LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => ESTERO fino al 18 agosto 2022. => Discussione aperta da: Admin - Gennaio 31, 2015, 04:52:14 pm



Titolo: Giacomo Russo Spena Syriza, le ragioni della vittoria
Inserito da: Admin - Gennaio 31, 2015, 04:52:14 pm
Syriza, le ragioni della vittoria

di Giacomo Russo Spena

Ha vinto Syriza. Ha perso la Troika. Le intromissioni dei poteri forti europei, le ingerenze del ministro tedesco Wolfgang Schauble, i moniti “a votare bene” del presidente Juncker, il fango dei media ellenici che ammonivano dal “demagogo”, le favole sulla Grexit, le minacce dei mercati finanziari. Tutto inutile. L’attuale emergenza umanitaria nel Paese ha spinto i cittadini a dar retta alla pancia e alle proprie condizioni di disagio materiale. “I greci non avevano nulla da perdere che le proprie catene”, è la citazione.

Hanno votato in massa un’idea di cambiamento. Syriza era la sola speranza di discontinuità in una Grecia che ha fatto da cavia della Troika. Un laboratorio delle politiche del rigore palesatasi in smantellamento del welfare, distruzione del pubblico, tagli, privatizzazioni e compressioni salariali. Una “cura da cavallo”. In nome dei conti in regola, eppure – oltre agli immani disastri sociali – anche i numeri non quadrano: tasso di disoccupazione al 26%, quello giovanile quasi al 60, le famiglie hanno perso il 40% del potere d'acquisto negli ultimi cinque anni e il rapporto tra debito e Pil resta altissimo, vicino al 170%. Mentre i tossicodipendenti sono aumentati del 300%, raddoppiati i suicidi e sanità e istruzione sono diventati un lusso per pochi greci. Un disastro, il fallimento dell’austerity.

In campagna elettorale, Tsipras andava ripetendo: “La ricetta che ci hanno imposto dalla leadership europea sarà insegnata nelle facoltà di Economia, e diranno: Avete visto come si sono mossi? Ecco, fate il contrario”. Il voto greco era il terreno di scontro tra due diverse ideologie e due idee di società contrapposte in Europa. Tsipras contro Angela Merkel. “Due fortini che si combattono: uno del capitale e dei mercati, l’altro dell’unione dei popoli d’Europa. Lo scontro sarà decisivo”, prometteva il nuovo premier greco prima del voto.

Un referendum ellenico sulle politiche della Troika: proseguire sulla stessa strada o cambiare rotta? Ha vinto la seconda opzione.

Contro quell’Europa a due velocità, che ha ampliato le diseguaglianze sociali e imboccato un vicolo cieco verso l’insostenibilità e la deflagrazione dell’eurozona stessa. Syriza è l’alternativa. Un’alternativa all’Europa egemonizzata dai mercati e dalla finanza rispolverando lo spirito originario di un’Europa fondata su ricette keynesiane, sul lavoro, sui diritti e sul principio di solidarietà e supremazia della politica. Ma alternativa anche alla scorciatoia nazionalista e xenofoba capeggiata da Marine Le Pen in Francia e dalla Lega di Matteo Salvini in Italia che in maniera ipocrita ora esultano alla vittoria di Tsipras. Mentre in Grecia ha impedito l’ascesa di Alba Dorata che pur restando la terza forza del Paese passa dal 9% del 2012 al 6. Syriza è una terza via. Europeista e anti-austerity.

Questa opzione ha trionfato perché Tsipras è stato capace di modernizzare e innovare Syriza (in greco significa “coalizione della sinistra radicale”) ed ha avuto il merito di mantenere la barra dritta in questi anni: mentre Pasok (i socialisti sono di fatto spariti in Grecia) e Neo Demokratia imponevano i memorandum, il Paese veniva attraversato da pesanti scontri e contestazioni organizzate da studenti, anarchici e sindacati. Piazza Syntagma il luogo delle mobilitazioni, il Palazzo preso d’assalto dai manifestanti inferociti e senza più un futuro.

I militanti di Syriza affollavano quelle piazze, si sono contaminati coi movimenti facendo proprio il “conflitto sociale”. E soprattutto, mentre i greci allo stremo si vedevano negati il diritto alla salute o all’istruzione, o la penuria economica rendeva impossibile mangiare e pagare le bollette di luce e gas, Syriza grazie alla sua gamba sociale, l’associazione Solidarity for All, ha messo in campo pratiche di mutualismo supplendo alle manchevolezze dello Stato: mense popolari, farmacie e ambulatori gratuiti, cooperative socio-lavorative, scuole popolari, riallacci delle utenze per i bisognosi (sfidando quindi la legalità). Per non parlare del sostegno alle fabbriche fallite e successivamente riaperte, recuperate ed autogestite dagli operai rimasti disoccupati. La forza di Syriza: un partito radicato socialmente, vicino ai movimenti, e coerente. Durante la crisi economica e morale – con un tasso di corruzione altissimo in Grecia – Syriza ha avuto la pazienza di saper aspettare il proprio turno, rimanendo all’opposizione e non cedendo alle sirene del Pasok. E’ nata nel 2004 in contrapposizione al centrodestra e al centrosinistra, “entrambi figli del neoliberismo”, a questo principio non è mai venuta meno.

Va respinto al mittente ogni tipo di comparazione tra il nostro Matteo Renzi e il “loro” Alexis Tsipras, così qualsiasi tentativo di salire sul carro del vincitore. La “sintonia” di cui parla qualche renziano è lontana per storia personale, programmi e schieramenti politici. Lo scorso anno quando Tsipras si candidava a presidente della Commissione di Bruxelles, il Pd sosteneva il tedesco Martin Schulz e mentre i socialisti europei votavano in un regime di larghe intese coi popolari la nomina di Junker, Tsipras rimaneva all’opposizione tra le fila della sinistra europea e tra i banchi del Gue. Infine la stessa dichiarazione del leader greco è inequivocabile: “Renzi presenta un forte dualismo, è come se si trattasse, quasi, potremmo dire, di una personalità scissa: a parole è contro l’austerità, ma le sue riforme sono fissazioni neoliberiste”. E poi ancora: “Credo che sia il neoliberismo a rappresentare la grande minaccia europea: la politica del Ppe, che viene sfortunatamente seguita dalle socialdemocrazie, sta mettendo in pericolo la costruzione continentale. Noi vogliamo parlare di un’Europa solidale i cui perni siano la redistribuzione delle ricchezze, la democrazia, l’ecologia, i cittadini. Loro i numeri, noi le persone”.

Syriza ha vinto. Per un soffio non ha stravinto. E’ andata oltre le più rosee speranze ma due seggi sotto la maggioranza assoluta in Parlamento. Una legge elettorale proporzionale con sbarramento al 3 e un premio di maggioranza di “soli” 50 scranni al primo partito. Adesso si aprirà il valzer delle alleanze. La cosa più logica sarebbe chiedere il sostegno dei comunisti del Kke che però hanno sempre respinto l’ipotesi di dialogo con Syriza, accusata di essere un partito “opportunista, riformista e borghese”. Difficilmente quindi si convinceranno i settari (filo-sovietici) del Kke. L’ipotesi più accreditata è l’accordo esterno di To Potami (“Il Fiume”), una forza liberal-centrista capeggiata dal giornalista Stavros Theodorakis, una sorta di “Grillo” greco per l’odio avversato finora contro il sistema partitocratico. Altra possibilità i “Greci Indipendenti”, una destra anti-austerity. Si vedrà nelle prossime ore. Di certo, si chiede il sostegno dei cittadini, di “continuare a camminare insieme”.

“La Grecia è il Paese di Sofocle, che con l'Antigone ci ha insegnato che esistono momenti in cui la legge suprema è la giustizia”, le prime parole dei dirigenti di Syriza. Così è stato. Adesso si aprirà una nuova fase: “La Troika è il passato”. Per la Grecia, per l’Europa e forse per l’Italia. Infine Tsipras, nel primo discorso post voto, ha anche teso la mano alla Ue: “Troveremo con l'Europa una nuova soluzione per far uscire la Grecia dal circolo vizioso dell'austerità e per far tornare a crescere l'Europa. La Grecia presenterà ora nuove proposte, un nuovo piano radicale per i prossimi 4 anni”. La sfida dell’esecutivo, la vera sfida. Forse la più temuta. Far rispettare quel programma di speranza e cambiamento, molto ambizioso. Se Syriza, da opposizione, non ha sbagliato un colpo, ora ha il compito dal governo di non deludere le aspettative. Intanto, nel dubbio, benarrivato Tsipras.

(26 gennaio 2015)

Da - http://temi.repubblica.it/micromega-online/syriza-le-ragioni-della-vittoria/


Titolo: L'EUROPA STA REGALANDO LA GRECIA ... E IL MEDITERRANEO A PUTIN. Conviene?...
Inserito da: Admin - Aprile 17, 2015, 04:24:29 pm
Grecia, lista riforme non pervenuta.
Varoufakis: non firmiamo questi accordi

Con articoli di Marco Valsania e Vittorio Da Rold16 aprile 2015Commenti (34)

La Commissione europea «non è soddisfatta dei progressi fatti finora» nei negoziati fra il governo greco e le istituzioni creditrici e auspica che «i lavori aumentino di intensità prima dell'incontro informale dei ministri delle Finanze del 24 aprile». Lo ha detto il portavoce del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Ma parlando a un evento organizzato dalla Brookings Institution di Washington a margine degli Spring Meetings del Fondo monetario internazionale il ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, avvisa: «La liquidità sta finendo», tuttavia sarebbe «sbagliato» per la Grecia «firmare il memorandum» e, quindi, accettare le richieste dei creditori così come sono adesso. Atene spera, questo l’auspicio del ministro, di raggiungere un accordo con l'Eurozona entro fine giugno.

La Grecia chiede investimenti
«I negoziati - ha argomentato Varoufakis - sono cruciali per l'economia globale non solo per i rischi di contagio, ma anche perché definiscono le procedure dell'Europa» e di come gestirà eventuali future crisi. E per questo il nostro governo è «desideroso più di chiunque altro di portarli a termine», ha continuato Varoufakis, non alle attuali condizioni, però. L'economista nel corso del suo discorso ha descritto la crisi della Grecia come «i nostri sette anni di inverno del malcontento». Il ministro infine ha ricordato che la retorica dominante «sostiene che l'Europa sta recuperando e solo la Grecia non è riuscita a salire sul treno della ripresa». La Grecia - ha concluso il ministro - chiede solo due cose: di essere ascoltata e un programma di investimenti.
 
 Il discorso del ministro torna quindi a marcare le distanze in maniera preoccupante mentre oggi i mercati finanziari europei hanno accusato il peso del rinnovato rischio Grecia. Il portavoce di Juncker ha comunque sottolineato che il lavoro fra il governo greco e le istituzioni creditrici «continua e i colloqui procedono» e ha ricordato che l’accordo dell'Eurogruppo del 20 febbraio scorso aveva chiesto che la Grecia preparasse una lista di riforme, che avrebbe dovuto poi essere approvata prima dalle istituzioni creditrici e poi dai ministri delle Finanze dell'area euro. «Quando diciamo che non ci sono progressi a questo punto, significa che la sequenza di eventi tracciata non si è ancora realizzata. Servono quindi nuovi progressi», ha spiegato.

Fmi: Lagarde (Fmi): Eurozona rischia da caso greco
Nel documento dedicato all’agenda di politiche globali, Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, sostiene che nell’Area euro si intravede un «graduale rafforzamento», sostenuto dai «benvenuti» stimoli monetari recenti, da un euro debole e da bassi prezzi del greggio. Tuttavia, ammonisce Lagarde, «potrebbe riemergere lo stress finanziario per via dell’incertezza sulle politiche associate alla Grecia».

Tsipras ottimista
Nonostante le perplessità dell’Europa, il premier greco, Alexis Tsipras si dice «fortemente ottimista» sulla capacità del suo governo di raggiungere un accordo con i creditori esteri. «Sono certo che ci sarà un accordo per la fine del mese» assicura. «So che l’Europa ha imparato a convivere con i suoi disaccordi, a combinare le sue varie parti e ad andare avanti».

Conti in rosso, Atene pensa a ritardare pagamenti Fmi
Ma la soluzione non sarà facile. La Grecia sta pensando di chiedere al Fmi uno slittamento dei pagamenti di maggio sotto il peso dello stallo dei negoziati per trovare un accordo e sbloccare la nuova tranche di aiuti Ue e scongiurare il default. Secondo fonti citate dal Financial Times, nei colloqui intercorsi all'inizio di aprile tra gli sherpa del governo Tsipras e quelli del Fondo, Atene avrebbe avanzato la richiesta specifica di ritardare il versamento di circa un miliardo di euro, da restituire in due tranche nel corso del mese.

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Da - http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-04-16/grecia-lista-riforme-non-pervenuta-commissione-ue-negoziati-insoddisfacenti-servono-progressi-153234.shtml?uuid=ABp1WcQD&cmpid=nl_7%2Boggi_sole24ore_com


Titolo: Putin vuole da Tsipras il passaggio del gas russo dalla Grecia all’Europa
Inserito da: Admin - Aprile 18, 2015, 04:38:54 pm
Il retroscena

Putin vuole da Tsipras il passaggio del gas russo dalla Grecia all’Europa
Il gasdotto di Mosca passerebbe dalla penisola ellenica consentendo di bypassare l’Ucraina.
Il nuovo «turkish stream» collegherebbe la Turchia con Atene

Di Fabrizio Dragosei

MOSCA – Sia Vladimir Putin che Alexis Tsipras ci hanno tenuto a ripetere che Russia e Grecia non sono in rotta di collisione con la Ue e che Atene non ha chiesto né tantomeno ottenuto alcun aiuto economico particolare. Ma l’intesa più importante che sembra emergere dal vertice di ieri al Cremlino riguarda proprio un progetto che va contro la strategia europea per far fronte alle sue necessità energetiche. Si tratta dell’idea che Putin ha tirato fuori dal cilindro per sostituire il gasdotto South Stream che avrebbe dovuto liberarlo da quello che lui chiama il giogo ucraino e che l’Unione Europea aveva, in pratica, bloccato. La Russia si è detta pronta a finanziare il progetto di unire Grecia e Turchia per far arrivare in Europa, anche attraverso l’Italia, il gas russo che non dovrebbe più transitare sul territorio ucraino. E il primo ministro greco sembra aver accolto con grande interesse l’idea di fare del suo paese uno dei principali centri di distribuzione del metano russo.

È da anni, come sappiamo, che Putin cerca di togliere a Kiev l’arma dei gasdotti, bypassando il paese. A settentrione è riuscito a costruire, con l’aiuto tedesco, il North Stream che congiunge direttamente la rete russa con quella tedesca passando sotto il Mar Baltico ed evitando altri spigolosi “clienti” come la Bielorussia e la Polonia. Per il gas del Caucaso c’era il progetto che attraversava il Mar Nero per approdare in Bulgaria e di lì raggiungere i principali clienti europei attraverso gli altri paesi balcanici, appunto il South Stream. L’Unione Europea ha invece da sempre in mente di far arrivare direttamente nel vecchio continente il gas degli altri produttori dell’Asia Centrale, come il Turkmenistan, l’Azerbaigian e il Kazakistan, che oggi dipendono dalle reti russe. Prima c’era il gasdotto Nabucco e ora c’è il Tap, Trans Adriatic Pipeline. Putin spinge sulla sua idea alternativa: si è già messo d’accordo con la Turchia per portare lì il suo metano creando un colossale hub e ora vuole il consenso di Atene per proseguire.

8 aprile 2015 | 20:02
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/economia/15_aprile_08/putin-vuole-tsipras-passaggio-gas-russo-grecia-all-europa-8d559894-de17-11e4-9dd8-fa9f7811b549.shtml


Titolo: Grecia, Tsipras: “No alla proposta dei creditori, offerta inadeguata”
Inserito da: Admin - Giugno 16, 2015, 11:31:38 pm
Alexis Tsipras: "Fmi ha responsabilità criminale. I creditori vogliono umiliarci, il negoziato vero comincia adesso"

Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 16/06/2015 15:08 CEST Aggiornato: 4 minuti fa

A poche ore dal vertice dell'Eurogruppo che deve scongiurare il Grexit e il default della Grecia, Alexis Tsipras spara cartucce pesanti contro la Troika. "Il Fondo monetario internazionale ha una responsabilità criminale" per la situazione in cui versano i greci, dice ai parlamentari di Syriza: "Il vero negoziato comincia adesso".

Poi è passato a tutte le istituzioni creditrici della Grecia (Unione europea, Banca europea e Fondo monetario): "Vogliono umiliare il governo greco". "L'ossessione dei creditori per un programma di tagli non può essere un errore, ha fini politici", ha aggiunto Tsipras, "i creditori stanno utilizzando i negoziati per dimostrare la loro forza, noi stiamo trattando in buona fede".

Tsipras ha poi criticato la Bce per "insistere su una linea di strangolamento finanziario" e ha affermato che "siamo in questa posizione perché il Fmi vuole misure difficili e l'Europa rifiuta lo sgravio del debito". "Se l'obiettivo è proseguire con un programma ispirato dalle politiche fallite del Fmi senza uno sgravio del debito, allora siamo obbligati a non soccombere alle minacce".

Secondo il quotidiano To Vima, Il primo ministro greco Alexis Tsipras avrebbe detto ai leader dei socialisti del Pasok che la Grecia potrebbe non pagare il Fmi a fine mese senza un accordo. Il 30 giugno, infatti, è la scadenza finale.

Ma per il premier greco, eletto a fine gennaio, i creditori stanno chiedendo alla Grecia di accettare una soluzione che non solo non risolve il problema, ma riporta l'economia "in recessione". "Il mandato che abbiamo ricevuto dal popolo greco è quello di porre fine all'austerità politica" "Al fine di raggiungere questo obiettivo - ha aggiunto Tsipras - dobbiamo cercare un accordo che distribuisca gli oneri in modo uniforme e che non faccia male a lavoratori e pensionati". Il premier ha inoltre affermato che, nonostante alcune dichiarazioni aggressive, in Europa c'è chi lavora a un accordo equo.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/16/tsipras-fmi-criminale_n_7593786.html?1434460097&utm_hp_ref=italy


Titolo: Grecia, Tsipras: “No alla proposta dei creditori, offerta inadeguata”
Inserito da: Admin - Giugno 27, 2015, 10:45:52 am
Grecia, Tsipras: “No alla proposta dei creditori, offerta inadeguata”
Sullo sfondo la proposta cinese: "Pechino vuole che Atene resti nell’Unione europea. Daremo il nostro contributo perché questo accada". Ma non precisa come e a quali condizioni

Di F. Q. | 26 giugno 2015

Per il cancelliere tedesco Angela Merkel era “un’offerta eccezionalmente generosa” che Atene avrebbe dovuto accettare. Ma Alexis Tsipras dirà di no: la proposta dei creditori internazionali di estendere di 5 mesi l’attuale programma di salvataggio della Grecia, in scadenza il 30 giugno che avrebbe comportato tra il resto l’erogazione dell’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi, in modo che il Paese possa ripagare la scadenza del debito da 1,6 miliardi all’FMI, è un’offerta “inadeguata” perché renderebbe più profonda la recessione.

Lo ha detto un funzionario del governo greco, sottolineando che la proposta della ex Troika è di varare ancora “misure profondamente recessive come condizione per un finanziamento di cinque mesi”, condizione “che si ritiene inadeguata”. Il funzionario, riferisce l’agenzia Reuters, ha sottolineato che il governo greco “non ha il mandato popolare, né il diritto morale di firmare per un nuovo piano di salvataggio”. E ha aggiunto che il passaggio del debito greco ai fondi europei di salvataggio, proposto da Atene, è stato bocciato dalle istituzioni.

La notizia della proposta dei creditori era trapelata poco dopo la convocazione, per sabato pomeriggio a Bruxelles, di una nuova riunione dell’Eurogruppo straordinario sulla Grecia. I ministri delle Finanze dell’area euro torneranno a incontrarsi per la quinta volta in dieci giorni per cercare di arrivare a un accordo sul piano di riforme di Atene. Venerdì, nel corso del suo incontro con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il presidente francese, François Hollande, il premier greco aveva ribadito la frustrazione del governo ellenico per le misure di austerità richieste dei creditori internazionali. I due leader dal canto loro avrebbero fatto pressioni su Tsipras affinché Atene all’Eurogruppo di sabato accetti un accordo in cambio di aiuti. Anche se un funzionario del governo greco aveva fatto sapere a caldo che il premier “non capisce l’insistenza delle istituzioni per queste misure dure”.

I creditori hanno presentato alla Grecia “un’offerta eccezionalmente generosa”, Atene l’accetti aveva poi commentato la Merkel: “Noi abbiamo fatto un passo in direzione della Grecia – ha sottolineato – ora è il turno della Grecia fare un passo identico”. In pratica la proposta che secondo l’Handelsblatt prevede anche un terzo pacchetto di salvataggio con un finanziamento complessivo di 15,5 miliardi, è stata presentata come una boccata d’ossigeno in attesa di un accordo stabile. L’altra faccia della medaglia è che in una situazione in cui la trattativa tra la ex Troika e la Grecia è in stallo, i creditori internazionali non hanno interesse, né intenzione di tagliare definitivamente il filo con Atene. O per lo meno a non essere loro a tagliarlo.

Secondo l’agenzia di rating Fitch il prolungarsi delle trattative è testimonianza della volontà politica di trovare un accordo, ma i termini spesso conflittuali delle discussioni vanno ad aumentare i rischi sul profilo di credito del debito sovrano greco e delle sue banche. “Un accordo potrebbe alleviare il rischio a breve termine di un default incontrollato e una possibile uscita dalla zona euro – sostiene l’agenzia – ma arriverebbe solo pochi giorni prima della scadenza del programma esistente che è fissata per il 30 giugno”. Fitch sottolinea inoltre come la traduzione di un’intesa in extremis in accordo formale richiederà poi l’approvazione del parlamento greco e alcuni altri parlamenti della zona euro (in particolare il Bundenstag tedesco), così come la rapida legislazione delle riforme da parte del governo greco con alcuni esponenti di Syriza hanno espresso la loro opposizione a parti delle proposte di questa settimana, come quelle in materia di pensioni, i cambiamenti di IVA e dei salari del settore pubblico. “Una divisione nel governo greco, il rischio di un referendum su ogni proposta di accordo o elezioni anticipate potrebbero ritardare ulteriormente la formalizzazione dell’accordo e quindi il rilascio di nuove risorse”, conclude Fitch.

Intanto a sorpresa si è fatto avanti il governo cinese dicendosi pronto a contribuire a tirare fuori dalla crisi la Grecia in modo che resti nell’euro. Lo ha detto il viceministro degli Esteri, Wang Chao, senza specificare che tipo di aiuti Pechino sarebbe disposta a dare ad Atene, né tanto meno cosa vorrebbe in cambio. “La Grecia è in una fase cruciale – ha detto Wang – e la Cina vuole che resti nell’Unione europea. Daremo il nostro contributo perché questo accada”. Il premier cinese Li Keqiang si riunirà lunedì prossimo a Bruxelles con i leader delle istituzioni europee nell’ambito di un nuovo vertice Ue-Cina.

Di F. Q. | 26 giugno 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/26/grecia-tsipras-no-alla-proposta-dei-creditori-offerta-inadeguata/1817862/


Titolo: Corsa a bancomat e negozi, la Grecia è un Paese sull’orlo dell’abisso
Inserito da: Admin - Giugno 29, 2015, 05:48:32 pm
Corsa a bancomat e negozi, la Grecia è un Paese sull’orlo dell’abisso
Dall’euforia alla paura: siamo falliti. L’ultima speranza: nuove elezioni

28/06/2015
Niccolò Zancan Inviato ad Atene

Calava il tramonto su Atene, un cielo rosso sangue, pieno di nuvole, quando l’ex ministro dell’Interno Dimitris Kyriazides è uscito sotto il porticato del Parlamento a camminare. «Non lo so cosa succederà domani - ha detto - nessuno lo sa, purtroppo. Siamo già falliti». 

La gente corre ai bancomat, è molto preoccupata e lo siamo anche noi». Guardava basso, Kyriazides. E’ un deputato di Nea Democratia, nemico politico di Tsipras, ma non c’era rabbia nelle sue parole. Non più. Non in quel momento. «L’idea del referendum era anche giusta. Ma è stata presa troppo in fretta. La gente non ha capito. L’Europa neppure». Fine. Fine della storia. Questa volta sì, sembra davvero un tramonto finale. Sull’Europa, così come l’abbiamo conosciuta. E su questo pezzo di terra bello e sofferente come pochi altri, dove appena dici il tuo nome, ti rispondono tutti: «Italiani e greci, una faccia una razza». E adesso aggiungono beffardi: «Fate attenzione, i prossimi sarete voi...». 

La gioia dei pensionati 
Il vento porta in giro l’odore del pattume lasciato a marcire agli angoli delle strade. Sono notti sull’orlo dell’abisso, queste. Puoi incontrare dei pensionati in ciabatte, nel buio, fra le 2 e le 3, in coda ai bancomat del quartiere popolare di Galatsi. Uno alza il pugno e grida: «Bravo Tsipras! Bravo! Referendum. Voce al popolo». L’altro, invece, non dice niente. E’ lì con la nipote, una ragazza che è il ritratto della paura: «Ritiriamo quel poco che avevamo messo da parte. Questo è il decimo prelievo consecutivo. Non sappiamo se lunedì le banche riapriranno».

Era quasi l’una di venerdì notte, in piazza Exarchia, la piazza degli anarchici e dei comunisti, quando è scoppiato un boato da stadio. Applausi, abbracci, lacrime. Nei giardini affollati, correva birra a fiumi. «Referendum, referendum», cantavano allegri. E Varoufakis, il ministro delle Finanze, aveva appena scritto su Twitter: «Lasciamo che decida la gente. E’ buffo come suoni radicale questo concetto...». E sembrava soltanto un’ottima mossa di Syriza - il partito al governo - per smarcarsi dalla Troika e riprendersi la sua gente. Ma il referendum del 5 luglio è stato rispedito al mittente nel giro di mezza giornata. Per l’Eurogruppo arriva fuori tempo massimo. La scadenza per negoziare era il 30 giugno. Mancano 3 giorni. La Grecia sta per essere accompagnata alla porta come uno di quegli ospiti troppo esuberanti. E tutti gli applausi notturni, tutta quella euforia malinconica, il pugno del pensionato in ciabatte, ogni cosa pareva insensata: non c’era più tempo di scegliere. Come era surreale la discussione parlamentare di ieri notte. 

I venditori di semi di zucca portavano i loro carretti in piazza Syntagma. Arrivavano i ragazzi con gli skate. I turisti salivano e scendevano in continuazione dai taxi gialli. Si annunciavano due diverse manifestazioni di protesta. E loro - i parlamentari greci - discutevano di un referendum per decidere se accettare o non accettare la proposta dei creditori. Tsipras, con la camicia bianca e senza cravatta, beveva bicchieri d’acqua, con alle spalle la bandiera Greca e quella dell’Europa. Il suo alleato di coalizione, Panos Kammenos, concludeva così il suo intervento: «Dire no alla loro proposta era l’ultima possibilità di salvare il popolo greco da questa catastrofe». Applausi in aula. 

Banche e supermercati 
Fuori, davanti ai bancomat, in centro come in periferia, incontravi il popolo greco. In coda con fatalismo. «Ho deciso di fare 1000 euro di spesa per sicurezza, nel caso iniziassero a scarseggiare i beni alimentari». Così diceva un signore, un padre. E poi c’era Dimitrios Frountzis, 31 anni, elettricista: «Questo è un giorno perfetto per i ladri. Tutti i greci hanno le case piene di contanti. E’ sbagliato farsi prendere dal panico, ma è difficile restare tranquilli». Georghe Resk, 35 anni, impiegato dell’aeroporto: «Io e mia moglie siamo molto preoccupati. Uscire dall’Europa sarebbe una sciagura». Maria Vorrias, proprietaria di uno dei ristoranti più eleganti di Atene: «Il nostro umore è grigio come il cielo. Siamo sospesi. Mancano le informazioni. Dovevamo fare di tutto per restare in Europa». 

Vicini al default 
E così, nel giro di 24 ore, Atene passava dalle urla di giubilo in piazza Exarchia, a quella passeggiata sotto al porticato dell’ex ministro dell’Interno: «Siamo falliti». Michalis Tsintsinisi è un editorialista di Ta Nea, il giornale più letto in Grecia: «Non siamo mai stati così vicini al default. L’unica possibilità di salvezza sarebbero le dimissioni del presidente della Repubblica. Nuove elezioni. Prendere tempo». Fuori, era di nuovo buio, come sono buie certe notti qui, piene di musiche dolci, cani e mendicanti sui marciapiedi. E il tempo sembrava davvero finito. 

Da - http://www.lastampa.it/2015/06/28/economia/corsa-a-bancomat-e-negozi-la-grecia-un-paese-sullorlo-dellabisso-ZjOY5UkRGvVH0omYG2wCeL/pagina.html


Titolo: Grecia, sondaggi smentiscono Alexis Tsipras: la maggioranza favorevole ad ...
Inserito da: Admin - Giugno 29, 2015, 05:49:52 pm
Grecia, sondaggi smentiscono Alexis Tsipras: la maggioranza favorevole ad accordo con i creditori

Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 28/06/2015 11:22 CEST Aggiornato: 48 minuti fa

"Sono certo che il popolo greco si solleverà davanti a queste circostanze storiche e dirà un sonoro 'no' all'ultimatum", ha affermato il premier Alexis Tsipras prima del voto in Parlamento. Ma non è detto che la mossa di sottoporre l'accordo con i creditori al popolo greco non gli riservi brutti scherzi. La decisione del premier di Atene di indire il referendum il prossimo 5 luglio per chiedere ai greci se fare o meno l'accordo con le istituzioni internazionali può infatti riservare delle sorprese, lo dicono i sondaggi. Come riporta la Reuters, la rilevazione fatta dall'istituto Alco e pubblicato su Proto Thema, dice che il 57 per cento delle mille persone intervistate è favorevole a un accordo, mentre il 29 per cento vorrebbe la rottura dei negoziati. Un 57 per cento quindi direbbe sì alle condizioni poste dai creditori, anche se a base di rigore e austerità.

Una tendenza confermata anche da un secondo sondaggio, fatto dalla Kapa Research: secondo questo istituto il 47,2 per cento degli intervistati si dice favorevole a un accordo, contro il 33 per cento che si dice contrario.

Un referendum che si farà: il Parlamento ha approvato nella notte la convocazione di una consultazione popolare indetta dal governo Tsipras per il 5 luglio, cioè domenica prossima, quando i cittadini greci saranno quindi chiamati a scegliere se accettare o rifiutare le condizioni poste dai creditori internazionali per l'accordo sul debito. In aula, dove siedono 300 deputati, il sì al referendum ha avuto l'appoggio non solo dei due partiti di governo, cioè Syriza di sinistra e Greci indipendenti di destra, ma anche del partito neonazista Alba dorata. Dopo un dibattito di oltre 14 ore, la votazione si è conclusa con 178 sì, 129 no e nessun astenuto.

La discussione in Parlamento si svolgeva proprio mentre l'Eurogruppo riunito a Bruxelles decideva di non concedere alla Grecia la proroga del piano di salvataggio oltre il 30 giugno, che era stata chiesta da Tsipras per consentire ai cittadini di votare senza pressioni. In pratica il programma di salvataggio della Grecia e di conseguenza gli aiuti, senza l'accordo, si interromperanno il 30 giugno. L'intesa con i creditori era necessaria per sbloccare l'ultima tranche di aiuti di salvataggio da 7,2 miliardi, che avrebbe consentito ad Atene di ripagare al Fondo monetario internazionale un prestito di 1,6 miliardi di euro che deve restituire entro il 30 giugno ed evitare il default.

L'annuncio shock del referendum era giunta da Tsipras venerdì sera, dopo che l'ultimo round di colloqui con i creditori non aveva dato i risultati sperati. L'accordo proposto dalle istituzioni, secondo Tsipras, è un'offerta "barbara e umiliante". L'esecutivo non accetta la condizioni, ma ha deciso che a scegliere saranno i cittadini: Tsipras ha chiesto ai greci di pronunciarsi per il no, ma al tempo stesso ha promesso che lascia la porta aperta a un accordo.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/28/sondaggi-grecia-tsipras_n_7680616.html?utm_hp_ref=italy


Titolo: Danilo Taino Declino Grecia, gli errori (e le colpe)
Inserito da: Admin - Giugno 30, 2015, 06:29:10 pm
Declino Grecia, gli errori (e le colpe)

Di Danilo Taino

Dunque, alla fine lo hanno fatto: Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis hanno spostato sulle spalle dei cittadini greci l’alternativa tra l’accettare il programma dei creditori, e dunque restare nell’Unione monetaria, oppure rifiutarlo, e quindi avviarsi verso l’uscita. In nome di un’idea oscillante di democrazia: io, governo, ho fallito nelle trattative; ora vedi tu, popolo. Una scelta pasticciata, che fa precipitare la situazione ma che Syriza ha tenuto come una carta da giocare nel finale di partita sin dal momento in cui ha vinto le elezioni, lo scorso25 gennaio. Qualsiasi sia il risultato del referendum indetto per domenica prossima, la crisi che si è aperta è probabilmente la più grave nella storia dell’Unione europea, non solo dell’Eurozona.

Le responsabilità sono in gran parte del governo di sinistra di Atene. Durante l’intera trattativa con i creditori (Ue, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale), il premier Tsipras e il ministro delle Finanze Varoufakis non hanno mai dato l’idea di agire in buona fede, con l’obiettivo di raggiungere un accordo. Non hanno mai preso in considerazione seriamente l’idea di introdurre riforme capaci di fare della Grecia un Paese che riesce a competere sui mercati internazionali; hanno respinto proposte sempre più a loro favorevoli; hanno fatto passi indietro su decisioni prese dai governi precedenti. Soprattutto, hanno convinto i partner di puntare solo al denaro degli europei, senza dare in cambio garanzie. La decisione di indire il referendum - un abbandono di responsabilità, anche se si trattasse di una folle tattica negoziale per piegare i creditori - ha chiuso il cerchio.

Ciò non significa che gli altri 18 membri dell’Eurozona si siano mossi in modo brillante. È mancata una leadership capace di dare il senso politico di quanto stava succedendo. I negoziati tecnici, inevitabili, sono rimasti il solo terreno di trattativa. Anche Angela Merkel non è riuscita a sviluppare un minimo di leadership che spostasse la discussione da un mero confronto contabile tra creditori e debitore a una prospettiva politica che rendesse difficile a Syriza di rifiutare un accordo.

In cinque mesi di negoziato - di applicazione della Teoria dei Giochi, direbbe Varoufakis - l’unica istituzione a svolgere un ruolo è stata la Bce di Mario Draghi. Non solo perché, nonostante la precarietà della situazione, ha continuato a fornire alle banche greche iniezioni periodiche di liquidità di emergenza che hanno consentito loro di non farle fallire, di fronte ai massicci prelievi dei cittadini preoccupati dalla possibilità di ritrovarsi i conti correnti denominati in dracme. Soprattutto perché, con il programma di acquisto mensile di 60 miliardi di titoli sui mercati, Draghi ha creato le condizioni per attutire il possibile effetto di contagio della crisi ellenica.

A questo punto, la Bce dovrà muoversi all’interno delle regole, che le impediscono di fornire liquidità alle banche se non c’è in essere un programma di aiuti per la Grecia (scade martedì). Sarà però necessario fare un salto di qualità, dare l’idea non solo che la Grecia è un caso irripetibile ma anche che l’Eurozona impara dalle crisi e sa ridisegnare l’architettura che sostiene la moneta. In passato, Draghi e Merkel hanno saputo sviluppare una leadership congiunta su questo terreno: sono di nuovo alla prova, quella più dura. E più importante: anche per i greci.

28 giugno 2015 | 09:08
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/editoriali/15_giugno_28/grecia-default-errori-colpe-editoriale-taino-001ffd26-1d5e-11e5-8ee0-8912bb49d278.shtml


Titolo: Il gioco d’azzardo di Tsipras e l'Europa miope...
Inserito da: Arlecchino - Luglio 04, 2015, 08:45:49 am
Arlecchino
   
 Oggetto del messaggio: Il gioco d’azzardo di Tsipras e l'Europa miope...

Messaggio Inviato: sab lug 04, 2015 06:46 am

   

Le responsabilità ci sono e risultano evidenti quando, oggi, si cerca di capire la tragedia economica greca (che viene da lontano).

Un tempo certe scelte e molte azioni della Sinistra-sinistra le definivo frutto della "stupidità politica", oggi sono di parere diverso nel senso che il seguitare con quel modo di agire e quel motivare le loro azioni è cinismo egoista allo stato brado.

Non sono politici stupidi a livello di leader ma continuano a cercare la sopravvivenza attraverso la solita (da 90 anni almeno) propaganda dell'essere "contro" qualcuno o qualcosa. Non è il caso di farlo qui ma ognuno può andare a rivedere quanto ha raccolto la Sinistra-sinistra dagli anni venti del 900 ad oggi. Quanto è costato al popolo il loro modo di agire egoista, legato alla conquista del potere attraverso una ideologia falsamente presentata come sostegno e difesa dei più deboli?

Si dice che la Sinistra-sinistra agisca con metodi e tematiche graditi alla pancia della gente ... io penso che con i maschi siano arrivati un poco più in basso (almeno il loro insistere nel non evolversi lo fa pensare).

Tornando alla Grecia e al popolo greco noi dobbiamo rifiutare il cinismo falso e furbo, di chi vola in Grecia per sostenere il No preoccupandoci, indipendentemente dal risultato di domenica, della situazione gravissima in cui si dibatte il Popolo greco. Popolo e Nazione tutta che devono essere sostenuti e accompagnati in modo razionale verso il loro riscatto morale, economico e politico.

Viva la VERA Democrazia in Grecia.

ciaoooo


da forumista.it


Titolo: Grecia, il fronte del 'Sì' e del 'No' riempiono le piazze ad Atene.
Inserito da: Arlecchino - Luglio 04, 2015, 08:50:09 am
Grecia, il fronte del 'Sì' e del 'No' riempiono le piazze ad Atene.
Tsipras: "Oggi è una festa della democrazia"
Scontri poco prima dell'inizio della manifestazione in piazza Syntagma

03 luglio 2015
   
ATENE - Migliaia di persone sono scese in piazza ad Atene per partecipare alle due manifestazioni contrapposte una a favore del 'No' e una a favore del 'Sì' per il referendum di domenica, in cui i greci sono chiamati a esprimersi sulla proposta di accordo presentata dai creditori internazionali. Il fronte del 'No' si è dato appuntamento a piazza Syntagma, per ascoltare il discorso del premier Alexis Tsipras, mentre i manifestanti che difendono il 'Sì' hanno scelto lo stadio Kallimarmaro, che ospitò le prime olimpiadi moderne. Circa 40.000 manifestanti si sono più o meno equamente divisi tra i due cortei.

"Oggi è la festa della democrazia, che ritorna in Europa. Tutti gli occhi dell'Europa sono sul popolo greco. Festeggiamo la vittoria della democrazia ha detto -  Tsipras nel suo discorso - . Oggi festeggiamo e cantiamo per superare la paura e i ricatti. Oggi tutta l'Europa guarda voi, il popolo greco. Abbiamo una grande occasione: far ritornare la democrazia in Europa". Tsipras ha dichiarato che i greci sono determinati a riprendere i problemi nelle loro mani" e dicono 'No' agli ultimatum. "Domenica non decidiamo semplicemente di stare in Europa, decidiamo di stare in Europa con dignità. La ragione è dalla nostra parte, vinceremo", ha aggiunto.

Poco prima dell'inizio dei cortei scontri sono scoppiati fra la polizia e gruppi di manifestanti. Gli agenti hanno lanciato granate stordenti. Secondo alcuni testimoni, un gruppo di circa 300 persone con il volto coperto dai passamontagna ha cercato di forzare un cordone di poliziotti posto all'inizio di via Ermou, che si immette nella centralissima piazza Syntagma dove è incominciata poco dopo la manifestazione a favore dei "No" al referendum. La polizia ha bloccato gli aggressori esplodendo candelotti lacrimogeni.

Negli ultimi sondaggi si fa sempre più stretto il margine di differenza tra l'una e l'altra fazione. Un sondaggio citato dal quotidiano Avgi parla del "no" in vantaggio al 43%, ma il "sì" incollato al 42,5%. Gli indecisi sono ancora moltissimi.
© Riproduzione riservata
03 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2015/07/03/news/grecia_migliaia_di_persone_a_syntagma_per_no-118286495/?ref=HREA-1


Titolo: Grecia, Gawronski Bce la sta spingendo fuori dall’Euro per costringerla a cedere
Inserito da: Admin - Luglio 04, 2015, 08:55:47 am
Grecia, Gawronski: “Bce la sta spingendo fuori dall’Euro per costringerla a cedere”
L'economista: "La Banca Centrale Europea ha bloccato la fornitura della liquidità d'emergenza invece di garantire la liquidità agli istituti com'è suo obbligo, rinnegando il 'whatever it takes' pronunciato da Mario Draghi.
In questo modo il sistema greco crolla, perché domani si presenteranno agli sportelli frotte di depositanti spaventati per avere indietro i loro soldi e la loro banca non glieli potrà dare.
Francoforte non è indipendente, ma si è schierata con i creditori"

Di Marco Pasciuti | 3 luglio 2015

Piergiorgio Gawronski, economista, perché invece di puntare a riavere indietro una parte dei prestiti ma a riaverla con certezza, i creditori continuano a chiedere indietro l’intera somma, sapendo che non riusciranno mai a ottenerla?

“Ci sono tre motivi. In primo luogo Bruxelles vuole difendere il principio secondo cui l’austerità è la strada giusta: Tsipras ha sfidato l’ortodossia anche sul piano ideologico, e quindi l’Ue non può, non vuole dargli ragione. La seconda motivazione risale al 2010, quando la Grecia stava facendo default nei confronti delle banche e l’Ue è subentrata come creditore al posto degli istituti. In questo modo i governi Ue hanno fatto un enorme favore alla banche, a scapito di noi contribuenti; e hanno messo gli interessi dei tax-payers europei contro quelli dei greci. Poi hanno costretto la Grecia a sobbarcarsi a ulteriore debito, ben sapendo che era insostenibile (il FMI lo scrisse nero su bianco nel 2010). Infine, per farci credere che Atene avrebbe ripagato questo debito, l’hanno sottoposta a una “cura” di stupida, intensa austerità che ha distrutto il Paese. Ora i governi europei vogliono evitare di renderne conto ai rispettivi elettorati e per questo vogliono continuare con questa finzione: il debito della Grecia deve continuare a ‘stare in piedi’ contabilmente, anche se solo grazie a nuovi prestiti, anche se continua a salire a causa degli interessi. Di pari passo, deve continuare l’austerità. Terzo motivo: se ci si rendesse conto che l’errore originario è stato quello delle banche tedesche e francesi – che furono incaute nel prestare i soldi alla Grecia – allora Bruxelles non potrebbe più chiedere le riforme strutturali ai Paesi in difficoltà”.

Tsipras ha deciso di interpellare il popolo greco: decisione giusta o populismo?
“Decisione giusta. La Grecia va incontro a un futuro durissimo, per questo Tsipras ha bisogno di ricompattare il Paese, prima di affrontare il guado”.

 Come giudica l’operato della Bce?
“La Bce ha affondato la Grecia. Lo ha fatto quando ha bloccato l’Ela (fornitura di liquidità di emergenza, ndr). Ha rinunciato al suo compito più fondamentale, quello di fare il prestatore di ultima istanza quando c’è una crisi bancaria. Anzi, questa crisi l’ha fomentata nei mesi scorsi, lasciando trapelare le sue intenzioni. Francoforte ha violato i suoi mandati, e ha perso credibilità: già ne pagano le conseguenze i Btp, i Bonos, i titoli pubblici portoghesi... E il conto sarà molto salato.

La Bce ha continuato a erogare la liquidità di emergenza fino a che il governo greco non ha deciso di chiudere banche.

“Tutti cadono in questo equivoco, ma le cose non stanno così. Le banche centrali di tutto il mondo hanno l’obbligo di fare da prestatori di ultima istanza, cioè di garantire la liquidità del sistema bancario: quando aumentano i prelievi, le banche centrali aumentano il livello di liquidità agli istituti. Anche nel caso della Grecia, man mano che aumentavano i prelievi la Bce ha offerto la liquidità necessaria. Tuttavia arrivata a quota 89 miliardi, Francoforte, cedendo alle pressioni dei governi creditori, ha deciso di fermarsi. Ha detto in sostanza: ‘oltre questo non andiamo’ rinnegando il ‘whatever it takes‘ pronunciato da Draghi (il 26 luglio 2012 il governatore della Bce affermò che avrebbe “fatto di tutto per salvare l’euro”, ndr). In questo modo il sistema bancario greco crolla, perché domani si presenteranno agli sportelli frotte di depositanti spaventati per avere indietro i loro soldi, e la loro banca non glieli potrà dare. In quel momento gli istituti falliranno. Per evitarlo Tsipras ha chiuso le banche, ma il rimedio non può durare che qualche giorno”.

Francoforte avrebbe deciso di far fallire il sistema bancario greco, quindi.
“Sì, ha deciso che la Grecia se non si piega deve uscire dall’euro. In questa situazione infatti, se la Bce non dà liquidità, ad Atene resta una sola possibilità: stampare un’altra moneta, chiamiamola dracma, ricapitalizzare le banche con quest’ultima, fare una legge che converta i depositi in dracma e dare ai depositanti la possibilità di prelevare le dracme. In quel momento il sistema bancario ricomincia a funzionare. Poiché l’articolo 1 dello statuto della Bce dice che non possono coesistere due monete in un Paese dell’euro, automaticamente la Grecia si ritrova fuori dalla moneta unica anche dal punto di vista giuridico “.

Per quale motivo la Bce avrebbe preso una decisione simile?
“Perché non è una banca centrale indipendente. È una banca centrale che si è schierata con una delle due parti in causa, i creditori. E per piegare i greci non ha esitato a usare la politica monetaria, che invece dovrebbe essere al di sopra degli interessi politici particolari. I timori di ‘perdite’ sono infondati; eventuali perdite sarebbero a carico della Banca di Grecia; e in ogni caso perdite delle banche centrali, quando fanno i prestatori di ultima istanza, fanno parte del loro mestiere”.

Per i greci l’uscita dall’euro sarebbe la soluzione migliore?
“Temo di sì, e non sarà una passeggiata. Ma seguire ancora una volta i voleri della Troika equivale a condannarsi a ripagare il debito in eterno: perché a ogni giro di austerità la somma aumenta (rispetto al Pil), e serve sempre nuova austerità. Quello che accade oggi in Grecia, fatte le debite proporzioni, mi ricorda quello che accadde nel ghetto di Varsavia nel ’43: quando gli ultimi sopravvissuti si ribellarono al graduale genocidio attuato dai nazisti. In Grecia il Pil è già sceso del 29%, la disoccupazione è al 26% e con la proposta Ue salirebbe al 30%, i giovani emigrano in massa, e gli ultimi asset sono in vendita: è una situazione insostenibile. Per evitare questa lenta distruzione, Tsipras gioca la carta disperata della possibile uscita. Secondo me, di fronte ai giorni bui che – in ogni caso – si profilano, invece di spremere ancora la Grecia, l’Europa farebbe meglio ad aderire alla proposta di Rogoff e programmare un intervento di tipo umanitario”.
di Marco Pasciuti | 3 luglio 2015

DA - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/03/grecia-gawronski-bce-la-sta-spingendo-fuori-dalleuro-per-costringerla-a-cedere/1837767/


Titolo: Caro Galbraith chi delude coloro che sbagliano prese di posizione non ha torto..
Inserito da: Admin - Luglio 05, 2015, 09:46:45 am
James Galbraith, il consigliere di Varoufakis: "Matteo Renzi ci ha deluso. Ha sposato una minaccia vergognosa"

Pubblicato: 04/07/2015 13:34 CEST Aggiornato: 4 ore fa

ATENE - E' stato l'ombra e il fedele consigliere di uno dei protagonisti della crisi greca, il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. Lo ha seguito dappertutto in questi quattro mesi. E a poche ore dal referendum che può segnare il destino dell'Eurozona, è ancora ad Atene, al ministero delle Finanze, in compagnia del ministro greco. James Galbraith, docente all'università di Austin ha tutte le doti tipiche di un consigliere, tranne una: la diplomazia. E a meno di 24 ore dal voto usa parole durissime nei confronti dei nemici di Atene. Uno schieramento in cui Galbraith arruola anche il nostro presidente del Consiglio. "Ci ha delusi, è stata una follia la sua presa di posizione di lunedì", dice Galbraith riferendosi al tweet in cui il premier spiegava che un no avrebbe voluto dire scegliere di uscire dall'euro, come avevano suggerito anche altre Istituzioni europee: "Una minaccia vergognosa", accusa Galbraith, "che Renzi ha deciso di sposare"

Professore, torniamo indietro un attimo, osservando da fuori è sembrato che in questi questo mesi di trattative il negoziato abbia cominciato a muoversi veramente soltanto all’inizio di giugno. Come se nelle settimane precedenti le proposte di Atene non fossero mai state prese sul serio. E’ così?

"Non penso. Ci sono state discussioni intense fin dall’inizio. Il problema è che le posizioni dei creditori sono rimaste immutate fino alla fine di giugno, quando il programma era in scadenza. Un programma che di fatto era stato rigettato dal popolo greco con le elezioni di gennaio. Per il nuovo governo, proseguire lungo quella linea era inaccettabile, ma le Istituzioni hanno deciso di mantenerla comunque fino alla fine. L’esecutivo di Tsipras è arrivato a questo punto perché ha capito che da parte dei creditori non era stata fatta nessuna sostanziale concessione alla Grecia. L’obiettivo era respingere in toto la politica del suo governo".

Eppure questo scenario sembra una sconfitta per tutti. Crede che ci siano stati errori nel negoziato da entrambe le parti?
"L’errore principale è stato commesso nel 2010, quando invece di ristrutturare e cancellare un debito chiaramente insostenibile è stato coinvolto il Fondo Monetario con l’obiettivo i salvare i creditori privati, specialmente le banche francesi e tedesche. Il secondo catastrofico errore è stata la previsione che la ricetta messa a punto per la Grecia avrebbe portato a una ripresa, quando invece ha causato un calo del 25% del Pil negli anni della crisi. Anche il programma di acquisto di titoli SMP da parte della Bce è stato uno sbaglio e la lista potrebbe ancora continuare".

Qui si parla però degli anni passati. Rispetto a questi quattro mesi Grecia e creditori hanno qualcosa da rimproverarsi?
"Direi che il governo greco ha negoziato in buona fede e con dignità. Forse è stato difficile capire per tempo quanto sarebbero stati intransigenti i creditori, ma non mi sento di biasimare Tsipras per questo, perché serve tempo per capire su cosa si può veramente trattare".

E i creditori?
"Hanno semplicemente immaginato che il governo greco alla fine avrebbe ceduto su tutta la linea. Sono abituati a dare per scontato che ogni nuovo governo che va al potere alzi la voce in Europa ma poi alla fine finisca per allinearsi, come ha fatto il governo francese di François Hollande. Hanno scoperto che il governo era diverso e non era disposto a cedere e per questo si sono spazientiti ed esasperati".

Crede che il governo greco si aspettasse un maggiore supporto da parte dei Paesi socialisti in Europa, compreso il nostro?
"Come si ricorda, all’inizio del suo mandato Yanis Varoufakis ha fatto un tour in Europa per incontrare i ministri dei governi di Centrosinistra. Ma da quei momenti e dai primi incontri con i ministri dell’Eurozona è parso subito chiaro che non ci potevano essere illusioni da parte del governo greco. C’era un fronte all’interno dell’Eurogruppo, con la Spagna il Portpgallo e l’Irlanda in testa, che ha fatto fin da subito capire che per loro Syriza era un pericolo, perché avrebbe spinto i partiti di sinistra in vista delle prossime elezioni.

E riguardo all’Italia?
Tutti i partiti socialisti europei, incluso il Pd, hanno guardato con sospetto a Tsipras fin dall’inizio. Il motivo è semplice, sono affiliati con una forza, il Pasok, che è stato praticamente cancellato proprio da Syriza.

Insomma non esiste un alleato in Europa per Syriza
"Se vincerà in Spagna, Podemos. E se ciò accadesse penso che questo possa portare a un cambio di atteggiamento anche da parte del governo italiano".

In che senso?
Devo dire che una delle cose che ha maggiormente deluso me e molte persone qui in Grecia è stata la presa di posizione di Matteo Renzi lunedì. Ha sposato quella vergognosa minaccia lanciata dall’Europa, per cui se i greci avessero votato no avrebbero scelto l’addio all’euro. Non avrebbe dovuto farlo. Una posizione del genere, così dura, poteva prenderla la Germania, ma non un Paese come l’Italia che sta ancora affrontando una crisi. E non è finita, secondo Bloomberg, i ministri delle Finanze europei sarebbero d’accordo su un sostegno alla Grecia anche in caso di no. Hanno capito che i costi di un’uscita dei Atene dall’ euro sarebbero enormi e maggiori di quelli da sostenere per mantenerla dentro. In altre parole hanno sgonfiato la minaccia fatta da Renzi lunedì e ha reso il suo posizione veramente assurda, folle".

Pensa che Tsipras si aspettasse una tale radicalizzazione delle posizioni europee?
"Non sono cosa Tsipras avesse in testa all’inizio, ma so che Varoufakis non ha mai avuto grandi illusioni. Anche nei vertici europei, i colleghi si sono dimostrati gentili, anche Schaeuble nelle conversazioni private, ma fin da subito si sono dimostrati molto chiari sul fatto che non sarebbero stati in grado di offrire qualcosa di sostanzialmente diverso da quanto previsto dal memorandum".

Poniamo per ipotesi che vinca il sì. Pensa che Tsipras si dimetterà? E’ possibile che, una volta che questo fosse il mandato del popolo greco, il premier decida di sottoscrivere un accordo contro cui si è deliberatamente schierato?
"Lo scopriremo la domenica sera, ma penso che sia molto difficile che Alexis accetti questa resa, cioè accetti di portare avanti questo programma. Peraltro lo stesso Varoufakis ha detto pubblicamente che si dimetterà in caso di sì".

Lei è un amico stretto di Yanis Varoufakis. In questi mesi è stato spesso al centro di molte polemiche per la sua sovraesposizione mediatica. E’ sempre stato rappresentato come un uomo molto sicuro di sé. Ora la Grecia è al bivio, come sta vivendo questa responsabilità così forte?
"Yanis è un uomo molto riflessivo. Sarebbe ingiusto fare una valutazione su di lui solo basandosi sulle apparizioni Tv, perché quelle rappresentano solo una parte del personaggio".

Ma sono stati mesi molto duri. All’Eurogruppo di Riga ad esempio, alla fine di aprile, quando secondo alcune indiscrezioni venne definito un “dilettante”. Crede abbia mai pensato di dimettersi?
"Sì, credo ci siano stati dei momenti. Ma so per certo che non al vertice di Riga. Yanis ha registrato quell’incontro e quelle cose non sono mai state dette, le dichiarazioni circolate dopo sono assolutamente false. Il punto è che Yanis rappresentava una minaccia politica, siccome non c’erano riposte politiche da contrapporgli, hanno provato a screditarlo, spostando la questione sul piano personale".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/07/04/james-galbraith-renzi_n_7726256.html?utm_hp_ref=italy


Titolo: Grecia, governo che travisa la realtà per cinismo o è incapace di comprenderla
Inserito da: Admin - Luglio 05, 2015, 10:11:56 am
La Grecia sulla via del referendum: sondaggi falsi, psicosi politica e caos
Zona euro
Una rilevazione della società di Gpo dava in vantaggio i sì: cinque ore dopo la diffusione è stata ritirata con un comunicato al vetriolo e minaccia di querele. Non era inventato ma incompleto, però una “manina” l’ha passato a quotidiani e siti prima che fosse ultimato.
Un caso che si aggiunge all'economia bloccata e dal ricorso al Consiglio di Stato sulla incostituzionalità del referendum stesso, che ha come effetto quello di aumentare ulteriormente il disordine

Di Francesco De Palo | 2 luglio 2015

La strada del referendum si complica maledettamente, ma questa volta la cancelliera Angela Merkel non c’entra affatto. E’ tutto interno il magma caotico che sta avvolgendo la Grecia, i suoi cittadini e anche i media con un sondaggio della società di rilevazioni Gpo che dava i “sì” in vantaggio prima diffuso dai giornali e, poi, ritirato dopo un comunicato al vetriolo della stessa azienda che minaccia querele. Tutti i giornali ellenici l’hanno pubblicato, ma il punto è che era incompleto, però una “manina” l’ha passato a quotidiani e siti prima che fosse ultimato e, quindi, reso ufficialmente pubblico. Per la cronaca è l’unico degli ultimi giorni che dà in vantaggio il sì, mentre altri tre come Palmos, Focus e Pro Rata portano un vantaggio del “no”. Un altro mistero che, in ogni occasione politica di rilievo, torna a fare capolino nelle vite dei greci, come gli attacchi terroristici dei rivoluzionari avvenuti nel paese negli ultimi dieci anni: sempre in curiosa concomitanza di una elezione o di una crisi governo.

Un altro caso quello del sondaggio, l’ennesimo in questa crisi già zavorrata dal ricorso al Consiglio di Stato sulla incostituzionalità del referendum, che ha come unico effetto quello di aumentare la psicosi sociale a cui la politica non si sottrae. Il ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis ha abbandonato in fretta e furia gli studi di una trasmissione televisiva, troppe domande equivoche e un fuori onda sulla dracma pare non gradito. Spyros Sagias è segretario generale del palazzo Chigi di Atene: non va nel suo ufficio dallo scorso 29 giugno dal giorno in cui, secondo la stampa greca, avrebbe avuto uno scontro con i ministri Varoufakis, Pappas e Voutsis. Inoltre quattro deputati di Anel, la formazione di destra al governo con Tsipras (Vassilis Kòkkalis, Dimitri Kamenos, Nikos Mavraganis, Tanasis Papaxristopoulos) hanno annunciato che voteranno sì, aprendo di fatto anche un caso politico nella maggioranza. E l’estroso Varoufakis dice che sarebbe pronto a tagliarsi una mano pur di non firmare un accordo che non preveda l’haircut del debito, pensando già agli scenari che si apriranno da domenica notte in poi. E rafforzando la volontà espressa a Bloomberg tv di un suo passo indietro in caso di vittoria del sì.

Intanto il governo nello spot di lancio della consultazione porta numeri e dati che fotografano quattro anni di austerity imposta dalla troika: “Dal 2010 al 2015 il 35% in più di suicidi, e il 270% in più di depressi”. E ancora, disoccupazione alle stelle e potere di acquisto diminuito sino ad oggi al pari dei salari del 25%. Una voce fuori campo recita: “Non vogliono un compromesso, ma un’umiliazione. Non vogliono risolvere, ma continuare verso una morte lenta. Vogliono la fine della democrazia. Glielo lascerai fare? No. Per una Grecia dignitosa. Per un’Europa democratica”.

“Dimissioni di Varoufakis? Io non sono informato di una cosa del genere, ma poco importa – dice a Ilfattoquotidiano.it Vassilis Primikiris, membro della Segreteria Nazionale di Syriza – . Andiamo avanti per il no, per due motivi, uno democratico ed uno economico. Circa il primo, non è possibile sopportare attacchi come quelli subìti negli ultimi giorni solo perché abbiamo deciso di indire un referendum. Non capisco cosa temano. Perché un popolo non può decidere quale scelta fare? Lo dico chiaro: questo non è un referendum pro o contro l’euro, ma sulle politiche di austerità portate avanti dalla troika”. Il dirigente vicino all’ala integralista che fa capo al ministro dell’energia Lafazanis si chiede. “Perché la Bce ha interrotto la liquidità costringendoci a chiudere le banche nel Paese? E’ stata una mossa per far sì che, tramite le banche, il governo greco facesse un passo indietro e annullare il referendum. Per questo insisto che è una questione di democrazia e di sovranità popolare. Per questo noi quel passo indietro non lo faremo”.

twitter – @FDepalo
Di Francesco De Palo | 2 luglio 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/02/la-grecia-sulla-via-del-referendum-sondaggi-falsi-psicosi-politica-e-rischio-caos/1837965/


Titolo: Paolo Becchi Tsipras, la piccola Grecia sta per abbattere il mostro di Bruxelles
Inserito da: Admin - Luglio 05, 2015, 10:14:27 am
Zonaeuro
Tsipras, la piccola Grecia sta per abbattere il mostro di Bruxelles

Di Paolo Becchi | 27 giugno 2015

Alla fine Tsipras è andato a vedere la proposta di Schäuble, uno degli architetti del rigore burocratico, che qualche mese fa che nel suo consueto stile da freddo tecnocrate, aveva quasi sfidato la Grecia a indire il referendum sulle proposte dei creditori.

Tsipras lo ha preso in parola e con una mossa astuta e sorprendente ha rovesciato il tavolo, quando ieri nel suo discorso alla nazione annunciava il referendum che si terrà domenica 5 luglio. Impossibile raggiungere un accordo, le due parti sono troppo distanti e secondo alcuni resoconti la Merkel ad un certo punto della trattativa avrebbe persino zittito Tsipras, che cercava di convincere il consesso degli eurocrati sulla bontà delle sue proposte. Forse è stato in quel momento che Tsipras ha avuto l’idea di sbloccare lo stallo di una trattativa che nei fatti non è mai esistita, in quanto in Europa si dettano le condizioni e i termini da osservare e null’altro.

La piccola Grecia sta facendo crollare i palazzi della tecnocrazia e dell’austerity che erano stati descritti come solidi e incrollabili. Nei mesi passati di questa trattativa, si erano alternate diverse emozioni e sensazioni quando si seguiva l’interminabile melina delle discussioni a Bruxelles. Alcuni non credevano che Tsipras fosse in grado di portare fuori il suo Paese da questo carrozzone impazzito. Altri vedevano in lui quelle doti di saggezza e di sagace diplomazia che un passo alla volta lo mettevano nelle condizioni di non piegarsi ai diktat di Bruxelles. La missione non è ancora compiuta, ma a questo punto la sua è stata comunque una vittoria. Se i greci dovessero votare no alle proposte dei creditori, e ci sentiamo di dire che questa è l’opzione più probabile, ciò starebbe a significare che per la Grecia che non c’è altra via d’uscita dell’abbandono della moneta unica e il premier ellenico sarebbe pienamente legittimato a compiere questo passo. Se invece i greci dovessero votare a favore delle proposte, Tsipras potrà dire di aver interpellato il popolo e potrà applicare quelle proposte che lui stesso aveva definito come irricevibili.

Nel lasso di una settimana il popolo greco potrà scegliere il proprio destino e i pochi giorni che restano per decidere giocano a favore della politica di Tsipras, che si è opposto fermamente a quelle bozze che volevano un taglio verticale della spesa pubblica. Se la volontà dei creditori fosse stata realmente quella di recuperare il proprio credito, il buonsenso avrebbe suggerito di sospendere il pagamento degli interessi per un periodo sufficientemente lungo che avesse consentito alla Grecia di costruire le condizioni della crescita. Non è certo con gli avanzi primari, con il taglio delle pensioni e con le privatizzazioni che l’economia greca potrà tornare a crescere, quando tutte queste misure procicliche hanno il solo effetto di peggiorare ancora di più la già indebolita Grecia. Perché allora questo rifiuto insensato di concedere un po’ di ossigeno alla Grecia? Il dogma dell’euro e dell’austerity è quanto di più pericoloso per le democrazie europee che stanno rischiando di precipitare in quell’abisso che negli anni’20 creò le condizioni per far sorgere il nazismo in Germania.

John Maynard Keynes, uno degli economisti più importanti del’900, nel 1919 quando l’Europa uscì sepolta dalle macerie da una guerra durissima, intuì che addossare riparazioni di guerra troppo onerose alla Germania avrebbe destabilizzato l’economia tedesca e portato l’Europa sull’orlo di un nuovo conflitto. I politici che l’economista britannico definì “pazzi al potere”, non gli prestarono ascolto e preferirono infliggere alla Germania riparazioni gravose che portarono l’economia tedesca all’iperinflazione e alla disoccupazione: la reazione fu il nazismo. La lezione della storia non trova udienza nelle stanze dei governanti e Keynes, profondamente deluso, scrisse queste profetiche parole sugli esiti del Trattato di pace del 1919: “La politica di ridurre la Germania alla condizione di servitù per una generazione, di degradare la vita di milioni di esseri umani, e di privare una nazione intera della felicità dovrebbe essere ripugnante e detestabile, - ripugnante e detestabile anche se fosse possibile, e anche se arricchisse noi stessi. Alcuni la invocano in nome della Giustizia. Nei grandi eventi della storia dell’uomo, e nello svolgimento dei difficili destini delle nazioni la Giustizia non è così semplice. E se anche lo fosse, le nazioni non sono autorizzate, né dalla religione o dalla natura morale, ad addossare ai figli dei loro nemici le malefatte dei genitori dei governanti “. Se si sostituisce “Germania” con “Grecia”, avremo esattamente davanti agli occhi lo stesso scenario.

L’eurocrazia in nome di una giustizia decisa dai mercati finanziari, ha condannato il popolo greco e le future generazioni ad un orizzonte senza tempo, ad un limbo che non lascia né speranze né sogni al paese che fu per davvero la culla della civiltà occidentale, nonostante la dottrina razziale rediviva di Die Welt che rimprovera ai greci di non avere nulla a che fare con gli antichi greci e in quanto tali non degni di appartenere all’Ue. Questa è l’Europa a trazione tedesca che abbiamo di fronte, molto simile ad un apparato totalitario che nei suoi argomenti e portati ideologici non esita a ricorrere al concetto di razza spuria per giustificare la riluttanza della Grecia a piegarsi. Tsipras ha compreso che non può abbandonare il suo paese nelle mani delle tecnocrazie che per loro stessa natura odiano le masse, e chiede al suo popolo di sostenerlo in questa decisiva battaglia per “le nostre future generazioni, per la nostra storia e per la dignità e sovranità della Grecia”. Qualsiasi sarà l’esito c’è un punto fermo in tutto questo, ed è la sconfitta dei vertici europei che dopo mesi di totale rigidità e di assurda inamovibilità, escono sconfitti dalla ferma volontà del governo greco di non proseguire con l’austerity. Questa è una battaglia decisiva che può essere l’inizio del riscatto dei popoli europei che non hanno più intenzione di sposare la povertà in nome di teorie e ideologie che alla prova dei fatti si sono dimostrate fallimentari. Il falso dogma dell’euro irreversibile può davvero essere sconfitto e ora i greci possono dimostrarlo all’Europa intera.

Scritto in collaborazione con Cesare Sacchetti
di Paolo Becchi | 27 giugno 2015

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/27/tsipras-la-piccola-grecia-sta-per-abbattere-il-mostro-di-bruxelles/1821183/?utm_source=outbrain&utm_medium=widget&utm_campaign=obinsource


Titolo: Tsipras: "Accordo 48 ore dopo il referendum".
Inserito da: Admin - Luglio 05, 2015, 10:22:50 am
Tsipras: "Accordo 48 ore dopo il referendum".
Ma sul voto pende ricorso al Consiglio di Stato
Il premier: "Più forte sarà il no, migliore sarà l'intesa per i greci; altrimenti avremo quella cattiva che ci hanno proposto". Il ministro Varoufakis: "Se vince il sì mi dimetto". La suprema corte amministrativa chiamata a pronunciarsi contro la validità della consultazione: il verdetto atteso per domani sera. Moody's taglia nuovamente le stime sulla Grecia

Di G. BALESTRERI e R. RICCIARDI
02 luglio 2015
   
MILANO - L'agenzia di rating Moody's prende atto della distanza tra la Grecia e i suoi creditori internazionali e taglia nuovamente il merito di credito ellenico, cioè la stima della capacità di ripagare i creditori privati, che detengono una trentina di miliardi su un debito che ha massa da 300 miliardi. Standard&Poor's, altra agenzia di rating, fa conti minacciosi: il Pil reale della Grecia "scenderebbe del 20% sotto il livello base, in quattro anni", in caso di Grexit, peggiorando "la già disperata situazione delle banche greche". Ancora, per il Fmi le esigenze di Atene saranno di 50 miliardi da qui al 2018. Esigenze peggiorate negli ultimi tempi, accusa il Fondo monetario, "per la mancanza di riforme".

Tsipras: accordo 48 ore dopo il voto - Le notizie arrivano mentre si avvicina il referendum sulle proposte di Ue, Bce e Fmi, una consultazione che - in caso di vittoria del 'sì' e quindi dell'accettazione del piano dei creditori da parte dei greci - porterà alle dimissioni del ministro dell'Economia ateniese, Yanis Varoufakis e probabilmente del premier Tsipras ("Non sono uomo per tutte le stagioni", ha detto due giorni fa). Il capo del governo ha delineato i due scenari parlando stasera con la tv Antena: "Non bisogna trasmettere ai cittadini allarmismo - ha detto Tsipras - . Avremo un accordo 48 ore dopo il referendum. Questo accordo può essere il cattivo accordo che ci hanno proposto o uno migliore. Quanto più forte sarà il 'no', migliore sarà l'accordo". Un accordo che deve contenere una soluzione percorribile, ossia deve prevedere la ristrutturazione del debito greco. Se invece vincerà il 'sì', ha spiegato il premier, "avremo un accordo non sostenibile. Rispetterò il risultato sia quel che sia e avvierò i procedimenti previsti dalla Costituzione". Tsipras conferma dunque nuovamente la possibilità di dimissioni nel caso in cui esca sconfitto dalla consultazione di domenica, anche perché, dice, non pone la sua "poltrona" davanti "agli interessi della nazione". "Quello che posso garantire ai cittadini - ha detto - è che non ho mai mentito e non ho avuto il tempo di innamorarmi dell'incarico di primo ministro".

Il fronte dei creditori - "Aspettiamo il risultato del referendum, è il momento che i greci decidano il loro futuro", ripete il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker. Per il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, se i greci voteranno 'no' sarà "incredibilmente difficile" mettere in piedi un nuovo salvataggio, mentre il presidente francese Francois Hollande spera che vincano i 'sì', "altrimenti entreremmo in una dimensione sconosciuta". Oggi anche il Pasok, il partito socialista greco, ha inviato i suoi elettori e il popolo greco a votare sì "all'Europa e all'euro". Per bocca del presidente Gennimata, il Pasok chiede anche un summit dei leader dell'Eurogruppo: "Serve una estensione del programma di aiuti - dice Gennimata - bisogna trovare un onesto compromesso. La Bce deve assicurare liquidità per la Grecia e stabilità per il sistema bancario greco. Il nostro appello è innanzitutto rivolto al premier greco Tsipras. Il referendum polarizza e crea un falso dilemma. Una Grexit sarebbe catastrofica per la Grecia e disastrosa per l'Europa". Al Tg1, il presidente del Consiglio Renzi dice che la Grecia dovrà tornare al tavolo delle trattative: "Atene non uscirà dall'euro. Il referendum chiesto da Tsipras è stato un errore. Italia al sicuro. L'elemento chiave per me è uno: quattro anni fa emergenza Grecia, l'Italia era il problema, il contagio. Oggi emergenza Grecia, l'Italia non è più dalla parte degli imputati ma cerca insieme agli altri di trovare una soluzione".

Il referendum è dunque la linea sulla quale si gioca il futuro della Grecia. Sulla sua validità ha espresso pesanti perplessità il Consiglio d'Europa, ma ora a pronunciarsi anche sulla sua legalità sarà il Consiglio di Stato greco. Lo riferiscono fonti giudiziarie elleniche, secondo le quali il massimo tribunale amministrativo di Atene è stato chiamato a valutare la consultazione da un ricorso presentato da due cittadini, uno dei quali sarebbe un ex giudice del Consiglio di Stato vicino a Nea Demokratia, la formazione di centro-destra in campo in questi giorni a favore del sì. Secondo i ricorrenti, il referendum violerebbe la Costituzione in quanto pone un quesito che riguarda le finanze pubbliche, oltre a non essere esposto in termini chiari. Secondo le stesse fonti, 12 avvocati in gran parte vicini a Syriza avrebbero presentato un controricorso sostenendo la validità del referendum perché relativo a un problema di "sovranità nazionale". Il Consiglio di Stato, secondo le fonti, dovrebbe pronunciarsi entro domani sera.

Il taglio del giudizio. Moody's ha tagliato il rating della Grecia portandolo da Caa2 a Caa3, peggiorando cioè il livello fissato solo nello scorso aprile. Una mossa che gli analisti fanno "indipendentemente" dall'indizione del referendum di domenica, che rappresenta comunque un "rischio aggiuntivo" per i creditori privati. A pesare, comunque, è la distanza tra le richieste di Atene e la disponibilità delle istituzioni internazionali ad accogliere, per come si è mostrata chiaramente nell'ambito dei sette Eurogruppi convocati nelle ultime due settimane.

L'analisi dell'agenzia mira al cuore del problema: "Mentre negli ultimi anni è stato fatto molto sul fronte del deficit", cioè l'austerity sfrenata ha rimesso in attivo il bilancio dello Stato, "la Grecia ha avuto scarso successo nel realizzare riforme strutturali di lungo periodo". Insomma, la scarsa capacità di darsi obiettivi radicali e perseguirli rischia di rimanere nell'aria anche con un governo ben disposto verso i suggerimenti dei creditori e il ritiro del supporto internazionale rischia di restare un tema caldo a lungo: motivazione che spiega il taglio al giudizio. A questa debolezza si somma poi un debito al 177% del Pil che "è insostenibile e a un certo punto avrà bisogno di una ristrutturazione", per quanto riguarda almeno la parte detenuta dal settore pubblico (la ex Troika). Ma anche in questo caso, le difficoltà nel trovare una soluzione condivisa rischiano di ribaltarsi sui creditori privati (ai quali parla Moody's nella sua analisi) e in caso di ristrutturazione traumatica questi ultimi potrebbero essere chiamati a partecipare.

Ai dati dell'agenzia si aggiungono quelli del Fmi, per il quale la Grecia avrebbe bisogno di nuovi finanziamenti per 50 miliardi di euro (56 miliardi di dollari) fino al 2018 per far fronte all'insostenibilità del suo debito. Nella bozza preliminare del rapporto sulla sostenibilità del debito greco, l'istituto di Washington dice il debito di Atene "nel peggior scenario possibile" richiederebbe un 'haircut' di 53,1 miliardi di euro. Il Fondo rimarca chiaramente le responsabilità: le finanze della Grecia si sono ulteriormente deteriorate perchè Atene è stata troppo lenta nel varare le riforme economiche necessarie. Non a caso, dice il rapporto, lo scorso anno si prevedeva un calo del debito greco al 128% del Pil. Ora il debito è tornato a viaggiare verso il 150% entro il 2020.

Da ultimo, tornando a Moody's, c'è il problema del deteriorarsi della liquidità delle banche, accelerata con la corsa ai depositi mentre si imbastiva l'annuncio del referendum: secondo gli analisti i greci hanno ritirato circa 44 miliardi di euro dalla fine di novembre, facendo scendere la massa in giacenza nelle casse delle banche (che dipendono dai fondi d'emergenza della Bce, anch'essi ora congelati) a 120 miliardi.

Le urne e le dimissioni. Il referendum, dunque, è solo l'ultimo di una lunga serie di questioni, sebbene aggiunga un rischio molto alto alla miscela greca. A tre giorni dalla consultazione, scoppia anche un giallo su un sondaggio GPO citando da euro2day.gr. Il sondaggio direbbe che il 47% della popolazione è orientata verso il 'sì', quindi l'appoggio ai creditori, e il 43% verso il 'no', ma poi viene smentito dalla stessa società. Si può parlare comunque di una situazione incerta, nonostante da più parti si preveda la vittoria dei favorevoli all'accordo. In tal caso, è tornato oggi a precisare il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, a Bloomberg TV "rassegnerò le dimissioni se vince il sì". Varoufakis è tornato a chiedere "la ristrutturazione del debito, senza la quale non firmeremo alcun accordo". Ha anche annunciato che martedì riapriranno le banche.

Chi non si arrende all'idea di vedere l'Eurozona ri-precipitare nel caos è la Casa Bianca: Barack Obama ha chiamato tutti i leader Ue, Renzi incluso, per premere su un accordo. Sia Obama sia Renzi, ha riferito la presidenza Usa, hanno sottolineato come sia a Washington che a Roma i rispettivi gruppi di lavoro siano "in stretto contatto e monitorino gli sviluppi economici della Grecia così come dei mercati finanziari in generale". Segnale di speranza dal ministro Pier Carlo Padoan: "Continuo a essere ottimista sul futuro dell'Europa, al di là delle vicende che possono destare immediate preoccupazioni". Anche Matteo Renzi, intervistato dal Tg1, si è detto convinto che "la Grecia non uscirà dall'euro e dovrà tornare al tavolo in ogni caso e trattare su un programma di aiuto". Il premier ha ribadito che anche in caso di Grexit, "l'Italia non avrebbe particolari problemi".
Grecia, Padoan: "Sono ottimista sul futuro dell'Europa"

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02 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/07/02/news/grecia_moody_s_taglia_rating_referendum_aumenta_rischio_default-118129260/?ref=HREA-1


Titolo: Varoufakis: “Se vince il sì mi dimetto”
Inserito da: Admin - Luglio 05, 2015, 10:25:21 am
Grecia, nei sondaggi il sì al referendum supera il no. Varoufakis: “Se vince il sì mi dimetto”
Martedì l'appello del premier Alexis Tsipras in diretta tv.
Ma al quarto giorno con le banche chiuse e i controlli sui movimenti dei capitali, il fronte di chi vuole rifiutare le proposte della ex troika arretra.
Il ministro delle Finanze: "Piuttosto che accettare intesa senza ristrutturazione del debito mi taglio un braccio. Banche riaperte da martedì"

Di F. Q. | 2 luglio 2015

Il primo ministro greco Alexis Tsipras, in diretta tv, ha rivolto ai connazionali un nuovo appello per il ‘no’ al referendum. Ma la realtà dei fatti è che in base agli ultimi sondaggi il fronte del sì all’accettazione delle proposte della ex troika ha superato, anche se di poco, quello dei contrari. Secondo una nuova rilevazione della società Gpo il 47% degli intervistati è ora propenso a votare per l’accordo sulla base delle richieste dei creditori, mentre i favorevoli al no sono il 43%. Siamo dunque al testa a testa, mentre le interviste di mercoledì davano il sì al 37% e il no al 46%, con un’ampia fetta di indecisi (17%). Il rovesciamento arriva al quarto giorno con le banche chiuse, un tetto di 60 euro ai prelievi ai bancomat e limitazioni ai movimenti dei capitali, cosa che per i cittadini si traduce nell’impossibilità di fare qualsiasi acquisto via internet. In molte stazioni di servizio manca il carburante perché i proprietari non sono in grado di pagare i fornitori e sul fronte del turismo iniziano ad arrivare le prime cancellazioni di viaggi per la stagione estiva ormai imminente. Continuano poi le code dei pensionati davanti agli sportelli bancari riaperti appositamente per versare i trattamenti previdenziali, ma fino a una cifra massima di 120 euro. Questa mattina sono stati segnalati anche scontri tra le persone in fila.

E la prospettiva è di dover andare avanti così almeno fino a lunedì. Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, intervistato da Bloomberg tv, ha promesso che le banche saranno riaperte martedì 7. Intanto gli aiuti internazionali al Paese sono congelati perché il piano di assistenza è scaduto martedì notte e l’agenzia Moody’s ha tagliato il rating del Paese (che riguarda solo la capacità di ripagare i creditori privati) a Caa3 dal precedente Caa2 avvertendo che se i greci bocciassero la proposta dei creditori sottoposta a consultazione “aumenterebbe il rischio di un’uscita dall’euro che imporrebbe perdite significative ai creditori privati”. In questa situazione a poco è valso che Tsipras, in diretta tv, abbia ringraziato i connazionali per “la calma il coraggio che avete dimostrato in questa settimana”, chiedendo al tempo stesso di dire no all’austerity per “tornare a un’Europa di valori” e consentire al governo di ottenere “condizioni migliori soprattutto riguardo alla ristrutturazione del debito“.

Per To Vima “Tsipras dovrebbe scusarsi per le file di pensionati disperati” – Il quotidiano ateniese To Vima, che già ieri aveva chiesto al primo ministro greco di ritirare il referendum, rinnova la sua richiesta con un editoriale in cui auspica che Tsipras “capisca che il paese è tecnicamente e sostanzialmente in bancarotta a causa dei suoi errori e le sue decisioni”. Il primo ministro, si legge, avrebbe dovuto scusarsi per le code di pensionati disperati davanti alle banche invece di accusare “gli stranieri”. “Signor primo ministro, capisca di non poter portare il popolo verso un referendum divisivo“, continua il giornale, secondo cui, lungi dal facilitare il negoziato, una vittoria del no porterebbe “ad un’uscita dall’euro”. Quanto alla chiusura delle banche, nel suo discorso Tsipras ha promesso che sarà temporanea, ma To Vima accusa il primo ministro di essere “ben consapevole che il giorno dopo il referendum potrebbe esserci una situazione senza ritorno”.

Varoufakis: “L’Europa ha chiuso le banche per costringere greci a accettare accordo” - Varoufakis ha intanto annunciato, in un’intervista a Bloomberg tv, che se gli elettori domenica voteranno sì “darà le dimissioni”. D’altro canto lo stesso premier, due giorni fa, aveva rivendicato di non essere “uomo per tutte le stagioni”, anticipando che se i cittadini ellenici decideranno di piegarsi alle richieste di Commissione Ue, Fondo monetario internazionale e Bce “non saremo noi a mettere in pratica” le conseguenze di quel voto. Come è noto, nel frattempo le opposizioni stanno già preparando un nuovo governo pro-istituzioni creditrici. Varoufakis ha promesso che se vincerà il no inizieranno i colloqui su un nuovo accordo e “credetemi, l’accordo ci sarà”. Ma ha escluso di poter accettare un’intesa che non preveda la rinegoziazione del debito: “Piuttosto mi taglio un braccio“. Il ministro ha anche accusato l’Europa di “aver preso la decisione politica di chiudere le banche” per costringere i greci ad accettare un accordo non sostenibile. Gli istituti “apriranno regolarmente martedì” prossimo, ha sostenuto poi il ministro, e sono “perfettamente capitalizzati”.

I partner Ue aspettano il voto. Assist a Tsipras dal Venezuela vicino al default - Ma da Parigi, nonostante mercoledì i ministri delle Finanze dell’Eurozona – in scia ad Angela Merkel – abbiano stabilito di congelare i negoziati con Atene fino all’esito del voto, il ministro delle Finanze francese Michel Sapin ha fatto sapere che “non puoi raggiungere un accordo con chi dice ‘no'”. Con Tsipras si è invece schierato Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, a sua volta a un passo dal default. “Il Fondo monetario internazionale vuole metterli in ginocchio e derubarli, da una parte gli succhia il sangue e dall’altro chiude la bombola dell’ossigeno”, ha detto Maduro, che da mesi impone alla Banca centrale, al ministero delle Finanze e all’Istituto nazionale di statistica di non rilasciare dati sull’andamento dell’economia del Paese. Il presidente ha sottolineato che l’Alleanza Bolivariana per i Popoli Americani (Alba) ha diffuso una dichiarazione di appoggio alla Grecia a cui vanno “la nostra solidarietà, le nostre preghiere e il nostro abbraccio”. Oltre al Venezuela, dell’Alba fanno parte Antigua e Barbuda, Bolivia, Dominica, Cuba, Ecuador, Nicaragua, Saint Vincent e Grenadine.

di F. Q. | 2 luglio 2015

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/02/grecia-nei-sondaggi-il-si-al-referendum-supera-il-no-varoufakis-se-vince-si-mi-dimetto/1835088/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-07-02


Titolo: Flavio Bini. Grecia, viaggio nella classe media spaccata tra niente da perdere..
Inserito da: Admin - Luglio 05, 2015, 10:39:32 am
Grecia, viaggio nella classe media spaccata tra niente da perdere e qualcosa da difendere

L'Huffington Post  |  Di Flavio Bini
Pubblicato: 04/07/2015 21:37 CEST Aggiornato: 2 minuti fa
REFERENDUM

ATENE - “Perché non abbiamo paura di perdere tutto? Noi abbiamo già perso tutto. Non c’è più niente da perdere, e quindi niente di cui avere paura”. A scegliere il salotto di un secondo piano di un appartamento di Peristeri, periferia ovest di Atene, si direbbe che il no si prepara a un netto trionfo al referendum di domani. Mihalis, Marios, Voula, Dimitris, Aggeliki, Thomas e Dina, sparsi tra sedie e divano, hanno le idee molto chiare su come votare. Ma è Voula a trovare la sintesi perfetta per chi in questi giorni ha cercato di ingabbiare la consultazione in una scelta tra euro e dracma, tra Europa e isolamento. “E’ molto semplice. Domani si scontra chi non ha più niente da perdere contro chi ha qualcosa da difendere”.

È questo il dilemma che tormenta la classe media greca. Chi era in difficoltà prima della crisi oggi vede in Tsipras l’ultima speranza, chi era molto ricco e ha retto l’urto dell’austerità voterà sì, anche se guarda con paura a cosa potrà succedere lunedì. Ma tra questi due mondi c'è un blocco sociale che si è fratturato a metà come dopo un terremoto dal 2010 in poi. Una parte, franando verso una povertà mai conosciuta, un’altra - medio alta - che ora guarda al sì come l’ultimo salvagente per proteggere le proprie vite. Con questa lente, quella della classe media greca, la situazione greca deflagra in tutta la sua complessità.

όχι άλλο σώσιμο Da qualche settimana ormai compare sui muri della capitale greca questa scritta. "Per favore, non salvateci". I cinque anni di austerity hanno colpito in modo sì quasi indistinto, ma trasformando una fetta di popolazione, che pur non vivendo nell’agio poteva garantire la propria sopravvivenza con serenità, in un'enorme massa che dopo essere stata spogliata dei propri beni, è stata privata anche della speranza. Al punto che mentre qualcuno comincia a sventolare lo spettro del bail-in, il prelievo direttamente dai conti correnti delle banche, anche chi con la crisi ha perso quasi tutto si confessa, con orgoglio, guardandoti negli occhi: "Che cosa importa perdere 3-4mila euro, tutto quello che abbiamo, se rischiamo di perdere il futuro?"

Marios ha un possente fisico ricoperto di tatuaggi che nasconde una sorprendente gentilezza. Pensa di sposarsi il prossimo anno, ma aspetta tempi migliori. “Non voglio pensare di arrivare a 35 anni senza poter avere una famiglia e lasciare la casa, mettiti nei miei panni, posso avere paura di votare no?”. Eppure una vittoria del no rischia di significare il collasso definitivo del sistema bancario, un indebolimento della posizione di Tsipras. “E' il contrario, saremo più forti, spiega Thomas, 63 anni e 12.000 giorni di lavoro alle spalle. Perché in Grecia il pensionamento si conta per numero di giorni. "Il 75% dei greci vuole restare nell’euro e restarci con dignità, l'Europa non potrà non tenere conto dell’esito del voto”.

Per una città  che si appresta a segnare una svolta non solo alla propria storia ma a quello dell’intera Unione Europea, sarebbe quasi lecito aspettarsi caos, confusione e tensione. Ma anche le file ai bancomat, dove il prelievo è limitato ai 60 euro - 50 nei molti sportelli in cui sono esauriti le banconote da 20 euro - la gente attende pazientemente in fila il proprio turno. Dove non c’è la fila c’è poco da festeggiare: i soldi sono già finiti.

“Perché andiamo così lontano Spyros?”. Spyros, la guida, ha 29 anni. Si dirige quasi alle porte della capitale. Molti anni fa i benestanti hanno lasciato il centro e hanno comprato casa fuori. Questa non è periferia”, spiega. Eppure Cholargos, nella punta nord -ovest della cartina della città, sembrerebbe quasi ai confini della mappa urbana. Qui c’è quella parte di città aggrappata alla speranza. Tra chi ha tutto da proteggere e chi non ha nulla da perdere c’è chi pensa a qualcosa da difendere.

Il cugino di Spyros, suo omonimo, lavora per una grande compagnia straniera che si occupa di registrazione delle navi. Uno dei pochi settori privati, quello armatoriale, che -pur spesso al riparo dal fisco ellenico- garantisce un numero consistente di posti di lavoro. "Siamo la più grande società del nostro settore, ma ho sentito che in caso di vittoria del no vorrebbero spostare il grosso delle attività a Cipro, sarebbe un disastro per la nostra economia", spiega al tavolo di uno dei tanti bar che popolano il quartiere. Alle due del pomeriggio, ci sono pochi posti liberi. "Se vuoi avviare un’impresa in questo Paese, apri un bar. Vai sul sicuro", dicono un po' scherzando, un po'.

Il business privato per l’economia greca è praticamente irrilevante rispetto all’enorme settore pubblico. Ma la sola e ultima possibilità per ribaltare questo squilibrio, per una parte dei greci, passa dal sì. “Chi sostiene il no non sa a cosa sta andando incontro. Quella di Tsipras è una trappola, sta illudendo i greci che esista una sorta di scenario positivo in caso di no”.

Mentre parla squilla il telefono. Ascolta, poi si rivolge agli altri al tavolo preoccupato: "Avevate soldi lì dentro?", chiede facendo il nome di un’importante banca greca. Dall’altra parte della conversazione, un amico impiegato in quello stesso istituto e atteso di lì a poco, chiama per dare forfait. Ci sono "grossi problemi”.

Vassilis 31 anni, architetto, non ha dubbi, voterà sì. Mio padre lavora in una grossa impresa tecnica, non voglio mettere in pericolo quello che abbiamo costruito”. Proteggere quel poco che c‘è. Non è ricchezza, nemmeno benessere forse. Spyros, la guida, parla del padre, ex capitano di grandi navi, recentemente scomparso. In Grecia i lavoratori hanno maggiore libertà nel scegliere l'importo futuro della propria pensione, versando più contributi. “Non siamo dei privilegiati. Mio padre ha lavorato tutta la vita, facendo sacrifici, per garantirsi proprio un certo tenore di vita a lui e alla sua famiglia. Dall’inizio alla fine dell’austerity la pensione è diminuita di 1000 euro, da poco meno di 2500 di partenza”. Facile immaginare un no al referendum di domani. Eppure voterà sì domani. Non per respingere le ricette del passato, ma per tenersi stretto quel poco di futuro che resta. “Questi sono i sacrifici di un padre, di una famiglia normale. C'è chi si augura il collasso delle banche, io no. Non voglio perdere tutto”.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/07/04/grecia-classe-media_n_7727812.html?utm_hp_ref=italy


Titolo: Fabio Scacciavillani. Grecia, Varoufakis ha sbagliato i conti
Inserito da: Admin - Luglio 05, 2015, 10:41:00 am
Zonaeuro
Grecia, Varoufakis ha sbagliato i conti

Di Fabio Scacciavillani | 1 luglio 2015

Per uno che si spaccia per sofisticato teorico dei giochi, il ministro Yanis Varoufakis, si è autoimpalato su un errore da pivello. Era illuso che l’Ue non avrebbe mai osato cacciare la Grecia dall’unione monetaria per non infrangere la mistica dell’euro irreversibile.

Sono stati innumerevoli i segnali lanciati dall’Ue ad Alexis Tsipras e Varoufakis per avvertire che lo schianto era prossimo, ma i due hanno pervicacemente a presentare programmi risibili, privi di impegni concreti e verificabili. Richieste di sostegni incondizionati venivano reiterate ossessivamente negli intermezzi tra velleitari giri di sirtaki con la Russia di Vladimir Putin.

La verità emersa nitida in questi cinque mesi è una sola: Tsipras e Varoufakis non hanno mai ricercato un compromesso. Hanno puntato a far saltare il banco convinti di avere la mano vincente se avessero mantenuto il piglio feroce.

Fino all’ultimo, il 28 giugno a sera, Varoufakis ha provato a fare il bullo, con un tweet in cui asseriva “i controlli di capitale all’interno di un’unione monetaria sono una contraddizione in termini. Il governo greco si oppone al concetto stesso”. Il giorno dopo li ha imposti insieme alla chiusura delle banche e della Borsa.

I greci che guardano l’abisso, si sono resi finalmente conto che l’euro è un sistema fondato su valori, fiducia e responsabilità rispetto alle quali Syriza (che rappresenta solo una minoranza dell’elettorato) è un elemento estraneo in quanto sarebbe assurdo adattare l’euro alle pretese di vivere alle spalle altrui. Il destino di Tsipras era segnato: la ragionevolezza gli avrebbe alienato il consenso degli accoliti estremisti e litigiosi; l’intransigenza avrebbe portato la Grecia al fallimento, come sta accadendo.

Da mesi, mentre Varoufakis credeva di ipnotizzare le controparti, a Bruxelles e Francoforte, commiserandolo, stendevano il cordone finanziario che avrebbe sterilizzato gli effetti della Grexit e che i mercati hanno digerito senza grossi traumi. Il plebiscito farsa, ultimo rifugio dei demagoghi, rappresenta il capolinea dell’esperimento politico bolscefighetto quale che sia il risultato.

Ammesso che si tenga (date le difficoltà di organizzare una consultazione nazionale in 6 giorni), se vincono i “Sì”, il governo sarà sconfessato e privo di legittimità. Se vincono i “No” prevarrà il caos: non ci saranno soldi, né in euro, né in dracme, le banche non saranno in grado di aprire senza essere prese d’assalto, insieme ai negozi. Sperabilmente ne prenderanno nota i gli elettori dei vari apprendisti stregoni alla Le Pen, Salvini, Grillo e Podemos.

Quelli che lamentano una moneta senza basi politiche vivono fuori dalla realtà e ignorano la Storia: è sempre l’economia a determinare la politica. Senza la zavorra greca l’euro è economicamente e dunque politicamente più forte.

Il Fatto Quotidiano, 30 giugno 2015
Di Fabio Scacciavillani | 1 luglio 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/01/grecia-varoufakis-ha-sbagliato-i-conti/1830450/


Titolo: Pierfranco Pellizzetti. Grecia, la truffa intellettuale del recupero crediti
Inserito da: Admin - Luglio 09, 2015, 06:43:35 pm
Grecia, la truffa intellettuale del recupero crediti
Di Pierfranco Pellizzetti | 8 luglio 2015

Dopo aver gioito per il risultato del referendum greco di domenica scorsa, che ha irriso gli ottusi burocrati di Bruxelles e Berlino nella loro pretesa arrogante di imporre come ricette salvifiche puerili catechismi bottegai (rinominati liberistici). Dopo aver ascoltato con crescente preoccupazione incoscienti letture di tale esito; che – a loro dire – giustificherebbe la liquidazione dell’Europa; non solamente di una politica disastrosa. Ossia la dissipazione dell’unico, vero, esperimento innovativo nella geopolitica mondiale di giro millennio (la creazione di uno spazio continentale non bellicoso per governare processi globali che fuoriescono dalla dimensione nazionale, rendendola obsoleta). Magari teorizzando l’improbabile beatitudine del ritorno alla liretta svalutata, con cui si dovrebbero comperare a prezzi inflazionati le materie prime indispensabili a un’economia di trasformazione. E magari riportare indietro le lancette agli anni Settanta, quando recuperavamo competitività con periodiche svalutazioni: l’opportunità di fare mercato con prodotti a basso contenuto tecnologico che ormai producono più e meglio di noi i Paesi di nuova industrializzazione.

Dopo questa ridda di entusiasmi, emozioni e chiacchiere irresponsabili, parrebbe giunto il momento di ritrovare raziocinio, un briciolo di analisi e qualche “scatto” innovativo; l’esercizio intellettuale di invenzione politica a cui si conferma refrattaria una classe dirigente continentale penosamente al di sotto delle sfide del tempo.

Se così si facesse, allora potremmo renderci conte che – come dicevano i nostri vecchi – nel pasticcio del buco greco “ce n’è per l’asino e per chi lo mena”. Indubbiamente Alexis Tsypras, in quanto ultimo venuto, è anche l’ultimo ad avere responsabilità dirette. Però risponde – quale rappresentante del proprio Paese – di governi che l’hanno preceduto governando malamente e disonestamente; cantierando con spregiudicati finanzieri internazionali marchingegni contabili truffaldini. Da qui i crateri di bilancio e gli indebitamenti; affrontati dai partner europei egemoni nella pura e semplice logica di fare gli interessi propri e del sistema bancario internazionale; a costo di tramortire un intero popolo. Da quel momento il centro focale della vicenda diventa la pochezza della leadership Ue, inabile a gestire un problema di cassa assolutamente insignificante nella dimensione del budget continentale. Tanto che la narrazione della catastrofe greca si è trasformata nella cronaca di un rissoso recupero crediti in un’amministrazione condominiale. Sceneggiata certamente a misura della chiacchiera da bar con cui ormai si discute di politica in questo tempo incanaglito; non certo a quella dell’impegno volto a preservare una costruzione epocale di tale importanza.

Difatti il dato emergente con maggiore evidenza è che nessuno sapeva “che pesci prendere”; così come tuttora, rimpallando da un summit impotente all’altro. Questo perché si continua a ragionare da contabili micragnosi; sia chi vuole indietro i quattrini, sia chi pretende uno sconto. Così come le presunte “riforme” – con cui pretenziosi mestieranti di troike e istituzioni internazionali varie si sono sciacquati la bocca – non sono state altro che marchingegni per trasferire risorse da poveracci sempre più disperati a sempre più insofferenti creditori.

C’era (e c’è) un altro modo di impostare la faccenda? Certo che sì. Basterebbe ricordare le carte sottoscritte tre lustri fa a Lisbona, come omonima “strategia”, che prefiguravano l’impegno di trasformare entro il 2010 l’Eurozona “nell’area più innovativa del mondo” e raggiungere la piena occupazione. Ma subito dopo quella dichiarazione così impegnativa, a Bruxelles sono arrivati i conversi liberisti; primo fra tutti il presidente della Commissione José Manuel Barroso. Con loro si è smarrita ogni idea di sviluppo spinto dall’investimento e guidato dalla politica industriale. Da qui la catastrofe. Visibile in Grecia, dove i soldi erogati non sono stati destinati ad avviare iniziative che avessero le gambe per camminare e riprodursi, bensì a colmare buchi per aprirne altri. Una logica da sensali, che si pretende di buon senso quando è solo lampante insipienza. Un sonno della ragione che parrebbe senza risveglio.

Di Pierfranco Pellizzetti | 8 luglio 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/08/grecia-la-truffa-intellettuale-del-recupero-crediti/1854336/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-07-08


Titolo: Tsipras a Strasburgo: I soldi dati ad Atene non hanno mai raggiunto il popolo...
Inserito da: Admin - Luglio 09, 2015, 06:48:19 pm
Grecia, replica di Tsipras a Strasburgo: “Taglio del debito per restituire i soldi. Vogliamo abolire le baby pensioni”
Il premier greco all'Europarlamento di Strasburgo: "I soldi dati ad Atene non hanno mai raggiunto il popolo, ma sono stati dati per salvare le banche".
Duro il dibattito in Aula. Weber, leader del Ppe: "Noi vogliamo il successo, lei vuole il fallimento".
Il capo del governo ellenico nella replica dopo il dibattito: "Il momento di massima solidarietà nella Ue è stato nel 1953 quando venne tagliato il 60% del debito della Germania, dopo la Guerra". Inviata all'Eurogruppo la richiesta di un nuovo programma di aiuti del Fondo Salva-Stati. Tusk: "Arrivata la lettera. Buon presagio, ma l'ultima chance"

Di F. Q. | 8 luglio 2015

Martedì l’ultimatum dei partner europei, mercoledì un tentativo di avvicinamento. Che passa attraverso la presentazione dell’attesa lettera in cui il premier greco Alexis Tsipras chiede l’attivazione di un nuovo programma di aiuti triennale a carico del fondo salva Stati Esm e si impegna a intervenire subito su pensioni e Iva, a fronte però di “misure per rendere sostenibile il debito“, arrivato al 180% del Pil (LEGGI LA LETTERA). Proprio mentre la missiva arrivava al presidente dell’Eurogruppo Jeroem Dijsselbloem e al numero uno del Fondo Klaus Regling, il leader di Syriza teneva alla plenaria dell’Europarlamento un discorso per rivendicare un accordo entro la scadenza di domenica e ribadire ancora una volta le responsabilità dei creditori: “I soldi dati alla Grecia non hanno mai raggiunto il popolo, ma sono stati dati per salvare le banche europee e greche”, ha scandito il capo del governo ellenico. Il Paese è stato usato come “un laboratorio per l’austerità, ma l’esperimento è fallito”. Poi la citazione di Sofocle: “Esiste un momento in cui il diritto degli uomini vale sopra la legge. Questo è uno di quei momenti”. Come dire che la Grecia ha diritto alla sopravvivenza anche se i regolamenti europei ne sanciscono il default.

Il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, dopo l’incontro di martedì sera a Bruxelles dove la delegazione greca si è presentata a mani vuote e il durissimo vertice dei capi di Stato e governo di martedì notte, ha chiarito che ci sono “solo 5 giorni per trovare l’accordo finale, altrimenti sarà Grexit“. Tsipras, davanti all’ultimatum, è pronto ad accettare le proposte dei creditori con qualche modifica su Iva e tagli alle pensioni più basse. Sì, invece, all’abolizione delle baby pensioni. Ma, ha chiarito parlando a Strasburgo, l’intesa necessaria per portare il Paese fuori dalla crisi e far “vedere la luce alla fine del tunnel” deve prevedere anche “un dibattito di merito sulla sostenibilità del debito pubblico”. Entro giovedì 9 il governo presenterà a Fmi, Bce e Commissione Ue le proprie proposte di riforma dettagliate, con lo scopo di “trovare un compromesso positivo per evitare una frattura storica“. La lettera non specifica a quanto ammontano i fondi che la Grecia chiede all’Esm, ma secondo le ultime stime del Fondo monetario internazionale il Paese ha bisogno, di qui al 2018, di una cifra vicina ai 70 miliardi di euro. La palla passa ora ai creditori. Intanto il ministero delle Finanze ha ufficializzato che le banche greche rimarranno chiuse fino a venerdì. Il board dell’Eurotower si è riunito nel pomeriggio e ha deciso di lasciare congelata al livello attuale, 89 miliardi di euro, la liquidità di emergenza (Ela) concessa agli istituti. Ieri una nota dell’istituzione ha chiarito che l’Ela, se non è assistita da collaterale adeguato, costituisce un aiuto di Stato esplicitamente vietato dallo statuto della Bce. Di qui la decisione, presa due giorni fa, di rivedere al ribasso il valore dei titoli presentati come garanzia dalle banche greche.

Tsipras: “Programmi di austerity non hanno funzionato e i governi del passato hanno rafforzato corruzione” – Il risultato uscito dal referendum del 5 luglio rappresenta “una scelta coraggiosa del popolo greco in condizioni di pressioni senza precedenti, con le banche chiuse e i mezzi di informazione che facevano terrorismo“, ha detto Tsipras all’Europarlamento. Non si tratta di una “scelta di rottura con l’Europa, ma è la scelta di tornare ai valori che stanno alla base dell’Ue, un messaggio chiarissimo. Occorre rispetto per la scelta del nostro popolo”. “Il forte verdetto dei greci ci ha dato mandato per impegnarci a una soluzione giusta socialmente e sostenibile, senza gli errori del passato che hanno condannato l’economia greca”. Errori del passato cui Tsipras ha dedicato un ampio passaggio del discorso: “La responsabilità principale del vicolo cieco in cui si trova oggi l’economia greca e in generale l’Europa non riguarda gli ultimi cinque mesi ma gli ultimi cinque anni, con l’attuazione di programmi che non ci hanno portato fuori dalla crisi”. “Non sono di quei politici che attribuiscono tutta la colpa agli stranieri cattivi – ha continuato Tsipras – siamo arrivati sull’orlo del fallimento perché i governi che si sono succeduti in Grecia hanno creato rapporti clientelari, rafforzato la corruzione e gli intrecci tra politica ed economia, lasciando incontrollata l’evasione fiscale da parte dei grandi ricchi”. Ma la cura imposta da Bruxelles non ha funzionato: “Le riforme ed il memorandum non hanno portato alla giustizia fiscale”.

Il dibattito – Weber: “Tsipras vuole il fallimento delle trattative”
Il discorso del premier greco è stato accolto da fortissimi applausi dalla destra e dalla sinistra dell’aula dell’Europarlamento. Muto invece il centro dell’emiciclo dove si trovano popolari, liberali e socialisti che fanno parte della coalizione di maggioranza. Duro il tono del dibattito. “Lei rappresenta un governo che ha detto molte cose nelle ultime settimane – ha detto il leader del Partito popolare europeo al Parlamento Ue, Manfred Weber, il primo a replicare a Tsipras – noi dobbiamo tenere conto del fatto che persone sono state considerate come terroristi. Il primo ministro greco dovrebbe scusarsi per queste dichiarazioni inaccettabili, ma lei non lo ha fatto”, ha detto ancora Weber, in riferimento alle parole dell’ex ministro greco delle Finanze Yanis Varoufakis. “Anche ieri lei non ha presentato proposte, lei distrugge la fiducia”, ha continuato Weber, scatenando le proteste di una parte dell’Aula. “Lei è stato democraticamente eletto, noi rispettiamo questo – ha aggiunto il tedesco – ma lei ama la provocazione, noi il compromesso. Noi vogliamo il successo, lei vuole il fallimento. Spero che lei presenti presto le proposte di riforma“.

La replica di Tsipras: “Taglio del debito per restituire i soldi. Aboliamo baby pensioni”
Dopo aver ascoltato il dibattito, Tsipras ha preso parola per la replica. Ha assicurato, il premier greco, di non avere “alcun piano segreto per l’uscita dall’euro” – ipotesi avanzata da alcuni parlamentari – e ha avanzato due proposte. “Io chiedo un taglio del debito per poter essere in grado di restituire i soldi: ricordo che il momento di massima solidarietà nella Ue è stato nel 1953 quando venne tagliato il 60% del debito della Germania, dopo la Guerra”, ha detto Tsipras per la prima volta davanti all’assemblea dei parlamentari Ue. Quindi l’apertura sul taglio delle pensioni: “Ci sono distorsioni del passato che devono essere superate, come la questione delle pensioni. Vogliamo abolire le baby pensioni in un Paese che si trova in una situazione disastrosa. Servono le riforme, ma vogliamo tenerci il criterio di scelta su come suddividere il peso”. Tsipras chiede che sia il governo ellenico a decidere quali decisioni prendere e quali riforme mettere in atto: “Credo che sia un diritto del governo scegliere di aumentare le tasse sulle imprese per evitare di abbassare le pensioni, misure equivalenti per centrare gli obiettivi di bilancio. Se non è questo un diritto del governo, allora questo vuol dire scivolare verso la dittatura dei creditori. Allora i Paesi sottoposti agli aiuti non dovrebbero neanche tenere le elezioni“.

Tusk: “Arrivata la lettera, buon presagio. E’ l’ultima chance”
“La procedura dell’ultima chance è iniziata – ha fatto sapere il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk al termine del dibattito – il presidente dell’Eurogruppo Jeroem Dijsselbloem ha ricevuto la richiesta finale della Grecia. Spero sia un buon segno”. “Moralità significa pagare i debiti – ha detto quindi Tusk commentando le parole di tsipras – non è vero che i creditori sono immorali e che i debitori sono vittime innocenti”. Non è possibile continuare a spendere più di quello che si guadagna, questa è l’origine della crisi in Grecia, non la moneta unica”. Quindi l’avvertimento ad Atene: “Bisogna cercare aiuto tra gli amici, non tra i nemici, soprattutto se questi non ti possono aiutare“, ha detto il presidente del Consiglio Ue riferendosi all’intensificazione dei rapporti tra la Grecia e la Russia verificatasi negli ultimi mesi.

La lettera: “Pronti a riforma pensioni e Iva già la prossima settimana”
La Grecia si impegna con i partner europei ad attuare le riforme fiscali e delle pensioni già la prossima settimana, come primo passo per ricevere un prestito di salvataggio. Lo si legge nella richiesta formale inviata dal governo Tsipras al fondo Esm. “Siamo fiduciosi – spiega la lettera – che gli Stati membri si rendano conto dell’urgenza della nostra richiesta di prestito, data la fragilità del nostro sistema bancario, la nostra carenza di liquidità disponibile, i nostri prossimi impegni, il nostro accumulo di arretrati interni e il nostro espresso desiderio di cancellare gli arretrati in essere con Fmi e Banca di Grecia”. Nel quadro di un programma “a medio e lungo termine” la Grecia si impegna “a una serie completa di riforme e misure da attuare per la sostenibilità fiscale, la stabilità finanziaria e la crescita economica a lungo termine” e, nell’ambito del programma, “si propone di attuare immediatamente una serie di misure già a partire dall’inizio della prossima settimana”, tra cui quella fiscale e quella delle pensioni, insieme con “azioni aggiuntive” per “rafforzare ulteriormente e modernizzare la propria economia”. Il governo greco si impegna di definire “nel dettaglio” la proposta “al più tardi” giovedì, “per la valutazione delle tre istituzioni e per presentarla all’Euro Group”.

Fallimento, iniziato il conto alla rovescia
Nessuna ipotesi era esclusa fino a poche ore fa. Ma ormai è iniziato il countdown e l’Europa concede ad Atene cinque giorni per trovare un accordo oppure domenica con un nuovo summit, questa volta a 28, metterà il sigillo sotto la sua dichiarazione di fallimento: la Grexit che nessuno vuole compreso il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. “Non ho mai parlato di scadenze ma oggi (martedì per chi legge, ndr) dico che abbiamo solo cinque giorni per trovare l’accordo finale, tutti hanno responsabilità di trovare una soluzione”, altrimenti le conseguenze comprendono “il fallimento della Grecia e delle sue banche”, ha avvertito il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Oggi il premier greco parlerà all’Europarlamento a Strasburgo.

Entro giovedì nuove proposte e domenica nuovo Eurogruppo
L’Eurosummit del post-referendum, che ha visto prevalere il no dei greci alle richieste dell’Ue, non chiude la porta ad Atene ma usa toni molto duri, e dà scadenze definitive al governo di Alexis Tsipras, che vede rigettata sia la sua richiesta di finanziamento ponte da 7 miliardi per alleggerire il debito. I partner della zona euro non si fidano più del premier ellenico e gli dettano l’agenda: entro giovedì dovrà presentare nuove proposte di riforme, dettagliate e da attuare subito, che saranno valutate dalla ex troika e domenica da un nuovo Eurosummit. Ma oltre a un vertice dei 19, ci sarà anche una riunione a 28, perché la Grecia è ormai arrivata al capolinea e se non ci sarà un accordo bisognerà valutare le conseguenze per tutta l’Ue, e varare anche un piano di aiuti umanitari per sostenere i greci che dovranno affrontare il collasso delle banche. Fino a domenica ci penserà la Bce – che ha congelato a 89 miliardi la liquidità di emergenza – a tenerle a galla, dopo solo un’intesa con l’Ue potrà salvarle.

Nessuna soluzione tampone. Attesa oggi lettera ufficiale
A questo punto, i leader non accettano più di farsi dettare i tempi da Atene, soprattutto perché “dopo il referendum di domenica la posizione del primo ministro greco Alexis Tsipras forse si è rafforzata ma la libertà di manovra degli altri 18 Stati membri si è ridotta“, ha detto la cancelliera Angela Merkel. Ovvero: non si può più dare credito e tempo al premier che ha ‘tradito’ la loro fiducia convocando un referendum a sorpresa. Il “clima non mi pare sia migliorato dopo il referendum” ha detto il premier Matteo Renzi spiegando che alcuni colleghi “sono stati più rigidi della volta scorsa”. Ma restano disposti ad aspettare le mosse qualche altro giorno e a valutare la loro richiesta di nuovi aiuti. Comunque non ci sarà nessuna soluzione ‘tampone': serve prima una “prospettiva a lungo termine, e quando questa sarà definita allora potremo parlare del breve periodo”, ha detto la Merkel. Oggi, quindi, i greci dovranno presentare la lettera ufficiale con cui chiedono assistenza finanziaria all’Esm, che sarà valutata da un Eurogruppo telefonico. La lista dettagliata di riforme deve invece arrivare entro giovedì, ma deve contenere qualcosa in più rispetto all’ultima offerta dei creditori, spiega la Merkel. In pratica sarebbe considerato un gesto di buona volontà se il Parlamento greco adottasse già nei prossimi giorni le prime misure, come ha spiegato il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan al termine dell’Eurogruppo di ieri che si è aggiornato a oggi e che molto probabilmente sarà di nuovo riunito sabato per valutare le proposte greche prima dei leader.

Tre scenari: Grexit, piano di aiuti umanitari o accordo
“La situazione è abbastanza grave e incerta“, sintetizza la Merkel, spiegando che “la sfida sarà vedere se ci sono le condizioni per aprire i negoziati”. “Domenica ci sarà la decisione finale e non posso escludere nessuna ipotesi”, ha detto il presidente della Commissione Jean Claude Juncker, spiegando che alla Commissione hanno preparato tre scenari: la Grexit, un piano di aiuti umanitari e un accordo. “Quello che preferisco è ovviamente il terzo”, ha chiarito. Anche sul fronte del debito, che Tsipras continua a mettere sul tavolo, la chiusura è netta: “Stasera molti attorno al tavolo hanno detto che un haircut del debito greco non avrà luogo perché questo è vietato nell’euro zona”, ha spiegato la Merkel che ha comunque rinviato la discussione a un secondo momento. “Prima di parlare di una ristrutturazione del debito, vediamo quel che la Grecia può fare”, ha aggiunto.

di F. Q. | 8 luglio 2015

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/08/grecia-replica-di-tsipras-strasburgo-taglio-del-debito-per-restituire-soldi-vogliamo-tagliare-le-baby-pensioni/1854380/


Titolo: GIULIANO BALESTRERI. Tsipras: "Usati come laboratorio di austerity"
Inserito da: Admin - Luglio 09, 2015, 07:04:02 pm
Tsipras: "Usati come laboratorio di austerity" Tsakalotos: "Riformiamo imposte e pensioni"
Il premier parla all'Europarlamento: "Tagliate il debito", poi chiede un nuovo piano di aiuti per tre anni. Noyer (Bce): "Senza un accordo domenica il Paese rischia il caos".
A rischio i conti correnti dei greci: senza una soluzione le banche dovranno usarli come garanzia per ottenere i prestiti della Bce. Banche chiuse fino a venerdì.
Il ministro delle Finanze promette riforme rapide

Di GIULIANO BALESTRERI
08 luglio 2015
   
MILANO - Senza un accordo domenica sera, Atene sarà fuori dall'euro. La posizione dell'Unione europea è durissima nei confronti della Grecia. Di più: per la prima volta i governi europei paiono compatti. Nessuno ha intenzione di cedere alla richiesta ellenica in un prestito ponte da 7 miliardi: "Ragioniamo per una soluzione di medio periodo, altrimenti non risolviamo nulla", ha detto il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan. Una fermezza che servirà a mettere pressione al premier greco Alexis Tsipras: nonostante il trionfo del "no" al referendum che ha bocciato il piano di aiuti proposto dai creditori, il governo ellenico dovrà scendere a patti con i partner internazionali a meno di non voler uscire dalla moneta unica. E mentre a Bruxelles è arrivata la nuova richiesta di aiuti da parte della Grecia, il ministro delle Finanze Euclid Tsakalotos promette da settimana prossima riforma sulle pensioni e le tasse. La Germania, però, chiede riforme prima di sedersi nuovamente al tavolo delle trattative.

Di certo il clima resta teso. Davanti al Parlamento Ue Tsipras ha attaccato i suoi predecessori e il susseguirsi di piani d'aiuto che anziché risollevare il Paese, lo hanno fatto precipitare nella recessione: "La situazione greca non dipende dagli ultimi cinque mesi di governo, ma dagli ultimi 5 anni durante i quali gli aiuti non sono stati efficaci. Da nessuna parte l'austerity è stata così dura e lunga. La mia patria è stata trasformata in un laboratori di austerità, ma l'esperimento è fallito. Soldi degli aiuti non sono mai arrivati ai cittadini, ma solo alle banche". Il premier ha poi risposto a chi sostiene che abbia un piano segreto per uscire dall'euro: "Non ho alcun piano segreto, vi sto parlando con il cuore in mano. Voglio solo una riduzione del debito per restituire i prestiti e non essere sempre costretti a chiedere soldi". Una posizione condivisa anche dal segretario Usa al Tesoro, Jack Lew secondo cui il debito greco è "ora insostenibile".

La richiesta di aiuti. Tuttavia, dopo l'incontro di ieri a Bruxelles, dove Tsipras si è presentato a mani vuote, trapela un moderata fiducia sull'esito della trattativa. Il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, giudica un accordo con la Grecia "possibile" e "necessario", ma dipendente dalla capacità di Atene di presentare proposte di riforma credibili agli occhi dei partner dell'Eurozona. Oggi, intanto, è arrivata l'annunciata richiesta di un programma di sostegno dal governo greco al meccanismo europeo di stabilità (Esm): Atene chiede prestiti triennali, senza però precisare l'entità della somma.

I timori. Sulla partita greca è iperattivo anche il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, che attende per domani il piano di Atene: "Dopo il summit abbiamo tempo fino alla fine della settimana per decidere il terzo programma di aiuti. Per farlo abbiamo bisogno dei piani del governo greco. C'è bisogno di una soluzione molto in fretta". Il governatore austriaco, Ewald Novotny, però, cerca di tranquillizzare i mercati: "La Grecia è un caso speciale ma non vedo rischi di contagio e dunque per Ue e Bce c'è più libertà di azione".

L'asfissia finanziaria. Di una soluzione ha un bisogno disperato la Grecia: l'economia è ormai sull'orlo della catastrofe. Il ministero delle Finanze smentisce le voci secondo le quali lo Stato si appresterebbe a pagare in cambiali pensioni e stipendi pubblici, ma nel Paese non si pagano più tasse e bollette e i fornitori internazionali accettano solo pagamenti in contanti. "Senza un accordo domenica prossima, il Paese rischia il caos, ci possono essere scontri" ha detto il governatore della banca di Francia, Christian Noyer, membro del consiglio dei governatori Bce. Noyer si è poi soffermato sulla situazione delle banche: "Impossibile che possano operare normalmente fino a quando non tornerà la fiducia, ci sarebbe un'immediata corsa agli sportelli". Anche per questo le banche resteranno chiuse fino a venerdì.

Le banche. A preoccupare, quindi, è soprattutto la situazione della banche che continuano a distribuire liquidità a singhiozzo: per il momento la Bce ha confermato quota 89 miliardi per i fondi d'emergenza Ela (Emergency liquidity assistance), ma ha aumentato la richiesta di garanzie agli istituti greci per accedere ai prestiti. Le condizioni per avere i fondi sono che le banche siano solvibili e che gli istituti presentino del collaterale (titoli di Stato, Abs, altre forme di prestiti) a garanzia della liquidità ricevuta: non sempre, però, il collaterale è accettato al valore nominale. In sostanza la Bce applica uno sconto sul prezzo in base alla sua qualità. Cosa che sta succedendo in questi giorni ai titoli greci che sono scambiati a un prezzo pari a un terzo del loro valore nominale. Secondo una simulazione di Barclays, le banche greche sono in grado di fornire garanzie fino a quando lo sconto applicata dalla Bce sarà inferiore al 60%: poi sarà necessario mettere le mani sui conti correnti dei cittadini. Uno scenario che scatenerebbe il caos previsto proprio da Noyer.

© Riproduzione riservata
08 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/07/08/news/grecia_europarlamento_tsipras-118606255/?ref=HREA-1


Titolo: Wolfgang Münchau. Perché Angela Merkel dovrebbe accettare di tagliare il debito
Inserito da: Admin - Luglio 09, 2015, 07:26:58 pm
Perché Angela Merkel dovrebbe accettare di tagliare il debito
Lo sfacelo della linea finora adottata si manifesta in modo duplice: come perdita economica e sconfitta politica. L’unica via d’uscita è trattare

Di Wolfgang Münchau

Le carriere politiche si decidono in momenti come questo. I ripetuti avvertimenti di una possibile Grexit da parte di Sigmar Gabriel rendono ora impossibile per la Spd prendere le distanze dalla catastrofica politica europea di Angela Merkel. Sul piano della politica economica i socialdemocratici si sono declassati da soli a terzo elemento dell’Unione, una sorta di traballante appendice di Cdu e Csu.

Le reali alternative ora si trovano solo alle ali estreme, destra o sinistra. L’unica piccola chance di tornare a una posizione razionale è proprio nelle mani della Merkel stessa, che può evitare la débâcle dando il suo assenso a una conferenza sul debito per la Grecia. Potrebbe mettere sul piatto una cancellazione del debito a fronte di riforme rigorose: nessuna misura di risparmio, ma vere e proprie riforme strutturali. Politicamente una proposta di questo genere metterebbe Alexis Tsipras in difficoltà; tuttavia per lui opporsi sarebbe assai complicato. Sul piano economico la cancellazione del debito non ha alternative. È raro per me usare questa espressione perché la politica — e soprattutto la politica economica — consiste nello scegliere tra diverse alternative. Eppure in questo caso è un’espressione appropriata. Il taglio del debito, frutto di trattative o unilaterale, è una matematica conseguenza dei parametri economici stabiliti per la Grecia. Il Paese potrà restare nell’euro solo se saranno soddisfatte esattamente quattro condizioni: il condono dei debiti, un rifinanziamento del sistema bancario, reali riforme strutturali e la fine della politica di austerità. Se la Germania e gli altri finanziatori danno la propria disponibilità, allora la temuta Grexit si potrà scongiurare. Altrimenti no. È un dato di fatto.

La domanda è: la Merkel può e vuole farlo? Tra le sue fila c’è inquietudine e lei sa anche che Wolfgang Schäuble considera ormai la Grexit la strada giusta. Dovrebbe superare resistenze e ammettere indirettamente che la sua politica di rifinanziare i vecchi con nuovi debiti è fallita.

Uno studio della storia economica avrebbe reso superflua questa tardiva ammissione. Le lezioni che si possono trarre dall’economia sono raramente inequivocabili, ma la storia ci insegna senza dubbio che la crisi del debito va risolta rapidamente. Chi arriva tardi viene punito dalle circostanze. Penalmente i programmi di sostegno alla Grecia deliberati nel 2010 e 2012 avrebbero senza dubbio configurato un ritardo nella presentazione dell’istanza di insolvenza, se si fosse trattato del settore privato. Ciò che è successo qui è, di per sé, un illecito anche se formalmente non soddisfa i requisiti giuridici per essere considerato un reato. Si tratta dell’occultamento di fatti economici per futili motivi, cioè il tornaconto politico della Cancelliera a pesante discapito dei contribuenti. Il fatto che in Germania, di fronte a questa catastrofe, nessuno chieda le dimissioni di Angela Merkel è segno di una cultura politica malata.

Lo sfacelo della politica adottata dalla Merkel nei confronti della Grecia si manifesta ora in modo duplice. Nel caso di una Grexit la Grecia non rimborserà un solo centesimo dei propri debiti ufficiali, con il rischio per la Germania di una perdita assoluta di 90 miliardi di euro, cui si aggiunge una cifra incalcolabile in termini di danni collaterali. Se la Merkel accetta di prendere parte a una conferenza sul debito, la perdita materiale diminuisce notevolmente, ma l’onta aumenta. Nel primo caso si può attribuire la colpa ai Greci e definirsi vittima innocente. Nel secondo caso si riconosce indirettamente il proprio ruolo nella crisi. Il taglio del debito sarebbe razionale sul piano economico, ma non necessariamente su quello politico. Personalmente non sono ottimista poiché finora l’istinto della Merkel l’ha sempre indotta a scegliere l’opzione che presentava la minore resistenza.

Per un tedesco come me che vive da tanti anni all’estero, è sempre sorprendente vedere come un Paese di grandi scienziati e ingegneri, che affonda le radici nell’umanesimo e nel razionalismo, si faccia travolgere dall’emotività ogni qualvolta debba affrontare un dibattito importante. Così come nel 1914 i nostri nonni si rallegravano di fronte alla prospettiva di una guerra di breve durata, oggi i conservatori tedeschi pretendono la Grexit. Alcuni di loro sanno benissimo che un’uscita della Grecia destabilizzerebbe l’euro per lungo tempo, ancora non si sa esattamente in quale misura. Il pericolo di contagio diretto è limitato. Io ravviso invece il pericolo maggiore in un successo di quella stessa decisione. Se due anni dopo una eventuale Grexit l’economia greca riprende a crescere, il dibattito prenderà un’altra piega, soprattutto in Italia. Da quello che una volta era un rischio scaturirà una liberazione che lascerà dietro di sé un moncone di euro nordeuropeo, con un cambio sopravvalutato. Gli effetti di questa politica economica si potranno confrontare allora con la catena di decisioni drammatiche prese cento anni fa: una guerra sottovalutata, seguita da un Trattato di Versailles che nel suo dogmatismo non si discosta sostanzialmente dai principi della politica economica tedesca.

La decisione razionale per la Germania sarebbe accettare un taglio del debito. Alexis Tsipras dà segnali di voler trattare. Anche la Merkel lo dovrebbe fare.

(Traduzione di Franca Elegante)
7 luglio 2015 | 09:40
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Da - http://www.corriere.it/opinioni/15_luglio_07/perche-angela-merkel-dovrebbe-accettare-tagliare-debito-3b4a81e6-2475-11e5-8714-c38f22f7c1da.shtml


Titolo: DEBITO ai vicini dell'Austria è appena stato tagliato
Inserito da: Admin - Luglio 12, 2015, 10:56:41 am
Grecia, Berlino dice no alla ristrutturazione del debito.
Ma ai vicini dell'Austria è appena stato tagliato


L'Huffington Post
Pubblicato: 11/07/2015 17:47 CEST Aggiornato: 3 ore fa

"Sappiamo che un taglio del debito pubblico non è possibile secondo i Trattati europei". Parola di Wolfgang Schaeuble, ministro delle Finanze del governo di Angela Merkel. E tanti saluti alla Grecia. Peccato che, se si tratta dei vicini germanofoni dell'Austria, la musica sia completamente diversa.

È stato infatti raggiunto un accordo politico fra il land tedesco della Baviera e la vicina Carinzia per una ristrutturazione da quasi 1,5 miliardi di euro per evitare il fallimento dello Stato federale austriaco.

Scrive il magazine specializzato in questioni europee Eunews:
    La notizia l’ha data il quotidiano economico francese La Tribune. Dopo una lunga e controversa vicenda, lo Stato federale della Carinzia e il land tedesco della Baviera hanno trovato un accordo per tagliare di più della metà il debito del primo nei confronti del secondo. La cifra “scontata” sarebbe di 1,45 miliardi di euro, di poco inferiore ai 1,6 miliardi che la Grecia non ha rimborsato entro il 30 giugno scorso al Fondo monetario internazionale, con tutte le conseguenze che ben conosciamo.

    La ristrutturazione del debito è diventata inevitabile e dopo settimane di negoziati fra i rispettivi ministeri delle Finanze, Austria e Bavaria sono finalmente giunti a un accordo politico. Secondo La Tribune, l’intesa prevede che la BayernLB accetti di ricevere solo 1,3 miliardi dei 2,75 dovuti. E in Baviera c’è addirittura chi propone di andare oltre e annullare il debito austriaco. Chissà cosa direbbe Tsipras se lo sapesse.

Insomma. Quel che per Atene non si può fare, per i vicini di casa non è stato un problema.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/07/11/grecia-berlino-taglia-debito-austria_n_7776082.html?utm_hp_ref=italy&utm_hp_ref=italy


Titolo: Tsipras attacca l’Europarlamento: «Soldi serviti a banche, no a popolo»
Inserito da: Admin - Luglio 12, 2015, 11:21:32 am
La plenaria a Strasburgo
Tsipras attacca l’Europarlamento: «Soldi serviti a banche, no a popolo»
Accolto da applausi e fischi, il premier greco si scaglia contro l’austerità: «Grecia cavia di un esperimento fallito.
Il problema non sono gli ultimi 5 mesi, ma gli ultimi 5 anni»

Di Fra.Ga.

Dopo il teso Eurosummit di martedì sera, con i capi di governo dell’Europa che non escludono l’ipotesi di Grexit e si danno fino a domenica 12 luglio per cercare l’accordo che potrebbe salvare la Grecia, il premier Alexis Tsipras sceglie l’Europarlamento di Strasburgo per lanciare quello forse sarà l’ultimo appello ma anche l’ultimo attacco all’Europa. «I vostri soldi sono serviti a salvare le banche, non sono mai arrivati al popolo. Il problema non sono questi ultimi 5 mesi, ma questi ultimi 5 anni: la Grecia è stata cavia di un esperimento di austerità che non è riuscito, questo dobbiamo dircelo». Parole dure e di forte chiusura nei confronti di Troika ed Europa. Parole in parte bilanciate dall’assicurazione che il “no” del popolo greco al referendum di domenica sul piano dei creditori «non è stata una scelta di spaccatura con l’Europa», ma un segnale della «volontà di tornare ai valori che stanno alla base dell’Ue». Per questo, ed è l’unico impegno che Tsipras si prende davanti agli eurodeputati, dalla Grecia arriveranno proposte concrete entro pochi giorni, due o tre al massimo. Proposte «per la ristrutturazione del debito che non graveranno sui contribuenti europei» è la promessa.

Accordo per la crescita
All’arrivo tra i banchi del Parlamento europeo il numero uno di Atene appare, come sempre, sorridente e apparentemente calmo, anche se visibilmente stanco. Viene accolto da applausi, strette di mano e abbracci. Altri eurodeputati, innervositi dalla situazione, hanno risposto con fischi e “buu”. Appaiono anche dei cartelli dove è scritto “OXI”, no: lo stesso no che ha vinto al referendum di domenica scorsa e che ha bocciato la proposta di bailout dei creditori internazionali, portando a questa nuova tornata di incontri e summit.

Poi si passa agli interventi. «Restano solo cinque giorni per trovare un accordo: domenica è la scadenza ultima», ricorda il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk prima che parli il premier greco. Premier che subito si dice «onorato di essere qui, nel tempio della democrazia». Un tempio dove Tsipras non ha timore di affermare che: «La capacità di resistenza della Grecia è finita. La disoccupazione è alle stelle, i problemi sociali sono aumentati, così come il debito pubblico (180% del pil). Rivendichiamo un accordo che ci porti fuori dalla crisi; un accordo che richieda riforme affidabili. I pesi negli ultimi cinque anni - ha aggiunto - sono gravati su lavoratori e pensionati, noi vogliamo una crescita sostenibile ed equilibrata».

Il nodo del debito
Martedì si è parlato della richiesta della Grecia per un prestito al fondo salva Stati. Quello che era solo un rumor, all’Europarlamento Tsipras lo fa diventare realtà: «Oggi invieremo la nostra richiesta all’Esm» e «spero che nei prossimi giorni risponderemo a questa crisi per tutta l’Eurozona». Ma il premier greco non si ferma qui: «Bisogna aprire il dibattito sul debito, basta con questo tabù. Il debito pubblico - aggiunge - deve essere reso sostenibile e continuerà gli sforzi sulle riforme. L’Europa si trova ad un incrocio importante, la cosiddetta crisi greca è una debolezza di tutta l’area euro. È un problema europeo e non solo greco. Per una problema europeo serve una soluzione europea. Ci assumeremo la nostra responsabilità storica».

Weber (Ppe): «Grecia ha distrutto la fiducia»
Un discorso, quello di Tsipras, che ha subito “spaccato” l’Europarlamento. Dopo gli applausi dalla destra e dalla sinistra dell’aula (muto invece il centro dell’emiciclo dove si trovano popolari, liberali e socialisti che fanno parte della coalizione di maggioranza), ecco il discorso di Manfred Weber, del Partito Popolare Europeo. Un attacco frontale: «Lei rappresenta un governo che ha detto molte cose nelle ultime settimane, per esempio che i creditori sono stati chiamati terroristi. Il primo ministro greco dovrebbe scusarsi per queste dichiarazioni inaccettabili, ma lei non lo ha fatto. Anche ieri - ha aggiunto - lei non ha presentato proposte, lei distrugge la fiducia. Lei è stato democraticamente eletto, noi rispettiamo questo. Ma lei ama la provocazione noi il compromesso, noi vogliamo il successo lei vuole il fallimento. Spero che presenti presto le proposte di riforma».

Pittella (Pse): «Grexit esclusa»
L’intervento di Weber è terminato tra i forti applausi di una parte dell’aula e i fischi dell’altra, che cercavano di coprirsi facendo il maggior rumore possibile. Quindi, si torna a parlare di Grexit: «Per noi socialisti l’Europa senza la Grecia non esiste» e anche se «lei non appartiene al mio partito, noi socialisti non accetteremo mai un Grexit», ha detto Gianni Pittella, presidente del gruppo dei socialisti europei. «Ci opponiamo a speculatori politici, dobbiamo fare di tutto per salvare la Grecia e salvare l’Europa». C’è anche chi è meno convinto che una soluzione si possa trovare: «Stiamo andando avanti come sonnambuli verso il Grexit» e «a pagare il conto purtroppo saranno i cittadini greci», sostiene durante il dibattito il leader dei liberali all’Europarlamento Guy Verhofstadt.

Salvini: «Ora il re è nudo»
È poi il momento dell’intervento di Matteo Salvini, leader della Lega Nord, che ringrazia Tsipras per avere dimostrato che “il re è nudo”: «Io vorrei una Europa fondata sul lavoro, sul rispetto dei diritti umani, sull’agricoltura, sulla pesca, che non approvi schifosi trattati internazionali che servono alle multinazionali e non ai lavoratori. Perciò ringrazio Tsipras, il popolo greco e chi ha scelto di uscire da questa gabbia, perché non lascio il futuro dei miei figli nelle mani di qualcuno che ha a schifo la democrazia».
8 luglio 2015 | 10:25
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Da - http://www.corriere.it/economia/15_luglio_08/crisi-grecia-tsipras-accolto-applausi-parla-all-europarlamento-d218bd28-2546-11e5-85c7-ee55c78b3bf9.shtml


Titolo: ETTORE LIVINI Le ultime carte di Tsipras e un referendum che rischia di ...
Inserito da: Admin - Luglio 12, 2015, 04:32:11 pm
Le ultime carte di Tsipras e un referendum che rischia di costargli tantissimo

Dal nostro inviato ETTORE LIVINI
01 luglio 2015

ATENE - Alexis Tsipras prova a sparigliare le carte del negoziato con la Troika calando a sorpresa il suo asso finale. Un compromesso che (se passerà) proverà a vendere in Grecia come una vittoria ma che per Bruxelles segna in realtà la sua capitolazione. Il premier ellenico, del resto, non aveva molte altre scelte se non questa mossa in extremis. I controlli dei capitali stanno asfissiando l’economia greca. Le code dei pensionati alle banche di oggi sono una scena difficile da digerire anche per i militanti di Syriza. La Bce potrebbe presto dare un’altra stretta alla sua posizione tagliando il valore dei titoli depositati a garanzia dagli istituti di credito di Atene in cambio dei prestiti d’emergenza. Scelta che rischia di mandare all’aria – dice il tam tam - una o due delle prime banche domestiche.

Il vero problema del premier è però l’angolo in cui si è messo convocando un referendum in cui – comunque vadano le cose – rischia di uscire sconfitto. Se vince il sì si dimetterà, l’ha già lasciato capire, dando il via a un governo di unità nazionale. Se vince il no dovrà gestire un caos economico da brividi oppure andare alle elezioni subito in caso di dimissioni del presidente della Repubblica. Un vicolo cieco da cui Tsipras sta cercando di uscire in queste frenetiche ore.

Le concessioni fatte alla Troika sono tante. Le ultime linee rosse rimaste sono chiare: il no all’aumento dell’Iva sulle isole dell’Egeo – che oggi godono di aliquote agevolate – e un minimo scalpo sul fronte delle pensioni. Uno dei temi più sensibili nella base del suo partito. In cambio otterrebbe quei soldi contanti (15 miliardi per iniziare) di cui Atene ha bisogno come il pane non solo per restituire i prestiti a Bce e Fmi ma soprattutto per far riprendere a funzionare l’economia che con le banche chiuse sta scivolando verso il collasso. La strada rimane lo stesso in salita. Questa intesa dovrà passare le Termopili del Parlamento ellenico dove i voti dell’ala radicale di Syriza dovrà davvero turarsi il naso per dire sì. Si vedrà. Ma il viaggio verso il referendum per Tsipras è e resta un azzardo che, politicamente, potrebbe costargli tantissimo.

E forse è proprio questo l'angolo in cui l'ex Troika voleva cacciarlo, centellinando la liquidità e le concessioni dopo le incomprensioni con il premier e con Yanis Varoufakis nelle ultime settimane. Obiettivo finale: trovarsi dopo il referendum con un nuovo governo e nuovi interlocutori con i quali riprendere i negoziati.

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01 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/07/01/news/le_ultime_carte_di_tsipras_e_un_referendum_che_rischia_di_costargli_tantissimo-118069668/?ref=HREA-1


Titolo: Crisi Grecia, Varoufakis DIMOSTRA quanto sia pericolosa la stupidità politica...
Inserito da: Admin - Luglio 12, 2015, 04:37:06 pm
Crisi Grecia, Varoufakis: “Quello che i creditori stanno facendo con noi è terrorismo: vogliono umiliare i greci”
Il ministro delle Finanze greco in un'intervista a El Mundo ha attaccato Ue e Troika: "Perché ci hanno forzato a chiudere le banche? Per spaventare la gente.
E quando si diffonde il terrore, questo è terrorismo". Su Twitter nella notte ha anche smentito la notizia del Financial Times secondo cui si preparerebbe un prelievo forzoso sui depositi.
Il presidente Consiglio europeo Tusk: "Evitare messaggi drammatici"

Di F. Q. | 4 luglio 2015

“Quello che i creditori stanno facendo con la Grecia ha un nome: terrorismo”. Il giorno prima del referendum sul programma di aiuti proposto dai creditori, a parlare è il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis che in un’intervista al quotidiano spagnolo El Mundo ha attaccato la troika e le istituzioni europee. “Ciò che vogliono oggi è che vinca il sì, così che possano umiliare i greci. Perché ci hanno forzato a chiudere le banche? Per spaventare la gente. E quando si diffonde il terrore, questo è terrorismo”. E ha poi concluso: “Qualunque sia l’esito del voto, lunedì ci sarà un accordo, ne sono completamente e assolutamente certo. Se la Grecia non sarà salvata, andranno in fumo mille miliardi di euro. C’è troppo in gioco”.

Il ministro a poche ore dal referendum ha scelto di parlare al quotidiano spagnolo e di rivolgere un appello: “Come già sapete, i greci e gli spagnoli hanno molto in comune. I politici normalmente provano a dividere per comandare. Ma quello che è assolutamente importante in questo momento è che tutti gli europei, e ovviamente greci e spagnoli, capiscano che abbiamo un interesse comune: trovare un modo di combinare procedure democratiche adeguate all’interno dell’Eurozona “.

Dall’annuncio di Tsipras che a decidere sul piano proposto da Ue ed ex troika sarebbero stati gli elettori, le tensioni tra Atene e Bruxelles sono cresciute di giorno in giorno. I rappresentanti delle istituzioni e le principali potenze europee (la Germania in prima fila) hanno più volte ribadito che solo il “no” permetterebbe ai negoziati di ripartire. Oggi il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk però ha cercato di abbassare i toni: “L’Unione europea”, ha detto in un’intervista a Politico, “dovrebbe evitare messaggi drammatici, in vista del referendum. La vittoria del no ovviamente ridurrebbe lo spazio ai negoziati”. Tuttavia non è un voto che chiuderà la porta all’euro o al confronto. “Il nostro obiettivo principale è quello di mantenere l’eurozona unita”.

Intanto nella notte Varoufakis ha smentito su Twitter la notizia diffusa dal Financial Times secondo cui si preparerebbe un prelievo forzoso del 30 per cento sui depositi di oltre 8mila euro: “E’ un rumor maligno”. Il sabato prima della consultazione tra gli elettori però la Grecia si sveglia con la preoccupazione della liquidità finanziaria: il governo ha fatto sapere che le banche hanno liquidità fino a lunedì sera e che la disponibilità è di un miliardo di euro. Ieri sera ad Atene ci sono state le due manifestazioni finali degli schieramenti opposti: da una parte chi ha sfilato per il “sì” e dall’altra chi ha manifestato per il “no” con il comizio finale del premier Alexis Tsipras: “Vinceremo con orgoglio e dignità”, ha detto.

Louka Katseli, presidente dell’Unione delle Banche greche, ha ammesso che dopo lunedì “ci sarà un problema serio di finanziamento” delle banche se non verrà attivato l’Ela (Emergency Liquidity Assistance) della banca centrale. “Le decisioni della Bce (che dovrebbe prenderle lunedì mattina) determineranno il quadro del finanziamento delle banche per i giorni successivi”, ha aggiunto. Parlando della notizia riferita dal FT, Katseli l’ha categoricamente smentita: “E’ del tutto inesistente e maligna”, ha tagliato corto, ricordando che i depositi sono garantiti fino a 100.000 euro (anche se il giornale diceva che la Grecia ha solo 3 miliardi nel fondo assicurativo che dovrebbe coprirli). “Non esiste neanche come ipotesi, per nessuna banca”, ha concluso.

Non solo in Grecia e non solo nei Paesi dell’eurozona la gente è scesa in piazza a sostegno delle ragioni del governo del premier Tsipras, per dire ‘no’ all’austerità e ai piani finora proposti ad Atene dai creditori internazionali. Dopo le manifestazioni di Roma, Parigi e Bruxelles, per oggi sono previste marce di solidarietà anche in Gran Bretagna, all’insegna dello slogan “siamo tutti greci”. In particolare, sono state organizzate manifestazioni a Londra, Liverpool e Edimburgo.

Di F. Q. | 4 luglio 2015

DA - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/04/crisi-grecia-varoufakis-quello-che-ue-sta-facendo-con-noi-e-terrorismo-ci-vogliono-umiliare/1842630/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-07-04


Titolo: Alexis Papachelas. Grecia governata da un governo di ampio consenso...
Inserito da: Admin - Luglio 12, 2015, 04:47:57 pm
Elezioni anticipate in Grecia: Verso un governo di unità nazionale

5 gennaio 2015

I Kathimerini Atene
Bojesen
A prescindere dal risultato delle politiche del 25 gennaio, la Grecia finirà coll’essere governata da un governo di ampio consenso, perché soltanto così Atene potrà affrontare i propri creditori.
Lo scrive il direttore di I Kathimerini.

Alexis Papachelas

A tutti noi piacerebbe avere una sfera di cristallo che ci mostri che cosa accadrà alla Grecia nei prossimi mesi. Alcuni prevedono che dopo 70 anni all’opposizione la sinistra finalmente conseguirà una vittoria, altri pensano che la sinistra al governo potrà durare soltanto poco, e altri ancora dalle elezioni anticipate del 25 gennaio si aspettano un cambiamento radicale dello status quo. Prevedere con esattezza che cosa accadrà in Grecia è diventato sempre più difficile dall’inizio della crisi, e nessun sondaggista o esperto può dichiarare di sapere con certezza che cosa accadrà a breve.

Se toccasse a me fare una previsione, tuttavia, direi che prima o poi nel 2015 la Grecia sarà governata da un’ampia coalizione incaricata di salvare il paese. Non so come vi arriveremo e non mi interessa neppure quale partito o personaggio politico guiderà il governo. A prescindere dal risultato elettorale una cosa è certa: a un certo punto, intorno a marzo, la Grecia si ritroverà in grossi guai.

Ben presto il paese si troverà alla prese con un dilemma veramente difficile che richiederà di essere affrontato e risolto chiaramente.

So che questa idea risulterà sgradita ai più strenui sostenitori di alcuni partiti politici che credono che dietro ogni tentativo andato a vuoto della classe politica al governo ci sia una cospirazione. Il compito di governare la Grecia, in ogni caso, ormai non è solo complesso, ma è anche erto di pericoli. La crisi continua a incidere pesantemente sia sui partiti sia sui leader politici. E ben presto il paese si troverà alla prese con un dilemma veramente difficile che richiederà di essere affrontato e risolto chiaramente.

La Grecia può non aver bisogno di un referendum per decidere se debba o meno restare nella zona euro; una crisi bancaria o un altro evento del genere potrebbero essere sufficienti a toglierci il peso di dover prendere una scelta del genere.

Il paese non può più affrontare nulla di radicale. La popolazione è esausta e disperata, le istituzioni e coloro che dovrebbero farle funzionare sono ormai allo stremo. La Grecia dovrà intrattenere nuovi importanti negoziati con i suoi creditori, e solo un governo di ampio consenso potrà gestirli.

Ma non basta: come è ampiamente risaputo, la Grecia avrà bisogno di un governo serio, che lavori, e qualsiasi tentativo di presentare una formazione di governo migliore di come è ora di sicuro dovrà dimostrarsi all’altezza e riuscire a farcela. Ci occorre un governo in grado di prendere tempestivamente le decisioni e di applicarle.

Così come vanno le cose al momento, pare impossibile raggiungere questo risultato, tenuto conto della polarizzazione politica. La popolazione, però, potrebbe dimostrare di essere saggia oltre ogni aspettativa e dare prova di un forte istinto di sopravvivenza imponendo ciò che al momento sembra irrealizzabile: un consenso nazionale che garantisca che nessuno condurrà pericolosi esperimenti su ciò da cui dipende il destino stesso del paese.

Traduzione di Anna Bissanti

Da - http://www.voxeurop.eu/it/content/article/4877553-verso-un-governo-di-unita-nazionale


Titolo: Grexit non ci sarà, la vera partita è tra Obama e la Merkel
Inserito da: Admin - Luglio 12, 2015, 04:51:51 pm
Grexit non ci sarà, la vera partita è tra Obama e la Merkel

10 luglio 2015, Luca Lippi

Per tutta la settimana il dibattito è stato sulla Grecia, poi si è allargato alla sovranità, poi alle domande sul Grexit.
Operatori specializzati affermano che la Borsa ci sta già dicendo che non ci sarà nessun Grexit, noi continuiamo a ripetere che la Borsa sta solo valutando le mosse di Draghi ed è tanto più serena quanto più Draghi decide di fare il banchiere e continuare a sussidiare le banche, anche quelle elleniche.

Ogni discussione è utile a se stessa, le decisioni sono state già prese da gennaio scorso, non è uno scoop della “Civetta” è semplice competenza di chi mangia pane e Borsa da tutta una vita, basta guardare la Borsa e poi le notizie, mai il contrario perché non esiste nessuno in grado di arrivare prima del mercato sulla “conclusione reale delle questioni”. Spesso non si riesce a rendersene conto perché il mercato arriva “molto” prima di chiunque, se poi si aggiunge l’incompetenza della maggior parte degli individui, che per sopravvivere devono maturare altre competenze, ecco che il gioco è fatto e gran parte dei media fanno il resto.

Intanto dipaniamo la prima questione incompresa: i Paesi membri non hanno perso mai la sovranità, semplicemente non l’hanno mai avuta. E se proprio dobbiamo essere leali con noi stessi, dobbiamo dire che è l’Europa la prima ad avere perso la sovranità su se stessa. Questo è accaduto nel 1945 quando ogni decisione relativa a questioni comunitarie e disegni di federazione europea si sono potuti “abbozzare” con l’avallo di Washington e Londra che da sempre conservano l’ultima parola sulle questioni europee in materia economica e politica estera.

Quindi, riguardo la questione greca, il braccio di ferro non è fra l’Europarlamento e Syriza, magari! Il braccio di ferro si sta consumando fra Stati Uniti e Germania, perché non è neanche vero che l’Europa sia “germanizzata”, l’Europa è “germanocentrica” perché la Germania è di fatto una "colonia" statunitense dal bombardamento a tappeto di Berlino in poi.

Ecco dunque che da Washington arrivano ormai grida di rimprovero per “obbligare” Atene e Berlino a scendere a compromessi “prima di subito” e perché la gestione della questione è stata insoddisfacente, e con buona pace della “democrazia capitalista” la Merkel non ha perduto la testa solo perché ancora non si è trovata un’alternativa “apparentemente autorevole” e anche “sottomissibile”.

Gli americani esercitando forti pressioni per evitare che Atene sfugga alle maglie della UE e della Nato, perché la dinamica di "egemonia angloamericana" sull’Europa è viva, e lotta insieme a noi ogni minuto del giorno e della notte.

Passiamo ad analizzare la funzione di Alexis Tsipras: in tutta la questione (siamo tutti pedine su una scacchiera, inutile illudersi). Alexis Tsipras è troppo giovane per essere un consumato politico capace di trattare e negoziare con “vecchie volpi” senza essere sbranato. E’ sopravvissuto esclusivamente perché è sostenuto dal disegno angloamericano di scardinare l’eccesso di austerità propugnato dalla Germania, che sta portando la moneta unica al collasso dopo anni di recessione nell’europeriferia.

Gli Usa non contestano le politiche di austerità, vicino a Tsipras sono stati collocati due ministri delle finanze (Varoufakis prima e Tsakalotos ora) che di greco hanno poco soprattutto riguardo la formazione tecnico professionale (in sostanza sono più americani che greci), nei fatti gli Usa contestano la “dose eccessiva” di austerità che sta portando a una crisi irreversibile l’Eurozona.

Ecco che Tsipras è utilissimo agli Usa per contrastare la Germania e creare più di qualche imbarazzo ai tedeschi che si trovano spaesati di fronte a tanta protervia greca. Pensate solo quanto sarebbe disposto a pagare Matteo Renzi per essere al posto di Tsipras in questo momento che è l’emblema del coraggio mentre lui finora ha fatto la figura dell’agnello. Tuttavia è utile ricordare che Tsipras esiste perché Washington lo protegge (fin quando è utile).

Già prima del referendum del 5 luglio, il Fmi si è sbilanciato a favore di Tsipras nella sua contesa con i creditori europei: il 2 luglio, con un tempismo per nulla casuale, il fondo con sede a Washington rende pubblico un rapporto dove si giudica insostenibile il debito pubblico greco e se ne chiede uno “riscadenziamento” accompagnato da ulteriori 50 miliardi di aiuti. Non solo, quindi l’istituzione americana evita di dichiarare il default tecnico di Atene dopo il mancato rimborso della tranche il 30 giugno, ma esorta i creditori europei affinché alleggeriscano le loro pretese creditizie: è grazie all’assist del Fmi che Tsipras avanza nuove richieste per un alleggerimento del fardello debitorio, chiedendo, in base alle indiscrezioni che precedono l’inconcludente Eurogruppo del 7 luglio, il taglio del 30% del debito ed un piano di finanziamento dalla durata ventennale.

E credete che questo le Borse lo abbiano saputo il 7 luglio?

Il Financial Times (organo di stampa autorevolissimo dell’establishment finanziario europeo) da mesi lancia messaggi subliminali alle presidenze del consiglio europee (soprattutto alla cancelleria tedesca) ammonendo sulla posta in gioco. Nonostante tutto hanno mandato a referendum Tsipras, ovvio che adesso è dovuta scendere in campo direttamente la stampa rappresentativa della finanza statunitense (il New York Times) e pubblica un editoriale non firmato “For Europe’s Sake, Keep Greece in the Eurozone” dove, in sintesi, lancia un appello/ammonimento alla Germania affinché eviti l’uscita dall’euro della Grecia, membro della UE nonché della NATO. Si facciano carico la Germania ed i creditori europei del debito greco, scrive il giornale, perché le conseguenze del Grexit sarebbero un terremoto dei mercati finanziari mondiali e l’incrinatura dell’intera eurozona.

Per chiarezza riportiamo il passaggio in originale “Ms. Merkel, the most powerful political leader in Europe, now has to decide whether she is willing to risk the stability of the European Union, consign Greece to economic depression and threaten global financial markets, or do the rational thing at this critical moment.(…) A Greek exit would also do untold damage to the credibility of the euro and the European project by making clear that any country’s membership in the Eurozone could be revoked (…) Yes, Greek officials past and present are responsible for many of their country’s problems. But European leaders have made the crisis worse by their mismanagement. Now it’s incumbent on them to end the threat to the Eurozone by saving a small, paralyzed country”.

In conclusione, il vero problema non è la Grecia. Il problema è da mesi la Germania, e più nello specifico la Merkel che, politicamente, ha salva la testa solo perché è riuscita a convincere i Paesi membri a inutili e perniciose sanzioni verso la Russia di Putin. Riguardo il resto, un eccesso di protagonismo della Merkel e cortigiani nella crisi greca sta ora polarizzando le opinioni pubbliche degli altri Paesi europei contro il governo di Berlino, mettendo a repentaglio l’integrazione europea.

La conferma di questo è la telefonata diretta di Obama alla Merkel; il presidente americano esprime il convincimento che la Grecia debba rimanere ad ogni costo nell’euro, schierandosi così apertamente a fianco del “marxista” Tsipras contro i falchi teutonici che, specialmente dopo il referendum del 5 luglio, citano con sempre maggiore frequenza l’evenienza che Atene sia espulsa dall’euro. Tuttavia c’è da considerare che la credibilità degli Usa è ai minimi storici, negli ultimi 15 anni hanno prodotto più danni della grandine soprattutto con i QE che provocano bolle speculative sparse in tutti i mercati del mondo, e questo mette a rischio il potere di imporsi sull’Europa.

L’indebolimento dell’influenza angloamericana si evidenzia con i focolai ormai alle porte della periferia europea (Nord Africa e Levante con l’ISIS e nell’Est europeo con la crisi ucraina), dunque l’unica possibilità di agire è quella di incendiare questi scenari con lo scopo di rendere impermeabile l’Europa non riuscendo più a incidere direttamente nelle capitali europee. Le telefonate, i continui rovesciamenti di fronte da parte del Fmi, sono il tentativo di arrestare le forze centrifughe all’interno dell’Europa.

In tutto questo Putin sta solamente aspettando che la strategia americana fallisca per inserirsi fra le crepe formatesi fra la Grecia e la troika (il danno di quest’ultima è evidente). Il ruolo della Grecia è di una potenza contrattuale insperabile per chiunque. A costo di salvarla di nascosto gli Stati Uniti sono pronti ad intervenire direttamente, la Grecia deve solo gestire i tempi per non perdere l’appuntamento con Putin che non vuole passare come la ruota di scorta di una pulce.

Un fatto è certo, e questo Tsipras deve considerarlo bene: se fosse “Grexit” l’onda d’urto per il popolo greco sarebbe talmente devastante (forze speculative) che nessuno è in grado di stabilire se riuscirà ad arrivare indenne alla sponda russa. Anche questo la Borse lo hanno calcolato con precisione e quindi “scommettono” da gennaio sulla permanenza della Grecia nella Nato prima ancora che nell’Europa.

La Borsa è una grande “sala scommesse” col privilegio di sapere in anticipo quello che gli investitori non possono sapere (non tutti) ma sempre di scommessa si tratta. Non crediamo che la secolare “perizia” dei Mercati venga meno proprio ora! E infatti Tsipras rimane con noi per il momento: possiamo andare serenamente al mare.

Da - http://www.intelligonews.it/articoli/10-luglio-2015/28469/grexit-non-ci-sar-la-vera-partita-tra-obama-e-la-merkel


Titolo: Andrea Nicastro. Crisi Grecia Varoufakis: Tsipras? Ha firmato la capitolazione..
Inserito da: Arlecchino - Settembre 19, 2015, 10:57:45 am
L’intervista
Crisi Grecia, Varoufakis: «Tsipras? Ha firmato la capitolazione Io sono libero, ho perso i falsi amici»
L’ex ministro greco delle Finanze: «Presto ci sarà il lancio ufficiale e una sinistra pan europea capace di offrire una politica alternativa all’austerità»

Di Andrea Nicastro

I colleghi ministri lo evitavano anche al tavolo delle tartine, figurarsi oggi, come potenziale rivale del fronte del no. Yanis Varoufakis, economista ed ex ministro greco, annuncia al Corriere che «presto, molto presto ci sarà il lancio ufficiale e una sinistra pan europea capace di offrire una politica alternativa all’austerità vedrà la luce». Varoufakis non ha niente del silurato o dell’ex. Anzi è sempre più convinto d’avere ragione. Gira il continente come una trottola, raccoglie adesioni, scatena applausi. È pronto a salvare l’Europa da chi, secondo lui, la sta guidando al baratro economico, sociale e politico. La sua T-shirt da modello è apparsa in Francia allo sbocciare della sinistra alla sinistra di Hollande. Con l’ex Pd Stefano Fassina e lo spagnolo Pablo Iglesias ha gioito al trionfo rosso del britannico Corbyn.

Professor Varoufakis, come sta?
«Un fiore. Anche se la situazione in Grecia dopo la resa del 13 luglio è triste e non preconizza niente di buono per l’Europa. Il merito è del calore della gente che mi accoglie in Grecia, Italia, Francia, persino Germania. E anche della libertà che ho per seguire la mia agenda politica fuori dalle strutture di governo».

L’incubo Grexit, tutti gli occhi puntati addosso... nessuno strascico?
«Il vero amore e la vera amicizia sono sopravvissuti. I falsi evaporati. Fare il ministro è stato un dovere da sopportare fino a che eravamo guidati da un principio. Piuttosto mi spiace per i miei successori che devono gestire l’orribile sconfitta».

Dica la verità, com’è scoprirsi sex symbol?
«Ho detestato lo star system tutta la mia vita. Sarebbe il colmo dell’ipocrisia godere di quel circo quando, per ragioni a me ignote, sono stato elevato su un ridicolo piedistallo».

Sta finendo un libro?
«È almeno dal 1989, che ogni anno sto per finire un libro. Questo era quasi pronto prima delle elezioni di gennaio. L’ho dovuto aggiornare. Si intitolerà “Il debole soffre il giusto?”. È, niente meno, che una storia dell’Euro».

Quindi addio alla politica?
«Tutto il contrario. Presto ci sarà un annuncio ufficiale. Il partito Syriza che ho servito non esiste più. Si è smembrato per la nostra capitolazione. Non volendo unirmi a ciò che è emerso dalla frattura, ho guardato là dove anche il problema greco può trovare una soluzione: l’Europa».

Spieghi meglio.
«La Grecia è affondata, ma è l’intera democrazia europea ad essere ferita a morte. A meno che gli europei non capiscano che la loro economia è diretta da pseudo tecnocrati non eletti e non punibili, gente che sta commettendo un errore dopo l’altro, la democrazia continentale rimarrà l’ombra di quello che pensiamo che sia».

Eppure lei ha sempre creduto nell’euro e nell’Europa.
«Sto lottando con me stesso per continuare a farlo. Aristotele definiva la democrazia come il sistema nel quale governano i poveri, che sono sempre la maggioranza. In questo senso, la sinistra è la custode della democrazia quando non si piega ai pochi potenti che controllano le risorse materiali. Una semplice dose di democrazia liberale nell’Eurogruppo mi sembrerebbe un buon inizio per italiani, greci, spagnoli e tedeschi».

La sconfitta della sua posizione all’Eurogruppo non le è proprio andata giù.
«Alexis Tsipras ed io siamo stati in disaccordo perché lui pensava che il nuovo Memorandum fosse l’unica alternativa al piano Schäuble di cacciare la Grecia dall’Eurozona. Tsipras venne minacciato di un’espulsione così violenta che la parte debole della popolazione avrebbe sofferto in modo indicibile. Quindi capisco come e perché Tsipras è arrivato a scegliere il Memorandum. Ma non sono d’accordo».

Preferiva fallire con onore?
«Il referendum ci ha dato il 62% di appoggio per cercare un accordo onesto, senza cedere. Così avevo letto io il voto. Tsipras l’ha capito diversamente».

Colpa di quello che lei definì «terrorismo europeo»?
«I giornalisti dovrebbero almeno imparare a riferire le cose correttamente. Ciò che io dissi è che nelle settimane precedenti il referendum, i greci sono stati bombardati di immagini di banche chiuse e dall’idea che non avrebbero mai più riaperto. Terrorismo è usare la paura per un fine politico. E i greci ne sono stati soggetti».

L’alternativa era il suo Piano B?
«Ogni Piano B che vuole evitare l’uscita dall’euro ha in sé il problema che appena diventa noto scatena il panico, la fuga dai depositi, la chiusura delle filiali e un’uscita di fatto dalla moneta unica».

Quindi era sbagliato?
«Difficile dirlo. Avrebbe avuto un costo altissimo, questo sì. Ma nel lungo periodo magari non più alto della costante sottomissione alla troika».

Come sta ora la Grecia?
«Nessun Paese alle prese con una Grande Recessione può riformarsi fino a che il debito non viene ristrutturato, la spirale debito-deflazione alimenta la crisi».

E le privatizzazioni? La Germania sta comprando.
«Mi piacerebbe pensare che questo non fosse l’obiettivo delle istituzioni tedesche. Detto ciò, avrei preferito che Berlino chiedesse alle sue imprese di stare lontane dai saldi greci».

Tornerà l’incubo Grexit?
«Tsipras è convinto che il Memorandum eviti il piano Schäuble. Io credo che ci porterà comunque fuori dall’euro. Sperabilmente, quando la Grexit spaventerà di nuovo tutti, l’Europa si sarà rimessa in piedi, il piano tedesco archiviato e al suo posto ci sarà un programma pan continentale di sviluppo, un New Deal europeo».

16 settembre 2015 (modifica il 16 settembre 2015 | 07:54)
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Da - http://www.corriere.it/esteri/15_settembre_16/crisi-grecia-varoufakis-tsipras-ha-firmato-capitolazione-io-sono-libero-ho-perso-falsi-amici-9dc45dec-5c33-11e5-83f0-40cbe9ec401d.shtml


Titolo: CHRISTIAN SALMON. Varoufakis: "La Primavera di Atene ha messo a nudo la ...
Inserito da: Arlecchino - Settembre 22, 2015, 06:48:29 pm
Yanis Varoufakis: "La Primavera di Atene ha messo a nudo la tirannia dell'Unione"
L'ex ministro greco ha annunciato che alle elezioni voterà per i dissidenti euroscettici di Unità popolare: "L'Europa ha perso l'integrità e l'anima"

Di CHRISTIAN SALMON
19 settembre 2015

I GRECI domani tornano al voto per la seconda volta in nove mesi. Sono le elezioni anticipate volute dal premier Alexis Tsipras che non poteva più contare su una maggioranza in Parlamento. L'ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis era già uscito dal governo il 6 luglio (tanto che ieri ha annunciato a Press project che non voterà per Syriza ma per "Unità popolare", la neo-formazione dei dissidenti euroscettici, ndr). In questo dialogo, racconta la sua visione dell'Europa.

La crisi dei rifugiati, come la crisi greca, rappresentano due momenti parossistici di una più generale crisi dell'Ue, ed è necessario analizzarle congiuntamente, come ha detto recentemente: due facce di una stessa crisi, due sintomi acuti di una stessa malattia, il "male di sovranità" dell'Europa.
"Esattamente. Gli europei devono riuscire a comprendere la radice delle forze centrifughe che ormai da tempo stanno lacerando l'Unione Europea, toccando l'apice in questa orrenda estate del 2015 in cui prima la democrazia greca è stata stritolata (con la minaccia di un'espulsione dall'Eurozona come punizione per aver rifiutato un nuovo prestito a condizioni che ridurrebbero il Paese ancora più in miseria), e poi l'Europa non ha saputo mostrarsi all'altezza della crisi dei profughi. La radice sta nelle fondamenta stesse dell'Unione, che è stata costruita come un mastodontico cartello industriale, si è trasformata in una coalizione di banchieri, è stata gestita da una tecnocrazia incompetente che disprezza i principi della democrazia, e infine ha elaborato una sua versione di moneta unica che rispecchia la "logica" del sistema aureo vigente fra le due guerre. Una "costruzione" simile non poteva reggere. Quando ha cominciato a frammentarsi, dopo il 1929 della nostra generazione (l'implosione del 2008), gli Stati membri hanno cominciato a ripiegarsi su se stessi. Il dramma greco di luglio, che ha messo a nudo la perdita di integrità dell'Europa, e l'attuale crisi dei rifugiati, che dimostra che l'Europa ha perso la sua anima, sono il risultato di questa frammentazione. È così che interpreto la sua appropriata espressione, "male di sovranità"".

Gli Stati-nazione hanno perso la loro sovranità democratica, l'Ue non l'ha ritrovata. Siamo su un continente che vola col pilota automatico, abbandonato alla mano invisibile dei mercati... A bordo del bateau ivre, due categorie di politici litigano sulla direzione da prendere e la condotta da seguire.
"È esattamente quello che stiamo vivendo. Se posso permettermi di "correggere" leggermente la sua metafora, direi che abbiamo lanciato un battello fluviale nella vastità dell'oceano durante giornate di bonaccia. Il nostro battello è maestoso, ma non ha quello che serve per sopravvivere a un mare in tempesta. Peggio ancora: in questo spazio allegorico, quando gli elementi hanno deciso di scatenare una tempesta, la loro furia è stata proporzionale alla nostra mancanza di preparazione. E quando la tempesta è arrivata, il capitano e i suoi ufficiali hanno continuato a negare l'evidenza, insistendo che era tutta colpa dei passeggeri di terza classe (i greci, i portoghesi ecc.). Come dico spesso, la situazione in cui ci troviamo è figlia del modo stupido in cui è stata gestita una crisi inevitabile.

Da un lato i "sovranisti" chiedono che la Nazione torni in porto. Dall'altra parte ci sono i loro avversari, i "de-democratizzatori", che raccomandano di andare al largo affindandosi alle correnti della globalizzazione. I sovranisti esigono una riterritorializzazione del potere, l'uscita dall'euro, la resurrezione delle frontiere. I de-democratizzatori vogliono abbandonare qualsiasi potere decisionale e perfino il sistema democratico, affidando la politica a esperti e mercati finanziari. In questo dualismo si consuma il fallimento della politica. Che si è manifestato sotto una figura paradossale, l'"autoritarismo impotente": autoritari di fronte alla Grecia, impotenti di fronte ai rifugiati.
"È proprio così. Con l'aggiunta di un altro aspetto: in questo falso scontro fra rinazionalizzatori e paladini dell'euro, le due parti si nutrono a vicenda! Concorrono insieme, ovviamente senza volerlo, al processo che genera centralizzazione autoritaria e al tempo stesso frammentazione. Le due crisi di questa estate, la crisi greca e quella dei rifugiati, lo dimostrano: gli Stati membri cercano di scaricarsi a vicenda l'onere della crisi, ponendo incessantemente una domanda avvelenata "Che ci guadagno?"; e intanto Bruxelles e Francoforte cercano di accaparrarsi, riuscendoci, altro potere arbitrario a spese degli Stati-nazione. La frammentazione centralizzata è il risultato peggiore possibile della pessima architettura dell'Europa, ma anche della reazione nazionalistica che vuole rinazionalizzare i sogni, le aspirazioni, le politiche migratorie, la politica di bilancio e così via".

Per converso, il "no" greco al referendum del 5 luglio e il movimento europeo di solidarietà verso i rifugiati rappresentano la nascita caotica di un'opinione pubblica europea, e forse l'abbozzo di una sollevazione democratica contro le istituzioni europee, che non li rappresentano più e li opprimono.
"Il sontuoso "No!" gridato da quell'incredibile 62 per cento di greci è un meraviglioso lascito di resistenza all'idiozia dell'eurolealismo e alla riluttanza dell'euroclastia. Non era un "No" all'euro. Era un "No" a un accordo all'interno dell'Eurozona insostenibile e vendicativo. La maggioranza che ha detto "No" ci stava dicendo: "Non vogliamo che ci portiate fuori dall'euro. Ma non intendiamo tollerare un'umiliante parvenza di accordo che condanna i nostri figli a una depressione permanente e a un perenne status di Paese di terza classe in Europa. E se Bruxelles-Francoforte- Berlino continueranno a minacciarci con la Grexit, allora ditegli: Andate all'inferno". Quel "No" è stato tradito, su questo non c'è dubbio. Ma il suo spirito non è evaporato".

Dalle sue dimissioni il 6 luglio Lei sembra dire solo una cosa: "È venuto il momento delle rivoluzioni europee". Cerca di creare "una nuova narrativa per l'Europa", che io interpreto come "Creatività, solidarietà, democrazia". Contro l'impotenza autoritaria delle istituzioni dobbiamo contribuire a far emergere una potenza d'azione democratica.
"Prima delle elezioni del 25 gennaio 2015, insieme ad Alexis Tsipras dicevamo al mondo che quello che sarebbe cominciato in Grecia si sarebbe esteso all'Europa. Il nostro slogan era: "Riprendiamoci la Grecia  -  Cambiamo l'Europa!". Dopo la capitolazione di luglio, sono giunto alla naturale conclusione che con la Grecia sconfitta (anche se mai soggiogata) è venuto il momento di portare il messaggio della nostra Primavera di Atene, che ha già "infettato" tutti in Europa, da Helsinki a Porto, da Belfast a Creta. La Primavera di Atene ha dimostrato, anche agli europei che non erano d'accordo con il nostro governo, che tutte le decisioni importanti vengono prese da organismi che non rendono conto a nessuno, privi di trasparenza, dittatoriali, che non rispettano nessun principio di legalità, che agiscono nell'ombra, che nutrono solo disprezzo verso la democrazia. E allora i tempi sono maturi per portare il trittico della rivoluzione francese, libertà-uguaglianza- fratellanza, a livello europeo, e aggiungere a esso tolleranza-trasparenza-diversità".

© Riproduzione riservata
19 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2015/09/19/news/yanis_varoufakis_la_primavera_di_atene_ha_messo_a_nudo_la_tirannia_dell_unione_-123219780/?ref=fbpr


Titolo: Federico Plantera Elezioni Grecia: la testardaggine dei greci e il (salvifico?)
Inserito da: Arlecchino - Settembre 22, 2015, 06:49:34 pm
Zonaeuro
Elezioni Grecia: la testardaggine dei greci e il (salvifico?) Tsipras-bis
Di Federico Plantera | 21 settembre 2015

Altro giro, altra corsa. Alexis Tsipras, dopo le dimissioni a sorpresa di metà agosto e le annunciate elezioni anticipate, ha riconfermato la solidità della propria leadership trionfando alle urne nella giornata di ieri. Chi si aspettava un calo più o meno drastico del gradimento del popolo greco verso il premier uscente è rimasto deluso: la percentuale complessiva di preferenze raccolte da Syriza diminuisce di meno dell’1% delle schede valide rispetto a gennaio scorso. Il messaggio, chiaro e cristallino, è che Tsipras è ancora vivo e annuncia di esser pronto a dare battaglia per “cambiare i rapporti di forza in Europa”.

Uno a uno e palla al centro? Decisamente no, perché dalle elezioni di fine gennaio sono passati otto mesi, e tanto è accaduto (e anche non è accaduto) nel frattempo. Il primo dato rilevante che si evince dai risultati di domenica sera è che i greci si sono stancati di andare a votare: come biasimarli, del resto, considerato che si è trattato della terza consultazione elettorale – compreso il referendum – in meno di un anno? Ciò potrebbe poi far sorgere degli interrogativi sulla concretezza e la fattività dell’azione del primo governo Tsipras nei mesi dall’inizio dell’anno a oggi, ma se n’è già parlato lungamente in varie occasioni.

Il secondo elemento da considerare è la naturale e spontanea domanda sulle sorti dell’intesa raggiunta con i creditori lo scorso luglio. Sembra chiaro che nulla sia destinato a cambiare, su un piano formale, sotto quel punto di vista: di fatto, le urne non hanno mutato gli equilibri e i rapporti di forza tra Grecia e resto d’Europa, né si è trattato di una consultazione sulla validità del terzo piano di aiuti concesso ad Atene. Il segnale politico, però, potrebbe essere di non trascurabile importanza: Tsipras ha ribadito con i numeri di avere il popolo dalla sua parte e, se l’obiettivo è di presentarsi in Europa unitamente alle altre forze di sinistra per provare a mescolare le carte in tavola, lo slancio ripreso dal fronte continentale anti-austerità dopo la vittoria di Jeremy Corbyn nel Regno Unito non potrà che risultare d’aiuto in questo senso.

Il terzo dato evidente è che i greci sono testardi – in senso buono e meno buono – e non possiamo farci niente. Significativa la stima che hanno deciso di continuare a riporre nel leader di Syriza, che risulterà utile nei prossimi mesi in sede di contrattazione con i creditori e di realizzazione delle riforme promesse, soprattutto in termini di credibilità (non hanno fatto l’errore di cominciare a cambiare il loro rappresentante in Europa con la frequenza con cui si fa il cambio di stagione dei vestiti nell’armadio, come invece non abbiamo evitato di fare noi).

Da non trascurare assolutamente, però, è il risultato di Nea Dimokratia. La festa di Syriza sarà pure durata tutta la notte, ma il partito conservatore – che insieme al Pasok ha governato la Grecia dalla caduta dei colonnelli alla fine del 2014 e ha, di fatto, contribuito a traghettare il Paese nella situazione in cui versa oggi – ha ottenuto il 28% dei voti. Per di più, dopo le rivelazioni dell’indagine condotta dall’ex ministro anticorruzione Nikoloudis, si parla di un partito coinvolto in uno degli scandali pubblici più gravi della Grecia contemporanea ed esposto per ben 200 milioni (insieme al già citato Pasok) in prestiti mai restituiti alla Banca Nazionale dell’Agricoltura e contratti nell’arco di tempo che va dal 2000 al 2012 – quindi anche sotto il regime del primo memorandum.

Come se non bastasse, la testardaggine greca si ripete in negativo negli ultimi dati sull’evasione fiscale dilagante nel Paese: secondo la stessa indagine, il buco nel gettito fiscale degli ultimi cinque anni è stato di 37 miliardi, viaggiando a una media di circa un miliardo al mese dall’inizio del 2014. I conti non tornano per cifre che si aggirano intorno al 30% delle entrate fiscali potenziali complessive, circa il doppio rispetto alla media degli altri Paesi dell’Unione Europea.

Duri a morire sì, ma anche duri a invertire rotta. È proprio questo, invece, quel che si auspica Tsipras, che ha ringraziato Kammenos – leader dei Greci Indipendenti di Anel – per essersi unito a lui “sotto la bandiera dell’onestà” e che ha conferito al nuovo mandato una dimensione quasi salvifica destinata a “liberarci da tutte le cose che ci tengono fermi al passato”. Il resto d’Europa non può che augurarsi che ciò non li induca in tentazione ed effettivamente ci (e li) liberi dal male. Ancora una volta, starà a Tsipras e ai greci sapersi giocare bene le proprie carte. Amen.

Di Federico Plantera | 21 settembre 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/21/elezioni-grecia-la-testardaggine-dei-greci-e-il-salvifico-tsipras-bis/2053022/