Titolo: Sasha Perugini. - Perché in Italia si critica tanto? Inserito da: Admin - Gennaio 06, 2014, 06:24:31 pm Perché in Italia si critica tanto?
Pubblicato: 02/01/2014 13:11 Sasha Perugini In Italia. Quando inizio le frasi o i discorsi con "in Italia" mi irrito da sola e il perché di questa irritazione proverò a spiegarlo, ma alla fine. Il sapere è potere. Detto e ridetto. Ma proviamo ad andare oltre. Fino a che il sapere e la conoscenza erano gestiti da pochi, relativamente, privilegiati, questo stesso potere veniva protetto dagli "addetti ai lavori". Esempi tipici di questi modi di fare erano i medici primari "vecchio stile" che usavano termini incomprensibili al paziente per (non) spiegare la patologia o la diagnosi, oppure i notai o gli avvocati o alcuni tipi di professori. Altrettanto tipico era, dalla parte opposta, trovare chi, volendo prodursi nella scrittura di un testo "di un certo livello" si impegnava nella ricerca di parole poco diffuse e complessità sintattiche - spesso a scapito di congiuntivi e congiunzioni. Dal momento in cui però il sapere si è diffuso - e ovviamente, si è abbassato il livello di ciò che viene considerato colto - il potere si è assottigliato. Molte più persone, rispetto al passato, sentono di avere la possibilità di esprimersi, riscattarsi, chiedere, spiegare, dissentire e anche insegnare, educare o guidare e chiunque - più o meno - si sente in grado di poter sostenere qualsiasi cosa. Ho trovato su uno dei social network a cui sono iscritta, una segnalazione di un nuovo profilo di un mio presunto "amico". La sua bio iniziava così: "Mr. Pincopallino is considered worldwide as one of the biggest blablabla" cioè, il tizio in questione scrive di sé stesso che è ritenuto il più grande XY a livello mondiale. E non serve alcun bollino blu per comprovare questa sua affermazione. Gli crediamo e siamo contenti per lui. Tutto sommato, quello che è scritto lì in quella bio è poco rilevante. Lo è diventato meno proprio perché il potere delle parole scritte si è ridotto e il loro controllo, anche quando maldestro, si è massificato. E in questo processo di democratizzazione si sono perse le linee gerarchiche che permettevano di essere guidati nell'apprendimento e utilizzo di questi strumenti di potere - e non è affatto detto che questo sia un male. Ma appunto, venendo a mancare parametri di riferimento, cioè le autorità che danno voti, ammettono, permettono e accolgono nel proprio ristretto circolo, si è diffusa l'idea che basti la forma (cioè il presunto buono uso della parola) a scapito del contenuto. Si sono quindi sì, perse limitazioni e contenimenti, ma anche i bordi piscina a cui aggrapparsi quando ancora non si è nuotatori provetti. E' infatti più facile copiare la forma (vedi comprare l'accessorio griffato ed affidarsi ad uno stilista piuttosto che sviluppare uno stile personale), mentre i contenuti richiedono tempo, prove e decantazione. E copiando la forma è successo che in molti hanno finito con il confondere lo spirito critico con la critica. La critica si è così trasformata da valutazione e analisi in rimprovero, biasimo, attacco, condanna. E noto un continuo criticare dovunque, in politica, sui giornali, sui social network, in fila al supermercato, alla radio... ma raramente noto spirito critico, e ancora più raramente mi capita di imbattermi in chi prima di criticare ascolti, valuti, ponderi e, forse, dopo, se è il caso, aggiunga un commento per arricchire la conversazione o allargare i punti di vista. E mi sono chiesta perché. Perché questa ossessione per la critica al negativo? Perché questa radicata abitudine allo smantellamento? Forse perché appunto, quando il potere del sapere e della parola erano ancora fenomeno relativamente limitato, si percepiva l'educazione come una forma di critica giudicante (con lo zampino dell'educazione cattolica e dei suoi gestori?). E questa percezione ha diffuso l'idea che criticare sia una cosa intelligente, sia da persone colte e perspicaci e quindi, possa far accedere al potere ed alle gerarchie "di quelli che contano". Ma ahimè in un mare di critiche negative, di questi tempi, il vero potere mediatico, e non, riesce ad averlo chi, di nuovo, pensa veramente con la sua testa e quindi usa parole sue: vedi Papa Francesco o George Saunders con la sua incitazione alla gentilezza - che tanto è piaciuta al popolo di Twitter. E si, ricordatemi pure l'etimologia della parola criticare - sempre dal greco ovvio, che piace tanto a chi si vuol distinguere - ma in quest'etimologia c'era un richiamo alla bellezza e alla purezza che si sono persi per strada... Così come ha notato il Sig. Saulagana, qui sull'Huff commentando un mio precedente post, quando non c'è da criticare, inteso come attaccare o riprendere, "non si muove mouse", perché le parole spese non servirebbero a dimostrare la propria intelligenza e quindi il proprio potere. Mi sembra il gioco perverso del traffico a Roma. Tutti suonano il clacson, ma la situazione non cambia, quindi non si suona il clacson per migliorare il traffico, ma solo per "urlare" il proprio presunto potere. E quindi torno al mio incipit. Questo fenomeno l'ho potuto osservare solo in Italia ma non perché esista solo qua da noi, ma perché nei paesi in cui ho vissuto, studiato o lavorato (ex-Jugoslavia, Australia, Stati Uniti, Regno Unito, in parte Germania...) non ho avuto modo di osservarlo. E forse, come lasciavo intuire sopra, questo fenomeno ha qualcosa a che vedere con l'educazione di stampo cattolico, saldamente improntata sul giudizio negativo e la condanna. Ma l'irritazione mia nasce da altro... e cioè dal fatto che, forse (me lo voglio concedere un dubbio) anche io, cerco di passare da quella intelligente a scrivere tutto questo, quasi a volermi mettere al di sopra di tutto e quando dico "in Italia" faccio invece proprio come tutti... critico. E questo, il mio piccolo ego chiacchierone non lo riesce ad accettare. Ma io gli sorrido e lo saluto, come quando mi suonano il clacson... ;) Da - http://www.huffingtonpost.it/sasha-perugini/perche-in-italia-si-critica-tanto_b_4528874.html?utm_hp_ref=italia-politica |