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Forum Pubblico => ITALIA VALORI e DISVALORI => Discussione aperta da: Admin - Agosto 02, 2013, 11:03:42 am



Titolo: Salvatore Bragantini. IL CASO SIENA E IL DEBITO SOVRANO
Inserito da: Admin - Agosto 02, 2013, 11:03:42 am
IL CASO SIENA E IL DEBITO SOVRANO

Un maledetto circolo vizioso

La Commissione europea, con la Direzione per la Concorrenza, contesta il piano di risanamento del Monte dei Paschi di Siena (Mps), volto a uscire dai disastri passati e tornare alla normalità. Perché questo intervento? Alla Commissione spetta accertare se il prestito obbligazionario sottoscritto dalla Repubblica italiana in Mps mascheri un aiuto di Stato che, come tale, lede la concorrenza nell'Unione Europea. Per questo Bruxelles chiede modifiche al piano, altrimenti - scrive al ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni il Commissario della Ue, Joaquín Almunia - partirà un'indagine formale sull'Italia per violazione delle norme sugli aiuti di Stato.

Per Almunia il piano di risanamento di Mps è troppo morbido con dipendenti e creditori: «Per consentire alla banca di tornare alla normalità - scrive -, l'attuale piano va migliorato». Bruxelles vuole anzitutto impedire ogni attività di trading a Mps, ma si obietta che ciò, comportando minori ricavi per 320 milioni annui, imporrebbe altre 5.000 uscite, oltre alle 4.600 già annunciate: 10.000 tagli condannerebbero a morte una banca di 30.000 persone. Bruxelles ritiene però tale stima «considerevolmente gonfiata». Per il management (Alessandro Profumo, presidente, e Fabrizio Viola, amministratore delegato), l'adesione alle richieste di Almunia provocherebbe maggiori perdite. Esse andrebbero forse fronteggiate con un aumento di capitale superiore al miliardo finora ipotizzato, vicino ai 2 miliardi: al momento il mercato è sì benevolo con le banche, ma l'incertezza regolatoria che le avvolge, unita alla precaria situazione di Mps, sconsiglia di affrettare tempi e modi dell'aumento. Chissà, magari Bruxelles vuol così forzare Mps a chiedere molti più soldi al mercato, risolvendo alla radice il tema degli aiuti di Stato; al management serve invece tempo per smontare ordinatamente l'ingente portafoglio di Btp e le operazioni allestite per coprirne i rischi.

Altre obiezioni toccano i pagamenti di cedole su prestiti «ibridi» già emessi (non si capisce perché), e i compensi a Viola che ha rinunciato, come Profumo, alla retribuzione da amministratore esecutivo pur essendo anche direttore generale.

Non è chiaro cosa in tutto questo c'entrino gli aiuti di Stato. Forse la Commissione teme che un piano troppo morbido richiederà altre immissioni di soldi pubblici? Se così fosse, non è meglio aspettare e semmai sanzionare il fallimento del piano? Il prestito serve ad adeguare il patrimonio di Mps agli impieghi, fra i quali spicca un'enorme quantità di titoli della Repubblica italiana; la stessa che ha dovuto soccorrere il Monte dei Paschi, da quegli impieghi azzoppato.

È un paradosso: l'eventuale nazionalizzazione di Mps, se fallissero gli sforzi del nuovo vertice, imporrebbe altri interventi di quello stesso Stato la cui debolezza causa i problemi patrimoniali della banca. È evidente il circolo vizioso fra la solvibilità di un Paese e quella delle «sue» banche; per romperlo, nel giugno 2012, il vertice europeo varò l'Unione bancaria, meta questa essenziale, ma sulla quale si procede solo con esasperante, nazionalistica lentezza. Oltretutto, a dispetto di quanto scrivono tanti nel mondo, l'Italia finora non è costata un euro a nessuno.

Non è solo la Germania a pagare i vari salvataggi, anche noi partecipiamo in relazione al nostro peso economico. Sarebbe bello conoscere il totale dei crediti che le banche degli altri Paesi europei hanno portato a casa, intatti, profittando delle prolungate trattative sui salvataggi: tutti esigono che i debitori paghino con la propria libbra di carne, ma pochi rilevano come, per evitare il moral hazard , anche i creditori dovrebbero scontare le proprie imprevidenze. Tale consolidata regola è stata ignorata in questa crisi, grazie alla bubbola secondo cui essa nasce dai debiti delle cicale meridionali.

Anche a chi, da sempre, spera in una crescente integrazione europea pare che l'Italia, esposta agli ukase dei funzionari (a volte esperti, a volte implumi), stia ora pagando i tanti casi di dispregio delle regole. A parte l'ingiustizia - le quote latte non c'entrano, le colpe non sono di chi oggi maneggia la patata bollente di Mps - è inammissibile che tale querelle possa eccitare dubbi sulla sostenibilità della nostra situazione finanziaria.

Se il piano di risanamento della nostra terza banca affondasse, sarebbero possibili gravi conseguenze sul nostro rating , già a due passi dalla perdita dell' investment grade . Rischiamo un'accelerazione del circolo vizioso fra la solvibilità delle banche e dello Stato; si pensi anche al remoto episodio dell'insolvenza dell'Efim, in sé marginale, ma che ebbe ai tempi gravissime ricadute. Ciò deve tener deste le menti: a Roma, a Siena e a Bruxelles. Non dovrebbe essere interesse di nessuno che l'agitarsi dei mercati in questo volatile periodo finisca per innescare una richiesta di assistenza finanziaria del Paese.

È da sperare che l'iniziativa della Commissione, ormai agli sgoccioli del mandato, resti negli ambiti che le sono propri, senza che un comprensibile puntiglio professionale metta a rischio qualcosa che va ben al di là del, pur importante, tema degli aiuti di Stato.

1 agosto 2013 | 7:16
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Salvatore Bragantini

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