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Forum Pubblico => Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. => Discussione aperta da: Admin - Marzo 10, 2014, 05:51:56 pm



Titolo: Gianfranco POLILLO Sottosegretario Ministero Economia e Finanze di Monti
Inserito da: Admin - Marzo 10, 2014, 05:51:56 pm
Gianfranco Polillo

Sottosegretario Ministero Economia e Finanze del Governo Monti
Pubblicato: 08/03/2014 16:37

In attesa del grande evento - il mega consiglio dei ministri del prossimo mercoledì - le proposte degli economisti piovono come se grandinasse. Grande eccitazione, quindi, per una partita la cui posta è ben più alta di quanto a prima vista potesse sembrare. Finora il Ministro dell'economia, Pier Carlo Padoan, non si è pronunciato. Sta studiando la questione. In sua vece, seppure a titolo personale, è intervenuto il suo vice-ministro, Enrico Morando. Lapidario: il taglio del cuneo fiscale deve privilegiare soprattutto le imprese. Gli ha risposto Vincenzo Visco: una vita spesa nei precedenti Governi a far quadrare i conti pubblici, specie dal lato delle entrate. Meglio - questa è la sua tesi - ridurre il peso dei contributi sociali, riducendo la relativa aliquota che pesa per oltre il 30 per cento sul costo del lavoro.

Proposte degne d'attenzione. Con due avvertimenti. All'appello manca, innanzitutto, un convitato di pietra. Quante sono le risorse a disposizione? Soprattutto dove prendere i soldi per le coperture? Su questo fronte la tensione è massima. La Commissione europea ci guarda con sospetto, dopo averci iscritto d'ufficio nel registro dei sorvegliati "speciali". Non gli tornano i conti, rispetto alle previsioni del Governo italiano. Il tasso di crescita che gli è stato indicato è fin troppo ottimistico, come le previsioni inerenti la dinamica del debito pubblico. Ma soprattutto non quadra il dato relativo al deficit strutturale per il 2014, che il Governo aveva previsto nello 0,3 per cento, mentre per la Commissione è pari al doppio: 0,6 per cento.

La diversità delle valutazioni ha attivato, pertanto, un segnale d'allarme, ponendo l'Italia non solo al di fuori dei parametri previsti (massimo 0,5 per cento per il deficit strutturale), ma in netto contrasto con le nuove regole dell'articolo 81 della Costituzione italiana, entrato in vigore all'inizio dell'anno. Per cui, anche volendo, senza adeguate coperture, sotto forma di tagli di spesa o di maggiori entrate, il dibattito rischia solo di trasformarsi in una discussione accademica.

Il secondo avvertimento riguarda gli effetti collaterali delle proposte avanzate che, se non attentamente valutati, possono fare più male che bene. Sotto questo profilo, l'ipotesi di favorire solo imprese - sia abbattendo l'IRAP o i contributi sociali - non è convincente. E non solo per ragioni di equità. La crisi italiana è la conseguenza di una doppia caduta: della domanda - a causa della disoccupazione e dei bassi salari - e dell'offerta per via di una produttività che ristagna da troppi anni. Occorre pertanto una politica economica che sappia far fronte, contemporaneamente, a entrambi i problemi.

Nelle condizioni date il primo obiettivo deve essere quello di dare più soldi a chi lavora. Solo così potrà aumentare la domanda interna e dare sostanza alla crescita del PIL: oggi sostenuta solo dalle esportazioni.

Ma aumentare i salari non può essere un "pasto gratis". Occorre, al tempo stesso, uno sforzo immediato per accrescere la produzione e rimettere in modo il meccanismo dell'accumulazione, retrocesso agli inizi degli anni '90. Fatto questo, potranno riprendere gli investimenti e avviare un circolo virtuoso.

La chiave di volta di tutto il ragionamento è quindi quella di una riforma profonda e contestuale del mercato del lavoro. Eliminando le bardature burocratiche introdotte dalla legge Fornero, rimodulando le tutele esistenti per tener conto della grave crisi congiunturale, alzando l'asticella che delimita il campo d'applicazione dello Statuto dei lavoratori. Un sacrificio troppo pesante? Mettiamo da parte la retorica dei "diritti", tanto cara a Maurizio Landini. Quel mondo non esiste più. Il mercato del lavoro italiano si sta ristrutturando spontaneamente nella direzione opposta, nonostante gli anatemi sindacali. Sarebbe, pertanto, saggio prenderne atto, facendo appello a quel realismo (ricordate il taglio della scala mobile, durante la notte di San Valentino?) che ha sempre caratterizzato i momenti più alti delle relazioni industriali.

Da - http://www.huffingtonpost.it/gianfranco-polillo/dare-piu-soldi-a-chi-lavora_b_4925586.html?utm_hp_ref=italy&utm_hp_ref=italy