Titolo: Antonio Ferrari. Il golpe popolare Inserito da: Admin - Luglio 05, 2013, 11:29:40 am Il golpe popolare
di Antonio Ferrari Nel nostro immaginario, il termine «golpe» ha un significato sinistro. Racconta di un atto decisamente ostile alla libertà, alla democrazia, alla volontà del popolo. In Egitto, in queste ore drammatiche, è in pieno svolgimento un golpe: dolce, grigio, ma pur sempre golpe, con il presidente agli arresti domiciliari, con i carri armati per le strade, e con i soldati che circondano i centri nevralgici del Paese, per proteggerli dal rischio di una guerra civile. Solo che questo non è un golpe tradizionale, non è un golpe contro il popolo. Potrà sembrare un ossimoro, ma quello che stiamo seguendo è un golpe popolare, auspicato dalla maggioranza del più grande Paese arabo, che sperava con la «primavera delle piramidi» di aver ritrovato la strada della libertà. Nessuno può dire ora, qui, subito, che cosa vedremo alla fine di quest'incubo preannunciato da troppi segnali, molti dei quali assolutamente inascoltati. In realtà, nulla è casuale in questo luglio egiziano di ribellione e di follia, preparato però con lo scrupolo dell'appuntamento che non si può perdere: la decisione, macerata nel profondo ed espressa con la potenza di un boato, di mandare a casa un anno dopo l'uomo che, per palese inadeguatezza, è stato l'immagine di un totale fallimento: il presidente Mohammed Morsi. Il problema è che Morsi era stato scelto non per le sue qualità, ma per i difetti, e soprattutto per il suo tentennante atteggiamento. Capace insomma di obbedire agli ordini dei suoi sostenitori, la Fratellanza musulmana, di promettere al mondo fede assoluta nel pragmatismo, e in conclusione di diventare un ibrido, un Carneade inaffidabile. La primavera egiziana era nata dal desiderio di pensionare il regime nazional-militare che da decenni governava l'Egitto, da Nasser a Mubarak. Un regime che aveva offerto stabilità in cambio della rottamazione dei diritti umani. Ma i giovani di piazza Tahrir, senza bandiere e con la sola energia del cuore, avevano ingenuamente sperato di cambiare tutto, e forse di dare l'assalto al cielo. La confusione, le divisioni, il desiderio di non sottoporsi ad una guida unificante, li hanno traditi. Alla fine sono andati all'incasso quelli che dalla rivolta popolare erano rimasti ai margini: gli avidi Fratelli musulmani. Pronti ad approfittarne, ma senza avere né la preparazione, né gli strumenti, per gestire una sfida titanica. Hanno inneggiato alla democrazia, coniugandola però con il ripristino di imposizioni religiose; hanno vellicato l'estremismo dei gruppi oltranzisti senza rinnegare l'amicizia con gli Stati Uniti, che aiutano l'Egitto con oltre un miliardo e mezzo di dollari all'anno soltanto per le spese militari; non hanno frenato l'antisemitismo, accettando però di confermare e difendere il trattato di pace con Israele; ma soprattutto non hanno garantito il necessario ad un popolo che non dispone delle risorse minime per sopravvivere dignitosamente. Un grande leader politico avrebbe potuto inventarsi qualcosa, sbaragliando il fronte avversario con qualche scelta coraggiosa. Nulla. Morsi, presuntuosamente, ha pensato soltanto a sopravvivere, affidandosi ad un pigro provincialismo. Senza comprendere di essere al timone del primo Paese arabo, che è proprietario dei diritti su quel cordone ombelicale che collega due mondi - il canale di Suez -, che confina con Israele, che è la patria di una cultura millenaria a cui tutti noi dobbiamo qualcosa. Gli Stati Uniti hanno seguito la crisi con la serenità di chi era informato e forse ha condiviso il passo che si stava compiendo. L'Unione Europea e in particolare l'Italia, che ha l'Egitto come dirimpettaio, seguono con apprensione quella scelta che probabilmente molti faticano a comprendere; l'affidarsi all'unica istituzione che il popolo egiziano percepisce come unita e credibile: le Forze armate. 4 luglio 2013 | 7:44 da - http://www.corriere.it/editoriali/13_luglio_04/Golpe-popolare-egitto-morsi-ferrari_8431ef42-e468-11e2-8ffb-29023a5ee012.shtml |