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Forum Pubblico => ITALIA VALORI e DISVALORI => Discussione aperta da: Admin - Febbraio 26, 2014, 05:48:12 pm



Titolo: FABIO TONACCI - Vito e gli altri, imprenditori schiacciati tra racket e banche
Inserito da: Admin - Febbraio 26, 2014, 05:48:12 pm
Vito e gli altri, imprenditori schiacciati tra racket e banche

Dossier di SOS Impresa sul giro d'affari dell'usura di stampo mafioso: 100 miliardi di euro, oltre un milione di cittadini colpiti.
Ma lo Stato non li protegge, e spesso le loro denunce li portano al fallimento. Le associazioni: "Misure subito per premiare chi si ribella"

di FABIO TONACCI

Eroe per un tribunale, colpevole per un altro. È la storia di Vito, che in quella terra bellissima e talvolta amara che è la Sicilia, ebbe il coraggio di ribellarsi agli usurai, a chi gli estorceva il denaro, a chi gli rubava la vita. E si è ritrovato a terra, senza difese, a combattere da solo contro una giustizia miope e burocratica che gli ha portato via anche l'azienda. Contro uno Stato che, è il paradosso dei paradossi, ha concluso il lavoro iniziato dalla mafia.

Costruttore siciliano, vittima del racket, racconta: "Nel 2010 avevo tre possibilità vendere tutti gli appartamenti che stavo costruendo, con un ricavo immediato di 12 milioni di euro, oppure potevo continuare a pagare Cosa Nostra, oppure potevo ribellarmi". Vito si decide, prende la strada più in salita, mette sul piatto della legalità il rischio che avrebbe fatto correre alla moglie ai suoi figli, e si rivolge alla polizia. La sua storia non ha un lieto fine. Lui finisce sotto protezione, la sua ditta fallisce. "La giustizia prima ha preso atto che il fallimento era la conseguenza della mia scelta di lottare contro il sistema criminale, poi si è rivoltata contro di me". E' condannato al risarcimento degli istituti bancari, senza la possibilità di presentare ricorso in corte d'Appello per mancanza di liquidità. Poi è rinviato a giudizio anche perché, in qualità di amministratore della società, risultava non aver pagato l'Iva.

"Chi denuncia  -  racconta Lino Busà, presidente di Sos Impresa, che questa mattina organizza un incontro a Roma dal titolo "Per non morire di mafia" con tutte le associazioni antiracket e antiusura no profit con l'obiettivo di firmare una Convenzione nazionale  -  rischia l'estromissione dal mercato. I clan più strutturati hanno trapiantato al Centro e al Nord le proprie organizzazioni, tanto che in alcune zone sono diventate il vero cuore economico locale".

Le stime di Sos Impresa sul peso della criminalità del pizzo e dell'usura sono eloquenti: il giro d'affari sfiora i 100 miliardi di euro (sui 138 che fattura annualmente la Mafia spa), pari al 7 per cento del Pil nazionale. La contabilità degli eventi, contenuta nell'ultimo dossier dell'associazione antiracket, è spaventosa: le imprese subiscono 1.300 reati al giorno, mentre 2,5 milioni sono quelli complessivi commessi. "Gli imprenditori che hanno subito almeno un reato sono più di 1 milione, cioè un quinto del totale", si legge nel rapporto. I commercianti colpiti da usura si aggirano intorno alle 200mila unità e con la crisi il fenomeno è cresciuto del 15 per cento. Una nota positiva, a ben vedere, si trova leggendo i numeri di chi si rivolge alle forze dell'ordine: le denunce sono cresciute del 15 per cento dal 2011 al 2012, e per il 2013 il trend è rimasto invariato. Più di 6mila sono state quelle per estorsione, raccolte nel solo 2013, a fronte di 25mila denunciati. Tra questi, la maggior parte sono gli uomini "cerniera": faccendieri, truffatori, finti intermediari.

"Premiare chi si ribella", ripete Busà. Come? Consentendo agli imprenditori l'accesso a corsie preferenziali nel sistema della gestione degli appalti pubblici e delle forniture, ad esempio. È una delle proposte che verrà portata all'attenzione, questa mattina, di Rosy Bindi presidente della Commissione Antimafia. Altro capitolo della normativa da ritoccare riguarda l'assegnazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Spesso le imprese falliscono, col rischio di far passare il messaggio per cui "con la mafia si lavora, con lo Stato no". "E' ormai indispensabile  -  ragiona Busà  -  che ad affiancare l'amministratore giudiziario nel suo lavoro di gestione dell'azienda sia un imprenditore o un Consorzio nazionale, costituito di imprenditori che hanno denunciato". Così come diventa necessario il cosiddetto "ombrello produttivo", cioè il blocco di tutte le esecuzioni e le sospensioni dei debiti acquisiti dall'imprenditore che ha denunciato. Perché Vito, e tutti quei coraggiosi come lui, possano sentirsi meno abbandonati.

© Riproduzione riservata 25 febbraio 201

Da - http://www.repubblica.it/cronaca/2014/02/25/news/mafia_usura_convegno_sos_impresa-79581169/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_25-02-2014