioni anti burqa Inserito da: Admin - Gennaio 28, 2010, 08:44:30 pm 28/1/2010 - PERSONE
Le false ragioni anti burqa LIETTA TORNABUONI Sono quasi tutte false le ragioni per cui, in Francia e adesso in Italia, si condanna e si vuol proibire alle donne musulmane il burqa, il velo spesso che nasconde viso e collo lasciando liberi soltanto gli occhi. Il presidente Sarkozy dice che il burqa offende i valori e le tradizioni laiche della Repubblica francese, e speriamo che una risata lo seppellisca: se così fosse, bisognerebbe proibire alle suore la testa coperta? si dovrebbe impedire ai preti di portare il collarino in pubblico? Più pragmatico, il ministro italiano dice che la nostra legge vieta di andare in pubblico col viso coperto, quindi senza essere riconoscibili: e i motociclisti italiani col casco obbligatorio, allora? e i mafiosi o altri con i grossi occhiali da sole che in ogni stagione coprono metà del viso? A parte il fatto che, se per identificare una persona straniera bastasse davvero guardarla in faccia, le indagini di polizia andrebbero un po’ meglio. Altra ragione ipocrita: proibire il burqa per facilitare l’integrazione agli usi italiani da parte delle donne straniere. Ora, l’integrazione non è qualcosa che si realizzi in un batter d’occhio, con l’emissione di un comunicato o la votazione di un decreto legge: ci vuole tempo per sradicare le proprie radici e abitudini nazionali, servono generazioni. Chiunque sia stato almeno una volta a Little Italy di New York o ne abbia viste fotografie, lo sa benissimo. Oltre un secolo e mezzo dopo le grandi migrazioni italiane negli Stati Uniti, il quartiere di Little Italy sembra il meno integrato al mondo: vi sfilano processioni religiose, i caffè offrono espresso, i negozi di alimentari ostentano pasta, mozzarella, olio d’oliva. E nessuno si offende o proibisce o impone, nessuno pretende integrazione a tappe forzate: lo stesso succede a Chinatown o a Little Odessa. A parte la passione per i falsi problemi e la chiacchiera inutile, è evidente che in Europa tante fisime o pretese sono atti ostili, che rappresentano forme di rivalsa o ritorsione verso immigrati poco graditi, sopraffazioni limitate ma odiose di cui si potrebbe anche vergognarsi. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Voglia di fuggire Inserito da: Admin - Febbraio 04, 2010, 10:15:33 am 4/2/2010 - PERSONE
Voglia di fuggire LIETTA TORNABUONI Ma come si fa a capire, a seguire, a reagire? Neppure se si ascoltassero telegiornali a tutte le ore del giorno e della notte (esercizio inumano, impossibile) si riuscirebbe a star dietro a vicende riguardanti la Giustizia tanto intrecciate, complesse. Alla Camera si è votato sì a un provvedimento secondo cui tutti i componenti del governo, se convocati per qualche ragione in tribunale, possono dire di no (manca il tempo, hanno da fare, sono fuori stanza) e non presentarsi. E perché? La giustizia non dovrebbe essere uguale per tutti? Lo chiamano «legittimo impedimento», ma cosa sarà che assorbe i governanti in modo così irrimediabile? E se fosse meglio vederli in tribunale, anziché lasciarli all’opera? E se fa tutto il presidente del Consiglio, se decide lui, elegge nuovi ministri, esprime le linee della politica estera, assume e licenzia, boccia e censuragli altri da cosa sarebbero così totalmente occupati? Mentre si discute di questo (e si sostiene trattarsi d’un provvedimento necessario per consentire agli eletti dal popolo di fare il proprio lavoro: si vede che fino ad oggi oziavano passeggiando lungo i corridoi di palazzi di Giustizia), un deputato avanza proposte personali e in un tribunale aspettano diversi processi che vedono protagonista anche il presidente del Consiglio. Insomma un caos che ai cittadini dà l’impressione di un’aria confusa, pasticciata, tale da farli sentire perennemente fregati oppure abitanti d’un brutto Paese. Non è una sensazione piacevole: fa pensare a quanto sarebbe meglio se i governanti non avessero commesso, non commettessero, non progettassero di commettere tante illegalità. Certe volte, quando a simili notizie si uniscono fatti di cronaca feroci che manco nel Medioevo (un ragazzo ucciso per una sigaretta a forza di coltellate alla gola, un assassinato decapitato la cui testa viene nascosta nel forno d’una pizzeria, un bambino ammazzato e sciolto in una vasca piena d’acido), oppure informazioni su truffe alimentari capaci di intossicare migliaia di persone, l’avvilimento, la vergogna diventano davvero pesanti. Sembra di non potersi salvare più dal disgusto. Viene voglia di fuggire altrove. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI La politica senza politica Inserito da: Admin - Febbraio 11, 2010, 10:35:10 am 11/2/2010 - PERSONE
La politica senza politica LIETTA TORNABUONI La campagna elettorale, persino quella per le Regionali, non sarebbe il periodo in cui più si discute di politica e di gestione amministrativa, in cui si confrontano le idee, si compiono le scelte? In altri Paesi del mondo, forse. Da noi, no. Da noi piuttosto il presidente del Consiglio va in visita dalle suore, parla d’amore universale, sostiene (nessuno finora lo aveva sospettato) di aver cercato «di salvare la vita di Eluana». Da noi, soprattutto, vengono bloccati per un mese di esercizi spirituali prima delle elezioni i settimanali televisivi in cui si parla di politica, «Ballarò», «Porta a porta», «Annozero». Paradosso? Certo, ed è anche difficile capirne il movente. Le regole imposte dalla Rai stabiliscono minuziosamente l’equilibrio delle forze parlanti (tanti minuti a te, altrettanti a me; tante presenze a me, altrettante a te), quindi non c’è il rischio che l’uno sopraffaccia l’altro. Allora? Niente, i rischi sono imprevedibili e indefinibili, magari l’avversario può apparire più bravo o più bello o migliore oratore, magari il conduttore può giocare uno dei suoi brutti tiri, magari qualcuno Tira fuori qualche vecchio o recente peccato. Inutile correre pericoli. Meglio bloccare, chiudere, e invece parlare di pettegolezzi. Lo stile, si capisce, è anche quello della Rai, i cui funzionari le pensano tutte pur di evitare errori o eventualità minacciose per la loro carriera. Meglio niente: in campagna elettorale, di politica non si teleparla. È come se si abolissero i settimanali di carta: non si può o quasi, perché sono di proprietà privata e i mezzi di seduzione, quando esistono e operano, sono diversi dal silenzio, ma quando si tratta di media dello Stato... I manifesti elettorali che già invadono i muri delle città dicono nulla: nomi, fotografie del candidato, al massimo uno schioccante slogan da pubblicità («se hai cura di te, vota per me»). La parola, considerata sempre ambigua, è messa al bando. La lingua, sempre biforcuta, viene espulsa dalla politica sordomuta. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Il paradosso dell'anti corruzione Inserito da: Admin - Febbraio 25, 2010, 09:34:23 am 25/2/2010 - PERSONE
Il paradosso dell'anti corruzione LIETTA TORNABUONI Lasciamo per una volta da parte la vecchia raccomandazione che suggeriva di non parlare di corda in casa dell’impiccato, e vediamo quante possibilità di successo potrebbe avere quel decreto anti-corruzione che il governo annuncia. Troppi violano la legge, e come rimedio si fa un’altra legge? Contro l’illegalità, si fa ricorso alla legalità? Se le violazioni di legge sono così numerose da rappresentare una caratteristica o una piaga italiana, se le azioni giudiziarie relative sono enormemente aumentate in un anno come ha indicato la Corte dei Conti, vuol dire che non si tratta di «casi personali isolati», secondo l’assicurazione d’una autorità politica che se ne intende quale Berlusconi, ma di una questione sociale: e si pensa di ovviare a un problema simile con un decreto legge? Oppure l’eventuale decreto legge è una toppa messa lì tanto per mostrare che si ha una qualche reazione, che si fa qualcosa? Se non si riesce a frenare l’illegalità, sarà per diversi motivi. Perché non ci sono mezzi, uomini, motivazioni e slancio sufficienti a esercitare i controlli necessari. Perché si tratta d’una battaglia che molti considerano inutile, perduta in partenza, e che nessuno vuole quindi combattere. Perché cane non mangia cane. Perché mancano al vertice esempi positivi. Perché non si può, sempre al vertice, insolentire e accusare per anni la magistratura, anche auspicandone la reclusione in manicomi inesistenti, senza delegittimarla insieme con il rispetto della legge che è chiamata a tutelare. Perché non ci sono soldi, e la gente li piglia dove riesce a trovarli. Perché a tutti piacciono le belle cose, la bella vita: e se nel Paese l’atmosfera è lassista e la cultura quattrinaia, difficile evitare il malaffare. Il decreto legge anti-illegalità serve a poco: se i ladri fossero così morali e intelligenti da pensare che rubare non paga, da temere le conseguenze delle proprie malefatte, non ci sarebbe bisogno di nulla. Altri rimedi non se ne conoscono, almeno nella situazione presente: ma noi non siamo il governo, per fortuna. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Panahi duro, ma non ama l'enfasi Inserito da: Admin - Marzo 03, 2010, 11:21:43 am 3/3/2010
Panahi duro, ma non ama l'enfasi LIETTA TORNABUONI I suoi film non vengono proiettati in Iran. Gli hanno sequestrato il passaporto, gli è vietato lasciare il Paese. Gli espedienti comuni a tanti registi iraniani incluso Kiarostami, ad esempio fingere di stare realizzando un film per bambini lavorando per il relativo Istituto del cinema per l’infanzia, non funzionano più. Cercar di girare film all’estero è ormai impossibile, e da poco tempo nessun film la cui sceneggiatura non sia stata controllata e approvata dalla commissione di censura può venir realizzato. Mancava soltanto l’arresto (ma era previsto, temuto). Jafar Panahi è stato infatti arrestato a Teheran insieme con la moglie, la figlia, gli ospiti che erano nella sua casa. Panahi è un regista di quarantanove anni, alto, bruno, grande. «Il palloncino bianco», primo film suo del 1995 visto in Europa, protagonista una bambinetta, era delicato, poetico e nello stesso tempo spietato, con uno sguardo sul Paese acuto, ricco di vergogna e insieme di amore. Seguì «Il miracolo», 1997. E nel 2000 vinse il Leone d’oro alla mostra di Venezia con «Il cerchio», otto brevi storie di donne in condizione di sottomissione mortificata in una nazione dominata dal potere maschile nella società, nella politica, nella religione, a Teheran perennemente presidiata dalla polizia. Il titolo indica la struttura narrativa e la circolarità del tema; il film coprodotto con le società italiane Mikado e Lumière in Iran non s’è mai visto. A conoscerlo, Panahi è un uomo molto calmo. La sua ostilità politica verso il governo iraniano non si esprime con scoppi d’ira né con denunce appassionate: come tanti registi iraniani incluso Makhmalbaf è cauto, pacato, ragionevole, tenace. I suoi comportamenti somigliano ai suoi film, privi di ogni sfumatura di enfasi, laconici, profondi. Non gli è servito a molto, pare. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Chi è causa del suo male Inserito da: Admin - Marzo 04, 2010, 11:11:21 am 4/3/2010 - PERSONE
Chi è causa del suo male LIETTA TORNABUONI Nessuno ama la burocrazia, si capisce: ma si può riflettere, semplificando le scemenze che hanno per ora escluso dalle elezioni regionali le liste della maggioranza a Milano e a Roma, prendendo per buone le giustificazioni impossibili che sono state offerte per i ritardi nel presentare le liste stesse, per le loro cialtronerie e mancanze. Che non si possa impedire a una lista di venir votata a causa di piccoli errori commessi in buona fede, è vero: le votazioni, anche se da noi sono continue e variate, rappresentano un momento essenziale della democrazia, e se qualcuno ha commesso sbagli di poco conto è sostanzialmente giusto accoglierne le scuse e il ricorso (non le bugie e i tentativi di attribuire la colpa ad altri). L’atteggiamento che ad ogni costo vuole punire l’episodio, facendo pagare la pena della leggerezza e irresponsabilità, è intollerante ma anch’esso giusto. Non c’è di peggio, democraticamente parlando, che contare sul proprio potere di maggioranza governativa per ignorare le regole e violarle, per comportarsi con lassismo e menefreghismo, per immaginare che tutto sia consentito e rimediabile. Un simile atteggiamento non riguarda certo soltanto l’impiegato incaricato di presentare le liste. È uno stato d’animo comune a ogni livello nel partito di maggioranza, i cui dirigenti sono spesso politici dilettanti e padroncini professionisti. Risultano, a cominciare dal vertice, persone abituate a dare ordini ai dipendenti e a venire prontamente obbedite, persone use a fare i comodi propri scavalcando con insofferenza regole e leggi: ma la democrazia non funziona così. Poi, può darsi che la faccenda delle liste ritardatarie e imperfette nasconda chissà quali altri segreti: ostilità interne, ritorsioni & vendette, lotte intestine, truffe & trabocchetti. Allora tutto sarebbe più facile, proverbiale: chi è causa del suo male, pianga se stesso. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Schiaffo al kolossal Inserito da: Admin - Marzo 09, 2010, 11:00:42 pm 9/3/2010
Schiaffo al kolossal LIETTA TORNABUONI Che sorpresa: per la prima volta nella sua storia l’Oscar per il miglior film va a una donna: Kathryn Bigelow. Per la prima volta non lo ha vinto il previsto kolossal politicamente corretto già ricco di incassi inimmaginabili, ma un piccolo film di guerra perlopiù ignorato, di un’ambiguità discussa e sconcertante, presentato alla Mostra di Venezia nel 2008. Forte, spietato, The Hurt Locker racconta i giorni in Iraq di una pattuglia di artificieri dell’esercito americano. Il compito dei militari consiste nello scoprire e disinnescare quegli ordigni esplosivi devastanti che hanno tanta parte nelle attuali guerre di guerriglia. Un corpo-bomba, il cadavere di un bambino nelle cui viscere è stato nascosto esplosivo, uno straccio sul selciato, un’automobile parcheggiata male possono nascondere bombe; ogni azione comporta rischi letali. Quando sono a riposo, i militari bevono, dormono, si picchiano, quasi impazziscono, piangono: «Se sei qui vuol dire che sei morto». Protagonista del film corale, tratto da articoli di Mark Boat sulla guerra in Iraq, è un sergente maggiore (Jeremy Renner) capo della pattuglia, molto bravo e coraggioso, indisciplinato. Però, dopo esser tornato a casa, si arruola di nuovo: ormai non può immaginare di fare qualcosa di diverso dalla guerra. The Hurt Locker ha un doppio spessore: formalmente potrebbe anche sembrare un film patriottico, ma l’orrore che la guerra suscita nello spettatore è insopportabile. Forse in questa ambiguità sta il segreto della sua vittoria: molto interessante, è certo meno bello di Bastardi senza gloria di Tarantino, di Tra le nuvole di Reitman, di Avatar e di altri candidati; così come i premi a Jeff Bridges e a Sandra Bullock sembrano soprattutto stanchi riconoscimenti a carriere stanche. Sulla sconfitta di Avatar le ipotesi sono molte: forse è una vendetta della gente di cinema votante contro il regista James Cameron che per gli infiniti effetti speciali del film ha usato la società neozelandese Weta di Peter Jackson; forse è una ritorsione per gli incassi vertiginosi ottenuti. Forse è un moto di rivolta contro chi «parla male» degli americani, un segno di sfiducia nella tecnologia e nel futuro. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI La memoria dei votanti Inserito da: Admin - Marzo 11, 2010, 09:34:41 am 11/3/2010 - PERSONE
La memoria dei votanti LIETTA TORNABUONI Tanto per tirarci su dalla tristezza del bruttissimo inverno, sono in atto un Festival della Bugia, una Olimpiade delle Balle, una Sagra della Mistificazione davvero imponenti. Non che sia una novità, ma la quantità altera la qualità. Riassumiamo. L’incaricato di depositare le liste per le regionali del partito al governo a Roma e Milano commette un errore, arriva in ritardo oltre tempo massimo e le liste vengono escluse dalla competizione elettorale. Si capisce che le votazioni non possono svolgersi senza uno dei principali partecipanti, così tutti si danno da fare per rimediare: ricorsi all’autorità giudiziaria, discorsi, proteste, tutte cose che non servono a modificare uno sbaglio tecnico secco, indiscutibile. Si cerca una soluzione politica, e il partito al governo tira fuori la proposta di un «decreto interpretativo» della legge elettorale. E’ grottesco, di una simile «interpretazione» non s’era mai sentita alcuna necessità, ma pazienza: per risolvere, per evitare il peggio, per agire con il buon senso che gli è proprio, il Presidente della Repubblica firma il decreto. Non è sufficiente. Allora la Gara di Fandonie si sfrena, nella speranza di esercitare pressioni o comunque di salvare il risultato delle elezioni in luoghi diversi da Lazio e Lombardia. Se all’inizio i portaparola del partito al governo erano interdetti per il proprio errore, ben presto hanno assunto la parte prediletta, quella delle vittime. Sui muri di Roma sono comparsi manifesti «Non vogliono lasciarti votare» (chi, «non vogliono»?); sul tema sono stati indetti comizi e manifestazioni; l’argomento e il «vulnus alla democrazia» sono stati mille volte trattati in sedi parlamentari, giornalistiche, televisive; il proprio errore d’origine è scomparso; il presidente Napolitano, che poco prima Berlusconi aveva accusato di non essere al di sopra degli schieramenti, è diventato un eroe. Si è rinnovata la solita tecnica pubblicitaria della ripetizione martellante; si è rinnovato il solito sbaglio di considerare gli elettori tutti scemi o smemorati; in più, si è lasciata crescere in molti la nausea verso una politica inetta e menzognera. Bel risultato. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Pronto, chi parla Inserito da: Admin - Marzo 18, 2010, 08:39:53 am 18/3/2010 - PERSONE
Pronto, chi parla LIETTA TORNABUONI Adesso pure Olindo e Rosa, la coppia impressionante processata in Appello a Milano per la strage di Erba, dicono d’essere innocenti perseguitati da un complotto. Complotto ordito da chi e per quale ragione, non si sa: ma è fatale l’imitazione d’un presidente del Consiglio che, imputato nelle zone geograficamente più varie del Paese, per i più differenti reati, dai più diversi tribunali, sèguita a proclamarsi vittima di oscuri complotti, di trame ben pensate. Speriamo che l’imitazione sia meno pronta rispetto alle dichiarazioni che affermano essere prerogativa di ruolo l’iniziativa di studiare al telefono metodi per mettere a tacere gli avversari politico-mediatici: staremmo freschi. Le intercettazioni telefoniche vengono considerate da alcuni violazioni della riservatezza personale, da altri strumenti d’indagine indispensabili, da altri ancora un niente. Tutto vero. Intrusioni nella vita privata, le intercettazioni sono senz’altro: però quando i telefoni posti sotto controllo sono quelli di governanti, di personalità burocratico-istituzionali, quando i temi di cui gli interlocutori discutono non costituiscono reato, non è vero che siano inutili. Anzi. La familiarità sbrigativa dei discorsi, la citazione di costumi scorretti, il turpiloquio fitto come punteggiatura, l’irrisione delle sventure altrui, sono invece altrettante rivelazioni di caratteri, nature, culture. Fanno capire, aldilà dell’etichetta o dell’ipocrisia, come sono davvero le persone nelle cui mani il Paese dovrebbe andare avanti, perché invece il Paese si sottosviluppi continuamente. L’elemento in più è che queste persone, pur sapendo benissimo quanti telefoni siano intercettati, non pensano affatto a essere più discrete, a dire poco o niente al telefono: salvo reagire inviperite se il testo delle intercettazioni diventa pubblico. Si vede che sono ancora abituate alla impunità; oppure che, nonostante le proteste, gliene importa nulla, non credono di poterne essere davvero danneggiate. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Nessuna promessa Inserito da: Admin - Marzo 25, 2010, 11:04:11 am 25/3/2010 - PERSONE
Nessuna promessa LIETTA TORNABUONI Queste votazioni regionali segnano, sembra, il definitivo cambiamento di stile della propaganda elettorale cartacea. Manifesti o volantini si rarefanno: basta essere fuori dal centro delle città, dal cuore dei maggiori quartieri, e non se ne vedono più. Sarà per risparmiare? Sui manifesti che si vedono, colpisce la presenza delle persone e l’assenza delle cose. Nessuna frase impegnativa o promettente, nessuna esortazione, nessun incitamento. Soltanto il nome del candidato per il quale si invita a votare. Necessario, ma in qualche modo anche inutile: Ponzo o Mancini, chi saranno? E De Cesari, Zaratti, Donato, li conosciamo? Che mestiere fanno, dov’erano sinora? A volte il nome è accompagnato da fotografia. Invano. Le facce ignote paiono tutte uguali, tutte ugualmente artificiose nel tentativo di suscitare simpatia. A volte c’è sul manifesto anche qualche parola, ma così vaga e generica da risultare superflua oppure irritante: «Fìdati» (e perché?), «Per vincere» (cosa?) «Mi fido», «Io voto» e il nome del candidato (e tu, chi sei? Dovrei imitarti?), «La forza di cambiare» (in che senso?). Nessuna promessa, nulla di concreto, nessun problema reale citato. Chissà se si spiega con la necessità di non azzardare più, come è accaduto in passato, promesse che non possono venire mantenute. Naturalmente, durante i propri eccitati comizi Berlusconi promesse ne fa: ma a se stesso. Chi altri se non lui potrebbe desiderare con ansia il presidenzialismo, leggi per rendere inerme la magistratura, leggi per ostacolare nelle indagini le intercettazioni? Sono problemi del tutto personali che possono interessare i suoi avvocati, la gente certo no. A pochi giorni dalle elezioni, e come se l’amministrazione del Paese c’entrasse qualcosa, è già riscappato fuori l’aborto. Ancora un giorno o un’ora, e si ricomincerà a parlare di brogli, pur sapendo benissimo che, salvo i democristiani nell’immediato dopoguerra, in Italia nessuno ha mai fatto brogli. Poi ci saranno le elezioni, e speriamo che sia finita. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI La lezione di Katyn Inserito da: Admin - Aprile 08, 2010, 03:25:09 pm 8/4/2010 - PERSONE
La lezione di Katyn LIETTA TORNABUONI Fa impressione sentire alla tv della grande cerimonia, con partecipazione di autorità civili e militari della Polonia e anche del presidente russo Putin, svoltasi ieri in memoria dei morti di Katyn. Quello e altri luoghi vicini, tra i boschi, sono stati per oltre sessant’anni sede di una delle contese internazionali più atroci intorno a centinaia e centinaia di ufficiali e soldati polacchi ammazzati e poi sepolti sotto gli alberi in vaste fosse collettive. Avveniva nel 1940. In quel momento e più tardi, la colpa del massacro venne attribuita dai sovietici ai nazisti; i polacchi ne accusavano i sovietici, anzi Stalin in persona. Pare che all’epoca gli ufficiali dell’esercito costituissero in Polonia una élite insostituibile: erano docenti universitari, architetti, matematici, avvocati, astronomi, almeno laureati o professionisti in genere. Eliminarli voleva dire decapitare la Polonia, cancellare ogni possibile classe dirigente presente e futura, privare i polacchi di ogni guida. Anche per questo dopo il massacro le loro famiglie vennero disperse, espulse dalla società polacca, ridotte al silenzio: nel suo film «Katyn», Andrzej Wajda ha raccontato la morte fisica e civile a cui quelle vittime, tra le quali l’ufficiale suo padre, furono condannate. Naturalmente, la massa degli uccisi era troppo grande perché la verità restasse nascosta: i polacchi sapevano benissimo chi fosse responsabile del massacro; i sovietici seguitarono ufficialmente e ostinatamente, nonostante ogni prova e testimonianza, a incolparne i nazisti. E adesso polacchi e russi celebrano insieme il ricordo di quel massacro. Sembra incredibile, nonostante il lungo tempo passato. Sembra incredibile, se si pensa all’atteggiamento tanto diverso dei turchi nel negare le proprie responsabilità internazionali, e la testardaggine con cui tanti europei osteggiano gli stranieri. Sembra incredibile, ma è vero e il progresso dei popoli è anche questo. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Le fabbriche dell'infelicità Inserito da: Admin - Aprile 23, 2010, 11:59:35 am 22/4/2010 - PERSONE
Le fabbriche dell'infelicità LIETTA TORNABUONI Mettono paura le immagini di questi giorni: le folle sgomente e affannate, gli accampamenti negli aeroporti, quelle lunghissime file pazienti che un tempo venivano presentate come esempi dell’arretratezza sovietica, le trattative esose con tassisti e autisti di autobus, le ire e le disperazioni, i guai di ciascuno per il blocco dei voli. Immagini da esodo, da terremoto, da apocalisse. Paurose non tanto e non soltanto quale simbolo della fragilità e vulnerabilità delle società sviluppate, come ovviamente tutti hanno detto, ma anche di qualcosa di diverso. Quello che è successo con il fermo imprevisto e improvviso del traffico aereo lascia pensare a un fenomeno certo non isolato: la discrasia tra realtà e socialità, tra realtà e cultura. Le società di massa sono andate avanti, equiparando i costumi e i consumi di classe, estendendo alla gente comune le abitudini delle élite, accrescendo e moltiplicando il numero di chi viaggia, va in vacanza, guida l’automobile, visita le mostre d’arte, mangia il salmone, passa il week-end fuori città eccetera. Le strutture sociali invece (strade, traffico aereo, ambienti d’esposizione, importazione del salmone, spiagge turistiche) non si sono adeguate: il che trasforma le nostre vite in un incubo di ore in coda sull’autostrada, spiagge sovraffollate senza venti centimetri di libertà, ristoranti e mostre impraticabili senza prenotazioni molto anticipate. E gli intoppi aerei, si capisce. Le élite risolvono facilmente e penosamente: non fanno alcunché, restano segregate in casa, oppure viaggiano sino a luoghi remoti ed esotici dove peraltro trovano situazioni non troppo diverse. Ma per la gente comune la società di massa inadeguata e incompleta non offre salvezza. Questo fenomeno si estende purtroppo alla cultura. Lasciando perdere scuola, libri e università, ancora oggi la cultura propone/impone un’etica di riuscita, successo, comando, ricchezza: assolutamente inarrivabile per tutti, a volte anche per alcuni. Così la frustrazione ci domina in ogni campo: bel sistema abbiamo ideato per una sicura infelicità. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Un bandito per tutte le stagioni Inserito da: Admin - Aprile 26, 2010, 11:37:45 am 26/4/2010
Un bandito per tutte le stagioni LIETTA TORNABUONI Rieccoli. Non soltanto Robin Hood, anche Marion, l’usurpatore Re Giovanni, i compagni della foresta, il malvagio sceriffo di Nottingham, il bosco di Sherwood, il prete ribaldo, il moro Azim, Riccardo Cuor di Leone. Il primo film con Robin Hood risale al cinema muto, al 1909, mentre è del ‘22 la prima opera internazionale con Wallace Beery come Re Riccardo, protagonista Douglas Fairbanks atletico e romantico. Negli innumerevoli film seguenti, sono stati Robin Hood Erroll Flynn, Conrad Wilde, Richard Todd, Richard Greene, Sean Connery, Kevin Costner. In un Disney d’animazione Robin e Marian erano due volpi astute, nel film da ridere di Mel Brooks, Robin era L’uomo in calzamaglia. Perché mai tanta persistenza? Perché non si è mai sazi di Robin Hood, che si ripresenta con la faccia da uovo sodo di Russell Crowe in concorso al prossimo Festival di Cannes? Innanzitutto, è un classico: le prime ballate su Robin e la sua gente sono del XV secolo. Poi l’eroe è un sassone contro un normanno, un fuorilegge contro l’establishment. La storia è un accorto mix di azione avventurosa, sentimento, umorismo e polemica sociale. Infine, in Inghilterra e in America (quasi tutti i film di Robin Hood sono anglosassoni), Paesi dove si sono sempre spremuti i poveri a favore dei ricchi, come si potrebbe per contrasto non amare un personaggio leggendario che ruba ai ricchi per dare ai poveri? da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Il segreto della misura Inserito da: Admin - Aprile 29, 2010, 10:45:58 am 29/4/2010 - PERSONE
Il segreto della misura LIETTA TORNABUONI Altro che privacy. Una rivela che il suo famoso marito è un tirchio matricolato, capace di controllare anche il consumo di acqua minerale. Un altro confessa che la sua famosa figlia è allergica alla pulizia, se non deve uscire di casa neppure si lava e per mandarla dal parrucchiere bisogna prenderla a spintoni. Un’altra ancora ammette di essere sempre stata lasciata dagli uomini amati; un altro assicura ridendo che sua moglie è afflitta da aggressività compulsiva e prova spessissimo a picchiarlo. Come si moltiplicano i delitti di famiglia italiani raccapriccianti, così le trasmissioni televisive diurne vanno diventando una palestra di confidenze autolesioniste. Anche se sospetti o sai che in tanti di quelli che vengono presentati come autentici casi umani i protagonisti sono attori che fanno il loro lavoro (di donne private dei propri bambini, uomini che non ce la fanno, ragazze traumatizzate da abusi infantili, padri innamorati o seviziatori, capi ufficio persecutori, madri che danno la caccia ai figli adolescenti scomparsi, coniugi sotto processo), l’impressione rimane. Impressione pessima, per almeno tre ragioni. Prima ragione, si crea un’atmosfera luttuosa, accentuata dalle innumerevoli inserzioni con richieste di soldi per bambini malati, infermi immobilizzati, piccoli affamati, persone affette da tumori o leucemie. Seconda ragione, se il gossip sulle star sociali può essere divertente, questi Vip non sono inesauribili, vengono spesso sostituiti con i loro parenti, con semiVip o pseudoVip e infine con persone qualunque i cui segreti non interessano. Terza ragione, si incoraggiano forme di indiscrezione e ostentazione anche troppo presenti: è un fenomeno psicologico ben noto, ci sono persone che pur di apparire e di mostrarsi sono disposte a dire qualunque cosa, tanto l’importante è parlare perdutamente di sé. Sarebbe invece molto meglio non dirle a nessuno, le cose riservate o poco lusinghiere, non per insincerità ma per senso di misura, per pudore, per discrezione, per non esibire eventi intimi e insensati. Non è stabilito che tutto si debba dire, che non si possa mantenere un minimo di riservatezza, un poco di silenzio su usi o episodi peggiori. Per amor proprio, e per rispetto degli altri. da lastampa.it Titolo: LIETTA TORNABUONI Forchette e forchettoni Inserito da: Admin - Maggio 06, 2010, 11:56:48 pm 6/5/2010 - PERSONE
Forchette e forchettoni LIETTA TORNABUONI Appartiene al passato della propaganda politica antidemocristiana il termine «forchettoni». Indicava i grandi divoratori, i robusti mangiatori dei soldi dello Stato e di prebende varie: un disegno satirico di Scarpelli mostrava la breve marcia di tre leader democristiani (De Gasperi, Gonella, Scelba) con forchetta, cucchiaio e coltello portati a spalla come un’arma, accompagnati dal motto «Per l’onestà contro la corruzione»; un altro disegno satirico mostrava una forchetta reggente, come un’asta, le bandiere dei partiti al governo sforacchiate e ridotte in brandelli con lo slogan «Via il governo della forchetta». Insomma le parole forchetta e forchettoni avevano perduto il loro significato per diventare simboli dei politici mangiatori. I bersagli non se la prendevano troppo, non ricorrevano alla protesta o alla censura. Replicavano su un tono simile: il manifesto con mani grondanti sangue, l’allusione a forche e lavori forzati sovietici, l’invito «Lavatevi le mani prima di votare!». Non erano tempi delicati né democraticamente dialettici, erano contrapposizioni forti, dure, di quelle che non piacerebbero al presidente Napolitano: ma erano pure altri tempi. In ogni caso, non si ricorreva alla censura né alla lagna, rispetto alla satira e alla propaganda politica. Non sempre, almeno. Quando, dopo l’uccisione di molti lavoratori da parte della polizia, venne affisso un manifesto che mostrava la faccia del ministro dell’Interno Scelba campeggiante su un paesaggio di croci cimiteriali, con lo slogan democristiano «Vita!» ferocemente contraddittorio, per strapparlo via dai muri cittadini vennero mobilitati drappelli di agenti. In genere non accadeva. Lo si dice perché due episodi si ripresentano adesso (già, non tutto è cambiato) e lasciano temere brutti interventi: il caso Scajola, con le dimissioni del ministro e le sue acrobazie intorno alla proprietà di un appartamento romano con vista sul Colosseo; e il film di Sabina Guzzanti «Draquila» sugli interventi dopo il terremoto d’Abruzzo. Per quest’ultimo è già cominciata, con le proteste di Guido Bertolaso («Farà fare brutta figura al Paese all’estero, al festival di Cannes»). Attenzione. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7306&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Adulteri senza qualità Inserito da: Admin - Maggio 08, 2010, 02:51:34 pm Adulteri senza qualità
di Lietta Tornabuoni Il film di Soldini 'Cosa voglio di più' sembra apparentemente convincente oltre che bene interpretato dalla coppia Favino-Rohrwacher. Ma il sapore che resta di questa storia di passioni e baci rubati, è quello di uno stereotipo degli anni '50 Silvio Soldini, ammirato regista italiano, a 52 anni passa da film poetici con tocchi di anticonformismo ed eccentricità, a uno stile quasi documentaristico di grande intensità. 'Cosa voglio di più' attacca nel titolo (che sembra alludere allo spot pubblicitario dell'Amaro Lucano) le vite comuni troppo anguste, povere e ripetitive. Nel film arriva l'amore-passione a sconvolgere la routine di due 34enni sposati, a dilatare il desiderio, a far pretendere altro. Con tutti i relativi momenti: le scene di sesso niente affatto voyeuristiche o estetizzanti ma belle nel brutto motel a ore alla periferia di Milano, i baci rubati in ufficio o nei portoni, le telefonate, l'amore urgente mezzo vestiti, il vedersi poco tra rispettivi lavoro e famiglia, le frasi attese e pronunciate ("Vorrei averti incontrato prima"), i giorni dell'ira ("Ti devo parlare", "Vaffanculo"), lei che spia la moglie di lui, una volta a ballare, le reciproche bugie, una breve vacanza a Tunisi al termine della quale lei se ne va da sola chissà dove trascinando il suo trolley rosso, e piange. Ogni tanto, un paesaggio di Milano col cielo trafitto dalla gru dice quanto la città vada estendendosi. Come tutti, i protagonisti Alba Rohrwacher molto brava e Pierfrancesco Favino sono, dice il regista, anime divise in due: lacerate tra la voglia di buttarsi a vivere la passione e la paura, il senso di responsabilità, la famiglia. Vicenda nota ma davvero toccante. Fatta benissimo, eppure c'è qualcosa che non va. Forse tutto sta nel punto di partenza: l'impiegatina milanese zelante, il bravo lavoratore, il buon marito dalle mani d'oro, la moglie nervosa, non esistono. Non sono persone del mondo in cui viviamo: evocano piuttosto 'L'uomo di paglia' di Pietro Germi dei Cinquanta. Sono stereotipi, adottati per giustificare e mandare avanti la storia. Cosa voglio di più di Silvio Soldini con Alba Rohrwacher, Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston (30 aprile 2010) Titolo: LIETTA TORNABUONI Indifferenza generale Inserito da: Admin - Maggio 14, 2010, 12:25:22 am 13/5/2010 - PERSONE
Indifferenza generale LIETTA TORNABUONI Con la sua penetrante intelligenza politica, Rosy Bindi ha detto una cosa interessante, l’altra sera a «Ballarò». Parlavano di corruzione, di politici scorretti, di case quasi regalate, e lei ha detto che, paragonato a Tangentopoli, il periodo attuale è peggiore perché, diversamente da allora, nella gente sembra mancare ogni reazione di sdegno o di esasperazione, perché qualsiasi cosa accada viene accolta dalla tetra atonia dell’assuefazione e della sfiducia, perché l’abitudine o la stanchezza paiono aver sostituito lo scandalo. Per caso o per lavoro, mi sono trovata davanti all’hotel Raphaël di Roma la sera in cui una piccola folla aspettava che Craxi uscisse e quando lo vide cominciò a bersagliarlo di monetine, a sventolare banconote di piccolo taglio cantando sarcasticamente in coro «Vuoi pure queste? Vuoi pure queste?». Era una scena piuttosto feroce ma schietta: cantando, sventolando, lanciando, la gente pareva divertita dalla propria trovata, sollevata come chi trova sfogo alla propria indignazione ed è contenta di fare qualcosa per esprimerla. Per lavoro o per caso, mi sono trovata a Milano in mezzo alla gente che costituiva i gruppi di sostegno ai magistrati di Tangentopoli, che al buio, di sera, restava in mezzo alla strada per far capire che c’era, che era solidale e speranzosa, che era pronta a offrirsi come baluardo. Era gente decisa, ferma, lieta di poter partecipare a quanto accadeva, persino entusiasta al pensiero che qualcuno si stesse muovendo. Naturalmente erano azioni organizzate: e tuttavia spontanee, sentite. Cose del genere non capitano, adesso. Sembra che il sentimento delle persone riesca oggi a esprimersi soltanto nelle fiaccolate notturne, nei cortei giovanili aperti dallo striscione «Ammazzateci tutti», nelle riunioni commemorative: tutte cose giuste e meritorie, ma un poco funebri, popolate di persone che camminano piano con le facce meste, trascinando i piedi, e non sembrano affatto sollevate. La scritta che precedeva una di queste sfilate diceva: «Indifferenza generale». http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7342&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Quel giro di miliardi Inserito da: Admin - Maggio 22, 2010, 05:44:55 pm 20/5/2010 - PERSONE
Quel giro di miliardi LIETTA TORNABUONI Fra Tangentopoli 2 (600, 900 mila euro, chissà quanto altro), Sanità nel Lazio (400 milioni e più da tagliare per riequilibrare i conti), Santoro e la sua liquidazione Rai (si parla di circa 10 milioni), evasori fiscali con conti in Svizzera (sono per ora 7000), il giro di miliardi si fa ogni giorno più fulgente e vorticoso. La gente, quella che nei supermercati ogni giorno tenta d’arrangiarsi coi grammi, coi centesimi e con gli sconti, ci sta male. Non per invidia sociale (si può provarla soltanto per i propri simili) ma per un sentimento di ingiustizia. Le persone squattrinate non trovano giusto che ci siano in giro tanti soldi, anche illegali, mentre per loro anche cinquanta euro sono una somma e oltre non arrivano. Da chi parla male dell’avidità di qualche politico, senti dire che quando c’erano i democristiani pure loro mangiavano, però anche il povero aveva da mangiare: tra Europa, euro, aiuti alla Grecia, tagli di situazioni in rosso, feste ad Abu Dabi o legittimi compensi non fanno differenza, non gliene importa nulla, l’unico fatto che interessa è che altri hanno euro a palate e loro sono senza soldi. E’ un atteggiamento rozzo, elementare, ma nessuno al mondo si preoccupa della funzione diseducativa che l’ostentato giro di miliardi può avere, dell’esasperazione che può generare. Cosa si possa fare, chi sa: la temperie (checché il governo creda) non è calma né benevola, se mai lo è stata. Intorno al giro di miliardi si crea un fenomeno di psicologia di massa, di frustrazione e umiliazione primaria difficile da cancellare. L’aria che tira non è di atona passività, è rabbiosa, revanscista, e non può che peggiorare: ogni azienda pubblica e privata cerca di cavare sangue dalla rapa, moltiplica trappole, multe e bollette, rende i rapporti più esigenti e crudi, mentre salari e stipendi restano gli stessi perdendo potere d’acquisto. Se Berlusconi dicesse ancora che gli italiani viaggiano, vanno al ristorante e in vacanza, si comprano molti telefonini e molte tv piatte al plasma, la risposta sarebbe facile: non è che in Italia ci sia molto benessere, è che ci sono molti ladri. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7373&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Fermo posta Palazzo Chigi Inserito da: Admin - Maggio 27, 2010, 04:39:11 pm 27/5/2010 - PERSONE
Fermo posta Palazzo Chigi LIETTA TORNABUONI In un ospedale in Serbia c’è un nuovo reparto di neonatologia, tutto lustro, moderno e ben tenuto. All’ingresso, una targa con tricolore dice in inglese: dono del governo italiano. E perché «del governo»? Nel caso, sarà un dono dell’Italia o degli italiani, ma il governo davvero c’entra nulla. Eppure, anche in questi giorni in cui la cosiddetta manovra da 24 miliardi impoverisce i più miseri e numerosi in assoluto (pensionati, dipendenti statali) mentre non vengono affrontate in alcun altro modo iniziative che potrebbero procurare soldi sanando sprechi e cattiva amministrazione, il governo trafficante è sempre all’opera. Se si guarda bene la «pubblicità istituzionale» della Rai, si vede che ogni inserzione non si rifà ai singoli ministeri interessati ma alla sede della presidenza del Consiglio, Palazzo Chigi a Roma. Si constata che certi programmi diurni utili e molto seguiti risultano dilatati da interventi governativi: «Tutto benessere» ha acquistato una coda a cura del ministero della Salute; a «Linea Verde» s’è unita una sorta di prefazione, «Linea Verde Orizzonti» a cura del ministero delle Politiche Agricole; agli esemplari servizi di informazione sulla Mitteleuropa trasmessi dalla terza rete della Rai la domenica mattina, s’è aggiunto un programma superfluo e a volte sciocco, «Mediterraneo». Niente di male, si dirà, anzi qualcuno (la Rai o i ministeri) risparmierà qualche euro. Fino a un certo punto. Si capisce che le trasmissioni legate ai ministeri non diranno una parola critica sulle filiere alimentari o farmaceutiche, sugli eventuali interessi conculcati dei consumatori: si limitano a enfatiche esaltazioni delle «eccellenze» italiane (come se gli scandali del vino al metanolo, dell’alterazione dell’olio extravergine d’oliva con oli di semi vari oppure della mozzarella fatta con caglio egiziano o mediorientale non fossero avvenuti in Italia), a convegni, a ministri in blu gessato in giro per il mondo. Insomma, all’informazione sostituiscono la propaganda. Non è un danno da poco. Favorisce la tendenza, da noi già forte, a ignorare la realtà e a imbottirsi di retorica; favorisce la presunzione e la vanità, la futilità irresponsabile di atteggiamenti e comportamenti; aiuta a pensare che esista un unico punto di riferimento nazionale, la presidenza del Consiglio, Palazzo Chigi, Berlusconi. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7406&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Lo spot scopre un uomo nuovo Inserito da: Admin - Giugno 03, 2010, 04:36:14 pm 3/6/2010 - PERSONE
Lo spot scopre un uomo nuovo LIETTA TORNABUONI Arriva la pubblicità per uomo fragile. Uno spot mostra una coppia a letto: l’aria mortificata e delusa di tutt’e due, la dolcezza consolatoria di lei, lasciano capire che lui non ce l’ha fatta; la promozione riguarda infatti un prodotto che facilita l’erezione. Un altro spot, più severo, senza figure, esorta gli ultracinquantenni a visite di controllo, perché il tumore alla prostata è sempre in agguato e la prevenzione rappresenta l’unico rimedio. Sembra una stupidaggine, è invece una novità rilevante. Sinora il bersaglio della pubblicità sono state soprattutto le donne: erano loro ad avere il dovere di controlli almeno annuali all’utero, alla mammella, alle ossa; loro a emanare odori imbarazzanti («avevo timore a entrare in ascensore con altri»), loro a subire piccole perdite maleodoranti; erano le donne a doversi curare di irritazioni da sfregamento, pancia gonfia, alito cattivo, flatulenze e altre sgradevolezze. Gli uomini, quando risultavano protagonisti della pubblicità, erano specialmente delegati ai piaceri (vini, automobili, liquori), allo sport (maratone o andirivieni con macchine ginniche); l’eventualità che avessero e perdessero la pancia («La pancia non c’è più!») era remota, espressa non come una realtà ma come uno scherzo esagerato e buffo. L’uomo consumatore d’un certo olio volteggiava leggero superando facilmente una staccionata; adesso l’uomo con la pancia dorme supino, aspettando che una crema prodigiosa lo smagrisca nel sonno. Certo non sono segni di progresso, ma appena adeguamenti alla realtà o ampliamenti ulteriori del mercato in tempo di crisi. Però stringe il cuore pensare che mentre la società civile compie i suoi piccolissimi passi, in sedi ufficiali la classe dirigente si accanisce a volere una legge come quella sulla intercettazioni telefoniche; ed i politici ricorrono a una legge-bavaglio che, senza avere nulla a che vedere con la privacy dei cittadini, è destinata a permettere loro di dire al telefono quello che vogliono senza preoccuparsi di poter essere ascoltati da nessuno. Altro che mafia, mai una parola al telefono e sempre «pizzini», biglietti scritti consegnati a mano. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7432&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Quella falsa parità Inserito da: Admin - Giugno 10, 2010, 05:29:00 pm 10/6/2010 - PERSONE
Quella falsa parità LIETTA TORNABUONI Parlare di parità tra donne e uomini a proposito di pensioni è una menzogna sfacciata, e magari anche una gran porcheria. Eppure con aria virtuosa, convinti di dire qualcosa di equo, civile, moderno, tutti sembrano d’accordo: fissare l’età pensionabile a 65 anni per le lavoratrici pubbliche è un nuovo passo sulla via della parità; del resto corrisponde a un ordine europeo, non ci sono rimedi, bisogna farlo ed è giusto così. Ma dovremmo sapere tutti che le indicazioni europee non sono mai state considerate ultimatum o diktat (altrimenti i conti pubblici, nostri e altrui, sarebbero in altre condizioni): sono appunto indicazioni, con le quali si può patteggiare, rinviare, limitare e arrangiarsi, almeno nel Paese delle pensioni baby. Dovremmo sapere tutti che le indicazioni europee diventano imperiose e impossibili da non rispettare soltanto quando convengono ai governi, quando rappresentano un buon pretesto per fare quanto serve ai governi e far sì che siano i cittadini a pagarne il prezzo. Quanto alla parità, è vergognoso usare una causa giusta per ottenere un risultato ingiusto. Nel lavoro, tra i due sessi non esiste parità. Semplicemente, gli uomini svolgono un compito, le donne ne svolgono due. Oltre le fatiche d’ufficio o di fabbrica, le donne debbono infatti affrontare contemporaneamente le fatiche domestiche (la spesa, cucinare, spazzare, fare i letti, spolverare, il bucato, stirare): oppure i nostri governanti credono che, come a casa loro, per lavori simili ci siano le domestiche, le cuoche, il personale di servizio? Insieme con le fatiche domestiche, alle donne sono riservate le fatiche della maternità: non soltanto mettere al mondo figli ma anche occuparsi di loro, comprenderli, aiutarli e curarli, dargli una mano con i compiti, educarli e istruirli: dato che in genere i padri li ignorano. Tutti dicono infine che a sessant’anni le donne sono in gamba, che le aspettative di vita si sono allungate, che le cifre della vecchiaia sono cambiate: questo sarebbe vero, ma due lavori svolti con relative responsabilità per venti anni e più stroncherebbero chiunque. Quando si sente una notizia, alla televisione o altrove, specie se riguarda gli altri (se ci riguarda personalmente, lo sappiamo già) sarebbe meglio rifletterci con attenzione: e non farsi prendere in giro. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7458&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Le false difese dei diritti Inserito da: Admin - Giugno 17, 2010, 09:18:40 am 17/6/2010 - PERSONE
Le false difese dei diritti LIETTA TORNABUONI Rispettare la privacy del comune cittadino italiano? Sarà. Potrebbe succedere, ma in anni e anni di intercettazioni telefoniche non è mai successo che di un comune cittadino onesto, incolpevole di ogni reato, siano state rese pubbliche telefonate indiscrete oppure oscene. Non è mai accaduto (sarà stato un caso?), mentre le intercettazioni telefoniche riguardavano truffatori o ladri pubblici, politici scorretti, manager mascalzoni e compagnia, insomma componenti la classe dirigente. Perciò è molto strano che si ostenti virtuosamente di preoccuparsi dei diritti altrui anziché dei propri comodi. In più, lascia increduli il fatto che questi componenti la classe dirigente risultino incapaci di controllarsi e di tenere a freno la lingua quando parlano al telefono. Ci riescono tutti, se hanno il sospetto di venir ascoltati dai genitori, dai parenti o da altri. Ci riuscivano le madri di famiglia tanto tempo fa, nell’inverno 1943 dell’occupazione nazista di Roma. Quando i telefoni erano sorvegliati a caccia di clandestini o di reati annonari, le donne chiamavano «fiori» le uova e «polvere» la farina, mentre dei nascosti per sfuggire ai tedeschi o alla leva repubblichina parlavano chiamandoli «capricciosi», come i bambini di casa. Ma gli attuali politici o dirigenti, no. Non sono capaci di non dire al telefono, di avvertire del loro rientro una signora e di raccomandarle di «mettere il perizoma ben stretto», non arrivano a tacere al telefono gli affari sporchi né a discuterne in termini fumosi. Quel che si vuole salvaguardare con la legge sulle intercettazioni telefoniche sono i propri comodi. Altro che privacy del comune cittadino: vogliono invece sia rispettato il fatto di poter parlare loro al telefono di qualsiasi cosa, truffaldina o ribalda che sia, senza venir ascoltati da nessuno tranne l’interlocutore e senza che nessuno possa rendere pubbliche le loro parole. Tutti i casini in atto da anni, le discussioni infinite in Commissione e in Parlamento, le divisioni tra maggioranza e opposizione, le false difese dei diritti, le nobili elucubrazioni, servono soltanto a questo. Davvero sarebbe ridicolo se non fosse vergognoso. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7483&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI L'immagine delle notizie Inserito da: Admin - Luglio 01, 2010, 12:10:19 pm 1/7/2010
L'immagine delle notizie LIETTA TORNABUONI Come al tempo della struggente invocazione «Moviola sul campo!», si torna a discutere di errori degli arbitri e della possibile tecnologia per evitarli almeno ai Mondiali, trascurando forse un fatto buono e uno cattivo. Quello buono è che risulta ormai pronta la legge che vieta ai venditori di fare telefonate pubblicitarie se l’eventuale cliente non vuole. La faccenda è un po’ complicata per la nostra pigrizia, bisogna iscriversi a uno speciale Albo o Registro di persone che preferiscono non essere disturbate e alle quali è quindi proibito fare telefonate pubblicitarie: comunque, vale la pena. E’ un bel sollievo sapere che non si sarà costretti a rispondere (di solito alle ore dei pasti, sempre in momenti incomodi) a telefonate insistenti di interlocutori non disinteressati che pretendono di venderti una piccola cantina di vini scelti o un’enciclopedia sopraffina, che vorrebbero farti cambiare società telefonica oppure darti lezioni d’inglese, che lodano una palestra o un ristorante. Non si sarà più obbligati a dare spiegazioni («Ma perché dice di no?»), a rispondere in modo sbrigativo e brutale per poi pentirsene al pensiero dei giovani disoccupati che sono tra i telefonisti più temibili. Il fatto cattivo è la moltiplicazione durante i telegiornali Rai di filmati di cronaca realizzati da questure o comandi dei carabinieri. Vi si vedono in genere auto che sgommano, persone fermate che si coprono la faccia col golf o col giornale, targhe delle strade dove un arresto è stato compiuto, agenti che entrano in edifici forse sospetti; ma, soprattutto, le immagini predilette sono tavolate di ufficiali e funzionari al microfono (il regista in divisa li considera glamour come star), oppure scrivanie su cui stanno bene ordinati pistole, coltelli di varia misura e altri oggetti criminali. Insomma immagini non interessanti, anzi prettamente insignificanti: per di più, realizzate da una parte in causa, pronta a dare della cronaca la propria versione. Non è questo che si intende per informazione giornalistica: la Rai avrà pure bisogno di non spendere come tutti noi, ma questo tipo di risparmio che tratta così le notizie di cronaca non è corretto. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7545&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Non parlare al manovratore Inserito da: Admin - Luglio 08, 2010, 10:53:28 am 8/7/2010
Non parlare al manovratore LIETTA TORNABUONI La manovra economica e il suo manovratore, il governo, hanno offerto e offrono uno spettacolo molto interessante. Si poteva pensare che per una nazione rimediare 24 miliardi non fosse poi una «mission impossible»: se no cosa dovrebbe fare la Francia, che di miliardi deve tirarne fuori cento? Ma non è così: intorno a quei 24 miliardi è montato un disordine imprevedibile. Il governo manovratore è riuscito a scontentare tutti, a provocare forti reazioni promettendo tagli alle categorie più diverse e inopportune: poliziotti, disabili, professori, che già guadagnano meno di un gatto. Le reazioni sono risultate tanto vive che quei tagli sono stati subito ritirati e si è andati a tagliare altrove. Il primo manovratore, il presidente del Consiglio, non ha voluto ricevere i rappresentanti degli enti locali, che se ne sono assai impermaliti. E perché, poi? Timore, fastidio, paura di lasciarsi convincere? Ma non sarebbe il suo lavoro? Altre idee luminose: far pagare i ticket autostradali anche a chi fa il raccordo anulare romano per andare a casa a mangiare, tagliare le pensioni di invalidità con relativo accompagnamento, tassare auto e moto. Insomma, una variante del caos davvero ingiustificata: anche cercando di rifletterci su, non si riesce a capire il perché di comportamenti tanto ricchi di gaffes, tanto improvvidi e confusi. È certo vero che ogni categoria colpita dai tagli avrebbe ed ha reagito male: ma questo è normale, non si può opporvisi con un andirivieni di «taglio te, no taglio lui», né finir per trasferire i tagli sulle famiglie meno portate alle proteste. Il fatto è che spesso i manovratori non sono agguerriti professionisti della politica, sono invece usi a scaricare su altri ogni responsabilità: sistema reso piuttosto facile dal «ghe pensi mi» presidenziale, dalla visione blindata del ministro dell’Economia, dalla scarsità di contatti con i cittadini. E dalla poca autorità riconosciuta a ministri che del resto se ne infischiano: a luglio basta che c’è ‘sto sole, basta che c’è ‘sto mare. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7572&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Se mi lasci non vale Inserito da: Admin - Luglio 15, 2010, 10:47:29 pm 15/7/2010 - PERSONE
Se mi lasci non vale LIETTA TORNABUONI Se in questo periodo mariti, ex mariti o amanti ammazzano una donna al giorno (perlopiù a coltellate), i pragmatici dicono che è colpa del grande caldo che scatena furori o fa sprofondare nelle depressioni, che lascia sentire con maggiore strazio la solitudine estiva e fa desiderare con più struggimento un poco di felicità. Gli psicologi facili dicono che la morte è la secolare risposta degli uomini all’abbandono; che se a venire lasciati sono i mariti, insieme con la moglie perdono la casa, i figli, i pasti cucinati, l’assistenza in caso di malattia, la condivisione della vita, le camicie pulite, e non sanno come fare. Secondo gli studiosi di sociologia, questa epidemia di sangue dipende dalla nuova fragilità maschile, da una ipersensibilità da adolescenti perenni, da una frustrazione che non permette loro di sopportare il vedersi rifiutati, il dover considerare un fallimento tutto ciò che avevano costruito magari con sacrificio. Per i moralisti cattolici, la colpa degli assassinii sta nella leggerezza con cui viene vissuto il rapporto donna-uomo, nel matrimonio o in altro tipo di relazione. Per gli analisti laici, gli uomini colpevoli di assassinio sono bruti che hanno capito nulla, che non si sono resi conto dei cambiamenti avvenuti negli anni, del diverso atteggiamento di libertà delle donne. Forse è tutto vero. Ma forse nessuna di queste ipotesi è vera. Si valutano infatti gli avvenimenti della cronaca con un’ottica deteriore: se accadono fatti tra loro simili, non si tratta per niente d’un fenomeno sociale, benché gli elementi esteriori sembrino analoghi. Sarebbe interessante se gli episodi consentissero un giudizio comune: darebbe l’occasione di prevenire ed evitare i fatti di sangue, con grande vantaggio individuale e collettivo. Però non è così: è da bambini fare della psicologia spicciola su gente che non s’è mai vista né si conosce, mentre ogni fatto occulta le proprie motivazioni, le ragioni per cui accade, il carattere dei diversi protagonisti, le pulsioni respinte o quelle a cui ci si abbandona. E, soprattutto, non si continuerebbe a definire i gesti di morte delitti passionali. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7594&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI La cautela del pessimista Inserito da: Admin - Luglio 23, 2010, 11:11:53 am 22/7/2010 - PERSONE
La cautela del pessimista LIETTA TORNABUONI Un quartiere di Milano è intossicato dall’acqua inquinata. La capitale del mondo occidentale, New York, è assediata dalle pulci che mordono e succhiano il sangue all’essere umano. Si preannunciano, sui rapporti tra governi italiani e mafia, rivelazioni disastrose alle quali forse la politica non sarà in grado di resistere. Altre decine di appartenenti calabresi alla ’ndrangheta vengono arrestati: ma quanti saranno, quanti possono essere? Eppure, i cosiddetti pessimisti ancora vengono considerati ingombranti jettatori, persone senza cuore che non credono a nulla né a nessuno. Nella tradizione classica, alla Cassandra, i pessimisti sono appunto ritenuti portatori di sventura, annunciatori di guai: e non risultano mai simpatici. In tempi meno remoti, i pessimisti sono semplicemente avversari politici che, increduli delle affermazioni governative, prevedevano crisi e situazioni difficili in genere. Ancora più recentemente, i pessimisti diventano coloro che rifiutano di credere alle promesse rosa, all’euforia irrazionale del presidente del Consiglio, alle sue sparizioni in caso di condizioni spinose, secondo l’uso di eclissarsi quando le cose vanno male, di non collegare mai la propria immagine a momenti brutti. Gente lugubre, i pessimisti: che pensa sempre al peggio, che diffida di chiunque. Adesso, si può sperare che il pessimismo (non gratuito, non sistematico) venga considerato per quello che è, simile all’ottimismo come elemento di squilibrio. Un atteggiamento prudente e saggio nel valutare le cose; un’espressione di cautela e di sfiducia rispetto all’interessata faciloneria politica, alle balle quotidiane; e che, almeno in teoria, mai più venga giudicato con lo spirito superstizioso che ancora ci portiamo dietro. Del resto, basterebbe constatare che i pessimisti ragionevoli quasi sempre finiscono per aver ragione; e che i loro fratelli (i complottisti, i tramisti, chi teme le cricche d’imbroglioni) suppongono quasi sempre meno di ciò che davvero accade. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7624&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Televisione alla contadina Inserito da: Admin - Luglio 29, 2010, 11:41:21 am 29/7/2010 - PERSONE
Televisione alla contadina LIETTA TORNABUONI Altrove è peggio: teatri chiusi, cinema in ferie oppure che ospitano film inguardabili. Salvo che nell’incalzare di festival, mostre, kermesse e cantieri d’arte nei posti più belli o più brutti d’Italia, è la cultura spettacolare a prendersi davvero ferie prolungate e calme, mentre per la gente pochi giorni di riposo sono già un miracolo. Rimarrebbe la televisione, ma è inutile illudersi. Proprio nel periodo estivo più atono, proprio quando la solitudine di milioni di persone vorrebbe conforto e sollievo, la tv tradisce la propria funzione pubblica e popolare di intrattenimento. Risparmia. Rifila roba vecchia o brutta. Dà nulla. Gli annosi polizieschi senza violenza dell’ispettore Derrick, della Signora in Giallo, del cane-commissario Rex o di Don Matteo vengono ritrasmessi, sempre quelli, per l’ennesima volta: anche se gli spettatori li conoscono a memoria e le immagini sono ormai poco definite, decolorate (alla faccia del digitale). I materiali di Linea Blu, Linea Verde, Quark sembrano rimontati e aggiustati in episodi, e così scorrono sullo schermo. Ma la presenza più insistente dell’estate è quella del mondo rurale. Fosse italiano, avrebbe interesse perché da noi la vita contadina viene costantemente ignorata, tanto da far pensare che il nostro Paese sia Manhattan. Ma no: la vita rurale che ci viene rifritta è quella tedesca oppure quella americana. Se americana, ecco mandrie di mucche o di cavalli, qualche pecora, cowboy villanzoni coi loro cappelli a larga tesa, incidenti che si vogliono drammatici (smarrimento del puledro, nascite laboriose, cancello lasciato aperto per incuria e fuga di tutti gli animali). Non parliamo delle fiction campagnole tedesche, con belle ragazze messe in ombra da anziani contadini dal carattere infame e la gallina stretta al cuore, con sempiterni litigi per una linea di confine, con inopinate sparizioni del cane fedele o della carissima capretta. Si vorrebbe scomparire. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7650&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Venezia 2010, la sorpresa sarà Celestini Inserito da: Admin - Luglio 30, 2010, 09:32:11 am 30/7/2010
Venezia 2010, la sorpresa sarà Celestini LIETTA TORNABUONI Obiezione: quattro film italiani in concorso sono troppi. Erano troppi lo scorso anno, sono troppi quest’anno. Che siano stati scelti per merito, per opportunità, per disegno intellettuale o per caso, l’indiscrezione da provinciali non cambia. Naturalmente, il più curioso è l’ultimo arrivato, La pecora nera, primo film del trentenne romano Ascanio Celestini, il comico trasgressivo visto in tivù da Serena Dandini, tratto dal suo libro: storia di un Nicola che da 35 anni vive in un «manicomio elettrico» dove non si sa se ridere o piangere e dove la presenza contemporanea di comicità e tragedia esemplifica la modernità. Il direttore Marco Müller dice che il cinema ha ormai perduto ogni precedente criterio di giudizio estetico, che i valori dati (stile, talento, autenticità, mestiere) sono fuori corso e che per la Mostra ha dovuto «fare appello ai registi che sperimentano tutto ciò che i linguaggi della cultura visiva contemporanea possono offrire». Sono più di 40 anni che il Festival tenta d’identificare il nuovo che non c’è nella cultura mondiale, quindi, nello stile dei tempi, il calendario offre di tutto un po’: da Sofia Coppola a Julian Schnabel, da John Woo al solito film-sorpresa. Alcuni registi (Vincent Gallo, per dire, o Carlo Mazzacurati) sono presenti persino con due film, uno in concorso e l’altro no. Un cortometraggio è intitolato Sposerò Nichi Vendola, un documentario è opera della giornalista tivù Monica Maggioni e un altro dell’attrice Michela Cescon. Fuori concorso il sublime Manoel de Oliveira, Marco Bellocchio, Martin Scorsese. Vedremo, diremo. Certo è una buona idea aver accolto tanti ritratti di contemporanei o quasi, in documentario oppure no: di Goffredo Lombardo (L’ultimo Gattopardo di Giuseppe Tornatore), di Vittorio Gassman, del bandito Vallanzasca, di Ennio Flaiano; più la vicenda tormentosa di Joaquin Phoenix, un documentario che segna il debutto nella regia di Casey Affleck. I soldi, nonostante la crisi, non costituiscono un problema nuovo: Venezia è sempre stata squattrinata da più di mezzo secolo, per la mostra la sobrietà è sempre stata praticata per forza, eppure una sala di meno non è poco. Qualche malinconia aleggia perché è sul finire l’incarico direttivo di Müller. Non si suppone che verrà confermato per la terza volta né s’immagina chi potrebbe sostituirlo a un livello analogo. Vedremo, diremo. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7657&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Fini come Diabolik Inserito da: Admin - Agosto 12, 2010, 05:16:42 pm 12/8/2010 - PERSONE
Fini come Diabolik LIETTA TORNABUONI Cos’altro possiamo aspettarci nell’immediato futuro, quali notizie pazzesche, data l’atmosfera manifesta che grava sull’ex maggioranza di governo? Gianfranco Fini e la sua compagna, in tuta di maglia nera come Diabolik e Eva Kant, colti sul fatto mentre cercano di rubare parte della riserva aurea di Fort Knox. Fini sorpreso a sottrarre uranio. Fini cannibale scoperto a divorare cotolette di carne umana. Fini che abbandona il cane sull’autostrada. Fini che aggredisce una turista finlandese. Fini installato comodamente, come a casa sua, nella reggia di Caserta, della quale detiene misteriosamente la proprietà. Fini leader di Nuovi Cavalieri Templari raccolti e mobilitati contro Berlusconi. Fini che imbratta i muri pubblici con insolenti scritte antigovernative. Fini in abiti femminili, mescolato ai trans nelle vie notturne di Roma. Fini in testa alla loggia massonica P7 e alle sue oscure trame. Fini al comando d’un sottomarino grazie al quale si propone di sbarcare in Sardegna presso la proprietà del presidente del Consiglio e di fare un macello. Fini con la torcia e il caratteristico berretto da ladro preso a Palazzo Chigi nell’atto di sottrarre importanti piani governativi ai suoi danni. Fini che organizza il nuovo partito «Passato e schiavitù». Fini che scende in difesa di Vallanzasca auspicandone la presenza come ospite d’onore alla Mostra del cinema di Venezia. Fini che scrive e declama un poema in lode della cocaina. Fini che getta a terra pezzi di carta, da vero infame. Scherzi a parte (in realtà c’è ben poco da scherzare) è singolare che i conflitti politici non possano fare a meno della demonizzazione dell’avversario. Pochi, in lotta rivale con qualcuno, tendono ad affermare le proprie ragioni, i propri motivi di vittoria, il proprio merito di prevalere. Invece, quasi tutti danno addosso al nemico del momento, tentando di svergognarlo il peggio possibile, attribuendogli le colpe più abiette. Colpe tanto più efferate quanto più forte era stato il precedente legame d’alleanza ed amicizia: e ci si chiede come avessero fatto a capire assolutamente nulla. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7699&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Frittura di paranza Inserito da: Admin - Agosto 19, 2010, 03:09:23 pm 19/8/2010 - PERSONE
Frittura di paranza LIETTA TORNABUONI Nel marasma politico attuale, certo non nuovo ma difficile da negare o da risolvere con una dichiarazione, torna alla mente un’espressione che pareva tramontata, logora come una vecchia formula burocratica ormai dimenticata tanto da apparire priva di senso:conflitto di interessi. Il presidente del Consiglio, capo del partito di maggioranza, direttamente o indirettamente controlla le due aziende televisive più importanti, pubblica e privata, del Paese: oltre sei reti tv con relativi telegiornali. È proprietario delle due maggiori case editrici italiane, una generalista e l’altra sofisticata, Mondadori e Einaudi. Possiede un quotidiano, settimanali popolari pettegoli oppure no, emittenti radio. Non si vuol dire che ogni riga da essi pubblicata o pronunciata venga dettata dal presidente-proprietario: ma la consonanza di idee, il senso di opportunità e l’ovvietà fanno sì che questi mezzi di comunicazione siano ispirati alle posizioni della maggioranza, con sfumature di diversità tra loro che vanno dall’eventuale ironia alla intolleranza aggressiva. Se càpita che temporaneamente il bersaglio siano il presidente della Repubblica o il presidente della Camera, i colpi insistenti e spesso immaginari che li raggiungono sono unanimi e finiscono con il minare la loro autorevolezza. Si capisce che, in simili condizioni, la battaglia politica diventi come un duello tra un duellante armato di pistola o di spada e un altro duellante disarmato a mani nude: nessuna circostanza esprime con più chiarezza e forza quanto il conflitto di interessi sia sempre più ingiusto e dannoso, quanto arrivi a falsare i termini della dialettica democratica. E non ha poi troppa importanza che il conflitto di interessi possa presentarsi apparentemente diversificato e formato da componenti differenti: è come al ristorante la frittura di paranza, che dovrebbe contenere pesci assai diversi e che finisce spesso per essere fatta soprattutto di calamari. http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7722&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Comprati e svenduti Inserito da: Admin - Settembre 17, 2010, 02:20:04 pm 17/9/2010 - MINIMA
Comprati e svenduti LIETTA TORNABUONI Il modo in cui si parla e si scrive di compravendita di deputati da parte del presidente del Consiglio, di un suo sperato «montepremi», di mercato, offerte, prezzi eccetera, è vergognoso. Naturalmente potrebbe essere una faccenda di linguaggio, l’adozione di una maniera di parlare sbrigativa e priva di ogni ipocrisia, l’uso di una disinvoltura magari brutale però schietta: ma non è così. I termini esprimono esattamente quanto si vuol dire, corrispondono a concrete certezze. L’ipocrisia c’entra poco: il punto è che evidentemente si considerano i voti parlamentari una merce acquistabile come tante altre, si ritiene che in politica (e non soltanto in politica) tutti possano essere comprati & venduti. E’ vero? Non è vero affatto: è un’idea che appartiene esclusivamente a un gruppo e che può contagiare la gente. E’ vero invece che s’è perduta una sensibilità democratica, che si è acquistato un disprezzo della morale. Il ministro Gelmini, ad esempio, se deve parlare di una fascia di lavoratori della scuola che si oppone alle sue iniziative, dice di non farne alcun conto «perché sono politicizzati». E allora? E’ un’accusa? Vanifica l’opinione? Chi è politicizzato è perciò stesso una persona non credibile, disonesta, le cui idee valgono nulla? Se i governanti hanno della politica una simile considerazione, cosa bisognerebbe pensare dei ministri e del loro presidente, che esercitano la politica per professione? Bisogna credere che per loro sì, va bene, mentre per chiunque altro fare politica è una colpa sociale? Sono queste le cose che contribuiscono a rendere i governanti impossibili da stimare, che legittimano i qualunquismi, che sottosviluppano il Paese anziché svilupparlo. Subito dopo la Seconda Guerra mondiale, estirpare le idee fasciste che erano state impiantate durante un ventennio nel cervello della gente fu un’impresa dura: in certi casi fu necessario il passare delle generazioni, il mutare della cultura, l’aspro svincolarsi dai luoghi comuni. E adesso si dovrebbe ricominciare? http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7842&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI La fatica delle donne non è un giro di parole Inserito da: Admin - Settembre 23, 2010, 05:08:43 pm 23/9/2010 - PERSONE
La fatica delle donne non è un giro di parole LIETTA TORNABUONI A un corso istituito in provincia di Latina si sono presentati soltanto una ventina di italiane e italiani, nessuno straniero: da questa notizia si dovrebbe desumere che i nostri connazionali si rassegnano adesso a fare quel genere di lavori che non volevano fare più e che erano diventati caratteristici degli immigrati asiatici, europei, africani. Sarà. Vorrà dire nel caso che la crisi economica è ancora lontana dall’essere superata, cosa di cui moltissimi sono certi. Dalla notizia si viene a conoscere pure l’ennesima mutazione di un termine, di una definizione tra le più trasformiste: la penultima trovata è «assistente domestica». All’inizio stava serva, servo, servitore, servente e (più affettuoso o piccante, riservato magari alle bambine o ragazze molto giovani) servetta. Poi si è passati a «cameriera» o cameriere. Poi a domestica, domestico. Poi alla cauta perifrasi «la persona che lavora in casa mia». Più tardi ancora a «collaboratrice domestica», abbreviato in «colf». Adesso la collaborazione si trasforma in assistenza e il prestatore d’opera diventa assistente: come accade in quegli uffici dove la definizione «segretaria» o segretario sembra troppo diminutiva, quasi mortificante, mentre il termine «assistente» comporta qualcosa di soccorrevole e indispensabile, prevede una mancanza di autosufficienza nel datore di lavoro. Si capisce che il linguaggio evolve attraverso il tempo, però la sostanza del lavoro non cambia. Naturalmente, si ricordano i tempi in cui «la donna» (pure questa era una definizione corrente) era nutrita diversamente dalla famiglia (loro bistecca, lei uovo), dormiva in sgabuzzini angusti senza finestra, non di rado era molestata dagli uomini di casa e veniva bersagliata da osservazioni maligne se per uscire un pomeriggio alla settimana metteva come la signora le calze trasparenti. Le condizioni sono oggi ovviamente diverse, nessuno più considera umiliante quel compito pagato quanto l’insegnamento, ma il lavoro è sempre quello: pulire, fare i letti e il bucato, stirare, cucinare, eventualmente comprare, badare ai bambini e ai vecchi, mettere in tavola eccetera. Nessun nominalismo, nessun prudente o ipocrita giro di frase, nessun trucco verbale nobilitante, nessun assistente riuscirà mai a eliminare quella che soprattutto resta la fatica delle donne. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7862&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Tony Curtis "Troppo bello troppo giovane troppo ebreo" Inserito da: Admin - Ottobre 01, 2010, 03:47:47 pm 1/10/2010
Tony Curtis "Troppo bello troppo giovane troppo ebreo" LIETTA TORNABUONI C’è una frase di Tony Curtis molto significativa, molto citata. Dice: «Quando ho cominciato dovevo stare attentissimo perché ero ebreo, perché ero giovane, perché ero bello. Tanta cautela m’ha reso sarcastico, eccentrico e paranoide come sono. Sempre in guardia». Una gran fatica, nel tumulto della sua esistenza: se nella vita privata ha avuto sei mogli per non parlare del resto, al cinema, lavorando almeno sino alla fine dei Novanta quando ancora non aveva ottant’anni, ha fatto imparzialmente di tutto: commedie brillanti con sottovesti o cinture di castità, western, film in costume, Spartaco e il figlio di Ali Baba, il principe ladro, il vichingo e Taras Bulba, il conte di Montecristo e lo strangolatore di Boston, Manitù, il trapezista e l’Uomo Rettile. Di essere bravo oppure no gli importava poco, non metteva nel conto che i film gli dessero celebrità, prestigio o soddisfazione. Il suo modo di divertirsi e di stare al mondo era un altro: non il lavoro. Forse non è giusto ricordarlo per A qualcuno piace caldo di Billy Wilder, dove era brillante e sfrontato, ambiguo e magnifico come uomo e come donna. Forse il film in cui si espresse con bravura assoluta è un altro, Piombo rovente di Mackendrick, (in inglese Il dolce profumo del successo), in coppia con Burt Lancaster, esemplare immagine di un tipo di giornalismo americano. Lancaster impersonava un famoso giornalista megalomane, tronfio detentore d’una rubrica seguita da sessanta milioni di lettori. Tony Curtis era un assistente da lui incaricato di montare uno scandalo per danneggiare l’avversario. Una jena. Senza scrupoli, abile, veloce, spietato. Solo a tratti aveva attimi di solitaria malinconia, seduto sul suo letto, con la faccia e le spalle abbandonate come per infinita stanchezza mentre il crepuscolo avanzava: meraviglioso. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7904&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Il codice della scaletta Inserito da: Admin - Ottobre 07, 2010, 11:13:15 pm 7/10/2010 - PERSONE
Il codice della scaletta LIETTA TORNABUONI Si potrebbero racchiudere nei monosillabi «Mah» o «Boh» quasi tutte le discussioni politiche di questi giorni, in tv, su carta, per radio o a viva voce che siano. Della domanda specifica («Si vota o no? E quando?») come della curiosità generica («Come finirà?») nessuno conosce la risposta, naturalmente. Ma tutti vengono ovunque interrogati lo stesso, tutti rispondono a vanvera secondo il proprio stile, i maestrini tipo Frattini, i ruvidi alla Maroni, gli emiliani come Bersani; persino Mieli, Cacciari e Della Loggia, così intelligenti, penetranti e brillanti, a richiesta di Serena Dandini rispondono vaghezze, insulsaggini. Si capisce: la situazione non consente opinioni nette, e nella testa di Berlusconi c’è soltanto Berlusconi. Sarebbe forse meglio lasciar perdere? Sicuramente, se fosse possibile fermare i diluvi di chiacchiera a cui siamo abituati, sui quali è strutturata la comunicazione all’italiana, dai quali alcuni continuano patetici ad aspettarsi notorietà o persistenza. L’Italia è un Paese antico e bellissimo, ma quanto vi accade non nutre certo decine di talk show settimanali o («Porta a porta») plurisettimanali: ripetizioni, banalità, presenze sempre uguali oppure irrilevanti sono inevitabili, specialmente in situazioni come quella attuale. Non solo: ma vige pure, sviluppatosi nel tempo, il dominio della scaletta. La scaletta, si sa, è l’ordine rigoroso di una trasmissione, indicato di solito su un foglio che il conduttore tiene in mano. Dapprima riservata, ora è diventata pubblica e impositiva. Così in politica: ogni talk show intende dire la sua (che è identica a quella di tutti gli altri, anche per prudenza e opportunismo), nell’ordine stabilito (discussione, pubblicità, grafica di dati e numeri, scontro vivace, pubblicità, il tempo è terminato, grazie ai nostri ospiti), senza sgarrare di un secondo da inutilità e tedio. Davvero sarebbe meglio seguire la regola più semplice: quando c’è nulla da dire, non si dice. Tanto più che, ancor più in assenza di concretezza, si dà prova di quel linguaggio di casta o gergo di mestiere così decisivi per distaccare i politici dagli elettori. Titolo: LIETTA TORNABUONI Lo spavento quotidiano Inserito da: Admin - Ottobre 14, 2010, 12:02:43 pm 14/10/2010 - PERSONE
Lo spavento quotidiano LIETTA TORNABUONI Ogni volta che esce di casa, una signora mette un nuovo paio di guanti di plastica trasparente, di quelli in uso nei mercati o negli ospedali: pensa di doversi difendere dalle infezioni, dai contagi, dalla sporcizia, dai batteri. Se prende l’autobus o il tram, prima di sedere estrae dalla borsa alcol e cotone idrofilo, pulisce accuratamente il sedile: teme di venir danneggiata dalla sudiceria altrui. Se una busta cade in terra, non la raccoglie neppure se contiene un assegno. Se per caso finisce al pronto soccorso, anche per una piccola cosa, è un disastro: esige che sotto i suoi occhi vengano disinfettati tutti gli strumenti, citando con forza i 700.000 pazienti infettati ogni anno in Italia «in ambito nosocomiale». Naturalmente chi la conosce la considera una matta, al minimo una fissata, una maniaca: ma le sue paure non sono soltanto sue. I batteri, per dire, sembrano diventati i nuovi nemici. La pubblicità anti-batteri si moltiplica: rappresenta gli avversari in modo piuttosto ripugnante, come vermetti in movimento occulti ma presenti sugli indumenti, sui pavimenti. Alleati naturali dei b atteri sono i germi, a loro volta dipinti come mostri bicefali verdi particolarmente schifosi. Delle paure alimentari, meglio non parlare:fare la spesa è diventato per tanti (sempre più numerosi)una vera Via Crucis. Per paura di venire intossicati, si dovrebbe leggere tutte le etichette, controllare il colore e la consistenza della frutta, notare se la mozzarella è asciutta o emette una goccia di latte, fare attenzione alla data di scadenza delle uova, alla freschezza o meno del raspo dell’uva. Così, senza che quasi ce ne accorgiamo, la nostra vita s’impasta di una serie di paure che ci impediscono di renderci conto delle paure autentiche che dovremmo avere, risulta amareggiata e incupita dagli spaventi,dai timori. Non si intende dire che la prudenza sia sciocca, ma farsi dominare e intristire dalla paura è quasi peggio. Si finisce per non pensare ad altro:per distrarci, non possiamo che seguire alla tv, per giorni e giorni, a tutte le ore, da «Uno Mattina» a «Bontà loro», da «La vita in diretta» a «Porta a porta», lo strazio della povera Sarah. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7951&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Servillo sa riempire il set da solo Inserito da: Admin - Ottobre 19, 2010, 11:50:28 am 19/10/2010
Servillo sa riempire il set da solo LIETTA TORNABUONI Si moltiplicano i film italiani di gruppo, le storie corali che raccolgono due o tre protagonisti di altrettante vicende, i cinesupermarket che allineano sui loro scaffali diverse specie di emozioni e caratteri. Per non parlare di tutti quelli precedenti, solo questa settimana se ne presentano tre: Figli delle stelle di Pellegrini, Manuale d’amore 3 di Veronesi, Maschi contro femmine di Brizzi. Nel cinema nostro i film corali o a episodi non sono mai mancati, ma adesso sembrano prendere con impeto il sopravvento. A volte sono necessari: se Mario Martone racconta in Noi credevamo il Risorgimento delle delusioni, si capisce che dovrà farne un affresco con molti personaggi. Altre volte i film corali sono un tentativo di rappresentare la società italiana attuale, con i suoi tanti personaggi e situazioni: è l’aspirazione più alta o, diciamo, meno bassa. Più spesso riflettono un calcolo commerciale molto contemporaneo: variando e diversificando l’offerta, stipando in un film attori e personalità differenti, è possibile che l’insieme risulti più interessante, che la clientela abbocchi più facilmente e più numerosa. Insomma, si teme che un’unica coppia di interpreti di un’unica storia non sia di sufficiente richiamo, oppure si teme che gli attori disponibili e non tanto costosi siano troppo modesti per sostenere un intero film sulle proprie spalle. Spesso è vero: quando vedi il solo Toni Servillo in Gorbaciof, ti rendi conto di come stiano davvero le cose. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7973&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Le lacrime di coccodrillo Inserito da: Admin - Ottobre 28, 2010, 05:18:36 pm 28/10/2010 - PERSONE
Le lacrime di coccodrillo LIETTA TORNABUONI La storia del ragazzo Stefano Cucchi è di quelle che mettono paura: somiglia alle vicende e leggende sulle carceri africane o turche, a quegli incubi di violenze, inedia, sporcizia, malvagità narrati dai reduci traumatizzati quando siano riusciti a restare in vita. Stefano Cucchi non c’è: è morto nel reparto detenuti dell’ospedale Pertini dopo essere stato gravemente malmenato, non curato, abbandonato, dopo aver smesso di mangiare e bere perdendo in pochi giorni una inverosimile quantità di peso. Per la sua morte sono accusati medici, infermieri, agenti della polizia penitenziaria, un funzionario amministrativo. Ma forse la ragione principale della morte e della strenua lotta della famiglia per ottenere giustizia sta nel fatto che il ragazzo faceva uso di droghe. Una retorica speciale che ignora la realtà ha stabilito da noi che il drogato non è una persona, da trattare e rispettare come tutte le persone: è un dannato, un subumano, un essere estraneo alla comunità, uno che non può essere creduto qualsiasi cosa dica, un rifiuto. Campagne condotte magari con le migliori intenzioni, con descrizioni tanto raccapriccianti quanto irrealistiche, hanno contribuito a formare una simile immagine. Questa immagine non è diversificata, non prevede differenze tra chi prende una pasticca il sabato sera e chi spaccia, mette in conto soltanto il nemico della società ordinata e almeno formalmente normale (ammesso che «normale» voglia dire qualcosa), l’oppositore di ogni ragionevolezza, l’assassino che sopprime la nonna per levarle i soldi di una dose, il reietto. E’ un’immagine distorta, alterata, drammatizzata, estremizzata spesso a scopi pedagogici: raramente come sappiamo convince i giovani, mentre sembra autorizzare altri alle peggiori crudeltà, alle più incivili indifferenze. Il caso Cucchi pare, se non isolato, minoritario: ma è tragico e vergognoso che sia avvenuto, come sono gravi le lacrime di coccodrillo che dà l’occasione di spargere. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8009&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI Il re dello show Inserito da: Admin - Novembre 25, 2010, 04:40:57 pm 25/11/2010 - PERSONE
Il re dello show LIETTA TORNABUONI Che spettacolo, l’altra sera, la telefonata nervosissima di Berlusconi a «Ballarò». Non era la prima volta: è già successo al presidente del Consiglio di mettere bocca in modo imprevisto durante trasmissioni televisive, e in particolare a «Ballarò» deve aver identificato un punto di debolezza, di passività, oppure una smania di visibilità. Più in generale, magari non s’è ancora abituato all’idea che la televisione (qualsiasi tipo di televisione) non sia di sua proprietà, che qualcuno possa parlare di lui (non bene) senza che lui lo rimbecchi o lo metta a tacere: eppure sono diversi anni ormai che frequenta la politica. L’altra sera insolenze, accuse, rinfacci, paroloni («mistificatori»), telefono chiuso in faccia: in ogni caso lo spettacolo non è mancato, e ha permesso di sperare in altre esibizioni. Ci è già stato raccontato che Berlusconi sta adesso nuotando in un mare di nuova grafica: nuovi loghi, nuovi nomi, nuovi slogan per un nuovo partito in vista di prossime elezioni. Pare ce ne siano alcuni che non prevedono altri nomi o bandiere, soltanto «Berlusconi presidente», come nei referendum: ma forse non basta. Sarebbe spettacolarmente interessante vederlo saltar fuori in costumino da una maxitorta; ammirarlo in panni rossi da Babbo Natale in nuovi spot partitici; ascoltarlo cantare canzoni politiche, come quando da ragazzo intratteneva i croceristi con melodie francesi o napoletane; apprezzarlo nella improvvisazione di sketch comici, magari avendo come spalla Salemme, Schifani o Banfi, tutti alti come lui; sentirlo recitare poesie politiche, o addirittura alcune scene di fiction commoventi con bambini piccoli, cani e nonni. Sarebbe interessante che il presidente del Consiglio si abbandonasse ai propri gusti o alle proprie abilità, che saziasse la sua segreta rivalità per la gente di spettacolo. Almeno, gli elettori capirebbero alla fine con la massima chiarezza la sua autentica natura, e ne terrebbero forse conto al momento del voto. http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8129&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI A misura di bambino Inserito da: Admin - Dicembre 09, 2010, 10:59:06 am 9/12/2010 - PERSONE
A misura di bambino LIETTA TORNABUONI Eduardo De Filippo diceva: «Mi rimbambinisco continuamente». Allora era uno scherzo. Adesso sembra una realtà: tutto risulta a misura di bambino. Il Natale non poi così imminente c’entra, si capisce. La pubblicità si colma di fuochi artificiali, bambini buoni che cantano buone cose, neve, albero (presepio, mai), panettoni intaccati da morso infantile, pandori coccolati da imprenditore demente. Alle televisioni (prima rete Rai, prima serata) fanno «Cenerentola» o «Biancaneve» di Disney; per settimane e settimane vecchie canzoni d’amore vengono cantate da bambini sorvegliati da tata Clerici; si esibiscono cose da mangiare, soprannominate «eccellenze italiane» anche quando si tratta d’un pomodoro o d’un bicchiere di vino, pigne o noci dorate e argentate «low cost» per ornare l’albero o la tavola. In politica, Berlusconi annuncia, come se il Paese fosse di sua proprietà e come se non esistessero leggi né Parlamento ma soltanto monarchie ereditarie o l’imperatore folle delle favole: «Quando deciderò sceglierò io il mio successore». Al cinema escono film melensi, brutta comicità, cartoni animati, avventure e giochi elettronici, tutto ciò che tiene lontano chi abbia più di tredici anni. Si allineano i dolci: non torte golose e lussuose ma caramelle, merendine, torroncini, cioccolatini, cosette così. Si capisce che Natale è una festa d’infanzia. Prima domanda: perché il comune adulto deve sentirvisi un intruso? Seconda domanda: perché dare inizio ai festeggiamenti con tale anticipo che il 18 dicembre già non se ne può più, stremati come siamo dai preparativi? Terza domanda: perché il nostro mondo dove ne succedono d’ogni genere, dove le fiabe nere per adulti raccontate ogni giorno da tutte le televisioni sono quelle di Yara e di Sarah, deve fingersi puerile, sagomato a misura di bambino? Quarta domanda: si potrebbe farla finita? http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8181&ID_sezione=&sezione= Titolo: LIETTA TORNABUONI ADDIO. S'è spenta a Roma, aveva 80 anni Inserito da: Admin - Gennaio 11, 2011, 04:10:47 pm 11/01/2011 -
Addio a Lietta Tornabuoni S'è spenta a Roma, aveva 80 anni Grande critico cinematografico ha seguito per "La Stampa" gli eventi più importanti accaduti in 50 anni nel mondo della celluloide RAFFAELLA SILIPO ROMA E’ mancata questa notte al Policlinico di Roma la nostra collega e grande critico cinematografico de La Stampa Lietta Tornabuoni. Era stata ricoverata in ospedale poco prima di Natale, dopo che si era sentita male a una proiezione cinematografica, ma le sue condizioni non avevano mai destato preoccupazione fino a un improvviso aggravarsi ieri. Il suo vero nome era Giulietta, e avrebbe fra qualche mese compiuto ottant’anni: era infatti nata a Pisa il 24 marzo 1931 sotto il segno dell’Ariete da un’antica famiglia aristocratica, figlia di un militare e sorella di Lorenzo, noto pittore: si era sposata giovanissima e trasferita a Roma, dove aveva intrapreso appena diciottenne la carriera giornalistica, che è stato sempre il suo vero grande amore. E' stata testimone dei fatti nazionali e internazionali più importanti degli ultimi cinquant’anni. Aveva cominciato la professione nel 1949 a «Noi Donne», il settimanale dell'Udi, passando nel 1956 a «Novella» poi all’«Espresso»e all’«Europeo». Alla Stampa era arrivata nel 1970 dove ha continuato a lavorare fino a oggi, tranne un breve intervallo dal 1975 al 1978 al «Corriere della sera». Tra i suoi libri: «Sorelle d’Italia», «Album di famiglia della tv», «Era Cinecittà» e l’annuale appuntamento di «Al cinema», il volume che periodicamente raccoglie le sue recensioni. http://www3.lastampa.it/spettacoli/sezioni/articolo/lstp/383210/ |