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Forum Pubblico => ITALIA VALORI e DISVALORI => Discussione aperta da: Admin - Agosto 26, 2014, 06:35:05 pm



Titolo: MARIO SALIS. Il ruolo dell'informazione nei mutamenti sociali della Sardegna.
Inserito da: Admin - Agosto 26, 2014, 06:35:05 pm
Prove di trasmissione: Dalla radio alla comunicazione in rete
Il ruolo dell'informazione nei mutamenti sociali della Sardegna.

MARIO SALIS
giovedì 20 marzo 2014 09:52


di Mario Salis

Può succedere, di assistere in un piccolo centro di provincia ad un interessante dibattito sui temi dell'informazione? Della storia della radio, della stagione delle emittenti private e della loro influenza sui mutamenti sociali della Sardegna? Non sarà questione di tutti i giorni, ma la risposta è affermativa. A Bauladu nei giorni scorsi, nell'ambito del Festival Letterario Diffuso "Ananti de sa Ziminera", Vito Biolchini ha incontrato Romano Cannas sul tema: da Radio Brada ai giorni nostri, le trasformazioni sociali in Sardegna attraverso le emittenti locali.

Il primo interlocutore: giornalista poliedrico ed autore teatrale, penna affilata nel suo omonimo e frequentatissimo blog, che in alto alla Home riporta le istruzione per l'uso: la libertà di stampa è di chi possiede un organo di stampa, da dove stimola, a volte media, scrivendo sempre la sua, rilanciando a ritmo serrato il dibattito; voce ascoltata da molti anni prima su Radio Press ed oggi sulle frequenze di Radio X Cagliari Social Radio, col programma "Buongiorno Cagliari", un autentico cult di fantasiosa rubrica quotidiana, che alterna il commento serio alle notizie del giorno con le esilaranti ed argute gag di Elio Tullio Arthemalle, mai banali né volgari, una tra tante: il ficcante ed arguto Armandino. Il secondo, Romano Cannas dal misurato aplomb di giornalista di lungo corso, volto noto della RAI dove ha percorso una lunga carriera fino ai massimi livelli: vice direttore del TG3 a Roma per approdare al prestigioso incarico di direttore della sede Sardegna.

Autore del libro Radio Brada 8 settembre 1943 dalla Sardegna la prima voce dell'Italia Libera, che si avvale della prefazione di un maestro del giornalismo televisivo italiano: lo scomparso Jader Jacobelli. Prima e dopo, quelli furono giorni incredibilmente concitati, sopra ed oltre ogni limite di tempo prevedibile: l'armistizio lungo del 29 settembre 1943, prima ancora quello corto del 3 settembre a Cassibile col Generale italiano Castellano, impomatato in borghese, immortalato mentre si arrende stringendo la mano a "Ike!" il futuro Presidente a stelle e a strisce Dwight Davide Eisenhower. In mezzo, alle 18,30 da Radio Algeri: l'8 settembre molto più di una semplice data, quando nel tardo pomeriggio viene diffuso dalla Radio il proclama del Maresciallo Badoglio. E mentre si festeggiava in piazza, poche ore dopo, dissolti come i generali senza più divisa e dispacci, si consumava la tragedia in un'altra parte del Paese. Infatti nelle vicine acque dell'Asinara il giorno 9 alle 16 del pomeriggio il risentimento germanico affondò la Corazzata Roma, in mare aperto col resto della squadra navale, in attesa di ordini che arriveranno troppo tardi: 1353 tra caduti e dispersi - una trentina i giovani sardi - mentre nel Dodecaneso nelle isole dell'Arcipelago Egeo aveva inizio l'odissea della Divisione Acqui, 6.500 soldati italiani truicidati dal 21 al 28 settembre per non essersi arresi all'ex alleato tedesco, quando la Wehrmacht col fuoco cercò di cancellare quella ingombrante verità. I testimoni greci di quelle isole, ai loro bambini che chiedevano cosa fosse tutto quel fumo nero, rispondevano: è la Divisione Acqui che sale in cielo, come ogni qual volta si accendono i fuochi dell'estate.

In un contesto incerto di gioia esaltante e di tragedie ancora incombenti, a Bortigali nasce Radio Brada, per trasferirsi alcuni mesi dopo a Cagliari, nel vasto compendio militare, oggi occupato dall'Ospedale SS. Trinità, in prossimità della Scuola Italo Stagno. Come ha ricordato Cannas, nel suo coinvolgente racconto, rappresenta oltre il pionierismo delle trasmissioni radiofoniche nell'Isola, un aspetto importante della Storia contemporanea della Sardegna durante il secondo conflitto mondiale, che a torto gli assegna un ruolo quasi marginale.

Intanto fummo strategicamente e con pesantezza inaudita, bombardati quasi alla stessa stregua di Dresda e Napoli, e da ultimo in un clima dilagante come del tutti a casa di Luigi Comencini, abbandonati al destino soprattutto da chi avrebbe dovuto impartire gli ordini, in un capoluogo oramai fantasma di se stesso. Il Generale Antonio Basso, Comandante della Regione Militare Sardegna, seppe per fortuna interpretare, le sibilline disposizioni della guerra continua, blindate nelle indiscutibili clausole armistiziali di resa senza condizioni, con una saggezza tale da risparmiare l'inutile ed ulteriore sacrificio di vite umane. Anche se gli costarono dal 1944 al 1946, sospeso dal servizio e senza assegno, due anni di carcerazione preventiva per rispondere di gravi reati, equiparabili all'alto tradimento e di connivenza col nemico, uscendo poi dal processo definitivamente scagionato, assolto e reintegrato nel grado.

Radio Brada pur vestendo i panni grigioverde, fu in assoluto protagonista della pace ritrovata con la fine delle ostilità, ed il 7 maggio 1945 alle 14,14 fu la prima radio occidentale a diffondere la notizia della fine della guerra, intercettando con intelligenza da Radio Algeri un messaggio in chiaro. A Sassari dieci minuti dopo suonarono le campane ma a Cagliari questa volta lo scoppio della gioia irrefrenabile tra le lacrime non fu salutato dai batacchi, perché i campanili si erano frantumati con un tonfo rovinoso e disarmonico sulle scalinate sbrecciate delle loro chiese. Radio Londra, proverbiale per la sua tempestività, batterà i suoi fatidici tre colpi di tamburo solo venti minuti dopo, e Radio Roma impiegò sei ore dopo, come ampiamente certificato.

Lo sbarco nell'Isola indirizzò subito gli americani verso la provenienza di quelle frequenze. Da Roma ad Elmas, arrivò Jader Jacobelli contattato dal "maggiore" italo americano D'Agostino, su segnalazione di Mikhail Kamenetzky alias Ugo Stile, amico del giovane Giaime Pintor, futuro e storico direttore del Corriere della Sera.

La Sardegna pomposamente indicata dalla retorica del regime, come la portaerei naturale nel Mediterraneo, si era ingloriosamente arenata, gravemente danneggiata, rimasta con pochi aerei inoffensivi, che non si alzavano più in volo da quelle impraticabili piste, disseminate dei crateri lasciate dalle bombe fino a 450 libbre, ancorata sul molo di una città di macerie ancora fumanti. La Radio funzionò da collegamento verso il Continente, per i duecentomila soldati bloccati nell'Isola, così da alleviare il dolore dei familiari senza più notizie.

E' il Prof Ortoleva - uno più autorevoli studiosi della radio in Italia - risponde Cannas, ad una specifica domanda di Biolchini, in merito al percorso ed il significato della Radio, a definirla: lo spartiacque tra l'EIAR e le radio libere. Le trasmissioni non furono solo un bollettino militare ma anche musica di qualità, di quella proibita di oltre oceano, fino ad allora imprigionata nelle ristrettezze autarchiche. Nelle grotte di audizione e trasmissione radiofonica di Tuvumannu, giungerà da Sassari il soldato Ferdinando Buscaglione noto Fred che suonava non visto il violino a dorso nudo, le musiche di Glenn Miller, insieme ai fratelli Pisano che lo seguiranno appena congedato a Torino. I dischi a 78 giri, erano chiesti in prestito in città ai musicofili, prima che giungessero i trentatre degli americani. Lino Girau, attore egli stesso e vulcanico regista, mise in scena in un solo anno, 21 opere teatrali. Ma con lo scioglimento dell'EIAR e con l'avvento della RAI arrivò la normalizzazione, il segnale su 545,4 kilocicli su onde medie, fu ridimensionato a poco più di 225 metri, così flebile e sensibilmente indebolito, quasi umiliato. Lo stesso direttore Amerigo Gomez, baluardo di un'autonomia di programmazione conquistata con genialità sul campo, viene punito compiendo il percorso inverso fino a Firenze.

Una radio che ruppe l'isolamento bellico e geografico del suo territorio, ripiomberà nell'anonimato, ed a parte qualche cinegiornale, sentiremo parlare alcuni suoi corrispondenti, come il giornalista Mario Guerrini, con le cronache sul banditismo dei sequestri intercalando i collegamenti tra le voci di Ameri e Ciotti, nella stagione del Cagliari edizione scudetto.

Un periodo quello dal 1943 al 1945 che andrebbe studiato maggiormente, per le sue implicazioni di natura storica e sociale. Molto è stato fatto con la digitalizzazione di quel vasto archivio - consultabile su Sardegna DigitalLibrary - ma la memoria storica per essere conservata, valorizzata e resa ancor più fruibile, ha bisogno di una sua fisicità, quella che gli inglesi chiamano Living History. Dopo il museo di Bortigali, a Cagliari sono ancora presenti gli stabili che ospitarono quell'esperienza indimenticabile, anche se l'insonorizzazione degli studi era affidata a tre file di coperte militari, che all'urgenza potevano vestire le sembianze e la necessità di un capotto. Sono ancora visibili presso l'attuale sede RAI ex GIL ed in via Is Mirrionis difronte agli impianti sportivi del CUS. Naturalmente non solo da arredare con la simulazione di manichini dalle uniformi logore, ma con i più moderni mezzi della medialità d'archivio.

La Radio nel 1924, la televisione nel 1954, le prime radio libere, ma libere veramente, come cantava Eugenio Finardi nel 1975. Libere perché nascevano fuori dal monopolio dell'etere, che si diversificavano a loro volta, di movimento: Radio Città Futura e Radio Radicale a Roma, Radio Alice a Bologna, Radio Popolare a Milano, Radio Sherwod a Padova; quelle commerciali: Radio Milano Internazionale, Studio 105 ancora a Milano, Radio Dimensione Suono a Roma e Kiss a Napoli; quelle localistiche: dal paese per passare alla parrocchia fino a raggiungere l'interno di un quartiere. Come ha ricordato Biolchini, testimoniavano una forte carica emotiva, spontaneistica, anche se articolate su forma artigianale con prestazioni d'opera volontarie -inconsapevolmente antesignane del più moderno e deprecabile, perfino inimmaginabile, attuale precariato, che oggi pervade crescenti settori dell'informazione. Per dirla ancora con Ortoleva - Scaramucci: la radio diventò un luogo anche fisico di aggregazione, un catalizzatore del bisogno di espressione, identificazione ed appartenenza su base territoriale, ideologica, culturale.

La crisi che oggi assilla l'informazione locale, è figlia di quella più generale nella Penisola. Il giornalismo d'inchiesta è un esercizio circoscritto se non isolato a pochi palinsesti. I giornali, ha aggiunto Biolchini escono, quando sopravvivono, in un formato sempre più piccolo. L'imponente flusso di informazioni non significa più notizie e qualificata comunicazione. Andrebbero tutelate le realtà minori, le più indifese rispetto ai massicci processi di ristrutturazione e di selezione del mercato, preservandone la qualità.

Inarrestabile la caduta della vendita "pagata" dei quotidiani italiani. Nel 2012 discesa sotto i 4 milioni di copie, 3,76 milioni per l'esattezza. Un ecatombe, quando 20 anni addietro le vendite si attestavano a 7 milioni di copie, solo nel 1990 si arretra a 6 milioni e 800 mila copie. Ai primi ed alla metà del secolo scorso, quando i giornali si componevano col piombo, le testate non erano numerose, il giornale chiudeva a metà pomeriggio per uscire dal lavoro di poche tipografie. Le copie viaggiavano in treno, al massimo salendo in corriera od in nave rischiando di diventare periodici. Si vendevano mediamente due milioni di copie in più rispetto a oggi.

L'informatizzazione, l'avvento di internet e dei social network hanno trasformato la storia del giornale in una cronaca eternamente in corsa, chiamando in causa gli editori italiani, i più spuri, i più apatici a nuove politiche imprenditoriali. Eppure in Sardegna non erano mancati segnali incoraggianti e per certi versi contraddittori. Uno dei primi a trasferirsi sul web nel 1995, fu l'Unione Sarda, col gigantismo entusiasta del suo editore, il patron di Video On Line. Ma un giornale locale non poteva trasformarsi in così poco tempo in qualcosa di molto diverso. Esordì anche l'Unità del suo telematico direttore Walter Veltroni, seguito dal Manifesto che riuscì a confezionare una pregevole edizione digitale, ed un particolare inedito: l'archivio delle edizioni delle ultime due settimane.

Oggi lo scenario sardo, ha evidenziato Biolchini, è caratterizzato dalla vertenza di Sardegna Uno, e quando una testata diventa una vertenza a pagine e telecamere chiuse, con i microfoni spenti da 60 giorni, ha poco da raccontare, come le cooperative di giornalisti che nascevano per rilevarne disperatamente la gestione. Una che sia sopravvissuta, rileva Cannas, riferendosi alla emblematica vicenda di Tutto Quotidiano. Ma se di Sardegna Uno o meglio dei suoi giornalisti e tecnici ne parlano anche le mura bianche della città, del suo editore, scrive Biolchini in un suo recente editoriale, banchiere ed industriale del turismo, non se ne parla, anzi è tacitamente quasi vietato. L'unione Sarda ha qualche problema, l'on line cresce ma non basta, rassegnando spesso refusi imbarazzanti. Non mostra il coraggio di censurare i demenziali commenti dei lettori in fondo agli articoli, che invadono cinicamente il resto di una rete senza regole, quasi come quelle imbarazzanti ed ambigue inserzioni che pubblicavano disinvoltamente le testate più blasonate. La Nuova Sardegna sostanzialmente va via da Cagliari, ridimensionandone la redazione, dividendo topograficamente e consensualmente l'informazione tra Nord e Sud.

Il dibattito dell'affollato centro servizi di Bauladu decolla fino a sera inoltrata, dimostrando la sensibilità che riscuote un servizio essenziale della società, che non può rimanere confinato nell'importante ma ristretto ambito degli addetti ai lavori, pena la sua stessa sopravvivenza. La sua conclusione è solo un rinvio ad un prossimo appuntamento, la crescita del Festival Letterario Diffuso dovrebbe riconsiderare questa sentita esigenza, per dedicare nella prossima edizione una sezione tematica sui problemi dell'Informazione e della comunicazione, che non sono sempre la stessa ed identica cosa. In tal senso, molti partecipanti hanno chiesto più ampi spazi di accoglienza, ma come ha osservato Stefano Pala sindaco di Tramatza, durante il reading di Francesco Abate, intendiamo difendere questi spazi simbolici, che sono la testimonianza vivente della vivacità culturale dei piccoli centri.

Solo la sera precedente, come un prologo, si erano confrontati l'attuale direttore dell'Unione Sarda Antony Muroni e l'antropologo Bachisio Bandinu, già direttore dello stesso quotidiano sardo nel 1999, per approfondire i temi dell'identità e della comunicazione in Sardegna. E' emerso tra gli altri, l'annosa convivenza tra sviluppo industriale e tutela del territorio anche quando si chiama chimica verde, peraltro con indubbie implicazioni identitarie. Ma a poco vale evocare il coraggioso atteggiamento della comunità di Orani che fieramente si dichiara pronta ad una nuova Pratobello contro l'impianto di un mega parco eolico, se a Narbolia due contadini che cercano di bloccare i lavori di un vasto impianto di serre fotovoltaiche, sono arrestati e processati per direttissima, dopo l'identificazione formale di una decina di persone che avevano organizzato un presidio. Oppure come nella piana di Milis senza resistenza od alcuna mobilitazione, sono sorte altre serre fotovoltaiche, che lasciarono interdetto il giornalista Giorgio Meletti del Fatto Quotidiano, sceso in Sardegna a Palazzo Boyl nel 2011 per presentare con la scrittrice Michela Murgia, un suo libro dal titolo, manco a farlo apposta: nel Paese dei Moratti. Ma in quale alveo di legalità, hanno domandato dal pubblico, si può manifestare una civile avversità ad una moderna ed indiscriminata occupazione del territorio. Silenzio!

Un problema importante, tremendamente serio, il giornalismo d'inchiesta con l'aggravante dell'inquinamento ambientale, roba da Milena Gabanelli di Report. E pressoché inutile attardarsi od indulgere banalmente nel dichiararsi né di sinistra o di destra, mostrandola come una credenziale dell'informazione obiettiva, come se con una penna rossa o nera si confessasse di scrivere due cose diverse. Non importa se a Sarroch il paese è diviso tra chi lavora e chi non sta dentro alla SARAS, se trent'anni fa le mucose s'infastidivano solo quasi a bocca di stabilimento mentre oggi si irritano da Villa d'Orri o da Poggio dei Pini, e con buon vento qualcosa di stranamente aromatico si avverte perfino ai piani alti della via Pineta a Cagliari. Ma se ad Arborea si plaude con soddisfazione al Comitato Civico No al Progetto Eleonora, non bisogna dimenticarsi di seguire il monitoraggio effettuato nella stessa area, quale zona vulnerabile per la possibile presenza di nitrati di origine agricola e zootecnica di natura intensiva. Ed ancora nel Sulcis quando alla fine degli anni Ottanta la trasmissione Linea Verde di Rai Uno denunciava la nascita di agnelli e galline deformi o nelle vicinanze del salto di Quirra quando si scambiavano le esplosioni di interi arsenali dismessi con il lancio di burloni e rumorosi petardi, mentre scrupolosi medici di famiglia annotavano e riscontravano la frequente ed allarmante incidenza di certe malattie. Quando il Sindacato ha cercato di promuovere incomprese vertenze per la tutela dell'ambiente è rimasto in solitudine, abbandonato dalla sua stessa base sociale. In Ogliastra, solo l'intervento di un coraggioso magistrato ha dimostrato che la sindrome di Quirra non era una passeggera emicrania da curare con l'aspirina. Potrebbe riproporsi la malefica equazione: sono contro l'inquinamento che viene da lontano come sul mio decido io per tutelare la qualità di prodotto e la mia qualità della vita! (Sic). Insomma è più facile accaparrarsi fette di territorio per produrre energia in surplus, rinviando l'insoluto problema di smaltimento delle infrastrutture, senza alcun obbligo in un Isola che non c'è, piuttosto che attrezzare una stanza per la valorizzazione della memoria storica di una comunità. L'informazione dov'era in tutto questo tempo? Non è sempre la stampa bellezza!

Come nel breve saggio di Michelangelo Pira il villaggio elettronico del 1970: tutti avrebbero parlato con tutti ed in tempo reale. Il villaggio globale ha acquisito la sua cittadinanza, ma forse è avvenuto con largo anticipo. L'informazione deve essere consapevole dei suoi mezzi e sentire la responsabilità del proprio ruolo, se intende conquistare quel canale di ritorno, che sta scritto nel suo codice etico, per i destini più propizi di una collettività.

Da - http://cagliari.globalist.it/Detail_News_Display?ID=99922