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Titolo: Noam CHOMSKY. - Il nostro codice interno
Inserito da: Admin - Gennaio 20, 2014, 11:19:04 pm
Libri
Il nostro codice interno

di Noam Chomsky
20 gennaio 2014

L'autore di un saggio critico sulla mia ricerca esordisce lamentando il fatto che sembra che io creda in un solo -ismo, il truismo. C'è molto di vero in questo; tuttavia è importante aggiungere una chiarificazione. Quelli che io ritengo truismi sono comunemente giudicati come sbagliati o stravaganti. Lascerò ad altri il compito di rispondere alle domande che ciò solleva.

Nel titolo di questo intervento troviamo un esempio, ossia la parola internalismo. Mi pare che un termine migliore per definirlo potrebbe essere truismo, sebbene la difesa dell'internalismo sia considerata quantomeno controversa e questo approccio sia rifiutato dalle correnti filosofiche dominanti, dove regna piuttosto l'esternalismo. Ciò nondimeno, ritengo che l'internalismo rimanga un truismo.

Prendiamo ad esempio l'apparato digerente. I ricercatori hanno descritto il cosiddetto "secondo cervello", il "cervello viscerale". Recentemente è stato detto che il cervello viscerale «si distingue dalle altre componenti del sistema nervoso periferico, in quanto controlla e regola il comportamento di organi indipendentemente da comandi provenienti dal cervello», in un modo abbastanza complesso. Il cervello intestinale può soffrire delle stesse patologie del cervello, come morbo di Alzheimer, Parkinson e autismo, e persino mostrare «tipi propri di psiconevrosi». Ha i propri trasduttori sensoriali e il proprio apparato regolatore, che lo rendono adatto a svolgere compiti specifici in interazione con altri organi, ma certamente non ogni compito. Ovvero, il cervello intestinale ha un ambito definito e limiti definiti determinati dalla sua natura interna, come nel caso di ogni sistema organico. Questo ambito definito, tuttavia, deve essere inteso come mutabile in certa misura in certe condizioni.

Lo studio del cervello viscerale è internalista. Il funzionamento dell'apparato digerente certamente dipende da fattori esterni ad esso, alcuni interni all'organismo, altri al di fuori della pelle, ad esempio le sostanze chimiche prodotte dalla casa farmaceutica Monsanto. Gli scienziati studiano la natura del sistema interno, e le sue interazioni esterne, e questo non genera particolari dilemmi o dibattiti filosofici.

Torniamo al "primo cervello", e a certe sue componenti, come il sistema visivo, o quello motorio, o il linguaggio. Essi differiscono per aspetti cruciali, ma non vedo motivo per cui la ricerca su di essi non dovrebbe essere internalista tanto quanto quella sul cervello viscerale. Anche in questo caso, ci sono certamente interazioni esterne, ma non appare chiaro il motivo per cui queste dovrebbero suscitare problemi speciali. Tyler Burge ha sostenuto che la teoria della percezione visiva di David Marr integra proprietà del mondo esterno nel sistema visivo stesso, ma io credo che questo sia un fraintendimento. Certamente Marr parla di proprietà del mondo esterno, ma per un motivo. Ciò diventa chiaro quando guardiamo alla ricerca sperimentale, che non utilizza stimoli come giraffe o tavoli, bensì prevalentemente immagini tachistoscopiche. Se il nervo ottico potesse essere indagato direttamente, le indagini si baserebbero su questo. Il lavoro teorico più importante, prendiamo il principio di rigidità di Stephen Ullman, rimane completamente internalista. Lo stesso vale per l'organizzazione motoria. C'è uno studio internalista del sistema e di come esso funziona, e, come nel caso del cervello viscerale o della visione, ci sono ulteriori ricerche sulle interazioni con altre parti dell'organismo e il mondo esterno.

È difficile comprendere perché un approccio simile dovrebbe essere controverso nel caso del linguaggio. Il fatto che io parli una certa varietà di ciò che è comunemente chiamato inglese piuttosto che un'altra varietà di inglese, o una varietà di italiano, è semplicemente una proprietà interna, primariamente del mio cervello. Interna a me c'è una procedura computazionale G che genera una gamma infinita di espressioni strutturate che corrispondono a interpretazioni assegnate a livello dell'interfaccia sensorimotoria (per l'uso esterno del linguaggio) e dell'interfaccia concettuale-intenzionale, e che forniscono un "linguaggio del pensiero" – presumibilmente l'unico linguaggio del pensiero esistente, ma questo è un altro discorso. Possiamo dunque definire questa procedura come la Proprietà Base del linguaggio.

Una delle espressioni generate da G sottende la frase (1): «Quale dei suoi dipinti hai detto ai tuoi amici che ciascun artista preferisce?» G determina la pronuncia di (1) e il suo significato, per esempio il fatto che il pronome "suoi" si interpreti come riferito a "ciascuno", cosicché la risposta a (1) potrebbe essere la frase (2): «Il primo che ha dipinto», intendendo un dipinto differente per ogni artista. Da questo punto di vista la frase in (1) differisce dalla frase (3): «Quale dei suoi dipinti ha convinto i tuoi amici che ogni artista ama i fiori?», che pure è strutturalmente simile a (1), ma dove la risposta non può essere (2). Osservazioni di questo tipo valgono per un'infinità di espressioni, come risultato di proprietà interne a me.

Conseguentemente, il nucleo centrale dello studio del linguaggio è la cosiddetta "Lingua I", dove I sta per interna, individuale, e intensionale: abbiamo a che fare con le procedure computazioni concrete che soddisfano la Proprietà Base, una proprietà biologica dell'individuo a cui la Lingua I appartiene. Lo stesso vale, mutatis mutandi, per altri sistemi dell'organismo, che si tratti del cervello viscerale o del sistema visivo o del sistema immunitario o di altro. La Lingua I non va confusa con la nozione di idioletto, che manca della cruciale disposizione alla formulazione intensionale propria della Proprietà Base – ossia di ciò che converte la discussione sul linguaggio in una impresa che ora può essere perseguita in tutti i suoi aspetti con una profondità di gran lunga maggiore che in passato, come la ricerca degli ultimi anni ha dimostrato ampiamente.

(traduzione di Valentina Bambini)
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