LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => PERSONE che ci hanno lasciato VALORI POSITIVI => Discussione aperta da: Admin - Novembre 10, 2008, 10:20:23 am



Titolo: «Mama Africa», voce anti-apartheid. (che da oggi purtroppo tacerà. ndr).
Inserito da: Admin - Novembre 10, 2008, 10:20:23 am
MUsica & politica

«Mama Africa», voce anti-apartheid


Miriam Makeba ha una lunghissima carriera iniziata nel Sudafrica degli anni 50, durante il regime dell'apartheid
Miriam Makeba ha sempre saldato la sua arte con la militanza in favore dei poveri, della gente di colore, delle buone cause come del resto dimostrato dal suo ultimo impegno, un concerto contro la camorra. La Makeba ha una lunghissima carriera iniziata nel Sudafrica degli anni 50, durante il regime dell'apartheid e delle township in cui era segregata la popolazione nera.

Nata il 4 marzo 1932 a Johannesburg, aveva debuttato nel 1953 con «Lakutshona llange» cantata con i Manhattan Brothers. Poi si unisce al gruppo jazz sudafricano delle Skylarks. Il grande successo arriva con il musical «King Kong» che fa circolare il nome della Makeba anche al di fuori del Sudafrica. Nei primi anni '60 l'impegno politico diventa assoluto: nel '63 ai funzionari dell'Onu denuncia il regime dell'apartheid. La rappresaglia da parte del governo di Pretoria non si fa attendere e le viene revocata la cittadinanza. Intanto la fama come cantante continua a crescere, soprattutto grazie alle eccellenti interpretazioni di brani della cultura Xhosa e di un inno come la ritmatissima «Pata Pata». Fra i suoi amici ed estimatori, Harry Belafonte, con il quale realizzò anche un album intitolato «Miriam Makeba and Harry Belafonte».

L'attivismo politico le fa conoscere (e poi sposare) Stokeley Carmichael, uno dei leader del movimento nero Black Panthers che la trasforma in una «nemica» del governo americano fino alla scelta dell'esilio in Guinea. Negli anni '70 e '80 l'interpretazione di moltissimi temi popolari l'hanno resa celebre in tutto il mondo come «Mama Africa». La biografia «Makeba: My Story» ripercorre una vita romanzesca fino al rientro in patria nel 1990, dopo la liberazione di Nelson Mandela. Fino all'ultimo ha conservato intatta l'intensità della grande interprete. Fra i suoi ultimi lavori l'album dal vivo «En public à Paris et Conakry» del 2005.

Mario Luzzatto Fegiz
10 novembre 2008

da corriere.it


Titolo: Muore Miriam Makeba dopo il concerto per Saviano
Inserito da: Admin - Novembre 10, 2008, 11:44:06 am
La cantante sudafricana è stata colta da un malore al termine della sua esibizione

E' stata portata in una clinica di Castel Volturno, dove è spirata poco dopo. Aveva 76 anni

Muore Miriam Makeba dopo il concerto per Saviano



CASTEL VOLTURNO (CASERTA) - La cantante sudafricana Miriam Makeba è morta nella clinica Pineta Grande di Castel Volturno, dove era stata trasportata dopo essere stata colta da un malore, al termine della sua esibizione al concerto anticamorra e contro il razzismo dedicato allo scrittore Roberto Saviano, a Baia Verde di Castel Volturno.

L'artista aveva 76 anni. Era nata a Johannesburg il 4 marzo 1932. Aveva speso tutta la sua vita per l'impegno civile ed è morta 'sul campo', a Castel Volturno, un luogo-simbolo della lotta alla criminalità ed alla sopraffazione, dove aveva voluto partecipare a tutti i costi, nonostante le non brillanti condizioni di salute, al concerto anticamorra a sostegno di Saviano.

Miriam Makeba era divenuta famosa in tutto il mondo per essersi battuta contro il regime dell'apartheid che aveva dilaniato il suo Paese, il Sudafrica. Per questo era diventata delegato delle Nazioni Unite. E non a caso il suo impegno contro la segregazione razziale, ingigantito dalla fama di cantante nota in tutto il mondo, aveva causato la reazione del governo sudafricano che, nel 1963 - in pieno regime di apartheid - l'aveva costretta all'esilio ed aveva messo al bando tutti i suoi dischi.

Per tornare in Sudafrica, Miriam Makeba dovette attendere quasi 30 anni: soltanto nel 1990, infatti, Nelson Mandela riuscì a convincerla a tornare nella terra dove era nata (sua madre era di etnia swazi e suo padre, morto quando lei aveva sei anni, era uno Xhosa). Trasferitasi prima in Europa e poi negli Stati Uniti, proprio in quella lunga fase della sua vita, espresse il meglio di sè nel campo artistico. In America Miriam Makeba incise le sue canzoni più conosciute: Pata Pata, The Click Song e Malaika.

Nel 1968 si sposò con Stokely Carmichael, un attivista per i diritti civili. Il matrimonio scatenò grandi polemiche negli Stati Uniti e la sua carriera ne subì un notevole rallentamento. Si separò dal marito - con il quale si era trasferita in Guinea - nel 1973. Nel 1985, dopo la morte della sua unica figlia, Bongi, tornò a vivere in Europa.

Nel 2005 decise di dare il suo addio alle scene e lo fece con un memorabile tour, che toccò tutti i Paesi del mondo nei quali si era esibita. Ma il destino, per l'addio definitivo, le aveva riservato un altro appuntamento. Quello che ieri sera l'ha condotta sul palco di Baia Verde, a Castel Volturno, dove un pubblico accorso per una grande testimonianza di impegno civile, le ha riservato l'ultimo, indimenticabile applauso.

(10 novembre 2008)

da repubblica.it


Titolo: Addio a Miriam Makeba L'ultima canzone per Saviano
Inserito da: Admin - Novembre 10, 2008, 11:44:56 am
Addio a Miriam Makeba L'ultima canzone per Saviano

Domenica sera era a Castelvolturno


Voce leggendaria del continente africano e simbolo della lotta all'apartheid, Miriam Makeba, è morta in Italia a 76 anni, una volta lasciato il palco di Castel Volturno, in provincia di Caserta, dove aveva appena cantato in un concerto a sostegno dello scrittore Roberto Saviano, minacciato dalla camorra.

Conosciuta in tutto il mondo come "Mama Africa", Miriam Makeba nasce a Johannesburg il 4 marzo 1932 e si impone come cantante nel 1959, durante una tournèe negli Stati Uniti con il gruppo sudafricano "Manhattan Brothers". A 27 anni lascia il Sudafrica per necessità di carriera, senza immaginare che sarebbe stata poi bandita per le sue posizioni contro l'apartheid. Nel 1960 cerca di rientrare, per il funerale della madre, ma le autorità le tolgono la nazionalità. A seguito di questo bando, Makeba vive 31 anni in esilio, negli Stati Uniti, in Europa e in Guinea.

Fu la prima donna nera a vincere il Grammy Award per l'album "'An Evening with Belafonte/Makeba", inciso insieme a Harry Belafonte nel 1965. Due anni dopo arriva la fama mondiale con 'Pata Patà, ispirata a una danza in una baraccopoli. Nel 1968 sposa il leader delle Pantere Nere, Stokely Carmichael. L'evento solleva controversie negli Stati Uniti e Makeba si vede annullare i contratti discografici. Carmichael e Makeba si trasferiscono in Guinea. Il matrimonio dura però pochi anni: nel 1973 Makeba si separa e riprende a cantare, soprattutto in Africa, Sudamerica ed Europa.

Dopo la morte della figlia Bongi, nel 1985, "Mama Africa" si trasferisce in Europa, dove rimane fino al 1990, quando la liberazione di Nelson Mandela la convince a rientrare nel suo Paese. Ma passano sei anni prima che esca il suo nuovo disco, "Homeland", in cui racconta sempre l'apartheid, ma anche la gioia di essere tornata nel suo paese. «Ho mantenuto la mia cultura, ho mantenuto la musica delle mie origini - ha scritto nella sua biografia - grazie a questo sono diventata questa voce e questa immagine dell'Africa e del suo popolo, senza esserne cosciente».

Pubblicato il: 10.11.08
Modificato il: 10.11.08 alle ore 8.21   
© l'Unità.


Titolo: "La voce di Miriam Makeba era quello che i sudafricani dell'apartheid avevano...
Inserito da: Admin - Novembre 11, 2008, 11:51:30 pm
"La voce di Miriam Makeba era quello che i sudafricani dell'apartheid avevano al posto della libertà"


di Roberto Saviano


Miriam Makeba's voice has been what Southafricans under apartheid had instead of Freedom. By Roberto Saviano


 
Cosa è il blues?, si chiede lo scrittore afroamericano Ralph Ellison. Il blues è quello che i neri hanno al posto della libertà. Dopo aver saputo della morte di Miriam Makeba, mi è subito venuta in mente questa frase. Mama Africa è stata ciò che per molti anni i sudafricani hanno avuto al posto della libertà: è stata la loro voce. Nel 1963 ha portato la propria testimonianza al comitato contro l'apartheid delle Nazioni Unite. Come risposta il governo sudafricano ha messo al bando i suoi dischi e ha condannato Miriam all'esilio. Trent'anni d'esilio.

Da quel momento la sua biografia si è fatta testimonianza di impegno politico e sociale, una vita itinerante, come la sua musica vietata.

Nelle perquisizioni ai militanti del partito di Nelson Mandela vengono sequestrati i suoi dischi, considerati "prova" della loro attività sovversiva. Bastava possedere la sua voce per essere fermati dalla polizia bianca sudafricana. Ma la potenza delle sue note le conferisce cittadinanza universale fa divenire il sudafrica terra di tutti. E soprattutto l'inferno dell'apartheid un inferno che riguarda tutti. Negli anni Sessanta, approdata negli Stati Uniti, Miriam Makeba si innamora di Stokley Carmichael, leader delle Pantere Nere e i discografici in America le cancellano i contratti, perché Mama Africa non combatte con i mezzi della militanza politica ma con la voce. E questo fa paura. Lei arriva alla gente attraverso la sua musica, attraverso successi mondiali come Pata Pata che tutti ballano, che piacciono a tutti, con una forza dirompente e vitale che il governo dell'apartheid come i razzisti di tutto il mondo non sanno come arginare o combattere.

Così, a 76 anni, è venuta a cantare persino in un posto che sembra dimenticato da dio, dove persone solerti hanno organizzato un concerto per portare un po' di dignità a una terra in ginocchio. E l'altra sera mi hanno chiamato di notte. Checco che aveva seguito l'organizzazione del concerto, mi ha detto che Miriam Makeba non si sentiva bene, "ma la signora vuole cantare lo stesso, vuole il tuo libro nell'edizione americana nel camerino, Robbè, è tosta!". Quando mi avevano detto che Miriam Makeba aveva accettato di cantare a Castel Volturno nel concerto in mia vicinanza che chiudeva gli "Stati generali della scuola del Sud", al primo momento stentavo a crederci. Invece lei che per anni aveva lottato e aveva viaggiato cantando per tutta l'Africa e il resto del mondo, voleva venire anche in questo angolo sperduto dove quasi due mesi prima c'era stata una strage di sette africani. Ché per lei erano africani, non ghanesi, ivoriani o del Togo.

“Miriam, morta nella Soweto d'Italia. Il suo ultimo canto è stato tra gli africani della diaspora, arrivati qui a migliaia”In questa idea panafricana che fu di Lumumba e che mai come oggi sembra per sempre purtroppo sepolta. Mama Africa si è esibita a pochi metri da dove hanno ammazzato l'imprenditore Domenico Noviello, un morto innocente, nativo di queste terre, che invece è morto solo, senza partecipazione collettiva, rivolta, fratellanza. La morte di Miriam Makeba, venuta a portarmi la sua solidarietà e testimoniarla alla comunità africana ed italiana che resiste al potere dei clan, è stato per me un enorme dolore. Enorme come lo stupore con cui ho accolto la dimostrazione di passione e forza di una terra lontana come quella sudafricana che già nei mesi passati mi aveva espresso la sua vicinanza attraverso l'arcivescovo Desmond Tutu. Invece, grazie alla loro storia, persone come Tutu o come Miriam Makeba sanno meglio di altri che è attraverso gli sguardi del mondo che è possibile risolvere le contraddizioni, attraverso l'attenzione e l'adesione, il sentirsi chiamati in causa anche per accadimenti molto lontani. E non con l'isolamento, con la noncuranza, con l'ignoranza reciproca.

Il Sudafrica vive una pressione dei cartelli criminali enorme, ma i suoi intellettuali e artisti continuano ad essere attenti, vitali e combattivi. Desmond Tutu stesso definì il Sudafrica "rainbow nation", nazione arcobaleno, lanciando il sogno di una terra molto più varia e ricca e colorata di un semplice ribaltamento di potere fra il bianco e il nero. Miriam Makeba era e rimane la voce di quel sogno. Se c'è un conforto nella sua tragedia si può dire che non è morta lontano. Ma è morta vicina, vicina alla sua gente, tra gli africani della diaspora arrivati qui a migliaia e che hanno reso propri questi luoghi, lavorandoci, vivendoci, dormendo insieme, sopravvivendo nelle case abbandonate nel Villaggio Coppola, costruendoci dentro una loro realtà che viene chiamata Soweto d'Italia. È morta mentre cercava di abbattere un'altra township col mero suono potente della sua voce. Miriam Makeba è morta in Africa. Non l'Africa geografica ma quella trasportata qui dalla sua gente, che si è mescolata a questa terra a cui pochi mesi fa ha insegnato la rabbia della dignità. E, spero pure, la rabbia della fratellanza.

(Copyright 2008 by Roberto Saviano Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency)

dal blog di Roberto Saviano