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Titolo: Biografia del Lider Maximo: ecco chi era il padre della rivoluzione cubana
Inserito da: Arlecchino - Novembre 26, 2016, 09:05:20 pm
Biografia del Lider Maximo: ecco chi era il padre della rivoluzione cubana
Mondo   
Fidel Castro, morto venerdì sera a 90 anni, ha guidato Cuba con il pugno di ferro quasi mezzo secolo

E’ stato uno dei principali e controversi personaggi politici della seconda metà del ventesimo secolo, simbolo della lotta antimperialista. “Condannatemi, non importa, la storia mi assolverà”, disse durante il processo per l’assalto alla Moncada, evento fallimentare ma che sarà ricordato come l’inizio della rivoluzione cubana. Una rivoluzione capace di resistere agli Stati Uniti, alla dissoluzione dell’impero sovietico, all’isolamento, su cui un giudizio unanime non sarà mai possibile. Fidel Castro, del quale il fratello Raul ha annunciato oggi la morte, nacque il 13 agosto 1926 a Biràn, un villaggio cubano nella provincia meridionale di Holguin, dove il padre possedeva 23.000 acri di piantagioni.

Dopo aver studiato a Santiago di Cuba si trasferì all’Avana, dove frequentò un esclusivo collegio gesuita, dal 1941 al 1945, per poi iscriversi alla facoltà di Diritto. All’università aderì alla lotta antimperialista, convinto del ruolo opprimente degli Stati Uniti sul destino di Cuba, schierandosi apertamente contro il presidente cubano, Ramon Grau.

La discesa in campo – Qualche anno dopo la laurea in legge si candida alle presidenziali, progetto subito frustrato per il golpe del 10 marzo di Fulgencio Batista. La sua risposta è l’assalto alla Caserma della Moncada, il 26 luglio 1953. Per Fidel fu un disastro: i ribelli vennero catturati e 80 di loro fucilati. Castro è condannato a 15 anni di prigione e, nella sua difesa finale, pronuncia il famoso discorso su “La storia mi assolverà”, in cui delinea il suo sogno rivoluzionario.

L’esilio in America e l’incontro con il Che – Dopo il carcere, amnistiato, va in esilio negli Usa, poi in Messico: è qui che conosce Ernesto Guevara. Insieme al “Che”, Raul ed altri 79 volontari, nel ’56 sbarca nell’isola a bordo del “Granma”. Il gruppo, sorpreso dalle truppe di Batista, viene decimato: in 21 riescono a rifugiarsi nella Sierra Maestra. I due anni di guerriglia mettono alle corde il dittatore. Il primo gennaio 1959, i “barbudos” entrano trionfalmente a L’Avana. Castro lo fa qualche giorno dopo. Fino al trionfo della “revolucion”, l’isola viveva del commercio con Washington.

La presa del potere – Dopo la presa del potere di Fidel, il Paese divenne un campo di battaglia della “guerra fredda”. Cuba riesce comunque a resistere al duro embargo americano e ad un attacco militare, quello della “Baia dei Porci”, organizzato dalla Cia formato da cubani reclutati all’estero. E’ poi stata al centro della crisi dei missili nel 1962 che ha rischiato di trascinare il mondo in una guerra nucleare mondiale.
Nemico numero uno della Casa Bianca – Forte di un inossidabile carisma e affascinante capacità oratoria, Fidel è stato per decenni il “nemico numero uno” di Washington: con il risultato che, mentre accresceva la sua dipendenza dall’Urss, appoggiava i movimenti marxisti e le guerriglie in America Latina ed in Africa, diventando tra i leader del movimento dei Paesi non Allineati.

Il matrimonio – Nel frattempo, si sposa con Dalia Soto del Valle. Hanno cinque figli: Alexis, Alexander, Alejandro, Antonio e Angel. Il Lider Maximo, con una vita privata nella quale realtà e mito s’intrecciano, è “sopravvissuto” a dieci presidenti Usa e – ha più volte ricordato – a 600 attentati. Perfino nel crepuscolo del suo mandato, Fidel e il sistema politico cubano sono riusciti nel bene e nel male a resistere alla disintegrazione socialista e al crollo dell’Urss nel ’91.

Fidel Castro il “Comandante” – Per i cubani, Castro è stato il “Comandante”, oppure semplicemente Fidel, sul quale sono state costruite tante ‘storie': “non dorme mai”, “non scorda nulla”, “è capace di penetrarti con lo sguardo e sapere chi sei”, “non commette sbagli”. Castro ha d’altro lato esibito una devozione per le cifre e dati, nascondendo caratteristiche come il pudore e lo scarso interesse, raro per un cubano, per la musica e il ballo.

La malattia – Ha sempre avuto una salute di ferro fino all’improvvisa e grave emorragia all’intestino avuta al rientro di un viaggio dall’Argentina poco prima di compiere 80 anni. Malato, dopo aver delegato il potere al fratello Raul – prima in modo provvisorio il 31 luglio 2006, poi definitivamente nel febbraio 2008 – ha così cominciato il conto alla rovescia verso la fine di una vita leggendaria.

La fine di un’era – L’era di Fidel si scioglie lentamente, in mezzo a una nuova Cuba ogni volta più “raulista”, tra una serie di riforme economiche e la mano ferma del potere sul fronte politico: di sicuro una transizione, la cui portata è però difficile da capire. La data chiave della nuova era è il 17 dicembre 2014: quel giorno, a sorpresa e con la mediazione di Bergoglio, L’Avana e Washington annunciano il “disgelo” bilaterale.

Fidel assiste da lontano, ogni tanto scrive qualcosa ribadendo concetti quali la “sovranità nazionale” e il “no all’impero”. Ma in sostanza a dettare il ritmo dei cambiamenti ormai è Raul. “Ucciso” più volte dalle reti sociali, e con lunghi periodi di assenza dal pubblico, i limiti al suo mandato Fidel li aveva fissati nel 2003, dirigendosi ai cubani: “Rimarrò con voi, se lo volete, finché avrò la consapevolezza di potere essere utile, se prima non lo decide la stessa natura. Né un un minuto prima né un secondo dopo”.

Da - http://www.unita.tv/focus/biografia-fidel-castro-chi-era-il-padre-rivoluzione-cubana/


Titolo: Silvio Pons: “Fidel Castro, un giocatore al tavolo della guerra fredda”
Inserito da: Arlecchino - Novembre 28, 2016, 08:44:04 pm
Interviste

Andrea Romano   @andrearomano9
· 27 novembre 2016

Silvio Pons: “Fidel Castro, un giocatore al tavolo della guerra fredda”
Mondo   

Intervista al direttore della Fondazione Istituto Gramsci e storico del comunismo italiano e internazionale

“L’alone mitologico che circonda la figura di Castro dev’essere dimensionato al suo profilo storico più autentico, nel quale si incrocia la realtà di un ruolo globale effettivamente svolto tra gli anni Sessanta e Settanta insieme all’incapacità di comprendere i cambiamenti che si realizzarono in America Latina e nella comunità internazionale dagli anni Ottanta in avanti”. Con Silvio Pons, presidente della Fondazione Istituto Gramsci e tra i principali studiosi italiani di storia globale del XX secolo, discutiamo di una figura centrale della storia e dell’immaginario del Novecento.

Cosa intendiamo davvero quando parliamo di «castrismo»?
Il castrismo nasce all’incrocio di tre direttrici del tutto diverse. Da una parte il contesto di lungo periodo del nazionalismo latinoamericano di matrice antistatunitense, che precede largamente la presa del potere del 1959 e che è privo di connotazioni marxiste o comuniste. Dall’altra la grande ondata politica e culturale del terzomondismo, ovvero l’idea che il cambiamento principale che seguì la fine della Seconda Guerra Mondiale fosse rappresentato dalla fine del colonialismo declinato in chiave di ideologia antimperialistica. Il terzo contesto è quello della Guerra Fredda, dentro la quale la rivoluzione cubana si trova a muoversi oscillando tra i due magneti del nascente movimento dei non allineati e dell’attrazione verso il polo sovietico.

L’incrocio tra queste tre direttrici produce una evoluzione radicale della rivoluzione cubana, promossa da un gruppo dirigente dove in origine il marxismo era un elemento marginale (rappresentato ad esempio da Guevara) che trasforma in movimento comunista quello che inizialmente era solo un movimento nazionalista.

Tra le principali tappe della vicenda storica della Cuba di Castro la cosiddetta «crisi dei missili» del 1962 ha un posto di primissimo piano.

Sì, perché quella crisi appare ancora oggi un momento fondamentale nella storia della Guerra Fredda. Ricordiamo che Castro si avvicina a Mosca in base a considerazioni di Realpolitik: dopo il tentativo di invasione statunitense del 1961 alla Baia dei Porci, Fidel cercò immediatamente la protezione militare sovietica. E al contempo utilizzò la disponibilità dell’Urss a dislocare batterie missilistiche nucleari per enfatizzare il ruolo di Cuba come perno di una rivoluzione anticoloniale globale e avanguardia della lotta antimperialista contro gli Stati Uniti. Mosca, d’altra parte, vi vide la possibilità di un vantaggio strategico su Washington in anni cui l’Unione Sovietica si trovava in una condizione di grande inferiorità militare e industriale. In quelle settimane Nikita Kruscev giocò una doppia scommessa, rivelatasi poi fallimentare: aprì un braccio di ferro con gli Stati Uniti che avrebbe potuto comportare un conflitto nucleare che lo stesso Kruscev non voleva (avrebbe rotto con Mao Zedong perché convinto che il socialismo non avesse bisogno di una terza guerra mondiale per trionfare, come invece sosteneva il leader comunista cinese) e fu poi costretto a fare marcia indietro, ritirando missili che Castro voleva fortemente nonostante la rigida risposta statunitense. In quei mesi Mosca e l’Avana furono vicini alla rottura, mentre Castro si sentì utilizzato come una pedina nel grande gioco della Guerra Fredda proprio come prima di lui era capitato alla Jugoslavia di Tito subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Alla fine Castro si adeguò alla cautela di Mosca, senza rinunciare a perseguire un suo disegno internazionalistico dapprima in America Latina e poi in Africa.

Possiamo dunque sostenere la Cuba castrista provò a giocare un ruolo globale in proprio dentro la partita più grande della Guerra Fredda?

Certamente sì. Il primo tentativo si realizzò in America Latina, con l’esportazione del modello guevarista di gruppi armati impegnati a far sollevare le masse contadine. Un tentativo dapprima osteggiato dai partiti comunisti locali, fedeli a Mosca, e poi risoltosi in un fallimento generale perché i contadini non ne volevano proprio sapere di seguire i gruppi armati. La scommessa riuscita fu invece quella africana, in particolare in Angola subito dopo la fine della dittatura portoghese nel 1974 e il crollo dell’ultimo impero coloniale europeo. Castro scelse di inviare decine migliaia di soldati in sostegno del movimento guerrigliero marxista MPLA (oggi sappiamo che i sovietici non ne furono informati) e contribuì in modo determinante alla sconfitta delle truppe sudafricane che avevano invaso l’Angola. Andò invece diversamente nel Corno d’Africa nel 1976-1977, dove d’intesa con i sovietici i cubani intervennero per sostenere la sanguinaria dittatura rossa di Menghistu. Negli anni Settanta Castro riesce ad assegnare a Cuba un ruolo globale assai più grande della dimensione reale del suo regime, marcando spesso un’autonomia da Mosca attraverso l’uso politico dell’internazionalismo antimperialista.

Eppure il rapporto con Mosca si incrina proprio quando l’Unione sovietica prova a riformarsi
La perestrojka segna una frattura profonda tra Mosca e Cuba, perché Castro non riesce a leggere i cambiamenti in atto nel mondo e nella stessa Unione sovietica. Per lui Gorbaciov è solo un revisionista che abbandona la fondamentale battaglia internazionalista (l’incontro tra i due leader all’Avana nell’aprile 1989 fu dominato dal gelo), mentre il grande cambiamento democratico in atto in America Latina lo coglie del tutto impreparato. Non è un caso che proprio in quei mesi la repressione del dissenso interno raggiunga un nuovo apice (si ricordi il processo farsa contro il Colonnello Ochoa), proprio come avveniva nei paesi dell’Europa centrorientale più conservatori come la Ddr e la Cecoslovacchia. Castro diventa definitivamente, già allora, il testimone di un’epoca definitivamente conclusa.

Come spiega la tenacia del mito castrista presso alcune parti della sinistra europea?
La forza del mito è legato alla stagione del terzomondismo internazionalista, e dunque all’illusione di un comunismo più movimentista. La sua resistenza, giunta perfino a giustificare l’autoritarismo di Chavez, non tiene però conto dei grandi cambiamenti avvenuti dal 1989 in avanti ovunque in America Latina.

Da - http://www.unita.tv/interviste/fidel-castro-un-giocatore-al-tavolo-della-guerra-fredda/