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2386  Forum Pubblico / DOMANESIMO E' IL FUTURO, come lo disegniamo per i nostri nipoti? / LEVY, PIERRE. − Filosofo francese (n. Tunisi 1956). inserito:: Settembre 29, 2020, 02:37:57 pm
Levy, Pierre

Enciclopedia on line

Levy, Pierre. − Filosofo  francese (n. Tunisi 1956). Professore presso l’Università di Paris-VIII  Saint Denis, svolge importanti ricerche sull’impatto che le nuove tecnologie digitali hanno sulla cultura e sulle facoltà cognitive. Esperto di comunicazione, membro del consiglio scientifico della Revue Virtuelle e del comitato redazionale dell’Esprit, focalizza i suoi studi sul concetto di intelligenza collettiva intesa come la particolare intelligenza multidimensionale distribuita ovunque e in simultanea grazie alla sinergia tra gli esseri umani e le nuove tecnologie. Insieme a Michel Authier, col quale ha dato vita agli arbres de connaissances, ha fondato la società Trivium, produttrice del software Gingo che supporta la rete arbres de connaissances, un sistema di rete atto allo scambio di dati nella collettività.

Tra le sue opere: L’ideographie dynamique: vers une imagination artificielle? (1990); Les arbres de connaissances (1992 in collab. con M. Authier; trad.it Gli alberi di conoscenze. Educazione e gestione dinamica delle competenze, 1999); De la programmation considerée comme une des beaux-arts (1992); L’intelligence collective (1995; trad. it. 1999); Qu’est-ce que le virtuel? (1995; trad.it. Il virtuale, 1995); Cyberculture (1997; trad.it. Cybercultura: gli usi sociali delle nuove tecnologie, 1997); World philosophie: le marché, le cyberspace, la conscience (2000); Cyberdemocratie.Essai de philosophie politique (2002; trad.it. 2008).


Da - https://www.treccani.it/enciclopedia/pierre-levy/
2387  Forum Pubblico / LA COSTITUZIONE, la DEMOCRAZIA, la REPUBBLICA, vanno Difese! Anche da Noi Stessi. / Chi in Italia è comandato da terzi a disgregare il nostro Sistema può ... inserito:: Settembre 29, 2020, 02:33:44 pm
Tutti gli invasori della nostra Italia la depredarono, anche dei beni culturali, in tutte le epoche.

Lasciando per il momento le predazioni dei barbari invasori, dell’impero romano, Napoleone.

I nazisti sotto il naso dei fascisti fecero man bassa e distrussero, per volere dei capi e senza scopi militari ma soltanto per vandalismo, biblioteche e università (a Napoli per esempio).

Chi in Italia è comandato da terzi a disgregare il nostro Sistema, può arrivare a compiere ogni atto anche violento.
Lo fece la Mafia nel braccio di ferro con lo Stato.

Abbiamo intere nazioni nelle mani di personaggi dalla cattiveria facile e dalla tendenza a delinquere evidente.
Trump ha ventilato la possibilità che non riconoscere l'esito delle elezioni USA anche con mezzi eccezionali.

ggiannig
2388  Forum Pubblico / LEGA & 5STELLE - Il CONTRATTO dopo il 4 marzo 2018. / PANCHO PARDI - L'anticostituzionalismo dei 5Stelle inserito:: Settembre 29, 2020, 02:30:35 pm
PANCHO PARDI - L'anticostituzionalismo dei 5Stelle

La proclamazione pubblica di Grillo sulla sua ormai definitiva sfiducia nella democrazia parlamentare e la preferenza per la democrazia referendaria si presta a diversi livelli di lettura.
C'è il piano personale, quasi psicologico, del rapporto tra lui stesso e i parlamentari eletti nelle file del Movimento 5Stelle. Rapporto complesso tra ispiratore e ispirati, non privo di necessari momenti di frizione: una cosa è dare la linea generale, altra dibattersi in Commissioni e in Aula per mantenere una coerenza riconoscibile all'azione parlamentare del gruppo, in una situazione ricca tanto di sorprese che di necessità. Questo piano appartiene tutto ai protagonisti e nessuno che sia al di fuori può aver qualcosa da dire. Salvo registrare di passaggio che la plateale svalutazione del Parlamento sottolinea con forza la condizione provvisoria e incerta degli eletti.
C'è poi il piano tattico della previsione politica, che un leader è comunque tenuto a esercitare. Qui si può rilevare una sua possibile maliziosità. Non avrà voluto dire ai suoi che, attuato vittoriosamente il taglio del Parlamento e dovendo fronteggiare l'ormai sensibile calo del consenso elettorale, lo squadrone parlamentare dei 5Stelle deve prepararsi al suo assottigliamento in una ben più ristretta pattuglia? Insomma un intento quasi consolatorio: svanita la potenza parlamentare il Movimento si concentri sulla dimensione strategica per attuare la democrazia diretta.
Ma se di questo si tratta - il passaggio in Parlamento per superarlo - allora ci riguarda tutti. Non è una novità assoluta; l'aveva anticipato Casaleggio padre qualche anno fa. Ma espresso con le parole recenti di Grillo il progetto riduce a innocua battuta l'antica idea di Berlusconi che per sveltire la prassi parlamentare bastasse far votare solo i capigruppo. Idea che allora sollevò cori indignati e che appare ora come un'amenità bonaria da vecchio zio.
Non è chiaro se Grillo abbia presenti le implicazioni della sua fantasia. Dovrà comunque ammettere che passare dalla routine parlamentare al voto referendario "una volta la settimana" significa non una riforma radicale della Costituzione ma una sua totale riscrittura. Che lo sappia o no Grillo si è posto in una condizione che, considerata nel modo più asettico, è del tutto extracostituzionale, ma vista sotto il necessario profilo politico appare francamente anticostituzionale.
Tema secondario di questo piano è il suo realismo. Grillo pensa davvero che tutta l'azione politica sia riducibile al martellamento referendario? Tutta la complessa macchina di gestione conflittuale della società può essere concentrata nella risoluzione a passo di carica di una serie virtualmente infinita di quesiti referendari? Ma queste sono quisquilie se si pensa anche solo di sfuggita alla dimensione istituzionale. Se non c'è Parlamento da chi o da che cosa è espresso il governo? Chi o cosa controlla il governo? In quali sedi si esercita l'opposizione? E, dato e non concesso che l'azione legislativa possa essere ridotta alla pratica referendaria, chi controlla la legittimità degli effetti legislativi di questa?
In subordine altro interrogativo riguarda il carattere materiale del voto. Grillo vuole sostituire il voto elettorale col voto referendario, ma non si ferma qui. Immagina davvero che questo possa essere esercitato da casa con un click sul computer usando una piattaforma on line. A parte il tema tutt'altro che trascurabile del controllo sulla piattaforma (perfino i suoi parlamentari non sono soddisfatti della sua) si rende conto Grillo di che cosa significhi privare il voto della sua natura di consapevole esercizio collettivo, concentrato in un tempo e in uno spazio strettamente formale, e ridurlo al rango di una banale risposta a un sondaggio telefonico?
Continua a dominare su tutto l'interrogativo sulla fonte di legittimità del governo. Grillo pensa che si possa votare solo per il governo? Magari tramite una piattaforma senza controllo? Oppure dalla piattaforma uscirà non il governo ma addirittura la Volontà Generale? Non so Grillo ma molti suoi parlamentari che in queste legislature hanno duramente studiato non ignorano che nella prosa spesso tagliente e luminosa di Rousseau il passaggio di gran lunga più oscuro è proprio quello sulla formazione della Volontà Generale. Ma non voglio buttarla in filosofia. Si rendono conto gli eletti 5Stelle che il loro leader si muove in una prospettiva ontologicamente anticostituzionale? Hanno qualcosa da dire in proposito?

Pancho Pardi
(25 settembre 2020)

Scritto venerdì, 25 settembre, 2020 alle 14:20 nella categoria Pancho Pardi. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0.

Da - http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=30645
2389  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / Amnesty International sospende le operazioni in India - BBC News inserito:: Settembre 29, 2020, 01:55:34 pm
Amnesty International sospende le operazioni in India - BBC News

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https://www.bbc.com/news/world-asia-india-54277329
 
2390  Forum Pubblico / REPUBBLICA ITALIANA, MATRIA PATRIA, NAZIONE, oppure STATO della FEDERAZIONE EUROPEA? / Lega, le vie di fuga di Salvini inserito:: Settembre 28, 2020, 06:46:08 pm
Lega, le vie di fuga di Salvini | Rep

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https://rep.repubblica.it/pwa/editoriale/2020/09/27/news/lega_le_vie_di_fuga_di_matteo_salvini-268736011/
 
2391  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Classificazione degli squali. (Confrontarli con quelli della Partitocrazia?) inserito:: Settembre 28, 2020, 06:44:16 pm
Classificazione degli squali

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2392  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Covid-19 siamo pronti? Salute, stare bene secondo la Scienza in edicola inserito:: Settembre 28, 2020, 06:39:28 pm
Covid-19 siamo pronti?

Salute, stare bene secondo la Scienza in edicola - la Repubblica

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2393  Forum Pubblico / Il MONITORE. ORSI, LUPI E TUTTA LA NATURA CI RIVOGLIONO ESSERI UMANI. / Andrea Romano - “Il socialismo? inserito:: Settembre 28, 2020, 06:24:30 pm
Andrea Romano
 
“Il socialismo? È quanto viene realizzato dal governo laburista”. Da vent’anni sulla mia scrivania tengo penne e matite in una tazza con questa frase di Herbert Morrison (stratega della trionfale campagna elettorale Labour del 1945, vice di Attlee nel governo laburista che creò il moderno walfare, varie volte ministro e - last but not least - nonno di Peter Mandelson). Un’indicazione valida in ogni luogo e in ogni tempo, e anche per il nostro oggi.

Perché è sempre utile la discussione sull’identità del Partito Democratico, sulla direzione di marcia, sugli annessi e connessi del “fine ultimo”. Ma non dimentichiamoci mai che per una forza politica ben radicata nella realtà - la stessa realtà nella quale vivono le persone in carne e ossa - ciò che conta davvero è quanto si realizza nelle cose attraverso le opere e le azioni. Che è poi quanto prescriveva un altro grande riformista, Eduard Bernstein: “Il movimento è tutto, il fine è niente”.

E allora guardiamo a quanto abbiamo fatto con le nostre opere e con le nostre azioni in questo anno complicato (tra cui il capovolgimento di fronte nel rapporto con l’Europa, la gestione dell’emergenza Covid, il recupero del PD nei consensi elettorali dal baratro nel quale eravamo sprofondati) e guardiamo con impegno alle molte cose che dobbiamo ancora realizzare. Provando ad adattare la nostra discussione sul PD alla realtà per come essa è, piuttosto che il contrario. Ne trarrà beneficio il nostro lavoro, il nostro rapporto con l’Italia, il futuro del nostro paese.

Da Fb del 27 Settembre 2020.
2394  Forum Pubblico / LA CULTURA, I GIOVANI, La SOCIETA', L'AMBIENTE, LA COMUNICAZIONE ETICA, IL MONDO del LAVORO. / Come fare la storia della filosofia contemporanea? inserito:: Settembre 28, 2020, 06:19:36 pm
Come fare la storia della filosofia contemporanea?
Storia-filosofia-contemporanea-499

Di LUCIO CORTELLA
È il confronto/scontro con la filosofia hegeliana che ha governato lo sviluppo della filosofia contemporanea: a sostenerlo è Lucio Cortella nell'appena pubblicato “La filosofia contemporanea. Dal paradigma soggettivista a quello linguistico” (Laterza, 2020). Ne pubblichiamo la presentazione, per gentile concessione dell'editore e dell'autore, che ringraziamo.

Il problema con cui si scontra ogni esposizione del pensiero contemporaneo è la mancanza di uno standard condiviso in grado di stabilire priorità e gerarchie fra i vari pensatori e fra le scuole filosofiche. Le epoche precedenti non soffrono di questa assenza, dato che si sa – più o meno – quali sono i filosofi maggiori e le linee di sviluppo che conducono dalla filosofia antica fino alla stagione dell’idealismo tedesco. Con il pensiero contemporaneo non disponiamo ancora di un “canone” analogo, il che produce quella percezione diffusa, spesso disorientante, di un panorama filosofico attraversato da una pluralità di concezioni e proposte teoriche non solo assai differenziate ma apparentemente prive di relazioni e di coerenza. Sembra perciò realizzarsi anche sul piano storico-oggettivo quello che molti fra i protagonisti del pensiero contemporaneo hanno poi perseguito nel loro modo di concepire la pratica filosofica, vale a dire il rifiuto dell’idea di sistema e di ordine razionale. In realtà un tratto fondamentale della storia della filosofia, cui neppure quella contemporanea si sottrae, è quello per cui ogni proposta teorica è sempre una reazione a problemi irrisolti di precedenti teorie, l’aggiunta di un argomento mancante, la conclusione di un ragionamento rimasto interrotto. Proprio per questi motivi la storia del pensiero manifesta una coerenza sotterranea ben più sostanziale di quanto non appaia in superficie.

Il tentativo che ho voluto perseguire con questo volume è stato quello di dare contorni un po’ più definiti a quell’immagine sfocata, imprecisa e a volte contraddittoria del pensiero contemporaneo cui non sanno sottrarsi neppure i manuali migliori. È un’esigenza maturata nel corso della mia lunga esperienza didattica con gli studenti universitari, ai quali volevo fornire una mappa e un quadro coerente all’interno del quale collocare le più importanti teorie filosofiche contemporanee. Mi sono quindi appropriato di un’idea interpretativa, intuita da alcuni pensatori del Novecento, secondo cui negli ultimi due secoli sarebbe avvenuto un radicale cambio di paradigma filosofico, ovvero il passaggio da una concezione fondata sulla centralità del soggetto, dominante in gran parte della filosofia moderna, a una diversa concezione fondata sulla centralità del linguaggio. A partire da quest’idea ho quindi proceduto a un’analisi puntuale di autori, scuole filosofiche e testi mostrando in concreto le differenti fasi di quel processo di formazione che ha finito progressivamente per imporre la centralità del paradigma linguistico. Ne è uscito non solo un itinerario coerente ma anche una sorta di mappa filosofica, attorno a cui raccogliere le più importanti idee del pensiero contemporaneo. La sfida che ho inteso raccogliere è stata perciò quella di illustrare attraverso l’esposizione storica una specifica tesi teoretica, intrecciando quindi consapevolmente teoria e storia.

La mia scelta di avviare l’esposizione della filosofia contemporanea a partire da Hegel e dalla crisi del suo sistema implicava già una ben precisa ipotesi teorica, vale a dire l’idea che il sistema idealistico facesse da spartiacque fra un prima e un poi, fra una storia precedente che è stata in gran parte caratterizzata dal pensiero metafisico e un pensiero successivo che dalle istanze metafisiche fondamentali ha inteso esplicitamente prendere congedo. La grande sfida hegeliana era stata quella di voler conciliare l’assunto di fondo della filosofia moderna, vale a dire il principio del soggetto, con l’impianto sostanzialistico-ontologico della metafisica classica. Contro il risultato delle indagini kantiane che avevano mostrato l’impossibile conciliazione fra le istanze critiche della soggettività e le vecchie idee della metafisica, Hegel era convinto che la metafisica potesse risorgere rifondandola proprio sulla soggettività e sull’idea che il pensare fosse la verità oggettiva delle cose. La Scienza della logica è il risultato di questa imponente riformulazione del vocabolario metafisico riproposto in termini logico-concettuali: solo sotto forma di concetto logico Dio può sopravvivere e risorgere nella costellazione critica della modernità. Certo, il “concetto” non è più in Hegel una struttura soggettiva, una forma da applicare a contenuti esterni, ma è la verità ultima del tutto, il fondamento della natura e della storia, è cioè struttura oggettiva (per la quale – non a caso – Hegel riabilita l’antica nozione platonica di “idea”, conferendole appunto il suo originario significato ontologico). E tuttavia il Dio della metafisica – l’essere supremo – al pari del Dio della tradizione cristiana – quello “rappresentato” nella narrazione religiosa –, diventano nella Logica hegeliana solo una concettualità logica, una processualità di categorie e di implicazioni dialettiche, che giungendo alla consapevolezza di se stesse si presentano, in ultima istanza, come un sapere, un sapere assoluto, l’unica vera realtà ultima delle cose. Hegel dunque “salva” sia la metafisica sia il principio del soggetto, ma a caro prezzo: la vecchia ontologia si risolve in un’implicazione logico-concettuale e il soggetto diventa un pensare oggettivo il cui rapporto con l’individuo resta alla fine problematico e sostanzialmente irrisolto. Le esplicite critiche di Hegel alla “vuota soggettività” dei moderni e alla “vecchia metafisica” dell’intelletto, laddove invece ci si sarebbe aspettata la loro riabilitazione, si spiegano con l’ambivalenza oggettiva della soluzione hegeliana.

I successori di Hegel hanno progressivamente maturato la convinzione dell’insostenibilità di quella soluzione. Ai loro occhi appariva evidente l’impossibilità di conciliare soggettività e totalità, teologia e immanenza, assolutezza e storicità, divenire logico e incontrovertibilità del sapere. Ne è derivata la messa in discussione di entrambe le componenti che Hegel aveva tenuto insieme: il primato del soggetto e il rinnovamento della metafisica.

Contro la signoria dello spirito la filosofia post-hegeliana teorizza, in primo luogo, la finitezza della nostra soggettività, il suo dipendere da altro (la vita, la prassi, la materia, la volontà), il suo essere esposto, “gettato”, assoggettato. Si tratta di un esito che si accompagna alla tematizzazione della radicale opacità delle cose rispetto al sapere, della resistenza del mondo ai tentativi di concettualizzarlo e di renderlo conforme ai nostri standard epistemologici.

In secondo luogo si va sempre più rafforzando l’idea dell’impossibili­tà della metafisica, della sua irraggiungibilità, o almeno del radicale depotenziamento delle sue pretese. Perché se è vero che una parte del pensiero contemporaneo ha inteso riproporre una certa idea di metafisica e di ontologia, questo è diventato praticabile solo intrecciandola con la consapevolezza della fallibilità del nostro sapere, oppure facendo un uso equivoco di quella parola (si pensi a una certa filosofia analitica contemporanea), conferendole cioè un significato che ha poco a che vedere con l’antica pretesa di esporre il senso ultimo delle cose e di esibirne il fondamento.

Infine, la terza conseguenza della dissoluzione del sistema idealistico è stata il drastico ridimensionamento delle pretese della ragione, di quelle pretese che la dialettica hegeliana aveva voluto non solo riproporre ma addirittura rafforzare. Hegel aveva infatti inteso rifondare l’antica nozione greca di un logos oggettivo al di sotto del mondo storico e naturale. La sua tesi dell’identità del reale e del razionale affermava proprio questo: l’essenza del tutto è logica, la natura e la storia sono governate da una razionalità immanente che è identica al sapere logico-concettuale. Dopo la fine del sistema idealistico questa idea viene completamente abbandonata, avviando un processo che condurrà a una vera e propria “crisi della ragione”.

È in questo contesto che lentamente ha preso forma l’idea che il linguaggio potesse costituire un nuovo terreno a partire dal quale far ripartire il discorso filosofico della contemporaneità. Esso infatti si è progressivamente sostituito alla vecchia soggettività moderna, ereditandone alcune funzioni: essere condizione della nostra conoscenza del mondo, fornire le strutture fondamentali della nostra razionalità, costituire il presupposto indispensabile per la formazione della stessa individualità. Il linguaggio ha così cominciato a presentarsi come una nuova forma di “trascendentale”, anche se in un senso molto diverso rispetto al modo in cui lo era stato il soggetto. Il linguaggio infatti non può essere assolutizzato né acquisire uno statuto “sovrasensibile”. Al contrario, esso presenta caratteri specificamente sensibili (le parole, la voce, il suono, la scrittura) e deve dunque rinunciare alla vecchia pretesa della soggettività moderna di risolvere al suo interno la realtà delle cose. Il mondo gli è strutturalmente “resistente”. Così come esso, a sua volta, resiste alla pretesa metafisica di un resoconto incontrovertibile e totalizzante del mondo. Se è il linguaggio la condizione perché noi possiamo argomentare, dedurre, connettere i concetti fra loro, elaborare teorie, intessere rapporti con le cose e con gli altri individui, il resoconto che ne uscirà sarà inevitabilmente composto di parole e gli stessi concetti non potranno più pretendere di essere solo dei “pensieri” ma pensieri mediati dalle parole. Certo, le parole non sono mai solo “cose” empiriche. Esse infatti esprimono significati che vanno ben al di là del momento meramente sensibile rappresentato da segni e suoni. E tuttavia quei significati rimangono strettamente legati alle parole che li esprimono e noi tutti sappiamo come le parole non contengano mai un unico significato ma siano plurisignificanti, strutturalmente oscillanti, aperte a molteplici interpretazioni. Il discorso filosofico che abbia piena coscienza di questa sua inevitabile dipendenza dal linguaggio mette in conto dunque l’impossibilità di un resoconto non solo totalizzante ma anche semplicemente definito e conclusivo delle cose. L’opacità del mondo, da un lato, e la strutturale incompiutezza dei discorsi, dall’altro, rendono la filosofia ancor più consapevole della sua finitezza e fallibilità.

Nella comune condivisione di queste premesse le filosofie contemporanee si sono poi sviluppate in differenti direzioni. In primo luogo l’opacità del mondo alle nostre parole ha posto le condizioni per ritenere la descrizione linguistica non già un rispecchiamento delle cose, ma al contrario come la loro costituzione. Ne è uscita un’idea di realtà – del resto già potentemente anticipata da Nietzsche – come costruzione, il risultato delle nostre parole, il loro prodotto. E proprio la consapevolezza non solo della plurivocità dei segni ma anche della molteplicità dei linguaggi ha condotto all’inevitabile conclusione di una moltiplicazione dei “reali”. Il mondo diventa infinito, sia in senso estensivo (i molti modi di dirlo) sia in senso intensivo (l’infinità di prospettive contenuta all’interno di ogni descrizione).

In secondo luogo il sospetto nei confronti dei nostri concetti e dei tradizionali ragionamenti filosofici ha finito per allontanare un’altra parte del pensiero contemporaneo dalla ragione, e non solo dal tradizionale logos oggettivo ma anche dalla pretesa della ragione di essere lo strumento privilegiato per accedere alle cose, spiegarle, aprendone i pur molteplici sensi. Al di sotto delle giustificazioni razionali o della ricerca di fondamenti è stata individuata solo una volontà di sopraffazione, una modalità occulta del potere, una violenza mascherata dalle buone maniere. Ma una volta liberatasi dalla razionalità, la filosofia è diventata inevitabilmente narrazione, esercizio stilistico, letteratura. Il post-moderno, uno dei vari esiti di questo percorso, non è solo la consapevolezza del carattere costruttivo e interpretativo del mondo, il dissolversi liquido della realtà, ma anche l’abbandono definitivo della ragione e la sua moltiplicazione in infiniti discorsi, tutti equivalenti e tutti ritenuti degni di appartenere al medesimo palcoscenico filosofico.

Ma non tutto il pensiero contemporaneo è andato in questa direzione. A ben vedere sia la riduzione del reale a costruzione linguistica arbitraria sia la considerazione della ragione come mascheramento della volontà o del potere nascondono – nonostante tutte le critiche al paradigma coscienzialistico dei moderni – un residuo di soggettivismo: l’idea che il linguaggio sia una sorta di macrosoggetto che decide e determina, costruisce e dissolve. Ma il linguaggio vive nella relazione fra i soggetti, nelle loro pratiche di vita, nello scambio di opinioni e di ragioni. Esso è alle spalle degli individui ma ne è anche il prodotto. Le produzioni linguistiche al pari delle nostre concezioni del mondo, così come le differenti esperienze derivanti dall’incontro con la realtà che sta di fronte a noi, non sono né il risultato delle nostre soggettività individuali né l’espressione di un’anonima struttura linguistica oggettiva posta al di sopra di noi, ma sono proprio l’esito di quell’incontro intersoggettivo, dell’ininterrotto scambio comunicativo, delle smentite e delle conferme che si producono incessantemente nei rapporti sociali.

Assunto in questa dimensione pragmatico-comunicativa il linguaggio mostra un altro volto ancora: non un anonimo sistema di segni, né una sintassi formale nel rapporto fra proposizioni, ma un insieme di pratiche linguistiche – quelle che caratterizzano la nostra comunicazione quotidiana – nelle quali noi siamo costantemente sollecitati a prendere posizione, a domandare e rispondere, a obiettare e concordare, a discutere e imparare. Gli esiti finali dell’ermeneutica (nella sua versione gadameriana), dell’epistemologia novecentesca (il razionalismo critico di Popper), di una parte della filosofia analitica (dall’ultimo Wittgenstein alla teoria degli atti linguistici, al neo-pragmatismo americano) e della seconda generazione della Scuola di Francoforte (Habermas e Apel) hanno evidenziato questa dimensione pragmatico-dialogica del linguaggio. E proprio la scoperta di questa dimensione ha consentito di rimettere in gioco quella razionalità che alcuni sviluppi della svolta linguistica sembravano aver definitivamente compromesso. Quel logos che la tradizione metafisica aveva pensato come una struttura oggettiva e sostanziale e che, all’opposto, il post-moderno aveva smascherato come una finzione o una violenza, è stato riscoperto come un carattere della nostra forma di vita comunicativa, depositato e conservato nelle nostre pratiche.

Il passaggio dal paradigma soggettivista a quello linguistico comporta certamente la presa di distanza da una ragione assolutista in grado di svelare (e al tempo stesso costituire) il senso ultimo delle cose, ma non conduce alla bancarotta della razionalità. Proprio la valorizzazione della dimensione comunicativa del linguaggio ci consente di ricostruire le strutture di fondo della ragione, alle quali necessariamente attingono le nostre descrizioni del mondo, le critiche e perfino le demolizioni più radicali della ratio occidentale.

L’inaggirabilità della ragione, il suo costituire una risorsa indispensabile per le nostre interazioni comunicative, e quindi anche per il discorso filosofico, è quel punto di arrivo del pensiero contemporaneo che consente di riprendere la relazione, apparentemente interrotta, con la grande tradizione metafisica che ha caratterizzato la storia della filosofia. La metafisica non potrà più essere riabilitata nelle forme storiche in cui quel sapere si è depositato nei secoli passati, forme che risentivano di un’immagine del mondo ormai definitivamente affossata dalla scienza contemporanea. Né la restaurazione dell’ideale soggettivista – ormai fuorigioco – della modernità, né la riproposizione di un realismo ingenuo, per il quale l’ontologia si risolve nella classificazione di “ciò che c’è” e che alla fine si converte nella mera rivalutazione del senso comune, possono rappresentare la risposta alle degenerazioni post-moderne della contemporaneità. L’eredità della metafisica sta nella sua trasformazione, mostrando come il logos oggettivo possa rivivere nelle strutture argomentative di una razionalità procedurale che affonda le sue radici nella comunicazione linguistica. La metafisica greca è nata a partire dall’istanza socratica del lógon didónai, l’esigenza di “dare le ragioni” del proprio dire, argomentando, obiettando, rispondendo alle domande e alle confutazioni, in un confronto intersoggettivo mai definitivamente concluso. Quelle ragioni non dimorano in nessun cosmo oggettivo ma sono conservate nelle strutture comunicative del nostro linguaggio. In quelle ragioni si trova depositata l’eredità di una tradizione millenaria.

Il percorso della filosofia contemporanea, pur sostenuto da un’idea di fondo sostanzialmente condivisa da molti dei suoi protagonisti, conosce dunque esiti diversi, proprio perché diverse sono le concezioni del linguaggio sviluppate dai vari protagonisti della nostra epoca filosofica. Il tentativo che ho voluto perseguire è stato però quello di mostrare la dinamica interna che tiene assieme teorie apparentemente molto lontane fra loro: non una panoramica di autori e testi isolati gli uni dagli altri, ma una sequenza intrecciata di questioni e idee, in cui ogni mancata o insoddisfacente soluzione trova sovente una risposta in una teoria successiva. La selezione dei pensatori e dei testi ha dunque seguito questo intento: ricostruire un percorso, o meglio ricostruire il discorso filosofico dell’epoca contemporanea.

Lucio Cortella è Professore Ordinario di Storia della filosofia presso l'Università Ca' Foscari di Venezia.

(18 settembre 2020)

Tag:filosofia contemporanea, Gadamer, Habermas, Hegel, linguaggio, Popper

Scritto venerdì, 18 settembre, 2020 alle 19:37 nella categoria Archivio. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

3 commenti a “Come fare la storia della filosofia contemporanea?”
Sisco scrive:
18 settembre 2020 alle 20:53
Perduto in secche concettuali che non ha nemmeno saputo far comprendere, l'autore di questo articolo non ha appassionato il lettore agli argomenti che sono stati messi in campo. L'ombra del dio morto appare ancora nell'oscurita delle caverne platoniche con quella supponenza che probabilmente aggrada ai solutori di enigmi filosofici. E pensare che chi legge di filosofia approva questo modo di periodare fra salti tra un pensatore e l'altro senza neppure il brivido di un salto mortale...
Soggettivismo e linguaggio? Cosa può significare questo doppio filo che congiungerebbe due diversi modi di intendere le filosofie contemporanee; dove mai si sono potute anche solo pensare queste linee guida per una lettura?

Giovanni M. scrive:
19 settembre 2020 alle 08:37
Sembra un testo molto interessante.

A mio modesto avviso uno dei problemi della filosofia contemporanea è il rapporto con la scienza.
Sembra quasi non ci sia più da fare filosofia perché la scienza avrebbe spiegato tutto e il senso della filosofia cone ricerca del sapere viene dunque meno.

Lo ritengo un approccio sbagliato, anzi proprio grazie alla scienza partendo da assunti razionali e scientifici, la filosofia potrebbe inoltrarsi nella interpretazione metafisica della realtà(scientifica).

Pasquale Giannino scrive:
19 settembre 2020 alle 17:52
Da quello che ho potuto leggere, sembra che l'autore ignori del tutto il contributo fondamentale fornito da Bertrand Russell con la sua teoria delle descrizioni. Prendiamo il problema dell'esistenza. Un problema che si presta a ogni genere di inganni verbali, dall'essere uno immobile ed eterno di Parmenide agli essenti eterni di Emanuele Severino. Il professor Severino sosteneva che se A è esistita ieri non può non esistere oggi, non potrà non esistere domani. Se A è esistita, non può non essere eterna. Dov'è l'inganno? Non è poi così difficile scoprirlo. Altro è dire se A è vera non può essere falsa (e viceversa), altro è dire se A esiste non può non esistere. Nel primo caso, si ipotizza la verità o falsità oggettiva di A. Nel secondo, l'esistenza. Verità ed esistenza non sono la stessa cosa. Se A esiste oggi, potrebbe non esistere domani. La proposizione "7 è un numero dispari" è vera oggi, lo sarà domani, lo sarà sempre.

La teoria delle descrizioni è lo strumento che consente di svelare tali inganni verbali spacciati per logica. Il concetto chiave è quello matematico dell'enunciato aperto: un enunciato in cui compare una variabile x, e il cui valore di verità (oggettivo) dipende dal valore a essa attribuito. Esempio: l'enunciato aperto "x è un numero dispari" diventa una proposizione vera per tutti i valori dispari attribuiti a x; falsa per quelli pari. Bene, ci sono enunciati aperti che sono veri per un solo valore di x. Esempio: "x è il numero primo più piccolo". È vero solo in un caso: quando x vale 2. Ossia, esiste un solo numero naturale tale che l'enunciato "x è il numero primo più piccolo" è vero quando x è uguale a quel numero. Rispetto al problema dell'esistenza, nella teoria delle descrizioni si considera quest'ultimo tipo di enunciati aperti, estendendoli al linguaggio comune. Fra i vari esempi fatti da Russell, è molto interessante quello delle montagne d'oro. Dire: "Le montagne d'oro non esistono" è cattiva sintassi. Qualcuno potrebbe chiedervi cos'è che non esiste. Se voi rispondete: "Sono le montagne d'oro", siete nei guai. Infatti l'altro potrebbe eccepire: "Ah, 'sono' le montagne d'oro... allora esistono!". Ecco, per evitare di incorrere in tali spiacevoli ambiguità sintattiche, Lord Russell consiglia di esprimersi in tal modo: "Non esiste un'entità c tale che 'x è d'oro e montuoso' è vero quando x è c e non altrimenti".

A questo punto possiamo entrare nel vivo della questione. La frase "Dio esiste" è cattiva sintassi. La teoria delle descrizioni ci consente di affrontare il problema dell'esistenza di Dio in modo rigoroso e non ambiguo. Il concetto chiave è questo: prima di affermare che un soggetto nominato esiste bisogna descriverlo; poi si potrà discutere della sua esistenza. Di quale Dio parliamo? Di quali attributi metafisici lo dobbiamo adornare? E qui abbiamo una prima difficoltà, piuttosto seria: bisogna attingerli da una particolare tradizione religiosa. Una fra le tante. Non possiamo descrivere un Dio condiviso da tutte. Per semplicità, prendiamo la Trinità descritta dal cattolicesimo (ma potremmo considerare quella induista, il Dio descritto dall'ebraismo, dall'islam etc.). La forma corretta è: "Esiste un'entità c tale che l'enunciato 'x è la Trinità cattolica' è vero quando x è c e non altrimenti; inoltre c è Dio". Bene, sul piano logico, non vi è alcun dubbio sull'esistenza di quell'entità c che rende vero l'enunciato, e che per i cattolici è Dio. I credenti di tutte le altre fedi, persino gli atei e gli agnostici non possono negare che tale entità corrisponda alla descrizione della Trinità fornita dalla dottrina cattolica. Nessuno di loro dirà che tale entità è Dio. Questo lo diranno i cattolici. Ma sul piano dell'esistenza concreta, neanche i cattolici possono asserire che tale entità che essi identificano con Dio esiste. Lo stesso ragionamento si può ripetere per tutte le altre descrizioni di Dio, giungendo a conclusioni analoghe.

Forse, un giorno, la guerra tra i filosofi continentali e gli analitici avrà fine. E la filosofia occidentale indicherà una nuova strada, per il cammino della civiltà umana.

Per chi abbia voglia di inquadrare questa mia breve riflessione in un discorso più ampio, rimando al saggio Dio gioca a dadi? pubblicato in questo blog il 3 febbraio scorso.

Da - http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/09/18/come-fare-la-storia-della-filosofia-contemporanea/
2395  Forum Pubblico / REPUBBLICA ITALIANA, MATRIA PATRIA, NAZIONE, oppure STATO della FEDERAZIONE EUROPEA? / 5 commenti a “GIORGIO CREMASCHI - (di altri che non sono come noi). inserito:: Settembre 28, 2020, 06:12:11 pm
5 commenti a “GIORGIO CREMASCHI - La Costituzione non c'è più”

•  Sisco scrive:
23 settembre 2020 alle 18:19
Noi che ci siamo battuti per difendere la costituzione nata dalla resistenza, ora siamo fuori dal nuovo sistema che si sta imponendo, quello che ha sostituito con impresa la parola lavoro dell'articolo 1. Ne prendiamo atto...
Una formalità del genere merita di essere sottolineata per quello che significa. Difatti sembra un cavillo da azzeccagarbugli, ma in soldoni significa un passaggio da una visione marxista statalista verso quella privatistica cosiddetta liberista; la prima nata dalle ceneri della prima rivoluzione industriale, la seconda come sbocco dell'organizzazione del lavoro dei caporeparto nell'industria allo sbando del libero mercato. Entrambe figlie delle velleità borghesi in ambito politico, ma qui non bisogna tacere sull'antipolitica.

•  Maria Cristina scrive:
24 settembre 2020 alle 03:23
Non è, il nostro, un Paese fondato sul lavoro ma sulla rendita. Magari fosse “l’impresa”: sulla rendita. Con "impresa". E chi ha anche una piccola rendita - es. un appartamento anche ereditato dalla nonna nel centro di Bologna o Torino, o Milano, ed affittato magari in nero a studenti - incamera assai di più di un onesto (e precario) lavoro. Se poi ne ha due, tre, ...
Non sento alcuno mobilitarsi per questo. Solo un continuo piangere di "padroncini".
Il lavoro, ormai, non garantisce più la sopravvivenza dignitosa. Se poi nessuno ti ha lasciato l’abitazione o un cospicuo malloppetto e devi per forza dipendere dal padroncino di cui sopra, la maggior parte dello stipendio (tutto?) se lo prende lui. Ed il sogno di una casa propria svanisce per sempre: dipenderai da quella piccola o grande rendita altrui a vita.
Ascensore sociale addio.

•  AlessioX1 scrive:
24 settembre 2020 alle 08:33
E invece non ci siete più voi, i comunisti buonisti della distruzione, che in nome di una loro finta versione della costituzione, vogliono abolire carceri, polizia e lo stato, e invece siete stati aboliti voi con la vostra arroganza, bye bye per sempre.

•  E Sem scrive:
24 settembre 2020 alle 13:15
L' incondizionata adesione non negoziabile al neoliberismo globale fascista e criminale era naturalmente incompatibile con i valori democratici costituzionali, per questo alcuni "incaricati di peso" e gli immancabili utili idioti hanno provveduto, prima a rallentare una eventuale attuazione, e poi, per consolidare il regime economico totalitario fascista hanno cominciato lo stravolgimenti della carta costituzionale. Non avevano previsto eccezionalità globali non completamente controllabili (o meglio controllabili da soggetti fuori controllo), le cose si stanno maledettamente complicando: i futuri scenari possibili potrebbero riservarci delle sorprese.

•  Marco M. scrive:
24 settembre 2020 alle 19:18
I miei complimenti per lo scritto dello stimato blogger. Esprime esattamente quello che penso e che personalmente non avrei saputo rendere in modo così esatto e conciso. Io non voglio mitizzare nessuno, tuttavia anche ad una lettura superficiale si percepisce in modo abbastanza netto che i "padri costituenti" RIFLETTERONO, e rifletterono molto, nell'elaborare la ns. Costituzione. A partire la linguaggio usato, che non ha paragoni con le sgangherate costruzioni sintattiche e lessicali odierne. La Costituzione e l'ordinamento dello Stato sono oggetti complessi e dal funzionamento delicato, ove la più piccola variazione, per non produrre danni, prima di essere adottata dovrebbe essere sottoposta a lunghi studi e verifiche, da parte di persone altamente competenti in materia. Al contrario, i ns. Ineffabili politici nell'introdurre le loro pasticciate modifiche hanno sempre agito all'insegna del pressappochismo, e per di più sulla spinta di bassi interessi di bottega, mai avendo sott'occhio il bene comune e gli interessi del paese. E l'andazzo sembra continuare, con motivazioni sempre diverse e l'appoggio di quasi tutte le forze politiche, spinte da mire ed esigenze le più disparate, se non addirittura opposte. A me fa l'impressione di quel bricoleur che scoperto il tavolo traballante, accorcia tre gambe per rimetterlo in piano. Solo che il tavolo traballa ancora e il "genio" accorcia di nuovo altre tre gambe... e così via fino a ritrovarsi non più un tavolo ma una specie di pedana alta pochi centimetri da terra!

Da - http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=30606
2396  Forum Pubblico / REPUBBLICA ITALIANA, MATRIA PATRIA, NAZIONE, oppure STATO della FEDERAZIONE EUROPEA? / Anche in una CERTA SINISTRA ci sono quelli che ... non sono come noi! inserito:: Settembre 28, 2020, 06:08:59 pm
GIORGIO CREMASCHI - La Costituzione non c'è più

La netta vittoria del SI al referendum sul taglio dei parlamentari sanziona la fine della Costituzione del 1948, quella nata dalla Resistenza e votata dall’Assemblea Costituente.

In realtà quella Costituzione è stata davvero in vigore per un breve periodo, poco più che un decennio, nella storia della Repubblica. Partecipazione democratica, diritti sociali e del lavoro, controllo pubblico sull’economia, eguaglianza e libertà, questi sono i principi di un testo costituzionale che, come scrisse nel 2013 la Banca Morgan, “è fortemente segnato da contenuti socialisti, perché frutto del ruolo determinante delle sinistre, comunisti compresi, nella sconfitta del fascismo”.
Per tutti gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso la Costituzione era rimasta inapplicata, nelle istituzioni come nella società. Il mondo del lavoro lottava affinché che la Costituzione entrasse nelle fabbriche, scacciandone il fascismo padronale, ma essa vi era giunta solo nel 1970 con lo Statuto dei Lavoratori, conquistato dalle grandi lotte operaie dell’anno precedente.
Il 1970 fu anche l’anno di istituzione delle Regioni. I sostenitori del SI in malafede hanno poi sostenuto che per questo oggi bisogna ridurre il numero dei parlamentari, perché ci sono le Regioni. In realtà i padri costituenti avevano progettato un sistema democratico complesso, in cui stavano assieme un Parlamento ampio e rappresentativo del paese, le Regioni le Province i Comuni, le grandi organizzazioni sociali e civili, uno stato democratico aperto in ogni sua istituzione e funzione.
Per un lungo periodo solo il Parlamento fu in sintonia con la Costituzione del 1948, poi essa cominciò ad essere applicata nella società e nelle istituzioni. Ma negli anni 80, con la svolta liberista e reazionaria mondiale, le nostre conquiste costituzionali cominciarono ad essere messe in discussione, in alto ed in basso. In alto con l’accentramento autoritario del potere nel governo a danno del Parlamento e di ogni partecipazione democratica. E in basso, con lo smantellamento progressivo delle conquiste sociali del lavoro e dei più poveri. Ci sono voluti quarant’anni, ma ora quelle conquiste non ci sono più e la nostra società è tornata più indietro dei decenni nei quali si lottava per applicare la Costituzione. Che poi è stata intaccata anche formalmente, con la riforma del 2001 che spacchettava lo stato sociale in venti sistemi regionali; e con quella del 2012 che imponeva il pareggio di bilancio e le politiche di austerità europee.
Il Parlamento aveva ancora i numeri con cui era stato concepito nella Costituzione, ma non la rappresentatività e le funzioni. Le leggi elettorali truffaldine maggioritarie avevano solo lo scopo di assegnare la maggioranza alla migliore minoranza, nel nome della governabilità. Con il venti per cento degli elettori si conquistava il potere di governare per tutti. E i parlamentari erano nominati dai capi partito e ne diventavano galoppini.
Il taglio dei parlamentari ha così spazzato via l’ultimo, più importante, pilastro di una Costituzione già compromessa dal Jobs Act, dalle privatizzazioni, dal trasformismo politico e dall’autoritarismo istituzionale. Ora il Parlamento della Repubblica è stato adeguato al degrado della Repubblica.
E ovviamente non finirà qui, perché subito dopo avremo lo sfascio dell’autonomia differenziata e conseguentemente il presidenzialismo. Perché ci spiegheranno che il Parlamento è piccolo e debole e le Regioni troppo forti, pertanto bisognerà eleggere un capo, magari chiamandolo il sindaco d’Italia.
Non solo senza il Parlamento della Costituzione la vecchia Costituzione non c’è più, ma sulle sue macerie si sta già edificando quella nuova, che fa venire i brividi, soprattutto perché somiglia sempre di più a quella delineata da Licio Gelli.
Noi che ci siamo battuti per difendere la Costituzione nata dalla Resistenza, ora siamo fuori dal nuovo sistema che si sta imponendo, quello che ha sostituito con impresa la parola lavoro dell’articolo 1.
Ne prendiamo atto, ma non per questo ci arrenderemo.

Giorgio Cremaschi
(23 settembre 2020)

Scritto mercoledì, 23 settembre, 2020 alle 14:22 nella categoria Giorgio Cremaschi.

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2397  Forum Pubblico / ESTERO fino al 18 agosto 2022. / Who runs Hong Kong: party faithful shipped in to carry out Beijing's will inserito:: Settembre 28, 2020, 02:41:45 pm
Who runs Hong Kong: party faithful shipped in to carry out Beijing's will

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
10:44 (3 ore fa)
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https://www.theguardian.com/world/2020/sep/28/who-runs-hong-kong-party-faithful-shipped-in-to-carry-out-beijing-will-security-law?CMP=share_btn_link
 
2398  Forum Pubblico / LA COSTITUZIONE, la DEMOCRAZIA, la REPUBBLICA, vanno Difese! Anche da Noi Stessi. / Il disordine sociale di idee è diffusissimo tra la popolazione, giovani compresi inserito:: Settembre 28, 2020, 11:50:24 am
Il disordine sociale di idee è diffusissimo tra la popolazione, giovani compresi.
Di questo ne approfittano tutte le categorie sociali, della negatività, falsità, cattiveria diffusa, egoismi e della malavita.

Se al Centro e Sinistra Progressista-Riformista non si decidono a svolgere opera di cultura di redenzione della popolazione tenuta nello stato di soggezione e non conoscenza della verità da coloro che hanno strappato il potere con l'inganno, sarà difficile in futuro difendere la nostra Democrazia.   

Allo stato attuale non appare nulla di ciò, dai partiti e movimenti di area Centro e Sinistra Progressista.
Continuano le chiacchere i provvedimentini-spazzatura o a pioggia, mancano progetti regionali mirati alla ricerca di consenso emancipato tra la popolazione, lasciata in balia della destra, quella peggiore perché insidiosa delle intelligenze cognitive di massa.   

ggiannig
2399  Forum Pubblico / DIVENTATO = I.C.R. MARKETING & COMUNICAZIONE SOCIALE. / Fontana sul caso DiaSorin: Non sono preoccupato, ho chat con parlamentari che... inserito:: Settembre 27, 2020, 11:05:32 pm
Fontana sul caso DiaSorin: “Non sono preoccupato, ho chat con parlamentari che meglio rimangano tra noi”

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Arlecchino Euristico
   
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2400  Forum Pubblico / DOMANESIMO E' IL FUTURO, come lo disegniamo per i nostri nipoti? / Barca: “Liberare i giovani e dargli potere per far rinascere l’Italia” inserito:: Settembre 27, 2020, 09:52:18 pm
Barca: “Liberare i giovani e dargli potere per far rinascere l’Italia”

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