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4066  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / LUCIA ANNUNZIATA - Le illusioni dei partitini svaniscono inserito:: Dicembre 09, 2017, 12:52:04 pm
Le illusioni dei partitini svaniscono

Pubblicato il 08/12/2017

LUCIA ANNUNZIATA

Meno male. Diciamocelo: la fine di un po’ di liste minori, un po’ di addii al futuro politico, lo sciogliersi e il formarsi ancora prima di entrare in azione di micro-coalizioni intorno al Pd, provoca – almeno nel mio cuore di elettore – una celebrazione. Capisco che il fallimento delle ambizioni di un progetto politico, di lista o personale, è in una democrazia un fallimento, sempre. Ma sempre davvero? 

In questa spietata vigilia elettorale stiamo assistendo a un ciclo di eventi che, a memoria dei più giovani, non si vedeva da anni. Dopo aver navigato sotto le vele sicure di un ferreo bipolarismo, introdotto in Italia a furor di popolo nel 1994, il sistema politico – modificato di nuovo a furor di popolo nel tripolarismo a sorpresa uscito dalle urne del 2012, con la affermazione di un terzo partito, il M5S – si è infine spappolato tornando al buon vecchio schema del proporzionale. Il che significa, per chi non ricordasse il passato, che ogni uomo vale un partito e ogni partito può ambire ad essere determinante nella formazione di un governo. 
 
Il massimo della democrazia, appunto. Anni di Prima e Seconda Repubblica ci hanno insegnato che governi senza salde coalizioni e chiari progetti possono essere una giostra irrefrenabile, e che a volte persino nel sistema bipolare più solido, le grandi coalizioni senza programmi consolidati hanno i piedi d’argilla. Come non confessare dunque che la crescita esponenziale di micropartiti, microsigle e microambizioni individuali nelle passate settimane non è mai stata, ai miei occhi, una espressione di superiore democrazia, tantomeno di rassicurazione? 
 
Per cui, lo ripeto: meno male che è finita come sta finendo. La caduta di accordi, il ritiro dalla scena di leader politici come Pisapia ed Alfano, e ora l’incertezza di quel che resta va vista come una salutare presa d’atto, un bagno di realismo, che per la prima volta da parecchi mesi reintroduce la realtà al posto dei sogni. Quello che viene visto da molti come un «fallimento», di individui e di ipotesi politiche, è nei fatti una grande e molto necessaria pulizia. Che ci fa intravedere qualche barlume di verità. 
 
La crisi infatti riguarda un panorama di illusioni, un racconto di macchine che in realtà non avevano motore. Giuliano Pisapia è un uomo che è sempre stato un leader riluttante e un politico luterano – negli anni ricordiamo la certezza con cui nonostante il dispiacere abbia preso posizioni scomodissime, rispetto alla sua area di appartenenza, come quella garantista. A Milano aveva funzionato perché la istituzione eminentemente monocratica del sindaco lo ha messo in grado di esercitare il suo ruolo senza venire a compromessi con sé stesso e le sue idee – a cominciare da piccole grandi scelte come quella del non accesso al centro città. Non poteva assolutamente sopravvivere in una condizione in cui le alleanze sono fluide e il programma secondario rispetto alla necessità di trovare numeri elettorali. Ha fatto bene ad andare via dunque, e a lui va il ringraziamento degli elettori per il chiarimento che la sua scelta introduce. 
 
Uguale merito condivide Angelino Alfano, un uomo che è stato fino a pochi giorni fa la nemesi di Pisapia, una delle ragioni della impossibilità a mettersi in una coalizione con il Pd. Anche Angelino, esatto opposto di Pisapia nel percorso e nella opinione popolare, Angelino morbido, accomodante nelle scelte, pronto a farsi, come dicono al Sud, concavo e convesso, anche questo Angelino ha detto addio con una frase bellissima per un politico «mi cercherò un lavoro». Alle orecchie dell’elettore attuale, questa frase è un intero programma. Un altro grande chiarimento. 
 
Restano le sorti di quelli che rimangono – tutti con mal di pancia. I radicali ed europeisti, scontenti della politica del Pd sull’immigrazione; i membri del partito di Alfano, da Lorenzin a Lupi, essi stessi divisi su quale parte scegliere; e i moderati ancora in attività come Casini. Mentre a sinistra si battono colpi in tutte le direzioni: cosa farà il presidente Boldrini ci si chiede? E ci sarà un qualche pezzo di sinistra a sinistra che rimane intorno al Pd? E alla sinistra intorno a Liberi e Uguali, si aggregheranno alcuni di questi pezzi di moderati? Domande che, nel grande quadro del voto, sono quasi irrilevanti nella loro dimensione. Mi piacerebbe, anche, qui, ricordare che se anche il disastro che descriviamo va dal centro a sinistra, il panorama che si disegna dal centro alla destra non è meno fluido. Le inquietudini di Salvini, la rimonta dei favori dei camerati neri, la moderazione di Silvio a malapena tenuti insieme da una qualche certezza di poter vincere uniti.
 
La liquefazione dei partiti è in effetti un dato strutturale delle nostre democrazie: nei passati cinque anni si sono dissolti i parametri e le macchine di funzionamento di tutte le nazioni europee – la Germania e l’Inghilterra esempi massimi di quanto in alto è arrivato lo tsunami – e degli Usa. Rispondere a questo orizzonte di crisi con tentativi superficiali, operazioni politiche rabberciate senza programmi e idee, sarebbe come curare una ferita d’arma da fuoco con un cerotto. 
 
Per questo è giusto dire che i fallimenti anticipati di cui siamo testimoni sono un bene per tutti – politici ed elettori. Ripuliscono l’orizzonte e rimettono la verità al centro della scena. Dunque, è ora rimasto solo Matteo Renzi, come tutti scrivono in queste ore? La risposta è no. Questo processo di chiarimento è anche per lui un’operazione verità. E’ la prova di quanto diverso sia diventato il Pd ricostruito da lui in questi anni; così diverso da non poter più coalizzare una parte di moderati e di sinistra che prima si riconosceva nel Pd. 
 
Accettare questo dato di fatto non costituisce per Renzi né fallimento, né solitudine. Al contrario, è per lui una incredibile opportunità per far progredire il suo progetto – che, dopotutto, si chiama «un uomo solo al comando». 
 
 Licenza Creative Commons
Alcuni diritti riservati.

Da - http://www.lastampa.it/2017/12/08/cultura/opinioni/editoriali/le-illusioni-dei-partitini-svaniscono-WlqWJAomNm7J43OYFRswnL/pagina.html
4067  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / Roberto BONGIORNO. Gerusalemme strappo all’Onu. Italia e 4 Paesi Ue contro Trump inserito:: Dicembre 09, 2017, 12:49:45 pm
Gerusalemme: strappo all’Onu. Italia e 4 Paesi Ue contro Trump

Di Roberto Bongiorno
 08 dicembre 2017

Come era prevedibile la crisi si sta avvitando. Seguendo un copione già visto tante volte. Dai feriti di giovedì ieri si è passati alla prima vittima palestinese. Ora il timore è che le frange estremiste islamiche diano seriamente il via al lancio di razzi dalla Striscia di Gaza contro il territorio. Israeliano – per ora sono stati episodi limitati e neutralizzati. Se ciò dovesse accadere, seguiranno inevitabili le rappresaglie militari israeliane.

La decisione del presidente americano Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele potrebbe aprire un’altra grave crisi in Medio Oriente in un periodo già molto difficile.

UN MORTO NELLA STRISCIA DI GAZA 
08 dicembre 2017
Gerusalemme capitale, Tillerson: «Solo fra 2 anni». Ma il Medio Oriente è in rivolta
Territori occupati nel caos
La “seconda giornata della collera” non è degenerata finora nello scoppio della terza Intifada, come si augurava il movimento islamico Hamas, ma il bilancio dei feriti, e l'imponente numero delle manifestazioni nel giorno della preghiera islamica - in coincidenza con il 30°anniversario dell’inizio della prima Intifada – sono un segnale inequivocabile: la situazione sta virando al peggio. Per quanto fosse previsto, sono arrivate le prime vittime. Un giovane palestinese è rimasto ucciso a nord della Striscia di Gaza, colpito da proiettili sparati dall’esercito israeliano. Secondo la Mezzaluna Rossa i feriti in due giorni di proteste sono oltre 220 solo in Cisgiordania. Se a Gerusalemme la protesta è stata contenuta (qualche tafferuglio, grazie anche al massiccio dispiegamento delle forze di sicurezza), nei Territori Occupati è andata peggio: a Betlemme, Hebron, Ramallah, Nablus e a Beit Khanun, ai margini della Striscia, molti giovani hanno ingaggiato scontri con i militari israeliani. In serata da Israele sono partiti colpi di cannone e attacchi aerei verso il nord della Striscia dopo il lancio di razzi dalla Gaza verso lo stato ebraico.

Onu, 5 Paesi Ue in disaccordo con Trump
Alle Nazioni Unite a New York gli ambasciatori Onu di cinque Paesi europei (Italia, con l’ambasciatore Sebastiano Cardi, Francia, Gran Bretagna, Germania e Svezia) hanno letto una dichiarazione comune al Palazzo di Vetro dicendosi in «disaccordo» con la decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e di prepararsi a trasferire l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. La decisione «non è in linea con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e non è di aiuto alla prospettiva per la pace nella regione» hanno avvertito i cinque ambasciatori: «Lo status di Gerusalemme deve essere determinato attraverso negoziati tra israeliani e palestinesi».
Per i 5 paesi Ue «Gerusalemme dovrebbe essere la capitale dei due stati, e fino ad allora non riconosceremo alcuna sovranità». «Data la situazione instabile sul terreno, facciamo appello a tutte le parti e gli attori nella regione a lavorare insieme per mantenere la calma», hanno aggiunto. «Siamo pronti a contribuire a sforzi credibili per riavviare il processo di pace sulla base di parametri concordati a livello internazionale e incoraggiano l'amministrazione Usa a presentare proposte dettagliate», si legge ancora nella dichiarazione comune.

Sono stati i francesi i protagonisti di quello che si profila uno scontro diplomatico sul processo di pace israelo-palestinese. Se il presidente francese Emmanuel Macron, questa volta si è limitato a un appello «alla calma e alla responsabilità», il ministero degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, ha di fatto dichiarato che gli Stati Uniti si sono auto-esclusi dal processo di pace: «Sento alcuni, incluso Tillerson, dire che è il momento dei negoziati. Fino a ora avrebbero potuto avere un ruolo di mediazione in questo conflitto ma si sono un po’ esclusi da soli. La realtà è che sono da soli e isolati su questo tema» .

La protesta dilaga dalla Tunisia all’Iraq
Anche in questo caso rispettando un copione già visto, le potreste contro Israele e gli Stati Uniti sono dilagate a macchia d’olio in tutto il mondo musulmano. Nella gran parte dei Paesi del mondo arabo (tra cui Egitto, Tunisia, Giordania, Iran, Libano, Iraq) – passando per la Turchia fino all’Asia. In Pakistan Malaysa e in Indonesia, il paese musulmano più popoloso del mondo, centinaia di persone hanno dimostrato davanti alle ambasciate americane. Immagini di Trump e bandiere americane sono state date alle fiamme.

MEDIO ORIENTE E AFRICA 8 dicembre 2017
Gerusalemme infiamma il mondo arabo: proteste in piazza dall'Iraq al Libano

MEDIO ORIENTE E AFRICA 8 dicembre 2017
Gerusalemme, le tensioni nella giornata di preghiera e protesta
Gerusalemme infiamma il mondo arabo: proteste in piazza. Baghdad, Iraq (REUTERS/Thaier Al-Sudan)

L’ANALISI
Gerusalemme, una mossa molto pericolosa
Durissima la dichiarazione del presidente palestinese Abu Mazen: «Con questa posizione gli Stati Uniti non sono più qualificati ad essere gli sponsor del processo di pace». A New York Abu Mazen dice che la decisione Usa viola la legittimità internazionale. Abu Mazen - citato dall'agenzia Wafa - ha detto di accogliere con favore “la grande condanna internazionale testimoniata dalla riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu” di oggi al palazzo di Vetro.

La frenata di Tillerson
Il Segretario di Stato americano Tillerson ha cercato di ammorbidire l’annuncio di Trump, sostenendo che ci vorranno due anni prima che l’ambasciata americana sia trasferita a Gerusalemme, precisando che lo status finale di Gerusalemme sarà definito nei negoziati tra israeliani e palestinesi. La Casa Bianca vuole mostrarsi convinta che i negoziati ripartiranno. Trump sembra scommettere che i suoi alleati in Medio Oriente non assumeranno iniziative drastiche contro Washington, sia perchè sono troppo distratti da altre crisi regionali, sia perchè non vogliono rischiare di mettere a repentaglio il sostegno americano contro l’Iran e i movimenti estremisti.

Gerusalemme infiamma il mondo arabo: proteste in piazza dall'Iraq al Libano32
MEDIO ORIENTE E AFRICA 8 dicembre 2017
Gerusalemme infiamma il mondo arabo: proteste in piazza dall'Iraq al Libano

Gerusalemme, le tensioni nella giornata di preghiera e protesta25
MEDIO ORIENTE E AFRICA 8 dicembre 2017
Gerusalemme, le tensioni nella giornata di preghiera e protesta

8 dicembre 2017. Scontri tra palestinesi e le forze israeliane nella città vecchia di Gerusalemme.   / AFP PHOTO / Ahmad GHARABLI8 dicembre 2017. Scontri tra palestinesi e le forze israeliane nella città vecchia di Gerusalemme. / AFP PHOTO / Thomas COEX
8 dicembre 2017. Scontri tra palestinesi e le forze israeliane nella città vecchia di Gerusalemme. / AFP PHOTO / Ahmad GHARABLI 1/25
Giallo sul viaggio di Pence in Egitto
Un processo di pace tuttavia non si può imporre. Né tantomeno si può costringere una parte ad accettare un determinato mediatore. Il viaggio del vicepresidente americano Mike Pence, a metà dicembre, che Trump vorrebbe desse il via alla fase negoziale, rischia di trasformarsi in un boomerang.

MEDIO ORIENTE  06 dicembre 2017
Trump: «Gerusalemme è la capitale di Israele. Ora la pace»
L’imam della moschea egiziana al-Azhar, Sheikh Ahmed al-Tayeb, una delle massime autorità del mondo musulmano, ha rifiutato di incontrare Pence (richiesta venuta dalla Casa Bianca) in segno di protesta alla decisione di Trump. Ma potrebbe saltare anche l’incontro tra Pence e il presidente palestinese Abu Mazen. Jibril Rajoub, uno degli uomini di punta di Fatah, il partito di Abu Mazen, ha detto che Pence «non è il benvenuto in Palestina» e che l’incontro con il presidente palestinese, il 19 dicembre, «non ci sarà». Per Trump sarebbe uno smacco. Che non potrebbe nascondere.

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-12-08/dal-caos-cisgiordania-protesta-dilaga-mondo-musulmano-190054.shtml?uuid=AEOsUZPD
4068  Forum Pubblico / L'ITALIA, FATTI e FETENTI dei nostri PANTANI, dei TUGURI e delle CLOACHE / Trapani, botte e violenze sugli anziani: i carabinieri scoprono casa di riposo.. inserito:: Dicembre 09, 2017, 12:47:01 pm
Trapani, botte e violenze sugli anziani: i carabinieri scoprono casa di riposo degli orrori

Arrestati quattro dipendenti della struttura di Castellammare del Golfo che è stata sequestrata


28 novembre 2017

Percuotevano, picchiavano, umiliavano e minacciavano gli anziani ospiti della casa di cura Rosanna di Castellammare del Golfo, piccolo centro del trapanese, ma sono stati scoperti, grazie alle telecamere sistemate dai Carabinieri, che li hanno arrestati. In carcere il gestore della casa di cura, che è stata sequestrata, e tre dipendenti. "La tutela delle fasce deboli è da sempre uno dei compiti che i militari dell'Arma assolvono con particolare attenzione per la difesa delle vittime e la lotta - senza risparmio di energie - agli autori di tali reati", dicono adesso i Carabinieri. "Prevenire e reprimere i delitti che avvengono tra le mura di casa è compito difficile senza la collaborazione delle vittime o dei vicini che si rivolgono con fiducia all'Arma dei Carabinieri".

Questa volta le indagini dei Carabinieri della Stazione di Castellammare del Golfo, diretti dal Luogotenente Luigi Gargaro e coordinati dalla Procura della Repubblica di Trapani, hanno consentito ai militari di scoprire e porre fine "alle quotidiane violenze e minacce che alcuni ospiti di una nota casa di riposo castellammarese erano costretti a subire quotidianamente". "Schiaffi, insulti e maltrattamenti di ogni genere scandivano la giornata degli anziani che, vivevano in quella casa di riposo, pagando una cospicua retta mensile", dicono i militari dell'Arma.

"Se qualche ospite tentava di ribellarsi o confidava di voler denunciare ai propri familiari le violenze subite ad opera dei suoi aguzzini - spiegano gli inquirenti - questi ultimi aumentavano la razione quotidiana di violenze e maltrattamenti proprio per non perdere il prezioso assegno mensile"

Indispensabile per le indagini è stato l'apporto investigativo fornito dalle telecamere che i Carabinieri hanno installato all'interno della casa di cura e attraverso le quali hanno registrato giorno e notte la crudeltà mostrata dagli operatori nei confronti degli anziani ospiti. "Le vittime che catalizzavano maggiormente le violente attenzioni degli arrestati erano principalmente tre, ma a ricevere con maggiore costanza le angherie degli operatori, con atteggiamenti di quotidiana e inumana violenza, era in particolare una anziana 90enne, già in precarie condizioni di salute", dicono ancora gli investigatori.

La donna, che veniva costantemente vincolata al letto mediante le maniche del proprio pigiama in modo da impedirle ogni movimento, nemmeno la notte poteva riposare degnamente, infatti la stessa, verso sera, oltre a rimanere legata veniva coperta completamente con un pesante piumone e scoperta solamente l'indomani mattina. I Carabinieri della Compagnia di Alcamo, coordinati dalla Procura della Repubblica di Trapani, hanno tratto in arresto in esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Trapani, "i quattro responsabili delle violenze che dovranno rispondere di sequestro di persona aggravato in concorso, violenza privata pluriaggravata continuata in concorso e maltrattamenti aggravati contro familiari e conviventi in concorso". La struttura è stata inoltre sequestrata e sarà affidata ad un amministratore giudiziario nominato dalla Procura della Repubblica.
 
© Riproduzione riservata 28 novembre 2017

Da - http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/11/28/news/trapani_botte_e_violenze_agli_anziani_i_carabinieri_scoprono_casa_di_riposo_degli_orrori-182378484/


4069  Forum Pubblico / L'ITALIA DEMOCRATICA e INDIPENDENTE è in PERICOLO. / Veneto, l'assessore regionale Donazzan: "Basta ipocrisia, togliere i figli ai... inserito:: Dicembre 09, 2017, 12:40:07 pm
Veneto, l'assessore regionale Donazzan: "Basta ipocrisia, togliere i figli ai rom per educarli"

La frase durante una discussione in Consiglio Regionale sull'inserimento scolastico. L'assessora ha anche rilanciato su Facebook: "Usare il buonsenso"

08 dicembre 2017

ROMA - Per educare i figli di rom e sinti bisogna toglierli ai genitori. A fare la controversa affermazione, che non è ancora una proposta, è l'assessora all'istruzione del Veneto, Elena Donazzan, che ha risposto così a un emendamento di un consigliere Pd che aveva proposto di sostenere l'inserimento scolastico dei bambini rom e sinti. Lo riporta La Nuova Venezia.

L'assessore ha anche rilanciato sul suo Facebook la sua frase, chiedendo di togliere "il velo dell’ipocrisia" e "usare il buonsenso".

La Donazzan ha fatto il parallelo con una famiglia italiana. "Se un italiano si comportasse così con i propri figli, un assistente sociale glieli toglierebbe subito". Per la Donazzan "se si vuole avere qualche speranza che vengano educati, bisogna togliere i bambini dagli 0 ai 6 anni ai genitori rom e sinti". L'assessore ha spiegato che è d'accordo sul principio di educare, ma che è la situazione a non permetterlo.

Il consigliere Pd ha replicato: "Perché non si possono aiutare questi bambini come fanno altri Comuni, magari con un mediatore culturale? Non si possono togliere i bambini ai genitori, nessun magistrato lo farebbe".

© Riproduzione riservata 08 dicembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/cronaca/2017/12/08/news/veneto_l_assessore_regionale_donazzan_togliere_i_figli_ai_rom_solo_cosi_si_possono_educare_-183483212/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P11-S1.6-T1
4070  Forum Pubblico / ICR Studio. / Stanno annientando i medici di base ridotti a passacarte, che non sono nella... inserito:: Dicembre 09, 2017, 12:34:25 pm
Finalmente se ne parla!

Stanno annientando i medici di base ridotti a passacarte, che non sono nella condizione di ascoltare i pazienti (figuriamoci visitarli e stendere diagnosi).

Scarrozzare i malati da uno specialista all'altro oltre che essere gravoso per le persone è dispendioso per il Sistema che per risolvere il problema costi-sprechi programma visite ed esami dando appuntamenti con tempi biblici (12 mesi e oltre). Costringendo chi ha necessità urgenti al pagamento da privato, se ha i mezzi oppure se non li ha aspetta, spera, o non si cura.

Tra ospedali (oppressi tra risparmiare, senza smettere di sprecare) e medici di base, i Pronto Soccorso in numero insufficiente, sono un altro segmento delicato, sopporta l'afflusso di emergenze reali e no con la tecnica delle colorate discriminazioni, tra chi deve attendere di più e chi di meno.

Il Sistema Sanitario Regionale (spezzatino del Nazionale) è prima da indagare, e subito dopo da riformare da capo a piedi.

ggiannig
4071  Forum Pubblico / ICR Studio. / Zaia, si è fatto e si continua a fare buon lavoro. - (Bugie da smentire) inserito:: Dicembre 09, 2017, 12:32:01 pm
Sanità: bollino rosa a 35 ospedali veneti

Zaia, si è fatto e si continua a fare buon lavoro

 © ANSA
Redazione ANSA
VENEZIA

05 dicembre 2017

 (ANSA) - VENEZIA, 5 DIC - Sono ben 35, cifra record mai raggiunta negli anni, al secondo posto nazionale dietro la Lombardia, gli ospedali della Regione Veneto insigniti del "bollino rosa" che l'Osservatorio Nazionale Salute Donna - Onda ha individuato come strutture sanitarie particolarmente attente alla salute della donna nel bando effettuato per il biennio 2018-2019. Oltre ai bollini rosa (uno, due o tre per ospedale a seconda delle valutazioni di Onda), il Veneto ha incassato anche una menzione speciale, assegnata all'Ospedale Borgo Roma dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona per la sezione "Cardiologia al Femminile". "Onda è un Osservatorio che non fa sconti - ha commentato il Presidente della Regione Luca Zaia - e se una buona metà dei nostri ospedali ha ottenuto il riconoscimento, e 35 su 306 premiati significa più del 10% di tutta Italia, significa davvero che si è fatto, e si continuerà a fare, un gran lavoro, caratterizzato da attenzione umana ai problemi di salute della donna".
   
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Da - http://www.ansa.it/veneto/notizie/2017/12/05/sanitabollino-rosa-a-35-ospedali-veneti_e025bab4-9f89-4beb-85d1-c6382f16a10c.html
4072  Forum Pubblico / AUTORI. Altre firme. / ALBERTO FLORES D'ARCAIS. Niente American dream: dopo 30 anni Oscar e Humberta... inserito:: Dicembre 09, 2017, 12:22:42 pm
Niente American dream: dopo 30 anni Oscar e Humberta cacciati dagli Usa

Arrivati clandestinamente nel 1989, una coppia di genitori messicana è stata caricata su un aereo. Nel New Jersey lasciano tre figli, laureati e al college, tutti cittadini americani


Di ALBERTO FLORES D'ARCAIS
09 dicembre 2017

NEW YORK - Hanno lasciato la propria casa, tre figli, una vita ‘americana’ trentennale. Oscar ed Humberta Campos sono stati costretti a dare l’addio al loro personale american dream, ultimi degli oltre 200mila clandestini deportati fuori dai confini degli Stati Uniti nel solo 2017. Una coppia del New Jersey come ce ne sono tante, immigrati per scelta e per fuggire le violenze dei loro paesi d’origine, due ‘latinos’ tra tanti milioni come loro.

Erano arrivati da Tamaulipas - uno dei più poveri dei 31 Stati del Messico, uno dei più violenti - quasi trent’anni fa, dopo aver attraversato (in modo illegale) il confine con il Texas nel 1989. L’America l’avevano trovata a Bridgeton, New Jersey, una vita nuova di zecca, una casa comprata dopo molti sacrifici, tre figli (che essendo nati negli Stati Uniti sono cittadini americani) che oggi hanno 24, 22 e 16 anni. I primi due (un maschio e una femmina) laureati con successo al college, il terzo al secondo anno di High School. Una deportazione uguale a quelle che durano da anni. Iniziate un po’ blandamente negli anni di George W. Bush, durante la Casa Bianca di Obama erano aumentate in modo esponenziale; con l’arrivo di Trump e la sua retorica sul Muro stanno battendo tutti i record.

All’alba di venerdì hanno dovuto dare addio a tutti e a tutto, costretti a salire su un volo solo andata che li avrebbe riportati per sempre in Messico. Quando l’aereo è decollato dall’aeroporto di Newark (che è in New Jersey ma serve anche New York) erano le 6 e 30 del mattino, il saluto con i figli, con gli amici, con la gente che ha sostenuto fino all’ultimo la loro battaglia per restare negli Usa, è stato straziante. A nulla sono serviti gli interventi di importanti politici locali, come il popolare senatore democratico del New Jersey Cory Booker.

Giovedì, i funzionari federali dell'immigrazione avevano detto no all’ultimo tentativo della coppia, l’ennesimo ricorso contro l’espulsione “era stato bocciato”, aveva annunciato tra le lacrime Arnaldo Santos, il diacono della parrocchia della Sacra Croce di Bridgeton che ha ha fatto da mediatore e da guida spirituale ai Campos. Alle autorità dell’immigrazione hanno dovuto mostrare che il biglietto era di sola andata, una volta giunta l’ora li hanno staccati dagli abbracci dei figli e li hanno accompagnati all’imbarco. 

   La coppia è stata costretta a firmare una procura per il figlio maggiore, in modo che possa prendersi cura del fratello di 16 anni e che possa farsi carico del mutuo della casa. Poco prima di salire sul volo, Oscar Campos ha voluto dare ai suoi figli gli ultimi consigli, gli ha ricordato quei valori del lavoro, dell’onestà e della lealtà che hanno sempre fatto parte della vita familiare, li ha salutati con una frase: “Combattete per i vostri sogni perché la vita continua e troverete sempre brave persone che vi saranno vicine. Ci sono molte brave persone, non abbandonate la speranza”.
 
© Riproduzione riservata 09 dicembre 2017

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2017/12/09/news/niente_american_dream_dopo_30_anni_oscar_e_humberta_cacciati_dagli_usa-183542393/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S2.4-T1
4073  Forum Pubblico / CENTRO PROGRESSISTA e SINISTRA RIFORMISTA, ESSENZIALI ALL'ITALIA DEL FUTURO. / ggiannig - Stanno annientando i medici di base ridotti a passacarte, ... inserito:: Dicembre 09, 2017, 11:50:13 am
Finalmente se ne parla!

Stanno annientando i medici di base ridotti a passacarte, che non sono nella condizione di ascoltare i pazienti (figuriamoci visitarli e stendere diagnosi).

Scarrozzare i malati da uno specialista all'altro oltre che essere gravoso per le persone e dispendioso per il Sistema che risolve il problema costi dando appuntamenti a tempi biblici (12 mesi e oltre), chi ha necessità urgenti paga da privato se ha i mezzi (se non li ha aspetta e spera.

Tra ospedali (oppressi tra risparmiare, senza smettere di sprecare) e medici di base i Pronto Soccorso in numero insufficiente (sono il segmento più delicato) sopporta l'afflusso di emergenze reali e no con la tecnica delle colorate discriminazioni tra chi deve attendere di più o di meno.

Il Sistema Sanitario Regionale è da indagare, prima e riformare da capo a piedi subito dopo.

ggiannig     
4074  Forum Pubblico / SCRIPTORIUM 2017 - (SUI IURIS). / Isla e Sorrell, i MANAGER più trasparenti, sociali e responsabili del mondo. inserito:: Dicembre 08, 2017, 10:53:49 am
Pablo Isla e Martin Sorrell, i manager più trasparenti, sociali e responsabili del mondo.

Molto meglio di Musk e Bezos


Livia Liberatore    12 ORE   3376
Si può valutare un capo in base al giudizio dei suoi dipendenti, al raggiungimento degli obiettivi annunciati o alla sua capacità di innovazione. La classifica dei cento migliori Ceo diffusa ogni anno dall’Harvard Business Review ordina gli imprenditori in base alla performance economica che hanno assicurato all'azienda ma anche al rispetto dei criteri Esg, Environmental, Social and Governance. È così che in lista non ci sono i prevedibili big del tech come Elon Musk (che non appare tra i primi 100, mentre Sergio Marchionne è al 53° posto) ma trovano spazio figure meno note, rispettose di fattori come la responsabilità sociale d’impresa, la trasparenza e l’ambiente.
Nella classifica del 2017, venti degli amministratori delegati guidano società con sede al di fuori del loro Stato di nascita. In media sono diventati CEO a 44 anni, 29 di loro hanno un Master in business administration, solo due sono donne. Se giudicati soltanto in base alle condizioni finanziarie Jeff Bezos sarebbe il primo ma in questa classifica i rating Esg bassi lo penalizzano e il CEO di Amazon è al 71° posto. Anche se, nota Hbr Review, anche Bezos sta investendo in sostenibilità per recuperare.
Ecco i primi dieci in classifica:
1. Pablo Isla

Pablo Isla. Wikipedia
Società: Inditex
Spagnolo. Descritto come un uomo umile, a volte timido, preferisce i meeting informali alle lunghe riunioni per mantenere lo stile organizzativo di una piccola impresa. Da quando è diventato amministratore delegato ha guidato Inditex, la società che possiede catene di moda come Zara, Massimo Dutti, Bershka, Pull&Bear, Stradivarius, Oysho, in un periodo di espansione globale durante il quale ha aperto in media un negozio al giorno. Viene apprezzata la trasparenza nella gestione e monitoraggio della supply chain e l’incoraggiamento a portare i vestiti usati nei negozi per riciclarli.
2. Martin Sorrell

Martin Sorrell. Wikipedia
Società: Wpp
Britannico, dal 1986 amministratore delegato di Wpp. Ha trasformato l’impresa, che in origine produceva cestini di plastica e teiere, in un colosso della pubblicità e del marketing. Nel 1996 ha pubblicato un articolo sull’Harvard Business Review, nel quale anticipava l’effetto del web sulla costruzione del marchio aziendale. Viene considerato un pensatore e uomo d’affari rivoluzionario, sempre concentrato sui risultati di lungo periodo.

3. Jensen Huang

Jensen Huang. Wikipedia
Società: Nvidia
Nato a Taiwan, nel 1993 è stato cofondatore di Nvidia, azienda nel campo dell’Information Technology che produce processori, schede madri e componenti per computer e console. In questa veste, ha contribuito allo sviluppo del mercato dei videogiochi. È uno dei pochi Ceo con un tatuaggio ed è noto per essere stato un visionario dell’intelligenza artificiale.

4. Jacques Aschenbroich

Jacques Aschenbroich. Wikipedia
Società: Valeo
Francese, dopo aver ricoperto per anni incarichi di tipo politico dal 2009 è a Valeo, azienda produttrice di componenti per le case automobilistiche. Dal suo insediamento ha introdotto un piano strategico per garantire la crescita del gruppo in due direzioni: tecnologie per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e sviluppo nei mercati emergenti.

5. Bernard Arnault

Bernard Arnault. Getty/Pascal Le Segretain
Società: LVMH
Francese. Amministratore delegato della holding del lusso nata dalla fusione fra Louis Vuitton e Moet Hennessy dal 1989, ha votato la sua carriera allo sviluppo del gruppo. Secondo le parole di Arnault riportate in diversi Social Responsibility Report, LVMH è impegnata a rafforzare la cittadinanza aziendale, a promuovere la realizzazione dei dipendenti e a proteggere le risorse naturali, a volte molto scarse, utilizzate nei prodotti.
Leggi anche: Stilisti e uomini (e donne) d’affari: i 25 più ricchi nel mondo della moda. Cinque sono italiani

6. Martin Bouygues

Martin Bouygues. Wikipedia
Società: Bouygues
Gruppo industriale francese attivo nel settore delle costruzioni, telecomunicazioni e media, fondato nel 1952 dal padre di Martin, Francis, e presente in 90 Paesi. Martin Bouygues ha preso la guida dell’azienda nel 1989 e da allora si impegna per assicurare le pari opportunità e lottare contro ogni tipo di discriminazione nella scelta dei propri impiegati.

7. Johan Thijs

Johan Thijs. Nicolas Maeterlinck/AFP/Getty Images
Società: Kbc
Belga, dal 2012 guida l’impresa che offre prodotti assicurativi e bancari integrati, soprattutto nei mercati dell’Europa centrale e orientale. “Prendiamo molto seriamente la nostra responsabilità nei confronti della società e delle economie locali”, ha detto in un’intervista a International Banker, “e puntiamo sull’empowerment dei nostri dipendenti, permettendogli, entro certi limiti, di essere imprenditori all’interno dell’azienda”.

8. Mark Parker

Mark Parker. Neilson Barnard/Getty Images
Società: Nike
Ceo dal 2006, era entrato in Nike nel 1979 come designer di scarpe. Viene descritto come uno degli amministratori più creativi del mondo. Nike è oggi leader mondiale in molte categorie di calzature sportive e occupa una quota del 62% del mercato statunitense delle scarpe da ginnastica. Introverso, amante dell’arte, corridore, incoraggia lo sport fra i dipendenti e fa molte domande per sollecitare idee dal suo staff, in particolare dai membri junior.

9. Elmar Degenhart

Elmar Degenhart. Arne Dedert/AFP/Getty Images
Società: Continental
Nel 2009 è diventato Ceo di Continental, la multinazionale di pneumatici tedesca. Da allora ha avviato una politica di efficienza dei costi e una serie di acquisizioni strategiche, che hanno portato il fatturato ad aumentare. È attento alla sostenibilità ambientale dei veicoli e sostenitore della diffusione delle auto a guida autonoma, in nome della sicurezza sulle strade.

10. Florentino Perez Rodriguez

Florentino Perez con Cristiano Ronaldo. Denis Doyle/Getty Images
Società: ACS
Più noto come presidente del Real Madrid, dal 1993 lo spagnolo Perez è anche amministratore delegato del gruppo di ingegneria civile Acs, Actividades de Construcción y Servicios. Per anni, dal 1976 al 1982, ha lavorato nel settore pubblico spagnolo. Ha un alto ranking nella Corporate Social Responsibility.

Da - https://it.businessinsider.com/bezos-e-musk-mangiano-la-polvere-e-lui-il-miglior-ceo-del-mondo-per-harvard-business-review-ecco-la-top-10/
4075  Forum Pubblico / ECONOMIA e POLITICA, ma con PROGETTI da Realizzare. / Di Tomaso MONTANARI. La lista Grasso, una grande occasione perduta. inserito:: Dicembre 08, 2017, 10:39:53 am
La lista Grasso, una grande occasione perduta

Di Tomaso Montanari,
da huffingtonpost.it

È successo qualcosa, a Sinistra. Finalmente.

La nascita di "Liberi e uguali" è un sasso nello stagno. E davvero si deve guardare con enorme rispetto alla soddisfazione delle migliaia di compagne e compagni che hanno partecipato all'assemblea di Roma.

E c'è un "però". Non è possibile non chiedersi se i milioni che a quel processo non hanno partecipato ­– i cittadini di sinistra – saranno altrettanto soddisfatti di questa nascita. Al punto di votare in massa per la nuova lista.

Bisogna farlo con delicatezza, per quanto possibile. Perché in un momento così terribile nessuno ha il diritto di uccidere un entusiasmo, per quanto piccolo o magari mal fondato. E perché, è vero: non abbiamo più voglia di prendere atto di fallimenti e insuccessi. "Non facciamo troppo i difficili", pensano in molti: "prendiamo quel che si può, e tiriamo avanti". E poi, nell'Italia di Salvini, Berlusconi, Renzi, quale persona di buon senso e con un cuore normalmente a sinistra potrebbe dare la croce addosso a Civati, Fratoianni, Speranza, o all'ottimo Piero Grasso?

E però. E però non si può tacere. Perché se vogliamo che questa Italia non sia più appunto quella di Salvini, Berlusconi, Renzi, non possiamo continuare a fare quello che si è fatto ieri a Roma: continuare a perdere ogni occasione di svolta.

Perché il succo della vicenda è che tre partiti (due piccoli, uno minuscolo) hanno fatto una lista comune. Hanno costruito un'assemblea dividendosi le quote di delegati. Che sono tutti loro iscritti tranne un piccolissimo numero (meno del 3%, cioè circa 40 sui 1500, cui però si aggiungono altri "interni" al sistema, e cioè quasi 200 membri "di diritto": parlamentari, assessori, sindaci...). Niente di male: ma questa è la cucitura del vecchio, non c'è niente di nuovo. È un progetto fatto per chi è "dentro" la politica, non è un progetto capace di parlare a chi è fuori. Ed è perfino umiliante che quella "società civile" alla quale non si è voluta cedere sovranità attraverso una partecipazione vera e senza piloti occulti, sia poi stata chiamata a fare da "centrotavola" attraverso dei "testimonial". Come alla Leopolda, nella peggiore tradizione del marketing politico.

L'aspetto ironico è che poi questi delegati non hanno fatto che "acclamare" un capo deciso altrove: senza nemmeno votarlo. Il Fatto quotidiano l'ha definita una cerimonia: ecco, non era un'assemblea, era una bella cerimonia. E allora perché, ci si chiederà, blindare con tanta ferocia le quote dell'assemblea? Ma perché sarà poi questa stessa assemblea a dover ratificare le decisioni delle tre segreterie sulle candidature e i loro criteri, e cioè sull'unica cosa che venga ritenuta importante.

Ma torniamo alla cerimonia. Nessuna persona di buon senso ce la può avere con Pietro Grasso: anzi, sarà un piacere avere una voce come la sua nella canea dei leaders politici italiani. Ma è fin troppo scoperto il gioco che ha portato Grasso all'incoronazione di ieri: il gioco di un calcolo mediatico (non fatto da lui, sia chiaro: ma su di lui). Un calcolo fatto sui sondaggi. Una scelta di palazzo: ombelicale, priva di fantasia. Senza un grammo della forza che hanno, per esempio, le storie di Pablo Iglesias, Jeremy Corbyn, Alexis Tsipras, Bernie Sanders. E il dettaglio per cui sul simbolo dovrebbe essere scritto "Liberi e uguali per Grasso" suona come una drammatica smentita del nucleo più carico di futuro della Sinistra che ancora non c'è: tutto quello che sta cambiando in meglio il Pianeta è fondato sul "Noi", non sull' "Io", sulla comunità e non sul capo. Per questo, la fotografia dei quattro piccoli capi insieme al grande capo – tutti maschi – della "nuova sinistra" rischia di essere il rovesciamento simbolico di tutto quello che potranno dire.

Il vicedirettore dell'Huffington Post, Alessandro De Angelis, ha detto ieri, a mezzora in più, che "ci voleva più cuore", più coraggio, più radicalismo, più voglia di cambiare: perché così si sta costruendo solo un piccolo "Pd dal volto umano" che non recupererà né i voti degli astenuti, né quelli dei 5 stelle. Lo penso anche io.

E lo penso anche perché ieri il capo è stato acclamato senza un progetto. Senza un programma. Senza aver prima esplicitato quale visione del paese abbia questa nuova forza elettorale. E senza aver chiarito quale rapporto c'è – se c'è – tra quella visione e la scelta del leader.

C'è, è vero, un manifesto di cinque cartelle: che conosco bene perché ho contribuito a scriverlo anche io. Ma proprio per questo so che è solo una sommaria dichiarazione di direzione. E soprattutto so quanta fatica si è dovuta fare per arrivarci. E so che se ieri un vero programma non è stato presentato è perché su molti nodi cruciali non c'è accordo, tra i contraenti.

Un aneddoto, che serve a spiegare cosa intendo. Nella prima versione di un lungo testo che Guglielmo Epifani (incaricato da Mdp della trattativa per quel manifesto) ci propose, si leggeva questa imbarazzante frase:

Vanno eliminate le forme contrattuali più precarie, e i contratti a termine privi di casuale, il lavoro precario deve essere più costoso per l'impresa rispetto a quello stabile, e vanno introdotti elementi di costo aggiuntivi per le imprese che non rinnovino o stabilizzino. i contratti a termine.

Quello stesso giorno, per puro caso, Papa Francesco aveva detto:

Anche il lavoro precario è una ferita aperta per molti lavoratori (...). Precarietà totale: questo è immorale! Questo uccide! Uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società. Lavoro in nero e lavoro precario uccidono.

E niente: è tutto qua. La distanza abissale tra il linguaggio del Papa e quello dell'ex segretario della Cgil è la distanza che una nuova Sinistra avrebbe dovuto esser capace di coprire. Non ci riuscimmo allora: chiudemmo su quelle poche pagine, rimandando al dopo un lavoro serio sul programma. Che però avrebbe dovuto esser fatto prima della presentazione della lista: perché altrimenti, di cosa esattamente parliamo? Per non fare che un esempio: cosa pensano Liberi e Uguali della riforma Fornero?

Se non è ancora possibile, a cerimonia conclusa, rispondere a questa e a moltissime analoghe domande è perché Mdp non ha ancora fatto i conti con la storia del centrosinistra. Se tutto si risolve nell'antirenzismo, se a essere profondamente rimessi in discussione sono solo gli ultimi tre anni, e non gli ultimi venticinque, nulla di nuovo potrà nascere. Il problema della presenza dei vari D'Alema e Bersani è tutta qua: nulla di personale, ovviamente. Ma se la loro presenza lì dentro impedisce di dire la verità su quello che proprio loro hanno fatto, se non si ha il coraggio di sconfessare una storia, allora il nuovo non può nascere. Durante una delle nostre discussioni, Epifani, con il suo garbo, mi disse: "Ma allora tu vuoi dire che nulla di quello che abbiamo fatto quando eravamo al governo andava bene?". Sì, vorrei dire proprio questo. La pagina del centrosinistra alla Tony Blair è una pagina da cui liberarsi. Senza se e senza ma.

E il fatto che il programma non sia ancora uscito, significa che questa liberazione non c'è ancora stata. Se, nelle prossime settimane, Mdp si mangerà Sinistra Italiana sui contenuti, come già se l'è mangiata nei rapporti di forza dell'assemblea, allora il disastro sarà completo.

È questa la principale ragione per cui chi si è riconosciuto nel progetto del Brancaccio ieri non era a Roma: perché quel progetto invocava una radicale discontinuità con i governi del centrosinistra (che hanno sfigurato l'Italia non meno di quelli del centrodestra), una totale democraticità del percorso, una alleanza tra cittadini e partiti, un e un nuovo linguaggio radicale capace di riportare al voto gli astenuti e di contendere i voti non tanto al Pd, quanto ai 5 Stelle.

Nulla di tutto questo c'è, nella "nuova proposta" di Liberi e Uguali.

Certo, molti di noi la voteranno comunque: per mancanza di meglio. Ma è davvero impossibile non dire che questo è l'estremo tentativo di rattoppare il vecchio, non è l'inizio di qualcosa di nuovo.

Per il nuovo bisognerà lavorare ancora molto, duramente e per altre strade. Lo faremo: non c'è altra scelta.

(7 dicembre 2017)




Dado Derrick · Scuola Media Sinopoli
Caro Montanari,
La lista LeU è quanto di meglio i vecchi politici (non nel senso dell'età, ma in quello del deja vu ) potessero produrre. E' evidente che chi vuole l'inizio di qualcosa di nuovo non ci si può ritrovare. Temo che il problema sia nella sfiducia in se' stessi che gli anni trascorsi hanno seminato a piene mani tra le nuove generazioni. In esse , anche a sinistra, mi pare che prevalga il contrasto tra il bisogno di avere un'entità solida e riconosciuta a cui far riferimento e il rifiuto di riconoscerla in partiti che hanno vissuto e in buona parte condiviso il degrado politico ed economico degli anni trascorsi .La partecipazione da protagonisti in prima persona è oggi vista come impossibile e/o inutile dalla grande maggioranza del popolo, come dimostra lo scarso numero degli iscritti e dei votanti nelle iniziative dei 5 stelle.

Corrado V. Giuliano · Titolare presso Studio legale giuliano
Caro Tomaso è convincente la Tua analisi, li voteremo "comunque", ma basta questo? Sicuramente non solo non basta ma resta una occasione perduta, la carica di frustrazione sarà capace di condurre ad una rinascita del progetto? Non è la via migliore nè quella che avrebbe dovuto lastricare il percorso di una sinistra che si lascia dietro venticinque e più anni di riflessioni radicali e lucide, di rivendicazioni mancate, di rassegnazioni attendiste, di rimandi ad un momento di energia che pure resiste e resta forte nella società italiana, restando però sempre dentro l'ambito asfissiante e parali...Altro...

Francesca Castelli · Roma
Secondo Montanari io sono una persona che non ha buon senso. Sarà anche così ma qualche parola voglio spenderla sull'ottimo Grasso. Ho sempre ritenuto che l'esperienza della vita lavorativa di ognuno di noi gioco forza tende a caratterizzare i nostri pensieri ed a forgiare la nostra mente dandole una peculiare visione della vita. Senza andare a scomodare i nostri filosofi classici chi è chiamato ad esercitare l'arte della politica deve possedere delle virtù che certamente non si conciliano con chi, seppure in modo estremamente lodevole, ha trascorso buona parte della sua vita a giudicare secondo legge. Il politico è tutt'altra cosa: egli si forgia attraverso quanto meno nella militanza in attività politiche sin da giovane. Non c'è da meravigliarsi quindi se Montanari si lamenta che la neonata compagine politica di sinistra sia nata senza un programma, un progetto il cui capo è stato eletto per acclamazione. E' qui secondo me il grande errore compiuto da Grasso: avrebbe dovuto pretendere una votazione sulle sue idee che avrebbero dovuto dare inequivocabili risposte alle domande sacrosante che oggi si pone Montanari. A questo punto mi nasce una domanda ma se all'uomo Grasso non fosse stata fatta la promessa di guidare il nuovo partito di sinistra, avrebbe sempre dato con tanta baldanza l'addio al PD? Sono sincero ora mi sovvengono le storiche querelle che non permisero al giudice Caselli di sedersi a pieno diritto sullo scranno di capo dell'antimafia, ma lo sappiamo a suo posto fu "preferito" altro magistrato.

Da - http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-lista-grasso-una-grande-occasione-perduta/
4076  Forum Pubblico / ITALIA VALORI e DISVALORI / PAOLO RUSSO - SANITà, partiti divisi sul ruolo del privato inserito:: Dicembre 08, 2017, 10:37:08 am
Ridateci i medici che sanno fare diagnosi: oggi per il paziente è via crucis tra gli specialisti
Nella medicina moderna sembra sparito lo sguardo d’insieme e ormai chi sta male viene spedito da mille diversi esperti per capire cosa ha. E forse anche per questo si moltiplicano i santoni e le cure fai-da-te

DI ALESSANDRO GILIOLI   
07 dicembre 2017

Il dottore ideale, quello dei nostri sogni, è un/una rassicurante professionista di mezza età che prima ascolta pazientemente le tue lamentazioni, quindi ti osserva 
la lingua, ti misura la pressione, ti ausculta il torace, magari smartella un attimo
le ginocchia e infine decide che malattia hai: imbroccandola, naturalmente. 
Due ricette rosse, una visita in farmacia e tre settimane dopo stai bene come prima.

Questo medico non esiste - se non nei nostri sogni appunto - e dobbiamo farcene una ragione.
Purtroppo però esiste sempre di più il suo opposto esatto: il medico che sbadiglia o risponde al cellulare mentre gli spieghi i tuoi sintomi, se fuori dallo studio c’è un po’ di coda nemmeno ti visita, poi ti guarda un po’ scocciato e rapidamente ti prescrive un decathlon di esami diagnostici specialistici, senza spiegartene le ragioni.

A questo punto il mondo (dei pazienti) si divide in due: quelli che rassegnatamente si trascinano alla più vicina Asl e prenotano appuntamenti per tutti i mesi a venire, dopo essersi dotati di agende anche degli anni successivi; e quelli, più benestanti 
o coperti da assicurazione, che si recano in un centro privato per affrontare i test a batteria, uno via l’altro, un giorno nel tubo della Rmn e il mattino dopo a farsi punzecchiare con l’elettromiografia.

Abbandoniamo cinicamente i primi (i meno abbienti) al loro destino: probabilmente non riusciranno a completare l’inventario degli esami prescritti prima di quello autoptico.

La medicina è ormai un prodotto di consumo e siamo bombardati da notizie sull'ultima miracolosa cura di turno. Così negli ultimi anni anche le persone sane sono state trasformate in potenziali malati per vendergli qualche pillola

Prendiamo in considerazione invece i più fortunati secondi, che mettendo mano al portafogli collezionano una decina di chili di referti e poi iniziano a farsi ricevere negli studi con boiserie degli specialisti. Sembrerà strano, ma è a questo punto che per il/la paziente inizia il gioco più divertente, basato - un po’ come il biliardo - sul principio del rimbalzo con traiettorie più o meno prevedibili. Ad esempio, il cardiologo ti manda dal gastroenterologo che ti consiglia una visita dal neurologo, il quale viste le carte ti spedisce dall’epatologo, che però scuote la testa, prescrive nuovi test 
e ti inoltra dall’ematologo, e così via con qualche picco da brivido (la sala d’attesa dell’oncologo è tra le meno ambite) e talvolta un finale dall’otorino, il quale non avendo capito perché ti hanno mandato lì, già che c’è ti stura l’orecchio col siringone, per dare un senso all’incontro. E così alla fine di tutto il circo non è che ti senti meglio, ma almeno ci senti meglio.

Tutto questo è parodia, s’intende. O quasi. In ogni caso forse un problema ce l’ha, 
la medicina contemporanea così iperspecializzata e iperfondata sulle più evolute macchine diagnostiche. E il problema è che quasi nessuno ti guarda più per intero, dai piedi alla testa, dall’anima all’unghia. Sembra che ciascuno di noi non sia più una cosa sola e totalmente interconnessa al suo interno, bensì un’addizione 
di componenti meccaniche, pistoni, giunti, cuscinetti a sfera, assali. Tu stai male 
e vai dal medico di base, che ti spedisce dallo specialista dei pistoni, il quale 
ti assicura il funzionamento del pistone quindi lui non c’entra e ti assegna al tecnico dei cuscinetti a sfera, proviamo un po’ a vedere che dice lui, eccetera.

E a questo punto al sottoscritto - rigidamente razionalista, illuminista, scientista, cartesiano e kantiano - viene tuttavia un dubbio: non è che oggi hanno tanto successo i bufalari della salute, on line o meno, perché la medicina vera sbaglia qualcosa, almeno nell’approccio al paziente?
© Riproduzione riservata 07 dicembre 2017

Da - http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/11/29/news/i-medici-che-sanno-fare-diagnosi-sono-estinti-per-il-paziente-e-via-crucis-tra-gli-specialisti-1.315123?ref=HEF_RULLO
4077  Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / MARCELLO SORGI. Prove di alleanze all'ombra del Colle inserito:: Dicembre 08, 2017, 10:34:28 am
Prove di alleanze all'ombra del Colle

Pubblicato il 07/12/2017

MARCELLO SORGI

Sarà per via dell’imprevedibile (almeno nelle dimensioni di questi giorni) successo di Berlusconi al suo ennesimo ritorno in campo, ma attorno ai 5 stelle si registrano strani movimenti. Il corteggiamento di Mdp e altri pezzi di sinistra, compresa la parte di Campo progressista di Pisapia non ancora rassegnata all’accordo con Renzi, punta a rendere più esplicita la disponibilità di Di Maio, al momento solo intuibile, a un’alleanza di governo post-elettorale, e a capire se e a quali condizioni potrebbe veramente realizzarsi. L’intervista che pubblichiamo oggi in cui il candidato-premier di M5s fa un’inattesa apertura all’Europa, oltre a essere una novità, sembra un altro passo in quella direzione.

 Per tutto il largo fronte - dai cattolici tradizionali alla Scalfaro o democratici alla Rosi Bindi, al centro tecnocratico stile Monti, alla sinistra post-comunista di Bersani, alla sinistra-sinistra - che nel ventennio berlusconiano viveva di antiberlusconismo e in quell’ambito trovava le ragioni di una fragile unità, tendere un filo verso i 5 stelle, sempre che questi siano disposti a raccoglierlo, potrebbe rappresentare un’alternativa all’inevitabile - come ora viene descritto, nel caso dalle urne di primavera non esca una maggioranza - ritorno alle larghe intese tra Pd e Forza Italia. 
 
Si tratterebbe, non di delineare subito un accordo, per il quale Grillo, Casaleggio e Di Maio non sarebbero pronti, ma di inaugurare un confronto, magari sorvegliato dal Quirinale, simile a quello che nella Prima Repubblica serviva ad ammorbidire la cortina di ferro stesa per ragioni interne e internazionali attorno al Pci; oppure, più di rado e sempre senza successo fino all’arrivo di Berlusconi, a tentare di scongelare a destra i voti parlamentari del Msi. Nel primo caso, grazie anche al comune lavoro e alle radici piantate all’epoca della Costituente, l’asse trasversale tra il partito di Togliatti e Berlinguer e parti consistenti di tutte le forze che stavano al governo divenne un’architrave dell’intero edificio repubblicano, fondato sul consociativismo, a dispetto di un anticomunismo più declamato che praticato. Tal che, dopo De Gasperi, e con pochissime e limitate eccezioni, per più di trent’anni quasi tutti i governi democristiani, fino a quelli di solidarietà nazionale 1976-’79 che lo ebbero come alleato, cercarono sempre di stabilire buoni rapporti con il Pci. Cosa che fece anche Spadolini, primo presidente laico del Consiglio, all’inizio degli Anni Ottanta, e subito dopo non volle fare Craxi, teorico, nel periodo della presidenza socialista, delle maggioranze delimitate di pentapartito e di una competizione dura con i comunisti, volta a farne emergere le ambiguità para-sindacali e le difficoltà ad accettare pienamente il rapporto con la modernità capitalistica e industriale dell’Italia. Ciò finì col destabilizzare l’assetto consolidato, ancorché instabile, della Prima Repubblica, malgrado la sorda opposizione di mezza Dc, e ne accelerò la crisi con conseguenze che poi portarono alla caduta del sistema nel fatale 1993. 
 
Può bastare, questo, a immaginare che adesso, al tramonto della Seconda Repubblica - e alla vigilia di un passo verso l’ignoto, dato che tutti prevedono che la nuova legge elettorale non darà vita ad alcuna solida maggioranza - si apra (o si riapra, dato che fu Andreotti a inventarlo) un secondo forno a 5 stelle, per far fuori insieme i dioscuri del patto del Nazareno Renzi e Berlusconi? Si sa, ragionare su quel che è già accaduto, spesso è utile. Ma paragonare quel passato, che tanti oggi cominciano a rimpiangere, con l’incerto presente attuale, è impossibile: troppe cose sono cambiate. E tuttavia colpisce che già in vista del ritorno del proporzionale, e senza ancora averne misurato gli effetti nel voto, certi meccanismi politici si ripropongano, come se nulla fosse.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/12/07/cultura/opinioni/editoriali/prove-di-alleanze-allombra-del-colle-0yHb0Q9vNRbKBb4vLqKMWI/pagina.html
4078  Forum Pubblico / MOVIMENTO 5STELLE: Valori e Disvalori / Di Maio: “C’è una guerra sociale in corso, solo l’Europa può salvarci” inserito:: Dicembre 08, 2017, 10:33:24 am
Di Maio: “C’è una guerra sociale in corso, solo l’Europa può salvarci”

Il candidato premier M5S: «Mettiamo il Parlamento al centro dell’Ue. Il referendum sull’euro? Una pistola che resta sul tavolo»

Pubblicato il 07/12/2017 - Ultima modifica il 07/12/2017 alle ore 18:21

ILARIO LOMBARDO, MARCO ZATTERIN
ROMA

Si dice che l’Europa sia il motivo per cui non scoppiano guerre, ma io una guerra in corso la vedo, è una guerra sociale alimentata da disparità e povertà». Il tono della voce di Luigi Di Maio si fa serio e preoccupato, almeno sino a che cala la soluzione che non ti aspetti. «Non dico che l’Ue ne sia la causa principale - spiega il leader M5S -, ma sono certo che possa essere lo strumento per risolverla». Niente paura, è il messaggio: la situazione è seria, ma l’Europa ci può salvare. 
 
Montecitorio, secondo piano. Di Maio siede al tavolo di lavoro del suo studio di vicepresidente della Camera. Ambiente sobrio, il giusto disordine. Una scatola di mentine quasi vuota. Quadri d’epoca, un Financial Times incorniciato. L’aspirante premier parla di Europa. Quella che nel 2014 i grillini «volevano aprire come una scatola di tonno» e che oggi gli pare una via di uscita, per quanto da ridisegnare e non poco.

Onorevole, ma la «sua» Europa è un veicolo o un fine? 
«Certamente un veicolo. Serve per portare i popoli europei verso una qualità di vita e di benessere maggiore».
 
In che modo? 
«La priorità è la creazione di un Welfare fondato su una maggiore solidarietà e una lotta alle diseguaglianze. Non significa criminalizzare chi si arricchisce, ma consentire a milioni di poveri di reinserirsi nella società».
 
Una soluzione «europea»? 
«Sì, perché negli ultimi anni molte cose sono cambiate. Guardiamo la Germania che non riesce a formare un governo, la Francia di Macron che ha disintegrato i vecchi partiti. Il panorama mutato suggerisce una grande opportunità per l’Italia. E non solo perché siamo abituati a non avere governi super-stabili e siamo più bravi a gestire le crisi».
 
Come spiega questa debolezza generalizzata? 
«Sono state rimandate alcune grandi questioni europee. Così si è arrivati alla Brexit. La parola d’ordine di un governo M5S deve essere “dialogo con gli altri Paesi in una condizione favorevole per l’Italia” che, di nuovo, può rivendicare la posizione di seconda potenza manifatturiera, Paese fondatore e alla pari con gli altri. Mi spiego? Chi ci incitava ad assicurare la stabilità oggi è più instabile di noi».
 
M5S è dunque un partito per l’Europa? 
«Noi vogliamo restare e senza ultimatum. Ma occorre intervenire su alcune questioni, a partire dal governo dell’Ue».
 
Come si cambia? 
«Una proposta centrale è l’eliminazione dello sbilanciamento istituzionale. Oggi il Consiglio Ue è gestito dai governi che decidono all’unanimità sulle materie di maggior interesse per i cittadini, come il fisco. La nostra proposta trasferisce i maggiori poteri al parlamento europeo, che rappresenta i cittadini e va più legittimato di governi che sono sempre più di minoranza. Parlamento e Commissione devono avere potere di iniziativa legislativa. Bisogna rendere più efficace l’azione».
 
E interventi pratici a vantaggio dell’Italia? 
«Comincerei dai parametri per le banche e l’accesso al credito, che vanno scritti pensando che il nostro è un sistema al 95% di piccole imprese. Non possiamo accettare che si agisca come dicono i tedeschi e i francesi che hanno un sistema imprenditoriale differente. E questo vale anche per agroalimentare e pesca: basta con accordi che ci penalizzano e creano concorrenza sleale. Il mercato unico è una grande occasione se protetto e controllato negli accessi».
 
Tedeschi e francesi si fanno ascoltare più di noi. 
«Il Bundenstag ha quasi 80 rappresentati a Bruxelles. La Camera italiana ne ha uno. Vorrei uno Stato che con tutte le sue istituzioni faccia il lobbista dei cittadini italiani». 
 
Come pensate di cavarvela con l’asse franco-tedesco? 
«La riforma del governo dell’Ue con i maggiori poteri al parlamento farà sì che l’asse sarà fra le forze politiche e non fra i paesi. È la grande occasione per far valere la forza dell’Italia».
 
Fate spesso riferimento al «nuovo» Macron. Potreste creare un qualcosa in Europa assieme a lui dopo l’alleanza con Farage? 
«Ci siamo confrontati sull’immigrazione, gli abbiamo detto che non si può essere europeisti con le frontiere degli altri. Ci sono invece punti di contatto sulla riforma francese del Welfare. Noi vogliamo portare in Italia le buone pratiche degli altri, qualunque sia il governo che le origina».
 
Da Tsipras a Farage a Trump e ora anche a Macron, siete una forza «on demand»? 
«Mi piace. Questo è proprio il punto. Le soluzioni efficaci non hanno nazionalità o colore politico. Non si parla più di destra o sinistra, di capitalismo o socialismo».
 
Però l’idea di una intesa a sinistra dopo il voto di primavera piace ai parlamentari M5S più dell’asse con la Lega. 
«Per ora non parliamo con nessuno. A noi interessa precisare il metodo. Ma se riceveremo l’incarico, i parlamentari di tutti i partiti saranno messi davanti a una scelta: darci la fiducia, o andarsene a casa e si rivota».
 
Potreste allearvi con Macron dopo le europee del 2019? 
«Dovremmo trovarci un gruppo. Ma non ci sono contatti con Macron né guardiamo a populisti, estremisti xenofobi o movimenti che ricordano la vecchia sinistra europea».
 
Ammetterà che la vostra posizione sull’Europa si è evoluta. 
«Non è cambiata la nostra linea, ma le condizioni in seno all’Ue. Non ci sono più governi monolitici che ci schiacciavano, i grandi sono ridimensionati. L’Italia può farsi valere».
 
Minacciando il referendum sull’euro, per quanto consultivo? 
«La consideriamo una extrema ratio. Mentre vedo ampi margini di contrattazione su deficit per favorire la crescita». 
 
M5S ha detto che vorrebbe politiche espansive alla Trump. Coi nostri numeri, è difficile senza violare le regole Ue. 
«Non voglio violarle. Voglio ricontrattarle, come di fatto hanno fatto Francia e Spagna. Investono nella famiglia perché hanno sforato il tetto del 3% per il deficit. Noi non metteremo tasse sulla casa o patrimoniali».
 
Torniamo al referendum. La vostra credibilità a Bruxelles sarà sempre limitata se tenete questa pistola sul tavolo. 
«Questo è chiaro. Ma l’obiettivo non è rendere felici gli altri. E’ fare in modo che nell’ambito dell’Ue gli interessi dei diversi Paesi si ritrovino allo stesso tavolo. E’ un peso contrattuale».
 
Piazza vuota, salta l’agorà 5 Stelle? Di Maio: “Non è vero, modalità cambiate”
 
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Da - http://www.lastampa.it/2017/12/07/italia/politica/di-maio-c-una-guerra-sociale-in-corso-solo-leuropa-pu-salvarci-KrosEDOBBMgxCyJBEZNeSL/pagina.html
4079  Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / MINNITI: I fascisti hanno dichiarato guerra alle idee. - di FEDERICO MARCONI inserito:: Dicembre 08, 2017, 10:31:55 am
Minniti: «I fascisti hanno dichiarato guerra alle idee. La risposta dello Stato sarà dura»

«Non si può essere violenti con chi pensa cose diverse da noi. Passato questo limite non si torna più indietro».
Il ministro critica duramente il blitz di Forza Nuova nel corso di un lungo colloquio con Marco Damilano.
E sullo Ius Soli: «È fondamentale per il futuro del paese»

DI FEDERICO MARCONI
07 dicembre 2017

Minniti: «I fascisti hanno dichiarato guerra alle idee. La risposta dello Stato sarà dura»
«"Hanno dichiarato guerra alle idee". È questa la prima cosa che ho pensato appena ho saputo dell’azione di Forza Nuova sotto la redazione dell’Espresso. E in una democrazia questo non è possibile. Il rispetto per le idee degli altri non può mai mancare. La Repubblica italiana si fonda sull’antifascismo e sulla libertà di stampa. E su questi due punti non si può transigere. Non possiamo sottovalutare queste azioni, che hanno un altissimo valore simbolico. Queste azioni devono essere perseguite dalla legge, ma nel rispetto delle regole e degli strumenti della democrazia». È forte la presa di posizione di Marco Minniti sui fatti del 6 dicembre. Il ministro dell’Interno non ha potuto evitare il tema nel corso di un lungo colloquio con il direttore dell’Espresso Marco Damilano, che si è tenuto nel corso della seconda giornata di Più libri più liberi.

Per Minniti ieri è stato oltrepassato un limite. «In democrazia, le idee degli altri possono non piacere. Ma le persone non possono essere attaccate per questo. Non si può minacciare la libertà di stampa, ne quella di espressione». Viene incalzato sulla possibilità di sciogliere questi gruppi in base alle leggi Scelba e Mancino. E il ministro risponde chiaramente: «La legge è già stata utilizzata, contro Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale per esempio. Ma prima di utilizzarla, l’importante è fare le indagini. Con queste dobbiamo costruire un percorso che permetta di dimostrare, in materia inequivocabile, che questi gruppi sono contro la democrazia. Senza possibilità di ricorso alcuno». Perché, sottolinea: «Se poi un giudice li assolve per insufficienza di prove, queste persone, questi gruppi, rischiamo di farli passare per eroi, perseguitati dalla legge».

Blitz di una dozzina di militanti del partito di estrema destra. Un'intimidazione arrivata dopo gli articoli della nostra testata sugli affari della galassia nera

In questo clima di incertezza politica, però, questi gruppi antidemocratici non troveranno linfa: «I corpi dello Stato che rappresento non subiscono incertezza politica». E poi citando Ciampi, che nella notte delle stragi del 1993 non riusciva a chiamare il centralino del Viminale, afferma: «L’Italia è l’unico paese al mondo ad aver sconfitto un terrorismo interno e un terrorismo mafioso, senza cedere a uno Stato d’eccezione, senza cedere a svolte antidemocratiche. Questo è un patrimonio straordinario per l’Italia di oggi».

Si parla poi delle prossime elezioni. Damilano chiede se il ritorno dei collegi uninominali, anche in territori dove la mafia è fortemente radicata, metta a rischio la tenuta democratica del Paese. «Per colpire al cuore le mafie dobbiamo recidere il rapporto che hanno con la politica» risponde Minniti «il voto è il cuore dell’espressione libera del cittadino. Se quel voto è contaminato dalla criminalità organizzata è un problema cruciale per la democrazia. La politica deve dimostrare di saper resistere alla sensazione faustiana delle mafie. Quando un politico fa un patto con le mafie, si illude di poterlo controllare. Ma non è così. Una democrazia vince se un politico non ha vincoli».

«A Roma la mafia c’è?» la domanda diretta di Damilano. «Abbiamo avuto molte indagini e processi che dicono questo. Non c’è dubbio alcuno che ci siano organizzazioni mafiose che agiscono a Roma e nel litorale romano. E l’obiettivo che ci siamo dati è liberarlo» risponde Minniti, che annuncia: «Non daremo tregua alle organizzazioni criminali di Ostia, fino a che la partita non sarà vinta».

Si tocca poi l’argomento dei migranti. «Un tema centrale, non solo nella nostra epoca, ma nella storia dell’uomo» risponde Minniti, che avverte: «Bisogna comprendere che l’unica soluzione a questo problema strutturale è controllare i flussi. Non rincorrerli. E questo significa togliere la vita dei migranti dalle mani dei trafficanti. Che sino a che continuano a fare quello che vogliono, hanno in mano le chiavi delle democrazie europee. Noi stiamo lavorando per governare i flussi migratori. Quest’anno abbiamo 56mila arrivi in meno. Noi però dobbiamo distruggere l’illegalità per costruire canali legali, tenere così insieme legalità e sicurezza».

Damilano però gli ricorda che la principale critica che viene mossa al ministro è di aver dato un ruolo di primo piano proprio ai trafficanti. Minniti si scalda, non rispondendo però del tutto: «Noi abbiamo costruito un patto positivo con la Libia. Onu e Unhcr possono agire in Libia grazie a quel patto. Unhcr ci ha ringraziato. Grazie a noi l’Oim può agire in tutti i campi di accoglienza libici».

L’ultima battuta è per lo Ius Soli. «Chi ha detto che lo Ius Soli non arriverà all’approvazione. Il calendario dice che è in calendario in Senato» afferma Minniti, prima di ricordare che è una sua battaglia: «Per me lo Ius Soli non è una legge sull’immigrazione, ma una legge sull’integrazione. E un paese che vuole pensare al proprio futuro, deve avere ottime politiche di integrazione. Così da sconfiggere anche i terrorismi islamici».

Da - http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/12/07/news/minniti-i-fascisti-hanno-dichiarato-guerra-alle-idee-la-risposta-dello-stato-arrivera-e-sara-dura-1.315702?ref=HEF_RULLO
4080  Forum Pubblico / AUTRICI e OPINIONISTE. / Gabriella Cerami Rignano sull’Arno passa nel collegio di Firenze. inserito:: Dicembre 07, 2017, 06:41:59 pm
Rignano sull’Arno passa nel collegio di Firenze.
Il parere delle commissioni accontenta Renzi
D’Attorre denuncia “accordo Pd-Forza Italia”. I dem ottengono la modifica di 11 collegi toscani su 14. Lombardia resta immutata

 07/12/2017 15:11 CET | Aggiornato 18 minuti fa

Gabriella Cerami
Politics reporter, L'Huffington post

L'accordo Pd-Forza Italia con l'appoggio di Lega e Ap accontenta Matteo Renzi e Rignano sull'Arno entra nel collegio di Firenze. "Mi candido? A questo punto non lo so", aveva detto l'ex premier nel leggere che i tecnici della commissione, presieduta dal presidente dell'Istat, avevano accorpato il suo comune a Livorno e non a Firenze. Così è intervenuta la commissione Affari costituzionali con il Pd che ha sollevato il caso, come già aveva fatto Maria Elena Boschi in Consiglio dei ministri, chiedendo di "preservare quanto più possibile l'integrità delle aree vaste e, in particolare, della città metropolitana di Firenze". È scritto nero su bianco nei pareri non vincolanti, approvati dalla commissione di Palazzo Madama e da quella di Montecitorio. Pareri che andranno sul tavolo del governo per il via libera finale ed è in questa sede che l'esecutivo metterà a punto la mappa. Anche se non si legge espressamente Rignano sull'Arco, il riferimento è "chiaro e diretto alla città di Renzi", dice Mdp che ha votato contro, mentre M5s non ha partecipato al voto. La Toscana è la roccaforte del giglio magico renziano e il Pd ha chiesto di modificare undici collegi su quattordici.

"Pd e FI hanno raggiunto l'accordo anche alla Camera e sostanzialmente ricalca quello del Senato", denuncia Alfredo D'Attorre di Mdp. L'accordo consisterebbe nel non apportare modifiche ai collegi della Lombardia, come chiesto da Forza Italia, e cambiare invece quelli della Toscana. "Pur di avere l'accordo il Pd ha acconsentito alla richiesta di FI di non cambiare nulla in Lombardia, mentre ha ottenuto delle modifiche in Campania, Sicilia e Basilicata". Le opposizioni segnalano anche il comune di Castelfiorito, da sottrarre al collegio di Poggibonsi e inserirlo nel collegio di Empoli. Anche qui si tratta della Toscana e "Castelfiorito è il paese di Luca Lotti", dice ancora il deputato D'Attorre.

Tra i suggerimenti ci sono anche modifiche per l'Abruzzo per la Campania, la Sicilia, l'Umbria, la Basilicata. Dure critiche sono arrivate da Mdp, che aveva chiesto una modifica per Roma ma non è stata accolta. "Si conclude - ha spiegato al termine del voto il relatore Emanuele Fiano (Pd) - l'iter parlamentare di messa in funzionalità della legge elettorale, ora il governo dovrà fare il decreto finale sui collegi. Sono 16 le modifiche chieste a fronte di 445 collegi, tra quelli plurinominali e uninominali di Camera e Senato. Alle critiche di Mdp ho replicato dicendo che le modifiche non sono di natura politica". Ma nel vedere la mappa della Toscana Mdp alza la voce. Intanto i dem hanno presentanti un emendamento alla manovra per tagliare di un quarto il numero delle firme da presentare a supporto della lista per i partiti non presenti in Parlamento come prevede il Rosatellum. Emendamento che va incontro alle richieste dei Radicali.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2017/12/07/rignano-sull-arno-passa-nel-collegio-di-firenze-il-parere-delle-commissioni-accontenta-renzi_a_23300090/?utm_hp_ref=it-homepage
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