Titolo: Consiglio Ue. Matteo Renzi incassa il sì al piano Juncker, ma Merkel lo annacqua Inserito da: Admin - Dicembre 20, 2014, 04:56:28 pm Consiglio Ue.
Matteo Renzi incassa il sì al piano Juncker, ma Merkel lo annacqua ottenendo una modifica al testo... Pubblicato: 18/12/2014 22:14 CET Aggiornato: 18/12/2014 22:27 CET Il Consiglio Europeo di Bruxelles, l’ultimo della presidenza italiana dell’Ue, dice sì al piano Juncker di investimenti per aiutare la crescita. Ma il piano esce dalla riunione a Palazzo Justus Lipsius annacquato. La prima è una notizia positiva per il premier Matteo Renzi, che incassa l’endorsement del Consiglio alla prima operazione di spesa anti-crisi messa in moto dalla Commissione Europea. La seconda non è del tutto positiva. Perché quell’annacquamento del piano è frutto della resistenza di Angela Merkel, ferma nel dire no alla richiesta italiana (e degli altri paesi in difficoltà) che gli investimenti degli Stati siano scorporati dal Patto di Stabilità. Lì, al primo Consiglio Europeo presieduto da Donald Tusk, la Cancelliera ha puntato i piedi: ha chiesto che il testo del piano Juncker fosse cambiato con una semplice ma significativa riga che rimanda alla flessibilità insita nelle regole esistenti. Renzi non avrebbe voluto modifiche di sorta. Ma la lettura italiana è che quello raggiunto oggi a Bruxelles è un compromesso accettabile perché lascia ancora margini di incertezza sul piano Juncker. I nodi verranno al pettine a partire da gennaio. Per tradurre: la leader tedesca ha di fatto anticipato le prossime mosse del governo italiano interessato a chiedere che tutti gli investimenti pubblici, non solo quelli che andranno a irrorare il piano Juncker, siano scomputati dai calcoli su deficit e debito. Una richiesta che allude alla modifica dei trattati, anche se non viene posta in questi termini, per lo meno non da subito. Quello della Merkel è un primo stop alla richiesta di ‘neutralità’ degli investimenti pubblici. E per di più arriva prima del tempo. Prima cioè che l’Italia ponga esplicitamente il problema della cosiddetta ‘golden rule’, vale a dire quella ‘regola d’oro’ che consentirebbe a tutte le risorse pubbliche - destinate a infrastrutture e progetti di ricerca in materia di ambiente, trasporti e altro – di essere scorporate dal Patto di stabilità e crescita, a prescindere dal piano Juncker. Si tratta di una richiesta importante, “ce ne rendiamo conto ma la crisi obbliga tutti a viaggiare in questa direzione”, dice all’Huffpost il capogruppo del Pse a Strasburgo, Gianni Pittella, che ha incontrato Renzi a Bruxelles nel pomeriggio, al vertice socialista prima del Consiglio Ue. In effetti, l’ambizione italiana rasenta la richiesta di rivedere la nota regola del 3 per cento del rapporto tra deficit e pil, stabilita dal Trattato di Maastricht. Anche se il governo di Roma non pone la questione in questi termini, insistendo che si possono interpretare i trattati con maglie più larghe che aiutino la ripresa economica. Oggi i 28 capi di Stato e di governo non sono scesi nel dettaglio della governance del piano Juncker. Tutto è rimandato al vertice straordinario di febbraio, come annuncia il sottosegretario agli Affari Europei Sandro Gozi. A gennaio, la commissione Ue dovrebbe sfornare la sua proposta in materia di flessibilità e l’Italia vorrebbe che la neutralità dei fondi fosse inserita già in questo testo. Ma la modifica chiesta e ottenuta oggi dalla Merkel sul piano Juncker è destinata a pesare nelle trattative future e a frenare le aspirazioni italiane. Lo stesso presidente Juncker spiega ai microfoni di Sky le intenzioni della sua commissione: “I contributi nazionali al fondo saranno neutri rispetto al Patto di Stabilità”. Chiaro, altrimenti i singoli Stati non avrebbero interesse a metterci i soldi e il fondo, ora fermo a una ventina di miliardi di euro, non potrebbe mai raggiungere l’obiettivo dei 315 miliardi di euro prospettati in partenza. Juncker infatti fa l’esempio: “Se l’Italia contribuirà al fondo, questi contributi non saranno presi in conto quando valuteremo la situazione delle finanze italiane”. Poi però rimarca: “Per i conti pubblici il trattamento è diverso perché il Patto di Stabilità non permette lo stesso trattamento del finanziamento del fondo istituito dalla Commissione Ue”. Dunque, nessuna neutralità per gli investimenti pubblici che non finiscano nel fondo comune. E magari sarà per questa cornice, non proprio rosea per Roma, che Juncker nella stessa intervista a Sky esprime “fiducia” nella capacità italiana di portare avanti le riforme. “Quello che abbiamo fatto per Francia e Italia, dando più tempo visto le difficoltà a sistemare le cose nelle scadenze previste, è un segno di fiducia e quando un governo mi scrive che farà delle riforme strutturali io gli credo. Quindi sì, ho fiducia nel governo Renzi", sono le parole di Juncker. Il premier italiano non si dà per vinto. E’ convinto che “la crisi economica ancora in corso spinga tutti in una direzione di maggiore flessibilità”. Ma il semestre italiano di presidenza Ue si conclude con un piano di investimenti europei ancora fumoso e con all’orizzonte le prime avvisaglie di scontro con Merkel e i suoi alleati in Europa. “Non si poteva risolvere tutto in sei mesi…”, lo consola Juncker. Renzi torna a casa con la convinzione che la battaglia è soltanto iniziata ed è ancora prematuro stabilire vinti e vincitori della lotta tra rigore e flessibilità. Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/12/18/matteo-renzi-consiglio-ue_n_6349556.html?utm_hp_ref=italy |