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Titolo: FABIO TONACCI. Intervista al giornalista americano Peter Theo Curtis
Inserito da: Admin - Gennaio 19, 2015, 07:04:39 am
"Io torturato e in catene, i miei due anni d'orrore prigioniero di Al Nusra"
Intervista al giornalista americano Peter Theo Curtis

Di FABIO TONACCI
18 gennaio 2015

"Sento dire che Vanessa e Greta sono state rapite perché ingenue e superficiali... beh, io avevo dieci anni di esperienza e viaggi in Medio Oriente, conosco l'arabo, ho studiato il Corano, eppure mi sono ritrovato nella loro stessa situazione: sequestrato in Siria per quasi due anni dai qaedisti di Jabhat Al Nusra". La seconda vita di Peter Theo Curtis, giornalista freelance americano di 47 anni, è cominciata una mattina del 24 agosto scorso, quando l'uomo che lo ha torturato e tenuto segregato per 22 mesi, il comandante Abu Mariya al Qahtani, ha deciso che poteva tornare a casa. Dietro questo atto, forse il pagamento di un riscatto milionario di cui però  -  come sempre accade  -  nessuno ha le prove. Da allora Peter Theo vede le cose in modo diverso. Sua madre, gli amici, la carriera. Perfino la sua bicicletta ha acquistato un altro significato. Sul telefonino ha la foto delle due cooperanti italiane appena liberate. "Nessuno deve dimenticare perché sono andate laggiù: per aiutare i bambini, per portare aiuti alle vittime della guerra. Ci vuole un cuore enorme per rischiare tanto".

In Italia ci sono persone, tra cui anche politici, che non la pensano così, e accusano il nostro governo di aver trattato con i terroristi per colpa di due ragazze "troppo ingenue".
"Ma sì, è vero, lo siamo tutti. Non avevamo capito quanto può diventare cattiva quella gente, quando decide di esserlo. Ora lo sappiamo. Ma Vanessa e Greta vanno perdonate perché hanno vent'anni: a quell'età si fanno cose stupide. Ma sono comunque un esempio di coraggio".

Cosa le è stato d'aiuto, dopo la liberazione, per superare quell'esperienza così drammatica?
"Andare in bicicletta tutti i giorni! E l'affetto di mia madre. Quando sono tornato stavo con lei 24 ore al giorno... anche se ho 47 anni!".

Anche nel suo caso si è parlato del pagamento di un riscatto. Si è mai sentito in qualche modo colpevole verso il suo Paese?
"No, però durante la prigionia nella mia testa avevo come un colloquio continuo con mia madre, e continuavo a chiederle scusa perché lei mi aveva detto e ripetuto di non andare in Siria".

Lei è stato picchiato e torturato perché la ritenevano una spia della Cia. Vanessa e Greta dicono di non aver subito violenze. Ci crede?
"Sì, perché non dovrei? Del resto loro erano troppo giovani per essere considerate delle spie al soldo di qualche agenzia straniera, al massimo sono state viste come missionarie cristiane".

Come è stato rapito?
"Era il settembre del 2012, arrivai in Turchia deciso ad entrare in Siria. Ho incontrato tre giovani siriani che mi dissero di essere membri del "Free syrian Army", l'esercito libero. Si offrirono di accompagnarmi in un viaggio in Siria. Andai con loro senza dire niente a nessuno, nemmeno al mio compagno di stanza. I tre si rivelarono affiliati ad Al Qaeda, mi sequestrarono e chiesero un riscatto alla mia famiglia. Riuscii a scappare, durante la fuga trovai un autista di bus che mi accompagno al quartier generale del Free Syrian Army. Lì finii in un carcere, poi con quelli di Al Nusra. All'inizio ero tenuto in una cella nell'ospedale di Aleppo".

Qual è stato il momento peggiore dei due anni vissuti da prigioniero di Al-Nusra?
"È stato dopo i primi 6 mesi. Mi davano poco cibo, a volte avariato, avevo i pidocchi nei capelli, indossavo gli stessi vestiti del giorno del rapimento, avevo freddo, non mi avevano mai lasciato fare una doccia. Per tre mesi mi avevano picchiato, quasi ogni giorno, poi avevano smesso. Una notte uno entra nella stanza e mi pesta a sangue, riducendomi uno straccio. Lì caddi in depressione, pensavo che non sarebbe mai finita, mi chiedevo: "come faccio a convivere con queste persone? L'unica cosa che vogliono è farmi soffrire...".

Quanti erano i suoi carcerieri?
"Centinaia, ho visto centinaia di persone. Non tutte sono state orribili con me, alcune erano più gentili. C'erano assassini, estremisti, militari, semplici cittadini... durante il sequestro mi hanno spostato dal nord, all'est, fino al sud della Siria. Ho vissuto in 30 galere diverse, vicino a donne e bambini anche, in un mondo che i ribelli hanno costruito per loro stessi. Durante questi 22 mesi non ho trovato uno che si opponesse alla mia prigionia. Era naturale che stessi in quelle condizioni. Tutti sapevano che non potevo parlare con nessuno e non potevo sentire al telefono la mia famiglia, ma nessuno diceva niente"

Qual era la sua "colpa", esattamente?
"Essere americano. Mi dicevano che l'America uccide musulmani tutti i giorni, quindi pure loro erano autorizzati ad ammazzare gli americani. Poi sostenevano che non avessi nulla di cui lamentarmi, perché in fondo ero ancora vivo e venivo sfamato con il loro cibo"

Com'erano le sue giornate?
"La mia stanza non aveva finestre, sentivo soltanto le voci delle persone nelle stanze accanto. La mattina presto i carcerieri pregavano prima del sorgere del sole, poi tornavano a dormire e si svegliavano alle 10 o alle 11. A quel punto mi davano un po' di cibo. Sentivo i soldati che nel cortile caricavano e pulivano i kalashnikov, ridevano, si divertivano. Poi all'inizio del pomeriggio iniziavano i combattimenti, e gli spari duravano fino alla notte. Quando smettevano i colpi, cominciavano le torture. Ho sentito seviziare uomini e donne ogni giorno per due anni di fila. In ogni prigione dove mi hanno messo, c'era una sala delle torture. Dicevano che si stavano vendicando per quello che gli americani hanno fatto a Guantanamo e Abu Grahib".

Come si fa a non impazzire?
"Per un periodo ho avuto un compagno di cella che in effetti aveva i nervi distrutti e stava impazzendo. Io ho reagito diventando inaspettatamente creativo. Ho scritto un libro, durante il sequestro, per raccontare tutto quello che mi è accaduto. Ed è davvero strano perché quando ero libero l'avrei voluto sempre fare, ma non ero mai stato capace di mettere insieme una storia che filasse, con personaggi, una trama, un senso. Ci sono riuscito durante la prigionia!".

I terroristi sapevano che stava scrivendo di nascosto?
"Sì, una volta se ne sono accorti. Ma quando mi hanno chiesto cosa stessi scrivendo, io ho risposto: "roba per la mia ragazza". E allora si interessavano, volevano avere dettagli di natura sessuale... io glieli davo, inventandomeli>>

La minacciavano di morte?
"All'inizio sì, poi sempre meno. Mi ricordo una notte, quello che sembrava il comandante entrò nella mia cella e disse: "sarai giustiziato nello stile dell'islam tra 5 minuti, preparati, dì i tuoi ultimi desideri". Lì ho pensato che era finita"

La tenevano incatenato?
"Mi hanno tenuto con le manette ai polsi e ai piedi per due mesi, dovevo fare tutto con questo ferro addosso, compreso andare in bagno e farmi quelle poche docce che mi permettevano di fare, senza nemmeno potermi togliere i vestiti"

Prima del rilascio, aveva avuto la sensazione che le cose si stavano muovendo favorevolmente?
"No, per niente. Sono stato liberato ad agosto, nel maggio precedente mi avevano detto che mi avrebbero liberato dopo uno o due giorni. Poi la persona che mi disse questo, sparì, e la guardia che mi controllava mi diceva: "E' come con Dio, anche se non lo vedi, c'è"... mi prendevano in giro, giocavano con la mia mente, così ho smesso di credergli"

Quanto l'ha cambiata quell'esperienza?
"Mi ha reso più sicuro di me stesso. Prima ero molto concentrato sulla mia carriera, volevo essere un giornalista, volevo sembrare un giornalista, volevo avere dei bei vestiti... adesso invece ho capito che mi importa di più essere buono e aiutare le persone che sono meno fortunate... perché siamo vivi per poco, moriamo troppo presto, dobbiamo fare qualcosa".

Che idea si è fatto di quello che sta succedendo in Siria?
"Al Nusra, ma anche gli altri gruppi, non vogliono persone che vadano ad aiutare le vittime, si vogliono uccidere tra loro: i sunniti vogliono ammazzare i rappresentanti del regime di Bashar Al Assad, il regime vuole annientare i ribelli... allora lasciamoli uccidersi tra di loro. So che è brutale dirlo, ma è così. Non ci possiamo fare niente. Quando avranno voglia di fermarsi, lo faranno"

Tornerebbe laggiù?
"Mi piacerebbe, ho lasciato molti amici lì. È la mia ambizione, ma non andrei più nella zona dei ribelli. Adesso mi fido del regime... se il regime mi garantisce la sicurezza, vorrei andare. Ma non credo che lo faranno"

© Riproduzione riservata 18 gennaio 2015

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