Titolo: LA RAPPRESENTAZIONE DI SÉ E DELLA REALTÀ SOCIALE NELLA PERSONA ANZIANA ... Inserito da: Arlecchino - Novembre 20, 2016, 12:13:49 pm LA RAPPRESENTAZIONE DI SÉ E DELLA REALTÀ SOCIALE NELLA PERSONA ANZIANA: considerazioni psicologiche e psicopatologiche.
Romeo Lucioni Sempre pensiamo che bisogna aiutare i più giovani perché indifesi, … ma chi è più giovane del vecchio davanti all'ultima esperienza della vita? Amin Cormani Quello di Edipo rappresenta il mito del paradosso: Laio e Giocasta conoscono l'oracolo e decidono di sopprimere il figlio, andando contro la legge che può essere letta come la "legge della natura": da questa storia nasce "l'eterna colpa di Edipo". I "figlicidi" non sentono "colpa" perché il loro agire diventa un atto di autodifesa: possono cambiare le regole e la "natura" si trasforma in lesa maestà. Tra tutti gli animali viventi, l'uomo è l'unico a sovvertire la natura: chi domina, chi comanda, chi "possiede la femmina" è il vecchio non il più possente, il più forte "naturalmente". Qualcosa entra, nella storia dell'uomo, a cambiare la natura, in senso generale, paradigmatico, mitico e anche mistico: l'intelligenza. Questa diventa: • la potenzialità intrinseca dell'uomo, la forza sottile che gli permette di dominare la natura, di deviare lo svolgersi degli eventi, di cambiare la "storia" che diventa la storia della forza e non più storia del diritto naturale; • il mito di "dio padre" che disarticola la triade primogenita (padre, madre e figlio) facendone sparire il fulcro, l'elemento portante ("porta" per nove mesi) e sostituendolo con un elemento nuovo, mitizzato e misticizzato: lo Spirito Santo; • la legge suprema è creata per costituire il potere (a sua immagine e somiglianza), per porlo nelle mani di chi, per natura, non dovrebbe averlo e così l'elemento istintivo, quindi naturale , del giovane che vuole prendere il posto del padre si trasforma in colpa creando il conflitto ed il "simbolo" del disordine mentale, mentre l'elemento imposto, allucinato, antinaturale del dominio del padre, del Super-Io (mitizzato) assume il valore di legge, di parola divina, di nuova natura, di tradizione. L'evento mitico-storico della legge che scende dal cielo trascende la natura dell'uomo che crea il suo proprio dio (il vitello d'oro) perpetuando l'immagine di Dio che vuole essere non solo creatore, ma dominatore … riprendersi le sue saette, riconquistare il potere attraverso la lex. "Dura lex … sed lex", "…per il peccato originale …. vivrai con dolore": viene così creata l'infelicità, la perdita, la condanna e, per sempre, … la colpa. L'uomo per natura non sarà più felice, stretto tra il desiderio ed il dovere, posto nel dilemma della scelta tra istinto e costruzione mentale (che diventa anche sapere). "Cogito ergo sum", dice Descartes distruggendo la natura, sovvertendo le norme universali per dare il dominio alla mente e relegare il corpo che è verità, è procreazione, è vita. L'immagine del Senex e del vecchio saggio è la vera "creazione" dell'uomo che così ha creato il suo Dio, la legge, la verità ed anche … la sua condanna. In questa c'è il dolore, non per la colpa, che viene fatta svanire nel mito, ma nell'immagine allucinata del figlio che carpisce il posto di comando, che ruba ciò che gli spetta di diritto. In questo atto deicida l'uomo acquista il diritto di sovvertire la natura, si pone al centro del mondo, non come legge di natura, ma come legge dell'uomo: da qui la scelta e le decisioni cominciano a passare nelle mani dei vecchi che sono più meditativi che esecutivi, che pensano più che fare, che dominano più che guidare, che scelgono …. anche i loro successori. Rispettando la nuova legge, i figli non sono più solo i successori, ma diventano la longa manus del potere che li usa per dominare, per conquistare, per fare le guerre. Nasce così la nuova forza (non più naturale), ma anche la condanna dell'uomo che non potrà più essere felice: la percezione di sé non è più individuale, come succede per tutti gli altri animali del creato, ma sociale. In questo modo, non si vivrà più rispondendo alla legge naturale, ma con l'obiettivo ed il desiderio di esorcizzare la morte, di annullare la o le perdite, di perpetuare la propria presenza, di eternizzare il proprio sogno che, però, diventa una specie di condanna. In qualche modo, la natura si vendica dell'uomo che, dominandola, ha saputo allungare la vecchiaia (si muore, ormai, anche a 120-130 anni) e la società deve affrontare il più grave dei problemi, il suo stesso invecchiamento: già il 20-25 % della popolazione è formata da ultra-sessantenni. La vendetta consiste nel creare i presupposti per una vecchiaia iper-numerosa, dominante per presenza, ma insicura, senza ruolo, sempre più emarginata. Freud diceva che la felicità non compete alla quotidianità dell'uomo perché "… i suoi conflitti, la sua angoscia, come la civiltà, sono eterni!". Pur con il passare del tempo, persiste nella società contemporanea un profondo sentimento di malessere che si accompagna ad una specie di "incessante maratona" per dimostrare "efficienza" di fronte alle continue e vertiginose modificazioni scientifico-tecnologiche. In questo ambito, in questo "teatro degli eccessi", si osserva una sfrenata ricerca della felicità che crea l'illusione che il progresso sarà sufficiente per risolvere le carenze e le difficoltà personali. Questa falsa deduzione sembra essere legata alla percezione comune che il mondo, nel suo insieme, sia efficiente, preparato, adeguato, efficace ed anche felice nella ricchezza, nell'abbondanza, nello sviluppo continuo. A questo si aggiunge, di contro, che il soggetto, l'individuo, il singolo si trova sempre nella condizione di sentirsi lo "sfortunato" che non riesce a salire sulla barca dei "gaudenti", ma che comunque … gli potrebbe bastare così poco per poter integrare il gruppo degli eletti ! Nella persona anziana queste caratteristiche rappresentazionali devono fare il conto con le perdite biologico-funzionali che determinano un continuo cambiamento rappresentativo del mondo che oscilla tra amico e nemico, tra buono e cattivo, tra facile e difficile, tra bello e brutto, tra proprio ed estraneo. La vecchiaia non corrisponde ad una determinata età, ma può essere indicata come uno "stato" e vista come un "processo bio-psicologico" caratteristico di ogni persona e che risponde non solo all'età, ma anche al sesso, al livello socioculturale ed alle esperienze vissute. Oggi possiamo però anche determinare un quadro caratteristico della vecchiaia, tanto più che l'allungamento dell'aspettativa di vita (che può essere considerata in 78 anni per la donna e 73 anni per l'uomo) ha permesso di valutare meglio le perdite bio-funzionali e psico-intellettive che caratterizzano il vecchio. In ordine di comparsa possiamo annotare la grande e progressiva perdita di elementi strutturali, di capacità e di funzioni: - perdita delle capacità funzionali della sfera sessuale, accompagnata anche da riduzione del desiderio e della disponibilità; - alterazione strutturale della cute e degli annessi: pelle secca, rugosa, macchiata, sottile e trasparente; capelli bianchi e radi; - caduta dei denti, ipoacusia, diminuzione del visus; - riduzione delle secrezioni cutanee e gastro-intestinali; - riduzione del metabolismo basale; - difficoltà di recupero funzionale per rallentamento delle funzioni anaboliche; - riduzione del tempo di sonno REM; - riduzione della funzionalità cardio-respiratoria accompagnata eventualmente da ipertensione arteriosa e da difficoltà respiratorie; - affievolimento delle capacità cognitivo-intellettive. Le funzioni psico-mentali necessitano un particolare riferimento perché la loro complessità aveva portato ad alcune considerazioni che oggi sono state corrette. Le persone anziane non perdono le capacità intellettive, ma, prima di tutto, quelle legate all'attenzione ed alla memoria procedurale. Da un punto di vista psichico, poi, l'anziano presenta una modificazione del carattere che, in una parola, si dimostra maggiormente incline all'isolamento, al ripiegamento su di sé, ad atteggiamenti egoistici, personalistici ed anche ipervalorativi ed interpretativi, proprio come reazione alle perdita ed alle difficoltà sociali che il soggetto deve affrontare. Essere nel mondo o fuori di esso dipende da come l'anziano può viversi in relazione anche con il suo passato, oltre che con il suo presente. Le perdite sociali che sono in diretto rapporto con il ruolo svolto nel presente possono essere riassunte come difficoltà a: - produrre beni, per cui all'anziano resta solo la possibilità di usare e di donare quelle disponibilità o ricchezze che ha accumulate durante gli anni dedicati all'attività professionale; - aiutare culturalmente i più giovani perché è troppo ampio il divario; gli manca l'aggiornamento sugli sviluppi tecnologici che subiscono rapidi e profondi cambiamenti e l'ampia diffusione delle informazioni scientifiche rende inutile l'apporto del cosiddetti "riferimenti tradizionali"; - adeguarsi alle esigenze personali e di gruppo, caratteristiche dei giovani e che portano ad un sempre più profondo distacco generazionale; - staccarsi dalla situazione personale che comunque impone continue ed imperiose necessità di applicazione; - occuparsi delle proprie necessità legate ad un preciso controllo medicosanitario ed anche ad una richiesta di prevenzione e di mantenimento funzionale attraverso pratiche psicomotorie e ludico-ricreative. Queste considerazioni devono tenere in conto anche delle diverse situazioni personali relative al ruolo sociale e lavorativo ed alla forma di vita che l'anziano ha condotto nel suo passato perché queste fanno cambiare l'ottica e le aspettative con le quali l'anziano deve misurarsi nella quotidianità. La rappresentazione del mondo e della realtà nella persona anziana è dominata da un senso di sé caratterizzato da: - incomprensibilità del mondo esterno; - inadeguatezza fisica e psichica di fronte alla velocità, alle richieste di adattamento, alla complessità, alla destrutturazione del processo di causa-effetto sostituito dalla casualità; - estraneità; - incapacità a recuperare rapidamente di fronte ad uno stress fisico e/o psichico; - debolezza mnesica: non ricorda più in forma automatica quanto ha fatto qualche momento prima (ne deriva sempre una difficoltà a ritrovare gli oggetti appena appoggiati in qualche posto); - impossibilità a mantenere nel proprio discorso quanto detto in altre occasioni (si trova a dover "inventare" sempre discorsi nuovi); - fare fatica a trovare le parole, soprattutto i nomi propri o i numeri, oppure "… correre dietro alle idee che stanno per andarsene": questi oblii non fanno parte dell'ordine patologico proprio perché sono sottoposti alla critica di un giudizio pertinente. La concezione dinamica riferisce questi "oblii benigni" all'affievolirsi delle tracce mnestiche; mentre la credenza popolare li riporta ad una mancanza di attenzione, supponendo che la ritenzione presupponga un lavoro psichico. In realtà questo "lavoro psichico" subisce una riduzione quando: a- il ripiegamento narcisistico porta al disinvestimento del "di fuori" o degli oggetti; b- l'indebolimento pulsionale conduce al disinvestimento dell'interno; dimostrando che è impossibile conservare tracce mnesiche senza averle prima investite. Il discorso e la relazione. L'esperienza del "proprio discorso" nasce come "realtà interessante" all'interno di una relazione e, conseguentemente, come oggetto (o pensiero), costituisce la materia psichica che permette un'articolazione identificatoria con il sé e con l'altro. In questo modo il proprio discorso • riempie di significato il Sé • àncora all'Altro qualcosa del Sé (una parte del soggetto) che può essere così conservato, permanendo anche dopo la morte (in questa eternizzazione, la morte non fa più paura). Il poter fare un discorso equivale a "chiarire il proprio punto di vista" che è farsi capire e farsi accettare. Questo ha il significato affettivo di "acquisire valore" e, con questo, il soggetto può perpetuarsi come simbolo, come "parola", al di là della propria morte. Solamente con il proprio discorso, l'anziano riacquista il senso di permanenza e di validità, può ricompattare il senso di sé, l'autostima, l'autovalorizzazione, il senso di restare immutato nel tempo e … l'autosoddisfazione. Nella vecchiaia, la perdita relativa della memoria e le difficoltà del linguaggio, anche se determinate e/o favorite dalla riduzione dell'attenzione, inducono una disarticolazione psichica con il proprio discorso. L'anziano: - rilegge quanto aveva scritto anni prima e nota una certa difficoltà per capire pienamente i nessi logico-deduttivi impliciti in quelle produzioni; - scopre come il suo discorso, anche a distanza di pochi giorni non solo non sia ricordato pienamente, ma risulti addirittura quasi sconosciuto; - riprende un articolo o un libro studiati qualche tempo prima (anche solo mesi) e constata come il tema risulti del tutto nuovo, anche se le pagine sono state sottolineate o arricchite da commenti; - ascolta una conferenza e considera che, pur cercando di prestare attenzione, non è più in grado di ricordare i dettagli ed anche di verbalizzare un sunto; - scopre continuamente una verità nuova perché quella espressa poco prima è stata dimenticata e sostituita da un altro punto di vista; - riconosce in sé un potere di creare che contrasta con la perdita della memoria recente. Infatti per i vecchi lo scrivere serve a fissare, in qualche modo, un momento conoscitivo che viene continuamente creato e cambiato. Queste considerazioni giustificano e spiegano il modo particolare con cui gli anziani si approcciano alla quotidianità. Risultano segni caratteristici: - le improvvisi e, a volte, ingiustificate crisi di rabbia: è sufficiente non trovare subito un oggetto e già c'è l'esplosione, il grido, l'imprecazione; - le risposte violente, esacerbate, irriverenti di fronte a piccole controversie, contraddizioni o a mancate aspettative; - le opposizioni verso i giovani e le loro idee o verso chiunque dimostri capacità per emergere; - il rifiuto alle nuove norme o modalità di vita che vengono considerate "perdita di valori"; - la tendenza a non potersi fidare; - la spinta eccessiva all'isolamento. Queste espressioni si accentuano quando cominciano a presentarsi i primi acciacchi (intorno ai settant'anni) che fanno aumentare il senso di inadeguatezza e, quindi, portano alla tendenza a chiudersi in casa, a non partecipare alla vita sociale, alla rinuncia, per esempio, a recarsi al bar (circolino) o al "centro sociale anziani" dove trova normalmente i coetanei ed un motivo di svago. Percezione del mondo e della realtà La percezione della realtà esterna, da parte della persona anziana, prescindendo dalle capacità cognitive ed intellettive, risulta condizionata da vari fattori che possono essere positivi o negativi, a seconda del variare del rapporto tra cosa si era "prima" e cosa si è "ora". • Una funzione che si affievolisce risulta una realtà molto disturbante per chi, in passato, ne ha fatto un uso particolare o, addirittura, privilegiato. Ci riferiamo, per esempio, a chi ha sempre usato la propria memoria per il lavoro, che, quando scopre un piccolo affievolimento, si sente frustrato ed angosciato, mentre ha poco valore per chi ha svolto, invece, una attività prettamente produttiva. • La perdita della funzionalità motoria è sempre molto traumatica e la svalorizzazione dell'immagine corporale porta ad una ricerca sfrenata di metodi conservativi. Il mondo esterno viene vissuto, in linea generale, come: • troppo complesso ed incomprensibile per i continui e repentini cambiamenti: politici, sociali, economici, tecnologici e strutturali; • frustrante perché mette a disposizione una quantità enorme di "novità", di facilitazioni, di opportunità che non possono essere utilizzate perché risultano capire. Se guardiamo un anziano in un negozio di apparecchiature radio o video- riproduttive, leggiamo sul suo viso lo sconforto, lo sgomento e, infine, la rinuncia … a capire, a comprendere, a sforzarsi. Se affrontiamo temi tecnico-scientifici con un anziano scopriamo subito che ha rinunciato da tempo a mantenersi informato, pur essendo un professionista. Forse è proprio l'area scientifico-tecnologica quella che mette maggiormente in crisi l'anziano, ma anche le altre non sono meno … frustranti! Le scienze umane, infatti, risultano troppo complesse per una intelligenza anziana, proprio perché ormai ognuno deve fare i conti con un accesso alla cultura troppo facile, ma immensamente vasto. L'avvento della telematica ha polverizzato le possibilità degli anziani ad inserirsi attivamente nei vari psico-gruppi che si scambiano opinioni ad una velocità fantastica; nella immensa possibilità dei chad, ma anche nella rete intricata ed ogni giorni più vasta che è supportata da motori di ricerca sempre più potenti e più "agguerriti". Mantenere un proprio sito web risulta oggi, per un anziano, una vera e propria impresa e quando si arricchisce di effetti speciali, di tags, di links, di comunicazioni in tempo reale, veramente anche una persona in piena efficienza psico-mentale comincia a dar segni di inadeguatezza. Le comunicazioni e la possibilità di mettersi in contatto con il mondo sono forse gli aspetti che producono le maggiori difficoltà. La necessità di dover esprimere velocemente il proprio punto di vista (che poi deve cambiare costantemente) e di concentrarsi in argomenti sempre variabili ed imprevisti, pone la persona anziana in contrapposizione con le proprie "qualità attuali", più lente, più imprecise, più povere di memoria. L'abitudine caratteristica di chiudersi su di sé contrasta con le modalità richieste per sopravvivere; nel mondo moderno è fondamentale che è quella di aprirsi, farsi cittadino del mondo, rinunciare alla "verità" per assumere tutte le verità possibili. Negli ultimissimi tempi, partecipando ad un vorticoso scambio di opinioni tra psicologi sul tema del "leggere", è risultato che sarebbe meglio leggere senza aver mai letto prima; oppure che nella pratica terapeutica dobbiamo abituarci a leggere senza Freud, senza Lacan. Sembrerebbe, a prima vista, un sacrilegio, un deicidio, ma … quanta verità! Ormai siamo posti in un vortice che non salva nulla e nessuno, dobbiamo abituarci a vivere alla giornata e scoprire, ogni giorno, un nuovo senso della vita, dell'esistere, dell'essere e … della morte! Debolezza psichica Questa situazione pone l'anziano di fronte ad una realtà che mai ha dovuto affrontare perché aveva potuto mascherare la perdita naturale, fisiologica, ed anzi sovvertire il senso della natura. Oggi il vecchio si trova a dover convivere con la prepotente realtà che le sue funzioni cognitivo-intellettive risultano inadeguate. Queste difficoltà le abbiamo inglobate in una definizione: debolezza psichica, che ha molte e svariate sfaccettature, espressioni, qualità, variazioni e dinamiche. Il sesso, la famiglia, la società, l'economia, la politica, la scienza sono gli ambiti entro i quali l'uomo deve mettersi alla prova, deve trovare una propria dimensione; purtroppo, in ognuno di essi, siamo costretti a dover dimostrare quotidianamente quanto valiamo: siamo e ci sentiamo sempre … esaminati; le certezze guadagnate sul campo, in altre precedenti prove, non contano nulla perché siamo sempre sotto giudizio. L'uomo ha voluto sostituire e cambiare la natura, mettere la propria intelligenza al centro del mondo (forse proprio perché l'intelligenza non aveva nessuna altra possibilità di scelta), produrre il "deicidio" ed oggi si trova di fronte alle conseguenze. Il sempre "più nuovo" e il sempre "più giovane" scalza l'anziano, ridà il potere ad Edipo che è l'erede naturale. La "castrazione" è diventata la norma, dobbiamo accettarla e conviverci, adattarci ad essa, senza titubanze, senza rancori, senza paranoiche idee di rivincita. La castrazione è quello che abbiamo chiamati debolezza psichica, che non è però prerogativa dell'anziano: tutti sono soggetti a questa nuova legge, anche i giovani che, di fronte alle enormi difficoltà di adattarsi al mondo, destrutturano il proprio mondo interno e stanno pagando un prezzo enorme con l'aumento dei suicidi, le morti premature e tragiche, la droga, l' AIDS, eccetera. Debolezza mentale significa perdita di identità, affievolimento della coscienza di sé, dell'autovalorizzazione e dell'autosoddisfazione. L'aumento della spiritualità che oggi registriamo in tutto il mondo e tanto viene enfatizzato, sebbene debba essere visto come positivo ed arricchente, potrebbe anche significare una fuga dalla realtà o, comunque, una necessità a ricostruire quel Dio che dà certezze e che era stato scalzato dal prevalere di un senso più "umano" della divinità. Sarebbe come rinunciare alla "fatidica mela", rompere il "vitello d'oro", ripristinare la legge dei padri …. ma la natura lo permetterà? Vediamo, per esempio, il dilagare della pornografia che non è altro che riproporre il confronto nell'ambito della realtà-corpo che risulta escludente perché inesorabilmente non servono sotterfugi o macchiavellici restauri. Intendiamoci, non è soltanto il corpo a mettere in crisi il vecchio; anche una moltitudine di due milioni di persone riunite a Roma per il "Giubileo dei Giovani" ci fa pensare che ormai il tempo è passato e non potrà tornare mai più. Se nella sua scelta di vita, l'uomo, il vecchio, il senex, il vecchi saggio ha scelto la legge del tutto o nulla, ecco che ogni cosa viene portata alle estreme conseguenze. Siamo preparati ? La domanda è una specie di sfida che la razionalità o il vecchio, che non può accettare il sovvertimento dei valori e delle regole, pongono insieme alla rivalutazione della spiritualità della lex, delle regole che vengono lanciate per … salvarli. La natura però come ha dotato l'uomo di intelligenza e gli ha fornito anche di mezzi per difendersi dai cambiamenti che questa induce. Recentemente abbiamo dibattuto sul significato del sonno REM e la conclusione è stata quella che probabilmente è proprio il sognare, il "sogno vero" la funzione mentale capace di far superare all'uomo: - la perdita di un senso di sé rigido ed immutabile in favore di un Sé in continuo cambiamento ed anche un Sé-multiplo; - l'essere uscito dai parametri dello spazio e del tempo che, sino a poco tempo addietro, erano considerati i pilastri della coscienza; - l'aver perso certezza, modelli e riferimenti stabili, l'agiatezza anche se ha raggiunto il "culmine della vetta". Forse però non basta: l'uomo deve scoprire altre possibilità, deve aprirsi gli occhi e costruirsi come "essere veramente olistico". Combattere la guerra, aver superato la paura e il baratro della guerra nucleare, aver abbattuto muri di incongrue segregazioni, sono i prolegomeni per una ricerca veramente valida: l'uomo sta cercando l'uomo! Paradigmaticamente il vecchio deve cercare il giovane: Laio non deve più scacciare Edipo. In questa ricerca, nell'accettazione nuova, coerente e razionale di rispettare la natura c'è la possibilità di superare veramente il senso della morte nella partecipazione, nella comunione ed anche nella reciprocità e nell'alternanza. Il paradigma della vita si struttura nella dimensione dell'affetto, nel mondo e nelle dinamiche insite nei "valori". I nostri recenti lavori sui meccanismi di sviluppo psico-mentale ci hanno portato a scoprire come: • gli affetti circolano meglio dei concetti; • per raggiungere un buon funzionamento mentale bisogna avere buone relazioni e una socializzazione adeguata; • solo "amando l'Altro" si può raggiungere un valido sviluppo psico-mentale; • quando la corteccia prefrontale, che permette la strutturazione dell'affettività, raggiunge la maturazione (18-24 esimo mese) comincia un processo di memorizzazione , di costruzione della coscienza di sé ed anche uno sviluppo cognitivo. Alla domanda siamo preparati? Rispondiamo che l'uomo ha in sé tutti i mezzi necessari per costruire un "luogo", un mondo, un ambiente "psichicamente ecologico" e di costruire un universo vivibile: deve solo non lasciarsi prevaricare dall'egocentrismo della ragione ed assumere, accettare il canto che si è alzato durante la festa del "Giubileo dei Giovani" che parla di amicizia, di uguaglianza, di compartecipazione, di unione, di superamento di tutte le differenze razziali, culturali, ambientali, sociali, economiche, politiche e … di età. Il valore dell'amore si centra nel superamento del concetto catastrofico della morte. L'uomo nel suo affanno di mettersi al centro del mondo, di voler essere sempre giovane, di considerarsi non solo invincibile, ma anche, in qualche modo, eterno ha creato la convinzione negativa che ogni perdita rappresenta una catastrofe, non un normale trascorrere del tempo. Il paradosso di questa posizione, un po' schizo-paranoide, è che l'uomo ha: - allungato la propria vita dilatando la vecchiaia; - creato una situazione esistenziale lunga, ma penosa per cui oggi si può dire che è più difficile vivere che morire; anzi, al termine della vita si invoca la morte come liberazione, per mettere fine alle sofferenze (anche legate ad un veemente impulso a curare, a far sopravvivere); - strutturato una pratica di vita per la quale ogni perdita è una "catastrofe", immettendo la morte anche nella vita. L'accettazione e la creazione di un modello di vita fondato sulla relazione, sulla comunione, sulla condivisione costituiscono l'unica via per uscire dal … "tunnel". Debolezza mentale e psicopatologia Oggi, la demenza, soprattutto la demenza presenile o tipo Alzheimer, rappresenta una problematica medico-assistenziale che suscita sgomento ed anche profonde preoccupazioni sociali, politiche ed economiche. Lo studio di questa "malattia" (che ormai può considerarsi malattia sociale a carattere epidemico) ha potuto evidenziare che il preludio all'infermità è un fatto critico che succede circa un anno prima dei primi segni di perdita della memoria. Questa esperienza critica non è un semplice lutto o accadimento doloroso (che provoca una reazione depressiva), bensì un fatto che colpisce profondamente la psiche e ne determina la destrutturazione. Le storie raccolte parlano di: - furti subiti; - attacco alla propria integrità etico-morale; - senso di perdita di una sicurezza sociale; - perdita di un ruolo o di una immagine di sé strenuamente difesa; - scippi; - pensionamento conflittivo. Tutti questi fatti colpiscono persone chi ha una personalità debole o dipendente, ma anche e soprattutto a chi le difficoltà socio-relazionali hanno portato ad una debolezza psichica particolarmente importante. L'aumento ed il diffondersi della debolezza psichica nella popolazione anziana porta anche ad un crescere quasi esponenziale del flagello della demenza e dell'Alzheimer in particolare. Si stanno studiando particolari e specifici tratti di personalità che possono facilitare la comparsa della demenza, ma, nel frattempo, una terapia denominata E.I.T. (terapia di integrazione emotivo-affettiva) ha portato a capire meglio i meccanismi psico-mentali che sottendono alla malattia e, soprattutto, ha dimostrato l'importanza di una buona relazione per indurre miglioramenti e/o uno stabilizzarsi dei sintomi ed un freno al progressivo aggravarsi della malattia. CONCLUSIONI Nell'analisi delle interazioni tra individuo e società, quando introduciamo il terzo polo della vecchiaia, si dà un giusto significato a quanto dice Putnam "… è una pura e vana illusione che la verità non abbia nulla a che vedere con i processi mentali". Anche Lacan sottolinea come " …la coscienza di sé non può, senza contraddizione, essere supposta come non essenziale". Nell'affrontare il tema della "rappresentazione della realtà sociale nell'anziano", bisogna, quindi, prendere in considerazione: a- la realtà sociale che si è sempre più complicata tanto da risultare oggi, per tutti, un puzzle estremamente complesso e difficile da decifrare; b- il vecchio deve affrontare una situazione bio-psicologica problematica proprio per le perdite funzionali che vanno accrescendosi con il passare del tempo; c- una "debolezza psichica" che diventa caratteristica per il funzionamento mentale dell'anziano stretto nella morsa della necessità di adattamento a una realtà sociale che genera sensi di inadeguatezza; d- fattori critici che in uno stato di insufficienza possono generare una risposta adattiva di tipo demenziale (Alzheimer). La questione del ruolo degli anziani nella società di oggi è importante ed ingloba il senso di sé, il valore del proprio discorso, la rappresentatività, le diverse condizioni che regolano ed hanno cambiato il rapporto tra giovani, adulti e vecchi, spostando il "peso" rappresentazionale dagli anziani ai più giovani. Con il passare degli anni, i vecchi hanno cercato di qualificare il loro stare nel mondo, raggiungendo anche un significativo potere ed un reale dominio. Con il passare del tempo, i continui cambiamenti scientifico-produttivi e cognitivoculturali hanno portato ad un sovvertimento dei valori al quale gli anziani non hanno potuto o saputo rispondere al punto che oggi si trovano quasi emarginati. Dalla loro posizione ormai decentrata il mondo viene percepito come incomprensibile, inaccessibile, indifferente ed anche persecutorio, senza possibilità di recuperare spazi perduti. È dunque inevitabile la frattura tra vecchi e società, tra verità esterna e verità interna e, quindi, la perdita di intenzionalità, di volontà, di autocoscienza e di autosoddisfazione diventa quasi una caratteristica personologica. L'affievolirsi della coscienza di sé si riferisce a difficoltà di mantenere attive forze integrative dell' IO così che risultano deficitari anche i processi adattivi determinando comportamenti che rivelano un ripiegamento su di sé, isolamento sociale, perdita di autovalorizzazione e di autosoddisfazione. Sono poi queste modificazioni strutturali del funzionamento mentale che rendono impossibile far collimare la verità della realtà e la verità della rappresentazione. Con questa analisi si dà valore a quanto dice Alfredo O. Lopez Alonso "… il centro del dibattito gira intorno al riferimento, al linguaggio ed al significato in rapporto con la realtà e la verità", costringendo, quindi, i termini del dibattito nell'ambito del senso e del significato della rappresentazione mentale. In altri termini, seguendo Lacan, l'anziano mette in evidenza, nelle sue difficoltà di funzionamento mentale, l'incapacità di mantenere una stretta analogia tra rappresentazione di cosa e rappresentazione di parole, proprio perché si altera quel processo strutturante che è la funzione dello specchio. È interessante riportare l'osservazione fatta sui pazienti Alzheimer che non riconoscono la propria immagine, ma perdona anche il "senso dell'invecchiare" che porta a considerare come la perdita della coscienza di sé conduce all'impossibilità di creare immaginario e, quindi, non piò più essere mantenuto un valido legame tra realtà interna e realtà esterna. Di fronte a queste considerazioni ci chiediamo come potrebbe diventare possibile saldare le fratture tra realtà e mentalizzazione e ci viene in aiuto l'esperienza terapeutica. Buone relazioni interpersonali possono creare un "luogo" dove il vecchio e l'Altro possono costruire ponti sui quali trovare insieme significati e pensieri che riflettono la strutturazione di una realtà comune che può essere vissuta nelle dinamiche dell'arricchimento, senza che ogni cambiamento voglia inesorabilmente significare scontri, interferenze ed emarginazioni. Per altro lato, questo è l'unico cammino percorribile perché l'aumento relativo degli anziani nella società d'oggi non può fungere da fattore dirompente e non si può neppure pensare di allungare il tempo produttivo (la natura non è cambiata ed un uomo che ha passato i 60-65 anni presenta deficit fisiologici sia biofunzionali che psico-funzionali). È necessaria una integrazione globale, una vera "rivoluzione affettiva" (fondata sui valori), capace di ricreare immaginario che è anche immaginazione, cioè capacità di creare nuove rappresentazioni del mondo legate al desiderio ed alla volontà di strutturare un … universo veramente vivibile. Il tema "vecchiaia e potere" meriterebbe uno studio approfondito, ma basti qui ricordare come il potere di costruire la realtà presupponga un punto di partenza configurato da una struttura cognitivo-mentale che è racchiusa nel senso di sé, nell'autocoscienza e nell'autovalorizzazione. Anche chi vuole cambiare l'assetto di un determinato schema di potere, deve contare su uno schema mentale proprio (teoria) che, per altro, non è mai scevro da interessi sociali ed anche di interessi personali consci o inconsci. Questi pre-requisiti, che Anton Alvarez Sousa ha chiamato "posiciòn social previa", sono la base per configurare una teoria che con il tempo si tenterà di portare alla pratica. Nella società moderna possiamo dividere la popolazione anziana in due parti: a- chi detiene il potere - che rappresentano un gruppo relativamente piccolo di persone impegnate in politica, in economia, nella direzione aziendale, nella guida di strutture religiose. Queste persone hanno il privilegio di poter mantenere il potere ben oltre l'età del pensionamento; b- la massa dei cosiddetti anziani - che ingloba la stragrande maggioranza dei pensionati (a partire dai 60-65 anni), tra i quali entrano anche i pre-pensionati (anche di 50-55 anni). Questi non hanno nessuna possibilità di detenere il potere e si crucciano dicendo "… ma cos'hanno loro che non abbiamo noi". Questa particolare caratteristica della società deriva da modelli culturali veramente ancestrali, basati sulla struttura del potere familiare e tribale. Oggi, che anche la famiglia ha perso la sua struttura tradizionale, vediamo che l'elemento giovane preme in tutti i settori per assumere il potere, utilizzando: - continui cambiamenti referenziali in ogni espressione della vita sociale; - pressioni culturali e modalità di vita difficilmente utilizzabili dai vecchi; - anticonformismo e spregiudicatezza nelle relazioni, nelle contrattazioni e nelle alleanze; - utilizzo calcolato della massa ormai sensibilizzata da scelte di piacere, ludiche e superficiali, più che da concettualizzazioni più o meno etiche o morali. In questo modo la società ha imparato a produrre cambiamenti sempre più rapidi, anche radicali, irrispettosi dei modelli e dei riferimenti che, per altro, hanno dimostrato di non poter reggere alla spinta di società nuove. Oggi, la globalizzazione, l'entrata in azione di nuove tecnologie (si dice: chissà dove arriveremo?), l'inesorabilità di una crescita sempre più veloce, la pauperizzazione e la svalorizzazione dei vecchi riferimenti valorativi, i profondi cambiamenti di geopolitiche e della struttura economica mondiale, hanno portato a costruire un mondo sociale completamente diverso e leggibile solo in parte e con difficoltà. L'uomo comune ha perso totalmente il controllo delle scelte che vengono preparate e decise in oscuri "antri", chissà dove e, in questa continua incertezza, i vecchi contano sempre meno, sono sempre più emarginati, devono fare i conti con un senso di valere veramente pauperizzato. È questa la rivincita che si prende la Natura? Come detto all'inizio, Laio e Giocasta non si sono assunti la colpa; neppure la società si assume la "colpa" della situazione tragica degli anziani, ma forse proprio questa porzione sempre più numerosa di popolazione, deve studiare, cercare e produrre un cambiamento capace di equilibrare le forze, trasformare il potere cieco in collaborazione, ricostruirsi un ruolo e tornare ad essere punto di riferimento e modello di vita; per altro … tutti noi diventeremo vecchi! Bibliografia • Alfredo O. López Alonso, 1998. "Los sistemas de representación de la cognición humana" in "Documenta laboris" Universidad Argentina John F. Kennedy N°1, 13-34. • Anton Alvarez Sousa, 1995. "La construcción social de la sociedad anciana en la Unión Europea" in "Revista Mundial de Sociologia" N°1, 163-209. • Hilary Putnam, 1997, "La Herencia del Pragmatismo", Barcelona, Paidos Studio. Sommario Nell'analisi delle interazioni tra individuo e società, assume caratteri specifici tutto ciò che si riferisce alla popolazione anziana che, sempre più numerosa, è andata perdendo il proprio ruolo e rischia di trovarsi emarginata. In questa dinamica, i vecchi si trovano a dovere affrontare le naturali deficienze fisiche e psichiche legate al trascorrere del tempo, in un "ambiente" sempre più difficile, complesso ed anche incomprensibile. Ne deriva una "debolezza psichica" che, in particolari condizioni di stress, porta ad una disarticolazione delle funzioni dell'IO e della coscienza, producendo quadri psicopatologici riferibili alla demenza di tipo Alzheimer. Per prevenire questa situazione e modificare la realtà socio-culturale, i vecchi devono ridimensionare le modalità relazionali nell'ambito di una "rivoluzione affettiva" basata su principi che rispettino maggiormente i "valori". Solo così potranno recuperare autostima, autovalorizzazione, autosoddisfazione ed una accettabile qualità di vita. Parole chiave Edipo, figlicidio, vecchiaia, deficit psico-fisici, auto-coscenza, debolezza psichica, autovalorizzazione, autosoddisfazione, rivoluzione affettiva. Sumario En el análisis de las interacciones entre individuo y sociedad, asume caracteres específicos todo lo que se refiere a la población anciana que, a pesar de ser siempre mas numerosa, pierde paulatinamente su rol y se encuentra en peligro de emarginaciòn. En esta dinámica, las personas de edad tienen que enfrentar las naturales deficiencias físicas y psíquicas relaciondas al pasar del tiempo, en un contextocada vez mas difícil, complicado e incomprensible. La consecuencia de esta situaciòn es una debilidad psíquica que, dentro de condiciones de stress especiales, provoca una desarticulación de la funciones del YO y de la conciencia, produciendo cuadros psicopatològicos referenciables a la demencia de Alzheimer. Para prevenir esta situación y modificar la realidad socio-cultural, los ancianos deben redimensionar las modalidades relacionales dentro de una revolución afectiva, centrada en principios que respeten mayormente los valores. Sòlo en esta forma podrán recuperar autoestima, autovalorizaciòn, autosatisfacciòn y una calidad de vida aceptable. Palabras claves Edipo, filicidio, vejez, deficiencias psico-fìsicas, auto-conciencia, debilidad psíquica, autovalorización, autosatisfacción, revolución afectiva. Curriculum vitae ROMEO LUCIONI Nato a Tradate, Varese, Italia il 9-2-1937, si è laureato in medicina e chirurgia e specializzato in psichiatria presso l'Università degli Studi di Milano. Il suo impegno di ricerca scientifico-psicologica si é mosso nelle aree del sonno, dell'epilessia sperimentale, della psicodinamica, della psicoanalisi e dello psicodramma. Tornato in Italia dopo venti anni vissuti in Argentina, ha focalizzato i suoi lavori sulle problematiche socio-assistenziali degli anziani e dell'handicap, interessandosi, specialmente, della terapia dell'autismo e della demenza (Alzheimer). Questi studi gli hanno permesso di strutturare una metodica denominata E.I.T. - Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva - fondata sui principi della psicodinamica e della psicoanalisi. Attualmente è: • Professore a contratto dell'Università di Messina, Istituto di Educazione Speciale • Presidente della A.I.D.I.R.E. (Associazione Italiana di Ippoterapia e Riabilitazione Equestre) • Presidente della A.I.P.R.E.C. (Associazione Italiana di Prevenzione, Riabilitazione e Cura) • Presidente dell' "Istituto Superiore di Scienze Umane Applicate" di Varese. Tel. 333-6362630 E-mail: lerre@tread.it URL: www.slowmind.net |