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556  Forum Pubblico / SIAMO DIFFERENTI e DIVERSI, UGUALI nei DIRITTI e DOVERI, ma DIVISI in CATEGORIE SOCIALI. / GAFFE COLOSSALE DEL NOSTRO PROFESSORE PREFERITO – il Prof. ORSINI inserito:: Aprile 08, 2023, 05:36:46 pm
GAFFE COLOSSALE DEL NOSTRO PROFESSORE PREFERITO – il Prof. ORSINI

 Autore
Elio Truzzolillo

Testo integrale: “Siccome l’idea di spiccare un mandato di cattura contro Putin è probabilmente l’idea più cretina della storia universale, unitamente all’idea di processarlo per crimini di guerra, cioè di processare per crimini di guerra il presidente in carica di uno Stato che ha diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu e 6000 testate nucleari, abbiamo il problema di rispondere alla domanda: perché? Com’è possibile che l’Unione Europea sia caduta così in basso al punto da farci vergognare tutti? Perché Ursula von der Leyen e Roberta Metsola si umiliano attraverso una produzione così copiosa di idee cretine? La risposta è semplice: per nascondere il fatto di non contare niente. Siccome non contano niente; siccome la Commissione europea è un gruppo di passacarte di Biden; siccome non è in grado di proteggere nemmeno i propri gasdotti bombardati da un Paese alleato che però sono stati sei amici sul pattino, allora cercano di gettare fumo negli occhi con iniziative talmente cretine da far apparire intelligenti persino i piccioni come la designazione della Russia come stato sponsor del terrorismo (respinta pure dagli Usa). Ci penseranno poi i propagandisti delle radio e delle televisioni italiane a far passare un’idiozia gigantesca per un’idea intelligente da applaudire. Ecco che cosa intendo dire quando dico che la classe dirigente europea è completamente corrotta in senso paretiano. Ursula von der Leyen appartiene semplicemente a una classe dirigente morta. Era morta ben prima del 24 febbraio 2022, altrimenti gli accordi di Minsk 2 non sarebbero naufragati e l’Ucraina non sarebbe una base della Nato da molti anni. L’invasione della Russia ha semplicemente reso evidente la decomposizione di un corpo che si è spento di nascosto. Quando pensate alla Commissione europea, pensate a un gruppo di falliti politici. Pensate alla Commissione europea come la più grande vergogna della civiltà europea. Pensate a un corpo morto che, essendo pesantissimo, ci porta tutti a fondo.
Forza, Commissione europea, proponi o sostieni un’altra idea cretina.
Facci ridere.”

da Fb del 3 aprile 2023

557  Forum Pubblico / LA REALTA' REGIONALE ITALIANA: REVISIONARLA PER DIVENTARE NAZIONE. / I Forum di QS. Sanità pubblica addio? inserito:: Aprile 07, 2023, 11:10:17 am
I Forum di QS. Sanità pubblica addio?

Quici: “L’unico modo per salvare il Ssn è una riforma complessiva del sistema” - Quotidiano Sanità

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558  Forum Pubblico / SIAMO DIFFERENTI e DIVERSI, UGUALI nei DIRITTI e DOVERI, ma DIVISI in CATEGORIE SOCIALI. / Da Luigi Marattin - Italia Viva - Azione inserito:: Aprile 07, 2023, 11:05:03 am
Newsletter #24
18 marzo - 7 aprile
Cari amici,

 bentrovati con il consueto appuntamento della newsletter.

Dall’ultima che vi ho spedito ho avuto modo di girare molto per il Paese, ascoltando le nostre comunità locali che sono vive, vivaci e in azione. Sono stato a Prato  con Nicola Danti, in una sala gremitissima a parlare del con la comunità che darà vita al nuovo partito liberal-democratico: non solo Italia Viva e Azione ma libdem, cattolici, riformisti liberali. A Omegna (VCO) dove c’è una squadra liberal-democratica meravigliosa per le elezioni amministrative di maggio a sostegno di Mario Cavigioli. A Brescia con la comunità liberale, democratica e riformista per una bella discussione su fisco, politica e il percorso verso il partito unico dei riformisti.

In Aula alla Camera invece ho avuto modo di dire ciò che penso sul DL Cessione Crediti facendo la dichiarazione di voto sulla fiducia a nome del Terzo Polo. Compresa l’ultima cialtronata in extremis inserita dal Governo, riguardante i titoli di stato. Visto che c’ero ho avuto anche l’occasione per smentire una volta per tutte le due bufale che continuano a girare sul Superbonus 110%, ossia che avrebbe avuto un forte impatto sull’aumento del PIL e che stia aiutando non poco la transizione ecologica. Parlo di cifre e dati certi, quindi non ho la pretesa che entrino nel dibattito. Purtroppo.

Ovviamente non vi sarà sfuggita la polemica che è divampata sulla stampa e nei talk show a proposito del PNRR innescata dalle parole del Ministro Fitto all’evento organizzato dalla Corte dei Conti in cui veniva presentata la relazione semestrale sull’impiego dei fondi di Next Generation EU. A quell’evento ho partecipato anche io fra i relatori e ho colto l’occasione per ricordare ai molti dei miei colleghi politici cos’è in realtà il PNRR e cosa ci insegna questa polemica. Spoiler: ci insegna che non è vero che basta spendere soldi pubblici per risolvere i problemi del Paese.

Arriviamo alla delega fiscale. Ne ho parlato con la Stampa e il Corriere della Sera, spiegando che essendo per un buon 90% una copia esatta della Delega Fiscale del Governo Draghi (che contribuimmo a scrivere nella scorsa legislatura) non abbiamo nessun problema a votarla. Ma, c’è un ma. A patto che vengano tolte le bandierine populiste di Salvini. Giro a voi una preghiera “aperta” che ho rivolto un po’ a tutti: non cadiamo nel tranello di Salvini e Meloni, non ci facciamo trascinare in un dibattito surreale sulla flat tax. Anche perché, banalmente, non c’è nessuna flat tax di cui discutere. Rischiamo di fare la fina del dibattito su “POS sì / POS no”. A proposito, sapete come è finita? Ve lo dico qui.

Chi mi segue sa bene che non mi arrenderò mai ad una politica fatta da curve di ultrà contrapposte che si gridano slogan. E contro questo modo di intendere la politica abbiamo presentato nella sala stampa della Camera le nostre proposte su sanità, industria 4.0, dissesto idrogeologico e salario minimo. Proposte rivolte tanto al governo quanto alle altre opposizioni. Confrontarsi sul merito delle proposte archiviando le reciproche delegittimazioni è l'unico modo di fare bene quello per cui siamo stati eletti. Segnalo anche che in Commissione Esteri è iniziato l'esame della nostra proposta di legge per ratificare la riforma del MES: ora il governo sarà chiamato a decidere in maniera ufficiale senza più nascondersi dietro alibi populisti.

Rientrando a Roma dalle mie varie tappe sul territorio ho partecipato all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Ferrara alla presenza del Presidente della Repubblica. Ho ascoltato con attenzione il discorso della studentessa-ribelle e qui vi spiego perché non ho applaudito.

Prima di lasciarvi con l’elenco delle trasmissioni tv e radio alle quali ho partecipato, ne approfitto per fare a voi e ai vostri i miei migliori auguri di una felice Pasqua di Resurrezione.

Potete rivedere e riascoltare le mie interviste a:
1) Superpartes Canale5
2) Agorà Rai3
3) Radio InBlu2000
4) Fanpage.it

Un abbraccio,
Luigi.
---

da Luigi Marattin Italia Viva - Azione
559  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Luigi Manconi - Iole Salera Cavallero IL TROPPO STROPPIA inserito:: Aprile 06, 2023, 07:27:39 pm
Iole Salera Cavallero

IL TROPPO STROPPIA
È il paradigma detto "Il troppo stroppia", o "Dell’alzare l’asticella" e definisce il modello dialettico preferito da Giorgia Meloni e da Fratelli d'Italia.
Ovvero si costruisce una rappresentazione palesemente esagerata, la si attribuisce all’avversario e poi, agevolmente, la si smonta giocando sulla improbabilità delle sue dimensioni abnormi.
Esempio. Giorgia Meloni: pensate davvero che io voglia instaurare in Italia un regime totalitario di tipo fascista?
L’interlocutore resta interdetto e così trascura il fatto che, impossibile come è una dittatura fascista, possano esservi tanti altri guai: autoritarismo, repressione, censura.
Dopo il naufragio davanti alle coste calabresi. Giorgia Meloni: pensate davvero che io abbia voluto ammazzare (mancava poco che dicesse: con le mie mani) quelle 70 persone? L’interlocutore si trova in difficoltà. Certo che no. E chi può immaginare una cosa simile? Di conseguenza, le altre ben più serie e motivate accuse – in particolare quella di omissione di soccorso – vengono forzatamente messe da parte.
Poco prima delle elezioni politiche del 25 settembre scorso.
Giorgia Meloni: pensate davvero che voglia mettere mano alla legge 194?
L’interlocutore non può arrivare a credere possibile l’abolizione di una legge che garantisce alla donna la facoltà di interrompere una gravidanza non voluta. Eppure, il messaggio enunciato («il diritto di non abortire») ha l’effetto di rendere più difficile, sotto il profilo psicologico, la possibilità di abortire.
Ancora. Il giorno dopo la contestazione di un attivista della comunità Lgbtqi+ a Cagliari nel corso di un comizio di Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni: pensate davvero che io voglia toccare le unioni civili?
L’interlocutore, rassicurato, non comprende la preoccupazione del militante omosessuale ed è indotto, così, a non cogliere come dietro quell’impegno possa esserci, bene occultato, qualcosa di assai simile a una minaccia. Ovvero, la promessa che si continuerà a interdire la possibilità di adozione alle coppie non eterosessuali.
Così funziona il paradigma detto "Il troppo stroppia" o "Dell’alzare l’asticella", è un’oratoria magari efficace, ma - a ben vedere - fondata sulla retorica della simulazione e dell’inganno.

Luigi Manconi

da fb del 10 marzo 2023
560  Forum Pubblico / DOBBIAMO DIVENTARE UNA NAZIONE STIMATA NEL MONDO! / LA SCIATTERIA "Rientro ora da Cutro. Solo cinque cose. inserito:: Aprile 06, 2023, 07:15:51 pm
Iole Salera Cavallero
  ·
LA SCIATTERIA "Rientro ora da Cutro. Solo cinque cose.
1. Trovo osceno, non ho altro aggettivo, il rifiuto di Meloni di far visita al Palamilone a dare un saluto a quelle bare o di passare dalla spiaggia della strage. Lo segnalo alle mie (poche) amiche femministe che hanno voluto darle un qualche credito.
2. Trovo patetica la copertura che ha dato a Piantedosi e Salvini, come se fossimo tutti scemi e non sapessimo cosa c'è dietro.
3. Trovo significativa della sua pochezza, nascosta da sicumera, la sciatteria con cui ha risposto nel merito delle domande sulla notte della strage, non si era neanche letta la (truffaldina) ricostruzione di Piantedosi e l'ha contraddetta in più punti.
4. Trovo pezzente l'aver fatto il Cdm a Cutro, dove c'è un sindaco di destra, e il non aver invitato il sindaco di Crotone a cui questi del governo dovrebbero solo dire grazie in ginocchio.
5. Trovo a dir poco ingenuo dare credito alla "svolta nelle politiche sull'immigrazione" oggi delineata, che consiste in sostanza nel fare entrare un po' di schiavi utili ai padroncini veneti e nel chiudere ulteriormente gli accessi a chi emigra per ragioni politiche e ha diritto all'asilo.

Questo governo è infinitamente più fetente delle peggiori aspettative. La prossima volta che sento disquisizioni accademiche sul suo tasso di "afascismo" non rispondo delle mie reazioni."

IDA DOMINIJANNI
Ida Dominijanni giornalista e filosofa della politica, fa parte del Centro Studi per la riforma dello Stato di Roma.

da FB del 14 marzo 2023.
561  Forum Pubblico / REPUBBLICA ITALIANA, MATRIA PATRIA, NAZIONE, oppure STATO della FEDERAZIONE EUROPEA? / La parte che ha favorito questo parassitismo legale la conosciamo. inserito:: Aprile 06, 2023, 07:12:25 pm
La parte che ha favorito questo parassitismo legale la conosciamo.

Le destre.

Conosciamo e disprezziamo anche la parte politica che ha l'ha consentito senza reagire.

Di fatto ha lasciato depredare lo Stato.

- ggiannig
562  Forum Pubblico / REPUBBLICA ITALIANA, MATRIA PATRIA, NAZIONE, oppure STATO della FEDERAZIONE EUROPEA? / Non è detto che Facebook ne sia responsabile diretto (ma ha permesso ... inserito:: Aprile 06, 2023, 07:07:41 pm
Gianni Gavioli

Ho approfondito con un tecnico interpellato e a cui ho mostrato il materiale, che ho raccolto, copiato e fotografato.
Il professionista mi ha presentato diverse ipotesi, ma la considerazione che mi ha portato, in conclusione, consiste nell’avere io commesso l'errore di aver cancellato il mio portafoglio di borsa (preso pari-pari da Milano Finanza) dalla parte incriminata e fatto apparire in bella vista, nello scambio tra Facebook e la Pagina di Arlecchino Euristico.
Ovvio che una persona normale, che scopre una simile trasgressione a proprio danno, la prima cosa che fa è di far sparire la nuda privacy dalla visibilità pubblica (cosa da non fare sin che non si è denunciato il fatto con documentazione completa).
Non è detto che Facebook ne sia responsabile diretto (ma ha permesso l’infiltrazione SENZA ACCORGESENE).

Non intendevo da subito sollevare un polverone con denuncia alla Polizia Postale e con le conseguenze insopportabili per un ottantenne, ammalato non soltanto di vecchiaia.

Concludo ripetendo per l’ennesima volta che esigo, voglio e chiedo che la PAGINA DI ARLECCHINO EURISTICO SIA ELIMINATA DA FACEBOOK in quanto FB travisa in continuazione, con le sue regole interne, lo spirito e lo scopo per cui ho creato Vent'anni fa il nickname Arlecchino.
BASTA!
Dopo questa fetenzia accaduta in “casa” Facebook, che l’ha consentita, provvedano a cancellare la Pagina dalla loro triste realtà.
ggiannig ciaooo

da fb del 6 aprile ’23
563  Forum Pubblico / O.P.O.N. OPINIONE PUBBLICA ORGANIZZAZIONE NAZIONALE. / Roberto Cocchis. I No Vax duri e puri, anziché tenere aggiornato il bollettino.. inserito:: Aprile 06, 2023, 07:04:19 pm
Roberto Cocchis
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I No Vax duri e puri, anziché tenere aggiornato il bollettino delle morti improvvise che ci sono sempre state da quando esiste l'uomo, potrebbero procurarsi un importante argomento a favore delle loro teorie verificando quante dosi di vaccino sono state somministrate ai parlamentari di FdI.
Perché uno dei loro cavalli di battaglia, peraltro sempre ampiamente smentito dalla scienza, ossia la possibilità che in vivo l'mRNA possa trasformare il DNA (è successo in vitro, ma in condizioni che non si verificano mai in natura), sembra aver preso forma adesso che Fabio Rampelli si è palesemente trasformato in Achille Starace.
Oggi la crociata, con tanto di ddl, contro gli anglicismi. Domani, presumo, quella contro la stretta di mano. Dopodomani, verosimilmente, quella per abbandonare l'uso del "lei" a favore di quello del "voi". Per non parlare di quella contro la diseducativa lettura dei libri gialli, che è solo questione di tempo.
Però, dai, non si può dire che se ne stiano senza far niente, lì in parlamento. Ne hanno di cose serie cui pensare. Se lo guadagnano, lo stipendio, quella mezza volta che si degnano di andarci. Vuoi mettere quanto è importante spiegare senza l'uso di barbarismi che l'inflazione si è già mangiata tutti i rinnovi contrattuali, per quei fortunati che li hanno avuti? E che grazie alle opportune e caldeggiate riforme fiscali i redditi bassi non solo non aumentano ma addirittura diminuiscono?
E meno male che, a differenza dei francesi, noi siamo tanti "pecoroni" che non vanno in piazza contro l'aumento dell'età pensionabile (e grazie, se in Francia si facesse tutto il "nero" che si fa qui, non manifesterebbero neanche loro, perché l'allungamento della vita lavorativa, quando hai avuto il primo vero contratto di lavoro a 40 anni, è l'unica speranza per avere una pensione non da fame), altrimenti i telegiornali del Minculpop mostrerebbero servizi sui cortei sostenendo che la gente sfila per ringraziare il governo di aver bloccato l'inflazione e di aver aumentato i redditi bassi, come succede in "1984".

da – FB del 3 aprile 2023
564  Forum Pubblico / SIAMO DIFFERENTI e DIVERSI, UGUALI nei DIRITTI e DOVERI, ma DIVISI in CATEGORIE SOCIALI. / Loro tornano a scrivere. Ma chi ha sbagliato deve pagare, in democrazia é così. inserito:: Aprile 04, 2023, 04:31:57 pm
Luigi Manconi
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Torniamo a scrivere su Il Riformista a proposito di Alfredo Cospito.
Insieme a Marica Fantauzzi spieghiamo perché solo l'Europa può salvare il detenuto sottoposto al regime di 41-bis.

Caro Direttore,
due Tribunali di Sorveglianza, quello di Sassari e quello di Milano, hanno rigettato l’istanza di differimento della pena nella forma della detenzione domiciliare, presentata dai legali di Alfredo Cospito.
Secondo i giudici il detenuto anarchico è perfettamente monitorato in ospedale e – questo è un punto essenziale – “la strumentalità della condotta che ha dato corso alle patologie oggi presenti è assolutamente certa”.
Queste parole sorprendono perché sembrano prese in prestito dal linguaggio politico più ordinario e presentate surrettiziamente come argomenti giuridici.
Lo sciopero della fame è, per definizione, una condotta strumentale al raggiungimento di un obiettivo. Nel caso di chi si trova ristretto in carcere è praticamente l’unico mezzo, non violento, per ottenere il miglioramento delle condizioni detentive.
D’altra parte, come ha scritto Gianfranco Pellegrino sul Domani, se la tesi di quei giudici venisse assunta come orientamento generale, «ne deriverebbe che un cittadino che si espone volontariamente a pericoli (per esempio, un cittadino che si espone al contagio di un virus) non merita le cure dello Stato». «E – continua Pellegrino – ne deriverebbe pure che un cittadino che, impegnato per esempio in una dimostrazione per ideali politici, si procuri danni fisici, non dovrebbe essere curato, perché l’azione che ha portato alla sua condizione era volta a ottenere fini politici».
In ogni caso, lo sciopero di Cospito ha conseguito una serie di obiettivi:
A) per la prima volta in Italia si è discusso sul regime di 41 bis in una forma meno superficiale di quanto mai sia stato fatto prima;
B) per molti mesi sulle prime pagine dei quotidiani le condizioni di un detenuto sono state oggetto di dibattito, di analisi critiche e di aspettative fiduciose;
C) la politica si è dovuta confrontare con quanto avviene al di là del muro di cinta, nel luogo di chi vive il sottosuolo e che, in genere, viene dimenticato.
D’altra parte, questi sono gli obiettivi “collaterali” di un’azione che aveva al centro il superamento del 41 bis. Una battaglia individuale perché personale è la pena cui Cospito è sottoposto, ma dalla valenza dichiaratamente generale.
È possibile che gli stessi legali non nutrissero grandi speranze rispetto alla decisione sul differimento pena ma, come è stato ricordato anche su questo giornale, l’istanza era necessaria al fine di poter procedere presso gli organismi internazionali.
Ora, quante possibilità ci sono che l’Europa intervenga? Non lo sappiamo, ma abbiamo fiducia che gli autorevoli pareri espressi da organismi come la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e la Procura Generale presso la Cassazione siano riconosciuti e accolti.
Entrambi hanno sostenuto che, ai fini della sicurezza, non sia indispensabile perpetuare il regime di 41 bis a carico di Cospito; e che un regime di minor rigore basterebbe a garantire le finalità affidate oggi alla detenzione in 41 bis.
Queste e altre considerazioni, unitamente alla tradizionale giurisprudenza della CEDU in materia di condizioni detentive, induce in noi qualche speranza. Carmelo Musumeci, ex ergastolano, oggi scrittore, ha pubblicato una riflessione in cui spiega perché non ha voluto sottoscrivere l’appello che è girato in questi giorni per chiedere a Cospito di interrompere lo sciopero.
«Ho pensato – scrive Musumeci – che non ho nessun diritto di chiedere ad Alfredo Cospito di smettere lo sciopero della fame, perché lui sta morendo per continuare a vivere, perché ama così tanto la vita che non la vuole vedere appassire fra le mura di un carcere».
Anche noi, in questi mesi, abbiamo riflettuto sull’opportunità di rivolgerci direttamente a Cospito, di chiedergli di interrompere questa dolorosa agonia.
Oggi ci troviamo al 30 marzo, con un’opinione pubblica stanca, un trafiletto sul giornale, un Ministro della Giustizia silente e un uomo arrivato a 160 giorni di sciopero della fame, con danni probabilmente irreversibili.
Più che un appello a Cospito, dunque, il nostro è un richiamo a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà. Se hanno qualcosa da dire la dicano: se hanno qualcosa da fare la facciano.

da fb del 30 marzo 2023
565  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / 2 Una semplice aspettativa ... inserito:: Aprile 03, 2023, 11:12:50 am
Aumento compensi per riduzione liste d’attesa e per chi lavora nei Ps. Più risorse per il personale del Ssn e stretta su medici a gettone. Schillaci: “Un provvedimento entro l’inizio dell’estate” - Quotidiano Sanità
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ven 24 mar, 16:38 (1 giorno fa)
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566  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / IN TOSCANA IL SENIOR LIVING PER GLI STRANIERI CHE AMANO L’ITALIA inserito:: Aprile 03, 2023, 11:09:52 am
IN TOSCANA IL SENIOR LIVING PER GLI STRANIERI CHE AMANO L’ITALIA
20 Gennaio 2023 INVESTIMENTI IMMOBILIARI

Indice dei contenuti
•   In cosa consiste il progetto senior living in Toscana
•   Senior living: la costruzione a Siena
Sono sempre di più in Italia le residenze pensate per la terza età: condomini tranquilli con spazi comuni, aree benessere e ristoranti. Niente di meglio per chi vuole godersi del tempo con tutte le comodità possibili restando a contatto con le altre persone, che ora sono pensate non solo per gli italiani ma anche per gli stranieri.
In cosa consiste il progetto senior living in Toscana
Hanno deciso di scommettere sul senior living le aziende della neonata joint-venture tra l’inglese Guild Living e la tedesca Specht Group, già specializzati nel settore.
La prima è stata fondata da Eugene Marchese e Michael Eggington e ha portato avanti progetti in Australia, Nuova Zelanda, Asia e Inghilterra. L’azienda tedesca ha gestito in 30 anni più di 100 progetti dedicati agli anziani in Germania.
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Leggi Anche: INVITALIA: QUALI SONO LE 4 GARE PER IL PATRIMONIO CULTURALE ITALIANO
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In Italia ha portato avanti una filiale da Luca Landini della Sprecht Group. Le residenze faranno parte delle Guild Community e verranno costruite in diverse città italiane, la prima sarà Siena nel maggio 2023, seguita da Torino a dicembre 2023 e il lago di Garda a dicembre 2024.
Senior living: la costruzione a Siena
La prima costruzione avverrà a Siena in strada di Malizia, non lontano dall’ospedale delle Scotte: ci saranno 83 appartamenti dal design contemporaneo, ricavato in un ex residence non ultimato in via di ristrutturazione.
Sono previsti una piscina riscaldata esterna, bar e ristoranti, un centro benessere e un parcheggio multipiano da 118 posti, con un’area di 300 metri quadrati con start up e un parco di 3 ettari con edifici storici.
L’investitore è il fondo Infrastrutture per la crescita del gruppo Azimut, la gestione affidata alla joint Guild Specht.
Secondo i promotori, si tratta di una tipologia di abitazione che viene particolarmente in questo periodo storico in cui le famiglie hanno giovani che spesso vanno a vivere lontano da casa. Questa cosa vale anche per gli stranieri, che desiderano vivere la quotidianità delle città italiane.
Si parte da Siena e dalla Toscana, ma questa sarà solo la prima fase dell’introduzione del senior living nelle città italiane.
ATTUALITÀ

da FB
567  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / IL DDL SULLA CARNE SINTETICA CHE PIACE A TUTTI inserito:: Aprile 03, 2023, 11:03:15 am

Elio Truzzolillo

IL DDL SULLA CARNE SINTETICA CHE PIACE A TUTTI

Il DDL sul divieto della carne sintetica (o meglio sui cibi sintetici), uno dei più surreali della storia della Repubblica Italiana, non è solo il fruttodi una destra illiberale, nazionalista e corporativista.

Ma prima di vedere perché permettetemi di argomentare brevemente perché sia uno dei punti più bassi del populismo italico, per quanto i suoi effetti saranno probabilmente molto parziali se i cibi sintetici saranno approvati a livello UE.

1) Leva la libertà ai consumatori di scegliere cosa mangiare senza che ci sia nessuna evidenza scientifica sulla mancanza di sicurezza. Lo fa sulla base di presupposti puramente emotivi e corporativistici. Un po’ come se io proponessi di vietare le ostriche solo perché a me non piacciono e perché mio cugino ha un allevamento di cozze.

2) Ma chi decide se un alimento o un procedimento sono sicuri? Tocca all’EFSA (European Food Safety Authority) con sede proprio a Parma. Nell’EFSA ci sono ricercatori e scienziati che sul tema ne sanno un po’ di più di Lollo-il vieta tutto (ironia per indicare il ministro Lollobrigida). Poi spetta alla Commissione Europea prendere la decisione “politica” basandosi su tali evidenze.

3) Leva agli imprenditori la libertà di investire (a loro rischio e pericolo) in un settore che per moltissimi analisti è destinato a crescere in modo vertiginoso nei prossimi anni. Un settore che potrà essere fonte di diversificazione economica e di nuovi posti di lavoro qualificati e ben pagati.

4) Nel complesso sarà un altro settore in cui le imprese italiane rischieranno di perdere il treno dell’innovazione scientifica e della ricerca a meno di non delocalizzare all’estero i loro impianti di produzione.

5) Non tralascerei l’aspetto ambientale anche se sul punto è difficile essere precisi. Infatti, non sappiamo ancora con quanta efficienza questi cibi potranno essere prodotti in grandi quantità e a quali costi. Ma ricerca, innovazione, concorrenza ed economie di scala servono proprio a questo, anche se in Italia sono parolacce perché le uniche parole che piacciono sono “artigianato” e “tradizione”, come spesso capita nei paesi culturalmente, economicamente e demograficamente in declino.

Torniamo ora al punto iniziale. Come si diceva il DDL non è solo frutto di una destra illiberale, corporativista, anti scientifica e populista. Queste caratteristiche sono infatti trasversali a tutte le forze politiche anche se ognuno si “specializza” nei temi che crede siano più attraenti per il proprio elettorato. Siamo pur sempre il paese del no al nucleare, del no agli OGM, del no ai termovalorizzatori, del no al glifosato, del no alla direttiva Bolkstein, del no al 5G, del no alle farine di insetti, del no al TAP, del no ai rigassificatori, del no ad Amazon, del no a Uber, del no alla vendita di Alitalia, del no a troppi centri commerciali, ecc. ecc.. Un paese che difende strenuamente le sue corporazioni dalla concorrenza e dall’innovazione e poi si lamenta degli stipendi troppo bassi dando la colpa al troppo liberismo . Ma se il nostro sogno inconfessato è produrre come si produceva 100 anni fa (da qui l’entusiasmo italiano per il biologico) poi dovremmo accettare anche di avere gli stessi stipendi di 100 anni fa. Non si scappa. Gli stati ricchi sono gli stati in cui una gran parte dei cittadini fa lavori ad alto valore aggiunto e se quei lavori non li crei poi la gente in gamba preferisce andare all’estero.

Come molti sapranno quella grande lobby conservatrice e corporativista che è Coldiretti, senza la quale nessun governo va molto lontano, è stata un po’ la madrina di questo surreale DDL che il mondo ci invidia.

La sua petizione contro il cibo sintetico che invocava una legge in tal senso, che credo abbia ormai superato le 500.000 firme, è stata accolta con entusiasmo in modo trasversale da tutti i potentati nazionali piccoli e grandi: ministri, parlamentari nazionali ed europei, sindaci, personalità della cultura dello sport e dello spettacolo, consigli regionali, imprenditori, vescovi, giunte di camere di commercio, ONG e associazioni varia natura.

Per questo le opposizioni che fanno le pulci a ogni respiro del governo sul punto tacciono o fanno un’opposizione molto tiepida (con qualche notevole eccezione).

Come farebbe a contestare questo DDL il presidente del PD Bonaccini che ha firmato con entusiasmo quella petizione insieme al suo assessore all’agricoltura? Come farebbe a contestarlo il presidente della regione Toscana Giani che oltre a firmare la petizione ha impegnato l’intero consiglio della sua regione con una mozione contro il cibo sintetico? Che dire della Campania di De Luca che si è preoccupata di fare una delibera per vietare il cibo sintetico anticipando lo stesso Lollo-il vieta tutto? E poteva mancare il presidente della Puglia, nonché grillino mancato, Michele Emiliano?

Che dire dell’ANCI (l’associazione dei comuni italiani) arruolatasi con puntualità per combattere la sacra battaglia? Tacciamo per carità cristiana e per brevità su parlamentari e consiglieri di secondo piano che hanno risposto “presente” alla chiamata di Coldiretti. Le motivazioni? Tutte in fotocopia: tutela della salute dei cittadini e della biodiversità (se qualcuno mi spiega cosa c’entri la biodiversità gli offro una cena).

Come si diceva fanno tenerezza questi politici di sinistra sempre pronti a misurare i percentili di fascismo del governo ma molto timidi quando si devono contestare iniziative populiste in campo economico (si veda anche il silenzio sul solito rinvio della legge sulla concorrenza).

Uno splendido esempio in tal senso ci è stato fornito da Pierluigi Bersani. Martedì sera a una domanda puntuale di Lilli Gruber sulla questione, non potendo né elogiare né criticare il governo sul punto, si è limitato a non rispondere parlando d’altro. Una cosa che risulta molto facile con i nostri inadeguati conduttori. Ma prima di parlare d’altro ha tenuto a sottolineare, con un compiaciuto sorriso che ho cercato di immortalare nel fotogramma, che anche lui preferisce il “maiale vero” (non era questa la domanda). Bravo Bersani, non sia mai che Coldiretti si incazzi…

da FB del 30 marzo 2023

568  Forum Pubblico / L'ITALIA NON FATELA RIDURRE ad ARCIPELAGO di ISOLE REGIONALI E FEUDALI. / Gianni Cuperlo. Oggi all’assemblea nazionale del Partito Democratico sono ... inserito:: Aprile 03, 2023, 11:00:00 am
Gianni Cuperlo
  ·
Oggi all’assemblea nazionale del Partito Democratico sono intervenuto e ho detto alcune cose che, come sempre, vi riporto qui (se avete voglia).
Un abbraccio

*
Penso che solo una cosa oggi ci sia proibita.
Ed è sprecare l’occasione di guidare la sinistra fuori dalla crisi di questi mesi.
Alle spalle abbiamo due stagioni, e due segreterie, che non hanno retto la prova degli eventi.
Non è stata una colpa dei singoli, ma una responsabilità comune.
Oggi, però, un terzo rovescio non ci è consentito.
Perché non lo reggerebbe questa comunità.
E perché al potere c’è la destra peggiore.
Quella che appalta le libertà in cambio di consenso e potere.
Quella che vuole disunire il paese.
Spezzarne l’unità che non è data solo da una lingua, ma dal sentimento profondo, unico, di una nazione che nel bisogno sa camminare assieme.
Che sa piangere e rispettare i morti.
Mentre loro neppure questo sembrano in grado di fare.
“C’è un tempo per demolire e un tempo per costruire” è scritto nell’Ecclesiaste.
Penso che noi abbiamo demolito abbastanza.
E che ora sia il tempo del riscatto.
Abbiamo fatto un congresso sincero.
Ognuno ha speso le parole, le idee, che sentiva giuste.
Le mie – le nostre – erano nella volontà di arricchire la partecipazione e la democrazia.
È avvenuto in uno spirito di rispetto tra noi.
E anche questo conta.
Poteva non bastare, perché per settimane siamo stati oggetto di critiche e sarcasmi.
C’era chi intimava di scioglierci giudicando fallito il progetto e spenta la speranza.
Poi, accade che un milione esca di casa in una domenica piovosa.
Tante e tanti più del previsto, pronti a investire in questo progetto e in molti scorgendo nella guida di una donna giovane la rottura di una prassi durata evidentemente anche troppo a lungo.
Accade questo e il giorno dopo gli stessi – quelli del “dovete sciogliervi” – di colpo cambiano accento e messaggio.
Io dico, grazie!
Vorrei solo dire che non ci sentivamo orfani della speranza neppure prima.
E tanto meno lo siamo adesso.
Qui ci sono una leader, un partito, una comunità, consapevoli che la ricostruzione non sarà semplice né breve.
Consapevoli soprattutto che l’unità di questa forza chiederà fatica e molta buona volontà.
Per prima cosa nell’unire i due affluenti che sono stati decisivi per arrivare dove siamo: gli iscritti al Partito Democratico e la platea larga delle primarie.
Oggi c’è una nuova direzione legittimata da un voto che ha rovesciato l’esito dei circoli.
Non è una ferita, tutt’altro.
Sono le nostre regole.
Ma è certamente una responsabilità in più.
Che assieme dobbiamo gestire anche per rispettare la passione di chi ha creduto e ancora crede nell’impegno per sé.
In una militanza vissuta.
Qualche anno fa da un palco di Piazza Navona Nanni Moretti sferzò la sinistra con un’accusa severa.
Disse “Con questi dirigenti non vinceremo mai”.
Oggi alcuni fuori da qui vorrebbero parafrasare la stessa formula spiegando che, “con questi iscritti non avreste mai vinto”.
Credetemi, sarebbe una sintesi sciocca e offensiva.
Perché quegli iscritti sono il patrimonio di questa comunità.
A loro dobbiamo dire che c’è un partito disposto a cambiare davvero.
E allora, benissimo aprire il tesseramento, ma per bloccare la deriva di questi anni bisogna che a circoli e iscritti venga restituita una quota di potere vero.
Ascoltandoli.
Consultandoli sulle scelte di fondo.
E facendo in modo che la direzione di federazioni, regionali, quella nazionale, eviti da ora in avanti doppi o tripli incarichi e non sia più affidata solamente a chi siede nelle istituzioni.
Oggi però – e lo ripeto – la novità è grande.
Il Pd ha una segretaria.
Che è la segretaria di tutte e di tutti.
Degli iscritti che l’hanno votata e di chi non lo ha fatto.
Il punto è che l’unità tra noi si costruirà mattone sopra mattone perché la discontinuità dovrà fondarsi sui contenuti.
E per farlo – perché quel riscatto diventi una alternativa alla destra – penso che avremo bisogno di due cose.
La prima saranno le battaglie sui diritti strappati a chi ne ha più bisogno.
Un lavoro.
Un reddito.
Lo studio.
E sopra a tutto il diritto a curarsi.
Su questo si plasmerà il sentire comune delle opposizioni.
Nella spinta di movimenti, associazioni, delle piazze come quella di sabato a Firenze.
Assieme a questo a noi servirà l’anima – un pensiero coraggioso sui tormenti e le risorse di un mondo che non è mai stato simile a com’è ora.
Anche questo sarà un lavoro lungo, e allora sarà bene partire subito.
Io penso che lo si debba fare muovendo dal capitolo più drammatico che questo tempo ci ha messo dinanzi e che una volta ancora è la guerra.

Il capitolo della pace e della guerra.
Della capacità di convivere o della volontà di distruggere l’altro.
“C’è un tempo per uccidere e un tempo per guarire”.
Anche questo è scritto nell’Ecclesiaste.
Giorni fa ho letto un piccolo testo prezioso di Edgar Morin, filosofo che ha varcato il secolo di vita.
La guerra mondiale, l’ultima, lui l’ha attraversata.
Vi ha combattuto.
Noi oggi sappiamo dalla televisione delle bombe russe sulle città ucraine.
Lui, allora, aveva vissuto la distruzione di Dresda.
1.300 aeroplani inglesi e americani.
2.430 tonnellate di bombe.
300.000 morti.
C’era da abbattere il nazismo?
Sì, certo.
Ma la guerra porta sempre con sé il peggio che l’umanità è in grado di determinare.
E noi da più di un anno con quella atrocità conviviamo.
Angosciati quando leggiamo chi la tragedia te la racconta nella voce, negli occhi, nei corpi delle vittime.
Ma al fondo, sempre noi, come assuefatti all’idea che poiché esiste un aggressore e un aggredito non si possa dire nulla più di quanto si continua a ripetere da giorni, settimane, mesi.
Mentre un paese finisce dilaniato.
E a migliaia continuano a morire.
Dinanzi a quelle immagini, certa informazione si cura solo di capire se la nuova leadership del Pd cambierà linea.
E magari se questo potrebbe avvantaggiare l’altra opposizione ferma oggi nel dire No all’invio di nuove armi.
La nostra segretaria ha risposto.
Ha usato parole nette e rivendicato le scelte compiute.
Ma il punto non è negare ciò che abbiamo detto e fatto sinora.
Il punto è altrove.
Lo dico così.
Possiamo noi – possono la sinistra di questo paese e la sinistra in Europa – subire il ricatto di quanti scomunicano chiunque invochi o insegua una tregua necessaria e una pace possibile?
Io credo di no.
E penso che un nuovo pensiero coraggioso trovi esattamente qui, sul terreno più terribile ma decisivo, il suo banco di prova.
Ancora Morin spiega perché “ogni guerra racchiude in sé manicheismo, isteria bellicosa, menzogna”.
E soprattutto “preparazione di armi sempre più mortali”.
Per questo dinanzi agli orrori della guerra non è consentito banalizzare.
Perché poi c’è differenza tra chi semplifica e chi banalizza.
Aldo Moro quel concetto lo spiegava benissimo.
“Chi semplifica – diceva Moro – toglie consapevolmente il superfluo.
Chi banalizza toglie inconsapevolmente l’essenziale”.
Io mi chiedo: che cosa è accaduto in questi tredici mesi che ha spinto tanti – troppi – a togliere inconsapevolmente l’essenziale?
Lo sappiamo.
La Russia questa guerra non può e non la deve vincere.
E quindi aiutare anche militarmente l’Ucraina a difendersi prima che necessario è un obbligo politico e morale.
Ma cosa significa stare da una parte – nel caso nostro, la parte giusta – “fino alla fine”?
Se siamo la sinistra e se pensiamo che il 6 agosto del 1945 abbia cambiato per sempre il corso della storia con un’etica che solo pazzi, autocrati o dittatori hanno rifiutato: se tutto questo è vero, compito nostro è ricollocare nella storia il concetto della pace e delle azioni utili a perseguirla.
Dobbiamo farlo perché leggere il mondo nella sua complessità è la prima garanzia per non cedere alla banalità.
Lo facciano altri, ma noi non possiamo indossare lenti che riducono il mondo a una contrapposizione tra il Bene e il Male.
La cultura forse rimane la risorsa principale che quella deriva può impedire.
Nei mesi passati c’è stato persino chi, anche nel nostro paese, ha pensato di annullare un corso universitario su Dostoevskij.
Come se le opere di Puškin, Tolstoj o Čechov possano essere imputabili di collusione coi crimini di Putin.
Sono le scorie di una regressione che la guerra produce da sempre.
Al culmine della loro follia, i nazisti misero al bando la cultura francese e quella russa.
Tutta.
Musica, libri, espressioni dell’arte.
Ma davanti al plotone nazista che lo avrebbe fucilato le ultime parole di Jacques Decour, militante comunista della resistenza e cultore della letteratura tedesca, furono solo: “Imbecilli, è per voi che muoio”.
Ma noi?
Io penso che il tema per noi sia come riprendere un pensiero che non sia solamente la distinzione sacrosanta tra aggredito e aggressore, ma che ridia senso all’interrogativo decisivo che oggi è: “per chi muoiono le centinaia di migliaia di donne e uomini di questa guerra che ci appare senza una fine?”.
Lo chiedo qui – in questa giornata importante per la nostra ripartenza – perché dalla risposta che daremo dipende la certezza su cosa voglia significare “andare fino in fondo”.
Viviamo una terza guerra mondiale a pezzi, ha detto la voce più autorevole che parla al mondo.
E quella in Ucraina è già una guerra dalle implicazioni globali.
Per le ricadute che ha sul cibo e non solo.
Perché può accelerare il conflitto tra Washington e Pechino.
Ma se è così radicalizzare quel conflitto – decifrarlo rinunciando alla sua complessità – può condurre a esiti ancora più devastanti.
Penso che questo non possiamo permettercelo.
E non possiamo perché noi siamo la democrazia – la democrazia liberale e occidentale – mentre la Russia è un regime dispotico.
Ed è questa differenza a consentirci analisi che lì sono perseguitate e represse.
Noi possiamo dire che la strategia degli Stati Uniti verso Mosca è stata negli anni contestata anche da voci autorevoli della stessa diplomazia americana.
Noi possiamo dire – perché degli Stati Uniti siamo alleati, non succubi – che l’Europa sino a qui ha avuto una voce flebile.
O quasi nessuna voce.
Si dice che Putin non ha alcun interesse a parlare con noi.
E nemmeno con Macron e Sholz.
Ma è l’Europa che ha un interesse a parlare con la Russia di oggi e di domani.
Ed è l’Europa che per non sprofondare nel passato peggiore ha bisogno di risvegliare la sua potenza diplomatica e politica.
Non è un interesse condiviso da tutta l’Europa, ma è tempo di dire che questo oggi è il nostro interesse.
E allora parlare in ogni contesto, interno e internazionale, di una tregua, di negoziati, della ricerca testarda di una pace futura, non può più essere descritta come una complicità con le azioni criminali di Putin.
Con i dittatori non si discute?
Li si abbatte e basta?
Ma nella sua storia, l’Occidente ha negoziato con molti dittatori.
E a dirla tutta lo ha fatto con maggiore slancio quando in gioco erano i nostri interessi economici.
Industriali.
Militari.
Oggi fermare questa carneficina è interesse nostro come del mondo intero.
Credo che collocare il nuovo Partito Democratico su questa frontiera – l’Ucraina deve difendersi, la pace ha da imporsi – sia il messaggio più potente per una sinistra che voglia tenere assieme le culture che sedici anni fa a questo partito – e al suo splendido nome – hanno dato vita.
Facciamolo e la ripartenza diverrà riscatto di un’etica della politica che prima di quanto pensiamo ci aiuterà a battere la destra e ad aprire una speranza per l’Italia.

da FB del 12 marzo 2023
569  Forum Pubblico / LA REALTA' REGIONALE ITALIANA: REVISIONARLA PER DIVENTARE NAZIONE. / Negli ospedali pieni si muore di più. inserito:: Aprile 03, 2023, 10:55:55 am
Negli ospedali pieni si muore di più

Negli ospedali, la mortalità aumenta di circa il 2% al giorno una volta superata una certa soglia di occupazione, secondo uno studio dell'Università di Basilea. Keystone / Gaetan Bally

Quando l'occupazione dei letti aumenta, il tasso di mortalità negli ospedali cresce, a volte ancor prima che la struttura abbia raggiunto la capacità massima, secondo uno studio svizzero. Il fenomeno colpisce maggiormente i piccoli ospedali.

Questo contenuto è stato pubblicato il 23 gennaio 2023
23 gennaio 2023
8 minuti

È uno dei dati di cui si è parlato più spesso durante la pandemia di Covid-19: il tasso di occupazione dei reparti di terapie intensive e più in generale degli ospedali. Finché ci sono ancora dei posti letto disponibili, è possibile fornire un'assistenza sanitaria adeguata alle persone ricoverate, si potrebbe pensare. Ma è davvero così?

Per trovare una risposta, l'Università di Basilea ha indagato la relazione causale tra l'occupazione dei letti e il tasso di mortalità dei e delle pazienti, analizzando i dati riguardanti oltre 1,1 milioni casi di ricovero provenienti da 102 ospedali svizzeri. Il suo studioLink esterno pubblicato alla fine del 2022 è giunto alla conclusione che la mortalità aumenta di circa il 2% al giorno una volta superata una certa soglia di occupazione.

"In alcuni casi, la mortalità aumenta significativamente prima che venga raggiunta la piena capacità della struttura", afferma a SWI swissinfo.ch Michael Simon, responsabile dello studio e professore all'Istituto di scienze infermieristiche dell'Università di Basilea.
Più fluttuazioni negli ospedali piccoli

La soglia critica di occupazione sopra alla quale aumenta il rischio di mortalità varia da un ospedale all'altro e può andare dal 42,1% al 95,9% della capacità massima, secondo lo studio.

"In alcuni casi, la mortalità aumenta significativamente prima che venga raggiunta la piena capacità della struttura."

Michael Simon, Università di Basilea
End of insertion

Tra i fattori determinanti vi è la dimensione della struttura. Nei piccoli ospedali, che hanno in media un tasso di occupazione del 60%, la soglia critica è più bassa ed è raggiunta più rapidamente rispetto a istituti più grandi, dove il tasso di occupazione medio è del 90%, spiega Michael Simon.

La ragione è da ricercare nelle maggiori fluttuazioni del numero di pazienti che si osservano, non sempre ma spesso, negli ospedali più piccoli. Per fare un esempio, una clinica con dieci letti che ospita in media sei pazienti l'anno ha un tasso di occupazione del 60%. Ciò significa che ci possono essere giorni con due pazienti e altri con dieci, una situazione "difficile da gestire", secondo Simon. Nelle strutture più grandi quali gli ospedali universitari, invece, la variabilità è minore.

Quindi, dal punto di vista della persona ricoverata, è meglio trovarsi in un ospedale di grandi dimensioni? Non necessariamente, spiega Simon. "In linea di principio, sono le strutture con un tasso di occupazione più alto, e quindi più costante, a rappresentare probabilmente la migliore soluzione per i pazienti e le pazienti. Tra queste ci sono anche ospedali di piccole e medie dimensioni", afferma.

La relazione tra l'occupazione dei letti e il tasso di mortalità ospedaliera è complessa, puntualizza l'esperto. Oltre alla quota di letti occupati vanno considerati anche altri fattori, tra cui la gravità media della malattia o del motivo del ricovero, il rischio individuale di morire o ancora l'età e il sesso della persona ricoverata.
Perché si muore in ospedale?

Una volta superata la soglia critica di occupazione di un ospedale c'è il rischio che diagnosi o trattamenti non vengano eseguiti o vengano effettuati con un certo ritardo, rileva Michael Simon. Nonostante le forti fluttuazioni del numero di pazienti, l'effettivo del personale medico e infermieristico rimane infatti relativamente stabile.

L'Associazione svizzera delle infermiere e degli infermieri (ASI) denuncia da anni dei carichi di lavoro eccessiviLink esterno e una carenza cronica di personale curante negli ospedali. La professione ha perso di attrattività e circa un terzo delle persone che hanno seguito una formazione infermieristica abbandona il settore dopo appena alcuni anni di lavoro, deplora Sophie Ley, presidente dell'ASI. Un esodo accentuato dalla pandemia di Covid-19Link esterno che può incidere negativamente sulla qualità delle cure e accrescere il rischio di complicazioni o di decessi prematuri.

>> Leggi: L'effetto "devastante" della pandemia sulle infermiereLink esterno

Statisticamente, circa il 2,3 % delle persone ricoverate in Svizzera muore durante il soggiorno in ospedale, afferma Michael Simon. Considerando che le persone ospedalizzate sono circa un milione all'anno, i decessi possono essere stimati a circa 23'000. "Nella maggior parte dei casi, una persona muore perché è giunta la sua ora. Nessuno può salvarla, ad esempio dopo un grave incidente stradale o a causa di una grave malattia", dice Simon.

Le morti causate da errori medici sarebbero invece tra le 2'000 e le 3'000 all'anno, secondo una stima dell'Ufficio federale della sanità pubblica.
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Se Svizzera e Italia si contendono il personale sanitario

Questo contenuto è stato pubblicato il 08 gen 2023 08 gen 2023 La carenza di professionisti e professioniste nel ramo medico e infermieristico, esacerbata dal Covid, non concerne solo il confine italo-svizzero.
Ospedali svizzeri nella media

Lo studio dell'Università di Basilea su occupazione dei letti e mortalità ospedaliera è il primo nel suo genere ed è stato reso possibile dal fatto che in Svizzera, a differenza di altri Paesi quali la Germania, sono disponibili tutti i dati riguardanti i/le pazienti, secondo Michael Simon. Le conclusioni possono però valere anche per altri sistemi sanitari nazionali, aggiunge.

La Svizzera è lo Stato europeo col più alto numero di infermieri/e pro capiteLink esterno (18 ogni 1'000 abitanti nel 2019). In termini di numero di letti disponibili rispetto alla popolazione e di tasso di occupazione degli ospedali, la Confederazione si situa invece nella media o poco sopra, come illustrano i due grafici seguenti:
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Soluzioni per ridurre la mortalità

Per Michael Simon, il problema dell'aumento della mortalità può essere affrontato riducendo le fluttuazioni del numero di pazienti e dotando gli ospedali di personale adeguato. "Le politiche sanitarie devono iniziare a riflettere a come ridurre la volatilità e a come rendere il sistema di cure più resiliente", afferma.

Le soluzioni potrebbero essere una più stretta collaborazione tra nosocomi, una migliore pianificazione ospedaliera e il raggruppamento delle cliniche più piccole, secondo il professore. Questo eviterebbe non solo di raggiungere un'occupazione eccessiva negli ospedali, ma anche di ritrovarsi in una situazione in cui ci sono troppi letti liberi, con un conseguente spreco di risorse.

"Idealmente, sarebbe meglio avere pochi letti con un personale curante adeguato piuttosto che una struttura con molti letti, ma a corto di personale", afferma Simon.
Come migliorare il sistema sanitario?

   


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da - https://www.tvsvizzera.it/tvs/negli-ospedali-pieni-si-muore-di-pi%C3%B9/48220534
570  Forum Pubblico / "OLIVO POLICONICO". IDEE DAL TERRITORIO A CONFRONTO. / BASTA con le visioni marxiane della società del futuro!! inserito:: Marzo 28, 2023, 04:11:44 pm
Gianni Cuperlo
 
Oggi all’assemblea nazionale del Partito Democratico sono intervenuto e ho detto alcune cose che, come sempre, vi riporto qui (se avete voglia).


Un abbraccio

*
Penso che solo una cosa oggi ci sia proibita.
Ed è sprecare l’occasione di guidare la sinistra fuori dalla crisi di questi mesi.
Alle spalle abbiamo due stagioni, e due segreterie, che non hanno retto la prova degli eventi.
Non è stata una colpa dei singoli, ma una responsabilità comune.
Oggi, però, un terzo rovescio non ci è consentito.
Perché non lo reggerebbe questa comunità.
E perché al potere c’è la destra peggiore.
Quella che appalta le libertà in cambio di consenso e potere.
Quella che vuole disunire il paese.
Spezzarne l’unità che non è data solo da una lingua, ma dal sentimento profondo, unico, di una nazione che nel bisogno sa camminare assieme.
Che sa piangere e rispettare i morti.
Mentre loro neppure questo sembrano in grado di fare.
“C’è un tempo per demolire e un tempo per costruire” è scritto nell’Ecclesiaste.
Penso che noi abbiamo demolito abbastanza.
E che ora sia il tempo del riscatto.
Abbiamo fatto un congresso sincero.
Ognuno ha speso le parole, le idee, che sentiva giuste.
Le mie – le nostre – erano nella volontà di arricchire la partecipazione e la democrazia.
È avvenuto in uno spirito di rispetto tra noi.
E anche questo conta.
Poteva non bastare, perché per settimane siamo stati oggetto di critiche e sarcasmi.
C’era chi intimava di scioglierci giudicando fallito il progetto e spenta la speranza.
Poi, accade che un milione esca di casa in una domenica piovosa.
Tante e tanti più del previsto, pronti a investire in questo progetto e in molti scorgendo nella guida di una donna giovane la rottura di una prassi durata evidentemente anche troppo a lungo.
Accade questo e il giorno dopo gli stessi – quelli del “dovete sciogliervi” – di colpo cambiano accento e messaggio.
Io dico, grazie!
Vorrei solo dire che non ci sentivamo orfani della speranza neppure prima.
E tanto meno lo siamo adesso.
Qui ci sono una leader, un partito, una comunità, consapevoli che la ricostruzione non sarà semplice né breve.
Consapevoli soprattutto che l’unità di questa forza chiederà fatica e molta buona volontà.
Per prima cosa nell’unire i due affluenti che sono stati decisivi per arrivare dove siamo: gli iscritti al Partito Democratico e la platea larga delle primarie.
Oggi c’è una nuova direzione legittimata da un voto che ha rovesciato l’esito dei circoli.
Non è una ferita, tutt’altro.
Sono le nostre regole.
Ma è certamente una responsabilità in più.
Che assieme dobbiamo gestire anche per rispettare la passione di chi ha creduto e ancora crede nell’impegno per sé.
In una militanza vissuta.
Qualche anno fa da un palco di Piazza Navona Nanni Moretti sferzò la sinistra con un’accusa severa.
Disse “Con questi dirigenti non vinceremo mai”.
Oggi alcuni fuori da qui vorrebbero parafrasare la stessa formula spiegando che, “con questi iscritti non avreste mai vinto”.
Credetemi, sarebbe una sintesi sciocca e offensiva.
Perché quegli iscritti sono il patrimonio di questa comunità.
A loro dobbiamo dire che c’è un partito disposto a cambiare davvero.
E allora, benissimo aprire il tesseramento, ma per bloccare la deriva di questi anni bisogna che a circoli e iscritti venga restituita una quota di potere vero.
Ascoltandoli.
Consultandoli sulle scelte di fondo.
E facendo in modo che la direzione di federazioni, regionali, quella nazionale, eviti da ora in avanti doppi o tripli incarichi e non sia più affidata solamente a chi siede nelle istituzioni.
Oggi però – e lo ripeto – la novità è grande.
Il Pd ha una segretaria.
Che è la segretaria di tutte e di tutti.
Degli iscritti che l’hanno votata e di chi non lo ha fatto.
Il punto è che l’unità tra noi si costruirà mattone sopra mattone perché la discontinuità dovrà fondarsi sui contenuti.
E per farlo – perché quel riscatto diventi una alternativa alla destra – penso che avremo bisogno di due cose.
La prima saranno le battaglie sui diritti strappati a chi ne ha più bisogno.
Un lavoro.
Un reddito.
Lo studio.
E sopra a tutto il diritto a curarsi.
Su questo si plasmerà il sentire comune delle opposizioni.
Nella spinta di movimenti, associazioni, delle piazze come quella di sabato a Firenze.
Assieme a questo a noi servirà l’anima – un pensiero coraggioso sui tormenti e le risorse di un mondo che non è mai stato simile a com’è ora.
Anche questo sarà un lavoro lungo, e allora sarà bene partire subito.
Io penso che lo si debba fare muovendo dal capitolo più drammatico che questo tempo ci ha messo dinanzi e che una volta ancora è la guerra.

Il capitolo della pace e della guerra.
Della capacità di convivere o della volontà di distruggere l’altro.
“C’è un tempo per uccidere e un tempo per guarire”.
Anche questo è scritto nell’Ecclesiaste.
Giorni fa ho letto un piccolo testo prezioso di Edgar Morin, filosofo che ha varcato il secolo di vita.
La guerra mondiale, l’ultima, lui l’ha attraversata.
Vi ha combattuto.
Noi oggi sappiamo dalla televisione delle bombe russe sulle città ucraine.
Lui, allora, aveva vissuto la distruzione di Dresda.
1.300 aeroplani inglesi e americani.
2.430 tonnellate di bombe.
300.000 morti.
C’era da abbattere il nazismo?
Sì, certo.
Ma la guerra porta sempre con sé il peggio che l’umanità è in grado di determinare.
E noi da più di un anno con quella atrocità conviviamo.
Angosciati quando leggiamo chi la tragedia te la racconta nella voce, negli occhi, nei corpi delle vittime.
Ma al fondo, sempre noi, come assuefatti all’idea che poiché esiste un aggressore e un aggredito non si possa dire nulla più di quanto si continua a ripetere da giorni, settimane, mesi.
Mentre un paese finisce dilaniato.
E a migliaia continuano a morire.
Dinanzi a quelle immagini, certa informazione si cura solo di capire se la nuova leadership del Pd cambierà linea.
E magari se questo potrebbe avvantaggiare l’altra opposizione ferma oggi nel dire No all’invio di nuove armi.
La nostra segretaria ha risposto.
Ha usato parole nette e rivendicato le scelte compiute.
Ma il punto non è negare ciò che abbiamo detto e fatto sinora.
Il punto è altrove.
Lo dico così.
Possiamo noi – possono la sinistra di questo paese e la sinistra in Europa – subire il ricatto di quanti scomunicano chiunque invochi o insegua una tregua necessaria e una pace possibile?
Io credo di no.
E penso che un nuovo pensiero coraggioso trovi esattamente qui, sul terreno più terribile ma decisivo, il suo banco di prova.
Ancora Morin spiega perché “ogni guerra racchiude in sé manicheismo, isteria bellicosa, menzogna”.
E soprattutto “preparazione di armi sempre più mortali”.
Per questo dinanzi agli orrori della guerra non è consentito banalizzare.
Perché poi c’è differenza tra chi semplifica e chi banalizza.
Aldo Moro quel concetto lo spiegava benissimo.
“Chi semplifica – diceva Moro – toglie consapevolmente il superfluo.
Chi banalizza toglie inconsapevolmente l’essenziale”.
Io mi chiedo: che cosa è accaduto in questi tredici mesi che ha spinto tanti – troppi – a togliere inconsapevolmente l’essenziale?
Lo sappiamo.
La Russia questa guerra non può e non la deve vincere.
E quindi aiutare anche militarmente l’Ucraina a difendersi prima che necessario è un obbligo politico e morale.
Ma cosa significa stare da una parte – nel caso nostro, la parte giusta – “fino alla fine”?
Se siamo la sinistra e se pensiamo che il 6 agosto del 1945 abbia cambiato per sempre il corso della storia con un’etica che solo pazzi, autocrati o dittatori hanno rifiutato: se tutto questo è vero, compito nostro è ricollocare nella storia il concetto della pace e delle azioni utili a perseguirla.
Dobbiamo farlo perché leggere il mondo nella sua complessità è la prima garanzia per non cedere alla banalità.
Lo facciano altri, ma noi non possiamo indossare lenti che riducono il mondo a una contrapposizione tra il Bene e il Male.
La cultura forse rimane la risorsa principale che quella deriva può impedire.
Nei mesi passati c’è stato persino chi, anche nel nostro paese, ha pensato di annullare un corso universitario su Dostoevskij.
Come se le opere di Puškin, Tolstoj o Čechov possano essere imputabili di collusione coi crimini di Putin.
Sono le scorie di una regressione che la guerra produce da sempre.
Al culmine della loro follia, i nazisti misero al bando la cultura francese e quella russa.
Tutta.
Musica, libri, espressioni dell’arte.
Ma davanti al plotone nazista che lo avrebbe fucilato le ultime parole di Jacques Decour, militante comunista della resistenza e cultore della letteratura tedesca, furono solo: “Imbecilli, è per voi che muoio”.
Ma noi?
Io penso che il tema per noi sia come riprendere un pensiero che non sia solamente la distinzione sacrosanta tra aggredito e aggressore, ma che ridia senso all’interrogativo decisivo che oggi è: “per chi muoiono le centinaia di migliaia di donne e uomini di questa guerra che ci appare senza una fine?”.
Lo chiedo qui – in questa giornata importante per la nostra ripartenza – perché dalla risposta che daremo dipende la certezza su cosa voglia significare “andare fino in fondo”.
Viviamo una terza guerra mondiale a pezzi, ha detto la voce più autorevole che parla al mondo.
E quella in Ucraina è già una guerra dalle implicazioni globali.
Per le ricadute che ha sul cibo e non solo.
Perché può accelerare il conflitto tra Washington e Pechino.
Ma se è così radicalizzare quel conflitto – decifrarlo rinunciando alla sua complessità – può condurre a esiti ancora più devastanti.
Penso che questo non possiamo permettercelo.
E non possiamo perché noi siamo la democrazia – la democrazia liberale e occidentale – mentre la Russia è un regime dispotico.
Ed è questa differenza a consentirci analisi che lì sono perseguitate e represse.
Noi possiamo dire che la strategia degli Stati Uniti verso Mosca è stata negli anni contestata anche da voci autorevoli della stessa diplomazia americana.
Noi possiamo dire – perché degli Stati Uniti siamo alleati, non succubi – che l’Europa sino a qui ha avuto una voce flebile.
O quasi nessuna voce.
Si dice che Putin non ha alcun interesse a parlare con noi.
E nemmeno con Macron e Sholz.
Ma è l’Europa che ha un interesse a parlare con la Russia di oggi e di domani.
Ed è l’Europa che per non sprofondare nel passato peggiore ha bisogno di risvegliare la sua potenza diplomatica e politica.
Non è un interesse condiviso da tutta l’Europa, ma è tempo di dire che questo oggi è il nostro interesse.
E allora parlare in ogni contesto, interno e internazionale, di una tregua, di negoziati, della ricerca testarda di una pace futura, non può più essere descritta come una complicità con le azioni criminali di Putin.
Con i dittatori non si discute?
Li si abbatte e basta?
Ma nella sua storia, l’Occidente ha negoziato con molti dittatori.
E a dirla tutta lo ha fatto con maggiore slancio quando in gioco erano i nostri interessi economici.
Industriali.
Militari.
Oggi fermare questa carneficina è interesse nostro come del mondo intero.
Credo che collocare il nuovo Partito Democratico su questa frontiera – l’Ucraina deve difendersi, la pace ha da imporsi – sia il messaggio più potente per una sinistra che voglia tenere assieme le culture che sedici anni fa a questo partito – e al suo splendido nome – hanno dato vita.
Facciamolo e la ripartenza diverrà riscatto di un’etica della politica che prima di quanto pensiamo ci aiuterà a battere la destra e ad aprire una speranza per l’Italia.

da FB del 12 marzo 2023
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