Dario FO. -

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La statua vivente multata a Milano

Dario Fo: "Pagherò io quei 100 euro"


Il mimo aveva cominciato a lavorare in anticipo e a qualche metro dalla porzione di strada assegnata dal Comune (il giovane voleva ripararsi dal sole).

I passanti avevano contestato la decisione dei vigili protestando vivacemente


di Franco Vanni
 
Dario Fo si farà carico dei 100 euro di multa dati dai vigili a un mimo in corso Vittorio Emanuele a Milano.

La statua vivente è un ragazzo romeno di 19 anni con regolare permesso da artista di strada. «Il fatto che il giovane sia stato multato - dice il premio Nobel - è indegno di una società democratica e dimostra in modo esemplare l’ottusità di questa amministrazione comunale».

Al giovane gli agenti hanno contestato il fatto di avere cominciato a lavorare mezz’ora prima dell’orario consentito. Inoltre, il mimo si trovava a qualche metro di distanza dalla postazione che il Comune gli ha assegnato: si era spostato per evitare di stare sotto il sole.

«Al mimo va tutta la mia solidarietà - aggiunge Fo - Il rispetto delle regole è fondamentale, ma in questo caso si va molto oltre. Ho viaggiato per tutta Europa e non mi è mai capitato di vedere o sentire nulla del genere.

Hanno fatto bene i milanesi a difendere il giovane contro quella che è stata una vera ingiustizia».


(12 aprile 2009)
da repubblica.it

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SPETTACOLI & CULTURA     

Il Nobel ha scritto un ricordo del comico di cui esce un libro+dvd con gli sketch migliori
 
Nella sua comicità c'è la miseria, la fame, Napoli e la cattiveria che non edulcora il mondo

L'Arlecchino del Novecento con lui la vittima diventa re

di DARIO FO



 Ci eravamo conosciuti Totò ed io di persona. Era l'inizio degli anni Cinquanta, sessant'anni fa. Io ero un ragazzo. Ero Torino con Il dito nell'occhio che stava riscuotendo un notevole successo all'Alfieri. Lui venne a vedere lo spettacolo con il suo manager e subito dopo volle conoscere me, Franca, Giustino Durano, Franco Parenti... Rimase in piedi per un lungo tempo prima di parlare. Non avrei mai pensato che quel comico tanto scatenato sul palcoscenico, fosse così timido e riservato nella vita. "Complimenti" ricordo che ci disse" avete fatto una gran bella cosa". "È anche grazie a lei", rispondemmo noi. "Abbiamo sempre presente il suo lavoro di comico". E lui: "Io sono il passato. Voi siete il domani. Anzi il dopodomani. State attenti a non farvi raggiungere, bisogna stare sempre un passo avanti".

Che lezione! Parte da qui il mio Totò, di cui il nuovo cofanetto Einaudi ci mostra una ricca selezione di scene e di bravura. Io credo che se fosse vissuto oggi, Totò ci avrebbe divertito con qualche farsa su Berlusconi, perché era come Molière: amava le situazioni in cui il comico scimmiottava il personaggio centrale e da mortificato diventava mortificatore. L'esempio è la famosa scena dello scompartimento del treno in cui Totò deve contendersi la cuccetta con l'onorevole Trombetta: prima lo blandisce, poi lo ridicolizza, gli fa il verso, gli starnutisce perfino addosso, butta le sue valigie giù dal finestrino, finendo per avere la meglio. Oppure quell'altra scena in cui fa il ciabattino.

Il cliente lo maltratta, lui comincia a battere sulla scarpa da risuolare, accelerando il ritmo in maniera esagerata, terribile. Tutti gli inquilini delle case intorno si affacciano imprecando ma Totò accelera ancora il ritmo e sferra l'ultima mazzata sulla scarpa infilata nel piede del boss del rione. A quel punto: urlo e applausi del vicinato.

La costante scenica è che Totò è la vittima che riesce a ribaltare la situazione. C'è qualcosa di ribelle nella sua maschera. Questo perché all'origine della sua comicità c'è la miseria, la fame, il dolore, il tradimento, la guerra. C'è la tragedia. C'è Napoli. Io ho sempre pensato che il modello di Totò fosse Raffaele Viviani, a mio avviso il più grande teatrante del Novecento: a lui Totò si è ispirato per il mamo, il mimo di spalla che non capisce, si confonde e viene bastonato ma fa di tutto per apparire scaltro. Come Arlecchino. Totò è infatti l'Arlecchino del Novecento.

Una maschera. Totò può interpretare personaggi diversi, ma ci si ricorda solo di lui. Perché Totò è la vera maschera. La maschera non è travestimento, né nasconde l'attore. Lo svela. È la sintesi magica, non di un personaggio, ma di un mito. E infatti Totò che faccia l'arabo o il gangster Totò Le Moko, il povero o il ricco è sempre se stesso.

E come le maschere, anche quella di Totò è asessuata. Non c'è mai in lui un atto di erotismo smaccato, né allusioni esplicite alla sessualità. E dirò di più, Totò non arriva mai all'osceno. La maschera Totò è, invece, spietata. In certi film fa cose cattivissime, al limite del crudele, come quando interpreta il chirurgo che con la faccia sadica esegue interventi macabri. Totò non possiede pietà, nè si fa scrupolo di montare sulla testa di disgraziati come lui.

Ma questa è la grande differenza che lo distingue da altri comici del mondo. In Totò non c'è mai la favoletta ed è una delle ragioni per cui anche i ragazzini lo amano. In lui c'è sempre il crudele, il dramma, lo ha capito bene, negli ultimi film, quel grande autore che era Pasolini che lo chiamò per La terra vista dalla luna e Uccellacci e Uccellini dove Totò appariva sublime non solo nella celebre camminata da marionetta ma anche nel dialogo con il corvo. Una scena di altissimo livello. Che imbecilli i critici cinematografici, i quali, lui in vita, lo snobbavano. Non avevano capito che lui non edulcora la violenza del mondo, non dipinge un mondo di sogno. Non avevano capito che, in certi momenti, Totò era perfino più avanti di Charlot .

(6 dicembre 2008)
da repubblica.it

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E il popolino disse: «Caro Re alle tue balle non crediamo più»

di Dario Fo

Cosa succede?

E' il 2 giugno, Festa della Repubblica e Giorgio Napolitano, il nostro Capo dello Stato, ha dato una gran festa. Ci sono fra gli invitati Ministri e Presidenti venuti da molti paesi del mondo, ci stanno anche capi di governo arabi abbigliati come raja` e perfino qualche Re.

Fra tutti quegli uomini di potere si intravvede anche il nostro Berlusconi che vaga fra quella folla spaesato, stordito: con i risultati di queste ultime elezioni ha proprio preso una botta pesante! Ogni tanto si ferma come imbesuito. Ma ecco che all’istante Silvio spalanca gli occhi: ha scoperto seduto fra i notabili il Re di Spagna. «Oh, quello e` mio!». Subito lo raggiunge, gli si siede vicino, lo agguanta ad un braccio e lo scuote come si fa con un vecchio amico. «Ma che fa? E` fuori dal protocollo!» esclama indignato qualcuno. «Non si toccano i Re. E neanche le Regine!».

Napolitano, che sta accanto all’importuno, gli fa cenno di non insistere con quel gesto confidenziale: «E` un insulto all’etichetta!».
Lui non capisce subito. Poi s’allontana. Qualcuno sta avvertendo i presenti che fra poco ci sara` la cerimonia davanti al Milite Ignoto.
C’e` una gran folla che applaude fe-stosa Napolitano. Adesso tocca anche a lui, a Berlusconi, godersi il tripudio della gente.
Ma il Presidente del Consiglio ottiene solo un modesto battimani seguito da qualche fischio e due pernacchi. Poi esplodono in coro molte grida di rifiuto tipo «vattene! Non c’e` festa per te!».

Silvio si guarda intorno incredulo: «Ma con chi ce l’hanno? Ma perche´ invitano i comunisti?». Anche una suora sollevando le braccia lo dileggia. «Sara` un travestito!». Berlusconi si fa da parte e cerca di nascondersi dietro due imponenti corazzieri. Ma questi con calma si scostano e lo rifanno apparire imbranato come si trova. Il piccol’uomo e` frastornato: «Ma cosa sta succedendo?». All’istante, come in un refrain grottesco si ricorda di qualche sbragata commessa qualche giorno fa durante i soliti interventi televisivi prima del fatidico voto: «Si`, E` vero... ho gridato: questa non e` una normale consultazione amministrativa, ma politica! O Silvio o il caos! La gente viene a votare, per me e sara` come in una ovazione, un tripudio! Potrete sfottermi a pernacchi se il mio gradimento non sara` doppio rispetto a quello che ho guadagnato l’ultima volta! Per Dio! E invece guarda tu che catastrofe! Nelle ultime elezioni ha sempre funzionato ‘sto trucco del terrore! Ma stavolta che e` successo? Dove ho toppato? Non ho fatto altro che ripetere il bau bau dell’apocalisse delle invasioni barbariche, come sempre. Attenti gente! Se vincono i rossi vedrete straripare da ogni lato i rom, gli zingari che vi ruberanno i bambini. E appariranno musulmani a frotte. Spunteranno enormi moschee e torri con i muezzin che urlano incitando alla guerra santa. A sto punto m’aspettavo che questi miei sudditi allocchiti abboccassero in massa e si precipitassero ai seggi elettorali gridando: «Alle urne! Alle urne! Fermiamo gli invasori!». E invece per tutta risposta mi han gridato: «Piantala, bugiardaccio! Non ci freghi piu` con ‘ste panzane! E anzi sai cosa c’e` di nuovo... che per te non andremo piu` a votare, piuttosto daremo la nostra preferenza agli estremisti, tie`».

«Ma perche`? Che ho fatto?» «O niente, ci hai solo promesso bu- fale infinite! Faro` questo e quello! Basta con le tasse! In galera gli evasori e i politici corrotti! Dimezzero` gli stipendi a Ministri, Sottosegretari, Senatori e Manager! Daro` lavoro a tutti i meritevoli! Scuole ai giovani! Sistemazioni ai disperati! Pensioni dignitose! E questa solfa ce l’hai cantata per un sacco di volte e noi come pecore allocchite «Grazie Silvio! Come sei buono tu! Tu con noi sei come il Buon Pastore! Tu ci tieni nel gregge al calduccio, ci coccoli!
Ci fai tosare di dosso la lana! Ci sgozzi i piccoli per farne abbacchi succulenti! Ci assicuri che ci proteggerai dai lupi», ma poi scopriamo che quelli son parenti tuoi e tuoi amici coi quali fai a mezzo del bottino! Ma sai che succede? Che da tosati si resta nudi e ci si accorge della fregatura! Cosi` accade che dai e dai le pecore allocchite si svegliano e dicono: «Ma Vaffanculo!».

«Oh pecore triviali!» «Eh si`, quando ce vo`, ce vo`! Ma non e` finita, caro tirabidoni!», urlano dal gregge. «Il bello, t’accorgerai, arrivera` proprio adesso che si va a votare per i quattro referendum!» «No, non son quattro, son solo tre, perche´ ho richiesto alla Consulta che venga dichiarata nulla la sentenza della Cassazione!» «Eccolo li`, un altro dei tuoi trucchi!» «Il referendum sul nucleare non conta nulla?»
«E invece contera` eccome, insieme a quello dell’acqua e sul legittimo impedimento!»

«Ma illusi cari! Non ce la farete mai col quorum! Quella diga sara` come una montagna contro la quale andrete a sbattere tutti!»
«No! Hai fatto male i conti! Hai sbagliato a farci arrabbiare! Guai a far incazzar le pecore e i montoni imbesuiti! Diventiamo delle bestie! Ti faremo franare tutto addosso, compresi tutti i tuoi tirapiedi, i servi e i ruffiani!» «E no, cazzo!» «Ecco questa imprecazione la puoi anche urlare! E` l’ultimo diritto che rimane al Principe abbattuto!».

6 giugno 2011
da - unita.it/italia/e-il-popolino-disse-caro-re-br-alle-tue-balle-non-crediamo-piu-1.300979

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L'INTERVISTA

Dario Fo: "Povero sindaco Pisapia E' assediato dalla vecchia politica"

Il bilancio del premio Nobel a 100 giorni dall'insediamento. "La cultura del Pd è sempre quella"

E su Penati: "Non è certo un caso che fosse il braccio destro di Bersani. Era lui a consigliare"

di RODOLFO SALA

Giuliano Pisapia è sindaco da cento giorni, e Dario Fo, suo grande sostenitore, adesso un po’ lo compiange: «Non vorrei essere al suo posto».

Perché?
«Deve tirare calci come un cavallo imbizzarrito per scacciare la gramigna che gli sta attorno».

Gramigna, erba infestante. Forse è il caso di spiegare la metafora botanica.
«Giuliano è stato capace di suscitare un movimento straordinario, e ha vinto perché ha saputo dare un taglio netto a un certo modo di fare politica tipico della sinistra, anzi del Pci milanese. Gli è andata — ci è andata — bene perché la cultura del Pd è rimasta sostanzialmente quella. E non parlo solo della vicenda Penati».

E allora andiamo con ordine: di quale cultura politica parla?
«Prima degli aspetti giudiziari, che contano eccome, bisogna considerare quello che è successo alle primarie del centrosinistra».

E cioè?
«Si è ripetuto lo schema del 2006, quando mi candidai alle primarie: stessa logica di potere, il partito che cerca di imporre il proprio uomo in una competizione che invece dev’essere il più possibile libera. Certo, Boeri era meglio del questurino Ferrante. Aggiungo anche che non faccio accostamenti tra lui e Penati. Ma la logica è stata quella».

Ecco, veniamo al caso Penati.
«Pisapia si è
trovato a gestire una situazione in cui un uomo politico indicato come poco onesto gli è stato messo vicino. Anche se di lato: anzi, contro. Questo non è certo bello».

E secondo lei come si è comportato il sindaco?
«L’ho detto: ha scalciato. Insomma, ha deciso di non farsi tirare dentro in quello che io chiamo il mercato dei gestori economici della Lombardia, cercando di farla finita con un andazzo che a Milano ha una storia tragica. Quella della commistione tra una certa sinistra e il potere. Con grossi speculatori che hanno fatto scempio della città, comprandosi i terreni e costruendo grattacieli. C’è da diventar matti».

In che senso?
«Giuliano vince contro queste persone, ma poi qualcuna se la ritrova dentro».

Non crede che occorra distinguere?
«Non sto dicendo che tutto il Pd è Filippo Penati. Resta il fatto che questo partito, almeno alle primarie, ha fatto una campagna contro Pisapia. Che poi ha vinto, facendo diventare vincitore anche il Pd. Un Pd che tuttavia non si accontenta di aver contribuito alla vittoria: continua a fare la sua politica».

Tornando a Penati?
«Non è certo un caso che fosse il braccio destro di Pier Luigi Bersani. Era lui a consigliare, contribuiva a dare la linea. Questo per dire che la logica degli affari andava avanti».

Nel merito, come giudica i primi cento giorni di Pisapia?
«Ultimamente sono stato lontano da Milano, prima di rispondere voglio documentarmi, e soprattutto parlare con lui».

Ma secondo lei il "vento nuovo" della primavera milanese soffia ancora?
«Io lo spero. Ma è dura, quando sei continuamente messo di mezzo da certi personaggi e da una certa politica. Lui non c’entra niente, ma deve fare un lavoro della madonna per buttare alle spalle logiche e comportamenti che perpetuano vecchi schemi».

Insomma, bisogna salvare il soldato Giuliano?
«Confido sia capace di salvarsi da solo. Ma, ripeto, è dura, se il panorama è questo. Prenda D’Alema, che ha brigato per avere un titolo onorifico dal Vaticano. Poi va in tv, e quelli gli chiedono anche che cosa pensi della situazione politica... Uno così dovrebbe essere solo sbeffeggiato, e invece nel Pd conta ancora moltissimo».

(10 settembre 2011) © Riproduzione riservata

da - http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/09/10/news/dario_fo_povero_sindaco_pisapia_e_assediato_dalla_vecchia_politica-21453994/?ref=HREC1-4

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Dario Fo: "Governo di personalità. Via i marpioni dei partiti"

Intervista al premio Nobel, che fa i nomi di Rodotà, Settis, Hack.

Quella pantomima che sta accadendo è una pre-battaglia.

Grillo sa che c'è una massa di persone che hanno l'abitudine del basso gioco politico, della corruzione


di FABRIZIO RAVELLI


MILANO - Dario Fo, dopo le elezioni in Italia siamo sull'orlo di un disastro o questa è l'alba di un nuovo giorno?
"Il disastro è lì fermo, purtroppo con l'urgenza di risolvere le cose. Però quella pantomima che sta accadendo - facciamo il governo, no aspettiamo, facciamo quello tecnico, aspettiamo, no fatelo voi - è una pre-battaglia".

E quando si farà questa battaglia?
"Magari non la si farà neanche, se si arriva a capire che non si può più farla con le strutture normali della politica, coi partiti come è andata avanti fino a ora. Caspita, avevano da fare quattro leggi importanti e le hanno tenute bloccate per anni, e le hanno buttate a monte con i rimandi".

Quindi la responsabilità dei partiti è stata non solo quella di non rappresentare, ma di non ascoltare.
"Vedi il Pd: dov'è che ha preso la grande legnata? In Val di Susa il Movimento 5Stelle ha preso fino al 45 per cento. E al Sud è uguale: dove c'è stata una disattenzione, chiamiamola così, davanti alla distruzione del territorio, e si è lasciato correre".

Quindi nella situazione attuale prevale la speranza e non lo spavento?
"Per me sì. Ma in tutti questi posti d'Italia durante la campagna elettorale si lamentavano: non abbiamo visto nessuno. In una situazione folle nessuno è venuto a farci un discorso, soltanto
Grillo. La Sicilia, la Sardegna dei minatori, Taranto. A questa gente non ha dato solo una speranza: gli ha fatto capire che fa sul serio".

Grillo lei l'avrà sentito. Dopo questo successo non sarà anche un po' preoccupato?
"Ovvio, ma lo era anche prima. La sua battuta è stata: oddio, che cosa ci sta capitando. Mica aveva bisogno di fare i sondaggi. Arrivava in una piazza dove per anni al massimo s'erano viste 50 mila persone, e ce n'erano 200 mila".

Lei ha detto in questi giorni che il M5S ora deve anche prendersi qualche responsabilità per mettere insieme un governo.
"Certo, e Grillo se le prende. Tant'è vero che la prima discussione che hanno avuto è stata sul che fare, a proposito del governo. Ma quello che hanno avuto subito chiaro è che loro, i partiti, stanno giocando alla solita manfrina atavica. Cioé tentare, fare le solite promesse, tirarsi indietro, disdire, mettersi d'accordo. E tutto non alla luce del sole".

Bersani ha detto: io andrò a proporre queste cose, e le ha elencate.
"Certo, ma la vedi la gente di Bersani, e la gente che c'è in cima alla nomenklatura? Tutt'intorno, i più grossi marpioni del partito. Tutti quelli che hanno fallito, che hanno fatto proposte che sono andate a monte, che si sono ritirati e poi ritornano. Guardali, tutti in fila come falchetti sui fili della luce".

Quindi lei dice: si può discutere delle proposte di Bersani, ma il problema sono quelli che gli stanno intorno.
"Ma nemmeno lui è credibile. Chi è che ha deciso di dare agli americani la nuova base del Dal Molin a Vicenza? Un'intera popolazione contro, e dov'erano quelli del Pd? Dall'altra parte, a dire ormai abbiamo firmato e non ci tira indietro nessuno. Ma come, tu hai una popolazione intera che era di destra cattolica, e ti elegge addirittura un sindaco Pd, e li tratti come degli ignoranti che non sanno niente, che guardano alle loro piccole cose".

E dunque come si esce in Parlamento da questa situazione?
"Si esce con questa proposta. Trovare una persona, e ce ne sono tante, che è magari di sinistra per carità, ma che non è dentro al gioco dei partiti, che s'è schifata a sua volta".

Per esempio chi?
"Ma ce n'è tanti. Si parla di Rodotà. E poi c'è Settis, una scienziata come Margherita Hack, o Carlin Petrini. Ci sono centinaia di uomini che hanno senso dell'organizzazione, scienza, credibilità. Tu li metti lì, e formi un gruppo di tecnici, che non si possono chiamare tecnici perché non vivono soltanto sul prodotto della sapienza ma hanno una coscienza civica. Si fa un governo di questo genere, di personalità, e si va via come dei treni. Senza uomini dei partiti".

Ha visto la prima riunione dei nuovi parlamentari di M5S?
"Sì, ce n'erano alcuni molto giovani e molto svegli, belli puliti, chiari. Tutti quanti avevano un'aria piacevole che ti dava fiducia. Pensa rispetto agli altri: sono stato molte volte ad accompagnare Franca in Senato, madonna che personaggi c'erano. Questi hanno freschezza, naturalmente avranno dei limiti. Ma io sono stato alle loro riunioni, li ho sentiti parlare, e qualcuno mi ha impressionato per la preparazione".

Colpisce una cosa. Molti di loro hanno una competenza specifica, concreta. Il movimento invece, soprattutto in Casaleggio e Grillo, sembra avere una componente messianica. Non c'è un contrasto?
"No, guarda quel libro che ho scritto con loro, "Il grillo canta sempre al tramonto", che sta diventando una specie di vademecum del movimento, e dove si parla di argomenti che normalmente vengono taciuti, anche da gente del movimento. A qualcuno magari hanno dato fastidio certe stronzate che ha detto Grillo, e che poi si è rimangiato. Come a proposito di immigrati, che sono qui da moltissimi anni, e lui non era d'accordo che divenissero cittadini italiani. Ma nel libro c'è, a proposito, una dichiarazione mia, che è stata accettata senza drammi".

E Grillo adesso ha paura che questi nuovi parlamentari a Roma sbandino, che vengano contaminati.
"Sanno che c'è una massa di persone che hanno l'abitudine del basso gioco politico, della corruzione, delle prebende, dei posti di potere. Danno 3 milioni a uno come De Gregorio per farlo passare dall'altra parte. E Scilipoti, e gli altri. È normale, la corruzione è normale".

Lei dice: corruzione imperante, giusto che Grillo si preoccupi.
"Ma certo. Siamo nella merda fino al collo, e c'è chi dice: guarda Grillo come è prepotente. Quanti si sono salvati dalla corruzione in Italia? Prima si incazzano perché Grillo fa del sarcasmo, e urla. E quando fa una cosa seria, per mettere al riparo gli eletti del suo gruppo, allora si incazzano".

(07 marzo 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/03/07/news/intervista_dario_fo-54018557/?ref=HREC1-2

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