LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. => Discussione aperta da: Admin - Giugno 15, 2007, 11:05:21 am



Titolo: ENRICO LETTA.
Inserito da: Admin - Giugno 15, 2007, 11:05:21 am
Letta gira a 360 gradi
di Marco Damilano

Con una riunione in un'abbazia del Chianti il sottosegretario lancia la sua corrente. Dialogo aperto e più peso nei giochi di Margherita e Pd

Trecentosessanta. Gradi, sottinteso. Per giocare a tutto campo, si intende. Dialogare con tutti, ascoltare le categorie produttive in polemica con il governo Prodi, e poi i giovani, le donne, i non garantiti. Nell'ultimo weekend, nella splendida cornice dell'abbazia di Spineto a Sarteano, nel cuore del Chianti, di proprietà della nipote di Enrico Cuccia, Marilisa, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta ha dato questo mandato agli invitati a porte chiuse alla prima riunione di quella che si prepara a diventare la corrente lettiana nel futuro Partito democratico: l'associazione Trecentosessanta.

Presente una platea tutta margheritina, con qualche innesto prodiano: il presidente della regione Sardegna Renato Soru, per esempio, con Letta nel comitato dei 45 che guida il Pd. E i dioscuri dell'ex partito popolare che nei mesi scorsi, durante la campagna per il congresso della Margherita, si sono associati con Letta in quello che è stato definito il Tridente: il ministro Giuseppe Fioroni, il capogruppo dell'Ulivo alla Camera Dario Franceschini. Tre in corsa per la leadership del Pd o, almeno, per la rappresentanza della corrente popolare al suo interno. Con Franceschini in pole position per il posto di coordinatore del nuovo partito. E Fioroni attivissimo già da mesi nella costruzione della sua corrente, su e giù per l'Italia. Per nulla spaventato della crisi dei Ds, anzi: "Il loro indebolimento in fondo riequilibra i pesi all'interno del Pd. Specie con le elezioni che si avvicinano: quasi tutti puntano al voto nel 2009, ma basta uno scivolone e finiamo alle urne  l'anno prossimo".

Più prudente Letta, che in questi mesi è rimasto silenzioso a lavorare nel governo, accanto a Romano Prodi. Mai un'uscita, mai un'intervista. Un colpo messo a segno, il passaggio di Marco Follini nel campo del centrosinistra, decisivo per far risorgere il governo Prodi dopo la crisi di febbraio. Ora, in vista dell'assemblea costituente del Pd di ottobre anche il giovane Letta sente l'esigenza di organizzarsi sul territorio, come si diceva un tempo. Con un occhio, soprattutto al Nord, dove il centrosinistra gioca in trasferta e sulla difensiva, e dove Letta è stato eletto parlamentare europeo nel 2004.


"Sono stato in Spagna a studiare i rigassificatori. Vicino Gibilterra ne hanno messo in cantiere uno in soli 30 giorni: da noi sarebbe impossibile", racconta Marco Stradiotto, ex sindaco di Martellago nel veneziano, sottosegretario alle Attività produttive, sensore del governo nel profondo Veneto, uomo di raccordo tra i prodiani, Letta e Pierluigi Bersani con cui lavora spalla a spalla al ministero. "Non possiamo prendere da Zapatero solo i Dico, dobbiamo esportare soprattutto la modernità: altrimenti la gente ci dice che siamo fuori dalla realtà".

La corrente lettiana raccoglie a Nord e al Sud. In Piemonte c'è Enrico Borghi, il presidente dell'Unione comuni, comunità e enti montani. Al Sud c'è il pugliese Francesco Boccia, candidato nel 2005 alle primarie per la presidenza della Regione Puglia, sconfitto da Nichi Vendola, capo dipartimento per lo sviluppo a Palazzo Chigi. E il consigliere regionale della Margherita in Campania, Guglielmo Vaccaro, considerato uno dei motori organizzativi di Trecentosessanta. Una pattuglia chiamata a mobilitarsi nei prossimi mesi per difendere le sue posizioni nella Margherita e nel Pd. E soprattutto rilanciare le quotazioni di Letta: per ora il suo nome è sparito dagli organigrammi di testa del nuovo partito, ma domani chissà.

(14 giugno 2007)
da espresso.repubblica.it


Titolo: ENRICO LETTA.
Inserito da: Admin - Luglio 27, 2007, 09:51:43 pm
Se la politica sceglie il click
Roberto Cotroneo


Anche Enrico Letta ha scelto You Tube per annunciare la sua candidatura alla leadership del futuro partito democratico. Lo avevano fatto prima di lui i due candidati democratici alla presidenza degli Stati Uniti: Hillary Clinton e Barak Obama. Lo faranno altri, perché You Tube, il sito dove si possono pubblicare liberamente i propri video e mandarli in giro per il web, sta diventando un fenomeno interessante, e per certi aspetti anche un po' controverso.

Ci sono una serie di motivi per cui un politico come Letta sceglie You Tube per formalizzare la sua candidatura. Il primo motivo è per una ragione di modernità. Sappiamo da sempre, anche se poi è anche un po' un luogo comune, che web significa modernità. Il futuro passa da lì, non più dalle tv, dai giornali, dalle campagne di comunicazione. Il web è dei giovani. E i giovani sono il futuro. Fin qui, non ci sono dubbi. Il web è dei giovani che sanno utilizzare, e spesso sono nati, con il computer. Il web è uno strumento di informazione e di comunicazione rapido e globale. Lo abbiamo visto nel passato con i Blog, lo vediamo oggi con il successo di You Tube in tutto il mondo. Non c'è evento importante, grande, o anche minimo, che non abbia un riflesso, un rimbalzo su You Tube.

Ma la modernità di You Tube viene anche da un altro aspetto, che non va sottovalutato. Ovvero: dal linguaggio. Già i blog avevano, per molti aspetti, innovato il linguaggio giornalistico, e cambiato il modo di raccontare le notizie. Spesso erano diari personali che diventavano dei veri reportage. Basti pensare ai blog dei soldati americani in Iraq, o anche ai blog più o meno clandestini dei cittadini cinesi che volevano far sapere al mondo quanto fosse difficile informarsi, capire o comunicare in rete vivendo sotto una dittatura. Ma se il blog è scrittura, e se il web da molti anni ormai, ospita i siti di esponenti politici, che aggiornano quasi quotidianamente gli elettori sul loro lavoro legislativo e politico, You Tube è un sito che raccoglie video. Video che richiedono un montaggio, una scelta di immagini, una microsceneggiatura, anche se semplice ed elementare. Enrico Letta, ad esempio, ha scelto Alessandro Piva, promettente regista barese, per confezionare il suo filmato.

Cosa significa questo? Significa che si entra in un mondo della comunicazione che vuole artificio, gusto delle immagini, e soprattutto che è fatto per colpire, interessare lo spettatore, in un modo abbastanza simile a quello che avviene per uno spettatore che va al cinema. I cortometraggi di You Tube, perché di questo si tratta, hanno l'apparenza dell'immediatezza, vogliono essere considerati autentici e naturali, ma in realtà sono qualcosa di molto più complesso. Sono strumento di seduzione, come la letteratura, il cinema, il teatro o il concerto musicale.

L'ultimo aspetto è quello ancora più serio, e in qualche modo riguarda noi giornalisti. C'erano due modi tradizionali per scendere in campo e candidarsi a qualcosa. O facendo un discorso, diciamo così, di tipo programmatico. Dunque mettendo nero su bianco le proprie intenzioni e quello che si intende fare. Oppure dando un'intervista a un giornale o a un canale tv, più o meno importante, per spiegare quello che si intende e si vuole fare. Tutti e due i modi presuppongono un "media". Nel caso del discorso, si deve scegliere la sede, capire che pubblico lo ascolterà, avere i giornalisti che riportano, e "mediano" quello che il candidato sta esponendo. E rilevano se il discorso ha avuto successo, se c'era molto o poco pubblico, e magari anche i commenti alla fine del discorso. Nel caso di un’intervista è il giornalista a mediare, a fare domande ulteriori, a rilevare punti di forza o contraddizioni.

Ma You Tube non è un media, non ha bisogno di un pubblico riconoscibile, non chiede un giudizio di un professionista dell'informazione che appunto media tra chi parla e i lettori che deve informare. You Tube è un calderone dove ognuno fa ciò che vuole. E per di più è un calderone privo di contesto. Ieri per cercare il video di Enrico Letta sono incappato in una cucciolata di Golden Retriver, in un video che dava la soluzione migliore per risolvere il rompicato del cubo di Rubik, e in un gatto parlante che fa un inno alle ciabatte.

Niente di più normale. La libertà del web è questa. E il successo di You Tube sta proprio nel suo essere eccentrico, sorprendente e persino imprevedibile. Ma i filmati fai da te sono una cosa. Comunicare la politica in un contesto simile, è un'altra. Nessuno pensa di criticare Enrico Letta per questa scelta, scelta che hanno fatto candidati importanti anche negli Stati Uniti: è il sogno di tutti arrivare ai propri elettori e simpatizzanti con un semplice click del mouse dal computer di casa. E senza mediazioni. Ma siamo così sicuri che la comunicazione politica senza "media", non sia alla lunga un boomerang, oltre che l'ulteriore segnale di una crisi sempre più forte tra politica e informazione?

roberto@robertocotroneo.it


Pubblicato il: 27.07.07
Modificato il: 27.07.07 alle ore 8.17   
© l'Unità.


Titolo: La lettera di Enrico Letta al Corriere. Pensioni povere e il protocollo Prodi.
Inserito da: Arlecchino - Luglio 30, 2007, 05:01:13 pm
La lettera di Enrico Letta al Corriere della Sera

Pensioni povere e il protocollo Prodi 

 
Caro direttore,

sappiamo che i giovani andranno in pensione fra trent'anni con rendimenti medi molto più bassi degli attuali. Il problema diventa potenzialmente esplosivo. Consideriamo infatti che, di quanti oggi entrano nel mercato del lavoro, uno su due lo fa con un contratto atipico o parasubordinato, quindi accumulando ancora meno per la sua pensione. Mi offrono quindi una buona occasione per approfondire le conseguenze di questa così cruda verità le argomentazioni critiche che mi rivolge sul Corriere di ieri Nicola Rossi, mio collega nel Partito democratico e sostenitore della candidatura di Walter Veltroni alle primarie.

Di fronte al tema delle povere pensioni future dei giovani di oggi si possono ipotizzare due approcci, che tengano in equilibrio i conti pubblici. Si può scaricare il problema sulle scelte individuali di ogni lavoratore giovane e, in solido, su chi governerà nel 2030. Chi andasse in pensione in quegli anni, senza interventi oggi, si potrebbe trovare con la pensione pari a metà dell' ultimo stipendio al posto dei tre quarti e più di oggi. Se estesa a milioni di persone, questa condizione sarebbe ovviamente insostenibile e il welfare allora sarebbe gravato di costi imprevisti (esenzioni fiscali, estensione dell'incapienza, integrazioni al minimo), su voci, sempre di spesa pubblica, di natura assistenziale. Costi imprevisti, che graverebbero comunque sempre sulla spesa pubblica. Oggi però possiamo prevedere l'esplosione di questo fenomeno, e saggezza vuole che si ponga rimedio per tempo. Guardando quindi al futuro e senza nostalgie di rigidità del passato si deve perseguire un secondo approccio, che per tempo affini alcuni strumenti che possano disinnescare almeno in parte la mina.

Per questo si è voluto, per quattro mesi, concertare una riforma articolata del welfare e della previdenza tra governo e parti sociali senza limitarsi al solo superamento dello «scalone», ma cercando di affrontare i problemi dei pensionati del futuro, cioè degli attuali lavoratori giovani parasubordinati (categoria quasi inesistente ai tempi della fondamentale riforma Treu-Dini), con l'approccio della conferma degli automatismi che tengono in equilibrio il nostro sistema. Per questo nel protocollo che Prodi ha proposto si indica l'obiettivo del 60 per cento come tasso di sostituzione tra stipendio e pensioni dei giovani di oggi e si interviene con strumenti che potrebbero portare all' obiettivo: riscatto della laurea a costi ridotti, la «totalizzazione » dei contributi, contributi figurativi e diritti di maternità (vera emergenza per le tante donne che lavorano senza contratto a tempo indeterminato). A questi temi sono da aggiungere il definitivo decollo della previdenza integrativa con lo sblocco recente del tfr e la riduzione del costo del lavoro, resa ancora più evidente dagli accordi su incentivi alla produttività e detassazione degli straordinari compresi nel protocollo del 23 luglio. Un mercato del lavoro fluido accanto alla riforma degli ammortizzatori sociali sono altri tasselli del mosaico elaborato dal ministro Damiano.

L'obiettivo è quello di dare strumenti per la propria riqualificazione al lavoratore singolo licenziato, fino ad oggi meno tutelato rispetto ai licenziamenti collettivi e alle casse integrazioni. Il protocollo del 23 luglio si pone questi articolati obiettivi. Tutto ciò peraltro è reso ancora più complesso dal drammatico tasso di natalità del nostro Paese. Con l'1,3 di figli per donna da anni l'Italia è un Paese che si sta costruendo un futuro difficile. Con il tasso di natalità della Francia o dei Paesi scandinavi potremmo affrontare con minore affanno i problemi previdenziali del futuro. Ecco perché nella competizione delle primarie per il Partito democratico mi è parso essenziale porre la missione natalità al centro delle idee che sto proponendo. Tutte idee che si reggono non su un'astratta rivendicazione generazionale ma sul tentativo di proporre politiche responsabili per il presente e, soprattutto, per il futuro.

Enrico Letta


-------------------------------------------------------------------


La replica di Enrico Letta conferma l'onestà intellettuale e la serietà della persona. Doti che ne fanno un degno candidato alla segreteria del Partito democratico. La replica del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sgombra il campo, invece, da una seria fonte di preoccupazione. Da essa si evince, infatti, in maniera inequivoca che nessuna garanzia è stata offerta dal Governo ai sindacati — semplicemente perché in base alla legislazione vigente non poteva essere offerta — circa il livello minimo dei trattamenti pensionistici dei giovani nei decenni a venire. Una precisazione importante perché non immediatamente evidente non solo nell'intervista di Enrico Letta ma anche e soprattutto nelle dichiarazioni successive all'accordo, tanto di membri del Governo e della maggioranza quanto di esponenti sindacali.

Nicola Rossi
30 luglio 2007
 
da corriere.it


Titolo: LETTA, VOTI UDC? SOLO AGGIUNTIVI, MA SPERO DI SI'
Inserito da: Admin - Agosto 06, 2007, 10:13:39 am
2007-08-05 21:00


LETTA, VOTI UDC? SOLO AGGIUNTIVI, MA SPERO DI SI'

 "Il protocollo deve essere approvato da questa maggioranza, però mi auguro che su punti qualificanti ci siano voti aggiuntivi".
Lo ha detto Enrico Letta parlando con i giornalisti a margine di un incontro su una spiaggia di Tirrenia nell'ambito del tour organizzato per la sua candidatura alla guida del Partito democratico e rispondendo ad una domanda su un possibile sostegno del partito di Pier Ferdinando Casini al protocollo sul welfare sottoscritto dalle parti sociali.

"I voti che mancassero dalla sinistra - ha continuato Letta - non possono essere sostituiti da quelli di altre forze". "Quindi, commentando un eventuale sostegno di Casini, Letta ha aggiunto: "E' un tema che è stato sovradimensionato perché il protocollo contiene riforme di buon senso, quindi è abbastanza naturale che siano apprezzate anche fuori dal centrosinistra".

LETTA, REGOLE PRIMARIE POTEVANO ESSERE MIGLIORI
"Sto facendo una campagna sui temi, ma è bene dire qualcosa anche sulle regole che potevano essere migliori. Sono state costruite intorno all'idea del candidato unico". Lo ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta, parlando con i giornalisti a margine del suo primo incontro con la gente sulle spiagge nell'ambito della sua campagna per la guida del Partito Democratico. Secondo Letta, che oggi è allo stabilimento balneare Cosmopolitan Beach di Tirrenia per esempio "il fatto che chi partecipa al voto delle primarie si deve iscrivere, può limitare la partecipazione". Secondo Letta, le regole delle primarie "stanno facendo fare uno sforzo immenso ai candidati come me" e con le liste bloccate si è in qualche modo imitata "l'attuale legge elettorale alla quale siamo contrari".

LETTA, IL MIO GIRO PER LE SPIAGGE E' ANTIVERTICISMO
"Andare per le spiagge d'agosto può essere una grande occasione per parlare con la gente distesa, tranquilla, per parlare dei problemi e quindi per un Pd che vive le sue primarie non come una operazione di vertice ma come una operazione di apertura alle persone che vogliono partecipare". Lo ha detto Enrico Letta oggi a Tirrenia allo stabilimento balneare Cosmopolitan Beach per la prima tappa del suo tour nelle spiagge italiane come candidato alla guida del Pd. "Il Pd fallirebbe - ha aggiunto Letta, parlando con i giornalisti - se fosse un incontro di nomenclature di partito. Se invece è un grande lavoro di coinvolgimento largo, con una partecipazione anche esterna, il risultato sarà assicurato". Letta quindi ha detto che per lui questa esperienza significa "apertura massima, la più larga possibile, senza rete di protezione: vorrei che il Pd fosse così ". Quindi, parlando del suo tour per le spiagge, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio lo ha definito "un modo per interpretare in maniera veramente aperta questa logica delle primarie: non solo un circuito chiuso degli iscritti ai due partiti, Ds e Margherita, ma un percorso aperto alle persone". Le primarie, ha aggiunto Letta, devono essere "un'operazione che parte dalla base, dagli elettori, e non dal vertice. In fondo, le primarie devono essere così, sono i leader politici che si mettono in discussione di fronte agli elettori". 

da ansa.it


Titolo: PD: LETTA, A MILANO ORGANIZZIAMO LE PRE-PRIMARIE
Inserito da: Admin - Agosto 07, 2007, 04:40:14 pm
2007-08-06 20:29

PD: LETTA, A MILANO ORGANIZZIAMO LE PRE-PRIMARIE


 MILANO - Enrico Letta, candidato alla guida del partito Democratico, ha deciso di organizzare nel collegio uno di Milano le pre-primarie per eleggere i candidati della sua lista. Le pre-primarie del collegio 1 si terranno il 10 settembre prossimo. Lo ha annunciato lo stesso Letta nel corso di una conferenza stampa a Milano. "Il collegio 1 di Milano è il collegio emblematico di Berlusconi -ha spiegato Letta - per cui voglio che diventi un laboratorio politico". Letta ha quindi spiegato di aver scelto di organizzare le pre-primarie in quanto era contrario alle liste bloccate: "in questo modo mettiamo in campo un movimento ampio e articolato che consentirà anche a chi non ha mai fatto politica o che in questo momento è fuori di partecipare alla costruzione del Partito Democratico".

Letta ha sottolineato la necessità di far diventare Milano un laboratorio per la costruzione del partito Democratico a cominciare dal collegio 1: "non è una logica di rifiuto dei partiti - ha precisato - perché anche io vengo da un partito, ma è l'esigenza di coinvolgere il maggior numero di persone possibili alla costruzione del nuovo partito. Questa è l'ultima occasione per il centrosinistra, attraverso il partito democratico, di riconquistare Milano e la Lombardia". Secondo Enrico Letta, è inoltre necessario che l'elezione dei candidati nelle liste sia differenziata tra Milano e provincia. Letta ha quindi spiegato di non essere "alla ricerca di Vip. Non voglio fare la lista dei famosi". Alla domanda di tracciare un identikit del candidato per le sue liste, ha precisato: "é quello di una persona che ha voglia di fare politica senza per forza essere un generale, un colonnello o un tenente". Dopo aver ricordato l'importanza della decisione di assegnare quote alle donne e ai giovani "che sono i panda della politica", Letta ha sottolineato che nel Pd devono confluire quattro affluenti: "i militanti dei Ds, quelli della Margherita, tutti coloro che si riconoscono nello spirito ulivista e quelle persone che al momento sono fuori dalla politica". 

da ansa.it


Titolo: Enrico Letta: «Liberiamoci dalla personalizzazione della politica»
Inserito da: Admin - Agosto 08, 2007, 08:00:04 pm
Enrico Letta: «Liberiamoci dalla personalizzazione della politica»

Alessia Grossi


«Ho individuato una modalità diversa di presentazione del programma e di formazione delle liste». Enrico Letta spiega così la sua candidatura alla segreteria del Partito democratico rispetto a quella di Veltroni e della Bindi durante la videochat su l'Unità.it. «L'appuntamento è a Piacenza il 14 e 15 settembre per una due giorni di discussione con la gente che vorrà partecipare sui temi da declinare nel Partito Democratico». «Ho individuato comunque delle parole chiave: libertà, mobilità, natalità e lavoro» risponde Letta a Giampaolo, uno dei tanti navigatori che gli domanda quali siano i contenuti del suo programma. «Il 10 settembre invece sarò a nel seggio di Milano1, tradizionalmente di Berlusconi, per le primarie della lista che appoggia la mia candidatura». Una sorta di primarie delle primarie, propone Letta, per superare il problema delle liste bloccate e perché il nuovo partito non sia necessariamente lo specchio della vecchia classe dirigente. «L'obiettivo dell'assemblea costituente del Pd deve essere la sintesi fra i dirigenti dei due partiti che generosamente hanno accettato di entrare nel Pd e volti nuovi che si spera siano più giovani e anche più al femminile» spiega il candidato.
«La candidatura di Veltroni?» domanda il direttore Antonio Padellaro. «Sono contento che si sia candidato. Bisogna essere grati a Veltroni per aver messo a disposizione la sua candidatura per il Pd, ma» aggiunge Letta «Non ho apprezzato la frase conclusiva del suo discorso del Lingotto: questo è il mio programma, si candidi chi ha un programma diverso dal mio». «Non credo che per candidarsi bisogna avere un programma necessariamente alternativo» continua. «Si candida chi ha qualcosa da aggiungere e chi può portare gente diversa e una maggiore affluenza nel nuovo partito».

«Cosa ne pensa invece della polemica sulla visione degli anni '80 che Rosy Bindi ha proposto durante la sua videochat all'Unità online, anni di involuzione e in cui è nato il berlusconismo». «Non sono d'accordo con la visione provincialistica di quegli anni. Credo che a livello internazionale siano stati anni di grandi svolte per la libertà dei popoli per l'Europa e che, se visti quindi in una dimensione globale, possiamo dire siano stati necessari per gli anni che stiamo vivendo».

Per il candidato Enrico Letta «la competizione, se virtuosa, rafforza il partito nascente che altrimenti finirebbe per essere come sempre identificabile con il suo leader e dunque personalistico come nel caso di Berlusconi». E allora, come pensa che il Pd possa superare questo pericolo, domanda Mario. «Dobbiamo essere esigenti con noi stessi» risponde il candidato. «Il Pd deve far svoltare l'intero sistema con la formazione di un partito che non si identifichi nel suo leader. Berlusconi ci ha berlusconizzati tutti» aggiunge. «La candidatura di Di Pietro mi ha colpito positivamente, anche se è stato giusto non accettarla. I Ds e La Margherita hanno fatto un'assemblea in cui hanno deciso di sciogliersi, il partito di Di Pietro no, ma» aggiunge «un ampliamento del nuovo partito trovo sia positivo». «Il caso Pannella è diverso» spiega Letta. «Pannella teorizza la doppia appartenenza che va contro le regole del partito democratico». A proposito di Berlusconi molti lettori domandano cosa pensa di fare rispetto al conflitto di interessi una volta alla guida del partito democratico perché non si ripresenti il problema nel caso di nuove elezioni. «La questione del conflitto di interessi va risolta in modo strutturale perché non sia la legge per un singolo» dichiara. «Meno parlamentari cui si chieda dedizione assoluta, stessa cosa vale per il governo» spiega. «Risolvendo strutturalmente il problema possiamo riuscire a eliminare il conflitto di interessi come non siamo riusciti a fare finora».

«Non sono d'accordo con le alleanze di nuovo conio» risponde Letta a chi domanda se pensa ad un allargamento dell'alleanza diverso da quello dell'attuale maggioranza. E la sinistra radicale o popolare crede sia un problema per il governo? «Credo che questo governo stia lavorando bene. Abbiamo ministri provenienti dalla sinistra popolare che stanno facendo un buon lavoro, sono impegnati e determinati. È stato appena approvato un protocollo del welfare che risolve grandi temi cari alla sinistra come quello delle pensioni, del precariato, giovani, maternità». «Certo» aggiunge «bisogna fare ancora di più e meglio, ma si deve anche valorizzare il lavoro fatto fin'ora».

È il candidato di Prodi? «Non so chi voterà Prodi», dice Letta sorridendo.


Pubblicato il: 08.08.07
Modificato il: 08.08.07 alle ore 15.40   
© l'Unità.


Titolo: Enrico Letta - Un Pd, tanti Pd
Inserito da: Admin - Agosto 21, 2007, 11:55:19 am
Un Pd, tanti Pd

Enrico Letta


Richiamando i candidati a dire la propria sulla forma partito che dovrà assumere il Pd, Gianfranco Pasquino pone su l’Unità di sabato un tema cruciale per il dibattito delle primarie. Di programmi infatti si sta discutendo e si continuerà a farlo e credo sia decisivo che le candidature individuino priorità programmatiche che le caratterizzino. Senza per questo scavare forzatamente fossati per cercare presunte alternative che all’interno di uno stesso partito sarebbero peraltro alquanto singolari.

Sto provando a puntare molto sui contenuti, insieme a tutti coloro che stanno condividendo la costruzione del progetto della candidatura. Lo stiamo facendo con uno sforzo di elaborazione autonoma senza cercare la facile ma effimera visibilità che viene dalle polemiche del giorno per giorno. Stiamo lavorando attorno a tre parole chiave, libertà, mobilità, natalità con cui, negli incontri nelle spiagge, stiamo facendo discutere militanti del Pd ma soprattutto elettori incerti e in certi casi delusi. Stiamo lavorando all’organizzazione della due giorni di piacenza il 14 e 15 settembre per discutere sul programma da presentare ai militanti del Pd. Sono il segno dell’attenzione ai contenuti con cui si costruisce la campagna per le primarie della mia candidatura.

Ma in politica sappiamo che oltre a cosa vogliamo proporre è decisivo il come vogliamo attuarlo. La certezza delle regole e la loro condivisione è il segno di quel rispetto nei confronti della democrazia che deve iniziare all’interno del partito per essere coerentemente testimoniato nelle assemblee elettive e nella società.

La forma partito e le regole cioè sono tutt’uno con i programmi ed è giusto che la nostra discussione ne tenga conto. Anzi questo mi permette di segnalare come sia stata fuorviante la ricerca nelle scorse settimane di svilire il dibattito sulle regole. Penso per esempio alla questione dei gruppi dirigenti regionali del futuro Pd. È, mi pare, la prima questione chiave che stiamo affrontando in tema di forma partito e le due opzioni possibili sono, quelle sì, nettamente alternative. Decidere i segretari regionali a Roma rappresenta un modello di partito centralista in cui i gruppi dirigenti periferici sono cinghia di trasmissione verso il territorio di decisioni assunte dal centro nazionale. Modello legittimo, che non credo adatto ai tempi e all’Italia di oggi. Soprattutto un modello che non valorizza gli amministratori e la classe dirigente locale che è uno dei principali talenti del Pd e delle forze politiche che lo stanno facendo nascere. Per questo vi è un altro modello, decisamente preferibile, quello di un partito in cui ogni regione sulla base delle proprie priorità individua segretari e gruppi dirigenti. Vuol dire applicare un principio di sussidiarietà che consente di essere realmente con i piedi ben piantati sul territorio. Molto meglio di quanto potrebbero fare gruppi dirigenti regionali che dovrebbero la loro legittimazione principalmente a fedeltà a logiche romane.

Tra l’altro la costruzione di un vero partito delle autonomie è decisiva per convincere gli elettori. Sia al nord che al sud. Alle prossime elezioni regionali (Friuli Venezia Giulia, Alto Adige, Trentino e Sardegna votano nei prossimi venti mesi) quale fiducia potrebbe avere nei nostri gruppi dirigenti un elettorato incerto vedendoli succubi di decisioni dall’alto e non in grado di una propria forte e autonoma capacità di iniziativa politica?

Questo tema richiama la questione del partito del nord o di altre autonome iniziative che per specifiche esigenze territoriali potrebbero essere progettate in precise parti del Paese. Sono questioni importanti e da sviluppare, in una logica per l’appunto territoriale. Devono cioè nascere dal basso e non essere elaborate a Roma e calate dall’alto. Solo così dimostrano di avere un senso e solo così, a mio avviso, possono essere aiutate e riconosciute, come per esempio mi auguro accada per la questione della provincia autonoma di Trento, dal partito nazionale.

Quello dell’autonomia è un tema qualificante per il Pd. Direi che lo è per tutto il centrosinistra. Che in fondo da anni fa la differenza con il centrodestra anche sulla capacità di dialogo col mondo delle autonomie, da quelle speciali a quelle linguistiche. Di conseguenza il Partito democratico dovrebbe essere costruito attorno a forti e legittimati gruppi dirigenti regionali e cosi facendo potrebbe evitare una deriva correntizia vecchio stile a mio avviso non più adatta alle necessità di oggi. Questo darebbe spazio ad un dibattito nazionale che dalle aree culturali e programmatiche che si stanno definendo e rimescolando in queste primarie attorno alle varie candidature trarrebbe linfa vitale e alimentazione di idee continua.

Perché questo accada è necessario che vi sia una reale contendibilità delle cariche interne di partito attraverso logiche di trasparenza e competizione aperta. Va abbandonata ogni tentazione di deviare verso logiche di cooptazione. Queste sono il male dell’Italia, e non solo della politica italiana. Abbattere queste logiche significa far evolvere il nostro sistema e aiutare la politica a vincere l’antipolitica. Solo con la trasparenza, il mettersi in discussione e il rischiare i gruppi dirigenti possono riacquistare autorevolezza e dignità di fronte alla pubblica opinione. In questo le primarie si stanno dimostrando un gran terreno di rivincita della politica nei confronti dell’antipolitica. Questo metodo di competizione trasparente deve aiutare un fisiologico ricambio ma deve trovare anche un’attenzione speciale da parte del Pd sul tema della presenza delle donne. In questo senso le regole decise per le primarie paiono un buon viatico.

Un partito quindi nazionale, con una forte identità e grande radicamento sul territorio e attenzione al rispetto delle autonomie. Un partito con una capacità propria di elaborazione politica e culturale. Per quest’obbiettivo a parole facile, nei fatti oggi molto difficile, c’è bisogno di un grande impegno a favore di percorsi e luoghi di formazione politica. L’assemblea costituente deve su questo tema dedicare un forum specifico per provocare fatti concreti e innovativi.

La formazione dovrà essere una delle principali priorità del nascente Pd. Formazione attraverso strumenti provocati direttamente dalle strutture del Pd, ma non solo. Formaziona in grado di alimentarsi dei tanti luoghi esterni al partito e alle istituzioni elettive che possono, mantenendo la propria autonomia, dare un contributo decisivo in una logica di valorizzazione della società.

Questi temi rappresentano il cuore della nostra riflessione sul futuro Pd. Sono qui appena accennati e andranno completati attraverso la discussione e la presentazione di idee e progetti innovativi in questi mesi. Per questo a Piacenza uno dei forum tematici che lavorerà il 14 e 15 settembre sarà dedicato alla forma-partito. Lì la discussione sarà aperta e da lì mi auguro possa venire un contributo decisivo per far nascere quel partito moderno per il quale tutti stiamo lavorando.



Pubblicato il: 20.08.07
Modificato il: 20.08.07 alle ore 9.32   
© l'Unità.


Titolo: Partito democratico, pre primarie per i candidati della lista Letta
Inserito da: Admin - Agosto 31, 2007, 12:13:00 am
Le urne verranno aperte domenica 16 settembre nella sala Camm di corso Garibaldi, dalle otto alle venti

Partito democratico, pre primarie per i candidati della lista Letta

Rodolfo Sala


Domenica 16 settembre, sala Camm di corso Garibaldi, dalle 8 alle 20. Urne aperte per le «pre-primarie» di Enrico Letta. I sostenitori del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, rivale di Walter Veltroni e Rosy Bindi per la leadership del Partito democratico, scelgono con un anticipo di voto come comporre la lista dei quattro candidati che il 14 ottobre si presenteranno al collegio uno di Milano per l´elezione dell´assemblea costituente nazionale del Pd. Scelgono loro, non il leader: chi mettere in lista e in quale ordine. «Per superare - spiega il lettiano Davide Corritore - la logica nefasta delle liste bloccate e della cooptazione dall´alto».

È una sfida agli altri due competitor, soprattutto al sindaco di Roma. Ma c´è anche un invito: Veltroni e la Bindi dovrebbero fare lo stesso, trasformare questo appuntamento «in una grande festa dove tutto il Pd sperimenta nel cuore di Milano una cosa nuova che se va bene potrà essere seguita in tutt´Italia». Ma prima del pre-voto al collegio uno, c´è un altro passaggio: domenica 9 settembre, sempre in corso Garibaldi, gli aspiranti candidati alla Costituente si presentano ai potenziali elettori. In un´assemblea, e davanti a Letta. Generalità, curriculum, idee, indirizzi e-mail da fornire, in una sorta di agorà che dovrebbe sostituire le «stanze al chiuso» dove si teme che altri compilino liste «blindate». Girano già i nomi dei primi aspiranti candidati: la manager Anna Fuccio, l´economista Ferdinando Targetti, il musicista Filippo Del Corno, la capogruppo dell´ex lista Ferrante in zona uno Giulia Mattaca.

Ma l´invito di Corritore non entusiasma il veltroniano Maurizio Martina, candidato per ora unico alla segreteria lombarda del Pd (e con il sostegno trasversale dei lettiani): «Tutto quello che serve a favorire la partecipazione alla primarie va bene, ma per coinvolgere i cittadini ci sono tanti strumenti e tante strade». No grazie, insomma. Per i seguaci della Bindi parla Italo Ghitti, animatore della lista «Liberalitalia» che alle primarie sosterrà la ministra della Famiglia: «Vedo che Letta ha sposato la nostra idea delle pre-primarie di collegio; noi le faremo dappertutto, però è bene che ciascuno si organizzi come crede, nel nome di una sana competizione».

Ma Gitti ha in mente soprattutto un´altra partita: quella per la leadership lombarda del Pd. Non gli piace che lettiani e veltroniani convergano su Martina e vorrebbe, con l´avvallo di Rosy, presentare una candidatura alternativa, ovviamente per «dare più slancio alla competizione». Vedrebbe bene un candidato: Riccardo Sarfatti, presidente dell´associazione lombarda per il Pd e coordinatore dell´Unione al Pirellone. Il diretto interessato sì è già schierato con Veltroni, ma un pensierino lo ha fatto, in questi giorni sta avendo incontri a raffica e deciderà la prossima settimana. «Se Sarfatti si rendesse disponibile - butta là Gitti - giudicherei in modo positivo la sua candidatura». Nel campo veltroniano, intanto, si lavora alla seconda lista per Walter da presentare alle primarie, quella che ha come sponsor principale Pierfrancesco Majorino: si candidano il coordinatore delle sezioni milanesi dei Ds Gabriele Messina e il coordinatore del comitato referendario per la legge elettorale Stefano Facchi.(29 agosto 2007)

da espresso.repubblica.it


Titolo: No tessera, sì party
Inserito da: Admin - Settembre 02, 2007, 12:02:34 pm
No tessera, sì party
 
Durante il convegno di Dro, in Trentino, numerosi esponenti della società civile l'hanno avvicinato: "Vorremmo votare per te, ma abbiamo saputo che chi partecipa alle primarie si iscrive al Pd e allora resteremo a casa". Così il candidato Enrico Letta ha deciso di aprire la polemica: "Le regole delle primarie uccidono la partecipazione: chi va a votare aderisce automaticamente al Pd. Ma questa adesione, tradotta in italiano, significa iscriversi al partito: non va bene".

Insomma, adesione significa iscrizione?

Chi versa cinque euro e vota il 14 ottobre nei gazebo prende anche la tessera del nuovo partito? A sentire i garanti delle primarie la risposta è no, non c'è nessuna tessera e nessuna iscrizione. "Il regolamento è chiaro, a chi partecipa alle primarie non viene chiesta nessuna iscrizione al Pd", assicura Giuseppe Busia, uno dei garanti delle primarie. "Si partecipa alla fondazione del partito, ma l'iscrizione non può scattare dato che il partito nuovo ancora non c'è". "Non si chiede a nessuno di inquadrarsi rigidamente, come nei vecchi partiti ideologici", aggiunge il costituzionalista Stefano Ceccanti. "Il 14 ottobre votano tutti coloro che, dai sedici anni in su, se la sentono di aderire a un testo costituente, riservandosi poi di valutarne in libertà gli esiti successivi".

Tutto chiaro, dunque? Mica tanto.

Eppure, su questo punto, prima dell'estate c'è stato un dibattito tutto politico all'interno del comitato dei 45 presieduto da Romano Prodi. Da una parte, gli uomini dei partiti che segnalavano l'assurdità di far votare a cittadini che rifiutano perfino di iscriversi i leader della nuova formazione, non solo il segretario nazionale, ma anche i coordinatori regionali, i membri dell'assemblea costituente nazionale e quelli delle assemblee regionali, di fatto, la classe dirigente del nuovo partito. Posizione ragionevole, in effetti. Dall'altra, i movimentisti hard che invece volevano aprire a tutti, senza nessuna barriera. È stato Giuliano Amato, il ministro-giurista, a trovare la formula definitiva che appare all'articolo 1, comma 2 del regolamento: si aderisce all'inizio di un processo costituente, e alla fine chi vorrà potrà prendere la tessera. Potranno votare tutti, anche quelle categorie che altrimenti sarebbero escluse, non potendosi iscrivere a un partito. I magistrati, per esempio. Ma c'è da scommettere che la polemica è solo all'inizio.

da espressonline.it


Titolo: ENRICO LETTA. - Tremonti no i buoni sì
Inserito da: Admin - Settembre 17, 2007, 06:42:42 pm
Tremonti no i buoni sì

Enrico Letta


Caro Direttore,

ti ringrazio dell’intervento di ieri e della possibilità, rispondendo, di tornare su alcune mie affermazioni dei giorni scorsi circa politici del centrodestra, specie Tremonti. Non mi sono mai prestato al gioco di stilare la lista dei migliori per un ipotetico esecutivo, di indicare chi vedrei oggi volentieri in un mio governo. Ne approfitto per sottolineare, viceversa, chi senz’altro «non vi vedrei», vale a dire proprio Tremonti e gli altri esponenti della Casa delle libertà. Penso infatti che, in un sistema bipolare, qualunque politico decida di cambiare schieramento, pur dopo aver sottoposto tale scelta al giudizio del suo nuovo elettorato, debba comunque rimanere, almeno per una legislatura, estraneo a incarichi di governo. Questo proprio per il rispetto nei confronti degli elettori e di noi stessi cui ti sei richiamato: rispetto che condivido e che un minimo di «purgatorio» lo impone.

Non credo però che tutti i «buoni» siano da una parte e i «cattivi» dall’altra e rivendico il diritto di distinguere.

Così nei giorni scorsi ho semplicemente indicato, come ho fatto anche in altre occasioni, alcuni politici di centrodestra che stimo, al di là della divergenza di idee e di percorsi, passati e a venire. Avrei potuto indicarne molti altri, specie tra quelli più giovani, «bloccati» in una Casa delle libertà che da dodici anni ripropone immutabile lo stesso gioco, gli stessi personalismi. Quanto a Tremonti, ne ho, non da oggi, rispetto e considerazione come «avversario»: lo ritengo infatti tra i più preparati e insidiosi, per come si pone - lo so bene - nei nostri confronti.

Dunque, nessuna «libidine di maltrattare chi ci appoggia e porgere l’altra guancia a chi vuole cancellarci». Piuttosto, la consapevolezza di quelli che sono i nostri avversari più impegnativi e il tentativo di parlare anche a quanti, fin qui, si sono riconosciuti in loro e non in noi. Nello spirito di un partito democratico che «si apre», in ogni senso, e che con questa campagna elettorale per la leadership offre un’occasione di competizione agli antipodi rispetto alle rigidità e alle cooptazioni che caratterizzano il centrodestra.

Pubblicato il: 17.09.07
Modificato il: 17.09.07 alle ore 17.19   
© l'Unità.


Titolo: Enrico Letta. «Sì a nuove regole, ma solo per i trasporti pubblici»
Inserito da: Admin - Febbraio 27, 2009, 11:53:27 pm
«Sì a nuove regole, ma solo per i trasporti pubblici»


di Laura Matteucci


«Il diritto di sciopero nei trasporti pubblici va regolamentato, certo non va compresso».

Enrico Letta, responsabile del Welfare per il Pd, chiede che il governo convochi un tavolo con le parti sociali. «Siamo pronti a discuterne, e lo stesso vale per Cgil, Cisl e Uil». A partire da un punto: «Questa non è l’avanguardia di una crociata contro il generale diritto di sciopero: se il governo si mettesse su questa strada, andrebbe poco lontano». E ad alcune condizioni.

Prima condizione?
«Che si discuta solo ed esclusivamente di un servizio pubblico essenziale com’è quello dei trasporti. Le regole non possono essere generali, devono riguardare un settore specifico: questa discussione non può in alcun modo venire traslata sul resto del mondo del lavoro».

Che altro?
«La concertazione è fondamentale. Si sta discutendo della possibilità di scioperare solo se si rappresenta il 51% dei lavoratori, o se la maggioranza di loro è favorevole. Ogni possibile soluzione deve comunque trovare l’assenso di tutte le parti».

Il ministro Sacconi pensa ad un “disegno di legge contenente deleghe”: è d’accordo?
«Dipende dal peso delle deleghe. Se diventassero lo strumento principale, non sarebbe la strada giusta. La possibilità di discutere e intervenire, tanto più su una materia così rilevante, dev’essere una priorità. Non è una questione di metodo, diventa un’essenziale questione di merito».

L’esigenza di regolamentare lo sciopero comunque la condivide.
«Questo è certo. Anche Cgil, Cisl e Uil ragionano da tempo sulla necessità di nuove norme in un settore così delicato. Non è pensabile che una qualunque sigla minoritaria possa tenere in pugno la collettività, si va in contrasto con il diritto dei cittadini alla mobilità. In quest’ottica, può avere senso anche lo sciopero virtuale».

Non teme che il sindacato possa perdere potere contrattuale?
«La stagione dell’Orsa ha fatto solo danni al sindacato. Dobbiamo rafforzare il sindacato confederale, e non le rappresentanze minoritarie, con una regolamentazione che porti una ventata maggioritaria».

Ventata maggioritaria?
«Intendo dire che lo sciopero si può fare se la maggioranza è d’accordo, fermo restando che gli strumenti per le valutazioni sono tutti da definire. Il principio guida è che nei trasporti pubblici essenziali non possa essere il pilota a decidere se l’aereo vola o se resta a terra».

Non le sembra di poter leggere nella proposta Sacconi un’ulteriore pressione sul sindacato, un’altra mina all’unità? La Cgil sarà anche d’accordo a discuterne, ma Epifani ha messo in guardia il governo dalle forzature.
«All’interno della maggioranza, registro che Bossi e Fini dicono cose molto simili a quelle che diciamo noi. La logica siamo pro o contro il diritto di sciopero non aiuta, se vogliamo far marciare la necessaria regolamentazione dobbiamo uscirne. Questa non è l’avanguardia di una crociata contro il diritto di sciopero. Su questa strada, il governo andrebbe poco lontano».

lmatteucci@unita.it

27 febbraio 2009

da unita.it


Titolo: ENRICO LETTA
Inserito da: Admin - Giugno 26, 2013, 11:34:20 am
Letta: scandalosi certi stipendi di manager pubblici

25 giugno 2013


Letta: scandalosi certi stipendi di manager pubblici -

Per il pacchetto lavoro 1,3 miliardi -


Per Enrico Letta nella lotta ai paradisi fiscali qualcosa negli ultimi anni è cambiato. «La quantità di denaro fuori dai confini italiani su cui non sono mai state pagate le tasse é scandalosa». Lo sottolinea il presidente del consiglio Enrico Letta intervenendo in aula al Senato. «Su questo tema», aggiunge il premier, «il clima è cambiato e nessun italiano con conti correnti nei paradisi fiscali può sfuggire» al fisco: «non è lo stesso clima di 10 anni fa», osserva ancora, perché c'è «una pressione collettiva, europea e dei paesi Ocse. Non è possibile vivere questa asimmetria tra chi paga le tasse e chi toglie quantità intere di risorse, è un tema collettivo, l'Europa ha fatto tanti passi avanti».

Letta: è uno scandalo che dirigenti pubblici e privati guadagnino così tanto
Il presidente del Consiglio affronta anche la questione stipendi dirigenti pubblici. «Penso anch'io che sia uno scandalo che in società private e pubbliche ci siano dirigenti che guadagnino multipli insopportabili rispetto a qualsiasi dipendente pubblico», afferma nell'intervento in Aula al Senato, nell'ambito del dibattito sul consiglio europeo di giovedì e venerdì. «E avendo io il solo stipendio da parlamentare - prosegue Letta - sarà più facile per me andare da un dirigente pubblico e dire "guadagni trenta volte più" del presidente che ti ha nominato».

Conti pubblici: ora gran premio della montagna, nel 2014 inizia la discesa
Letta parla anche di conti pubblici e usa una metafora ciclistica per descrivere il percorso che attende l'Italia «nei prossimi 18 mesi» dopo che il Paese, uscito dalla procedura d'infrazione, «non sarà più sorvegliato speciale in Europa». «Solo dall'anno prossimo» - continua Letta - l'Italia potrà avere «flessibilità» nei conti pubblici: quest'anno ci attende ancora il «gran premio della montagna», la fase «più difficile».

Il premier alla Camera: al vertice Ue rifuggire da ogni soluzione al ribasso
A Bruxelles ci attende un duro confronto politico. «E politico sarà il mio intervento in seno al Consiglio». Occorre «rifuggire da ogni soluzione al ribasso». Perché - sottolinea il presidente del Consiglio, Enrico Letta, nell'intervento tenuto in mattinata alla Camera in vista del vertice del Consiglio europeo di giovedì e venerdì - o l'Europa «dà risposte concrete e immediate ai problemi o lentamente muore». Il premier, che nel pomeriggio è intervenuto anche al Senato, sa bene che «se l'Europa non riprende un cammino di crescita, nessuna decisione porterà a una vera svolta».

Ciò detto, «se si ferma - avverte Letta - l'Europa così com'é é perduta». Del resto «le ombre sulla tenuta della moneta unica non sono state ancora fugate definitivamente». «Chiederò che l'Europa non abbandoni a se stessi gli stati membri», afferma. Sullo sfondo, l'emergenza disoccupazione giovanile. «Ora chiediamo decisioni immediate, risorse, timing stringenti per ottenere il massimo dell'impatto, subito». Risulta al momento confermato l'incontro previsto per questa sera tra il premier e Silvio Berlusconi. Il colloquio, già in programma nell'ambito di una serie di faccia a faccia tra il presidente del Consiglio e i leader delle principali forze politiche in vista del consiglio europeo (in mattinata il presidente del Consiglio ha visto il segretario del Pd Guglielmo Epifani; ieri Letta ha incontrato Mario Monti), dovrebbe essere o nel pomeriggio o in serata a Palazzo Chigi.

 Mercoledì Cdm: un secondo pacchetto disoccupazione giovanile
Domani all'esame del cdm ci sarà il decreto lavoro, che stanzia 500 milioni per coprire la decontribuzione finalizzata all'assunzione di giovani al Sud. Dopo il vertice Ue, anticipa Letta, arriverà un secondo pacchetto di misure: «Nei prossimi mesi - spiega il premier - vareremo un secondo pacchetto di interventi» proprio per dare attuazione alla "Garanzia per i giovani", il piano che il prossimo vertice Ue dovrebbe approvare sull'occupazione giovanile. Nell'intervento al Senato, Letta inserisce tra le priorità dell'Esecutivo il taglio del cuneo fiscale, da effettuare anche grazie risorse europee. È importante, sottolinea, che il «fondo sociale europeo sia utilizzato per finanziare incentivi all'assunzione dei giovani anche mediante la riduzione del cuneo fiscale che per noi rimane una grande priorità».

Nell'ordine del giorno del cdm anche Iva e carceri
Ci sono il dl sulle carceri ('Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della penà) e quello sull'Iva (Misure urgenti per il rilancio dell'occupazione e in materia di Iva) nell'ordine del giorno convocato per domani mattina alle 8:30 a Palazzo Chigi. Lo rende noto un comunicato di palazzo Chigi.

Il premier ricorda: la disoccupazione giovanile costa 153 miliardi
Che la lotta alla disoccupazione giovanile sia la priorità lo dicono i numeri. «Eurofund - ricorda Letta nell'intervento a Montecitorio -ha stimato che il costo della disoccupazione giovanile in termini di reddito perduto e di maggiori oneri per assistenza sociale é pari a circa 153 miliardi: una dissipazione senza pari, uno sperpero che la crisi esaspera in un paradossale circolo vizioso».

Letta: dl lavoro riguarda tutti ma maggiore attenzione a Sud
«Il decreto sul lavoro ci sarà domani. Non abbiamo ancora deciso, e le decisioni che prenderemo riguarderanno tutto il Paese, ma interverranno con più intensità nelle Regioni del Mezzogiorno dove la disoccupazione giovanile é più alta. Su quelle Regioni bisogna che l'intensità dell'intervento sia più forte». Lo dice Letta, replicando alla Camera durante il dibattito seguito alle comunicazioni in vista del Consiglio Ue.

«L'uscita dalla procedura di infrazione assicura flessibilità bilancio 2014»
Letta parla anche di conti pubblici. «L'uscita dalla procedura di deficit eccessivo - osserva - è un obiettivo importante che rende l'Italia più protagonista nel Consiglio europeo. Uscire dalla procedura è un elemento e un obiettivo perseguito tenacemente ed é un obiettivo molto importante per il nostro Paese che consentirà sul bilancio dell'anno prossimo più flessibilità, ci consentirà maggiore premialità, di poter gestire senza la condizione di vigilati speciali in cui saremmo altrimenti».

Presidenza italiana Ue, occasione per Stati Uniti d'Europa
L'Italia, secondo il presidente del Consiglio, è chiamata a ricoprire un ruolo di primo piano nella partita europea. «Il semestre di presidenza italiana nella seconda metà del 2014 potrà rappresentare l'opportunità per porre le questioni istituzionali e la dimensione politica al centro dell'azione della Comunità e degli Stati membri. Sarà un'occasione unica per dare il via, proprio dall'Italia, alla costruzione degli Stati uniti d'Europa».

da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-06-25/letta-europa-risposte-concrete-102049.shtml?uuid=Abg05C8H&p=2


Titolo: LETTA: troppi privilegi e troppi politici - (e aggiungo io troppi delinquenti)
Inserito da: Admin - Luglio 09, 2013, 05:12:09 pm
Politica
09/07/2013

Letta: troppi privilegi e troppi politici

Il premier sul Porcellum: vergogna da superare. Ma la legge elettorale non è la causa unica di tutti i mali

«Certo, uno dei punti principali del nostro lavoro è quello di mirare alle riforme e uno dei problemi della politica italiana è che ci sono troppi privilegi per i politici, e troppi politici». Enrico Letta in un’intervista, in inglese, al canale radiofonico Bbc4, critica la politica italiana. 

 

Si tratta, osserva il presidente del Consiglio, di «un problema di credibilità del sistema politico. Ecco perché - rileva - le riforme che abbiamo avanzato per cambiare il sistema della politica». Sul Porcellum il premier dice alla radio Bbc4 «E’ un monstrum che non garantisce né rappresentanza né governabilità. Una vergogna, peraltro a rischio di incostituzionalità, che va superata al più presto. Mi sono impegnato a farlo dinanzi al Parlamento». «Ciò detto - prosegue il presidente del Consiglio - non dobbiamo cercare scorciatoie e cadere nell’errore di considerare la legge elettorale la causa unica di tutti i mali della politica italiana. È un abito, informe, slabbrato, da sostituire, su un corpo che, però, anch’esso sempre di più svela la propria inadeguatezza e pesantezza rispetto alle trasformazioni della società italiana e, dunque, anche dell’elettorato».

 

L’intervistatore gli domanda se, alla fine del percorso di riforme della politica italiana appena sintetizzate da Enrico Letta agli ascoltatori del canale radiofonico `non ci saranno più Berlusconi´. Il presidente del Consiglio premette prima che «non so cosa accadrà in futuro» per poi assicurare che «i problemi giudiziari non avranno conseguenze sulla mia attività politica e di governo». 

 

Imu e riforme, intanto, continuano ad essere i capitoli più delicati nell’agenda del governo. Capitoli di enorme valenza politica, oltre che di assoluta importanza per i cittadini (si parla del taglio di una tassa e delle nuove regole attraverso le quali debbono funzionare le nostre istituzioni), sui quali la maggioranza continua a confrontarsi al proprio interno a volte in maniera molto accesa. Parlare di confronto in effetti è riduttivo perché è di tutta evidenza come - in maniera plateale sull’imposta sugli immobili e più sottotraccia, ma non per questo meno ruvido, sulle riforme istituzionali - sia in atto uno scontro vero e proprio tra i due partiti ’forti’ della coalizione, Pd e Pdl. Una contrapposizione che prende quotidianamente nuova linfa anche dalle divisioni che attraversano in maniera sempre più netta i due partiti. I berlusconiani sono impegnati nel passaggio dal Pdl a nuovamente a Forza Italia, e si scontrano sul ruolo, sulla collocazione (moderata o meno) che dovrà avere la nuova formazione. Senza dimenticare le frizioni sulle riforme istituzionali. Il Pd, invece, è impegnato nel suo percorso di avvicinamento al congresso e nella non facile definizione delle regole per le primarie e capire se il segretario debba essere anche il candidato premier o meno. Tutto questo accompagnato dallo scontro sotterraneo (ma non poi tanto) dei big del partito con il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Ecco allora, di fronte ad un quadro del genere - con un Enrico Letta che si mostra fiducioso comunque sulla prosecuzione dell’esecutivo - il possibile svolgimento domani di un vertice di maggioranza. 

 

Il secondo in sette giorni (dopo quello sollecitato da Mario Monti) che lascia intendere come la navigazione del governo non sia affatto tranquilla. Letta sa bene che per la stabilità dell’esecutivo, e il conseguente buon governo del Paese, sull’Imu non è più possibile prendere tempo. La scadenza del decreto di sospensione dell’imposta si avvicina ed è quindi necessario capire dove si troveranno le risorse per ’’superare’’ - parole del premier - il sistema di tassazione degli immobili. Termine che non piace al Pdl, che pretende la cancellazione tout court della tassa pena, lascia intendere, la caduta del governo. Ecco allora l’attacco diretto dei ’falchi’ pidiellini al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, colpevole di studiare le più varie soluzioni per il superamento appunto della tassa ma non di prendere in considerazione la sua abolizione. Un attacco, quello rivolto al ministro, che per molti osservatori altro non e’ che la continuazione di quel pressing su Enrico Letta che una parte del Pdl (Berlusconi in testa ovviamente) ha in atto sin dalla nascita del governo. Con l’obiettivo, mai nascosto, di far cadere l’esecutivo o comunque di far ricadere le colpe di un eventuale fallimento dell’operazione sulle spalle degli alleati-avversari. 

 

Ma le risorse per l’intervento sull’Imu (e sull’Iva, con il blocco dell’aumento dal 21 al 22%) non sembrano cosi’ facili da trovare. E’ di ieri l’intervento del presidente della Bce, Mario Draghi, che parla chiaramente di crisi non ancora superata, di recessione ancora in atto. In ogni caso, che la questione si affronti o meno all’eventuale vertice di domani - o, come per altro già annunciato, nella riunione della ’cabina di regia’ prevista per il 18 luglio - ciò non toglie che il tema rimanga di stretta attualità. Tanto da registrare l’apertura del ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, che parla di ’’riduzione’’ dell’Imu sulla prima casa e ’’sugli immobili strumentali delle aziende’’. I capannoni industriali, i negozi insomma, sui quali gli imprenditori avevano chiesto interventi. Un colpo al cerchio e un colpo alla botte, sembra fare Zanonato confermando però con questo rilancio le difficoltà a prendere in considerazione la richiesta di abolizione sollecitata dal Pdl. 

da - http://lastampa.it/2013/07/09/italia/politica/letta-troppi-privilegi-e-troppi-politici-XNxaXXJKGvZkFY7X7soJaJ/pagina.html


Titolo: ENRICO LETTA, stai rischiando il fango e non lo meriti. (sino a prova contraria)
Inserito da: Admin - Luglio 09, 2013, 05:14:52 pm

Larghe complicità

Sandra Bonsanti, di Giustizia e libertà


Il prezzo che la democrazia italiana sta pagando al governo delle larghe intese diventa ogni giorno più pesante.
E’ impossibile ormai tacere e guardare oltre, nel nome di un superiore interesse nazionale.
Oltre c’è solo il sonno della ragione.
Ecco alcuni dei silenzi del maggior partito di questo governo, o di parti consistenti di esso, su situazioni inaccettabili imposte dal Pdl: tre punti che possono anche essere uno soltanto e comunque tutti ugualmente importanti.
Presidenza di Camera e Senato: sono vergognosi gli attacchi a Laura Boldrini e a Piero Grasso. Senza precedenti nella storia delle istituzioni, e senza precedenti sarebbe prestarsi alla elezione della Santanché: chi guida e teorizza la rivolta contro la magistratura sia tenuta alla larga dalla vicepresidenza di un ramo del Parlamento. Finora la maggioranza dei democratici di sinistra si è opposta. Non si cerchino ora astuzie nei regolamenti che servano a cambiare posizione.
Assalto alla Costituzione attraverso l’assalto all’articolo 138: un grande, inaccettabile imbroglio,  che da solo dovrebbe convincere che non si può smantellare la Costituzione ricorrendo alle furbizie degli apprendisti stregoni.
Legge elettorale: la volontà di non toccare il Porcellum è camuffata dietro a inesistenti esigenze di raccordo con le riforme della Costituzione. Si sa che la classe politica delle larghe intese non ha nessuna intenzione di rinunciare a una legge che consente di tramandare e rafforzare il potere di far eleggere in Parlamento i fedeli e di tenere lontani i “dissidenti”.
Il silenzio imbarazzato su questioni di fondo come queste equivale arrendersi alle pretese del Pdl. Equivale a subire ricatti senza nemmeno protestare. Perché?
La necessità di chiarezza su questi punti è assoluta. Tacendo si diventa complici.
E se il governo delle larghe intese fosse il governo delle larghe complicità, su di esse basato e per esse destinato a durare, non porterebbe beneficio alcuno all’interesse del paese e della democrazia, né oggi né domani.
Prima se ne va, meglio è…

{ Pubblicato il: 08.07.2013 }

- See more at: http://www.criticaliberale.it/news/132336#sthash.5IRWHDhx.dpuf

da - http://www.criticaliberale.it/news/132336


Titolo: ENRICO LETTA Governo, Letta contro il Porcellum "E' una vergogna da superare"
Inserito da: Admin - Luglio 09, 2013, 05:15:50 pm

Governo, Letta contro il Porcellum "E' una vergogna da superare"

Il presidente del Consiglio sottolinea il "rischio incostituzionalità" della legge elettorale e se la prende con il "bipolarismo muscolare e inconcludente". "Con conflitto di interessi non si può fare il premier"


ROMA - "Il Porcellum è un monstrum che non garantisce nè rappresentanza nè governabilità. Una vergogna, peraltro a rischio di incostituzionalità, che va superata al più presto. Mi sono impegnato a farlo dinanzi al Parlamento". Lo dice Enrico Letta in un'intervista, anticipata da Europa, per il nuovo numero della rivista dell'Arel. "Ciò detto - prosegue il presidente del Consiglio - non dobbiamo cercare scorciatoie e cadere nell'errore di considerare la legge elettorale la causa unica di tutti i mali della politica italiana. E' un abito, informe, slabbrato, da sostituire, su un corpo che, però, anch'esso sempre di più svela la propria inadeguatezza e pesantezza rispetto alle trasformazioni della società italiana e, dunque, anche dell'elettorato".

"Penso - prosegue Letta - all'insostenibilità del bicameralismo paritario, penso al numero eccessivo di parlamentari, penso alle ingessature della nostra democrazia decidente". "Riassumendo: il caos è ingenerato anzitutto da un sistema non all'altezza delle sfide con le quali un Paese come l'Italia deve oggi misurarsi. Tanto più - rileva il presidente del Consiglio - dopo vent'anni di bipolarismo muscolare e inconcludente che ha inibito ogni serio tentativo di riforma".

Quanto al Pd il premier riparte dalla clamorosa bocciatura di Romano Prodi da parte dei franchi tiratori democratici. "Si sono messe a repentaglio le nostre stesse ragioni fondative - dice - si è contaminato un momento solenne come la scelta della prima carica dello Stato con piccole contese interne o calcoli personalistici". "Confido - ha aggiunto Letta -  che l'esperienza serva a tutti come monito. Così come confido che la partita congressuale alle porte si riveli aperta, franca, costruttiva. Il Partito democratico - per la sua stessa fisionomia di grande e plurale forza riformista - può e deve essere un elemento di stabilità della politica italiana, non un catalizzatore del caos e della frammentazione".

Il presidente del Consiglio parla anche di conflitto di interessi. "Se c'è non si può fare il premier" e ricorda che prima di entrare a Palazzo Chigi si è dimesso da segretario generale di Arel.

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/07/09/news/letta_porcellum-62655149/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_09-07-2013


Titolo: Enrico Letta a Silvio Berlusconi: "Niente ricatti a Napolitano"
Inserito da: Admin - Agosto 04, 2013, 08:53:55 am
 Manifestazione Pdl, l'ultimatum di Enrico Letta a Silvio Berlusconi: "Niente ricatti a Napolitano"

Pubblicato: 03/08/2013 21:19 CEST  |  Aggiornato: 03/08/2013 21:19 CEST


“Si smetta di tirare in ballo il Quirinale in modo improprio e ricattatorio”. Per questo il premier ascolterà con “grande attenzione toni e contenuti dei discorsi che si terranno alla manifestazione del Pdl”. Altrimenti, Enrico Letta è pronto a trarne le conseguenze. Tanto che non è affatto escluso un incontro al Colle già domani. È un avvertimento pesante quello che il premier lascia trapelare all'Ansa al termine di una giornata drammatica, l’ennesima. È il segnale che c’è un “piano b” se non riesce il contenimento dell’escalation berlusconiana. Chi immagina una discesa in campo contro Renzi, mentre il Pdl trascina il paese ad elezioni anticipate sbaglia, spiegano i fedelissimi. È un governo “per la legge elettorale”, guidato dallo stesso, l’idea su cui il Quirinale avrebbe già allertato palazzo Chigi.

Ecco l’avvertimento. C’è qualcosa che va oltre l’irritazione per le parole incendiarie, ai limiti dell’eversivo di Sandro Bondi: la minaccia di una “guerra civile”, per non parlare della sfida aperta al Colle. Nelle parole di Letta c’è l’exit strategy: “Ha deciso di non farsi logorare – racconta un fedelissimo - e se Berlusconi continua a ricattare è Letta a staccare la spina per primo”. Una posizione nient’affatto tattica. Ma resa necessaria dall’escalation delle ultime ore. Con l’assurda richiesta della “grazia” per Berlusconi. E la minaccia di trascinare il paese in elezioni anticipate se non sarà trovato un modo per salvare Berlusconi.

Letta per tutta la giornata è stato in collegamento costante col Quirinale. È concordato l’avvertimento al Pdl. È concordato il passo successivo.
Ed è in un clima di crisi strisciante che il premier informa anche Epifani e soprattutto Angelino Alfano: se Berlusconi – è il suo messaggio - gioca sulla pelle dell’esecutivo è chiaro che il Pd non regge, e che io non mi faccio logorare. Stavolta Berlusconi ha passato il segno. Per tutta la giornata Angelino prova, insieme a Gianni Letta, a raffreddare gli animi, depotenziando il carattere “eversivo” della manifestazione che non a caso viene spostata da piazza Santi Apostoli – più vicina al Quirinale – a via del Plebiscito. Proprio per evitare l’Incidente alla fine si è deciso che i ministri non andranno. È il segnale che le colombe del Pdl sono riuscite a “frenare”.

Ma c’è un motivo se Letta fa sapere la sua posizione quando è chiaro che alla manifestazione non ci saranno i ministri. Il problema è che, vista da palazzo Chigi, non si capisce cosa davvero voglia fare Berlusconi, e se ha puntato sull’escalation. Né le reazioni di Santanchè, ma anche Cicchitto e Brunetta sono all’insegna della tregua.

Ecco la linea, superata la quale, è crisi di governo. Il Quirinale fa sapere al quartier generale berlusconiano che non c’è fretta per l’incontro con i capigruppo del Pdl.
Anche perché non è arrivata la richiesta di un incontro “politico”. Semmai è arrivato un nervoso ricatto.
E Letta fa sapere che “è pronto” a staccare la spina per primo. Con tutte le conseguenze. Non è un caso che il premier abbia deciso, per la prima volta, di entrare con decisione nel confronto politico da cui è sempre rimasto fuori: “Come quando Grillo parlò di colpo di Stato – dicono a palazzo Chigi – c’è un limite che non si può superare. Attaccare Napolitano significa tradire le ragioni stesse della nascita del governo”.
 
Lo sa bene Gianni Letta, che ha quasi perso la sua proverbiale calma spiegando al Cavaliere che la posizione di Verdini e Santanchè è folle, perché non ci sono garanzie che si voti, e può nascere un governo che può far male davvero, proprio nel momento più difficile, tra domiciliari e servizi sociali: “Mattarellum e conflitto di interessi, i numeri li trovano”.

Anche Letta (Gianni) ha parlato per tutta la giornata del “piano b” di Napolitano. Che a quel punto, e solo a quel punto, potrebbe dimettersi.
Non prima.

da - http://www.huffingtonpost.it/2013/08/03/enrico-letta-pdl-napolitano_n_3701350.html?utm_hp_ref=italy


Titolo: Il governo Letta compie 100 giorni Il sondaggio: consenso in crescita.
Inserito da: Admin - Agosto 05, 2013, 08:24:48 am
Politica
04/08/2013

Il governo Letta compie 100 giorni
Il sondaggio: consenso in crescita

Napolitano il leader più apprezzato

I dati di Piepoli per La Stampa: se si tornasse alle urne pareggio tra centrodestra e centrosinistra.

I Cinque Stelle hanno perso 7 punti.

Uno su due promuovono l’esecutivo


Berlusconi al 18%, Renzi cala al 40%

Marco Bresolin


A 100 giorni dal suo insediamento, quasi un italiano su due ha fiducia nel governo Letta e nel suo presidente. E, se si dovesse tornare al voto ora, ci sarebbe un sostanziale pareggio tra centrodestra e centrosinistra, con l’ipotetica coalizione formata da Pdl e Lega in vantaggio di un soffio. 

 

L’ESECUTIVO 

Il sondaggio realizzato dall’Istituto Piepoli per La Stampa (i risultati sono pubblicati sul quotidiano di oggi) fotografa infatti il giudizio dell’opinione pubblica sui primi 100 giorni del governo delle larghe intese, con un monitoraggio settimanale. Da un livello iniziale del 45% (il 29 aprile scorso), ora è al 48%. Il trend dice che il momento più basso è coinciso con il primo turno delle elezioni amministrative (39%), un calo che per il sondaggista Nicola Piepoli “è fisiologico, ma che non rappresenta un’inversione di tendenza, dato che subito è tornato a crescere”. L’apprezzamento per il governo è più alto tra gli elettori di centrodestra (64%) rispetto a quelli di centrosinistra (56%), segno che questi ultimi vivono questa esperienza come un “prezzo da pagare” per non essere riusciti a conquistare la maggioranza alle urne. Tra i provvedimenti più apprezzati c’è l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, seguito dagli interventi per rilanciare l’occupazione e dal rinvio di Imu sulla prima casa e dal rinvio dell’Iva. 

 

LA FIDUCIA NEI SINGOLI 

Giorgio Napolitano è il “leader” più apprezzato dagli italiani. Il suo tasso di fiducia è dell’82%, ai massimi dall’inizio del suo secondo mandato (il 29 aprile scorso era al 75%). Stabile al 18% Silvio Berlusconi (che negli ultimi tre mesi ha oscillato tra il 18 e il 20%), anche se va tenuto conto che il sondaggio è stato realizzato il 29 luglio scorso e quindi non rileva l’eventuale effetto della condanna definitiva per frode fiscale. Molto più alto il gradimento per Matteo Renzi (39%), ma va detto che la popolarità guadagnata nei mesi scorsi sembra segnare una battuta d’arresto: soltanto il 1° luglio scorso, infatti, era al 43%, il 13 maggio addirittura al 46%. Il trend registra un netto calo. Non ha avuto grandi scossoni la fiducia in Beppe Grillo (ora al 17%), che aveva segnato il suo picco in positivo il 6 maggio (21%).

 

LE INTENZIONI DI VOTO 

E se si tornasse a votare oggi? Difficile fare previsioni certe, anche perché non è ancora chiaro con che assetto si presenteranno alle urne le rispettive forze politiche, né con quali leader. Secondo il sondaggio Piepoli, al primo posto ci sarebbe la coalizione di centrodestra, salita 34% rispetto al 29,18% di febbraio. Un’ascesa legata principalmente al Pdl, che ha guadagnato 4 punti percentuali. Sono infatti stabili gli alleati, Lega inclusa (ferma al 4%). Anche l’intera coalizione del centrosinistra è salita di quattro punti: oggi il Pd è al 27,5% (+1,6%) e Sel al 5% (+1,8%), che sommati ai partiti minori porterebbero l’intero schieramento al 33,5%. Ma da dove arrivano i voti “virtualmente” riconquistati da centrodestra e centrosinistra? Il contribuente maggiore è senza dubbio il Movimento Cinque Stelle, che ha lasciato sul campo circa un 7% di elettori (è sceso al 18,5%). Ma anche il centro ha subito un’ulteriore riduzione rispetto al già scarso risultato di febbraio: l’intera coalizione è passata dal 10% all’8%, con Scelta Civica che ha perso più di tre punti (è al 5%) e non è riuscita a compensare il leggero aumento dell’Udc (da 1,78% al 3%). 

da - http://lastampa.it/2013/08/04/italia/politica/il-governo-letta-compie-giorni-il-sondaggio-consenso-in-crescita-napolitano-il-leader-pi-apprezzato-N6hFomKGIuQLeAoLolqEVM/pagina.html


Titolo: ENRICO LETTA. SI CAPISCE LO DICA TRISTE SE LO PENSA DAVVERO.
Inserito da: Admin - Agosto 07, 2013, 05:21:43 pm
Letta: gli italiani capiscono che non c'è alternativa alla stabilità, non abbiamo la presunzione di durare per sempre

6 agosto 2013

Letta: gli italiani capiscono, non c'è alternativa alla stabilità - I 100 giorni

Il governo Letta tira le somme dei primi 100 giorni di attività dell'esecutivo di larghe intese. E lo fa a pochi giorni dalla sentenza della Cassazione nel processo sui diritti tv Mediaset, con un documento pubblicato sul sito della presidenza del Consiglio.

Lo scontro nella politica sembra farsi incandescente
«Davanti a noi, da oggi, la responsabilità di andare avanti con ancora più determinazione a fare bene - spiega il premier Enrico Letta in un messaggio di accompagnamento al report -. A trovare con cura le risposte che il capo dello Stato e il Parlamento ci hanno incaricato di dare al Paese e che il Paese pretende da noi. A concentrarci sempre di più sulle politiche proprio quando lo scontro nella politica sembra farsi incandescente».

Vent'anni di confronto lasciano ferite
«Che non sarebbe stato facile - continua Letta - lo sapevamo fin dal principio. Vent'anni di confronto durissimo e muscolare lasciano segni e ferite. Eppure, i provvedimenti del governo che trovate qui raccontati e il lavoro paziente e incisivo delle Camere nell'approvarli e migliorarli dimostrano che è possibile lavorare per l'Italia pensando al futuro».

Mettere da parte contrapposizioni
Il governo, spiega Letta, non si lascia «spaventare dall'ossessione del consenso immediato, dalla consultazione compulsiva delle rispettive dichiarazioni, dal rischio che il proprio elettorato - o la propria base - non capisca il senso delle larghe intese».

Non abbiamo la presunzione di durare per sempre
Il presidente del consiglio è convinto che gli italiani «capiscono - ne sono certo - che questa esperienza, e chi la rappresenta, non ha la presunzione di durare per sempre o di ergersi a modello». «Ha - osserva il premier - l'ambizione e il dovere, quelli sì, di servire il Paese contribuendo a rizollare un campo da gioco altrimenti impraticabile, di rispondere alla crisi con tanti atti concreti, tangibili e di buon senso, di dimostrare all'Europa e al mondo che ce la possiamo fare».

Siamo a un passo dall'uscita dalla crisi
«I segnali ci sono tutti e indicano che siamo a un passo dal possibile - sottolinea il presidente del Consiglio -. A un passo, cioé, dall'inversione di rotta e dall'uscita dalla crisi più drammatica e buia che le attuali generazioni abbiano mai vissuto».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-08-06/letta-italiani-capiscono-alternativa-155945.shtml?uuid=Ab1QvqKI


Titolo: ENRICO LETTA. Enrico Letta al Meeting di Rimini: un cambio di passo per puntare
Inserito da: Admin - Agosto 19, 2013, 07:36:04 pm
 Enrico Letta al Meeting di Rimini: un cambio di passo per puntare alla leadership del centrosinistra


Huffigtonpost  |  Di Pietro Salvatori Pubblicato: 18/08/2013 20:10 CEST  |  Aggiornato: 18/08/2013 21:30 CEST


"Un cambio di passo".

Mentre l’Auditorium del Meeting di Rimini si svuota, i commenti più ricorrenti che si sentono fare nei conciliaboli ci chi occupava prime file vanno tutti in questa direzione.

Parla di “presenza entusiasta nei nostri padiglioni” Emilia Guarnieri, presidente della kermesse di Comunione e liberazione. Parla di “un rapporto dalle radici profonde”, Giorgio Vittadini, che lo stima al punto tale da assurgerlo a punto di riferimento anche al di fuori del mondo della politica.

Il discorso di Enrico Letta, che ha preso il testimone di Mario Monti quale ospite d’onore della manifestazione riminese, segnala un salto qualitativo nella narrazione che il presidente stesso fa del suo lavoro e della sua persona. Entusiasta Matteo Colaninno, responsabile economico del Partito democratico, che mentre manda un sms di congratulazioni al premier commenta: “Condivido parola per parola, da oggi si può ripartire con nuovo slancio". Ma, quasi paradossalmente, la sintesi la fa Dario Nardella, deputato renziano: “Finalmente Enrico ha abbandonato la politica del day-by-day e ha iniziato a impostare il proprio lavoro in un’ottica di ampio respiro”.

Letta ha preso la parola citando la prolusione di Giorgio Napolitano, intervenuto due anni prima sullo stesso palco: “Quello fu un momento storico, segnò il cambio di passo nell’uscita del nostro paese dalla crisi”. Prodromi di un discorso in cui c’è stato spazio per la citazione del Salmo ottavo (“Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, e il figlio dell'uomo perché te ne curi?”), per Paolo VI, per richiami al valore dell’identità, umana e partitica, per l’istruzione e l’occupazione giovanile, per il fallimento del funzionamento dei meccanismi politici e istituzionali.

Ma, soprattutto, per un lungo passaggio nel quale “l’incontro” è stato contrapposto allo “scontro” quale bussola da seguire nel percorrere la strada che porta “al bene del nostro paese e all’uscita della crisi”.

Un discorso che ha volutamente volato alto, che ha puntato a trascinare la sua figura di grigio burocrate “del fare” (quale è sempre stato accreditato anche nel partito) su un piano più alto: quello della narrazione di una visione del mondo, della costruzione di una leadership a tutto tondo. Lo sintetizza in un tweet Francesco Accardo, giornalista del Tg3:

Se non è un modo per iniziare a posizionarsi in vista delle future sfide interne del Pd, poco ci manca. Il messaggio è chiaro. Da un lato l’altisonante difesa delle larghe intese: "Dobbiamo far vincere la forza fecondatrice dell'incontro. L'incontro vince sempre sul conflitto, occorre vincere la logica dello scontro elettorale basato sulla paura che vinca l'altro o sulla propria superiorità morale", ha detto il premier. Tirando poi quella che in molti hanno letto come una stoccata a Matteo Renzi, che al governo “dell’amico Enrico” non ha mai guardato con molta simpatia: “L'incontro non vuol dire che le differenze scompaiono. Fa paura solo a chi è incerto della propria identità e dei propri valori".

Dall’altro la consapevolezza che la tutela del suo esecutivo non può essere perseguita a tutti i costi: “Gli italiani puniranno chi anteporrà interessi personali e di parte all'uscita dalla crisi”. Parole destinate a Silvio Berlusconi, ma che celano la reale possibilità che si torni al voto a breve, nonostante “l’ottimismo” presidenziale. Pronunciate su un terreno che, dopo tanti anni, non sembrano insensibili all'esplorazione di una 'terza via' all'italiana, con la sempre più evidente ascesa di Giorgio Vittadini - la cui poca simpatia nei confronti del Cavaliere è tema noto - a influencer pirincipale dell'universo ciellino. È Roberto Formigoni, protagonista di una polemica di giornata con Martin Scholz, presidente della Cdo e molto vicino a Vittadini, a mettere i puntini sulle i : “Ottimo discorso. Un punto però è mancato, ed è una mancanza rilevante: la necessita di garantire l'agibilità politica al leader indiscusso della seconda forza di maggioranza”.

Per questo sembra iniziata la costruzione di una leadership: che serva a guidare il paese piuttosto che a prendere in mano le redini del centrosinistra lo si vedrà solo con il tempo.

da - http://www.huffingtonpost.it/2013/08/18/letta-meeting-rimini-cambio-passo-puntare-leadership_n_3776701.html?utm_hp_ref=italy


Titolo: Letta prende le distanze da mozione Boccia
Inserito da: Admin - Agosto 21, 2013, 07:26:06 pm

Letta prende le distanze da mozione Boccia

"Non entro nelle vicende dei democratici"

Palazzo Chigi sopreso dal documento per il congresso dem a sostegno dell'esecutivo. Perplessità anche dai parlamentari renziani: "Le larghe intese sono un progetto stabile per il Pd?". Russo: "Non ci possono essere in questa fase documenti lettiani". Cautela dei veltroniani


Letta prende le distanze da mozione Boccia "Non entro nelle vicende dei democratici" Francesco Boccia
ROMA - Mette assieme più critiche che apprezzamenti in casa Pd la mozione di Francesco Boccia "per una sinistra riformista", almeno a giudicare dalle prime reazioni. Il più sorpresso dal documento congressuale di sostegno all'esecutivo è lo stesso Enrico Letta, di cui trapela la sorpresa per l'iniziativa. Il premier Enrico letta non è entrato e non entra nel confronto congressuale interno al Pd, - si sottolinea in ambienti di Palazzo Chigi - non sollecita e non sostiene piattaforme e posizioni programmatiche.

Pensiero che il premier avrebbe espresso così a chi lo ha avuto modo di sentirlo:  "La necessità di interpretare con massimo equilibrio la funzione di presidente del Consiglio di questa maggioranza mi ha spinto fin dall'inizio a non entrare in vicende interne alle forze politiche che sostengono il governo. E questo vale a maggior ragione per il mio partito e il suo congresso".

Sarebbero rimasti spiazzati anche gli esponenti lettiani a livello locale, che infatti non avrebbero firmato la mozione. A esprimere il dissenso è il senatore Francesco Russo: "Non ci possono e non ci potranno essere in questa fase del dibattito congressuale documenti 'lettiani' - afferma Russo -, ispirati direttamente o indirettamente dal Presidente del Consiglio o da quelli che sono, attualmente, i suoi più diretti collaboratori". Parole che pesano perché pronunciate dal segretario generale dell'Associazione TrecentoSessanta, il think thank creato dal presidente del Consiglio. "L'amico Francesco Boccia sa che considero il suo documento un contributo utile al congresso del Pd, una traccia di lavoro che presenta spunti interessanti". Discorso diverso è definirlo espressamente "lettiano", perché "non serve al PD, non rappresenta lo spirito, ribadito anche ieri a Rimini, con cui sta lavorando Letta, non gioverebbe all'azione di governo cui il Paese sembra guardare con crescente fiducia".

Più prevedibile il malumore dei parlamentari vicini a Matteo Renzi che vedono nel documento congressuale di sostegno al governo un congelamento della convivenza Pd-Pdl, a danno del sindaco di Firenze. Perplessità espresse  su Twitter, da Angelo Rughetti: "Non capisco il senso della proposta Boccia - scrive il deputato - a meno che non si pensi che le larghe intese debbano diventare un progetto stabile per il Pd". Gli fa eco il senatore Andrea Marcucci: "Mentre il Pd discute di mozioni di sostegno al governo, Forza Italia si prepara alla campagna elettorale - rileva Marcucci -. Paradossale che il dibattito interno dei democratici ruoti intorno ad un documento di sostegno al governo - dice il parlamentare- quando nelle stesse ore il Pdl è impegnato a picconare l'esecutivo. Toni più sfumati dal deputato Dario Nardella che giudica la mozione "un contributo concreto e utile" a patto però che non sia "legata ad una candidatura bensì come proposta politica e programmatica generale". L'accento è sui punti di contatto con il sindaco di Firenze. "Ritengo sia coerente con le idee di rinnovamento avanzate a sinistra da Renzi in questi anni - sottolinea Nardella -e dimostrerebbe quanto si stia effettivamente allargando il fronte di consenso nel partito verso una sua leadership".

Cauto anche il senatore veltroniano Giorgio Tonini. "Vorrei capirci di più - ha dichiarato il Tonini - le informazioni che abbiamo sono scarse e non vorrei esprimere un giudizio affrettato. Parliamo dunque di quello che è emerso: è condivisibile il principio che i successi del governo Letta sono i successi del Pd e che, allo stesso tempo, gli eventuali insuccessi si dividono al 50%. Siamo d'accordo. Tuttavia ritengo un po' deboluccia una mozione che parla solo del governo".

DA - http://www.repubblica.it/politica/2013/08/19/news/pd_la_mozione_di_boccia_scontenta_tutti_renziani_scontenti_russo_letta_non_c_entra-64987111/


Titolo: ENRICO LETTA. Letta fa la voce dura, ma i suoi lavorano a un rinvio del voto
Inserito da: Admin - Agosto 25, 2013, 05:00:37 pm
politica
25/08/2013

Letta fa la voce dura, ma i suoi lavorano a un rinvio del voto

Carlo Bertini
Roma

«Io resto fiducioso che una soluzione si possa trovare, ma casomai solo sotto il profilo giuridico e solo nell’ambito dei lavori della Giunta del Senato: i piani devono restare ben distinti perché non a caso in quell’organismo non è previsto neanche un posto a sedere per i rappresentanti del governo». Non si perde d’animo Enrico Letta e nelle conversazioni serali con i suoi interlocutori si mostra ancora convinto che un sentiero sottile per non far saltare tutto esista. 

 

«Un tracollo del sistema ora sarebbe un disastro per l’italia, e l’unica bussola di riferimento resta l’azione di governo», ripete il premier che sul punto però si muove nel solco del suo partito, «ci sono delle leggi e ad esse tutti devono attenersi», è il concetto consegnato ad un giornale austriaco prima del vertice di Arcore. Concetto che non muta certo con il passar delle ore, così come non muta la convinzione che una soluzione al caso Berlusconi non la debba trovare certo il governo. Insomma, il premier resta convinto che una via d’uscita si possa trovare ma che non possa essere barattata con la sopravvivenza dell’esecutivo, così come il suo ottimismo fa perno sul calcolo che se il Pdl facesse cadere questo governo pagherebbe un prezzo salatissimo alle urne.

 

E mentre nel Pd più d’uno ritiene che il voto su Berlusconi slitterà ad ottobre e che quindi almeno un rinvio sarebbe possibile, a lanciare un appello ad abbassare i toni e a seguire piuttosto quel sentiero pur sottile sono proprio i lettiani della prima ora come Francesco Sanna: già componente della stessa Giunta per le elezioni nella scorsa legislatura, Sanna lamenta «questo atteggiamento del Pdl che mette in difficoltà anche i più dialoganti tra noi». Insomma, ultimatum e accelerazioni non giovano, anzi con il muro contro muro si va a sbattere. «Facciamo lavorare le istituzioni che debbono occuparsi di casi come questi. Se si evoca anche un intervento della Consulta, il presupposto dovrebbe essere quello di far lavorare la Giunta del Senato come un giudice autonomo, nella riservatezza e autonomia necessaria, senza tirare i suoi componenti per la giacca, ma presentando le proprie motivazioni». Tradotto, più dal Pdl picchiano sul versante politico e più qualsiasi legittimo argomento sul versante della giuridico della Giunta risulta indebolito.

 

Tanto più che ormai «il Pd non arretra di un milimetro», come dice Gianni Cuperlo. «Si conferma che il Pdl non riesce a separare i suoi destini da quelli del suo capo», taglia corto Bersani. «Siamo irremovibili, sul governo nessun ricatto, c’è una sentenza e va rispettata», è la linea riportata ai tiggì da Andrea Martella; ma quando dalle parti di Epifani si sente ripetere che «c’è grande comprensione per il loro travaglio interno, ma non per questo possiamo evitare di applicare le sentenze» significa che il grosso del partito è disposto a concedere qualche settimana in più all’esame del caso in Giunta, ma niente più. Anche perché le guarnigioni già si preparano alla battaglia. «Berlusconi sa che chi fa cadere il governo si assume una responsabilità terribile, la cosa che preoccupa è lo schiaccianoci D’alema-Renzi, che per motivi diversi lavorano per far saltare questo governo», dice Beppe Fioroni.

da - http://lastampa.it/2013/08/25/italia/politica/letta-fa-la-voce-dura-ma-i-suoi-lavorano-a-un-rinvio-del-voto-GEgDc6LMiAGKyocrilZzEJ/pagina.html


Titolo: ENRICO LETTA: "Dopo oggi governo non ha scadenza" (ma non è vincente, anzi)
Inserito da: Admin - Agosto 29, 2013, 04:27:49 pm

Letta: "Dopo oggi governo non ha scadenza"

Imu, "Decreto varato è una vittoria per tutti"


Il premier annuncia la cancellazione dell'Imu per il 2013. Nel 2014 prevista una nuova service tax. Rifinanziata la Cig senza "modificare il saldo dei conti pubblici". Soddisfazione bipartisan: esulta il leader del Pdl. Il segratario del Pd Epifani parla di scelte "equilibrate e corrette". E Letta dice: "Il governo non ha più scadenza". Anci: "Accolte nostre richieste". L'ex premier Monti attacca invece l'esecutivo e i democratici: "Si sono arresi alle pressioni dei pidiellini". Cgil: "Fondi esigui, coprono solo emergenza"
 

ROMA - L'Imu abolita, la nascita della Service Tax nel 2014, il rifinanziamento della Cig senza nuove tasse. Il premier Enrico Letta mette l'accento sulle coperture trovate in questa prima fase e sul "confronto", sulla "coesione" e sul "gioco di squadra" nella maggioranza per trovare un accordo sulla spinosa questione dell'imposta sulla casa e sulla "necessità di un cambiamento radicale". Un clima di pace ritrovata, almeno apparente, che sembra allontanare i venti di crisi: quanto durerà il governo dopo l'accordo sull'Imu? "Il governo non ha più scadenza", risponde il premier. Il decreto varato "è una vittoria e spero che la giornata di oggi possa far finire finalmente domande come questa..." ha aggiunto.

Letta ha spiegato che il decreto accompagnerà la legge di stabilità, il 15 ottobre, e in quel caso "saranno indicate le coperture della seconda rata dell'Imu perché alcune coperture si svilupperanno nelle prossime settimane". Sottolinea che ciò che si farà non prevede la modifica del "saldo dei conti pubblici e dunque il messaggio che diamo a Bruxelles è che facciamo questa operazione rimanendo sotto il 3%" del rapporto deficit/pil". La copertura arriverà da "una riduzione della spesa pubblica, da una tassazione sui giochi e le imprese che ruotano sul gioco" e dall'Iva derivante dal pagamento per 10 miliardi di debiti vantati dalle imprese nei confronti della P.A.

Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni ha poi spiegato che nel decreto sono previste anche l'esenzione dal pagamento per le case invendute e la diminuzione dal 19% al 15% della cedolare secca sugli affitti a canone concordato. Le decisioni assunte oggi "dimostrano che il governo c'è è sa decidere sia sulle emergenze sociali sia sulle riforme di prospettiva", ha affermato il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta.

E il leader del Pdl Silvio Berlusconi affida a una nota il suo pieno compiacimento: "Una "promessa realizzata", un "punto cardinale pratico e simbolico, del programma che abbiamo voluto come scelta qualificante negli accordi che hanno portato alla formazione del governo di larghe intese". Poi dalla paventata, più volte, crisi di governo si passa al ritrovato sostegno e al rilancio: "Il presidente Letta ha rispettato le intese con il Pdl. Gli effetti positivi vanno a beneficio di tutti i cittadini".

Esulta con un tweet Angelino Alfano: "Cdm: missione compiuta! Imu prima casa e agricoltura 2013 cancellata. Parola Imu scomparirà dal vocabolario del futuro". Il Consiglio dei ministri è ancora in corso quando il segretario del Pdl anticipa alcuni dei provvedimenti in discussione sull'imposta. E aggiunge: "Per finanziare la cancellazione dell'Imu non aumentano altre tasse: tagli alla spesa pubblica e altre scelte virtuose!", definendo il dl Imu "una legge tax free". Poi al termine del Cdm non nasconde la "soddisfazione" per la "bellissima notizia".

E il leader del Pdl Silvio Berlusconi affida a una nota il compiacimento: "Una "promessa realizzata", un "punto cardinale pratico e simbolico, del programma che abbiamo voluto come scelta qualificante negli accordi che hanno portato alla formazione del governo di larghe intese".

Grande soddisfazione condivisa dai capigruppo Pdl alla Camera e al Senato Renato Brunetta e Renato Schifani che parlano del "governo Letta-Alfano" che "fa sul serio" e di un "bel giorno".

Scelte, che la maggioranza rivendica in vario modo: "I più deboli al centro del decreto
legge varato oggi. Rifinanziata la cassa integrazione per evitare che migliaia di lavoratori restassero senza reddito e salvati dalla disperazione e dalla povertà oltre 6000 esodati da licenziamenti individuali. E poi superata l'Imu sulla prima casa con l'introduzione di una tassa finalmente davvero federale e affidata all'autonomia dei comuni", dichiara il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini al termine del Cdm.

Di decisioni "equilibrate e corrette" parla il segretario del Pd Guglielmo Epifani, "Il governo ha tenuto conto delle situazioni più difficili. Una soluzione equilibrata dal punto di vista sociale e delle emergenze. Anche la scelta sull'Imu è corretta, soprattutto in vista della riforma e della trasformazione nel senso di un'imposta federale a partire dal prossimo anno", ha commentato Epifani.

"Il governo pur in una situazione non facile e grazie al lavoro di squadra ha raggiunto un risultato estremamente positivo e utile per la modernizzazione del Paese ponendo molta attenzione a famiglie, imprese, giovani al termine di un confronto molto serio e costruttivo" ha affermato il responsabile Economia del Pd Matteo Colaninno, rivendicando l'azione del Pd per ottenere questo risultato.

"Siamo lieti che il premier abbia confermato che il governo garantisce ai Comuni la copertura del gettito Imu 2013 prima casa. Così come apprezziamo che la service tax sia introdotta a partire dal 2014, potendo cosi disporre del tempo necessario al miglior decollo di questo nuovo tributo", commenta Piero Fassino, Presidente della Anci, secondo cui si tratta di questioni che l'associazione aveva "ripetutamente sollecitato e che il governo oggi ha accolto".

Nel coro di approvazione non entrano però alcune voci: quella della Cgil, che riconosce al Cdm "primi atti, sia pur utili e importanti, ma che lasciano irrisolti i temi della cassa integrazione e degli esodati. I fondi sono totalmente esigui, servono a coprire solo l'immediata emergenza". Non solo, il sindacato mette l'accento su altre priorità da affrontare: "Si ripropone il tema di una restituzione fiscale al mondo del lavoro e delle pensioni in modo forte. Per la Cgil a questo punto non ci potrà essere una legge di stabilità senza una risposta fiscale al lavoro e alle pensioni".

Ma se viene sciolto il nodo Imu "solo per il 2013 perché aumentare tasse che nessuno toglierà, come le accise o le tasse sulle seconda casa?", chiede il leader della Uil Luigi Angeletti e avverte che, se sarà poi necessaria una "rimodulazione nel 2014 la copertura non può che essere una tantum. Io temo invece che si vadano ad aumentare accise che poi resteranno, e mi sembra la soluzione peggiore possibile".

Di una decisione deludente parla il presidente di Rete Imprese Italia Ivan Malavasi: "Siamo delusi. Il governo non ha ritenuto di alleggerire l'Imu alle imprese. I capannoni, i laboratori, i negozi, le botteghe per quest'anno rimangono equiparati alle abitazioni di lusso e continueranno a pagare fino all'ultimo euro", afferma.

L' intesa raggiunta tra Pd e Pdl sulla riforma dell'Imu non piace però all'ex premier Mario Monti, che attacca la scelta del governo, definendola un "cedimento di Enrico Letta e del Ministro Saccomanni, di cui ho in grandissima stima, e del PD alle pressioni del PDL".

"L'Europa - ha detto il leader di Scelta Civica -  chiedeva da tempo che l'Italia introducesse una tassazione per la prima casa, non per un sadico gusto di far pagare di più ai cittadini ma per poter ridurre semmai la tassazione sul lavoro, stimolando la produttività. Il governo ha scelto una strada diversa, quella di arrendersi alla forte pressione del Pdl. Quindi si avrà, se ho capito bene, un successo politico del Pdl, un'apparente soddisfazione per i proprietari di case e tutti i cittadini finiranno a pagare tutto questo con piccoli aumenti a piccole tasse e l'aumento dei tassi d'interesse". Monti ha concluso affermando: "Tutto questo dà la sensazione, all'interno e all'esterno del Paese, che anche se c'è un governo, si accettano pressioni che non hanno molto senso dal punto di vista economico e civile".


da - http://www.repubblica.it/politica/2013/08/28/news/letta_dopo_oggi_governo_non_ha_scadenza_imu_decreto_varato_una_vittoria_per_tutti-65452550/


Titolo: ENRICO LETTA. Bene l'intesa Confindustria-sindacati È segno che l'Italia può...
Inserito da: Admin - Settembre 03, 2013, 09:58:09 am
CRISI

Letta: «Bene l'intesa Confindustria-sindacati È segno che l'Italia può uscire dal caos»

Il presidente del consiglio, dalla Slovenia, commenta la firma del documento con le priorità per la legge di stabilità


L'intesa raggiunta nel pomeriggio tra Confindustria e sindacati «è il segno che questo Paese, se vuole discutere di cose concrete, può uscire dallo stato di caos permanente nel quale si trova da troppo tempo». Lo ha detto il premier, Enrico Letta, parlando con i giornalisti a margine del «Bled strategic forum», in Slovenia. «È sicuramente una buona notizia», ha commentato il presidente del consiglio: « che Confindustria e sindacati facciano passi avanti per una maggiore politica attiva sui temi del lavoro, dell'economia e sulle politiche industriali a me sembra sicuramente una buona notizia». Letta ha aggiunto, raccogliendo l'invito del presidente di Confindutria Giorgio Squinzi, che «il Governo sarà molto attento ad essere un interlocutore importante ».

IN VISTA DEL G20 - Ma Enrico Letta ha rilasciato dichiarazioni anche in vista del G20 di San Pietroburgo, i prossimi 5 e 6 settembre. Specialmente sulla Siria: «Noi esprimiamo comprensione per l'atteggiamento americano e francese perché crediamo che non si possa lasciare impunito l'uso delle armi chimiche». «Ci auguriamo - ha detto ancora il premier italiano - che la presidenza russa tenga conto del grande gesto di buona volontà che il presidente Obama ha compiuto in queste ore». Letta ha aggiunto che anche l'Europa «deve fare la sua parte affinché il G20 e San Pietroburgo rappresentino il luogo in cui si facciano passi avanti per una soluzione politica della questione siriana».

2 settembre 2013 | 19:09
© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/13_settembre_02/letta-dalla-slovenia_b3baca0a-13ec-11e3-b6d8-d9e68bde9db1.shtml


Titolo: ENRICO LETTA. L'intervento del premier al Forum Ambrosetti.
Inserito da: Admin - Settembre 08, 2013, 04:13:10 pm
Cernobbio

Letta alla business community: «L'instabilità ha costi drammatici»

L'intervento del premier al Forum Ambrosetti. «Sono determinato a non galleggiare»


«Di fronte al terremoto le risposte tradizionali non bastano, sono venuto a dire questo. Siamo qui per una svolta». Così il premier Enrico Letta al forum Ambrosetti. «Se siamo qui per la svolta, dobbiamo avere chiaro che stabilità e instabilità sono come il sole e la luna. L'instabilità costa.Ha costi drammatici per voi imprenditori. La stabilità paga. Non è un inno astratto. E qualcosa nell'interesse dei cittadini», ha detto il presidente del Consiglio alla business comunity. «Quello che voglio è un cambiamento generazionale e una svolta sul genere. Siamo quasi tutti uomini qui dentro, è insopportabile».

Letta ha corretto il tiro sulla rappresentanza rispetto al ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, che proprio da Cernobbio in mattinata aveva criticato il patto di Genova tra imprese e sindacati. «Un accordo importante che va nella giusta direzione e noi lo sosterremo», ha affermato il capo del governo. Letta ha confermato ancora una volta la determinazione «a non galleggiare» e a portare avanti il governo, una "missione" che gli sta certo più a cuore dei giochi di partito. «Di fronte a un compito così improbo, impervio - ha detto - mi dedico totalmente a questa missione, che è già un'impresa. Figurare se uno si deve dedicare ad altre cose come il proprio futuro politico o a un partito».

8 settembre 2013 | 15:21
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Paola Pica

da - http://www.corriere.it/economia/13_settembre_08/cernobbio-intervento-letta_b445b352-1876-11e3-9feb-01ac3cd71006.shtml


Titolo: ENRICO LETTA : “Combattere i populismi o distruggeranno l’Europa”
Inserito da: Admin - Novembre 03, 2013, 06:35:32 pm
Politica

01/11/2013 - intervista nell’ambito del progetto europa

Letta: “Combattere i populismi o distruggeranno l’Europa”

All’intervista con il presidente del Consiglio Enrico Letta hanno partecipato anche Andrea Bachstein (Süddeutsche Zeitung), Lizzy Davies (The Guardian), Philippe Ridet
(Le Monde), Pablo Ordaz (El País) e Tomasz Bielecki (Gazeta Wyborcza), con il direttore de La Stampa
Mario Calabresi. Foto Antonio Scattolon/A3/Contrasto per La Stampa
Focus  Il progetto Europa   
 
Il premier: “La Ue alzi la bandiera per il lavoro dei giovani e sia unita sull’immigrazione. La risposta italiana è eliminare il finanziamento ai partiti e cambiare legge elettorale”
Fabio Martini
Roma

Una chiamata alle armi politiche contro i tanti populismi che si aggirano per l’Europa. Il presidente del Consiglio Enrico Letta si rivolge alla opinione pubblica dei più grandi paesi della Ue attraverso una intervista concessa allo spagnolo «El Pais» , al polacco «Gazeta Wyborcza», al francese «Le Monde», al tedesco «Suddeutsche Zeitung», all’inglese «The Guardian» e a «La Stampa», invitando a scuotersi, ad abbandonare ogni «timidezza», perché se i movimenti euro-scettici dovessero ottenere un buon risultato alle elezioni Europee, l’Europarlamento ne uscirebbe «azzoppato». Menomato nella capacità di imprimere una svolta, di incidere nella vita quotidiana dei cittadini. Al tempo stesso Letta rassicura l’Europa, dicendo che è sicuro di andare avanti e affermando con più nettezza del solito che il traguardo del suo governo è il 2015, anno in cui si tornerà a votare, con una competizione tra centro-sinistra e centro-destra. E in Italia la politica potrà recuperare forza, soltanto se saprà auto-riformarsi, con le modifiche costituzionali e legislative ma anche con la capacità dei partiti di «ringiovanire» le proprie leadership. 

Nel suo studio di palazzo Chigi, Enrico Letta accoglie i giornalisti con un incipit scherzoso: «Su Berlusconi non vi dirò nulla, perché altrimenti titolate tutti su di lui!». Ma poi entra subito sulla questione che più gli sta a cuore: «Voglio cogliere questa occasione per lanciare un messaggio all’opinione pubblica europea: c’è una grande sottovalutazione del rischio di ritrovarsi nel prossimo maggio il più anti-europeo Parlamento europeo della storia, con una crescita di tutti i partiti e movimenti euro-scettici e populisti, in alcuni grandi Paesi e anche in altri più piccoli. E con un effetto molto pericoloso sul Parlamento europeo. Nella prossima legislatura la scommessa di fondo è passare dalla austerità alla crescita, una scommessa che il Parlamento più euroscettico della storia rischia di azzoppare. Un rischio del quale nei diversi paesi europei si parla, ma timidamente. Urge una grande battaglia europeista: l’Europa dei popoli contro l’Europa dei populismi. Questa è la posta in gioco nei prossimi sei mesi. E quando dico europeismo, so bene che non basta dire “più Europa” per avere un’Europa migliore». 
 
 

 

Quale è la soglia oltre la quale i populisti europei diventano protagonisti e, per lei, pericolosi? 

«Se i populisti in Europa superassero una percentuale del 25 per cento questo sarebbe molto preoccupante. Tutte le elezioni europee, dal 1979 fino ad oggi, sono state vissute come appuntamenti nei quali ogni Paese guardava il “suo” risultato , senza mai uno sguardo d’assieme. Stavolta sarà diverso e questo paradossalmente è la dimostrazione del successo del progetto europeo. Anch’io andrò a vedere il risultato del partito di Alternative in Germania».

In Italia è possibile che il Cinque Stelle risulti il primo partito alle Europee? 

«Questo rischio è molto forte. Le elezioni europee rappresentano il terreno migliore sul quale il Movimento Cinque stelle può esprimere il suo populismo. Non possiamo limitarci ad essere timidi con Grillo, o soltanto placcarlo».

Berlusconi va messo nel campo dei populisti? 

«Be’, un po ’ sì...».

 Un po’? 

«Il Pdl, secondo me, è un mix. Berlusconi in questi anni ha tenuto insieme pulsioni populiste e altre più istituzionali e moderate. Ora, nella divisione tra falchi e colombe sarebbe interessante sapere cosa pensano le due anime sui temi dell’Europa».

In Italia il populismo ha avuto una lunga incubazione: Bossi è entrato in Parlamento nel 1987 e 23 anni dopo un elettore su tre ha votato “populista”, tra Cinque Stelle e Lega. Per essere più credibili nel contrastarli, non fareste bene a fare un’autocritica sugli errori e sulle tante non-scelte che hanno favorito questa escalation? 

«Certamente. Non voglio essere malinteso: quando parlo di populismi, mi riferisco alle politiche e ai suoi rappresentanti, ma so che tra gli otto milioni che hanno votato per il Movimento Cinque Stelle ci sono tantissimi elettori che prima avevano votato per il Pd o per le formazioni moderate del centrodestra. È vero, il giudizio sul populismo non può essere auto-assolutorio e io non dirò mai: noi siamo i buoni e loro i cattivi. Ma il 90 per cento del successo dei partiti populisti in Italia è dato da una politica che ha impiegato troppo tempo a rinnovarsi e a tagliare i propri costi. Una delle chiavi del risultato delle prossime Europee sta nella capacità di far diventare leggi entro quella data, l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti e la riforma elettorale. Sono ottimista: il governo ha varato (e la Camera approvato) un testo che abolisce il finanziamento pubblico e lo sostituisce con un incentivo al contributo personale del cittadino».

Basta per ridare l’onore alla politica italiana? 

«No, serve anche un generale rinnovamento e ringiovanimento delle leadership dei partiti. Dobbiamo dimostrare che la politica in Italia è capace di auto-riformarsi e non serve la presa della Bastiglia».

I partiti anti- sistema hanno buon gioco nel dimostrare che le riforme istituzionali restano chiacchiere... 

«Questo è il motivo per il quale io insisto tanto sul fatto che noi dobbiamo cambiare le regole istituzionali e lo dico contro i conservatori di casa nostra. Da noi ci sono tanti conservatori che dicono che questo Parlamento è delegittimato e quindi non può cambiare la Costituzione. In Italia serve un sistema, nel quale quando si vota, il cittadino elegge un Parlamento e non due con gli stessi poteri, come è oggi e nel quale siano presenti molti meno parlamentari. Obiettivi - lo ribadisco - che si raggiungono solo cambiando la Costituzione e dunque facendo le riforme, come del resto ci sprona a fare il presidente della Repubblica, Napolitano. Penso che entro l’estate possiamo chiudere la partita, con la riduzione dei parlamentari, la fine del bicameralismo, una nuova legge elettorale».

La grande coalizione può diventare un modello? 

«In Italia noi stiamo vivendo un momento straordinario nel vero senso della parola. L’ordinarietà è il confronto centro-destra e centro-sinistra con regole e istituzioni che lo consentano. Io lavoro perché si cambino le regole e si torni nel 2015... quando sarà, nel 2015 si torni a un confronto elettorale nel quale i cittadini possano scegliere tra due opzioni e questa scelta porti poi alla espressione di un governo. Questo l’ho detto nel discorso con il quale ho preso il voto di fiducia alle Camere, l’ho ridetto anche il 2 ottobre, sono fermamente intenzionato e convinto di andare avanti su questa strada. Anche perché i risultati si cominciano a vedere. Nel 2014 l’Italia sarà uno dei Paesi più virtuosi d’Europa: centreremo contemporaneamente cinque obiettivi. Per la prima volta, dopo 5 anni, il debito generale scenderà. Avremo il deficit di nuovo sotto il 3% per il secondo anno di fila. Avremo per la prima volta la spesa pubblica primaria che scende. Si fermerà la crescita delle tasse, avviando il calo. Avremo il segno più sulla crescita e speriamo di fermare l’aumento della disoccupazione. Un incubo, come confermano i dati di ieri. È la battaglia cui voglio dedicare il massimo della determinazione».

Dunque, lei oggi è più sicuro di restare fino al 2015? 

«Il primo ottobre, quando Alfano mi ha comunicato che i ministri del Pdl si dimettevano su richiesta di Berlusconi, io ho iniziato a fare gli scatoloni. Perché ho sempre pensato che in una situazione così complessa come quella italiana, non si può governare con un voto di maggioranza. Poi invece il Parlamento mi ha dato una fiducia larga e abbiamo vinto una battaglia molto complessa: dal 2 ottobre abbiamo maggiori forze e guardo al futuro con fiducia».

In mezzo ci sono le elezioni europee di maggio, per le quali lei chiama a raccolta gli europeisti di tutta Europa: concretamente come immagina questa battaglia? 

«La battaglia deve essere fatta a testa alta, rivendicando le ragioni di un europeismo del quale stiamo sottovalutando la portata positiva. La profonda crisi economica e finanziaria è dovuta, non all’Europa o alle sue colpe, ma semmai ad un deficit di Europa. Per dirne una: sono serviti 27 Vertici europei, dal 2008, prima di arrivare alla frase di Mario Draghi sul salvare l’euro «whatever it takes», una dichiarazione che ha cominciato a farci uscire dalla crisi. Poca Europa significa che non ci sono le istituzioni giuste. Chi è l’Europa? Chi ci rappresenta? La risposta è sempre balbettante e questo è il tema vincente di Grillo, Marine Le Pen, Farage, di tutti i populisti europei. Lo dico francamente: le istituzioni europee sono molto, troppo frammentate: il presidente del Consiglio, della Commissione, il presidente di turno del semestre, l’Eurogruppo, il rappresentate permanente. Quando ho parlato con Obama a Washington gli ho detto: è importante che tu venga a Bruxelles. Finora, in cinque anni, Obama non è mai venuto».

Cosa le ha risposto Obama? 

«Mi ha detto che verrà, ma il fatto che non sia mai venuto, mi dà l’idea che pure nella percezione americana, c’è una difficoltà nell’interpretare Bruxelles come luogo della rappresentanza europea. Provate a fare un sondaggio tra i cittadini europei con questa domanda: dimmi chi è il capo dell’Europa? Sarebbe interessante scoprire quanti rispondono Merkel, quanti Barroso. quanti Van Rompuy....».

Gli americani dicono da sempre che, se si vuole parlare con l’Europa, non c’è un numero di telefono... 

«Certo, è il tema che ha sempre posto Henry Kissinger. Paradossalmente - e lo dico alla luce di quel che ho visto in sei mesi - io sono un grande tifoso di Van Rompuy e di Barroso, due personalità che stanno facendo bene, che hanno dimostrato una grande conoscenza delle istituzioni europee. Il problema non è legato alle singole personalità. Ad esempio, i 18 Paesi dell’Euro - a gennaio entrerà anche la Lettonia - non hanno “proprie” istituzioni e così finiscono per scaricare sulla Bce, l’unica istituzione forte a 18, responsabilità e pesi che dovrebbero essere delle politiche economiche. Avremmo bisogno di un ministro permanente dell’Economia dei 18, di politiche economiche a 18, di un bilancio, di un’istituzione che ci unifichi. Tutto ciò premesso l’Europa è una storia di successo. A me colpisce che nessuno rilevi con forza che l’Unione, per la prima volta, è presieduta in questo semestre da un Paese, la Lituania, che 23 anni fa faceva parte dell’Unione sovietica. Una straordinaria storia di successo che stiamo rovinando con una timidezza nella battaglia politica».

 

Ma per l’autoriforma dell’Europa servono decenni mentre le elezioni europee sono fra pochi mesi: come se ne esce? 

«Sarà essenziale alzare la bandiera dell’Europa che lotta contro la disoccupazione, lanciando nei prossimi Consigli un grande Progetto giovani: questo parlerebbe a tutto il continente. E ancora: il Consiglio europeo di febbraio si occuperà di politiche economiche legate all’industria. In quella occasione potremo dare un messaggio burocratico, oppure dopo un “girone di andata” nel quale per 10 anni si era teorizzato che esistevano soltanto finanza e servizi, iniziare un virtuoso “girone di ritorno” per reindustrializzare, internazionalizzando le imprese: un’azienda va in Cina perché le interessa quel mercato e non per riportare i prodotti uguali in tutto e per tutto come li ha fatti lì».

L’Europa non continua ad essere affetta da lentocrazia? 

«Mettiamola così. Se fossi dittatore europeo per mezzora, farei due editti. Col primo proporrei una cosa che sarebbe immediatamente comprensibile e condivisa dall’opinione pubblica, l’unificazione del presidente della commissione e del presidente del consiglio europeo in un’unica figura, una modifica che si può fare senza cambiare i trattati. Basterebbe nominare la stessa persona. Una unione personale, diciamo così delle due funzioni. So benissimo che dal punto di vista della perfezione giuridica bruxellese, dico una specie di bestemmia perché il presidente del consiglio svolge un ruolo di gestione, mentre il presidente della commissione ha un altro ruolo. Tra l’altro un ruolo che Barroso - come ho visto nell’ultimo consiglio europeo - sta svolgendo con un approccio europeista molto forte, che mi è molto piaciuto».

Col secondo editto cosa farebbe? 

«Abolirei tutti gli acronimi europei, una cosa che fa impazzire noi e voi, sono incomprensibili per tutti. Sono la bussola per la burocrazia di Bruxelles, con la quale tu invece ti perdi: Efs,Esm, Sixpack, twopack. Bisogna chiamare le cose col loro nome».

L’emigrazione clandestina e i migranti sono un ottimo propellente per i populisti... 

«Con una gestione malaccorta di questi temi si rischia di perdere le elezioni Europee. Non è un caso che Grillo, restio su tante questioni a seguire politiche classicamente di destra, su tale questione abbia completamente sconvolto la sua bussola, prendendo la posizione che è stata di Bossi, Fini e anche di Berlusconi. Spiazzando i suoi stessi elettori. Sapendo che, in un Paese solidale come l’Italia, la paura del diverso è ancora molto forte. Eppure, ora che sono trascorsi sei mesi dalla nascita del mio governo, resto molto fiero della decisione di aver scelto Cecile Kyenge come ministro dell’Integrazione, una decisione che presi in solitudine. La chiave è questa: o lo risolviamo tutti assieme in Europa, oppure questo problema non si risolve. Nell’ultimo Consiglio il tema è stato affrontato in maniera più consapevole».
Al termine del recente Consiglio europeo perché lei ha giudicato «sufficiente» la risposta dell’Ue? 

«Sufficiente non vuol dire ottimo, ma mi aspetto che si possa migliorare. Però ho già visto il Consiglio europeo diventare un po’ come un consiglio dei ministri di uno stato membro, dove se scoppia un problema all’improvviso, cambi l’ordine del giorno, lasciando perdere le altre questioni. Finalmente è accaduto anche a livello europeo. Nella decisione di Barroso di venire a Lampedusa e di mettere alcune risorse in più, ho visto una reale volontà di affrontare la questione. Ho detto sufficiente perché penso che dobbiamo fare di più sia a livello nazionale che a livello europeo. E anche con i paesi terzi noi dobbiamo avere un approccio molto più forte di quello tenuto in questi mesi». 

Quale sarà l’impatto di Datagate nei rapporti con gli Stati Uniti? 

«Noi ci aspettiamo che ci sia il massimo disclosure e son sicuro che ci sarà, dopo ciò che ho ascoltato dagli interlocutori americani con cui ho parlato, a cominciare dal segretario di stato Kerry. I chiarimenti arriveranno perché l’alleanza tra Stati Uniti ed Europa è fondamentale, deve assolutamente continuare».

È vero che su questo tema lei e Cameron avete litigato? 

«Questa storia è girata, ma non so come sia uscita e non è vera. Mentre eravamo a cena, entrambi ci siamo detti: ma ti risulta che abbiamo litigato?».

Da - http://lastampa.it/2013/11/01/italia/politica/letta-combattere-i-populismi-o-distruggeranno-leuropa-sPgGW767vq2R3IF1p57EeJ/pagina.html


Titolo: ENRICO LETTA. Italia-Ue: Letta, più lucciole che lanterne
Inserito da: Admin - Novembre 25, 2013, 04:22:04 pm
Sei in: Il Fatto Quotidiano > Blog di Giampiero Gramaglia >

Italia-Ue: Letta, più lucciole che lanterne

di Giampiero Gramaglia | 23 novembre 2013

Viste da Roma, le elezioni europee del maggio 2014 non sono lontane sei mesi, ma anni luce. Né le avvicina la retorica europeistica del premier Enrico Letta, che viaggia sul doppio binario del voto e del semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio dei Ministri dell’Ue. E l’attesa di segnali di ripresa ingigantisce il rischio di scambiare lucciole per lanterne, mentre la formula ripetuta ‘Europa dei popoli’ ha un accento più gollista che federalista.

Ieri, Letta s’è esibito sull’Europa a due riprese: con la FederCasse, al mattino; a Berlino, la sera; e ha sempre battuto sui tasti dei conti in ordine –“nel 2014, debito e deficit saranno per la prima volta in calo insieme da anni”-, sulla ripresa alle porte e sulla scelta della crescita.

Un mantra, quello della crescita, declinato in chiave europea (legislatura della crescita, aveva già affermato giovedì, dopo il Vertice a Roma con il presidente francese François Hollande, riferendosi alla prossima legislatura del Parlamento europeo) e in chiave nazionale: “Solo Italia e Germania riusciranno a restare sotto il 3% di deficit nel 2014…Dobbiamo uscire dalla crisi passo per passo…L’anno prossimo sarà il primo anno di crescita per l’Italia dal 2008, noi ci attendiamo l’1%, la Ue si attende lo 0,7%”.

Dati, e Letta lo sa bene, tutti da verificare: il deficit di bilancio sarà funzione della Legge di Stabilità e del rispetto delle previsioni di spesa e di introiti; e, per la crescita, l’Italia, per il momento, ha solo un lungo filotto di trimestri negativi e non è certo che l’ultimo del 2013 passi dal meno al più.

Parlando a una conferenza organizzata dalla Suddeutsche Zeitung, il premier ha collegato il tema della crescita all’esito delle elezioni europee: “Se mettiamo sul piatto solo più tasse e meno spese, Grillo avrà la maggioranza, supererà il 50%…Dobbiamo dire ai cittadini che dopo i sacrifici si raccoglieranno i frutti, altrimenti gli anti-europeisti andranno al 50%: succederà in Italia, ma anche in altri Paesi, basta guardare la Francia con Marie Le Pen…Dobbiamo combattere contro populisti e anti-europeisti, per dare un futuro al nostro continente, ai nostri figli “.

E Letta ha ricordato: “Se guardiamo al ranking del G8, tra dieci anni non ci sarà più nessun Paese Ue”, neppure la Germania: “Il G8 ci vedrà assenti: l’unico modo per essere influenti sarà di essere uniti “. Giusto. Ma, prima di tutto, bisogna decidere che cosa fare uniti. Con i tedeschi, il premier può scherzare sui difficili negoziati per la nuova coalizione (“Credevo di trovare un governo e, invece, a due mesi dal voto, si discute ancora”). Ma è più difficile convincerli che “l’Unione deve essere più solidale” e che “l’Italia ha fatto i compiti a casa” e non merita la diffidenza che la circonda.

Prima di andare a Berlino, Letta aveva scandito “No agli ayatollah del rigore“: “L’Italia ha le carte in regole” per dirlo e per puntare su politiche di crescita, perché “abbiamo i conti in ordine”.

Discorsi tra realismo e retorica. Bene Draghi, che, alla guida della Bce “ha calmato la crisi”; ma crescita e investimenti sono affare della Bei; e tornano gli eurobond, che non sono nel programma di governo, così come si delinea, della Germania. L’Unione bancaria va completata entro l’anno, però i Vertici europei sono “a volte suq incomprensibili” –e lì bisognerà decidere a dicembre-. E poi all’Ue “serve un leader eletto, come il presidente Usa”: sì, ma per fare che?, e con che poteri?

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/23/italia-ue-letta-piu-lucciole-che-lanterne/788497/


Titolo: Enrico LETTA. - Quella scelta di impegnarsi in politica
Inserito da: Admin - Maggio 26, 2014, 06:31:11 pm
Editoriali
25/05/2014

Quella scelta di impegnarsi in politica
Enrico Letta

Era il 1976. La contrapposizione tra le due parti in cui si divideva il mondo di allora era all’apice. Altrettanto duro era il confronto in Italia polarizzato attorno alla Dc e al Pci. Due poli che avevano attratto attorno a sé tutta, o quasi, la società italiana. Lo schierarsi dall’una parte o dall’altra aveva coinvolto tutte le forze vive del Paese perché il rischio, o la speranza, a seconda dei punti di vista, del «sorpasso» non era mai stato così concreto, in particolare dopo l’avvento di tante «giunte rosse» nelle regioni e nei comuni.

Un uomo curioso e interessato alla cosa pubblica, ma non avvezzo alla politica, come Umberto Agnelli, decise di fare il passo e di dare il suo contributo. Lo fece innanzitutto schierandosi con la Dc e candidandosi al Senato. Insieme ad un nutrito gruppo di intellettuali e di uomini e donne esterni alla politica ma attivi nella società e nell’economia italiana. Considerando come, pur con tutti i suoi limiti, la Dc rappresentasse il punto di resistenza del sistema e l’essenziale ancoraggio occidentale dell’Italia. Scelta consapevole quindi e per lui non scontata dato che una proposta simile gli era giunta da Ugo La Malfa. Ma lo fece in particolare consapevole del fatto che la Dc, pilastro insostituibile, necessitasse allo stesso tempo di un forte e radicale cambiamento. 

Troppi erano i retaggi del passato, i clientelismi, troppo forte era la stretta delle correnti e delle loro gerarchie sempre meno basate su merito e competenze. Attorno al professore, e anche lui neo senatore, Nino Andreatta si raccolsero alcune di queste personalità esterne alla politica e decisero di dare un senso alla loro presenza in Parlamento e alla loro scelta di campo. Tra queste Umberto Agnelli giocò un ruolo di primo piano. Decisero soprattutto che non potevano limitarsi ad essere i fiori all’occhiello della Dc, come invece una parte consistente del sistema di potere democristiano voleva fare in modo che accadesse. Ma come potevano dare il loro contributo, come potevano lasciare una traccia in un partito dominato da una ferrea organizzazione correntizia? Avrebbero dovuto loro stessi costruire un’area politica interna alla Dc? Avrebbero dovuto organizzarsi in Parlamento sul modello di quanto la Sinistra Indipendente faceva a partire dall’elezione nelle liste del Pci? Tutti interrogativi complessi. In particolare per personalità di tal rilievo ma così poco abituate a misurarsi con i problemi dell’organizzazione politica. Decisero allora di scegliere la strada più innovativa e complicata, quindi anche più lungimirante. Fondarono un think tank sul modello anglosassone, una rarità assoluta per l’Italia, in particolare per l’Italia di quel tempo. Fondarono l’Arel, quell’agenzia di ricerche e legislazione oggi presieduta da Francesco Merloni, che ha formato tante generazioni di studiosi e uomini delle istituzioni e che continua a lavorare con la freschezza di allora proprio grazie all’originalità e alla lungimiranza dell’idea alla base dell’intuizione di uomini come Nino Andreatta e Umberto Agnelli. 

Un think tank indipendente, sobrio e subito autorevole, basato su tante piccole quote di finanziamenti privati in modo che nessun singolo soggetto ne potesse mai essere il proprietario o il padrone. Soprattutto un luogo di riflessione e di discussione fin da subito aperto al confronto con diverse culture e fortemente collegato con analoghi luoghi di riflessione politica ed economica in quell’ Europa e in quegli Stati Uniti che sono stati uno dei riferimenti essenziali dell’Arel fin dalla sua fondazione. La scelta europea e quella atlantica sono state infatti la base della stessa non facile decisione che portò Umberto Agnelli ad impegnarsi in politica e a vivere da senatore quella delicata fase della vita italiana. Lo fece tra l’altro, è bene ricordarlo oggi a dieci anni dalla sua scomparsa, con una dedizione e un rispetto delle regole non scritte sui conflitti d’interesse da rimarcare oggi come insegnamento di grande attualità soprattutto alla luce dei fatti che hanno caratterizzato la storia politica di questi ultimi decenni.

Sono molte e significative le tracce del contributo di Umberto Agnelli per l’Arel a testimonianza di un periodo breve ma senza dubbio produttivo e intenso. Agnelli si concentrò soprattutto sulle questioni economiche connesse ai legami tra l’Italia e la dimensione europea. Si occupò dei primi passi del percorso verso l’Unione Monetaria, lavorò sulle politiche della concorrenza e sul completamento del mercato interno in Europa. Spinse con grande forza insieme ad Andreatta perché l’Italia fosse in Europa all’avanguardia nella costruzione di una Unione sempre più stretta ed efficiente. Partiva dall’idea che il confronto con la crescente competitività dell’industria americana da una parte e di quella giapponese ed asiatica dall’altra avrebbe obbligato a precorrere le tappe dell’integrazione tra i mercati europei, unico modo per mantenere il Vecchio Continente in grado di guidare nella competizione globale e non relegarlo ad inseguire. Temi di incredibile attualità in questo decimo anniversario dalla scomparsa di Umberto Agnelli che cade mentre si aprono un’altra volta le urne per il Parlamento di Strasburgo. Si vota, in Italia come in tutta Europa con crescente stanchezza e insofferenza, quasi con l’idea che tutte le conquiste e le opportunità che vengono dall’Europa siano scontate e acquisite per sempre. E invece probabilmente per la prima volta non tra contrapposte culture politiche si svolge il confronto bensì a favore e contro l’idea stessa di integrazione tra i Paesi europei. 

Da - http://lastampa.it/2014/05/25/cultura/opinioni/editoriali/quella-scelta-di-impegnarsi-in-politica-OCysJZ3Eh8hSliuEvHHZHJ/pagina.html


Titolo: Letta boccia Renzi: (gli ex bocciati, bocciano questo un nostro problema)
Inserito da: Admin - Aprile 23, 2015, 11:26:53 am

Dall'Italia
Letta boccia Renzi: «racconta un Paese che non c’è, è come metadone»

L'ex premier ospite di Gianni Minoli a Mix24 su Radio24 | agr - Corriere TV

22 aprile 2015


(Agr) « «Renzi racconta un Paese che non c’è? È una fase in cui la percezione delle cose vale più del reale, aiuta a star meglio? Io cerco di dare un contributo perché non sia un tempo in cui la percezione conta più della realtà. Non aiuta a stare meglio è metadone». Così l'ex premier Enrico Letta intervistato da Gianni Minoli a Mix24 su Radio24. Sulla legge elettorale dice: «Votarla? Bisogna vedere come sarà»

Così l'ex premier Enrico Letta intervistato da Gianni Minoli a Mix24 su Radio24.
Sulla legge elettorale dice: «Votarla? Bisogna vedere come sarà»

da - http://video.corriere.it/letta-boccia-renzi-racconta-paese-che-non-c-e-come-metadone/975789e2-e8fd-11e4-88e2-ee599686c70e



Titolo: Enrico Letta: "Matteo Renzi dica la verità. Le difficoltà vanno spiegate, non...
Inserito da: Arlecchino - Marzo 19, 2016, 04:18:33 pm
Enrico Letta: "Matteo Renzi dica la verità. Le difficoltà vanno spiegate, non coperte"

Ansa
Pubblicato: 19/03/2016 10:30 CET Aggiornato: 20 minuti fa

"Vedo che purtroppo l'economia europea e italiana si sono fermate... Serve una operazione verità. Le difficoltà vanno spiegate, non coperte". Questo il messaggio che l'ex presidente del Consiglio Enrico Letta invia all'attuale premier Matteo Renzi. In una lunga intervista rilasciata a il Corriere della Sera, Letta non cela la preoccupazione per i destini dell'Europa e del suo partito.

"Il rischio di una crisi insanabile dovrebbe portare tutti a essere più responsabili, a partire da chi ha l'onore della guida e che ha dunque una responsabilità in più", dice in riferimento alla "crisi di valori, di comportamenti e di prospettive" nel Pd. "Mi aspetto che chi guida si assuma l'onere della inclusione e non l'onere del cacciare un pezzo di Pd", aggiunge.

Come voterà al referendum di ottobre?
    "Premesso che il mio governo impostò il lavoro per il superamento del bicameralismo, quando tutti i dati saranno chiari, dirò come la penso. Ma non mi sento di criticare Renzi per aver deciso di investire su questo tema. Lo stesso fece Berlusconi sul referendum del 2006, anche se poi lo perse".

L'ex premier si sofferma sull'immigrazione e l'accordo con la Turchia, giudicandolo "un piccolo passo positivo, ma un disegno complessivo non c'è". Paragona questa crisi a quella dell'euro del 2008: "L'Europa ci ha messo quattro anni per costruire gli strumenti adatti per fronteggiarla, quattro anni in cui è successo un disastro". Ora, "i leader hanno perso tre anni in trenta vertici e la risposta è inadeguata". Propone, in primo luogo, "una vera polizia di frontiera europea", "urge anche mettere fine a questa specie di turismo dei sistemi di accoglienza".

    "La leadership anche su questo tema se l'è presa la Merkel, quando invece tocca all'Italia indicare una soluzione europea", afferma. Vede il rischio di un "effetto collaterale": per ora il Consiglio Ue si è limitato a mettere "il lucchetto alla rotta balcanica".

Quanto alle polemiche sul rapporto con Verdini, Letta segna la differenza tra il suo governo e quello di Renzi: "Un paragone molto scorretto. Non si può paragonare un governo d'eccezione, nato perché non c'erano altre maggioranze possibili, con un governo di scelta come quello che Renzi rivendica sempre di essere".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/03/19/letta-renzi-dica-la-verita_n_9504522.html?utm_hp_ref=italy