LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. => Discussione aperta da: Admin - Agosto 03, 2007, 10:32:26 pm



Titolo: CASINI...
Inserito da: Admin - Agosto 03, 2007, 10:32:26 pm
3/8/2007 (7:55) - RETROSCENA

Casini fa rotta verso la Cdl
 
"A settembre ci sarà la crisi di governo e l'Udc non potrà allearsi con il Pd"

AUGUSTO MINZOLINI


ROMA
Pier Ferdinando Casini è una vecchia volpe della politica e ha capito che per far dimenticare le allegre nottate romane del deputato Cosimo Mele, l’aumento dello stipendio ai deputati per il ricongiungimento famigliare proposto dal segretario dell’Udc Lorenzo Cesa e il comico test anti-droga ai parlamentari, doveva uscire dal letargo. Così il personaggio si è messo in movimento e per 24 ore è sembrato una trottola impazzita. Ha parlato di tutto, dicendo a volte il contrario di tutto, ma a ben guardare con una rotta ben precisa: la sardina bianca dell’Udc sta tornando lentamente nelle acque del centro-destra. Certo lo fa a modo suo, zig-zagando e facendo un giro largo.

Mercoledì sera l’ex presidente della Camera ha ritirato fuori uno dei cavalli di battaglia del suo repertorio, l’attacco alla leadership di Berlusconi nel centro-destra, dimenticando che in un anno i numeri sono cambiati: per il Cavaliere in meglio, per lui in peggio. Ma era solo una promessa per coprire la grande virata. Quella di ieri. In mattinata ha sbattuto la porta davanti alle telecamere del La7 ad ogni ipotesi di nuova maggioranza con il Pd: «Non esiste numericamente, perché anche nelle migliori previsioni non arriverà al 35%». Poi ha messo in riga Romano Prodi, che voleva un intervento delle gerarchie ecclesiastiche contro gli evasori: «Dovrebbe farsi gli affari suoi e non spiegare ai preti quello che devono dire in Chiesa». Ha ripetuto che «il minimo comun denominatore con Berlusconi è l’opposizione al governo, ma l’Udc rivendica il dovere di costruire un’alternativa diversa». Anche sul Cavaliere ha mitigato le parole del giorno prima: «E’ un grande leader, il più votato del centro-destra, ma non è il proprietario del centro-destra». Infine nel pomeriggio di ieri ha preconizzato una crisi di governo: «Le contraddizioni della maggioranza sono troppe, ma tutti nodi verranno al pettine a settembre». E ha proposto una strategia all’opposizione: mettere in risalto gli aspetti più «riformisti» della proposta del Professore per far saltare i nervi alla sinistra massimalista. Una linea che Casini vuole proporre a tutta l’opposizione proponendo lui stesso quel vertice del centro-destra che aveva rifiutato fino a ieri.

Per cui, sia pure usando gli itinerari tortuosi e i meccanismi complessi dell’agire democristiano, Casini sta tentando di trovare un «modus vivendi» con i vecchi alleati. Un passo ovvio, quasi obbligato, per un leader che in questo momento si trova senza linea. Senza una legge elettorale sul modello tedesco, infatti, l’ex-presidente della Camera non ha strategia. E il riavvicinamento verso Berlusconi tra i tanti fini ha anche quello di rendere meno pregiudiziali le riserve del Cavaliere nei confronti della legge con cui si elegge il Bundestag.

Insomma, recalcitrando, lentamente ma inesorabilmente, Casini, da buon doroteo (con i riflessi più appannati dei suoi maestri che sicuramente ci avrebbero messo meno tempo), sta prendendo atto della realtà. Del resto la scorsa settimana, davanti al vertice del partito, il leader dell’Udc aveva messo in soffitta la chimera di una possibile alleanza del Pd: «Da un sondaggio che ho commissionato emerge chiaramente che l’Udc perderebbe il 60% dei suoi elettori se passasse dall’altra parte». Una sentenza chiara, inequivocabile, che ha posto fine ad ogni ambizione di interpretare la linea del pendolo sulla frontiera dei due Poli. Ma anche questa premessa spietata che pone fine ai velleitarismi del passato, non ha fatto venire meno le difficoltà che Casini incontra (siamo al limite dell’idiosincrasia) con gli alleati di un tempo. Semmai la novità è che il suo rancore, al momento, ha come bersaglio più Fini che il Cavaliere.

Due giorni fa nel Transatlantico di Montecitorio il leader dell’Udc si è sfogato platealmente con diversi esponenti di Forza Italia. Prima con Angelo Sanza e Piero Testoni. Quindi con uno dei consiglieri più vicini a Berlusconi, Fabrizio Cicchitto. «Fini - ha spiegato - sta sbagliando tutto. Io non lo capisco proprio. La scelta di cavalcare il referendum rischia di creare solo problemi». Questo non significa che l’ex-presidente della Camera abbia risparmiato Berlusconi. Anzi. «Il “no” al sistema tedesco - ha fatto presente - è stato un grave errore. Inoltre sbaglia a pensare che il governo andrà in crisi in autunno: Prodi è abile, non va sottovalutato; da quanto ne so, si sta muovendo molto per mettersi a riparo da ogni sorpresa. Ha cominciato una nuova campagna acquisti. Ecco perchè puntare subito alle elezioni può essere sbagliato, rischia di compattare una maggioranza divisa. Sarebbe meglio ipotizzare un governo istituzionale». Infine, più per tattica che per convinzione, Casini ha lanciato un’esca a Sanza per aprire un varco in uno scenario che si è fatto asfissiante per lui. E probabilmente lo ha fatto ben sapendo che il suo interlocutore l’avrebbe pubblicizzata: «Fini poi non ha capito una cosa: se lui si dimostrasse più disponibile sul modello tedesco, io potrei anche diventare più elastico su una proposta che gli sta tanto a cuore, quella del partito unico».

Un’ipotesi che se paragonata alle posizioni assunte in passato dall’interessato, appare quasi come una bestemmia. Ma il «Pierferdi» nazionale è obbligato a muoversi, deve uscire dall’angolo in cui si è cacciato. Anche perché il mondo rischia di andare avanti anche senza di lui. Mercoledì sera proprio mentre l’ex-presidente della Camera sparava in video per l’ennesima volta contro la leadership di Berlusconi, dallo studio del Cavaliere di Palazzo Grazioli usciva uno dei signori delle tessere dell’Udc: il vicepresidente del Senato, Mario Baccini.

da lastampa.it


Titolo: Casini ... o mani avanti?
Inserito da: Admin - Agosto 06, 2007, 10:03:13 am
POLITICA

Casini: "Voteremo comunque il protocollo sul welfare ma non ci sarà alcun appoggio a Prodi"

"Il nostro 7% solo per creare un nuovo quadro politico. Berlusconi ci pensi: il sistema tedesco"

"Un governo di unità nazionale per mandare a casa Romano"

di CLAUDIO TITO

 
ROMA - "Nel momento in cui la sinistra antagonista dichiara che in parlamento si opporrà ad alcune parti del Protocollo e ne chiederà la modifica sostanziale, l'opposizione non può rispondere facendo la bella statuina". Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini vuole un ruolo attivo per il centrodestra in vista del prossimo "autunno caldo". Conferma allora la disponibilità a sostenere alcune delle parti del Protocollo sul welfare. Esattamente come fa Confindustria e la Cisl. "Ma non ci sarà alcun appoggio a Prodi" che cadrà solo se non si grida continuamente "al lupo al lupo", come fanno Berlusconi e Fini. "E vedrete che due secondi dopo la caduta del Professore, tutti ci chiederanno un governo di larghe intese".

La disponibilità al dialogo intanto ha fatto sobbalzare sulla sedia sia i leader dell'Unione che del centrodestra?
"Chi, nella Cdl, si è impegnato di più su queste tematiche come Roberto Maroni e Maurizio Sacconi, parla di confronto sul merito. Ecco, io voglio confrontarmi sul merito, perché sarebbe una vantaggio troppo grosso per il governo se noi ci rifugiassimo sull'Aventino. Sarebbe solo un favore a Prodi".

Quindi c'è ancora la vostra disponibilità sul welfare?
"Noi vogliamo aumentare gli elementi di riformismo di quel Protocollo e soprattutto evitare che vengano soppressi gli aspetti più innovativi. L'opposizione deve difendere ad esempio la flessibilità del lavoro. Ma vogliamo un confronto alla luce del sole. Quello che è già finito, dunque, è solo quello che non è mai cominciato".

Cioè?
"A parte i gossip estivi, noi abbiamo sempre detto che Prodi è l'ostacolo per un governo serio per il Paese. Non ci è mai passato per il cervello di dare a lui una disponibilità".

Scusi, cosa sarebbe un governo serio per il Paese?
"Quello di responsabilità nazionale. Il punto è che questo governo è ostaggio della sinistra radicale. E allora quando Prodi lancia il suo messaggio per dire che non ci vuole - intanto fa come la volpe con l'uva - in realtà vuole brutalmente respingere quelle parti della sua maggioranza che si sentono logorate proprio dalla sua presidenza. E allora Romano si attacca con la colla alla sinistra radicale".

Chi nell'Unione ha questo atteggiamento?
"In pubblico lo dice Rutelli, Mastella, Di Pietro. In privato anche nel Pd ritengono che Prodi sia una sorta di condanna. Capiscono che non si possono più presentare agli elettori così e con questa alleanza. E allora il premier li bacchetta e li minaccia: "se mi fate cadere, faccio sfaceli".

Ma lei è sicuro che settori della maggioranza sarebbero pronti ad un esecutivo istituzionale o tecnico?
"Due secondi dopo la caduta di Prodi, lo vorranno tutti. Il problema vero è chi stacca la spina. Ed evocare continuamente le elezioni, come fa Berlusconi, impedisce proprio che qualcuno prenda il coraggio a due mani e licenzi il premier".

Nel frattempo però nella Cdl accusano lei di fare il doppio gioco.
"Nell'opposizione ci sono due linee: la nostra e quella della spallata. Quest'ultima, peraltro, non ha ottenuto grandi risultati.... E la campagna di delegittimazione nei nostri confronti si scioglie davanti al fatto che al Senato noi siamo sempre stati compatti e altri gruppi della Cdl no. In effetti la mia linea non è quella di Berlusconi e Fini".

Proprio Berlusconi la accusa di voler solo rinviare le elezioni per bruciare la sua leadership.
"Al voto, purtroppo, non ci si andrà rapidamente. Non confondiamo i sogni con la realtà. La politica dello scontro ha fatto guadagnare all'Unione voti al Senato. E poi come si può pensare di interrompere la legislatura quando il capo dello Stato chiede una nuova legge elettorale?".

Certo anche le larghe intese non portano alle urne.
"Solo apparentemente. E comunque cosa ha portato la manifestazione del Polo? Cosa ha portato la salita al Quirinale? Un esempio: Berlusconi sulle intercettazioni è stato coerente. Ha detto: "sono garantista e voterò no". Ha messo in difficoltà più questa posizione o un'eventuale sì all'uso delle intercettazioni che riguardano i Ds?".

Dal punto di vista dell'opposizione, lei descrive un cane che si morde la coda.
"A settembre io chiederò un incontro tra tutti i gruppi della Cdl per mettere a punto un coordinamento. Sapendo proprio che il dialogo mette in difficoltà Prodi. Eppoi, la Confindustria ha firmato il Protocollo, la Cisl lancia un Sos. Noi che facciamo? Solo propaganda?".

Ora parla di coordinamento, ma non aveva un progetto politico alternativo?
"Ce l'ho: una ristrutturazione del quadro politico che consenta alle forze di centro di essere il perno del nuovo sistema. Per questo vogliamo il modello elettorale tedesco e per questo non faremo un'intesa Pd-Udc. Il mio obiettivo è svincolare i due schieramenti dal ricatto delle estreme".

Con chi vorrebbe costruire questo nuovo centro?
"Ci sono associazioni di categoria, mondo cattolico, imprenditori che non aderiscono al Pd e non vogliono Berlusconi. È un reato essere il collettore di questa gente?".

Una nuova Dc con spezzoni di centrodestra e schegge del centrosinistra? Chi sente vicino a questo disegno?
"È ridicolo pensare che si possa tornare al passato. Posso però dire che la nomenclatura della Margherita si accaserà tutta nel partito democratico, ma la gente che l'ha votata no. Quelli che sono andati al Family day rappresentano una realtà importante".

Magari anche con un avallo della Chiesa?
"È finito il tempo degli avalli. L'avallo lo devono dare gli elettori. E per noi un test importante saranno le europee".

Quindi addio centrodestra?
"Ripeto: è impossibile un governo in cui ci sia Casini e la sinistra radicale. È impensabile anche un'alternativa che prescinda da Forza Italia. E il centrodestra non può immaginare di vincere senza di noi. Detto questo, noi non abbiamo padroni. Non c'è un proprietario della Cdl e qualcuno si dimentica che l'anno scorso si è votato con la proporzionale. Il nostro 7 per cento lo impegniamo solo per creare un nuovo quadro politico. E Berlusconi ci pensi bene: il sistema tedesco non lo danneggia affatto".

(5 agosto 2007) 
da repubblica.it


Titolo: PIER FERDINANDO CASINI Il mio Centro moderato e riformista
Inserito da: Admin - Agosto 14, 2007, 10:08:46 pm
14/8/2007 - LA LETTERA
 
Il mio Centro moderato e riformista
 
PIER FERDINANDO CASINI 

 
Caro Direttore,
i dibattiti sull’ipotesi di ricostruzione di un partito «grande e di centro» finiscono, il più delle volte, per alimentare i sogni di mezza estate o goffe cacce alle streghe. Non è stato così per l’analisi lucida e dura del professor Ricolfi, che ha rivolto ai centristi e all’Udc critiche non del tutto infondate. Per una volta, vorrei evitare quella difesa d’ufficio inevitabile per chi ha ruoli di responsabilità in un partito. Ammettere i limiti della propria formazione politica può essere la premessa migliore per andare avanti nella direzione giusta. Ricolfi spiega che «il postulato in base al quale più si è moderati, più si è riformisti» è falso. Per dimostrarlo cita una serie di esempi in cui l’Udc non ha dimostrato una grande vocazione liberale. Ha ragione. Gli episodi in cui la tentazione di poter incrementare i consensi seguendo la scorciatoia dell’aumento della spesa pubblica non sono pochi e non sono irrilevanti.

Il Paese ha bisogno d’altro. Ha necessità di riforme profonde, strutturali. Non serve, secondo Ricolfi, un partito dei moderati, ma il partito della responsabilità e del merito. Concordo e ammetto che oggi quel partito in Italia non c’è ancora. Un leader politico, però, non può accontentarsi di fotografare l’esistente e di limitarsi all’autocritica. Personalmente, voglio impegnare me stesso e il partito di cui faccio parte, l’Udc, a essere parte attiva di un contenitore radicalmente riformatore.

Quando, dopo la fine della Dc, abbiamo fondato il Ccd l’abbiamo fatto con un’idea molto chiara: l’esaurimento di quel grande partito popolare di massa consisteva nella deriva che aveva preso negli ultimi dieci-quindici anni, caratterizzati da una gigantesca trasformazione dello stato sociale in un grande stato assistenziale che distribuiva benefici a tutti, anche a chi non ne aveva bisogno, a scapito della necessaria selezione dei bisogni e anche a scapito del merito e del sacrificio che, in ogni democrazia liberale, debbono essere le vere discriminanti selettive. Per questo, sin dal ‘94, abbiamo manifestato la nostra contrarietà all’idea di rifare un’altra Dc, non solo per l’esaurirsi delle condizioni storiche del tempo (fine dell’unità politica dei cattolici, caduta del muro di Berlino, simbolo della guerra fredda), ma anche e soprattutto per questa discontinuità che i tempi richiedono. Oggi il Paese chiede altro, qualcosa di radicalmente nuovo che non sia figlio della nostalgia. Richiede una nuova mentalità politica e forse una nuova classe dirigente, ma da qualche parte bisogna pur partire. Mi limito a segnalare che alcuni mesi fa si è tenuto il congresso dell’Udc. Oltre a confermare la fiducia al nostro segretario, i delegati si sono divisi - con tanto di votazioni (assai poco frequenti negli altri partiti) - su temi importanti e per certi versi «nuovi» come pensioni e ambiente. È emerso il profilo di un partito che scommette, magari con un po’ di fatica, sull’innovazione, sul cambiamento, sulla riforma di un sistema previdenziale che guardi ai giovani ed eviti possibili scontri intergenerazionali, sul nucleare troppo frettolosamente archiviato. In questo anno di opposizione abbiamo tentato di essere conseguenti. Abbiamo trattato il tema delle liberalizzazioni, delle pensioni stesse, dei servizi pubblici locali con serietà e con quella «radicalità» che giustamente l’editorialista della Stampa reclama.

Essere moderati non significa essere banderuole esposte ai quattro venti. Avere radicamento territoriale non significa essere clientelari. Essere parte della tradizione cattolica del nostro Paese non è motivo di disonore. Coniugare questi caratteri con le battaglie del libero mercato, di uno Stato più leggero, ma anche più equo, non è facilissimo. Ma non è impossibile. In questi anni abbiamo fatto tanta strada: commesso anche errori, ma da quelli abbiamo saputo trarne le giuste lezioni. La strada da percorrere è ancora tanta. E le difficoltà sono proprio quelle evidenziate da Ricolfi. Chi ha a cuore la sorte del proprio Paese non può sottrarsi a questa sfida. Per l’Udc la battaglia dei prossimi mesi non sarà quella di rifondare un improbabile partito che contrapponga la definizione «centro» alle prevalenti «destra» o «sinistra», poiché siamo consci che ormai questi schemi sono logori e vecchi, figli di stagioni ideologiche che giustamente nella vicina Francia il presidente Sarkozy ha archiviato rompendo tabù e incomunicabilità, facendo un governo della modernizzazione contro tutti i conservatorismi. La sfida è questa: essere, insieme, moderati e radicali si può.
 
da lastampa.it


Titolo: Casini prende le distanze da Berlusconi
Inserito da: Admin - Agosto 27, 2007, 03:26:41 pm
POLITICA

Nota congiunta dei due leader dopo le affermazioni sulla protesta fiscale

"Un'evocazione di ribellione e violenza che può trovare seguaci irresponsabili"

Fassino e Rutelli a Berlusconi "Prenda le distanze da Bossi"

 
ROMA - Una nota, sintetica e chiara, in cui si chiede a Silvio Berlusconi di prendere le distanze dal suo alleato Umberto Bossi, dalle affermazioni del leader del Carroccio sulla protesta fiscale che hanno sollecitato anche l'intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La nota è congiunta e la firmano Piero Fassino e Francesco Rutelli, che chiedono, appunto al leader di Fi "una presa di distanza netta ed esplicita dalle dichiarazioni rese ieri da Umberto Bossi, le cui parole pronunciate in pubblico hanno ricevuto il plauso dei dirigenti del partito che presiede, e che fa parte della coalizione guidata da Berlusconi".

Ieri, nel pieno della polemica, fra le tante reazioni a quanto affermato da Umberto Bossi è mancata proprio la voce di Berlusconi. Il leader di Fi, a Roma per partecipare alle nozze del capogruppo azzurro alla Camera, Elio Vito, ha replicato ai cronisti con un laconico "No, non dico nulla".

Quanto alle parole del leader del Carroccio, il segretario dei Ds e il presidente della Margherita parlano di "una evocazione di ribellione e di violenza che può purtroppo trovare seguaci irresponsabili", di fronte alla quale "non sono ammessi calcoli politici o ambigui silenzi. Quando qualche frangia irresponsabile della nostra coalizione ha pronunciato parole inaccettabili - ricordano Fassino e Rutelli - noi non abbiamo esitato a condannarle anche a prezzo di inevitabili conseguenze politiche".

I due leader del centrosinistra si appellano a Berlusconi affinché faccia altrettanto, "contribuendo così a isolare chi vorrebbe appiccare pericolosi incendi politici. La politica ha bisogno di ritrovare serenità, responsabilità, rispetto reciproco e capacità di confronto. Il che è possibile - concludono - solo se vengono bandite tutte le posizioni e i comportamenti che radicalizzano e fomentano lo scontro".

(27 agosto 2007)

da repubblica.it


Titolo: Ma quale spallata, riforma e poi al voto Casini prende le distanze da Berlusconi
Inserito da: Admin - Settembre 16, 2007, 11:44:28 am
POLITICA

Intervento dell'ex presidente della Camera alla festa dell'Udc di Chianciano

Ancora critiche a Beppe Grillo, ma anche una bocciatura del "maiale day" leghista

"Ma quale spallata, riforma e poi al voto" Casini prende le distanze da Berlusconi

 

CHIANCIANO TERME - "Questo Paese ha bisogno di verità e responsabilità, non ha bisogno di Grillo, del 'vaffanculo day' e del 'maiale day', perché così andrà a catafascio". Pier Ferdinando Casini ha ribadito la presa di distanza dal movimento chiamato a raccolta dal comico genovese, ma ha bocciato anche l'annunciata mobilitazione leghista contro le moschee. Anche se, ha messo in guardia, "c'è la corsa nel fare le moschee, io sono per la libertà di culto ma ci sono troppi luoghi di culto che non sono tali, ma zone dove si prolifera e si fa propaganda di terrorismo".

Intervistato da Bruno Vespa alla festa dell'Udc in corso a Chianciano l'ex presidente della Camera ha rilanciato il profilo moderato del partito, invocando il raggiungimento di un'intesa sulla riforma elettorale in grado di schiudere le porte al voto anticipato. Anche perché, ha osservato Casini, "il governo non cadrà mai se viene invocata la spallata, ma se imploderanno le contraddizioni. E' una cosa talmente logica, viene il dubbio che qualcuno voglia continuare a mandarli avanti".

Il terreno di possibile incontro, ha insistito il leader dell'Udc, è "una sogliolona alta di sbarramento, minimo il 5 o il 6 %", in modo che "dopodomani si vada a votare" e non ci siano più "armate Brancaleone" ma "un sistema che consenta ai virtuosi di stare con i virtuosi, agli estremisti con gli estremisti". Un campo, quello dei virtuosi, nel quale l'ex presidente della Camera ha inserito sia personaggi notoriamente vicini al centro, sia altri molto meno scontati, come Letta, Bersani, Chiamparino e Lanzillotta.

Il governo Prodi deve cadere, ha poi ribadito Casini, ma quale potrà essere l'alternativa è ancora da vedere. Con Berlusconi, Fini e Bossi, ha spiegato, "ci possiamo incontrare per costruire una alternativa di governo" ma solo "se ci sarà pari dignità" e comunque l'obiettivo è "un partito dei moderati che non sia un fortilizio e sia capace di interloquire anche con grandi settori di Forza Italia, da Formigoni ad Adornato, da Pisanu a Tremonti". Qualcosa di diverso dalla ricostituzione della Dc, perché, ha ammesso, "un partito deve riconoscere i propri errori: la Dc ha causato l'esplosione del debito pubblico portando l'Italia ad essere uno stato assistenziale".

Chiamato ad esprimersi ancora sul V-Day dello scorso 8 settembre, il leader dell'Udc ha insistito nelle sue critiche. "Non serviva Grillo per avvertire la crisi, bastava andare al supermercato. Non commettiamo l'errore di dire che l'antipolitica colpisce solo una parte".

(15 settembre 2007)

da repubblica.it


Titolo: Il leader dell'Udc ai cattolici: «basta buonismo»
Inserito da: Admin - Novembre 05, 2007, 03:56:26 pm
Il leader dell'Udc ai cattolici: «basta buonismo»

Casini: piena sintonia con la Cdl

«I rom? Parte del clero in nome di un malinteso concetto di accoglienza rischia di aumentare i problemi»


ROMA — È appena tornato dalla baraccopoli di Ponte Mammolo, altro squarcio difficile dell'immensa periferia romana, e spiega perché la sua visita non può nè deve prestarsi a polemiche o accuse: «Sono stato lì perché bisogna prendere atto della realtà in prima persona, e non per sentito dire. E quel che ho visto è nauseante, al di là dell'immaginazione: degrado, pericolo, condizioni igieniche peggio che medievali. Ospitare così migliaia di persone non è accoglienza, è irresponsabilità ».

Sceglie toni più moderati Pier Ferdinando Casini, ma sull'emergenza sicurezza non è meno duro degli altri leader di centrodestra, con i quali oggi, su questo terreno, si sente «pienamente in sintonia». E al governo, al quale pure promette appoggio sul decreto «a precise condizioni» come al sindaco della Capitale non fa sconti, ma punta il dito anche su altri responsabili di una situazione diventata grave, gravissima: «Le comunità cattoliche fanno cose straordinarie, di fronte alle quali dobbiamo inchinarci. Ma parte del clero, del mondo cattolico, in nome di un buonismo e di un malinteso concetto di accoglienza, rischia di aumentare i problemi anziché di risolverli ».

Rimprovera al mondo cattolico le porte aperte a chi sta peggio di tutti?
«Ci mancherebbe altro: accanto al campo di Ponte Mammolo ho appena visitato un'oasi di serenità e di armonia come quella dell'Associazione culturale cristiana Italo-Ucraina, iniziativa nata per volere di Giovanni Paolo II, che rappresenta un bell'esempio di integrazione. E dico di più».

Prego.
«Domani (oggi, ndr) si terranno i funerali di un santo, Don Oreste Benzi, che per gli immigrati, per gli ultimi, ha fatto cose straordinarie. Ma non si può chiedere nè pretendere che tutti i cittadini seguano quell'esempio. Se non c'è realismo, ma solo utopia astratta dell'accoglienza, si possono produrre danni enormi. Perché purtroppo delle migliori intenzioni è lastricata la strada dell'inferno...».

Il Papa ha detto che rispetto agli immigrati bisogna assicurare «sicurezza e accoglienza» garantendo «i diritti e i doveri che sono alla base di ogni vera convivenza e incontro tra i popoli». È d'accordo?
«Certamente, perché senza rispetto della legge e senza sicurezza, non c'è accoglienza dignitosa. Invece mettere l'accento solo sull'accoglienza porta al prosperare di malaffare, criminalità, racket della droga e della prostituzione ».

Non crede che il «soffiare sul fuoco» porti invece alle ronde, all'intolleranza?
«Credo che il razzismo, la xenofobia, sono il frutto che raccoglie chi tollera tutto, chi trasforma un paese nella terra dove è conveniente arrivare dalla Romania ma non solo perché qui tutto è permesso, niente è punito. La verità è che, se la gente ritiene di non essere difesa dalla politica e dallo Stato, passa all'autodifesa. E le pulsioni bestiali degli autori dei raid rischiano di trovare giustificazione nella sensazione che la politica si è arresa, rischiano di rappresentare l'estremo sos alla politica».

Le sue parole significano che anche lei, come Fini, voterà il decreto del governo solo se rinforzato?
«Assolutamente sì, sono d'accordo con Fini, il decreto va inasprito: le espulsioni devono essere effettive e non solo intimazioni ad andarsene, e devono essere adottate anche per chi non ha mezzi di sostentamento, e poi bisogna aumentare i fondi in Finanziaria per la sicurezza perché per attuare misure di questo tipo servono soldi, non parole».

È d'accordo con il suo alleato anche quando dice che i rom non sono integrabili, e che le baraccopoli andrebbero demolite e non visitate?
«Io non criminalizzo etnie, ma affermo un principio sacrosanto: che chi sbaglia deve pagare, e che il tempo del lassismo è finito. Per quanto riguarda le baraccopoli, senz'altro vanno individuate, censite e poi distrutte».

Ma sull'emergenza immigrazione il centrodestra non ha alcun mea culpa da fare?
«Come si suol dire, chi è senza peccato... E' vero che c'è stata una certa sottovalutazione generale del fenomeno, ed è vero che anche la Bossi-Fini sul punto delle espulsioni non ha dato i risultati attesi. Ma attenzione: questo è un governo non credibile sul tema, perché è sostenuto da una componente di sinistra estrema che considera il decreto una sorta di attentato ai diritti costituzionali. E c'è un leader del Pd che addirittura si indigna se gli si ricorda che a Roma c'è un problema enorme, che sotto la sua gestione da sindaco i campi abusivi sono sorti come funghi e senza contrasto reale».

Presidente Casini, ma su questo terreno concreto della sicurezza sta forse nascendo un nuovo patto del centrodestra?
«Guardi, io mi occupo dei problemi e di come risolverli, le alchimie politiche e le chiacchiere non mi interessano proprio. Solo così, credo, si può fare il bene del Paese e in fondo anche del centrodestra».

Paola Di Caro
05 novembre 2007

da corriere.it


Titolo: Casini: quello che è successo è troppo grave per fare finta di nulla
Inserito da: Admin - Novembre 26, 2007, 10:44:25 am
IL CENTRODESTRA

«Al Cavaliere sono saltati i nervi

Fugge dalla realtà e vuole umiliarci»

Casini: quello che è successo è troppo grave per fare finta di nulla


ROMA — Onorevole Casini, Berlusconi dice che è colpa degli alleati se ha perso le elezioni
«Bene, molto bene. Che altro?».

Dice che la Cdl era un «ectoplasma » e non si poteva andare avanti così.
«Giusto, perfetto. Ancora bene».

Bene in che senso? Lei condivide?
«No, ma sono contento, perché finalmente Berlusconi chiarisce le ragioni del proclama di San Babila».

Che sarebbero?
«Lui non ha inteso affatto lanciare un nuovo partito unitario, aperto a tutti. No, lui vuole allargare Forza Italia, umiliare i suoi alleati, scaricare su di loro una responsabilità che come minimo dovrebbe condividere. Adesso si capisce perché anche personaggi autorevoli come Adornato e Sanza si sono tirati indietro: non sono antiberlusconiani schizoidi, hanno solo capito».

Insomma, voi non avete colpe per le sconfitte subite?
«Ma finiamola con questa storia! Berlusconi, semmai, dovrebbe ringraziare qualche alleato che, imponendo il proporzionale, ha salvato anche lui dal disastro, perché con l'uninominale non saremmo riusciti a sommare i nostri voti... Gli alleati si sono fatti in quattro per vincere, noi dell'Udc abbiamo raddoppiato i voti. Piuttosto, se lui avesse avuto più cautela su alcune questioni, affrontate in modo ossessivo, forse adesso la storia sarebbe diversa...».

Quali questioni? La tivù, la giustizia?
«Lo sanno tutti di cosa parlo, via».

Sinceramente, non crede anche lei che la Cdl negli ultimi tempi fosse una sorta di «ectoplasma»?
«Certo, lo diciamo da un anno. Ma una delle ragioni della deriva è stato il processo di frazionamento della coalizione a cui ha pervicacemente e consapevolmente lavorato Berlusconi per indebolire i suoi alleati, anche pescando all'interno dei singoli partiti».

Si riferisce a Giovanardi, o per An a Mussolini prima e Storace poi?
«Non mi interessano i nomi, è l'impostazione della Cdl ad essere apparsa ridicola: alla fine si apparecchiavano ai vertici tavoli per 15 persone, secondo la più trita logica del divide et impera, e questo è quanto di più lontano c'è dal tenere unita e in armonia una coalizione».

Insomma, lei non crede al Cavaliere quando dice che la porta del Pdl è spalancata per tutti gli alleati.
«Secondo lei, quando uno tende una mano a un altro e gli chiede di collaborare, poi lo accusa di ogni genere di fallimento? Io credo che a Berlusconi oggi sono saltati un po' i nervi...».

Rispetto a questo terremoto, qual è la contromossa dell'Udc, un patto di ferro con An che porta magari a un nuovo soggetto politico?
«Non c'è una contromossa. C'è la conferma dell'analisi che andiamo facendo da tempo: la strategia della spallata è stata una fuga dalla realtà che ha portato all'implosione del centrodestra, e fuga è immaginare oggi che con la bacchetta magica si cancellano gli errori e tutto torna a posto. Non è così. Con Fini c'è perfetta identità su questa analisi, ma lui resta il leader di una destra democratica, io di una forza di centro».

Solo questo vi unisce?
«Ci unisce certamente il rispetto reciproco. Capisco che può essere giudicata una parola da "parrucconi", ma sono lieto di usarla, perché si può essere diversi, alleati e rispettarsi. E non dimentichiamo che Fini, come il suo partito, ha fatto grandi passi di avvicinamento al Ppe, non è la destra di 10 anni fa».

Cioè non è partito che possa essere emarginato nemmeno in un sistema alla tedesca?
«Assolutamente no. Anzi, paradossalmente, oggi per Fini potrebbe essere più utile il sistema proporzionale che non quello che viene fuori dal referendum ».

Lei appunto sostiene la necessità del modello tedesco: almeno su questo Berlusconi la soddisfa?
«Se come penso non c'è strumentalità nelle parole di Berlusconi, si può davvero aprire un dialogo importante. Certo, a Veltroni non si può proporre di fare la legge elettorale e poi andare subito al voto, perché, come anche i bambini dell'asilo sanno, è il miglior modo per far saltare il tavolo: a Veltroni non puoi chiedere di certificare la morte del governo Prodi, che può morire con un'opposizione intelligente in Parlamento».

Se la riforma passa, voi che fate?
«Con o senza la riforma, si apre in ogni caso un grande spazio al centro tra il Pd e il Pdl, perché non è che uno il centro lo occupa solo perché fa parte del Ppe, di cui peraltro nessuno ha l'esclusiva, ma perché ha comportamenti e contenuti moderati...».

Anche D'Alema lo pensa.
«Ho trovato le sue parole molto ragionevoli, rispettose. E sono sicuro che potranno presto maturare nuove possibilità di apertura alla società civile che potranno far bene al Paese».

Come Tabacci, chiama anche lei Montezemolo e Pezzotta a collaborare alla nascita della «Cosa Bianca»?
«Io non chiamo nessuno, anzi a quei miei amici che si stanno muovendo con tanto entusiasmo, vorrei ricordare che in politica le aggregazioni si fanno, non si annunciano. E non si possono fare se prima non si chiarisce quali sono le regole del gioco... Lo dico ribadendo che l'Udc ha una linea congressuale chiara, disponibile a ogni apertura, senza alcun egoismo di partito».

Ma, in conclusione, non le sembra che mentre tutti litigate il governo stia prendendo fiato?
«Non c'è dubbio, quello che succede fa godere solo Prodi. Ma sia chiaro, noi non abbiamo alcuna intenzione di fargli sconti, lotteremo duramente, a partire dal welfare. Con responsabilità, certo, perché siamo persone serie che sono fiere di aver votato, solitari nell'opposizione, sì sull'Afghanistan: il patriottismo non va a giorni alterni».

Onorevole Casini, ma se il governo cadesse davvero a breve, voi alle elezioni ci andreste con Berlusconi?
«C'è bisogno di serenità per la riflessione e la decisione, ma sicuramente non esiste più il quadro di due anni fa, e non c'è più nemmeno la situazione di una settimana fa: qual che è successo è troppo grave per far finta che nulla sia accaduto. Ma noi siamo un partito che ha nel suo Dna l'essere alternativo alla sinistra. E da questo partiremo ».

Paola Di Caro
26 novembre 2007

da corriere.it


Titolo: Casini: Silvio e Walter? Se cercano convenienze personali falliranno.
Inserito da: Admin - Dicembre 15, 2007, 05:56:11 pm
L'intervista Il leader udc e il dialogo sulla legge elettorale

«Sì al disgelo ma non siate egoisti»

Casini: Silvio e Walter? Se cercano convenienze personali falliranno.

Le accuse ai giudici? Il Cavaliere dia dettagli


ROMA — «Berlusconi e Veltroni se avranno successo avranno contribuito a migliorare il Paese. E in questo tentativo hanno tutto il mio appoggio. Ma sono chiamati a una grande responsabilità: riuscire a dar vita ad una riforma elettorale che non sia un atto di egoismo, che metta da parte le convenienze personali. Se così faranno io credo che ci siano ottime possibilità di successo, viceversa andranno incontro a un fallimento». Pier Ferdinando Casini non ha cambiato idea sulle ipotesi di riforma al momento sul tappeto: se il leader di Forza Italia e quello del Pd continueranno a insistere su una legge che premia più del dovuto i due primi partiti lui continuerà a parlare, come del resto Fini, di «patto scellerato», di «legge truffa», della «prova provata che stanno lavorando solo per distruggere gli altri partiti». Eppure per il leader dell'Udc esistono le condizioni perché questo non avvenga. A partire dal valore del dialogo che in queste ore si svolge fra il Cavaliere e Veltroni: «Un dialogo utile al Paese. E sarebbe miope, come fa qualcuno, non riconoscerlo. Il disgelo fra i primi due partiti è un fatto politico estremamente positivo. Chi come me ha sempre condannato la demonizzazione dell'avversario non può che essere soddisfatto. Basti pensare a quello che succede in questi giorni, alla paralisi provocata dai Tir, ai giudizi del New York Times: davanti a uno sfacelo nazionale che esiste cercare di far fare un passo in avanti al nostro sistema istituzionale, mettere una pietra tombale su questo clima da guerra civile a bassa intensità, è assolutamente positivo».

Positivo anche se si archivia la stagione del bipolarismo?
«Il bipolarismo è stato costruito come un assemblaggio di armate utili a concorrere per le elezioni, ma assolutamente inadatte a governare. Denuncio questa anomalia da più di due anni. Ma c'è un'altra ragione perché il dialogo in corso fra i due maggiori partiti è utile al Paese: Berlusconi archivia finalmente un tipo di opposizione basata sulla teoria dei brogli, sull'attesa della spallata, sul non riconoscimento dell'avversario. È un fatto enorme e che dà anche ragione a chi, come noi, sostiene queste da tempo».

Per tanti altri, a cominciare dal suo amico Gianfranco Fini, questo bipolarismo avrà dei difetti, ma è sempre meglio che un salto nel buio.
«Guardi, io ritengo che oggi Berlusconi e Veltroni siano ad un bivio: o riescono a risolvere i problemi del Paese o vanno incontro a un fallimento che inevitabilmente coinvolgerà loro stessi come tutti. Il Paese aspetta una risposta. E credo che siano entrambi chiamati a una prova di responsabilità, così come responsabili devono essere le forze che non sono d'accordo sull'impianto di riforma che si va delineando: il Paese non ha bisogno di ostracismo, semmai di partiti che incalzino il dialogo. Detto questo Fini sul punto ha una coerenza totale».

Berlusconi e Veltroni lavorano a una legge che riduca il numero di partiti. Forse è questo che rende tanto difficile arrivare in porto.
«Io non credo. Sono convinto che hanno ragione nel denunciare il frazionismo, così nel ritenere necessario un superamento di questo bipolarismo muscolare. Il problema è non ridurre tutto a una legge elettorale costruita sulle loro convenienze. Io di questo sono preoccupato: che il tentativo di armistizio politico produca solo una legge fondata sulle convenienze personali. Sarebbe un'altra versione, riveduta e corretta, del caso dei ladri di Pisa, che di giorno litigano mentre di notte rubano insieme».

Qual è la vostra proposta?
«Basta che ci sia uno sbarramento del 5%. Una modifica dei regolamenti parlamentari che non consenta di formare in Parlamento gruppi che non figuravano alle elezioni. E infine il riparto nazionale dei voti, che garantisca una rappresentanza parlamentare che sia la fotografia del Paese, corrispondente cioè ai voti presi dai singoli partiti senza premi nascosti».

Berlusconi si è detto pronto a esaminare il sistema tedesco, purché sia corretto da una dichiarazione preventiva di alleanze. Lei che ne pensa?
«È una cosa di cui si può discutere, noi non abbiamo imbarazzi, nè segreti: vogliamo un centro alternativo al Pd e ancorato nel Ppe. Berlusconi è ossessionato da tutto quello che non si muove al suo servizio, come il progetto di costruire un polo dei moderati. Il mondo italiano è popolato da trasformisti, ma qualcuno deve ancora riuscire a trovare un solo atto politico, dal 1983, anno in cui sono entrato in Parlamento, che possa suffragare i sospetti di Berlusconi. Io credo che queste ossessioni siano solo il frutto della volontà di imporre subalternità, del fastidio verso qualsiasi progetto politico che non si controlla. Noi siamo una casa di vetro, accettiamo di essere messi al vaglio, ma non possiamo essere costretti a interpretare la nostra politica come dei satelliti di un partito che ha sempre l'ultima voce su tutto».

Perché Berlusconi sbaglia nel dire che lei e Fini avete la «sindrome del delfino» e che aspettate solo, nel suo caso, «il generale vecchiaia»?
«Silvio vive con ossessione l'idea di tornare a Palazzo Chigi e di tornarci in fretta. Personalmente comprendo la sua impazienza, ma vivo diversamente la politica: è la passione della mia vita; e il distacco dal potere non mi è pesato. Perciò non mi sento menomato nel condurre la mia battaglia dai banchi dell'opposizione».
 
Berlusconi ha detto che alcuni senatori sono stati intimiditi dalla magistratura.
«Non posso credere che sia solo propaganda, è una denuncia molto grave. Mi aspetto che fornisca i dettagli all'opinione pubblica, anche per non contraddire il nuovo clima che lui stesso ha inaugurato».

Marco Galluzzo

15 dicembre 2007

da corriere.it


Titolo: Casini, la svolta di Roccaraso "Ok alla bozza Bianco con correttivi"
Inserito da: Admin - Gennaio 10, 2008, 10:54:47 am
POLITICA

Improvviso cambio di posizione del leader Udc che, in mattinata era parso decisamente contrario al testo e vicino alle posizioni di An

Casini, la svolta di Roccaraso "Ok alla bozza Bianco con correttivi"

Dalle nevi abruzzesi, l'ex presidente della Camera rilancia "C'è spazio per un'intesa Pd-Fi-Udc e Rifondazione"


ROCCARASO (AQ) - Casini torna suoi suoi passi e dice "sì" alla bozza Bianco "con alcuni correttivi". La nuova apertura del leader centrista arriva da Roccaraso. La riforma della legge elettorale riparte sulla via di un possibile accordo Pd-Forza Italia-Udc e Rifondazione.

Accordo che, ieri (dopo il pranzo Pd-Udc) sembrava possibile e che, solo questa mattina, era di nuovo sparito dall'orizzonte con il deciso "no" di Udc e An. "La bozza Bianco non può essere un punto di partenza.- Anzi, è un inghippo" avevano detto Matteoli (An) e Cesa (Udc) dopo l'incontro a quattro con i due leader Fini e Casini che aveva rispolverato il "patto di Prati" nato nei mesi scorsi durante il periodo delle fughe in avanti di Berlusconi.

Il "sì" in serata. E così, in prima serata, suscitano non poca sorpresa e sconcerto le nuove dichiarazioni di Casini dalle nevi di Roccaraso. Toni diversissimi, molto più concilanti con la bozza Bianco e con i possibili partner di un'intesa: "La bozza Bianco può essere ripresentata in modo costruttivo - dice Casini -, penso che potrà avere il voto di Forza Italia, del Pd, di Rifondazione comunista e anche dell'Udc. Si tratta di mettere alcuni correttivi che sono a portata di mano, siamo vicini all'intesa. Si può arrivare ad una legge seria con un impianto tedesco e alcune piccole modifiche e si può arrivare con una vasta maggioranza in Parlamento".

Casini parlava a 'Neveazzurra', la kermesse organizzata in Abruzzo da Forza Italia. E, quanto ad Alleanza Nazionale e all'incontro di questa mattina, il leader Udc ha detto: "C'è grande sintonia tra me e Fini su tanti altri temi, ma sulla legge elettorale non c'è mai stata una convergenza. Loro hanno una posizione tradizionale per il referendum che io rispetto ma non condivido".

Poi Casini ha parlato del rapporto con Berlusconi che ha chiesto uno sbarramento che sia efficace ed eviti la frammentazione: "Sono d'accordo sul fatto che non si può avere una miriade di partiti o un frazionismo eccessivo perchè la riforma dei regolamenti parlamentari ed un sbarramento al 5% ridurrebbero drasticamente le forze politiche in Italia come è logico in una democrazia moderna. Stiamo attenti - ha ammonito - perchè di frazionamento muore la vita democratica del Paese".

Il "no" della mattinata. Toni completamente diversi, si diceva, rispetto alla mattinata quando, alla Camera, si era svolto l'incontro tra An e Udc: Fini e Matteoli, Casini e Cesa. Il "patto di Prati", stretto a novembre è sembrato rivivere contro la bozza Bianco. Per An e Udc (versione mattutina) quel testo "deve essere modificato", "non può essere una base di partenza" per un dialogo sulla legge elettorale, anzi è "un punto di partenza inaccettabile". Di più "un vero e proprio inghippo" con trappole disseminate in qua e in là.

"Berlusconi deve chiarire - ha detto Matteoli - l'accordo con Veltroni c'è o non c'è? Lo deve dire chiaramente perchè se vuole percorrere quella strada noi non ci stiamo: non si può stare nel centrodestra la mattina e fare gli accordi con Veltroni il pomeriggio". Cesa chiede a Berlusconi di dire "chiaramente no alla bozza Bianco". Al momento comunque, chiarisce Matteoli, "non ci sono i presupposti per una proposta unitaria del centrodestra" sulla riforma della legge elettorale anche se "su alcuni punti le nostre posizioni si sono avvicinate".

Secca la replica dello stato maggiore di Fi che ha il sapore di un altolà senza ritorno. "La nostra posizione posizione è assolutamente lineare" dicono Bondi e Cicchitto. "Qualora però - concludono - si dovesse giungere ad una proposta che sottragga il diritto di scegliere il governo agli elettori e tradisca le premesse sulle quali si è innestato il dialogo, non potremmo più essere d'accordo".

Insomma, tutto il contrario di quanto i giornalisti (e non solo loro) hanno potuto ascoltare in serata dalla bocca di Casini.

La Commissione in Senato. Oggi la Commissione Affari costituzionali del Senato ha esaurito gli interventi dei vari senatori iscritti a parlare (stamani ce n'erano ancora 19). Il voto per adottare il testo base - la bozza Bianco lasciava due opzioni su calcolo dei resti e voto disgiunto o meno - dovrebbe esserci i primi giorni della prossima settimana, "tra il 15 e il 16" assicura il presidente della Commissione Enzo Bianco alla fine della riunione . In concomitanza con la decisione della Consulta che il 16 gennaio si riunirà in camera di consiglio per verificare l'ammissibilità dei quesiti referendari. "Il sì della Corte è nell'aria..." annuncia il Guardasigilli Clemente Mastella che potrebbe essere bene informato.

La Commissione Affari costituzionali si riunisce a porte chiuse e non è dunque possibile seguire in diretta i lavori dell'aula. Manuela Palermi ha alzato il muro del no alla bozza Bianco, in qualunque modo venga fuori dalla Commissione perchè "è una provocazione perchè è un sistema che in realtà alza tantissimo la soglia di sbarramento, ben oltre il 5 per cento".

Ma proprio sulle riforme istituzionali è possibile che si pronunci la più alta carica dello Stato. Il presidente Napolitano terrà infatti un atteso discorso alle Camere riunite a Montecitorio il 23 gennaio per l'anniversario della Costituzione.

Anche la Lega, che pure in origine sembrava il partito più idoneo al proporzionale corretto in senso maggioritario che verrebbe fuori dalla bozza Bianco, stamani ha alzato i suoi muri con il battagliero Calderoli. Il vicepresidente del Senato "accusa" il presidente della Commissione Enzo Bianco di voler adottare il testo-base (quindi di votare per scegliere quale delle due doppie opzioni) prima del vertice di maggioranza sulle riforme (rinviato alla prossima settimana visto che quello di domani sarà solo economico) e prima della decisione della Consulta.

Intanto nasce il Comitato "Sì alla preferenza". Baccini (Udc), La Russa e Gasparri (An), Mastella (Udeur), Pisicchio (Idv) e Rossi (ex Rc) lanciano un gruppo trasversale e bipartisan che chiede una cosa "fondamentale": "Tornare alla preferenza e quindi al cittadino che sceglie il politico che lo rappresenta". Parte la raccolta di firme per la petizione popolare. Un altro fuoco acceso nella grande e affollata cucina della riforma elettorale.

(9 gennaio 2008)

da repubblica.it


Titolo: Casini: "Condizioni perche' Governo vada a casa" (noioso o peggio? ndr).
Inserito da: Admin - Gennaio 21, 2008, 12:35:41 pm
2008-01-20 21:15

Casini: "Condizioni perche' Governo vada a casa"


ROMA - Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, è convinto che ci siano le condizioni "perché il governo vada a casa: io me lo auguro e lavoro per questo". Intervistato da Fabio Fazio, nel programma 'Che tempo che fa', Casini ha detto che c'é "il 90% di probabilità che si vada a nuove elezioni".

CAMPANIA ESEMPIO POLITICA CHE NON DECIDE
"A Napoli ed in Campania c'é l'esempio di una politica che deve riacquistare capacità di decidere, autorità, merito". Così il leader Udc Pierferdinando Casini parla, a 'Che tempo che fa', dell'emergenza rifiuti in Campania. "Che cosa aspettiamo - chiede Casini - a fare in Italia i termovalorizzatori? Gli italiani pagano per l'energia il doppio dei paesi europei. E poi il referendum contro il nucleare è stato scellerato perché il nucleare è energia pulita".

INQUISITORI CUFFARO SOSTENEVANO SUA CONCORRENTE
"Forse quei magistrati che hanno inquisito Cuffaro e che partecipavano alla campagna elettorale della sua concorrente non si augurano che in appello cada l'accusa residuale del governatore siciliano". Lo ha detto il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini rispondendo ad una domanda di Fabio Fazio conduttore della trasmissione di Rai 3 "Che tempo che fa". Cuffaro (Udc), alle regionali, era il candidato della Cdl mentre il centrosinistra appoggiava la candidatura di Rita Borsellino. "La magistratura - ha aggiunto Casini - a volte è ritenuta parziale anche per dei comportamenti che danno il segno di una parzialità. C'é stata questa settimana una denuncia di Mastella in Parlamento su cui nessuno dei principali responsabili ha detto ancora qualcosa di chiaro. Mastella ha detto ci sono dei magistrati accecati dall'odio e dal pregiudizio: i casi sono due o è un irresponsabile o ha avanzato un problema istituzionale che merita delle risposte se siamo in uno Stato serio".

CERTIFICATO CHE NON C'ENTRA CON MAFIA
"Cuffaro non ha festeggiato. Quando una persona è inquisita per mafia, nonostante ritenga questa sentenza iniqua e per questo farà ricorso, pensa che sia importante che un tribunale della Repubblica abbia certificati che con la mafia non ha nulla a che fare". Lo ha detto il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini alla trasmissione di Rai3 "Che tempo che fa" rispondendo ad una domanda del conduttore sulla condanna del presidente della Regione Salvatore Cuffaro a 5 anni per favoreggiamento e violazione di segreto d'ufficio. "Il governatore - ha aggiunto - aveva detto se sarò condannato per mafia mi dimetterò. Ed era stato eletto senatore e si era dimesso rinunciando alla comoda immunità parlamentare per affrontare il giudizio dei magistrati e dei cittadini. Noi siamo tra coloro che dicono che la stragrande maggioranza dei magistrati è seria. Mi auguro che in appello cadano per Cuffaro anche le accuse residuali".
 
da ansa.it


Titolo: Quante bugie Silvio. Colloquio con Pier Ferdinando Casini.
Inserito da: Admin - Marzo 14, 2008, 09:12:50 am
Quante bugie Silvio

di Marco Damilano


Un rapporto di amore-odio. Durato 14 anni. Fino al recente divorzio.

Tra accordi e cene, liti e scontri, promesse e tradimenti, il leader dell'Udc ci racconta chi è Berlusconi.

Colloquio con Pier Ferdinando Casini.

In edicola da venerdì  Pier Ferdinando CasiniNel 2006 c'era Nanni Moretti a capeggiare il fronte anti-berlusconiano con il 'Caimano'. Oggi al suo posto c'è il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini. Provinciale, populista, Putin all'italiana: tutti i giorni dà un calcio al Cavaliere, di cui pure è stato alleato a lungo. "La mia campagna è bilanciata: contro Veltroni e contro Berlusconi", spiega l'ex presidente della Camera: "Non ho alcuna ossessione verso Berlusconi: è un amico, lo considero ancora tale. Ma da anni c'era tra noi un dissenso profondo, la pretesa di inglobarci nel suo partito-proprietà ha fatto traboccare il vaso". Quattordici anni di vita in comune raccontati da Casini: litigi, riappacificazioni, la rottura. "A volte riuscivamo a parlare perfino di politica".

Come in una storia d'amore: il suo primo incontro con Silvio?
"L'avevo già conosciuto, ma ricordo una riunione nella sua casa romana, in via dell'Anima, dietro piazza Navona. Era il 1992, durante l'ultima campagna elettorale della Dc io, Enzo Carra e Luciano Radi andammo a incontrare lui, Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Volevamo farci sentire perché le sue televisioni aiutavano solo i socialisti e non la Democrazia cristiana. Io, in particolare, protestai con una certa veemenza. Su questo punto avevo litigato anche con Arnaldo Forlani, segretario della Dc: lo accusavo di essere troppo morbido nel rivendicare spazi sulle tv di Berlusconi quando c'era lo strapotere di Craxi".

Negli anni Ottanta eravate un partito trasversale: il centro della Dc, il Psi di Craxi e Berlusconi. Se lo aspettava un suo ingresso in politica?
"Ci chiamavano il Caf: le iniziali di Craxi, Andreotti e Forlani. Quando i partiti furono travolti dalle inchieste giudiziarie Berlusconi ha avuto la grande capacità politica di colmare il vuoto. Una capacità che gli riconosco ancora oggi".


Voi orfani della Dc eravate messi male: lei si aggirava con un cappello a visiera e Mastella al fianco. Berlusconi ripete: li ho salvati dall'estinzione e mi ripagano così. Ingrati.
"Questa è la prima bugia. Berlusconi ha salvato me come noi abbiamo salvato lui. È stato un mutuo soccorso".

Beh, lui aveva i voti, voi no.
"Berlusconi aveva bisogno di dimostrare che c'era una continuità con una parte della Dc moderata, noi avevamo bisogno di un accordo per sopravvivere. Siamo nati sulla base di un reciproco aiuto, la lista alle elezioni del '94 si chiamava Forza Italia- Ccd. Con noi si candidò anche Giuseppe Pisanu: provò a convincerci che Forza Italia era una scatola vuota e che per noi dc sarebbe stato semplice entrare e guidarla".

Perché rifiutò di farlo?
"Perché Forza Italia era un partito personale, il partito di Berlusconi. Allora sicuramente, oggi molto di più".

Bella scoperta. Intanto lei ci ha convissuto per 14 anni e si è perfino speso per introdurlo nel Partito popolare europeo. Pentito?
"Quando mi mossi per far entrare Berlusconi nel Ppe ci fu una riunione in cui Forza Italia si impegnò a svolgere congressi democratici. Da allora, c'è mai stato un congresso nazionale di Forza Italia? In 14 anni non ne ho visto uno! In questi anni i suoi difetti si sono ingigantiti invece di diminuire".

Frase da coniuge deluso. Berlusconi le ha mai fatto capire che lei poteva diventare il suo erede, il delfino, come fa con Fini?
"Non ho mai creduto né ai delfini né all'eredità. Sono cose che per Berlusconi non esistono".

Le mancano le cene di palazzo Grazioli, i gelati del cuoco Michele?
"La frequentazione con Berlusconi si è interrotta quando sono diventato presidente della Camera. Mi invitò ad andare da lui e gli risposi che, da quel momento in poi, sarebbe stato lui a venire da me, per galateo istituzionale. Prima ci vedevamo ogni settimana: erano momenti gradevoli, la persona è simpatica. A volte, pensi, riuscivamo a parlare perfino di politica".

E il primo scontro?
"Subito, nel 1994. Lui, Giuliano Ferrara e Cesare Previti spingevano per portare Carlo Scognamiglio alla presidenza del Senato. Io e Gianni Letta volevamo confermare Giovanni Spadolini, dicevamo che era uno sbaglio enorme".

Vinse Berlusconi. Quando si è rotto il rapporto di fiducia tra voi?
"Con la presidenza della Camera. Cercavo di essere il garante di tutti e non il braccio armato della maggioranza. Forse era un'interpretazione delle istituzioni che non gli piaceva. Se tornassi indietro rifarei quello che ho fatto. Ho collaborato con un galantuomo come Carlo Azeglio Ciampi, ho servito il Paese con totale rigore".

Il Cavaliere le ha mai fatto proposte irricevibili?
"Se ti fanno proposte scorrette vuol dire che sei il tipo che se le fa fare. A me non le ha mai avanzate".

Oggi Berlusconi dice di lei tutto il male possibile: con lui non parlo, mi basta il suocero, lo schiaccio, lo distruggo...
"Sono le cose che ha detto in tutti questi anni e poi ha regolarmente smentito. Poiché l'ho conosciuto bene, non ho mai creduto alle smentite, ma sempre alle indiscrezioni. Berlusconi è come me: non è un uomo che coltiva il malanimo. Ma una grandissima insofferenza, questo sì. A un certo punto non mi sopportava più".

Per quale motivo?
"L'unica cosa che non accetta nella vita è uno che lo contraddica: io lo contraddicevo sempre, non mi poteva amare".

E Fini? Non lo contraddice mai?
"Fini lo contraddice nelle riunioni, poi uscito da palazzo Grazioli, negli atti politici, finisce sempre per dargli ragione".

Allora il vero figliol prodigo è lui.
"Se parliamo di sentimenti, quello che pensa Fini di Berlusconi è quello che penso io, quello che pensa Berlusconi di Fini è quello che pensa di me. Ma, arrivati al dunque, Fini si è sempre piegato, io no. Il caso Ciarrapico è emblematico".

Davvero non si è mai piegato?
"Poche volte. Ai giovani che incontro dico: ragazzi, in politica i compromessi esistono. Ne avrei fatto uno anch'io anche in queste elezioni, per non dividere i moderati italiani. Se Berlusconi non avesse fatto questo atto di prepotenza nei nostri confronti, probabilmente avrei fatto la campagna elettorale con lui. Ma sono contento che le cose siano andate così. Sarebbe stata una campagna fatta più per convenienza che per convinzione".

Lei ha detto che il centrodestra senza l'Udc è come una scampagnata sulla Luna. Ma forse in orbita ci finirà lei...
"È un rischio che mi lascia indifferente. Alla Camera il Pdl può vincere, al Senato è più difficile. Ma anche se dovesse vincere, non riuscirà a governare. Vivacchierà e dopo qualche mese le aspettative si trasformeranno in delusioni. Sono attrezzato a fare l'opposizione a Berlusconi, seria, serena, se farà provvedimenti giusti li voteremo. Ma certo non potremo votare la fiducia al suo governo".

Lei tuona contro il voto utile: ma la Dc lo ha chiesto in funzione anti-comunista per 50 anni...
"La Dc era una cosa molto diversa. E non credo che il partito repubblicano di Ugo La Malfa fosse un partito inutile. Se fosse stato più ascoltato si sarebbe evitata la degenerazione della prima Repubblica".

A proposito: Veltroni schiera sindacalisti e imprenditori, come si faceva ai tempi di piazza del Gesù. Il Pd è la nuova Dc?
"Il Pd è una gran confusione. Un tentativo di superare la legislatura di Prodi avviando una grande cosmesi della sinistra. Se dovesse governare le contraddizioni esploderebbero subito".

Ma come? Lei e Veltroni vi scambiavate biglietti in cui sognavate schieramenti senza Borghezio e Caruso, senza muro contro muro. E ora è tutta una cosmesi?
"È positivo che Veltroni abbia liberato la sinistra dall'ossessione anti-berlusconiana. Ma vedo una politica che affastella, senza disegno. In questo c'è un parallelismo totale tra Berlusconi e Veltroni: Veltroni candida radicali e cattolici, Berlusconi mette insieme Fini e Ciarrapico, Mussolini e Giovanardi. Guardi la Spagna: i grandi partiti aumentano i voti, ma sono figli di tradizioni radicate, si innovano, ma restano nelle loro radici. Qui da noi, invece, si vuole costruire un bipolarismo fondato sulla politica senza radici, quella costruita sul predellino dell'auto".

Qual è la soglia del successo dell'Udc?
"Il mio grado di successo è proporzionale al consenso che maturerà per i partiti maggiori. C'è uno schiacciamento senza precedenti dei media su Berlusconi e Veltroni. Sembra che ci sia un solo candidato in campo. È un gioco delle matrioske: Veltroni e Berlusconi sono uno dentro l'altro. Questo rende ancora più difficile la campagna del voto utile. Dopo che Berlusconi ha accreditato l'idea di poter fare il governo con Veltroni, come fa a proporsi come diga contro qualcosa?".

Lei crede alla grande coalizione?
"Credo che Berlusconi lavorerà per questo obiettivo. Se fosse una soluzione per i problemi degli italiani e non per i problemi loro, sarebbe positivo. Ma Berlusconi sa che il Pdl è troppo poco credibile e troppo spostato a destra per governare l'Italia. Dopo qualche mese avrebbe milioni di persone in piazza. Per questo vorrebbe fare il governo con Veltroni".

Chi potrebbe guidare il governo delle grandi intese? Il leader che arriva primo alle elezioni, come nel caso di Angela Merkel in Germania?
"Un'ipotesi che non esiste. In Italia la grande coalizione, per essere credibile, non può essere guidata da uno dei contendenti: né Berlusconi né Veltroni".

E allora chi? Il governatore Mario Draghi? Luca Cordero di Montezemolo?
"Non mi piace il gossip sui nomi, ma sono due persone che stimo molto".

Il 'Financial Times' ricorda che Casini è centrale in ogni trattativa. In caso di grande coalizione lei che farà?
"Non mi spaventa l'idea di fare l'opposizione. Sarebbe un'ipotesi suggestiva: una grande coalizione con un'opposizione di centro, moderata, seria".

Gli ex dc fuori dal governo. Una cosa mai vista.
"Sarebbe una cosa buona. E una scelta molto importante per il futuro del centro italiano. Vedere Fini e Veltroni insieme al governo ci darebbe enormi prospettive. Avremmo spazi larghi come praterie e il tempo per far maturare una prospettiva di governo alta e seria".

(13 marzo 2008)

da espresso.repubblica.it


Titolo: Casini in trincea per non sparire nell’«Italiaset» di Silvio
Inserito da: Admin - Maggio 17, 2008, 11:28:53 am
Sette giorni Il leader dell’Udc stretto nella morsa tra premier e Pd. Il nervosismo dei suoi e lo spettro delle Europee

Casini in trincea per non sparire nell’«Italiaset» di Silvio

L’ex presidente della Camera ai fedelissimi: mi ha liquidato, come Formigoni, Pisanu e Pera Vuol stare solo al comando


L’abbraccio di ieri tra Berlusconi e Pier Ferdinando Casini non inganni, il leader dei centristi sa e dice che «Silvio vuole cancellarmi.
Ci ha già provato alle elezioni e ora vuole riprovarci politicamente». D’altronde è evidente quale differenza passi tra l’incontro casuale dei due ex alleati alla festa della Polizia, e il colloquio ufficiale del premier con Veltroni a palazzo Chigi, tra i sorrisi frettolosi scambiati da Casini e Berlusconi a piazza del Popolo, e il faccia a faccia di mezz’ora tra il capo del governo e il segretario del Pd. Quella stretta di mano è una morsa che soffoca il leader dei centristi e lo imbriglia, perché il Cavaliere sta usando l’arma del dialogo che l’Udc pensava di avere in dotazione.

Al momento non c’è spazio per Casini nel nuovo gioco, nella nuova «Italiaset », come l’ha ribattezzata: una Mediaset a grandezza Paese che Berlusconi è riuscito a costruirsi con il voto. «Ha più potere di De Gasperi, e fa bene ad aprire a Veltroni, a cercare di tenere il Pd ipnotizzato. Perché dovrebbe rinunciare a fare strike?». L’aveva avvertito Arnaldo Forlani, suo vecchio mentore, che si sarebbe «cacciato nei guai». «Entra nel Pdl», gli disse l’ex segretario della Dc prima delle elezioni: «Entraci e poi ti giocherai la tua partita». «Non è come ai tempi della Dc, la politica è cambiata. Silvio ci vuole inghiottire », rispose Casini. «Tu cerca comunque un accordo». «È lui che non lo vuole». Ora Forlani osserva i pezzi disposti sulla scacchiera, la testa fra le mani: «È una posizione difficile», ha sospirato mentre pensava a come uscire dallo scacco. E il figlio Alessandro, candidato senza fortuna al Senato, sostiene che «ci vorrà un po’ di tempo, ma con un pizzico di umiltà andranno cercate le condizioni per tornare a dialogare con il Pdl».

Proprio quel che pensa Buttiglione. In realtà Casini è deciso a tener fermi i pezzi che gli sono rimasti, e a fronte dei timori altrui non esterna le ansie che lo attraversano, e di cui c’è traccia nei ritrovati colloqui con Follini. Anzi, per dar prova della sua calma, racconta sempre la storia di una «famosa riunione dei dorotei a piazza Cardelli. Allora, a Flaminio Piccoli che s’era agitato contro di lui, Emilio Colombo, che era a capo del governo, rispose così: "Quanto a te Flaminio, se posso darti un consiglio, calma, calma, calma". Poi prese le sue carte e se ne andò». Il fatto è che quella era la Dc, e il potere non passava mai di mano. L’Udc invece deve far i conti con il potere berlusconiano, deve oggi sperare nella benevolenza del Pd—per esempio—per conquistarsi un posto nel prossimo cda della Rai, dove era stata finora determinante negli equilibri tra maggioranza e opposizione. Sono finiti i tempi in cui il Cavaliere rincorreva il centrista Staderini per non aver problemi a viale Mazzini.

Intanto sullo sfondo appaiono minacciose le elezioni europee, l’ostacolo — forse decisivo — da superare con uno sbarramento. Perciò il sorriso del premier ieri non ha tratto in inganno Casini, nemmeno quando si è sentito dire: «Auguri per la nascita di tuo figlio, Pier. Scusami, non te li avevo ancora fatti». «Meno male. Tra un po’ Francesco sarà quasi maggiorenne». Il dialogo misura una distanza che sembra incolmabile. «In fondo—ha spiegato il capo dei centristi in una riunione— Silvio è stato coerente. Voleva liquidare me, ma lo ha fatto anche con i Formigoni, con i Pisanu, con lo stesso Pera. Si è scelto la Lega come alleato preferenziale e gli altri li ha confinati a far tappezzeria. Paradossalmente però, il successo lo mette a nudo davanti agli italiani. Vedremo se riuscirà a risolvere i problemi del Paese».

Ecco la scommessa di Casini, perciò ritiene ancora valido il motto che confidò a un esponente della Margherita alla vigilia delle urne: «Primum vivere». Il resto si vedrà, «perché è vero che il momento è difficile e complicato — ammette Cuffaro— ma bisogna resistere. Di qui a un anno può succedere qualcosa. Il mondo cattolico che sta nel Pdl vive malissimo l’emarginazione, e pezzi della Margherita delusi dal Pd stanno venendo con noi. Certo, lo so, per me è più facile, visto che in Sicilia sto al governo». Appunto. Cuffaro è l’immagine emblematica della condizione in cui versa l’Udc, partito di centro che vive e regna sul territorio insieme al Pdl. Non a caso i veneti hanno stretto una nuova intesa con Galan. Casini si rincuora sostenendo che «in molte Regioni noi siamo determinanti», e che in Veneto l’accordo è funzionale al Governatore per porre «un argine alla Lega». Epperò quell’argine a sua volta ne alza un altro: per i centristi è impossibile aprire varchi per un’alleanza con il Pd. Un punto su cui Casini è stato chiaro con D’Alema. «Noi —assicura—non cederemo al loro corteggiamento e staremo fuori dalle loro beghe interne». Ma allora quale sentiero imboccherà colui il quale tentò di detronizzare il Cavaliere? In «Italiaset» non c’è posto per lui. Berlusconi lo anticipò a un ex dirigente centrista, subito dopo la storica rottura. «Porta questo biglietto a Pier». Sul foglio c’era scritto: «Io non mollerò MAI».

Francesco Verderami
17 maggio 2008

da corriere.it


Titolo: Casini: Di Pietro polizza sulla vita del premier, il Pd lo scarichi (che furbo!)
Inserito da: Admin - Giugno 30, 2008, 02:38:07 pm
Intervista al leader Udc

Casini: Di Pietro polizza sulla vita del premier, il Pd lo scarichi

E sulle intercettazioni Berlusconi-Rai: «Lo squallore è sotto gli occhi di tutti, ma le considero barbare»

 
 
ROMA - Si sente «sconfortato», Pier Ferdinando Casini. Perché dopo mesi in cui ci si era illusi che la legislatura si sarebbe caratterizzata per un «confronto sulle cose vere», dal costo della vita alla perdita del valore d'acquisto al quoziente familiare, ci si ritrova «precipitati nel buio di quindici anni fa, nel perenne scontro tra magistratura e politica» che un sistema «falsamente bipartitico» non può risolvere. Per questo, più che per «ragioni di bon ton, che mi interessano poco», il leader dell'Udc, in questo clima incandescente per i tanti nodi giustizia che vanno a intrecciarsi sempre più caoticamente, accusa Antonio Di Pietro della colpa opposta per cui lo attaccano dal centrodestra: «Comportandosi come fa, conquisterà pure qualche punticino in più per il suo partito, ma finirà per aiutare Berlusconi. Per regalargli una sostanziosa assicurazione per la vita».

Di Pietro contesta al premier l'uso della giustizia per interesse personale, lo attacca per i comportamenti «disinvolti » emersi dalle intercettazioni: in che modo dunque gli dà una mano?
«Vede, non è che io non abbia le mie critiche da fare a Berlusconi, che nella sua azione di governo non riesce proprio a partire dai problemi degli altri: anche animato dalle migliori intenzioni, il lupo perde il pelo ma non il vizio...».

Si riferisce al lodo Schifani-Alfano o alla norma blocca processi?
«Sul lodo Schifani, pur discutibile, siamo disponibili ad approfondire nel merito, ci sembra doveroso, naturalmente tenendo conto dei rilievi di costituzionalità che da più parti vengono mossi. Ma che bisogno c'era di azzerare o bloccare 100 mila processi, di inserire una norma incongrua nel decreto sicurezza con l'intento di aggirare la firma del capo dello Stato? Questo proprio non ci piace».

Quello che viene fuori dalle intercettazioni le piace?
«Su questo punto, ho una sola parola: le ho definite barbare quando riguardavano Fazio e D'Alema, le considero tali anche quando l'intercettato è Berlusconi. E, sempre, bisogna tenere conto del fatto che si tratta di frasi estrapolate dal contesto. Comunque, preferisco non fare commenti sui contenuti, lo squallore è sotto gli occhi di tutti».

Lo pensa anche Di Pietro.
«Sì, ma il punto è un altro. Io credo che l'accanimento giudiziario contro Berlusconi negli anni ci sia stato davvero, e come me la pensano in tanti, così come in tanti vedono il conflitto di interessi di Berlusconi. Ma una opposizione a Berlusconi connotata dal dipietrismo, da quei toni, da quel martellamento, non trascina il Paese. Peggio: dimostra che, se l'opposizione è questa, l'alternativa a Berlusconi non c'è. E poi, siamo seri: il potere giudiziario deve tornare a essere neutro e a recuperare una terzietà perduta da tempo».

Quale sarebbe allora la giusta opposizione a Berlusconi?
«Quella che lo incalza sui fatti, che gli chiede conto della cordata Alitalia che non esiste, dell'emergenza rifiuti a Napoli non risolta, di un'economia che non si rivitalizza con gli spot pubblicitari. Attaccare Berlusconi solo sulla giustizia gli fornisce il migliore alibi per andare avanti senza dover mostrare uno per uno i risultati ottenuti».

Con Veltroni è possibile fare un percorso comune su questo?
«L'ho detto anche sabato al convegno di Enrico Letta: Veltroni ha il merito incancellabile di aver seppellito l'idea che una coalizione possa reggersi solo sull'antiberlusconismo, perché è un collante che può farti vincere, ma non ti fa governare. Ma nemmeno questo bipartitismo coatto, questa finzione di governo ombra può funzionare: diciamoci la verità, così come siamo, noi opposizioni non siamo una alternativa credibile a Berlusconi ».

E quale è la ricetta per diventarlo?
«Per prima cosa, per portare avanti un dialogo bisogna dissociare profondamente il proprio cammino da quello di Di Pietro. E riflettere su un bipolarismo diverso, perché io potrei certamente militare in una formazione politica con Enrico Letta come con altri esponenti che oggi sono nel Pdl. Bisogna insomma rivedere criticamente l'idea che questo Pd possa essere un partito a vocazione maggioritaria, e ammettere l'errore di aver puntato sul Vassallum e di aver creduto all'utilità del governo ombra».

Se questo ripensamento non ci sarà?
«Se non si metteranno in discussione questi pilastri, nessuna alleanza strategica sarà possibile con noi».

Paola Di Caro
30 giugno 2008

da corriere.it


Titolo: Casini: "Le trame anti-Silvio? Ho pensato agli elettori"
Inserito da: Admin - Agosto 18, 2008, 04:32:32 pm
17/8/2008 (7:52) - L'INTERVISTA

Casini: "Le trame anti-Silvio? Ho pensato agli elettori"
 
«Che ci fosse la Cdl o il Pdl, avrei fatto comunque la mia lista»

ANTONELLA RAMPINO
ROMA


L’Europa, e la politica italiana, «russo-dipendenti» lo scandalizzano molto più dell’indiscrezione, pubblicata venerdì dalla «Stampa», di aver tramato con l’ex e futuro sodale Clemente Mastella ai danni, contemporaneamente, di Berlusconi e di Prodi. Pier Ferdinando Casini sembra più preoccupato dall’incombente, e cupo, autunno dei conti economici delle famiglie italiane che dal «gossip estivo».

Così l’esponente dell’«altra opposizione» al governo Berlusconi, quella dei centristi dell’Udc, derubrica l’idea di aver chiesto a Mastella di trattare per proprio conto con Berlusconi, per poi unire le forze al momento delle liste per le scorse politiche. «E che si tratti di gossip estivo lo prova il fatto che di quella finta notizia mancano proprio i presupposti: all’epoca, l’analisi politica che mi ha condotto a presentarmi alle elezioni da solo, e non con Berlusconi, l’avevo già fatta. Avrei fatto comunque la mia lista, come in passato, sia che Berlusconi tenesse la Cdl o facesse il Pdl. Io, se ho tramato, ho tramato con gli elettori, e con i loro due milioni e mezzo dei voti».

Gossip estivo, lei dice. Però quando le chiedono, come nei giorni scorsi, se potrebbe tornare a far politica con Berlusconi lei risponde con un «mai dire mai»?
«Io non parlo mica come James Bond! La frase compiuta era: in politica, mai dire mai. Significa che le ragioni del dissenso c’erano, e rimangano inalterate. Mi fa piacere, però, che dagli insulti siamo passati al dialogo. Ma i termini politici sono quelli: con Berlusconi non c’è mai stato né un litigio, né una trama. C’è stata una diversa valutazione politica, con le sue conseguenze. E la legittima decisione berlusconiana di scegliersi nella Lega un alleato privilegiato. Sbagliando».

E ogni tanto la Lega tira la corda. Bossi decreta inutile il taglio dell’Ici, l’unica decurtazione di tasse fino al 2013.
«Non voglio mettere il dito tra Bossi e Berlusconi, sarebbe fin troppo facile. Ma in una condizione così drammatica per le famiglie italiane, con i salari bassi, e col ministro dell’Economia che si pone il giusto problema di limitare le spese, forse quei 2 miliardi di euro potevano essere impiegati meglio. Non era la priorità: meglio sarebbe stato varare il quoziente familiare. Spero diventi realtà la proposta Sacconi di ancorare le pensioni minime a un paniere più ampio. Perché ci aspetta un autunno difficilissimo: dai prezzi delle materie prime agli alimentari, ai salari, la vera emergenza del Paese è quella economica».

E la politica del governo le pare adeguata?
«Il governo ha delle priorità che mi pare aiutino i ceti medio-alti. Dovrebbe guardare al ceto medio che sta precipitando nella povertà».

E invece alla ripresa d’autunno tra i primi punti c’è il federalismo fiscale.
«Creda a me, e soprattutto a quel che Calderoli ha detto ai gruppi parlamentari dell’Udc: l’approccio sarà molto soft, minimale. Il modello lombardo è stato archiviato. Si avvia solo un processo con una legge-quadro. Finché non vengono tirati fuori i numeri veri, le quote di trasferimento impositivo dallo Stato alle regioni, e viceversa, siamo ai principi generali. La giustizia, piuttosto, sarà all’ordine del giorno. Il lodo Alfano è discutibile, ma permette di far ripartire la discussione dalle esigenze dei cittadini e non da quelle di Berlusconi. Noi dell’Udc ci stiamo preparando con un convegno, che sarà aperto da Giuliano Vassalli».

Bossi dice che a settembre si farà la legge elettorale per le europee, con sbarramento alto.
«Lo sbarramento al 4-5 per cento conviene più all’Udc che ai grandi partiti, sono ben lieto se lo stabiliscono per legge. E’ altro, quello che mi preoccupa: vedo il disegno di abolire le preferenze, il finto bipartitismo tenta ancora di rilanciarsi sulla costrizione, e non sulla convinzione, dei cittadini-elettori. Quando si fece la legge per le politiche italiane, fummo noi dell’Udc a presentare un emendamento, che non passò, per reintrodurre la scelta dei parlamentari. Ci mancherebbe solo che adesso gli oligarchi la togliessero per le europee. Farlo per via parlamentare, lascerà comunque le impronte digitali di chi se ne rende responsabile».

La convince almeno la politica estera di Berlusconi?
«Il problema non è né la politica estera del Pdl né quella del Pd. Entrambe sono continuiste rispetto a un europeismo vuoto di contenuti. Nella crisi caucasica, Sarkozy ha fatto il notaio dei desiderata russi, mentre i carri armati di Mosca continuano a controllare gran parte del territorio georgiano, e si oppongono solo pochi, piccoli stati baltici. Oltre agli Stati Uniti, che nella vicenda hanno fatto non pochi errori. La politica di subalternità alla Russia di questi giorni è un precedente pericoloso. Ormai, l’Europa è in piena dittatura energetica russa».

da lastampa.it


Titolo: Casini: crisi grave, serve un disarmo, ma il premier continua a dividere
Inserito da: Admin - Novembre 24, 2008, 04:29:20 pm
Casini: crisi grave, serve un disarmo, ma il premier continua a dividere


ROMA (23 novembre) - «Di fronte a una crisi di queste dimensioni, le forze politiche serie dovrebbero sotterrare l’ascia di guerra. Noi siamo pronti a dare una mano, senza confondere i ruoli di maggioranza e opposizione. Berlusconi invece oscilla, è indeciso. Non sa se seguire la linea responsabile di Gianni Letta o l’avventurismo di certi suoi colonnelli».

Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, chiede al premier di cambiare atteggiamenti («Stavolta non basta un’aspirina, il Paese ha bisogno di una cura seria. E se il governo continua a provocare divisioni non si va da nessuna parte»). È disposto ad offrire collaborazione. Ma il «disarmo» deve valere ovunque. A cominciare dalla Vigilanza Rai: «Berlusconi è capo del governo e proprietario di Mediaset. Se non c’è disarmo sulle vicende Rai, non può esserci disarmo nella politica».

Il premier ha fin qui rifiutato di consultare i leader dell’opposizione sulle misure anti-crisi. Però ha varato i decreti per il salvataggio delle banche e ha annunciato investimenti per 80 miliardi.
«Finora il governo ha fatto molte chiacchere, molti spot e pochissimi fatti. Gli 80 miliardi sono inesistenti, al più si tratta di fondi già stanziati. Le misure anti-crisi ancora non si vedono. Noi proponiamo di partire dalla famiglie: 100 euro al mese per il primo figlio, 50 per i successivi. Il costo dell’operazione è 7 miliardi. Ma verrebbero subito spesi dalle famiglie e diventerebbero linfa per la ripresa dei consumi».
Vista la portata della crisi finanziaria, non è necessario mettere prima in sicurezza le banche e dunque i risparmi delle famiglie?
«Non basta aiutare le banche per riattivare un processo virtuoso. E poi quanto è volubile questo governo! Qualche mese fa Tremonti ci spiegava il grande valore della Robin Hood tax applicata anche alle banche. Ora pochi mesi dopo e senza autocritica siamo all’esatto contrario, cioè al sostegno pubblico degli istituti di credito... Mi accontenterei che a fronte degli impegni dello Stato le banche garantissero, sulla base di parametri verificabili, un costante flusso di crediti alle piccole e medie imprese».
Perché Berlusconi dovrebbe condividere con voi queste scelte? Ieri nel suo comizio in Abruzzo ha detto che l’Udc è la ”politica politicante”.
«Anziché polemizzare con noi farebbe bene a spiegare agli abruzzesi perché ha tolto le risorse all’Abruzzo e al Sud per destinarle ad altre aree del Paese».
Forse più che al dialogo parlamentare il premier tiene alla sua immagine decisionista: sette minuti per varare una Finanziaria, dieci minuti per far nascere un nuovo partito.
«Era meglio se a luglio impiegava qualche minuto di più per la manovra finanziaria, visto che è stato poi costretto a cambiare tutte le previsioni economiche. Quanto al Pdl dieci minuti sono stati persino troppi: è rimasto fermo a 14 anni fa, a Forza Italia. Un partito personale dove Berlusconi è l’inizio e la fine».
Di quel partito però allora voi eravate alleati.
«Era una fase di emergenza. Abbiamo puntato sull’evoluzione di Forza Italia. Ma non c’è stata. Le caratteristiche partecipative e democratiche del partito di Berlusconi restano molto distanti dal modello dei partiti popolari europei».
Si risolverà il caso Villari? Cosa succederà nella commissione di Vigilanza Rai?
«Non sono un mago. Ma la vicenda è penosa. Capisco che alla gente interessi poco, alle istituzioni però fa molto male. Villari è stato eletto da Berlusconi e ora tocca a lui fare la prima mossa per superare questo blocco assurdo».
Il Pd vi ha proposto di disertare i lavori di commissione.
«L’Udc risponderà alla prossima convocazione per chiedere ancora le dimissioni di Villari. Poi penso che quella strada verrà seguita non solo dall’Udc ma anche dalla maggioranza. Il paradosso di Villari è che può riuscirgli ciò che finora non è riuscito a nessuno: determinare nei fatti l’abolizione della commissione di Vigilanza».
Alle regionali in Abruzzo correte da soli. Berlusconi ha negato di aver posto un veto all’alleanza Pdl-Udc.
«A volte mi viene il dubbio che Berlusconi si convinca della sue stesse bugie. La verità è che per lui l’alleanza è la confluenza, la scomparsa dell’Udc. Non è abituato a fare i conti con qualcuno che gli dice no».
Vuol dire che l’alleanza di centrodestra sarà preclusa anche in futuro per voi?
«Siamo una forza di centro, che vuole rappresentare i moderati. Resteremo autonomi in questa legislatura e al termine verificheremo le maggiori convergenze. Certo, un’alleanza con il centrodestra sarà possibile solo in un contesto di pari dignità».
Non è più facile allearsi tra forze di opposizione?
«Con il Pd ci parliamo più spesso ora che stiamo insieme all’opposizione. Ma noi non siamo la Margherita. Non faremo mai a Berlusconi il favore di spostarci a sinistra, perché siamo radicati nel Ppe da prima di lui. Ripeto: le convergenze si verificheranno a fine legislatura. In ogni caso per noi resta improponibile un rapporto con Rifondazione. E la nostra distanza politica e culturale da Di Pietro mi pare incolmabile».
Onorevole Casini, lei intanto ha chiesto di fermare il federalismo fiscale. Nella critica stavolta è andato anche oltre il Pd.
«Stiamo procedendo con leggerezza in direzione pericolosa. Rischiamo di fare un disastro se il federalismo non sarà abbinato a provvedimenti drastici. Dov’è finita la promessa di Berlusconi abolire le Province?»
La Lega è la vostra bestia nera. Vi attacca anche in Veneto, dove siete ancora alleati.
«In Veneto la Lega attacca noi ma il suo vero obiettivo è Galan. Vogliono che il prossimo candidato-governatore sia leghista, come è avvenuto in Trentino. Berlusconi ci pensi bene: se affida alla Lega la leadership del Nord, il centrodestra perderà e il Pdl sarà superato dal Carroccio».
 
da ilmessaggero.it


Titolo: Casini: «Il premier statista? Forse statistico. Il Pd è un partito che non c'è»
Inserito da: Admin - Dicembre 07, 2008, 12:34:09 am
Casini: «Il premier statista? Forse statistico. Il Pd è un partito che non c'è»

Il leader dell'Udc: «Alemanno è una grande delusione, E' bravo solo a rubacchiare i consiglieri»

 
 ROMA (6 dicembre) – Sulla formica e la cicala di Berlusconi è pronto a rispondere Pier Ferdinando Casini: «Ha ragione il presidente del Consiglio. L'Italia è un popolo di formiche, purtroppo le cicale sono i politici e coloro che fanno spot piuttosto che assumere provvedimenti impopolari». Il leader dell'Udc ha commentato l'appello lanciato dal premier all'ottimismo per superare la crisi. Casini ha fatto un riferimento anche ai «provvedimenti impopolari» ma necessari, come l'abolizione delle «Province, che è stata promessa in campagna elettorale e che ancora oggi aspettiamo. Al presidente dico: ha ragione a fare professione di ottimismo ma ancora oggi aspettiamo i provvedimenti veri per il ceto medio italiano, che in questi mesi è stato il grande trascurato».

Sui riferimenti al G8 e al G20 fatti sempre da Berlusconi Casini sottolinea: «Purtroppo, nonostante gli annunci, il nostro Paese non ha un grande peso nella politica internazionale. Comunque sarà un fatto positivo tutto quello che si farà per una consapevolezza diversa anche sulla politica economica di alcune scelte di sviluppo che oggi - ha spiegato - in un periodo di recessione, sono indispensabili».

Sky. Dal leader dell'Udc anche una battuta in risposta alle dichiarazioni del presidente del Consiglio sull'innalzamento dell'Iva a Sky, per cui aveva detto di essersi comportato da statista: «Forse si è sbagliato, si è comportato da statistico».

Il Pd è un partito che non esiste, ma non per colpa di Veltroni. Casini lancia poi un allarme "implosione" che riguarderebbe tanto il Pd quanto il Pdl nelle città e nelle regioni. Sul Pd dice: è un «partito che non esiste» ma non dà la colpa a Veltroni: «Mi verrebbe quasi voglia di solidarizzare con Veltroni che invece non ha colpe - ha detto Casini - perché mi sembra che qualsiasi cosa faccia il segretario del Pd non vada bene. Il problema di un partito che non c'è, non può essere caricato tutto sulle spalle del suo leader». Casini ha motivato le sue considerazioni partendo soprattutto dall'irrisolta questione della collocazione del Pd in Europa. «Quello che è accaduto è inconcepibile: Veltroni ha deciso di non sottoscrivere il manifesto elettorale del Pse per le europee che, invece, è stato firmato dal ministro degli Esteri ombra Piero Fassino. Queste - ha concluso Casini - sono alchimie della politica incomprensibili per gli elettori e per i cittadini».

Giustizia, cogliere appello all'unità nazionale. Il leader dell'Udc ha poi detto che «sul tema della giustizia, come delle grandi questioni istituzionali, è necessario cogliere l'appello all'unità nazionale, naturalmente ciascuno nei suoi ambiti di responsabilità: maggioranza e opposizione. L'impazzimento delle Procure, la vera e propria guerra di bande che contrappone spezzoni del potere giudiziario è una grande questione democratica di cui forse solo l'onorevole Di Pietro in Italia non si rende conto».

Costituente a giovani cattolici. Casini ha parlato del progetto della costituente di centro in occasione di un convegno presso l'Hotel Parco dei Principi: «Indirizziamo questa costituente in primo luogo al mondo cattolico e ai giovani che sono estranei alla politica. Vorremmo che fossero con noi in un progetto di partecipazione nuova di politica».

Alemanno sta producendo un topolino. Casini ha poi voluto esprimere la propria delusione nei confronti dell'operato del sindaco di Roma Gianni Alemanno: «La grandissima delusione è il sindaco di Roma che si è presentato come lo sceriffo incontaminato che avrebbe risolto i problemi di Roma e oggi sta amministrando una paralisi della città con nomine di quinta categoria in luoghi di grandissima responsabilità - ha detto - Dopo tutte le attese suscitate in campagna elettorale sta producendo il topolino. Alemanno è bravo soprattutto in una cosa: nel cercare di levare pezzi di classe dirigente agli altri partiti, oggi non deve rubacchiare consiglieri circoscrizionali ad altri partiti per cercare di fare il sindaco di Roma. Noi saremo controllori implacabili del sindaco perché riteniamo che dopo sei mesi ci sia già una delusione profonda. Vogliamo intercettare quella delusione perché siamo difensori civici dei cittadini».

Alleanza con Marrazzo? Se lo scordino. Casini non risparmia l'amministrazione della regione Lazio: «E' un disastro - afferma - Lo dico a chi vagheggia alleanze con l'Udc. Se pensano di fare alleanze con l'Udc sulla base del continuità della giunta Marrazzo, se lo possono levare dalla testa». 

da ilmessaggero.it


Titolo: Casini eversione? (adesso scopre l'acqua calda da lui stesso riscaldata? ndr)
Inserito da: Admin - Dicembre 22, 2008, 03:04:21 pm
Riforme L’intervista

«Addio al Berlusconi moderato

Vuol diventare re del suo popolo»

Casini: eversione? Non lo è ma elimina di fatto i partiti dalla scena


ROMA — Sabato sera, dopo la conferenza stampa del presidente del Consiglio, ha preferito non reagire a caldo. Si è preso del tempo per riflettere sul lungo «sermone» di fine anno pronunciato da Silvio Berlusconi e sulla proposta, a sorpresa, del presidenzialismo. Ma ora a Pier Ferdinando Casini tutto è chiaro, lampante: «Altro che sorpresa. Il suo è un discorso coerente, molto coerente: vuole eliminare tutto ciò che è di impaccio nel rapporto tra lui e il popolo e così facendo trasformare completamente il quadro politico ». È quasi un grido d’allarme, quello del leader Udc: «Vuole mettere da parte i partiti per il suo progetto plebiscitario». Un progetto dal quale Casini prende nettamente le distanze. Anche se fa notare che è solo la logica conseguenza di un discorso avviato un anno fa: «La nuova proposta è in realtà il compimento della svolta del predellino, quando annunciò un nuovo partito mentre il dibattito nel centrodestra stava salendo di intensità».

Anche questa volta, in effetti, ha fatto l’annuncio più importante solo alla fine, rispondendo all’ultima domanda della conferenza stampa.
«Così è l’uomo. Certo, ci sono state anche le stagioni del Berlusconi moderato, quasi il continuatore della Dc. Ma noi che lo conosciamo bene abbiamo capito da tempo che c’era una differenza tra ciò che diceva e ciò che realmente pensava. E che ieri ha cominciato a dire apertamente ».

Cioè?
«È ormai evidente che Berlusconi non si accontenta più di avere una maggioranza schiacciante in Parlamento. Pensiamo solo ai continui voti di fiducia: nei passati governi, ogni volta che li si chiedeva, ci si sentiva in dovere di giustificarli per non essere sottoposti alle critiche. Ora invece Berlusconi se ne vanta».

Sostiene che è costretto a ricorrere a quel tipo di strumento perché il presidente del Consiglio in Italia non ha poteri adatti per governare.
«Non prendiamoci in giro. Se nel nostro Paese siamo inefficaci è perché la politica è inefficace».

Ripete che ovunque in Europa il premier ha poteri più forti.
«Lasci stare l’alibi dell’Europa. Il presidenzialismo che propone, con l’elezione diretta, porterebbe ad una desertificazione della politica in Italia».

Un’operazione eversiva?
«Non è certo eversione, ma è senza dubbio una trasformazione radicale del sistema che ci ha governato per sessant’anni. Perché porta all’eliminazione, di fatto, dei partiti per privilegiare l’unico rapporto che per Berlusconi conta, cioè quello del "re" con il suo popolo. Certo, non gli si potrebbe dare del tiranno in quanto eletto dalla maggioranza dei cittadini, ma ogni contrappeso sarebbe eliminato. C’è coerenza nel suo progetto: un bipartitismo solo di facciata perché ha l’obiettivo di blindare il rapporto tra il leader e il suo popolo».

Perché insiste tanto con la coerenza del progetto berlusconiano?
«Perché è alla luce del discorso fatto ieri che vanno lette anche altre sue scelte. Basta pensare a quella di evitare in campagna elettorale i temi eticamente sensibili: meglio non creare problemi con questioni che fanno ragionare la gente. Forse ora potete capire meglio perché non abbiamo accettato di entrare del Pdl. E anche la denominazione Popolo della Libertà non è casuale: il popolo si sostituisce al partito».

Non le sembra però che, al momento, l’opposizione sia troppo debole per contrastare i suoi progetti?
«Purtroppo l’opposizione è più che debole: non esiste. O, meglio, ci sono diverse opposizioni. E quella di Di Pietro è certamente funzionale all’egemonia di Berlusconi. Tra l’altro penso che anche lui sarà d’accordo con il presidenzialismo ».

Anche la sua Udc però è all’opposizione. E più volte dal Pd sono giunti appelli al dialogo.
«Veltroni ha fatto bene a scrollarsi di dosso Rifondazione comunista. Poi però, con Di Pietro, è passato dalla padella alla brace. Speriamo che ora accetti il dialogo sulla riforma della giustizia: è il vero banco di prova per il riformismo del Pd».

Vede comunque possibile in futuro un’alleanza con il partito di Veltroni?
«Normalmente in Europa il centro è alternativo alla sinistra. E anche noi lo siamo. Certo, i discorsi di Berlusconi di ieri cambiano completamente il quadro politico. Perché queste tesi si allontanano dalla tradizione del popolarismo».

Quindi?
«Dobbiamo restare coerenti alla nostra anima popolare e al tempo stesso osservare come si evolve la situazione, a che cosa porterà il progetto di Berlusconi. Ma magari nei prossimi giorni farà marcia indietro ».

In Germania la Merkel governa con i socialisti.
«Beh, quella è un’eccezione. Comunque, prima delle prossime Politiche c’è ancora molto tempo. Vedremo, nel frattempo, che cosa succederà. E come reagirà anche il centrodestra alla nuova offensiva berlusconiana ».

Roberto Zuccolini
22 dicembre 2008

da corriere.it


Titolo: Casini rilancia al centro: «Verso un nuovo partito della nazione»
Inserito da: Admin - Febbraio 21, 2009, 06:03:18 pm
2009-02-21 14:04

Casini: nostro progetto è il partito della nazione


TODI (PERUGIA) - "La Terza Repubblica nasce all'insegna dell'unità della nazione. Il nostro progetto politico, il partito della nazione, nasce all'insegna della soluzione dei problemi del Paese e fuori da ogni demonizzazione dell'avversario". Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, conclude così, tra gli applausi della platea centrista, la due giorni organizzata a Todi dalla fondazione 'Liberal' di Ferdinando Adornato per lanciare il manifesto dell'Unione di centro. Il leader dell'Udc attacca "il bipartitismo sterile": "Il Pdl, che ha legato il suo destino ad un leader, è molto più aleatorio di quanto si possa immaginare perché i grandi partiti non legano ad un leader la loro storia. I leader passano e i partiti restano. Noi dobbiamo mettere la pietra di una casa che rimane al di là delle persone". Casini propone non "una Margherita del 2020" né un centro strabico a sinistra, ma piuttosto un progetto più alto e ambizioso, che metta insieme coloro che nel Pd hanno un senso di disagio e chi del Pdl vedono tutte le distorsioni, sono chiamati alla disciplina ed ora ed hanno paura". 

da corriere.it


Titolo: CASINI...
Inserito da: Admin - Febbraio 21, 2009, 11:38:06 pm
Intervento a todi al convegno della fondazione «liberal»

Casini rilancia al centro: «Verso un nuovo partito della nazione»

Il leader Udc: «Progetto alto per unire nell'interesse degli italiani. Il Pdl? Vedremo le contraddizioni»


TODI - Il terremoto nel Pd apre nuovi varchi all'ipotesi di un centro moderato. Pier Ferdinando Casini lo sa e mette di fronte all'Udc l'obiettivo di una nuova formazione politica di cui si è parlato a Todi, al seminario della Fondazione Liberal. C'è già anche indea di nome, o quantomeno di ispirazioen: il partito della nazione. «La terza Repubblica - dice Casini chiudendo il convegno- nasce all'insegna dell'unitá della nazione e il progetto del partito della nazione nasce all'insegna della soluzione dei problemi del Paese fuori dalla demonizzazione dell'avversario». Che, dice, aiuta Berlusconi: «Oggi i più grandi alleati di Berlusconi sono Di Pietro e Travaglio, che consentono a Berlusconi di non rispondere ai cittadini che non arrivano a fine mese, mentre noi dobbiamo chiedere a Berlusconi di portare agli italiani il suo rendiconto di metá legislatura sulle cose concrete. Dobbiamo fare il partito della nazione. questa è l'espressione che a me piace, in un Paese che deve recuperare il senso identitario del proprio cammino»

OLTRE IL BIPARTITISMO - Al di là deelle definizioni, a cosa punta Casini? A raccogliere una fetta di eventuali fuoriusciti del Pd? Spiega: non sarà una nuova «Margherita» e neanche un centro che abbia un percorso predeterminato con uno «strabismo a sinistra», ma un progetto «alto» all'insegna dell'unità della Nazione e nel suo esclusivo interesse. Ma in concreto? Il primo obbiettivo è smontare il bipartitismo. «Il principale errore di Veltroni- dice - a cui non sono attribuibili tutti gli errori del Pd, è stato quello di accettare di essere il contraddittore di comodo di Berlusconi che ha una potenza di fuoco senza eguali». Casini ammonisce: «Il bipartitismo senza partiti, e lo testimonia in queste ore il Pd, è finito con l'errore di credere che la sommatoria di forze possa costituirne l'identità. E invece l'identità ci vuole e non bisogna rinnegarla, insieme alle proprie radici 'che non sono un impicciò». Quindi punta anche al Pdl, dove immagina che un dopo berlusconi apra enormi crepe nell'unità apparente di oggi. «Le contraddizioni ci sono e s'incaricheranno le intemperie politiche di farle emergere». L'obiettivo è puntato anche verso imprese e associazionismo. Il richiamo di Montezemolo «è il nostro - dice Casini - mettere al centro i problemi dell'Italia vera variabile politica è anche il nostro richiamo».


21 febbraio 2009
da corriere.it


Titolo: CASINI. «Sto al centro ma cerco un'alleanza con i riformisti»
Inserito da: Admin - Marzo 08, 2009, 05:16:18 pm
Casini: «Sto al centro ma cerco un'alleanza con i riformisti»

di Susanna Turco


Per certi versi, e con tutte le difficoltà del caso, Pier Ferdinando Casini si trova al momento nel crocevia che coltiva da una vita. Di là, dicono che due terzi dei voti Udc arrivano dal centrodestra, e che quindi il suo leader tornerà da Berlusconi. A di qua, dicono invece che sta dragando voti all'area ex Margherita, e che prima o poi si alleerà con il Pd.

Vuole illuminarci sui suoi intendimenti?
Lei ha riassunto due versioni di comodo. Abbiamo stretto un patto coi nostri elettori, quello di restare al centro, e lì rimaniamo. Spiace per chi ha aspettative diverse.

Però ora state col pd Dellai a Trento, con Cappellacci in Sardegna, da soli per la provincia di Cosenza.
Il territorio ha un suo protagonismo, non gli si può mettere la camicia di forza.

C'è chi dice che il vostro è un atteggiamento schizofrenico.
Schizofrenia è quella degli altri, che preferiscono in molti casi affidare il proprio futuro a persone che non hanno dimestichezza con l’amministrazione: noi guardiamo il profilo delle candidature

Ma a chi sta parlando?
A chi ritiene che noi ci schieriamo di qua o di là per convenienza: ma chi si muove così, lo fa per prendere posti. Invece noi, i posti li abbiamo persi. Questa è la differenza tra l'Udc e i tanti trasformisti, oggi ben collocati nei partiti maggiori, che ci vogliono dar lezioni.

Si riferisce a Pionati?
No, guardi: francamente mi riferisco a tutti salvo che a lui.

Dice che lei vuol fare il Prodi della situazione. Vuole?
Pionati esiste in quanto insulta me. Contento lui, contenti tutti.

La Russa dice che l'Udc non può fare la politica dei due forni. Lei esclude appoggio organico al Pdl?
Ma certo che sì. La Russa continua a spiegarci come dovremmo far politica, continua a parlarci come se fossimo organicamente schierati nella Pdl. Forse si è distratto.

Forse è dispiaciuto...
Ritiene che ciò che è successo sia un incidente, invece è figlio di un'idea diversa del futuro dell’Italia.

A proposito di futuro, cosa le sembra del Pdl che va per acclamazioni e spartizioni percentuali?
È totalmente coerente: farà un congresso a sua immagine. Non vedo che bisogno ci sia di fare uno scrutinio segreto per Berlusconi: il Pdl è lui, nel bene e nel male.

E cosa c'è di bene, nel Pdl?
Quel che rispetto sono i voti che prende. In politica il popolo ha sempre ragione, e ha votato il Pdl.

La nuova fase di governo Berlusconi, tutta decreti e fiducie?
Del tutto coerente con la sua idea di politica. Per il Cavaliere esiste il popolo e il leader, tutto il resto è un impiccio. Per me esiste la rappresentanza politica, ed è il motivo per cui mi batto per le preferenze. D'altronde, un Parlamento che si fa sistematicamente bypassare dal governo è un posto i cui membri non sono consci del loro ruolo, Non è un caso che siano figli di quel tipo di selezione.

E il ruolo, anche critico, di Fini?
Si rende conto della situazione e ha un disagio oggettivo, dovuto al fatto che è presidente della Camera: cerca di rispondere a tutto questo.

Anche An coltiva questo disagio?
Mi pare chiaro che An si sia accovacciata, che abbia fatto la sua scelta.

Il fatto che Franceschini, ex dc come lei, sia diventato segretario del Pd non le suscita un po' d'invidia?
Ho tanti difetti, l’invidia no.

Non le è venuto in mente che magari anche lei poteva diventare segretario del Pdl, se ci fosse entrato?
Non lo so, ma a quelle condizioni non mi sarebbe interessato. Il problema in politica non è avere una carica anche a costo di perderci l'anima, ma fare ciò di cui si è convinti.

Il Pd dell’ex dc Franceschini può togliere spazio all'Udc o è un potenziale alleato più di prima?
Ritengo questo nominalismo una polpetta avvelenata della politica Il problema del Pd non è la provenienza del segretario di oggi come non lo era di quello di ieri. E qui apro una parentesi su Veltroni.

Prego.
Con Veltroni mi sembra si sia peccato di ingenerosità, perché tutti sappiamo che senza di lui il Pd avrebbe preso almeno 5-6 punti in meno alle politiche. Ma al di là di questo, il punto del Pd sono le politiche che fa.

In che senso?
In periferia il Pd fa alleanze quasi sistematiche col Prc, dopo aver chiuso con quel partito a livello nazionale. Eppoi, per esempio, deve scegliere se stare con la Cgil o con la Cisl. Con Rutelli o con la Finocchiaro sulla legge sul fine vita.

I primi passi di Franceschini la convincono?
No. Però lo conosco fin da ragazzo, è uno bravo, molto determinato e molto decisionista. Non sarà un segretario travicello, sono convinto che durerà a lungo.

Come fu per Zaccagnini?
Esatto. Detto questo, ha fatto la scelta di rassicurare la sinistra. Non lo biasimo, ha la preoccupazione di Di Pietro. Però è avviato a fare del Pd un partito guida del socialismo europeo. Nei Paesi normali queste forze governano o da sole o nelle grandi coalizioni, come in Germania. Ma l’Italia non è un Paese normale.

Quindi?
Abbiamo davanti una legislatura di cinque anni, per cui calma ragazzi. Abbiamo tempo per capire se questo percorso porterà una forza come la mia a evidenziare maggiori elementi di convergenza con la maggioranza o con l'opposizione guidata dal Pd.

La Binetti ha già fatto capire che se il Pd non garantisce candidature coerenti in Europa è pronta ad andarsene. L’Udc sarebbe pronta a offrire rifugio politico ai teodem?
Domanda offensiva per noi e loro. Stanno conducendo una battaglia nel loro partito, è giusto che la facciano fino alla fine. Non è che io possa, o voglia, entrare in casa d’altri come un elefante in una cristalleria, non mi interessa.

Sta per giungere l’ora di rifare il centro?
A me le parole centro, destra e sinistra ormai di danno nausea.

Grande centro?
Ancora peggio. Queste robe non hanno più alcun senso. Ha senso un disegno riformista del Paese, perché l'Italia ha ritardi che non si può più consentire. Ha senso che le persone che la pensano in modo uguale si diano una mano. Non ha più senso che l’opposizione, soprattutto in un momento come questo, speri che passi il cadavere di Berlusconi, perché purtroppo passerà il cadavere dell'Italia.

A giugno scade il mandato di Montezemolo. Può essere della partita?
Montezemolo è maggiorenne e vaccinato. Per me, più gente della cosiddetta società civile fa politica meglio è. Però lasciamolo in pace, non tiriamolo per la giacca.

08 marzo 2009
da unita.it


Titolo: CASINI. Oltre il populismo
Inserito da: Admin - Aprile 10, 2009, 09:22:25 am
10/4/2009
 
Oltre il populismo
 
 
PIER FERDINANDO CASINI
 
Caro direttore,
esistono differenti visuali da cui osservare e analizzare una realtà complessa come la politica italiana. Se mi ponessi da quella del sociologo e dell’editorialista, ad esempio, devo ammettere che difficilmente potrei scattare una fotografia più nitida nella sostanza di quella immortalata nel fondo di Luca Ricolfi pubblicato in prima pagina sulla Stampa lo scorso lunedì 6 aprile.

Ricolfi osserva come la politica e la democrazia italiane siano cambiate negli ultimi anni, entrando in una fase «post-democratica» in cui «i partiti contano sempre di meno e le identità politiche si forgiano innanzitutto nel rapporto tra elettori e leader». E aggiunge che Pdl e Pd oggi sono praticamente la stessa cosa, «due nomenklature conservatrici», «due oligarchie in cui gli elettori contano quasi niente e le segreterie di partito sono onnipotenti». Concludendo che l’unica fondamentale differenza è che la destra vince perché c’è Berlusconi che «in caso di dissenso decide per tutti», mentre a sinistra la mancanza di un leader, e quindi di decisionismo, allontana gli elettori.

Fotografia perfetta, appunto. Credo però che Ricolfi comprenderà che nell’ottica del politico non ci si possa accontentare di fotografare l’esistente, ma sia necessario spingersi oltre, tentando di indicare una direzione alla società in cui si vive e di trovare soluzioni ai problemi della comunità. Quello che voglio dire è che probabilmente Ricolfi ha ragione: se il centrosinistra negli ultimi quindici anni fosse stato meno litigioso e più decisionista, se avesse avuto un leader capace di zittire ogni dissenso interno alla sua coalizione con un carisma analogo a quello berlusconiano, forse oggi non esisterebbe uno scarto tanto ampio di consensi tra Pdl e Pd. Ma di sicuro ora ci ritroveremmo con due nomenklature conservatrici, due oligarchie «in cui gli elettori contano quasi niente» in grado di contendersi il governo del Paese, anziché una sola.

E allora? Già, la domanda che mi pongo, nell’ottica del politico, almeno nella mia, ma credo anche in quella del cittadino comune, è proprio questa: potremmo accontentarci di uno scenario così cupo per la politica italiana, di un’alternativa tra padella e brace con due grandi contenitori equivalenti, leaderistici, conservatori, populisti, in clamoroso deficit di liberalismo? Contenitori che con la stessa facilità con cui promettono rivoluzioni liberali, grandi riforme, riduzioni di imposte, snellimenti della macchina statale, abolizione delle province, riforma dei servizi pubblici locali, si rimangiano tutto pochi giorni dopo le elezioni. Soggetti politici che votano, o non ostacolano, un federalismo vuoto di contenuti e dannoso nella sostanza perché la confusione di competenze e tra centri di spesa andrà a paralizzare lo Stato centrale senza affiancargliene uno federale in grado di funzionare, solo per inseguire altri ancora più populisti come la Lega.

Personalmente ho deciso di non accontentarmi più, e sono convinto che molti italiani la pensino allo stesso modo e molti altri lo comprenderanno prima o poi.

Populismo e leaderismo in questa fase di «post democrazia», come sostiene Ricolfi, sono armi vincenti per aggiudicarsi la maggioranza. Ma se non producono una buona politica sono armi da abbandonare. Il decadimento economico, vorrei aggiungere anche sociale e morale, del Paese nella Seconda Repubblica non è forse il prodotto dell’utilizzo di quelle armi?

Per questo un anno fa, sapendo a cosa rinunciavamo - una vittoria certa assieme a Berlusconi - e non sapendo a cosa andavamo incontro, abbiamo abbandonato la barca del bipolarismo populista e ci siamo schierati da soli contro i due grandi contenitori. Per questo lavoriamo da un anno al cantiere di un nuovo partito, aperto, democratico, con regole interne, un partito vero insomma, che prende atto del fallimento del sistema attuale e quindi della necessità di chiudere e superare anche l’esperienza dell’Udc, che in quel sistema ha operato, con molti buoni risultati e inevitabilmente anche con diversi errori, per aprirne entro l’anno una nuova e differente, un partito che non dovrà essere né leaderista né populista, ma plurale, ovvero capace di esprimere più voci e più leader che si riconoscano però attorno ai medesimi valori di fondo, del riformismo, del liberalismo economico, del cattolicesimo democratico e popolare e della laicità dell’impegno politico.

Un nuovo soggetto, consapevole dell’esigenza di decisione che il Paese avverte, ma che non incorra nell’errore di identificarsi con il governo anziché di rappresentare le istanze e i problemi della società in cui vive, che non mortifichi le istituzioni e non trascuri il ruolo essenziale del Parlamento. Già Luigi Sturzo, lo stesso che anche Pdl e Pd non perdono occasione di richiamare a parole, scriveva che «bisognerebbe semplificare la procedura parlamentare e spazzare via molte questioni tecniche che potrebbero essere vantaggiosamente affidate a commissioni speciali». Aggiungendo subito dopo: «Ma sarebbe esagerato biasimare troppo severamente la lentezza dei parlamentari. Sono spesso più utili per le leggi che rigettano, che differiscono o rivedono, che per quelle che votano a tamburo battente».

E poco male se non seguiremo anche noi la moda di oggi. Siamo pazienti e tenaci. Quando prima o poi la maggioranza del Paese si accorgerà che populismo e leaderismo sono abiti troppo stretti, almeno ci sarà qualcuno che avrà confezionato un vestito diverso. Sarà stata pure, almeno fino a quel momento, una minoranza, ma forse non così tanto minoranza come si vorrebbe far credere. E in ogni caso le mode, per fortuna anche quelle sbagliate, passano.

Presidente dell’Udc
 
da lastampa.it


Titolo: Casini: «Il governo è al guinzaglio della Lega»
Inserito da: Admin - Maggio 09, 2009, 10:20:23 pm
Immigrazione, non si placa lo scontro

I vescovi: non si può negare diritto asilo

Il Pdl: respingere i clandestini è un atto legittimo

Casini: «Il governo è al guinzaglio della Lega»

 
   
ROMA (9 maggio) - Non si placa lo scontro sui rimpatri degli immigrati clandestini, mentre altri due gommoni, con alcune decine di migranti a bordo, sono stati intanto segnalati a una ventina di miglia a suddi Lampedusa. Nella zona si stanno dirigendo due motovedette, una della Guardia Costiera e una della Guardia di Finanza.

Venerdì un altro barcone con 88 immigrati, tra cui 24 donne, era stato intercettato a dieci miglia dall'isola. Gli extracomunitari erano stati successivamente trasferiti a Porto Empedocle con le stesse motovedette che li avevano soccorsi.

Maroni. Un fraintendimento generale sulla questione più importante: una cosa è il rimpatrio, un'altra il respingimento, procedura prevista dalle normative europee. Così il ministro dell'Interno, Roberto Maroni torna sulla vicenda del rinvio in Libia dei 277 immigrati, in una intervista a il Foglio. «Il limite tra respingimento e rimpatrio - spiega - sono le acque
territoriali. Se qualcuno sta fuori dalle acque territoriali italiane, io impedisco che tu entri e quindi ti respingo alla frontiera, come avverrebbe a terra». «Perché volevi entrare, che motivo avevi - aggiunge Maroni - non è affar mio, sei sul territorio di un altro Stato e non vedo come io possa valutare se hai il diritto all'asilo, perché non sei sul mio territorio».

«La lotta all'immigrazione clandestina o si fa o non si fa», continua il ministro dell'Interno. «Trovo francamente incomprensibili alcune sue dichiarazioni», aggiunge Maroni e dice:«Confesso di faticare a capire il suo disegno».

Una «provocazione» che ha «il chiaro sapore del razzismo» e che sarebbe stato meglio evitare: così il
quotidiano dei vescovi Avvenire definisce la proposta di carrozze separate per italiani e stranieri sui mezzi pubblici milanesi del leghista Matteo Salvini. In un breve commento riconducibile alla direzione, il giornale della Cei condivide il giudizio dato ieri da molti esponenti del mondo cattolico sui respingimenti in Libia e le nuove norme sulla sicurezza, ribadendo che «non si può mai abdicare al rispetto dele persone e alla loro dignità, che con sè porta diritti inalienabili».

«Negare la possibilità di asilo a chi è respinto in mare resta un punto che merita sicuramente riconsiderazione - afferma la nota - sebbene - ammette - la soluzione non sia semplice». I vescovi chiedono perciò «un monitoraggio del trattamento riservato ai migranti dalla Libia», e ritengono che «un miglioramento del decreto sicurezza» sia «ancora praticabile». Ciò che invece andrebbe «del tutto evitato» - conclude - sono «le "provocazioni" (mezzi pubblici separati per italiani e stranieri) che hanno il chiaro sapore del razzismo».

Vescovo Mazara: siamo alle leggi razziali. La proposta di un esponente leghista di «riservare posti a sedere negli autobus ai passeggeri lombardi dovrebbe far saltare in aria non soltanto i marocchini, gli slavi, i romeni, ma tutti gli italiani. Qui siamo alle leggi razziali». A dirlo è il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero.

Gasparri. «Respingere alle frontiere, terrestri o marine, i clandestini che tentano di entrare nel nostro Paese è un nostro diritto. Il respingimento alle frontiere è un atto legittimo previsto dalle norme dell'Unione europea e da tutti gli accordi internazionali», ha detto Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl. «Il Popolo della libertà è determinato, in attuazione dei suoi programmi, a introdurre il reato di immigrazione clandestina e a sostenere il governo e l'azione di respingimento di quanti vogliano illegalmente entrare in Italia. Esprimeremo con chiarezza questa volontà in Parlamento, consapevoli del fatto che l'Italia ha concesso asilo politico a un gran numero di perseguitati. Il che non ci priva del diritto di attuare una politica di fermezza», ha concluso Gasparri.

Lo «sbilanciamento» del Governo a favore della Lega Nord, di cui sarebbe «al guinzaglio», è stato ribadito ripetutamente da Pier Ferdinando Casini intervenuto a Reggio Emilia alla presentazione dei candidati alle prossime elezioni. Secondo Casini «ci sono pulsioni razziste nella maggioranza». «Quando qualcuno arriva a teorizzare la possibilità di vagoni separati per i residenti, queste sono pulsioni razziste. Non sono maggioritarie, vorrei ben vedere che lo fossero, ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli. Ma bastano già queste per far capire quanto questa politica del Governo è sbilanciata a favore della Lega».

«Hanno votato un federalismo - ha ricordato - che è solo uno spot pubblicitario della Lega, moltiplica i centri di spesa e inasprisce la pressione fiscale». «Questo Governo è al laccio della Lega», ha detto ancora Casini, aggiungendo che l'Esecutivo «è capace di grandi immagini pubblicitarie, di fare effetti speciali, molto meno di sostanza» e sostenendo che «c'è un ricatto permanente della Lega che paralizza le grandi decisioni.


«Le dichiarazioni di Piero Fassino sono vergognose sotto il profilo dell'elementare solidarietà umana, della legalità internazionale e nei confronti della tradizione politica di sinistra da cui egli stesso proviene», ha affermato Pino Arlacchi, responsabile sicurezza internazionale dell'Italia dei Valori ed ex Vicesegretario generale all'Onu. «Fassino afferma che esiste il diritto di un Paese di rispedire alla frontiera una persona che chiede asilo, ma ignora che il diritto di asilo una prassi consolidata da due secoli ed un diritto fondamentale universale da almeno 60 anni», conclude.

È «scandaloso che esponenti del Pd si uniscano alla disumanità del governo» sui temi immigrazione e sicurezza, ha aggiunto Pino Sgobio, dell'ufficio politico del Pdci. «La disumanità del governo - ha osservato - è risaputa. La 'propostà di Salvini ne è l'ultima dimostrazione. Ma che al governo si uniscano cori di consenso agli incivili 'rimpatrì anche di esponenti del Pd come Fassino è scandaloso e palesa la totale schizofrenia che regna in quel partito che fa opposizione solo a parole. A questo governo - ha concluso Sgobio - serve un'opposizione sociale forte: chi non lo comprende o lo scopre solo in campagna elettorale è fuori dal mondo».
 
da ilmessaggero.it


Titolo: Casini: la Lega ha le chiavi del governo, siamo noi l’unico antidoto a Bossi
Inserito da: Admin - Maggio 25, 2009, 12:08:17 am
Casini: la Lega ha le chiavi del governo, siamo noi l’unico antidoto a Bossi

di Carlo Fusi
 
 
di Carlo Fusi


ROMA (24 maggio) - «La propaganda in campagna elettorale non ci interessa. E dunque la risposta all’invito del Pd non può che essere un no tondo. Non si possono affrontare argomenti così importanti come la difesa del Parlamento facendo demagogia sulla pelle dei cittadini. Non possiamo far finta di non vedere che mentre si invoca un presunto ”pericolo democratico”, il Pd dichiara di votare sì ad un referendum che consoliderebbe ancora di più Berlusconi senza nemmeno aver bisogno di alleanze. E’ una contraddizione per noi insanabile, e dunque respingiamo al mittente l’invito».

Pier Ferdinando Casini taglia corto: la proposta dei Democratici di un incontro delle opposizioni per ribattere alle affermazioni del Cavaliere è un non senso. Caso mai l’atteggiamento da tenere è un altro. Per esempio sulla riduzione del numero dei i deputati: «Altro che gridare allo scandalo: noi diciamo sì al presidente del Consiglio. Lo prendiamo sul serio, convinti che è lui che non prende sul serio gli italiani. Sfidiamo Berlusconi a presentare un disegno di legge, noi siamo pronti a votarlo. Esattamente come avremmo voluto votare sì all’abolizione delle Province e invece gli italiani sono chiamati alle urne anche per questi enti. Perchè Berlusconi dopo averlo proclamato alle politiche dello scorso anno, poi se l’è dimenticato...».

Onorevole Casini, molti osservatori descrivono il panorama politico italiano in maniera netta: c’è solo Berlusconi. E al massimo un po' di antiberlusconismo radicale. L’Udc sparisce, visto che è fuori da entrambi...
«Noi non ci nutriamo di antiberlusconismo, perchè non fa parte del nostro Dna essere ”contro” qualcuno. Piuttosto l’Udc lavora concretamente per stanare le contraddizioni di tutti. A partire da quelle di Berlusconi: perchè deve essere chiaro soprattutto agli elettori romani e laziali che mentre il premier chiacchiera, la Lega comanda. Non è certo un caso che la Lega abbia imposto i suoi temi, dal federalismo, alle quote latte, all’immigrazione. E’ un continuo pullulare di pulsioni spingendo sugli istinti più bassi dei cittadini, instillando paure. Una classe dirigente degna di questo nome deve guidare, non farsi fagocitare dagli istinti peggiori».

Si riferisce all’immigrazione? Anche a quella clandestina?
«Io dico una cosa semplice. La società multietnica è una realtà, basta guardarsi intorno. Ci son due grandi questioni in ballo. La prima: molti immigrati sono in Italia onestamente e sono indispensabili a tutti noi. La seconda: molti sono delinquenti. Ma quando si fanno le proposte come quelle dei medici spia o delle ronde, vuol dire che si danno risposte finte o demagogiche. Le ronde sono l’abdicazione dello Stato, è lo Stato che getta la spugna. Un messaggio devastante di deresponsabilizzazione, di giustizia fai da te. Quanto ai medici spia, se non avessimo bloccato in Parlamento quella norma scellerata, accanto ai racket della droga e della prostituzione sarebbe sorto quello della sanità in nero, degli ambulatori clandestini per curare gli immigrati».

Insomma un governo a trazione leghista. E Berlusconi subisce senza rendersene conto?
«In parte subisce; in parte si è messo in condizione di subire. Perchè quando si è accetta l’idea di consegnare alla Lega le chiavi della politica italiana consentendo ai leghisti di fare il pieno di voti giocando sul doppio ruolo di partito di lotta e di governo, è come consegnare ad un ladro le chiavi di casa. Non puoi lamentarti se dopo ti sparisce l’argenteria».

Insisto: Berlusconi non se ne rende conto?
«Se ne è reso conto eccome ma adesso non può far niente perchè la Lega, con i suoi numeri, è determinante per il governo, è determinante nelle regioni del Nord e pertanto Berlusconi non può che subire. L’unica possibilità che avrebbe per liberarsi da questo gioco è dire sì al referendum. Ma onestamente non si può chiedere a noi di dargli ancora più potere per liberarsi del condizionamento di Bossi. Sarebbe paradossale. Noi vogliamo far capire agli elettori che il tasso di demagogia ha toccato in Italia vette insopportabili. E che un Paese non si governa nè con le boutade nè con la demagogia, ed è su questo che Berlusconi deve essere smascherato».

In questi giorni torna alla ribalta il macigno giustizia. Il Pd chiede al premier di non avvalersi del Lodo Alfano. Voi su quella norma vi siete astenuti: e adesso?
«Noi ci siamo astenuti proprio per evitare di continuare a fornire alibi a Berlusconi. Per favore, si occupi dei problemi degli italiani e lasci stare i suoi personali: sono 15 anni che li propina. Ci risparmi litanie. Vedo che anche ieri è tornato ad insistere sulla riforma della giustizia. La vuole realizzare davvero? Bene, vale qui ciò che ho detto per la riduzione dei parlamentari: lo sfidiamo a farlo, noi siamo disponibili a discutere, attendiamo che presenti il testo in Parlamento. E’ da un anno che la riforma della giustizia viene annunciata ma per le contraddizioni interne alla maggioranza non se ne fa nulla. E adesso c’è Bossi che fa la sparata sull’elezione popolare dei giudici: manca solo che la politicizzazione della magistratura, da noi più volte denunciata, venga istituzionalizzata come succederebbe se quella proposta venisse accolta. Una pura follia».

Crisi economica. Era devastante fino a qualche settimana fa, ora si dice che il peggio è alle spalle. Qual è la verità? E come giudicate l’azione del governo?
«Il governo gioca di rimessa, spera che passi la nottata ed evitare di affrontare i nodi strutturali. A partire dal più importante: la famiglia, che oggi è il più grande ammortizzatore sociale del Paese. Berlusconi aveva promesso il quoziente familiare: un’altra promessa inevasa. La colpa più grave del governo è l’inerzia. Il ministro Tremonti amministra con giudizio la montagna del debito pubblico, ma evita di affrontare le questioni vere sempre perchè la Lega di mette di traverso. Un esempio? La mancata liberalizzazione dei servizi pubblici locali».

Caso Noemi: ora spuntato foto a iosa. Voi da che parte state?
«Semplice: non bisogna fare del giustizialismo. Detto questo, naturalmente consiglio a Berlusconi di rispondere alle domande che gli rivolge la stampa. Più non lo fa, più aumenteranno. E’ una vicenda che ha alimentato lui stesso: nel momento in cui è andato in tv a dire la sua verità, non può meravigliarsi se gli rivolgono altre domande o rispondere solo a quelle che gli fanno comodo».

Il Pd chiede voti perché, sostiene, se stravince il Pdl c’è un pericolo autoritario. Condivide?
«Sono argomentazioni ridicole. Piuttosto il Pd, se non chiarisce fino in fondo le sue posizioni e continua sotto sotto a coltivare il progetto di bipartitismo, finisce per essere nient’altro che l’avversario di comodo di Berlusconi, e mai un’alternativa credibile. Con il sì al referendum non si creerà il bipartitismo bensì un sistema in cui un partito vincerà sempre e l’altro perderà sempre. Non sono miei considerazioni: è la realtà. Non è un caso che nel Pd monti sempre più l’idea di cambiare posizione sul referendum».

La campagna elettorale italiana si nutre fin troppo di temi ”interni”. E tuttavia milioni di elettori vanno alle urne per rinnovare il Parlamento europeo, per dare un nuovo volto alla Ue. I centristi, l’Udc quali priorità intendono portare in Eurolandia?
«Noi portiamo un messaggio chiaro: che l’Europa sia più vicina ai cittadini. Che su alcuni temi fondamentali, come ad esempio l’immigrazione, non lasci soli i Paesi che subiscono in alcuni casi una sorta di invasione. Sono necessari accordi con i Paesi rivieraschi dell’Unione europea per fare dei campi di accoglienza sulle coste degli Stati nordafricani, pagati dalla Ue e gestiti con la collaborazione delle nazioni Unite. Perché è chiaro che quando un immigrati, un clandestino, arriva a Lampedusa non arriva sulle coste dell’Italia: arriva sulle coste dell’Europa. Un altro terreno fondamentale dell’azione europea è quello dell’energia. Basta svenderci, non andiamo come singoli Paesi e per di più con il cappello in mano dallo zar Putin. Se invece ci andiamo tutti assieme saremo maggiormente in grado di spuntare condizioni buone per il gas e per il petrolio. Come pure sul nucleare occorre un’iniziativa unica dell’Europa. E poi l’Udc andrà in Europa a difendere l’identità cristiana dell’Italia. Difendendo quelle, difendiamo noi stessi, la nostra tradizione, la nostra storia. In un Parlamento europeo che in tante occasioni smarrisce punti di riferimento fondamentali, dall’eutanasia al partito dei pedofili, noi vogliamo difendere l’identità cristiana. E diamo anche un messaggio a chi viene: chi arriva da noi deve essere accettato ma gli extracomunitari devono sapere che arrivano in Paese che ha una storia e regole da accettare». 
 
da ilmessaggero.it


Titolo: Casini: «Il governo usa soldi finti per combattere la crisi»
Inserito da: Admin - Maggio 27, 2009, 10:13:09 pm
LE VIDEOCHAT Di CORRIERE.it

Casini: «Il governo usa soldi finti per combattere la crisi»

Il leader dell'Udc: «Segnali devastanti, bisogna fare di più. Il caso Noemi? Non parlo di vallette e ragazzine»


MILANO- «Chi non si pente mai nella vita, vuol dire che ha qualche problema». Pier Ferdinando Casini non si nasconde: ammette che qualche errore, in passato, l'ha commesso. «Quattordici anni fa ero convinto che Berlusconi rappresentasse qualcosa di nuovo. Le cose però sono andate in altro modo». Il leader dell'Udc, durante la videochat con i lettori di Corriere.it, ci tiene però a sottolineare il senso di quella che definisce una «scelta responsabile»: lo strappo con il Pdl. «Abbiamo rinunciato al potere per scommettere sul futuro - afferma Casini - perché siamo contrari a questo finto bipartitismo, un valzer che si balla sulla pelle degli italiani».

SOLDI FINTI - L'ex presidente della Camera attacca soprattutto il governo. «Di fronte alla crisi - dice - sta semplicemente sperando che passi. Berlusconi, invece di mettere in piedi un piano di infrastrutture per rilanciare l'economia, un giorno parla di Ponte sullo Stretto, un giorno di Abruzzo: ma sono sempre gli stessi soldi finti che girano. E invece bisognerebbe iniettare nell'economia italiana qualcosa di reale e immediato, anche perché i segnali sono devastanti». Casini critica Berlusconi e l'esecutivo anche su altri temi. Immigrazione: «Fanno solo demagogia, eccitando gli animi». Riduzione dei parlamentari: «Berlusconi si è inventato che li ridurrà a cento. Ogni campagna elettorale cerca sempre un diversivo per tenere alta la tensione. È come per l'abolizione delle Province: prima l'ha promesso, poi non ha fatto nulla». Non mancano le stoccate al Pdl: «Siamo l'unico paese dove un partito ha eletto a vita il suo leader, una cosa che non accade neanche in Venezuela con Chavez».

SICILIA - A proposito di alleanze: il caso Lombardo in Sicilia (il presidente della Regione ha azzerato la giunta, ndr)? «Se non riesce a governare, sciogliamo le righe e torniamo al voto. Tutti a casa. È inutile l'accanimento terapeutico. Quando Soru in Sardegna non è riuscito a governare non ha cercato altre maggioranze, ha deciso di tornare al voto. Se in Sicilia non si riesce a fare una cosa seria allora sciogliamo l'Assemblea Regionale. Noi non abbiamo paura delle urne, pensiamo di prendere più voti di Lombardo, anche alle Europee».

DI PIETRO E LEGA - Casini è duro anche con Di Pietro: «È come Fregoli (il celebre trasformista, ndr). Prima ha raccolto le firme per il referendum e poi dice che il referendum è un attentato alla democrazia. E la mozione di sfiducia a pochi giorni dalle elezioni è solo una strumentalizzazione per prendere qualche voto in più». Il leader Udc prevede poi un vero e proprio exploit elettorale della Lega: «Vi invito a vedere quanti voti prenderà: è un partito di lotta e di governo. Quando consegni al ladro le chiavi di casa, non ti puoi sorprendere se ti ruba l'argenteria. La Lega crescerà a danno del Pdl e questo scatenerà nuovi attriti nell'alleanza. Ormai la Lega è la forza determinante del Paese. Immigrazione, federalismo: quel che vuole la Lega si fa, quello che non vuole non si fa».

DIALOGO - E il Pd? «Un partito serio con il quale abbiamo instaurato un dialogo - spiega Casini. - Ma sentono troppo il richiamo della foresta della sinistra, tanto che nelle sedi periferiche si rifanno alle alleanze con Rifondazione. In queste condizioni non è possibile un'alleanza con noi». Casini, Letta, Rutelli e Follini insieme: possibile? «C'è spazio per tutti» risponde Casini. Che poi lancia una suggestione: «Perché non pensare a un partito che includa uomini del Pd e del Pdl che la pensano allo stesso modo? Vedrete che qualcosa matura».

CONDANNATI - I lettori gli chiedono conto dei candidati e dei politici condannati. «Quali? - ribatte Casini. - Per me la condanna è soltanto quella passata in giudicato. Parliamo di Cuffaro? Lui ha detto che in caso di conferma di condanna, si dimetterà. Più alla luce del sole di così». Qualcuno ricorda anche il caso Drago (il parlamentare Udc condannato per peculato, sentenza confermata in Cassazione ndr): «È vero. È stata una condanna amara e dura che riguarda l'uso di fondi riservati, una cosa che coinvolge metà della politica italiana. In ogni caso rispettiamo la sentenza».

VALLETTE E RAGAZZINE - Immancabili le domande sul caso Noemi-Berlusconi: «Io mi rifiuto di parlare di vallette e ragazzine in questa campagna elettorale. Berlusconi dice che è tutta una montatura? Il problema l'ha posto sua moglie con una lettera a un giornale. E lui ha fatto diventare questa vicenda ancora più pubblica andando a Porta a Porta. I giornali fanno il loro lavoro, io gli consiglio di rispondere».

STATO LAICO - Tante le domande sulla laicità dello Stato. Casini ribadisce la sua posizione: «Siamo per uno Stato laico che rispetti Dio e la religione. Uno Stato laico si basa sulla libertà, che è anche la libertà dei vescovi di dire quello che pensano. C'è un'interpretazione della laicità che non mi convince: uno Stato che sradica il bisogno di Dio e della religione che è connaturato all'uomo. Questo è uno Stato laicista. Io sono per uno Stato laico». Di nuovo: è è ipotizzabile l'unità politica dei cattolici? «È un problema che non ci poniamo. Certi valori li portiamo avanti perché ne siamo convinti, non perché ci aspettiamo l'aiuto della Chiesa. L'idea dell'unità politica dei cattolici è morta e sepolta. Noi chiediamo soltanto ai cattolici di non essere succubi dei propri partiti. Come fa la Binetti, ad esempio: una persona seria che ha saputo dissociarsi dal suo partito per essere coerente con i propri valori».

MANDATECI A CASA - Questione giovani: le nuove generazioni e la politica. Casini cita Don Milani: «È inutile tenere le mani pulite se si tengono in tasca. Ma io vedo molti giovani in questa campagna elettorale: non sono affatto apatici e indifferenti, cercano di capire, nonostante la politica non li aiuti. Cosa posso dire a questi giovani? Mandateci a casa, se ce la fate: io ho mandato a casa qualcuno, voi mandate a casa me»


Germano Antonucci
27 maggio 2009

da corriere.it


Titolo: CASINI. «Berlusconi eletto leader Pdl a vita: peggio di Chavez»
Inserito da: Admin - Maggio 28, 2009, 10:00:48 am
Casini: «Berlusconi eletto leader Pdl a vita: peggio di Chavez»
 
 
ROMA (27 maggio) - «Siamo l'unico Paese dove un partito ha eletto a vita il suo leader, una cosa che non accade neanche in Venezuela con Chavez» ha detto oggi il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, che ha parlato anche di immigrazione, delle Camere e della sua rottura con il Pdl. Sull'immigrazione, secondo Casini, i rappresentanti del Pdl «fanno solo demagogia, eccitando gli animi», mentre sulla riduzione dei parlamentari proposta dal premier ribadisce: «Berlusconi si è inventato che li ridurrà a cento. Ogni campagna elettorale cerca sempre un diversivo per tenere alta la tensione, come per l'abolizione delle Province: prima l'ha promesso, poi non ha fatto nulla».

Riguardo al passato, Casini ammette di aver commesso qualche errore - «Quattordici anni fa ero convinto che Berlusconi rappresentasse qualcosa di nuovo - ma si dichiara fiero della sua decisione di "rompere" col Pdl: «Una scelta responsabile: abbiamo rinunciato al potere per scommettere sul futuro, perché siamo contrari a questo finto bipartitismo, un valzer che si balla sulla pelle degli italiani». 
 
da ilmessaggero.it   
 


Titolo: Casini: non fai paura, noi antidoto a Lega
Inserito da: Admin - Maggio 31, 2009, 09:13:22 am
Bossi attacca l'Udc: merita solo legnate

Casini: non fai paura, noi antidoto a Lega
 
 
ROMA (30 maggio) - Botta, risposta e controreplica tra Pier Ferdinando Casini e Umberto Bossi. «Siamo l'antidoto alla Lega Nord alla quale la maggioranza ha consegnato il futuro politico» ha detto oggi il leader dell'Udc. «Non date un solo voto all'Udc, quella parte merita solo legnate» ha replicato il Senatur. «Queste minacce non ci intimidiscono e non ci piegheranno la schiena» ha risposto infine Casini.

Casini: l'antidoto alla Lega siamo noi. «Siamo l'antidoto alla Lega Nord - ha detto il leader dell'Udc. Vogliamo evitare che la Lega sia l'elemento determinante della politica italiana. Che si pensi di andare al voto anticipato è un segno di impotenza politica, ma non si va al voto perché c'è una maggioranza che non sa rispondere alle esigenze del Paese e ha consegnato al Carroccio il futuro politico. Ha dato l'idea di essere una maggioranza bicefala, Berlusconi chiacchiera e la Lega comanda. Quando si consegnano alla Lega le chiavi della politica italiana poi non c'è dubbio che è difficile andare avanti. Berlusconi perché non ha fatto la riforma della giustizia quest'anno? Perché c'erano divisioni che non gli hanno consento di presentarla. Con chi se la prende? Con se stesso, non certo con l'opposizione».

Bossi: Casini è un pirla, vecchi democristiani meritano solo legnate. Davanti alle parole di Casini che dice che Berlusconi chiacchiera e la Lega comanda, e che questo è un danno per il Paese, Bossi replica: «Casini è un pirla. Non date un solo voto all'Udc e alle altre sigle. Questo è il
passato che cerca di tornare. Quella parte merita solo legnate». Parlando delle quote latte, il leader della Lega ha detto che «Casini e la sinistra in aula parlavano degli agricoltori come fossero ladri e delinquenti. Semmai ladri sono i vecchi democristiani, che hanno creato le quote latte in cambio di un po' di finanziamenti per il Sud».

Casini: Bossi non ci intimidisce. «Le minacce di Bossi non ci intimidiscono e le sue bastonate non ci piegheranno la schiena» ribatte il segretario dell'Udc. 
   
 
da ilmessaggero.it


Titolo: CASINI. "Al governo con la sinistra in caso di emergenza"
Inserito da: Admin - Luglio 19, 2009, 11:21:59 am
19/7/2009 (7:26) - INTERVISTA AL LEADER DELL'UDC

"Al governo con la sinistra in caso di emergenza"
 
Casini: penso all'esempio tedesco ma l'Unione non è riproponibile

MATTIA FELTRI


Onorevole Casini, fra cento giorni il Pd avrà un nuovo segretario. Come segue la sfida fra Bersani, Franceschini e Marino?
«Con interesse, perché il Pd è il secondo partito italiano e dobbiamo capire bene quali sono le indicazioni, i progetti dei candidati. E con un po’ di preoccupazione».

Preoccupazione?
«Mah, insomma, c’è già una candidatura, e mi riferisco a quella di Marino, che di per sé rivela una difficoltà del partito nell’interpretare il rapporto fra il Paese, l’identità cristiana e la sua laicità. Il presupposto della candidatura indica che questo è un nodo irrisolto».

Ma lei quale dei tre vedrebbe più volentieri incoronato?
«No, guardate, io non voglio fare il convitato di pietra. Seguo con interesse e distacco l’evolversi dei lavori, e basta. Qualcun altro, e penso a Di Pietro, anche attraverso Grillo, sta iniettando alte dosi di veleno, lavora alla distruzione del Pd. Non è un caso che Enrico Letta dica che il suo Pd dovrà fare riferimento a Napolitano».

Perché non è un caso?
«Perché oggi il Pd è ondeggiante fra il rispetto delle istituzioni, di cui Napolitano è il garante e il custode, e la deriva dipietrista alla quale il partito corre dietro per non perdere elettori. Portarsi Di Pietro in Parlamento è stato un errore enorme di Veltroni».

Anche perché parlava di vocazione maggioritaria.
«Speravo si fossero liberati di questa illusione che è stato il più grande regalo a Berlusconi. Ma non basta non parlarne più quando, come ha fatto Franceschini, si dice no al sistema elettorale tedesco: cioè si costruisce un equivoco politico e si resuscita come l’araba fenice quel bipartitismo che vuole Berlusconi»

Perfetto, ma quello che vorremmo capire è quanto il congresso del Pd influirà sul futuro dell’Udc. Lei ha in animo un progetto, il grande partito di centro...
«Ed è un progetto che rimane in campo».

Ma un conto è se vince Bersani, un conto se vince Franceschini...
«No, il progetto rimane in campo, va avanti indipendentemente da quello che dicono, fanno e decidono gli altri. Noi abbiamo una processione di dirigenti del Pd che vuole aderire, in queste ultime settimane anche tanti del Pdl. In ogni caso il progetto si rafforza».

Forse è per questo che da sinistra, talvolta, qualcuno ipotizza che lei potrebbe essere il leader di una nuova coalizione di centrosinistra?
«Ma non è possibile. Non potrei mai essere un nuovo Prodi perché che mi mancano due requisiti fondamentali».

Primo?
«Primo, non sono Prodi. Ho un’altra storia. Non esprimo il cattolicesimo dossettiano che è di Romano e che ha nella sua ragione costitutiva di trovare un punto d’incontro tra la sinistra e parte del mondo cattolico. Prodi è irripetibile, è figlio di una storia che privilegia queste assonanze sulla grande questione sociale».

E secondo?
«E in secondo luogo non c’è la mia volontà. Non credo a un simile progetto politico. Se si pensa all’Udc come alla Margherita del 2010 si compie una sciocchezza.
Si ripeterebbero gli stessi errori commessi dall’Unione. Prodi non ha fallito perché è uno stupido, anzi. Ha fallito perché il progetto non stava in piedi allora, e non starebbe in piedi adesso un governo che somma l’estrema sinistra e l’Udc magari passando per Di Pietro».

Quindi non se ne fa niente.
«Niente».

Neanche se il futuro ponesse condizioni nuove, impreviste, diciamo così: d’emergenza?
«Diciamo così: se il futuro ci ponesse davanti a condizioni impreviste, eccezionali, e si pensasse, come in Germania, di mettere in piedi una Grande Coalizione per fare cose limitate nel tempo, per affrontare l’emergenza e per tornare poi a essere alternativi una volta recuperata la normalità, beh, il discorso cambia...».

Ma questo non è il centrosinistra, è il Cln.
«L’esempio è appropriato. E’ chiaro che bisogna capire se e quando ne ricorressero analoghi presupposti storici».

Lei parla in questo modo, eppure anche Roberto Formigoni la invita. Dice che lei è candidato alla successione di Berlusconi insieme con Tremonti e Fini.
«Questa è una carineria di cui lo ringrazio. Ma temo per loro che il Pdl sia una costruzione che non sopravviverà a Berlusconi. Il premier ha un carisma che copre tante magagne e il Partito del Sud, composto da gente che cerca poltrone perché non ne ha, è l’ultimo esempio. Non si pone il problema della futura leadership del Pdl perché il Pdl non ha futuro senza Berlusconi».

Quanto influisce in tutto questo il caso delle escort? L’Udc è rimasto ai margini della polemica.
«Non voglio esprimere pareri anche perché noi, e gli altri partiti, siamo spettatori troppo interessati per farlo. Ritengo che gli italiani leggano e si rendano conto da soli di quello che sta succedendo. Quanto al nostro giudizio, credo lo si immagini. Ma non è certo con mozioni tipo quella di Zanda che si affronta il problema».

Perché?
«Perché è una mozione ridicola, nella quale si dice che chi governa “deve assumere comportamenti coerenti tra la vita pubblica e quella privata”. Cioè si dice che chi governa deve comportarsi bene. E’ una cosa che sta fra l’infantilismo politico e l’ipocrisia moralistica. Le chiacchiere stanno a zero: se il Pd ritiene di censurare Berlusconi per i suoi comportamenti privati e su quelli magari chiede di insediare una commissione d’inchiesta, allora tutti saremo obbligati a dare risposte limpide e chiare.
Ma o si ha questo coraggio o si lascia perdere. Altrimenti siamo davanti a un “vorrei ma non posso” che fa cadere in ridicolo la politica italiana».

da lastampa.it


Titolo: Marco Conti - Berlusconi: patti con l'Udc e un vice per il Pdl
Inserito da: Admin - Luglio 19, 2009, 10:59:33 pm
Berlusconi: patti con l'Udc e un vice per il Pdl

di Marco Conti
 
 
ROMA (19 luglio) - Superato brillantemente l’appuntamento del G8, Silvio Berlusconi si è portato ieri mattina in Sardegna le cartelline che racchiudono gli appunti di lavoro per preparare la ripresa di settembre. Obiettivo del Cavaliere il rafforzamento della coalizione - che passa per una ripresa della capacità espansiva del centrodestra - e l’irrobustimento del Pdl in vista delle elezioni regionali del prossimo anno. In mezzo il nodo del ”partito del Sud” che esponenti della Pdl vorrebbero fondare, e l’attesa per il congresso del Pd il cui esito, nelle considerazioni fatte da Berlusconi negli ultimi giorni, segnerà l’allungamento o meno del periodo di ”tregua” a suo tempo sollecitato dal Capo dello Stato anche in vista di una condivisa fase riformista.

Il Pdl - Solo a settembre si comprenderà in che modo il Cavaliere intende avviare sul territorio la nascita del Pdl. Il riaccendersi della questione Meridionale che di recente ha creato non poche frizioni in alcune regioni, in testa la Sicilia, pone in a Berlusconi il problema della organizzazione del Pdl anche per evitare la proliferazione di veri e propri feudi locali.

La prospettiva è quella di far svolgere al più presto i congressi locali del partito, anche se il premier intende prima risolvere il problema della gestione a tre. Il triumvirato (Bondi, Verdini e La Russa) è però previsto dallo statuto sulla base della logica ”un terzo An e due FI” che fu alla base della nascita del Pdl. Visto che il Cavaliere solitamente preferisce ”aggiungere” piuttosto che ”rimuovere”, nella sua testa matura l’idea di nominare un vicecoordinatore unico ed operativo che formalmente dovrà rispondere ai tre, ma che nei fatti dovrebbe gestire in relativa autonomia non solo i congressi locali ma anche alleanze e candidature.

L’Udc - Proprio in vista delle regionali il Cavaliere nell’ultimo consiglio dei ministri si è lasciato andare ad un peana nei confronti dell’Udc sostenendo che si dovranno trovare accordi con il partito di Pier Ferdinando Casini. Tra i leader dell’Udc e quello del Pdl restano ruggini, ma Berlusconi in questo momento ha interesse a recuperare un rapporto con i centristi per dimostrare che l’attuale centrodestra ha ancora capacità espansiva, per ”cementare” la sua leadership politica non ancora del tutto salda dopo i noti fatti che hanno riguardato la sua vita privata e per usare l’Udc in funzione anti-Lega che vorrebbe propri candidati in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

Ovviamente nella testa del Cavaliere l’eventuale intesa in chiave ”regionali” con l’Udc sarebbe destinata a proiettare ombre anche sulla maggioranza che di fatto, se si troverà un’intesa, dopo la primavera del 2010, sarebbe destinata ad allargarsi al partito di Casini. Quest’ultimo però resiste e di recente, in un articolo firmato con Francesco D’Onofrio, Casini ha volutamente sottolineato l’esigenza di dare «massima autonomia alle realtà locali». Come dire, per le regionali sono possibili intese a tutto campo con il Pdl ma anche con il Pd.

Il Sud - Anche se Casini non ha interesse a ”legarsi” ora le mani, Berlusconi potrebbe accontentarsi di giocare l’Udc contro la Lega e, soprattutto in questa fase, contro Lombardo e il presunto partito del Sud. Magari per arrivare alla sostituzione di Lombardo, previa apposita leggina, visto che i ”dissidenti” Miccichè, Martino e Prestigiacomo, paiono recuperati grazie all’opera di Dell’Utri.

Il Pd - Resta da risolvere il rapporto con il principale partito d’opposizione. Com’è suo solito, Berlusconi preferisce non entrare nelle dispute degli altri partiti, ma è rimasto negativamente impressionato dalla riproposizione da parte di Franceschini della legge sul conflitto d’interessi. Secondo i più stretti collaboratori del premier, il dialogo con il nuovo leader del Pd sarà tanto più facile quanto più sarà in grado di rompere con Di Pietro. In questo senso potrebbe essere Bersani l’interlocutore al quale sottoporre la prospettiva di una stagione di riforme istituzionali che consolidi il bipolarismo.

L’Aquila - Il ”conclave” di maggioranza annunciato dal premier prima del G8 si terrà a Coppito il 6 e 7 agosto a quattro mesi dal terremoto. Non sarà una ”verifica” come teme Bossi, ma quella che qualcuno ha già definito una ”messa cantata” dove tutti i ministri diranno quello che di buono anno fatto e illustreranno i propositi dei prossimi mesi. Seguirà consiglio dei ministri. 
 
da ilmessaggero.it


Titolo: CASINI. "Voto anticipato? Un fronte unico anti Silvio"
Inserito da: Admin - Dicembre 12, 2009, 03:36:10 pm
12/12/2009 (7:47)  - INTERVISTA AL LEADER DELL'UDC

Casini: "Voto anticipato?

Un fronte unico anti Silvio"
   
Proposta a Pd e Idv: alleati a difesa della democrazia


CARLO BERTINI
ROMA

Se Berlusconi vuole andare al voto anticipato sappia che si troverà di fronte alle urne uno schieramento repubblicano in difesa della democrazia». Nel suo studio al quinto piano di Montecitorio dove si gode una vista magnifica sui tetti di Roma, Pier Ferdinando Casini distende le gambe su un tavolino sorseggiando un tè con l’aria di chi si sente «in forma smagliante».

E tra un ragionamento e l’altro, Casini non lesina stoccate: dà del «paranoico» al premier, «con simpatia s’intende»; avverte Formigoni che per allearsi con l’Udc alle regionali deve dimostrare di non essere succube della Lega. E annuncia che appoggerebbe Emiliano con il Pd in Puglia anche se Vendola si presentasse lo stesso.

Casini, cosa c’è in fondo al tunnel? Perché questi strappi continui del premier?
«L’unica strategia plausibile è che ritenga di andare al voto anticipato, non c’è altro modo di spiegare un comportamento così dissennato. Così trasmette un’immagine di sua insicurezza e di precarietà dell’Italia. E’ chiaro che in queste condizioni una richiesta di elezioni anticipate farebbe emergere uno schieramento repubblicano a presidio della democrazia. E poiché penso che la democrazia sia un valore io mi schiererei “senza se e senza ma” in sua difesa».

Sta dicendo che se la situazione precipitasse lei farebbe fronte comune alle elezioni con il Pd e Di Pietro?
«Innanzitutto dico che uno schieramento repubblicano dovrebbe interpellare le coscienze di tanti parlamentari della Pdl, che non credo possano accettare una deriva di questo tipo. Aggiungo che una divisione del Paese così lacerante sarebbe perniciosa e mi auguro che Berlusconi non segua questa strada. Ma un caso del genere richiederebbe una risposta inedita rispetto a quelle che si sono prefigurate fino ad oggi. Osservo però che minacciare le elezioni anticipate non significa averle».

Se il Capo dello Stato, in caso di dimissioni del premier, desse un incarico a Fini per un governo istituzionale lei lo voterebbe?
«Chi guida un esecutivo lo decide solo il presidente della Repubblica. E’ chiaro che noi saremmo disponibili a una soluzione istituzionale e continuo a mantenere la mia convinzione che in cinque minuti si potrebbe fare un governo».

Cosa spinge Berlusconi a confliggere con Fini e Napolitano?
«Lui ha una certa allergia alla diversità. Ieri toccava a me, oggi a Fini e domani a qualcun altro. Preferisce un governo a sua immagine e somiglianza. Ma ritenere che questo presidente della Repubblica sia parte di una contesa contro Berlusconi è una fuga dalla realtà. Siamo alla paranoia generalizzata. Che dovrebbe fare Napolitano? Inveire contro i giudici? La deposizione di Graviano dimostra poi che il meccanismo in essere è di garanzia per tutti. E’ una deriva inconcepibile a quindici anni dalla discesa in campo con cento voti di maggioranza. Dov’è questo complotto?».

A proposito, a lei è mai venuto in mente di bonificare i suoi uffici quando era presidente della Camera?
«Sono cose ordinarie, sì l’ho fatto anche io. Ma lo fanno anche a Palazzo Chigi».

Fini, oggetto di attenzioni a destra e sinistra, è stato tirato per la giacca da Rutelli. Un errore o un salto in avanti?
«Io di Rutelli posso parlare solo per le cose giuste che fa. Quelle sbagliate non le commento. Non ho la pretesa di arruolare nessuno in un mio futuro Partito della Nazione, ma se si creeranno condizioni nuove, come dice la canzone, si scoprirà solo vivendo».

Abbiamo cominciato con le politiche, finiamo con le regionali che sono certificate da una data sicura e imminente. Appoggerà Formigoni in Lombardia? E voterebbe Emiliano in Puglia anche se Vendola si presentasse lo stesso?
«Contro Formigoni non abbiamo nulla. Ma se Formigoni vuole fare il “Re Travicello” della Lega ne prenderemo atto. Vedremo intanto se oggi a Milano firmerà con me in segno di solidarietà al cardinale Tettamanzi offeso dai leghisti. Per quel che riguarda la Puglia, ricordo che Emiliano è un sindaco e nella sua giunta c’è l’Udc. Poiché governa bene Bari credo che potrebbe governare bene la sua regione».

da lastampa.it


Titolo: CASINI. Il dopo Berlusconi è già iniziato (sic)
Inserito da: Admin - Dicembre 19, 2009, 11:08:01 pm
Il leader dell'Udc all'assemblea nazionale delle Regioni

Casini: «Troppo odio e veleno in chi guida il Paese. Il dopo Berlusconi è già iniziato»

«Non possiamo lasciare il nord alla Lega che alimenta paure. Grandi riforme, anche con una costituente»


ROMA - «Basta con la caccia alle streghe, ai colpevoli. Ciascuno tolga le ali ai propri falchi, ce ne sono tanti in giro, non c'è solo l'odio militante di Di Pietro ma quello di tanti squadristi giornalistici». Pier Ferdinando Casini attacca chi in queste settimane ha seminato odio, e non risparmia critiche al presidente del Consiglio: «Se Berlusconi pensa di trascinare il Paese sulla strada dell'avventura e delle elezioni anticipate in un attacco dissennato al Quirinale e alla Consulta, dall'Udc avrà le risposte inedite che si merita. Il dopo Berlusconi è già iniziato: o grandi riforme o un grande galleggiamento che porterà il suo bagaglio di odio e rancori».

ODIO - Casini ha accusato chi governa il Paese di avere «troppo veleno». «Abbiamo sentito per troppo tempo il linguaggio delle divisioni del Paese: parole come ronde, medici spia, white christmas, caccia all’extracomunitario, insulti a Tettamanzi, i 100 mila fucili padani di Bossi: questo fa parte dell’armamentario ideologico del passato che genera odio e dà alibi a chi vuole seminare odio», ha aggiunto Casini. «Il nostro è un partito che non ha mai confuso l’avversario politico con il nemico. C’è troppo veleno da parte della classe dirigente che guida il Paese». Per Casini Berlusconi deve inaugurare una stagione che «non preveda la distribuzione di odio, l’accanimento contro gli avversari ma una fase contrassegnata dal rispetto reciproco. Sta a lui scegliere quale strada vorrà intraprendere: le spallate non servono, le scorciatoie nemmeno, noi lavoriamo per una democrazia normale».

NIENTE NORD ALLA LEGA - Sulle alleanze per le regionali della prossima primavera, il leader dell'Udc attacca l'idea di lasciare il nord in mano alla Lega. «Non svendiamo il Nord alla Lega, non accettiamo la decapitazione di Galan e del prefetto di Venezia. Chi guida il Paese non può amplificare le tensioni. Non può essere grancassa delle paure, della pancia che è anche dei nostri elettori. La Lega interpreta questo stato d'animo che c'è. La sinistra non capisce, perché contesta il presupposto che invece c'è». Sulle alleanze: «Vogliamo affrontare le regionali con molta serenità. Non abbiamo alcuna volontà di arruolarci in due eserciti che vogliamo sconfiggere. In molte regioni andremo da soli, in molte faremo alleanze perché non daremo soddisfazione a chi ci vuole ovunque da soli anche dove siamo in condizione di definire chi vince e perde. Andremo da soli dove ci pare, dove lo riteniamo opportuno, e in compagnia dove riteniamo ci siano le condizioni politiche».

RIFORME - «Per le riforme vogliamo una sede legittimata dal Parlamento nella quale ciascuno si assuma le proprie responsabilità, non una conventicola o un cenacolo privato».
Lo ha detto un combattivo Pier Ferdinando Casini, nel corso del suo intervento all'assemblea nazionale delle Regioni a Roma, rilanciando l'idea di un'assemblea costituente: «Chiamiamola come vogliamo, non possiamo impiccarci sulle formule».


19 dicembre 2009
da corriere.it


Titolo: Casini: «Subito un patto bipartisan per l'occupazione e le famiglie»
Inserito da: Admin - Gennaio 02, 2010, 11:53:08 am
Casini: «Subito un patto bipartisan per l'occupazione e le famiglie»

«Rovesciare le priorità partendo dall'emergenza economica. Servono nuovi ammortizzatori sociali, sono l'antidoto all'odio»


 di Carlo Fusi

ROMA (1 gennaio) - Mettiamola così: anche Pier Ferdinando Casini ha un suo ”messaggio di fine anno”. Eccolo. «Bisogna rovesciare le priorità del dibattito politico. Le riforme istituzionali vanno bene ma il punto centrale è la politica sociale. Serve un patto tra maggioranza e opposizioni per rivedere, allargandoli, gli ammortizzatori sociali».

Già, ma intanto si chiude un 2009 che passerà alla storia come l’anno dell’odio.
«Succede quando la politica evita i problemi veri, che sono quelli dell’occupazione e delle famiglie, e si avvita su se’ stessa rifugiandosi nell’autoreferenzialità. L’altra faccia della medaglia dell’odio è l’incapacità di risolvere i problemi. In più ci sono settori precisi che speculano sulle campagne di aggressività pensando di andare così all’incasso elettorale. Quando la gente è insoddisfatta, quando il clima sociale è pesante, è chiaro che chi urla e strepita ha maggiore visibilità».

E Antonio Di Pietro è il capofila di questo partito dell’aggressività?
«Guardi, diciamoci la verità: basta leggere alcuni giornali militanti nel campo della destra e sinistra per dire chi è senza peccato scagli la prima pietra. Di Pietro è il prodotto di un’idea patologica della politica che affonda nel giustizialismo, nella demagogia, nel populismo. Tuttavia sostenere che questo tipo atteggiamento è solo di Di Pietro, che ne detenga il monopolio... Beh insomma sento certi esponenti della maggioranza che usano le parole come mazze da baseball. Anche gente con responsabilità istituzionali che dunque dovrebbe avere più senso della misura».

Si riferisce al discorso di Cicchitto alla Camera? O ad altri?
«Non sta a me dare delle pagelle. Però dico una cosa: questo continuo evocare il dialogo dicendo a Bersani che però si deve liberare di Di Pietro, di Franceschini e quant’altro... Non che non ci sia del vero in questo, ma dirlo e ripeterlo così ossessivamente dà l’idea che il dialogo che si vuole perseguire è fatto principalmente per dividere gli altri. Quanto a Cicchitto, ha usato toni sbagliati, ma io lo conosco e so che crede al dialogo».

E lei al dialogo ci crede o no?
«Se ci si crede bisogna cominciare anche a capire le difficoltà degli altri. Capiamo che all’interno della maggioranza ci sono dei falchi che preferirebbero che tutto rimanesse così; e capiamo anche che all’interno del centro-sinistra ci sono due linee. Una di riformismo blairiano e un’altra di resistenza, ostile al cambiamento. E’ chiaro che bisogna aiutare i primi e non i secondi».

Ma quali sono gli antidoti alla stagione dell’odio? Da dove bisogna cominciare; qual è la cosa da fare subito?
«Occuparsi del lavoro e delle famiglie. Ci vuole un patto tra maggioranza e opposizione. E questo significa fare assieme una grande riforma degli ammortizzatori sociali».

”Fare assieme” cosa significa?
«Significa che il tema degli ammortizzatori sociali è fondamentale. Come pure quello di un salario minimo garantito per chi non ha lavoro. Sono tematiche su cui bisogna lasciar da parte gli interessi elettorali e pensare ai bisogni della gente che perde il lavoro. Occupazione e famiglia sono fronti sui quali serve un impegno comune. Poi le ricette possono essere diverse, ma è fondamentale che l’agenda politica li metta al primo punto. Sono convinto che in queste ore dobbiamo recuperare la centralità della questione sociale. Che lo scudo fiscale abbia rimpatriato molti capitali è positivo. Ma l’emergenza economica resta. Una parte di ceto medio sta scivolando nella povertà, sul quoziente familiare non è stato fatto nulla. E la disoccupazione non riguarda solo più i lavoratori dipendenti ma tocca anche il cosiddetto popolo delle partite Iva che non ce la fa più».

Le piace il ”nuovo” Berlusconi, più dialogante? La convince?
«Certamente Berlusconi sarà rimasto toccato dall’aggressione, inqualificabile, di Milano. Mi auguro che assuma una linea diversa da quella praticata nel primo anno e mezzo di legislatura. Dopo un inizio improntato a disponibilità, è via via scivolato negli attacchi al capo dello Stato e alla Corte Costituzionale, mentre la fazione dei militanti si scaglia contro il presidente della Camera. E’ stato un crescendo di accuse che, peraltro, non lo aiutano. Quando ci siamo visti l’ultima volta, un mese e mezzo fa a palazzo Chigi, glielo dissi chiaramente: Silvio, a te questa linea non ti conviene. Chi guida un Paese ha bisogno di infondere serenità».

Berlusconi ”toccato” dunque al punto da mettere definitivamente in gabbia i falchi?
«Mi auguro di sì. Tuttavia i buoni propositi non bastano. Alle parole devono seguire i fatti. Li aspettiamo».

E del Partito dell’amore che dice? Per lei sarebbe più attraente del Pdl?
«Considerato che ho qualche anno, mi fa tornare in mente Cicciolina. Il partito dell’amore è una sciocchezza».

Ci crede al ”doppio binario”: lavoro bipartisan sulle modifiche costituzionali e poi il centro-destra si fa da solo la riforma della giustizia?
«Quel che credo è che è necessario realizzare un clima positivo. Bisogna essere realisti: è molto difficile pensare che i due problemi possano essere separati. Un clima da grande riforma non è un fatto tecnico, è un fatto politico. Non si può chiedere all’opposizione di fare la riforma della giustizia all’unanimità, e anche la maggioranza riconosca che se c’è almeno da un pezzo dell’opposizione la disponibilità a concorrere alla soluzione, ci deve essere un atteggiamento altrettanto positivo».

E in pratica cosa vuol dire?
«Semplice. Che tatticamente il centro-destra tenga in campo il processo breve si può anche capire. A patto, appunto, che sia solo un fatto tattico. In altri termini o cambiano la norma stabilendo che non viene applicata ai processi in corso oppure è chiaro che diventa inaccettabile».

Le piace l’idea di riproporre l’immunità parlamentare sul modello Maccanico?
«C’è già l’immunità europea, non c’è bisogno di ripescare nessuno».

Scusi, ma se davvero il treno delle riforme dovesse partire, non temete di rimanere schiacciati nella tenaglia dell’accordo tra Pdl e Pd e risultare irrilevanti?
«In teoria il rischio c’è. In pratica, stiamo parlando del nulla. Perderemmo in credibilità se diventassimo un ostacolo per le riforme. Il partito della Nazione è una forza di ricostruzione: anche se perdiamo un po’ in termini di potere di interdizione non possiamo che investire su un clima da grandi riforme. Noi giochiamo una partita diversa, noi stiamo facendo un investimento verso il futuro. Se puntassimo all’incasso, sceglieremmo la comodità di un accordo elettorale con il Pdl. Invece scommettiamo sulla disgregazione dei due partiti maggiori che sono nient’altro che accozzaglie elettorali. Finora questa scommessa invece che marginalizzarci ci ha reso centrali. L’Udc è stato uno dei pochi partiti che ha concorso con atti concreti alla serenità istituzionale. Ci siamo presi la briga di presentare una proposta di legge come il legittimo impedimento finalizzata a risolvere un problema di Berlusconi. Da una forza di opposizione cos’altro si pretende?».

La accusano di essere il campione del trasformismo. La fa arrabbiare?
«Mi lascia del tutto indifferente. Il trasformismo è ciò che accade in Sicilia, con i voti presi da una parte e portati dall’altra. E’ talmente sotto gli occhi di tutti il fatto che sono uno dei pochi politici che per difendere le proprie idee ha rinunciato al potere. Sono andato da solo alle elezioni, sono stato l’unico a cantare fuori dal coro. Ho rinunciato a posti sicuri per me per il mio partito. Il problema è che chi ci chiede un’alleanza strutturale punta strumentalmente ad arruolarci sotto le sue bandiere, siano esse del Pdl o del Pd. Che è proprio l’unica cosa che non abbiamo intenzione di fare. Lo dico a uno per tutti: Roberto Formigoni. Appaltare tutto il Nord alla Lega non ci interessa».

Intanto alle regionali fate alleanze a macchia di leopardo. Prendiamo la Puglia. Cosa fate, aspettate Emiliano?
«Quel che sta accadendo in Puglia ha una valenza enorme, è di una gravità incredibile che va bel oltre il braccio di ferro tra due persone. Sembra di essere tornati al post ’68, tentando di bloccare la libera scelta di un partito facendo scendere in campo i propri militanti. E’ una cosa di violenza morale inaudita. Emiliano guida una giunta dove c’è anche l’Udc. Noi abbiamo lavorato con D’Alema per un progetto riformista che facesse emergere la centralità del Mezzogiorno. Quel che oggi in Puglia è contestato non è l’alleanza con l’Udc bensì l’idea di una sinistra moderata e moderna».

Insisto: ora che si fanno le primarie l’Udc parteciperà votando Emiliano?
«Che qualcuno lo possa fare è un conto, ma noi ufficialmente non ci stiamo. Le primarie sono come i gazebo di Berlusconi, è il populismo allo stato puro. Con Vendola non ci andiamo, se il Pd facesse quella scelta si chiuderebbe ogni possibilità di accordo».

E nel Lazio chi appoggerete?
«Prenderemo una decisione dopo la Befana. Ma una cosa è chiara: non stipuleremo alleanze bensì accordi con candidati Presidenti che dimostrino autonomia dalle loro coalizioni e libertà di giudizio».

Scusi: Zingaretti o la Polverini?
«Sono due candidati di altissima qualità. Però mi risulta che uno dei due non sia disponibile».

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da ilgazzettino.it


Titolo: CASINI. «Gli attacchi del Giornale? C'è libertà di stampa. Viva Feltri»
Inserito da: Admin - Gennaio 06, 2010, 04:22:12 pm
Casini: «Gli attacchi del Giornale? C'è libertà di stampa. Viva Feltri»
 
                 
ROMA (5 gennaio) - «Io credo a dei principi e uno di questi, sacrosanti, è la libertà di stampa: Feltri mi attacca? Viva Feltri». Lo ha detto il leader dell'Udc Pierferdinando Casini replicando a chi gli chiedeva, durante una conferenza stampa, del titolo di oggi del Giornale: "Casini, che
banderuola".

«L'importante - ha concluso Casini - è che continuiamo ad avere una stampa che possa attaccare chiunque. Feltri pensa che io sia un pericolo per la democrazia, un trasformista, quello che pensa, mi vuole attaccare? Fa bene ad attaccarmi».

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da ilmessaggero.it


Titolo: CASINI. «Il Pd scelga tra riformismo e veti dell'ultrasinistra»
Inserito da: Admin - Gennaio 06, 2010, 04:23:36 pm
Regionali, Casini: «In Puglia pronti a sostenere Boccia»

«Il Pd scelga tra riformismo e veti dell'ultrasinistra»

Ma Vendola non molla e insiste sulle primarie

 
ROMA (5 gennaio) - L'Udc è pronto a sostenere la candidatura del Pd Francesco Boccia. Lo stato maggiore del partito si è riunito oggi per affrontare il nodo delle alleanze in Puglia, in vista del voto delle regionali.

«Siamo pronti a sostenere Boccia ma vogliamo capire se il Pd vuole fare la stessa cosa. Basta con i balletti - ha spiegato il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini al termine della riunione del vertice del partito -. Noi in coerenza con la nostra impostazione politica diciamo che appoggeremo Boccia e che siamo pronti anche a perdere le regionali, ma nella chiarezza. Non perdiamo altro tempo - continua Casini - basta inutili esplorazioni ed evocazioni di primarie e altri diversivi: Boccia presenti subito la sua coalizione. Vendola faccia quello che vuole ma usciamo da questo gioco che ci sta impantanando e sta delegittimando la politica pugliese. Il Pd deve scegliere tra la strada dei riformismo e quella che la tiene paralizzata dai veti dell'ultrasinistra».

Casini aveva chiarito da tempo che non intende appoggiare il governatore uscente Vendola, che tuttavia per ora resta in campo e continua a chidere le primarie. Il Pd ha dato ieri mandato a Boccia di costruire un'alleanza larga sulla sua candidatura alla presidenza della regione e sulla quale ora potrebbe convergere l'Udc.

«Boccia è un moderato, che per noi può presentare immediatamente una coalizione che non rimanga imprigionata nei veti dell'ultrasinistra radicale. Le 48 ore servono ma a dare una risposta chiara e definitiva da parte del Pd», afferma l'Udc, nel comunicato finale diffuso al termine della riunione dei vertici convocata proprio per sciogliere il nodo delle regionali in Puglia. «L'Unione di centro pugliese - si legge nella nota - riunita con i vertici nazionali, ha preso atto dell'incarico esplorativo affidato dal Pd all'onorevole Boccia. Ritiene che siano finiti i tempi dell'indugio e dei tatticismi, e che il popolo pugliese meriti da parte dei partiti l'assunzione piena e precisa delle proprie responsabilità. In Puglia le elezioni provinciali hanno creato alleanze riformiste per il Mezzogiorno: l'Udc ritiene che il Pd sia chiamato a mettere alla prova la propria volontà di creare un cammino nuovo sulla strada della politica italiana. Per questo - si prosegue - basta inutili esplorazioni. Basta evocazioni di primarie. Basta con altri diversivi. Boccia è un moderato che per noi può immediatamente presentare una coalizione».

L'Idv: «In Puglia il Partito democratico dica qual è il suo candidato e lo appoggeremo. Non cerchi nell'Italia dei valori la scusante per le proprie indecisioni e incomprensioni interne». Lo ha detto il leader di Idv, Antonio Di Pietro. «L'Idv - ha aggiunto Di Pietro - appoggia Vendola se lo ricandidano, sarebbe felice di appoggiare Emiliano, appoggia Boccia: appoggia quel candidato che, in maniera democratica atttraverso le primarie oppure come scelta di responsabilità attraverso la decisione del partito, essi intendano proporre».

Marche: Pd e Udc vicini sul programma. Tra il Pd e l'Udc delle Marche ci sono «larghissime convergenze sul piano programmatico».
Lo ha detto il segretario del Pd Palmiro Ucchielli, a margine dell'incontro con il «collega» dell'Udc Antonio Pettinari, il primo tra i due vertici di partito per esplorare la possibilità dell'ingresso dei centristi nell'allenza di centrosinistra che sostiene il governatore Gian Mario Spacca.
 
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da ilmessaggero.it


Titolo: CASINI. Io lavoro per modificare l'assetto della politica
Inserito da: Admin - Gennaio 08, 2010, 10:51:01 am
Il leader Udc: "Non vogliamo essere arruolati Io lavoro per modificare l'assetto della politica"

Casini: "In Puglia il primo laboratorio ma non guiderò un'armata Brancaleone"

di FRANCESCO BEI


ROMA - "La Puglia è la cartina di tornasole". Pier Ferdinando Casini ne è convinto, quella regione "può essere davvero un laboratorio nazionale" per capire come evolve l'assetto politico. Lì l'Udc sostiene il candidato del Pd Francesco Boccia, mentre nel Lazio la scelta è caduta Renata Polverini.
Casini, si dice che abbiate fatto la vostra scelta a favore della finiana Polverini per dare una mano al presidente della Camera nel suo confronto con Berlusconi. C'è del vero?
"Dietrologie. Ci sono in campo due candidate serie, la Bonino, che ha fatto benissimo come commissario europeo, e la Polverini. Abbiamo privilegiato la Polverini per la maggiore sintonia che c'è sulle questioni sociali e perché abbiamo apprezzato l'atteggiamento anche severo che ha avuto con il governo come leader sindacale".
Il Pdl immagina che sia un primo passo per il vostro rientro nel centrodestra.
"Noi abbiamo scelto il candidato Polverini, non la coalizione. Questo non implica alcuna conseguenza né sugli schieramenti nazionali né alcun impegno su livelli amministrativi diversi, come le province o il comune di Roma".
La Bonino vi chiede: perché appoggiate la Bresso in Piemonte e non me?
"La differenza per me è chiarissima e si chiama Roberto Cota. Il Piemonte è un tassello della svendita del Nord alla Lega".
Ma lei ci si vede in futuro in uno stesso partito insieme a Gianfranco Fini?
"Mettevi d'accordo! Un giorno mi indicano come futuro leader del centrosinistra, adesso dovrei fare un partito con Fini. La verità è che io sto lavorando a modificare l'assetto della politica italiana perché questo bipolarismo non ci piace. Tutti vorrebbero intrupparci, ma finora non ci sono riusciti".

Non ha risposto alla domanda su Fini...
"Tra me e Fini c'è sempre stata sintonia, tranne quando decise di aderire al Pdl. Ma lui adesso sta conducendo la sua battaglia dentro il Pdl e, come si dice, tra moglie e marito non mettere dito: nelle diatribe tra Fini e Berlusconi io non voglio entrare".
E invece è possibile immaginarla come futuro candidato premier del centrosinistra?
"Se il centrosinistra è un'armata Brancaleone come quella messa in piedi da Prodi, per me questa possibilità non esiste né ora né mai".
Claudio Scajola vi accusa di praticare la politica dei due forni, Feltri vi definisce "banderuole".
"Dal loro punto di vista fanno benissimo ad attaccarci su questo. Noi pratichiamo la politica dei due forni perché non vogliamo essere arruolati né con gli uni né con gli altri. Scajola fa finta di non capirlo, quanto a Feltri... il direttore del Giornale interpreta la pancia del centrodestra, ma io non cambio certo idea perché Feltri mi insulta".
In Puglia sostenete il pd Francesco Boccia. State lanciando, come dice Vendola, un'Opa sui democratici?
"Evidentemente Vendola finora è stato sulla Luna, oppure era troppo impegnato a occuparsi della sua regione per non accorgersi che a scaricare la sinistra comunista è stato Veltroni nel 2008, non Bersani né tanto meno Casini. La verità è che è in atto un tentativo di bloccare la svolta riformista del Pd: c'è chi vuole far perdere a tavolino la linea sancita dalla segreteria Bersani".

Un boicottaggio di Bersani dall'interno del Pd?
"Vedo un revanscismo postumo rispetto alla linea uscita vincente dal Congresso. Che non è la linea D'Alema ma è la strategia costitutiva del Pd, visto che fu proprio Veltroni a scaricare Rifondazione".
Perché date così tanta importanza alla Puglia?
"Perché è una cartina di tornasole, potrebbe essere veramente un laboratorio nazionale. Sia perché si vedrà se il Pd è capace di rendersi autonomo dalla spinte massimaliste, sia perché proprio in Puglia stanno scoppiando anche le contraddizioni interne al centrodestra".
Berlusconi annuncia che il 2010 sarà l'anno delle riforme. Solo propaganda?
"Che sia propaganda o meno, abbiamo il dovere di sederci e andare a vedere le sue carte. Le riforme servono al Paese, il problema semmai è il contenuto".
Bersani apre al confronto ma dice di no a uno "tsunami" di leggi ad personam.
"Bersani fa bene a mettere i suoi paletti e noi metteremo i nostri. L'importante è chiudere una stagione in cui ciascuna maggioranza si faceva le sue riforme: una tentazione perniciosa che vedo riaffacciarsi nel Pdl e che porterà a fare soltanto riforme instabili".
 

© Riproduzione riservata (08 gennaio 2010)
da repubblica.it


Titolo: Casini: «Basta con le piazze populiste Berlusconi fa spot, i problemi restano»
Inserito da: Admin - Marzo 14, 2010, 03:20:30 pm
Casini: «Basta con le piazze populiste Berlusconi fa spot, i problemi restano»
               
di Claudio Rizza


ROMA (13 marzo) - Dica la verità, presidente Casini, l’unica piazza che le piace è S.Pietro.
«No, siamo sempre in piazza. Non c’è niente di più democratico delle piazze gioiose, rispettose, che affermano le proprie idee. Il problema è un altro».
Quale?
«Che le piazze hanno sostituito la politica. Il populismo ha preso il sopravvento sia su chi dovrebbe risolvere i problemi degli italiani, cioè Berlusconi; e su chi, invece di delineare una proposta alternativa, si riunisce ancora contro qualcuno, cioè Bersani e Di Pietro».
Quanto pesa la piazza?
«Credo che la maggioranza degli italiani sia stanca di piazze. Si trova alle prese con questioni sempre più incandescenti e invece di soluzioni è subissata di spot».
Faccia un esempio.
«Il calo del Prodotto interno lordo non è mai stato così pronunciato dagli anni ’70. Il premier dice che il peggio è passato: non so se sia una prova di fede o di avventatezza. Da mesi dicono che la crisi non c’è, ma tanti perdono lavoro, non sono coperti dagli ammortizzatori sociali, artigiani e commercianti non ce la fanno a pagare gli studi di settore, agricoltori in ginocchio...».
E dunque la piazza a che serve?
«A fare appello ai sentimenti più retrivi per cercare di mobilitare gli elettori non “per” qualcosa ma “contro” gli altri».
Un vantaggio per voi moderati, no?
«Almeno rende chiare le ragioni per cui pensiamo che il bipolarismo vada messo in soffitta. Nella metafora delle due piazze c’è un Paese che non sa guardare avanti ma continua a guardare sempre indietro. Da un lato c’è uno schieramento come il governo Prodi, in versione rinnovata; dall’altro c’è Berlusconi che dà il meglio di sé in piazza perché non riesce a risolvere i problemi e a mantenere le promesse fatte agli elettori».
Allude agli “spot”?
«Secondo la realtà virtuale abbiamo due sole aliquote Irpef, l’abolizione dell’Irap, un piano casa straordinario per l’edilizia... ma non è successo nulla. Per non parlare della mitologia sulle ronde».
In compenso c’è adesso un allarme brogli.
«Se questa è un’altra precostituzione di un alibi, la situazione per questo Paese è mortificante».
E poi c’è il premier che parla di complotto.
«Se avessi raccolto le interviste di uomini del Pdl che hanno parlato della “banda di incapaci” che non è riuscita a presentare le liste giuste... siamo al ridicolo. E’ l’unico Paese dove c’è la manifestazione contro se stessi da parte di chi governa».
I sondaggi danno il Pdl in calo, Berlusconi tenta di recuperare il suo elettorato, no?
«La manifestazione sarà un problema suo. Noi siamo impegnati a sostenere la Polverini, convinti che sarebbe il miglior governatore. Umilmente noto due cose. La prima: la Bonino sostiene che la battaglia è tra lei e Berlusconi? Non cadiamo in questa trappola, la battaglia è tra i programmi e i valori della Polverini e della Bonino. Niente altro. Anche chi contesta Berlusconi cade nella trappola di politicizzare le elezioni: queste sono le regionali, non le politiche».
E la seconda?
«E’ un suggerimento: mi sembra che far sventolare le bandiere della Lega non sia il miglior viatico per aiutare la Polverini. Se quelli di “Roma ladrona” non vengono, forse ci fanno una cortesia».
Dei sondaggi che vedono 4 regioni in bilico e un 6 a 3 per il centrosinistra che dice?
«I sondaggi sono solo sondaggi, comunque dimostrano che c’è una certa parità nel Paese e che noi siamo determinanti. Non è vero che l’Udc è andata con chi vince, ma vince chi è alleato con noi».
Il Tar ha appena bocciato la delibera sulla par condicio togliendo il bavaglio alle tv commerciali che potranno trasmettere trasmissioni politiche sulle elezioni. Giusto?
«Certe cosE capitano solo da noi. Si tratta di una limitazione seria della democrazia. Che non si possano fare in Italia trasmissioni tv nell’unico periodo in cui servono, per permettere ai cittadini di farsi un’opinione, è allucinante. Lo si fa perché si ritiene di controllare i tg che danno un’informazione addomesticata come quella che vuole il governo».
Non è un autogol?
«Penso che il troppo stroppia, che alla lunga la gente queste cose le capisce. Ho una certa fiducia, e forse questi sondaggi in discesa del Pdl dipendono anche da quello che stiamo dicendo».
Nell’ultimissimo scandalo intercettazioni, tra il premier e l’Agcom, il direttore del Tg1 sostiene che anche lei lo chiama spesso, non solo Berlusconi.
«Spero pubblichino tutte le telefonate che gli faccio».
Torniamo alle Regionali. Prevedono che la Lega si rafforzi al Nord.
«Questa formula politica le ha consentito di essere arbitra della politica italiana. Lo sosteniamo da sempre».
E di Bersani che pensa?
«Persona perbene e politico serio. Ma non è un mago, subisce le contraddizioni di guidare un partito diviso in tre: alcuni vanno in piazza con la testa e col cuore, altri solo con la testa e altri non ci vanno proprio. Naviga tra il tentativo generoso di convergenze nuove di governo anche con noi, e la convivenza con Di Pietro e la sinistra estrema».
Cosa gli contesta?
«Rimprovero al Pd di non prendere le misure a Di Pietro. Non pretendo che non ci parlino, ma se gli consentono di menare la danza e fanno capire che c’è una subalternità psicologica, perché si preoccupano che Di Pietro eroda il loro elettorato, allora non va. Il problema è di capire se i comportamenti politici di Di Pietro aiutano l’alternativa o no. Chi chiede l’impeachment per Napolitano o chiede di non firmare il legittimo impedimento, aiuta oggettivamente Berlusconi».
Anche voi, alla fine, non avete votato il legittimo impedimento.
«Ci saremmo astenuti, ma il voto di fiducia ci ha costretti a dire no. Non è una pagina esaltante, è il male minore. Quando eravamo alleati di Berlusconi abbiamo ritenuto che ci fosse un certo accanimento giudiziario. Siamo persone perbene e non abbiamo cambiato idea solo perché ora siamo all’opposizione. Però è un errore gravissimo concorrere a delegittimare la magistratura, fare di tutta un’erba un fascio, è un aiuto ai corrotti e ai ladri. E’ inutile fare leggi anti corruzione se poi si fornisce l’alibi a chiunque venga trovato col “sorcio in bocca” di potersi dichiarare perseguitato dai giudici».
Per finire, vi avvantaggia a Roma la mancanza della lista pdl per la Polverini?
«Dico di no, serve a pochissimo. Ci sono tante liste di supporto alla Polverini. Noi siamo convinti che lei possa avere una chance di governare il Lazio e siamo fortemente impegnati per lei. L’alleanza che la sostiene va oltre il Pdl. E grazie a Dio non contiene la Lega».
 
da ilmessaggero.it


Titolo: CASINI si schiera al fianco di Fini: "C'è stato squadrismo intimidatorio"
Inserito da: Admin - Agosto 05, 2010, 06:49:14 pm
5/8/2010 (12:41)  - GOVERNO - NUOVI EQUILIBRI

Casini si schiera al fianco di Fini: "C'è stato squadrismo intimidatorio"

Il leader centrista: «Non è nato un nuovo polo, stiamo dando voce a un'esigenza crescente»

ROMA

C’è uno «squadrismo intimidatorio» nei confronti di Gianfranco Fini. A denunciarlo, in trasparente riferimento alle notizie di stampa sul patrimonio del leader di Futuro e libertà per l’Italia, è Pier Ferdinando Casini.

«Non mi piace lo squadrismo intimidatorio che sta emergendo su una vicenda relativa al Presidente del Consiglio», ha detto il leader dell’Udc durante una conferenza stampa alla Camera dei deputati. «Un conto è la questione morale e un altro che essa venga agitata come strumento di lotta politica. È degradante». Casini ha anche stigmatizzato l’abitudine ad accusare i politici quando sono avversari e scusarli quando sono alleati. «È un preoccupante doppiopesismo che non fa onore a chi lo alimenta», ha detto.

«L’evocazione così superficiale di elezioni anticipate sarebbe una fuga dalla responsabilità del tutto incongrua» aggiunge Casini. «Berlusconi oggi ha due strade davanti. Se vede l’impossibilità di governare fa bene ad andare al Quirinale a dimettersi», ha detto Casini incontrando i giornalisti alla sede dell’Udc alla Camera dei deputati. «L’altra strada, che secondo noi è più seria, è confrontarsi con le novità emerse ieri» con il voto della Camera sul sottosegretario Caliendo. «Farebbe molto male il Presidente del Consiglio a non vedere quello che è successo ieri in aula. Non è nato un nuovo polo o il grande centro, ma si è data voce ad un’esigenza che nel paese sta montando giorno dopo giorno. Un’area di responsabilità nazionale che nasce non per sfasciare ma per ricucire il paese». Casini ha precisato: «Non abbiamo affatto paura di elezioni anticipate, ma dopo due legislature durate due anni riproporne una terza sarebbe una prova di totale irresponsabilità».

Casini ha ribadito: «Un governo di responsabilità nazionale sarebbe indispensabile per risolvere le difficoltà degli italiani».
Il leader dell’Udc ha poi sottolineato: «Invito il Pd e il Pdl a prendere atto della novità politica emersa. Devo dire che è stato più rapido il Pd a capire, perché dalla maggioranza siamo ancora agli anatemi e alle scomuniche».

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201008articoli/57366girata.asp


Titolo: CASINI. Al Paese non serve un'amnistia
Inserito da: Admin - Agosto 29, 2010, 10:59:52 am
INTERVISTA

Casini: non voteremo quel testo

Al Paese non serve un'amnistia

Il leader udc: non entriamo in un governo dove l'unico che conta è Tremonti


«Dove eravamo rimasti? Al predellino, quando ci venne spiegato che i moderati fuori dal Pdl non avrebbero avuto diritto di cittadinanza? Al bipartitismo, quando Veltroni e Berlusconi ci additarono come sbocco della transizione italiana la terra promessa di due partiti unici? Invece tutto è andato nella direzione da noi denunciata. Il goffo tentativo di ridurre la politica italiana al bipartitismo ha posto sul piedistallo due grandi vincitori: non il Pd e il Pdl, ma Di Pietro e la Lega».

Presidente Casini, è la sua estate. Tutti la cercano. Berlusconi la voleva al governo. Bersani la vuole nell'Alleanza democratica.
«È l'estate in cui si tocca con mano quel che diciamo da tempo: la Lega è diventata l'arbitro della politica italiana. Per fortuna Berlusconi ha impedito le elezioni anticipate, e ha fatto bene. Il voto in autunno sarebbe stato non solo un'ammissione di responsabilità da parte del Pdl, costretto a interrompere la legislatura dopo due anni come Prodi, nonostante i cento deputati di maggioranza. Berlusconi ha capito che sarebbe stato la vittima designata. Avrebbe trainato la coalizione alla vittoria alla Camera, impallando il Senato. A quel punto la Lega e una parte della sinistra avrebbero fatto nascere il governo Tremonti».

Tutto questo non toglie che prima o poi lei dovrà scegliere in quale alleanza entrare.
«Tutto questo dimostra che la gente comincia a riflettere sulle nostre idee, a lungo considerate minoritarie. È sempre brutto far la parte di chi l'aveva detto. Eppure è proprio così: noi l'avevamo detto. Due anni fa, abbiamo preso i nostri stracci e abbiamo condotto una corsa disperata, fuori dal Pdl. Ora ci chiedono di entrare al governo? Ma in questo governo l'unico che conta è Tremonti. C'è un problema di squilibrio istituzionale, con il ministero dell'Economia che ha inglobato cinque o sei ministeri della Prima Repubblica, da ultimo le Attività produttive, ormai ridotte a un simulacro. E c'è un problema di squilibrio politico: Tremonti è il garante della Lega al governo».

È proprio quel «simulacro di ministero» che vi ha offerto Berlusconi.
«Al governo non si va per soddisfare vanità. Grazie a Dio, le mie vanità me le sono tolte tutte, e continuo a soddisfarle. Al governo si va per incidere politicamente. E oggi ci sarebbe consentita solo la parte del parente povero. Aggiungere un posto a tavola non servirebbe né a chi lo mette, né a chi lo riceve».

Ma è Bossi che non vi vuole. Dice che state in mezzo per intercettare le poltrone.
«Bossi ha passato l'estate a insultarmi. Io preferisco replicare con i ragionamenti. È vero il contrario. Noi, alla faccia della "logica democristiana", siamo l'unico partito all'opposizione da due legislature. Prima con Prodi, ora con Berlusconi. Il partito della nazione non nasce per aggiungersi agli uni o agli altri. Nasce ponendo una domanda: è possibile essere protagonisti in politica nel nome della dignità e della responsabilità? Perché Fioroni e Pisanu devono stare in due partiti diversi? Quale linea, quali valori, quale programma li divide, se non l'idea che alimentano gli uni e gli altri alternativamente per cui da una parte c'è il regno del bene e dall'altra il regno del male? Il partito della nazione nasce perché l'Italia si sta disgregando. E in un Paese disgregato le grandi scelte di modernizzazione non si fanno, perché costano. Prendiamo il nucleare. Noi siamo favorevoli. Ma com'è possibile pensare di poterlo fare senza un accordo bipartisan? Che succede se tra qualche anno c'è una nuova maggioranza a cui il nucleare non sta bene? Si torna indietro? Questi sono temi su cui non si può scherzare».

Per un accordo vasto ci vorrebbe un nuovo governo.
«Il governo di responsabilità nazionale che noi abbiamo evocato non è il governo di tutti contro Berlusconi e Lega. Non è la vendetta contro chi ha vinto le elezioni. Ma non è nemmeno il governo di prima, con Casini al posto di Fini. Sarebbe umiliante. Vedo che provano a blandirci sbandierando i valori, l'identità cristiana. Ma a noi non interessa questo esibizionismo valoriale, usato o per compiacere le gerarchie ecclesiastiche o per innestarvi sopra operazioni politiche. Noi difendiamo i valori, e proprio per questo non ci piace il mercimonio».

A cosa si riferisce?
«Vedo che i temi della bioetica vengono affrontati a volte con una logica emergenziale, come nel caso di Eluana, in cui si voleva fare una legge in 24 ore, e poi vengono trascurati per mesi, per poi essere rispolverati strumentalmente al fine di costruire un'alleanza politica. Ma sui temi etici non si costruiscono né alleanze, né steccati».

Ma lei con chi lo vuol fare il partito della nazione?
«Il partito della nazione è un processo. Non ho la bacchetta magica, non fondo partiti a tavolino come Berlusconi. È chiaro che ci sono interlocutori naturali, come Rutelli. Spero poi che dalla società civile qualcosa si muova. Ma non entro nel gossip dei nomi. Anche perché molti esponenti della società civile vorrebbero entrare in campo a partita finita, quando si gusta la vittoria. Se si votasse domani mattina, questo partito avrebbe la necessità di candidarsi autonomamente; e allora tanti entusiasmi si appannerebbero. Cesa ha detto: noi azzeriamo l'Udc. Io dico: leviamo il mio nome dal simbolo, facciamo un grande concorso di idee per un simbolo nuovo. Più di così, cosa dobbiamo fare? Saranno i fatti a far maturare il resto».

Per Fini ci sarebbe spazio?
«Come presidente della Camera, Fini si sta comportando bene. Sul suo futuro politico, deve decidere lui. Non è in stato di minorità. Per ora, non si capisce se i finiani rientrano nel Pdl o fanno un partito. Senza sapere queste cose, come faccio a fare una proposta a Fini? Deve dire lui quel che vuol fare, agli italiani prima che a me. Certo, oggi vengono a galla le contraddizioni iniziali di un progetto politico in cui molti si sono fatti imbarcare senza crederci fino in fondo. Però sapevamo tutti com'è Berlusconi...».

Com'è Berlusconi?
«Io ho un rapporto di simpatia con lui. Tutto si può dire salvo che sia uno che non è scoperto nelle sue modalità politiche. E il modo in cui ha fatto il Pdl era indicativo di come l'avrebbe guidato. Paradossalmente, è più facile trattare con Berlusconi dall'esterno, come fa Bossi, che non nello stesso partito. Infatti non c'è giorno che non manifestino il loro disagio Rotondi e altri ex dc, che per mesi mi hanno svillaneggiato spiegandomi che fuori dal Pdl sarei stato irrilevante».

Ma lei potrebbe mai tornare con Berlusconi?
«C'è un doppio Berlusconi. C'è quello che a inizio legislatura pronuncia un discorso che valorizza il ruolo dell'opposizione, e concorre con il centrosinistra e con i togati a eleggere Vietti al Csm. E c'è il Berlusconi vittima del delirio di autosufficienza. Per fortuna ora ha capito la manovra di aggiramento che era in corso contro di lui. Maroni ha parlato di un'operazione per far fuori Berlusconi. Ha ragione, ma non erano certo Di Pietro e Bersani i manovratori; e Maroni dovrebbe saperne qualcosa di più di quel che fa finta di non sapere. Se a Berlusconi è servito brandire lo spauracchio dell'Udc per evitare la congiura, mi fa piacere per lui. Ma non basta dire che siamo insieme nel Ppe per fare un'alleanza. Il giorno in cui Berlusconi andasse alle urne, finita la legislatura, su percorso di decoro politico-istituzionale, si può discutere con lui. Ma se Berlusconi andasse al voto anticipato lanciando un appello al superamento della Costituzione, guidando una coalizione in cui conta solo la Lega e gli altri fanno tappezzeria, gridando contro i poteri forti, il capo dello Stato, la magistratura e la Corte costituzionale, è ovvio che noi non potremmo mai starci».

E il processo breve, glielo votate?
«Com'è uscito dal Senato, no. Noi siamo stati il partito che più di ogni altro si è fatto carico della specificità del ruolo di Berlusconi come presidente del Consiglio. Il legittimo impedimento l'abbiamo costruito noi, perché ci pareva importante far finire la stagione in cui Berlusconi e la magistratura erano avvolti in una contesa ormai patologica. Se vogliamo pensare a una tutela per le alte cariche, siamo disponibili. Ma cancellare centinaia di processi per farne finire uno o due sarebbe una follia. Di tutto il Paese sente il bisogno, tranne che di un'amnistia».

Aldo Cazzullo

29 agosto 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/10_agosto_29/casini-intervista-cazzullo_cac6e8fc-b335-11df-ac3b-00144f02aabe.shtml


Titolo: EMANUELE LAURIA Casini e l'esodo dei siciliani "Così mi libererò di un peso"
Inserito da: Admin - Settembre 14, 2010, 05:41:16 pm
UDC

Casini e l'esodo dei siciliani "Così mi libererò di un peso"

Nell'isola l'Udc ha il serbatoio più ricco di voti ma anche molti esponenti sotto processo.

Il capogruppo D'Alia: "I nostri elettori non vogliono impunità e tantomeno vendersi a Berlusconi"

di EMANUELE LAURIA


ROMA - "Se ne vanno? Mi libero di un peso". Lo sfogo di Pierferdinando Casini, in serata, culmina in una frase sofferta, che pone in secondo piano il disappunto per la perdita di un cospicuo serbatoio di voti e privilegia infine la questione d'immagine: via i Cuffaro, i Drago, i Mannino. Via il partito siciliano che maggiori guai ha avuto con la giustizia. Mafia o "semplice" peculato, condanne o clamorose assoluzioni dopo processi lunghi 16 anni come quello di Calogero Mannino.

"Tremavo all'idea di dovere ricandidare alcuni impresentabili", confida agli uomini più vicini il leader dell'Udc. Fine di una parabola: quella di Pier e della robusta stampella isolana. Casini liquida così la fronda ormai venuta allo scoperto. In uscita almeno cinque deputati e un senatore, tutti convinti che sia sbagliato chiedere le dimissioni di Berlusconi. Dietro c'è quasi per intero il potente gruppo all'Assemblea siciliana. Ma l'area del dissenso supera lo Stretto: uno dei "ribelli", alla Camera, è il campano Michele Pisacane.

Lo stato maggiore dell'Udc minimizza, anche perché per ridurre il danno sono stati contattati due parlamentari, uno dei quali è Ricardo Merlo, eletto all'estero. L'acquisizione si dà per fatta. Il capogruppo al Senato Giampiero D'Alia, messinese ma fedelissimo di Casini, sottolinea che "la stragrande maggioranza degli elettori siciliani non la pensa come Cuffaro e Mannino". E rilancia, in modo neanche tanto velato, la questione giudiziaria: "I nostri elettori sono stati felici della presenza di Piero Grasso alla festa di Chianciano - dice D'Alia - perché distinguono il garantismo dall'impunità e vogliono restare al centro senza vendersi a Berlusconi e Alfano per un piatto di lenticchie". Accuse durissime: Grasso, per inciso, è stato procuratore a Palermo durante il processo all'ex governatore Cuffaro.

E il finiano Fabio Granata affonda il coltello. Parlando di "fastidio" di alcuni esponenti dell'Udc siciliana per le parole del procuratore Grasso.

Cuffaro si chiama fuori: "Non prendo posizione. Oggi mi dedico solo alla mia vicenda giudiziaria".
Ma Saverio Romano, segretario siciliano dell'Udc e leader della fronda, proprio non ci sta: "Si sta strumentalizzando la presenza a Chianciano di Grasso: nessuno di noi ha provato fastidio. Casini - dice - ha perso la testa. Abbiamo solo espresso una posizione di dissenso che dovrebbe essere legittima all'interno di un partito. Ora ci vogliono buttare fuori". Romano assicura che i "dissidenti" siciliani non passeranno nel gruppo di transizione a sostegno di Berlusconi: "Io Nucara neanche lo conosco". Ma a fine mese ci sarà il discorso del premier in aula, un probabile appello ai deputati "responsabili", quindi la richiesta di un voto per andare avanti. E Romano non chiude la porta: "Ascoltiamo il presidente del Consiglio. Abbiamo il dovere di farlo".

(14 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/09/14/news/casini_e_l_esodo_dei_siciliani_cos_mi_liberer_di_un_peso-7050079/


Titolo: CASINI. Casini: niente alleanze con questo Pd.
Inserito da: Admin - Ottobre 18, 2010, 10:08:28 am
L'intervista Il leader udc: i manifesti contro Bonanni e Marchionne non sono l'alternativa a questo esecutivo

«Appello ai moderati dei due fronti Portiamo al governo le persone serie»

Casini: niente alleanze con questo Pd. Enrico Letta, Pisanu, Fitto e Follini venite da me


ROMA - Gli hanno «fatto male» le critiche arrivate dal Pd per i suoi giudizi, decisamente critici, sulla manifestazione della Fiom di sabato scorso: «Una deputata che non conosco, la signora Codurelli, dice che le mie dichiarazioni umiliano le persone oneste che hanno sfilato. Beh, siccome questo deve essere il momento della chiarezza, voglio essere chiaro».
Chiarisca, onorevole Pier Ferdinando Casini.
«Io rispetto profondamente le persone oneste, mi inchino davanti ai lavoratori che hanno sfilato pacificamente, che hanno manifestato in nome dei diritti dei lavoratori».
Ma...
«...ma se non si dicono le cose come stanno, si fa solo un immenso regalo a Berlusconi».
È un messaggio al Pd?
«Insomma, va detto che proprio nel momento in cui l'esperienza dell'alleanza Lega-Pdl sta arrivando al capolinea, e la gente si sta accorgendo che Berlusconi è bravo a vincere le campagne elettorali ma non a governare, se l'idea dell'opposizione è quella di creare un'alternativa partendo da piazza San Giovanni, allora siamo fritti».
Dunque lei non vuole avere niente a che fare con il mondo della sinistra, parlamentare e no, che ha sfilato assieme alla Fiom o comunque ha sostenuto quella battaglia?
«Lo ripeto, rispetto tutti, ma gli slogan e le idee di quella manifestazione ci riportano indietro agli Anni 70, i manifesti che indicavano come bersagli Bonanni e Marchionne non possono simboleggiare l'alternativa a questo governo, e anche se rispetto Vendola e gli sono amico, invito l'onorevole Codurelli a leggere i riferimenti programmatici e ideali di Sinistra e Libertà, in cui si accusa il capitalismo di aver depredato la gente...».
Ma lei crede sia diventata questa la posizione del Pd?
«Spero di no, visto che ricordo bene Bersani dire che imprenditori e lavoratori sono sulla stessa barca. Parole da sottoscrivere, quelle che mi aspettavo dal Pd per l'evoluzione che ha avuto negli ultimi 3-4 anni, come mi aspetterei oggi che si sia tutti d'accordo nel sostenere che se Pomigliano non può essere la bandiera dei moderati, nemmeno può diventare il bersaglio polemico dell'alternativa».
I suoi dubbi stanno a significare che lei è rimasto deluso da Bersani?
«Premesso che non invidio Bersani, e che apprezzo il fatto che anziché andare in piazza sia rimasto a casa sua e non per altri impegni, mi sembra che il Pd stia cercando di dare un colpo al cerchio e una alla botte, posizione che non ha grande respiro. Perché se si vuole davvero creare l'alternativa a Berlusconi cogliendo il fortissimo disagio che sta maturando in interi settori del Pdl e se si vuole una piattaforma programmatica in cui la sinistra moderata sia parte costitutiva seria, non basta non partecipare al corteo della Fiom, bisogna essere molto più decisi».
Crede che la cautela di Bersani sia dovuta al riavvicinamento con Vendola?
«Vendola è un interlocutore importante sulle regole, fa bene a tentare di riportare la sinistra estrema in Parlamento. Ma sul piano programmatico è ben lontano dalle stesse posizioni della sinistra europea come la conosciamo in Germania, Francia, Inghilterra. Sempre che i documenti approvati nei congressi abbiano un senso e un valore: io ad essi faccio riferimento».
Cosa chiede in sostanza a Bersani?
«Io non chiedo niente, è un problema loro, non mio. Perché io posso dire che, se queste sono le loro posizioni, l'Udc non si allea con il Partito democratico, non ci sono dubbi in proposito. Ma mi chiedo, è un problema solo dell'Udc o anche dei moderati del Pd se il loro partito non si dissocia da questi contenuti? Perché - vorrei ricordarlo - proprio su questi temi si è impantanato il governo Prodi, sulla dissociazione di Bertinotti. Su questo terreno si è sfaldato il centrosinistra che vinse nel '96. E allora la piazza può anche essere ascoltata, ma non può essere seguita».
La sua è una chiamata ai moderati del Pd?
«Ai moderati dell'uno e dell'altro polo che credono in ricette nuove, e nel fatto che il Paese si rilancia mettendo assieme a governare le persone serie che nel Pd sanno che seguendo le piazze non si va da nessuna parte, e persone serie del Pdl che non ne possono più di dover sottostare a un patto in cui è la Lega che dà le carte. Noi ci poniamo l'obiettivo di mettere assieme queste persone e di fare riflessioni profonde anche sull'evoluzione del movimento sindacale: in poche parole, neanche Bonanni ha il dono dell'infallibilità, ma il nostro Paese dovrebbe ringraziare Cisl e Uil che davanti a una drammatica crisi non ripetono le parole d'ordine del passato come "sciopero generale"».
Quando parla di persone serie, ha dei nomi in mente?
«Beh, non si capisce perché Enrico Letta e Pisanu, Fitto e Follini debbano stare su versanti opposti. Davvero dobbiamo ancora rendere omaggio ad un bipolarismo che si è dimostrato fallimentare?».
Ma lei si sta augurando una rottura nel Pd, dopo quella avvenuta nel Pdl? Non è un bel modo per convincere Bersani a cambiare rotta...
«Io mi auguro che il Pd scelga, come mi auguravo che il Pdl scegliesse, non che si spaccasse. Mi sarei accontentato di molto meno di quello che è accaduto...».

Paola Di Caro

18 ottobre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/10_ottobre_18/di-caro-intervista-casini_464e5b8a-da79-11df-b6f8-00144f02aabc.shtml


Titolo: CASINI. pronti a valutare un sì al federalismo anche senza quoziente familiare
Inserito da: Admin - Gennaio 10, 2011, 03:41:07 pm
«Offerte di D'Alema? Scelga tra me e Vendola. tutti insieme e' un Regalo a Berlusconi»

«Offro un patto di pacificazione Sosterremo le iniziative serie»

Casini: pronti a valutare un sì al federalismo anche senza quoziente familiare


Presidente Casini, a che punto è la discussione con Berlusconi?
«Siamo fermi al 14 dicembre, alla ricerca di qualche deputato in più. Intanto il Paese perde competitività, non dà un futuro alle nuove generazioni, vede la disoccupazione giovanile superare in molte regioni il 50%. Una fascia sempre più ampia del ceto medio scivola verso la povertà. I tempi della giustizia sono quelli di prima. E il premier enumera una quantità esorbitante di riforme che ha visto solo lui. Credo ci vorrebbe un po' più di riflessività».

Voi cosa offrite a Berlusconi?
«Non a lui, ma all'Italia, proponiamo una scelta di responsabilità. E di pacificazione. Al presidente del Consiglio suggerisco: non gingillarti su un parlamentare in più o in meno. La legislatura è partita con 70 deputati di maggioranza, e oggi siamo alla contabilità della stagione di Prodi. Vogliamo prendere atto che qualcosa è cambiato? Vogliamo evitare al Paese di avvitarsi in 4 mesi di percorso elettorale che alla fine riproporrebbe lo stallo attuale, dopo aver esposto l'Italia alla speculazione internazionale? Non è meglio mettere le carte in tavola alla luce del sole? Tutto il resto sono scorciatoie anche un po' degradanti. È una scorciatoia pensare che un partito che sta all'opposizione e oggi ha preso l'iniziativa di un nuovo polo possa sedersi su qualche poltrona ministeriale, di cui non ci importa assolutamente nulla. Ed è degradante la presunzione di autosufficienza che si scontra con realtà».

Eppure Berlusconi si dice convinto di allargare la maggioranza. Lei è sicuro della lealtà dei suoi deputati?
«Il 14 dicembre tutti e 35 i deputati Udc hanno votato la sfiducia. Dubbi non ne ho. Se poi Berlusconi avrà attinto da qualche parte qualche parlamentare in più, cosa cambierebbe? Stiamo parlando del nulla».

Ma lei potrebbe mai tornare ad allearsi con Berlusconi?
«Se per alleanza con Berlusconi si intende rimettere le lancette dell'orologio indietro di dieci anni, mi pare molto difficile. È passata una stagione. Non la rinnego. Ne sono orgoglioso, perché mi ha consentito di servire il Paese da presidente della Camera, con un certo riconoscimento da parte di tutti della mia serietà. Certo, ho creduto a cose che non si sono realizzate. Probabilmente ho anche sbagliato alcuni passaggi».

Quali errori ha commesso?
«Pensare che certe anomalie del percorso di Berlusconi si sarebbero riassorbite col tempo. Invece per certi versi si sono addirittura accentuate. Ma l'analisi non l'ha certo sbagliata Berlusconi; ero io che dovevo capire. Diciamo scherzosamente che lui ha dato un bel contributo per farmelo capire meglio... Oggi il gruppo dirigente del Pdl appare ansioso di allearsi con noi. Ma due anni fa, quando ci misero alla porta, tutti zitti. Non una sola voce, non un colpo di telefono per dirmi che forse stavano sbagliando».

Neppure Gianni Letta?
«Letta è di un altro pianeta. Questa però è la politica. Pensi a quel che è successo tra me e Fini. In termini personali ero certamente più risentito con lui che con Berlusconi. Infatti siamo stati un anno senza parlarci. Poi mi sono chiesto se in politica una persona può concedersi il lusso di recriminare sul passato. Ho risposto di no, e ho messo da parte tutto. E' giusto guardare al futuro. Peraltro sono rimasto sconcertato da questa campagna di aggressione nei confronti di Fini, incompatibile con quel garantismo che dovrebbe ispirare il Pdl. Vedo troppa violenza verso Berlusconi, ma anche troppa violenza degli ambienti berlusconiani verso gli altri. L'Italia non ha bisogno di faziosità, ma di pacificazione».

Questo come si traduce in concreto?
«La nostra opposizione è responsabile e repubblicana. Accasarci in qualche ministero sarebbe da opportunisti. Ma noi sentiamo che è necessario suonare uno spartito diverso. Non offriamo la pacificazione a Berlusconi, ma al Paese; e riteniamo che gli italiani la vogliano. Non possiamo sederci sulla sponda del fiume e compiacerci delle cose che non vanno, perché tanto stiamo all'opposizione».

Quindi cosa farete?
«Se il governo porterà in Parlamento iniziative serie, noi le sosterremo. Alla luce del sole. Se il governo proporrà cose che riteniamo sbagliate, ci opporremo. Non possiamo essere una forza di complemento della maggioranza, ma sfidare il premier a elevare la qualità del suo stesso governo. Obama ha fatto la riforma del fisco con l'opposizione. Berlusconi è disponibile a fare ciò che gli chiediamo a sostegno delle famiglie?».

Conferma che, in cambio del quoziente familiare, sareste disponibili a votare il federalismo?
«Il federalismo è già stato votato, e noi siamo stati gli unici a votare contro. Oggi siamo ai decreti attuativi. Siccome si discute di imposte locali, abbiamo proposto che anche in questo contesto si tenga presente la necessità di salvaguardare le famiglie. Il quoziente familiare era nel programma del Pdl. Sappiamo benissimo che oggi sarebbe difficilmente compatibile con i conti pubblici. Però tra il quoziente famigliare e il nulla c'è una prateria. Qualcosa va fatto».
Per cui basterebbe qualche misura di fiscalità di vantaggio per il vostro sì?
«Il nostro giudizio politico sul federalismo non è cambiato. Il voto dei prossimi giorni ha un suo forte contenuto di tecnicalità. Noi vogliamo che i nostri tecnici lo migliorino, e ci riserviamo una valutazione con gli amici delle altre forze politiche che con noi compongono questo nuovo polo».

Quindi non si va al voto anticipato?
«Non sta a noi la scelta. Nella maggioranza sento opinioni molto diverse. Si chiariscano le idee e ci facciano sapere».

Ma è Tremonti, oltre a Bossi, che non vi vuole nella maggioranza?
«Si favoleggia su contrapposizioni tra l'Udc e Tremonti. Da parte nostra, non esistono. Se esistono da parte sua, non è un problema nostro. Ho letto sui giornali una disamina molto preoccupata di Tremonti. Credo vada presa sul serio. Tremonti mostra responsabilità nel dire che la crisi è tutt'altro che passata. Ne deduco logicamente che sarebbe pura irresponsabilità avvitarci ora nella campagna elettorale. Se questa consapevolezza è comune all'intera maggioranza, bene. Se invece si pensa di farci una concessione a non andare ad elezioni anticipate, per carità: andiamoci pure. I ritardi italiani sono ormai così profondi che il distacco tra la gente e la politica è simile a quello della stagione di Tangentopoli. Oggi siamo a un bivio drammatico: porsi il problema di vincere le elezioni, o quello di fare le scelte radicali necessarie a governare. Prima o poi l'Italia arriverà a un punto in cui il tema di una grande coalizione non potrà essere eluso».

Ma un governo di grande coalizione, magari a guida Tremonti, si può fare già in questa legislatura?
«Si può fare quando chi vince le elezioni ne ha la consapevolezza. Io questo discorso l'ho sempre fatto a Berlusconi, in pubblico e in privato, le rare volte in cui l'ho visto. E sarà giusto riproporre questo discorso all'indomani di eventuali nuove elezioni, chiunque vinca».

D'Alema le offre un'alleanza e dice: "Casini deve scegliere". Il Pdl parla di intimidazione. Lei cosa risponde?
«Non mi sento per nulla intimidito da D'Alema, un amico con cui ho da tempo un dialogo proficuo. Ma D'Alema finge di non capire che io ho già scelto. L'unica cosa che mi può far cambiare opinione è che scelga il Pd; cosa che si ostina a non fare. Il Pd cerca semmai di assemblare; ma io non sono assemblabile. Noi non possiamo fare alleanze di governo con chi sbandiera il giustizialismo come Di Pietro, o con chi come Vendola sceglie la Fiom anziché la Cisl e la Uil, Landini e non Bonanni. Come si fa a pensare di poter proporre a un paese come l'Italia una coalizione da Casini a Vendola? Non solo io umilierei la mia storia, accettandola. Sarebbe una coalizione incapace di governare. E quindi un regalo enorme a Berlusconi».

Se invece il Pd scegliesse lei e non Vendola?
«Penso che il Pd sia a questo bivio. Non so se farà una scelta precisa. Ma se non la farà, non sarà credibile. Galleggerà, riprenderà i voti di una sinistra storica che ancora c'è, ma non potrà governare con l'area moderata, con il nuovo polo».

A che punto è il polo della nazione? E' un cartello elettorale, o diventerà un partito?
«Oggi è un cartello elettorale, in cui ciascuno sta secondo la sua individualità e la sua sensibilità. E' chiaro che al momento giusto faremo una proposta chiara, lineare, definita per il governo del Paese. Un'idea diversa dalle suggestioni che ci hanno abbagliato in questi anni».


E le divergenze sui temi etici?
«Sono più montate che reali. La grande maggioranza dei parlamentari di Fli la pensa esattamente come noi».

Avvenire ha criticato il terzo polo. Ruini si è espresso a favore di un impegno dei cattolici per la stabilità.
«La Chiesa va ascoltata. Sempre. Anche quando dice cose sgradite o non condivise. Sono devoto estimatore e amico del cardinal Ruini. Francamente, mi convince di più quando parla dei valori eticamente non disponibili, che quando difende il maggioritario e il bipolarismo, che in Italia hanno dato pessima prova. Non credo che su questo la Chiesa abbia il dogma dell'infallibilità. Diverso è il discorso sui valori non disponibili. Quando il Parlamento calendarizzerà il voto sul testamento biologico - e ricordo che l'Udc è l'unico gruppo ad averlo richiesto formalmente -, si potrà realizzare quell'unità di tutti i cattolici richiesta a Reggio Calabria dal cardinal Bagnasco. Non solo parti della maggioranza, ma amplissime parti del nuovo Polo e molti esponenti del Pd voteranno insieme. Ma le questioni etiche non diventeranno certo il laboratorio di alleanze politiche. Guardiamoci dal neoclericalismo di chi utilizza la Chiesa per motivazioni ben poco nobili».

Aldo Cazzullo

10 gennaio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/11_gennaio_10/casinii-patto-pacificazione-cazzullo_a66355ce-1c83-11e0-a4b5-00144f02aabc.shtml


Titolo: CASINI «il decreto rischia di dare il colpo finale all'autonomia dei comuni»
Inserito da: Admin - Gennaio 26, 2011, 11:59:13 pm
Il leader Udc: «il decreto rischia di dare il colpo finale all'autonomia dei comuni»

Tremonti difende il federalismo fiscale Casini: «Il Terzo Polo voterà contro»

Il ministro dell'Economia: «Il cittadino potrà dire all'ente locale di non abusare con le imposte»


MILANO - Il governo vuole rassicurare i cittadini. Il federalismo non comporterà obbligatoriamente l'introduzione di nuove tasse o di aliquote più elevate delle vecchie imposte. Ma la tesi del ministro dell'Economia Giulio Tremonti non convince il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini, che ha spiegato che tutto il Terzo Polo «voterà contro» il decreto del federalismo fiscale sul fisco municipale.
Un decreto, ha aggiunto, che «così com'è rischia di dare il colpo finale all'autonomia dei Comuni».

TREMONTI - «Le addizionali non sono un obbligo ma una facoltà e la scelta dipenderà dai cittadini. Il cittadino potrà dire all'ente locale: non mettere le addizionali, non abusare con le imposte, perchè puoi dare servizi migliori a costi minori. Per gli amministratori quello delle addizionali non è più un meccanismo obbligatorio» aveva detto in precedenza Tremonti intervenendo alla ventesima edizione del Convegno del «Sole 24 Ore Telefisco», riferendosi allo sblocco delle addizionali locali. «Sarà la prima riforma fiscale del nuovo secolo e sarà l'Italia a farla» ha sottolineato Tremonti.

FINANZA LOCALE - La riforma del federalismo fiscale è stata frenata da logiche politiche ha detto ancora Tremonti. «Il federalismo municipale è in Parlamento dal 5 agosto, com'è che oggi - ha osservato Tremonti - viene chiesta un'ulteriore riflessione?». «L'Italia è in Europa l'unico Paese che non ha finanza locale: molte imposte sono chiamate locali ma in realtà sono statali. L'Italia - ha aggiunto Tremonti - era più federalista ai tempi del fascismo che oggi. Allora c'erano tanti tributi locali e funzionavano da criterio di controllo democratico sugli amministratori da parte dei cittadini. Certo c'erano anche sugli abusi».

PROCESSO RIFORMATORE - Il federalismo fiscale ha spiegato ancora Tremonti, «non inizia e finisce oggi, è iniziato da un po' di tempo, ha avuto una legge delega votata da quasi di tutti e sta andando avanti ma non è un processo che si chiude domani, continuerà: è un modo per modernizzare e moralizzare questo Paese. Non è un passaggio che si chiude adesso e che inizia adesso - ha aggiunto - è un grande processo riformatore che inizia e si svilupperà nei prossimi anni».

Redazione online
26 gennaio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/economia/11_gennaio_26/fisco-tremonti_9fb46034-292a-11e0-b732-00144f02aabc.shtml


Titolo: CASINI. "Bersani lasci l'Aventino e giochi la partita"
Inserito da: Admin - Marzo 13, 2011, 06:22:40 pm
Politica

13/03/2011 - INTERVISTA

Casini: "Bersani lasci l'Aventino e giochi la partita"

«Sulla giustizia il premier ha l’onere della prova. Allearci col Pd? Il no è programmatico»

CARLO BERTINI
ROMA

Capisco che Bersani sospetti che quella di Berlusconi sia tutta una finta, ma sulla giustizia lo invito a lasciare l’Aventino agli sfascisti di professione, per trattare a viso aperto, come è compito di una vera sinistra riformista». Proprio mentre da piazza del Popolo Nichi Vendola sostiene che la prima riforma da fare «è liberarci di Berlusconi», Pierferdinando Casini sfida invece il leader Pd «a giocare insieme questa partita della verità e a riprendere la sfida della Bicamerale per lasciare al Cavaliere l’onere della prova che fa sul serio».

Certo con il no al dialogo e il ricorso alla piazza si allarga il solco tra Pd e Nuovo Polo. Lo farete mai un vero accordo elettorale?
«Come tutti i leader politici, Bersani è sensibile alle esigenze della propaganda e con la reiterazione della Santa Alleanza spera di prendere più voti nell’elettorato moderato. Ma noi sappiamo bene che un Terzo polo che nascesse con un’alleanza col Pd finirebbe per essere immediatamente subalterno. E nella migliore delle ipotesi subiremmo la sorte che toccò alla Margherita negli anni passati».

Ma in quel caso potrebbe esserle offerta la premiership.
«Non è quello che ci interessa. Se - quando si voterà - presentandoci alle urne bloccassimo la possibilità di vincere al Senato ad uno dei due poli, certo il giorno dopo non accetteremmo di dare la vittoria a tavolino al vincitore alla Camera. Ma avanzeremmo la proposta vera: un governo di responsabilità nazionale ampio, aperto a chi, dal Pd al Pdl, si sente di ricostruire questo paese. Anche sui referendum chiediamo al Pd chiarezza. Ritengo una follia che il governo spenda 300 milioni in più per scongiurare il quorum, ma su acqua e nucleare io sono per un no netto e chiaro. All’alleanza col Pd dunque non rispondiamo con un no ideologico, bensì programmatico: non basta l’antiberlusconismo per unirci, può essere un presupposto, però non sufficiente per governare assieme. Ad esempio, per me la responsabilità dei giudici o la separazione delle carriere non sono un tabù».

Voi avete posto come condizione che si sgombri il campo dalle leggi ad personam. Vuol dire che se andasse avanti il processo breve, vi alzereste dal tavolo?
«Questo è ovvio e non voglio neanche pensare che si verifichi. O Berlusconi ha il coraggio di lasciare per strada le leggi a suo uso e consumo, oppure questa riforma sarà solo una finta. Per questo dico a Bersani: riprenda la sfida della Bicamerale e lasci a Berlusconi l’onere della prova».

Ma lei crede che questa riforma possa vedere mai la luce?
«Diffido di una riforma costituzionale che rinvia a leggi ordinarie la sua attuazione. Si rischia che ogni maggioranza si cambi le leggi che regolano il dettato costituzionale, una cosa aberrante che finirebbe per esporre i principi costituzionali al variare delle maggioranze politiche. Detto questo, certo oggi non si può dire che il Parlamento sia intasato ed è meglio discutere di giustizia che di nulla. Ma per me l’ordine delle priorità è il rilancio dell’economia e i giovani. E l’occupazione, che certo non possiamo risolvere allargando il numero di ministri e sottosegretari!».

Comunque sia, il primo banco di prova per tutti saranno le amministrative. Anche lì puntate a portare tutti ai ballottaggi per fare poi l’ago della bilancia?
«Intanto siamo andati con Fini e Rutelli a presentare il nostro candidato proprio a Torino, perché è una sede simbolica: il Nuovo Polo nasce proprio per unire gli italiani davanti a fenomeni di disgregazione preoccupanti. E quindi abbiamo voluto dare un segnale, così come lo darà Musy che farà una campagna non contro Fassino o Coppola, ma per Torino e per l’Italia, mettendosi alle spalle una visione ideologica della politica. Poi anche a Milano, Bologna e Napoli abbiamo scelto personalità fuori dai partiti, perché siamo consci che quando si andrà alle urne e busseremo alla porta della società civile bisogna che ci sia qualcuno che risponda. Insomma, deve essere chiaro che noi facciamo le amministrative guardando alle politiche: non ci faremo arruolare da chi ci vorrebbe come ufficiali di complemento di una stagione berlusconiana al declino, nè da chi ci vorrebbe funzionali ad una fantomatica Santa Alleanza. Ovviamente ai ballottaggi ci riserviamo di dare indicazioni di sorta. Resteremo fuori dalle giunte? Chi se ne importa: Fli è nata lasciando i posti di governo, noi siamo cresciuti rinunciando alle poltrone, figuriamoci se oggi il problema è qualche assessorato nelle città. Bisogna capire che noi stiamo facendo un grande investimento nel futuro».

da - lastampa.it/politica


Titolo: Casini: sulla legge elettorale l’accordo in aula è possibile
Inserito da: Admin - Gennaio 16, 2012, 11:38:32 am
Politica

16/01/2012 - intervista

Casini: sulla legge elettorale l’accordo in aula è possibile

"Questo governo non è una parentesi, chi lo pensa sbaglia. Deve lavorare in pace"

Marcello Sorgi
Roma

Presidente Casini, tutti i veli sono caduti: oggi Monti incontra voi segretari della maggioranza alla luce del sole, senza più doversi nascondere.

Com’è nata la svolta?
«Vede, in politica c’è sempre un po’ di ipocrisia: da quando è nato il governo, ci siamo visti con Monti, come tra noi della maggioranza, altre volte. Domani è la prima volta che accade ufficialmente, ma non direi che è un fatto sconvolgente».

Sarà soddisfatto, lei che ha tanto premuto per far uscire questa maggioranza dalla clandestinità.
«A me sembra normale che con tutto quel che sta accadendo e nel vivo di un cambiamento positivo di rapporti tra Italia e Europa, chi appoggia il governo discuta delle prospettive. Se vuole la mia valutazione, ritengo che noi abbiamo fatto il primo passo per uscire dall’isolamento in cui eravamo con il governo Berlusconi, abbiamo dimostrato di poter essere credibili con la manovra di dicembre, con gli impegni presi per il pareggio di bilancio nel 2013 e con il programma di liberalizzazioni che sta per essere varato. Adesso però dobbiamo trovare il modo di ottenere dall’Europa risposte concrete sul rafforzamento del fondo salva-Stati, sul ruolo della Bce e sull’effettiva difesa dell’euro dagli attacchi speculativi che continuano».

Non crede che l’Italia paghi ancora il prezzo dell’appoggio incerto dei partiti al governo? Non passa giorno che non si alzi qualcuno a dire che Monti deve avere più rispetto per i politici, altrimenti…
«Da parte mia come del Terzo polo non c’è nessuna intermittenza nell’appoggio al governo, che sosteniamo a testa alta. E per quanto riguarda la maggioranza, per noi è politica come sono tutte quelle che votano i governi in Parlamento, ci mancherebbe altro».

E allora perché tutte queste precisazioni? Non è il nostro governo, non è la nostra manovra: certi momenti sembra ci sia una gara a prendere le distanze da Monti.
«Se guarda la sostanza converrà che il governo finora ha potuto realizzare il suo programma. Che poi i partiti intervengano per chiedere qualche aggiustamento, anche questo rientra nella normalità dei rapporti politici. E che dopo vent’anni di bipolarismo imperniato sulla reciproca demonizzazione di Berlusconi e dei comunisti, Alfano e Bersani si muovano con cautela è comprensibile. Noi per questo avevamo proposto un armistizio politico con l’ingresso nel governo anche dei rappresentanti dei partiti. Sarebbe stata una soluzione più forte».

Per questo gira voce di un rimpasto per rafforzare il governo inserendo ministri politici?
«Lo escludo. Non ha più senso riaprire quel discorso. Ormai il governo così com'è deve poter lavorare in pace e arrivare alla sua scadenza».

La scadenza naturale del 2013, o le elezioni anticipate, di cui malgrado tutto si continua a parlare?
«Io quando sento ancora discutere di elezioni anticipate mi domando se chi ci pensa ha capito veramente in che situazione ci troviamo. L’idea che questo governo debba essere considerato una parentesi, da chiudere al più presto, per tornare alla normalità, circola purtroppo, ma è fuori dalla realtà. Occorre rendersi conto che se abbiamo dovuto chiamare Monti a fare quel che sta facendo è dipeso dall’incapacità della politica di affrontare i problemi che essa stessa aveva creato. Era tutto chiaro da tempo: ma né Prodi, né Berlusconi, con i loro due ultimi governi, sono stati in grado di trovare e mettere in pratica le soluzioni. Con questo non voglio dire che la colpa sia solo loro, anzi Alfano ha ragione quando dice che è ingiusto scaricare le responsabilità solo sul governo appena caduto».

Però c’è anche chi obietta che, dopo tutti gli sforzi imposti da Monti, la crisi è allo stesso punto.
«Chi pensa questo sbaglia. Abbiamo molti anni da recuperare. Per decenni la politica ha consentito al Paese di vivere al di sopra delle proprie possibilità, scaricando il debito sulle future generazioni. Magari fosse questione di settimane, o di mesi. La strada è molto lunga e sulla nostra capacità di resistenza ci giochiamo tutto, a cominciare dalla nostra credibilità in Europa. L’idea che non siamo capaci di darci regole severe per sempre in fondo è quel che giustifica le resistenze tedesche della Merkel e dell’opinione pubblica del suo Paese - a venirci incontro».

Tra i peones del Parlamento si teme che la permanenza del governo tecnico, specie se produrrà risultati, possa far apparire la politica come origine dei guai.
«Se la politica sa approfittare di questa fase per riformare se stessa, un timore del genere è ingiustificato. Abbiamo molto da fare: non si tratta solo di agire sui costi della politica, ma di riformare il bicameralismo, i regolamenti, la legge elettorale».

E lei crede davvero che si possa far questo nei pochi mesi di qui alla scadenza del 2013?
«Io penso che un'intesa su questi punti sia possibile e a portata di mano. Sulla distinzione di ruoli tra Senato e Camera c’è larga condivisione. La riduzione del numero dei parlamentari di almeno cento dalla prossima legislatura e di un terzo a partire dalla successiva è assolutamente necessaria. E sui regolamenti Luciano Violante ha messo a punto un progetto assai puntuale. Certo, si tratta di lavorare seriamente. Se invece continuiamo a vivacchiare, allora sì, il rischio che la sfiducia nella politica prevalga è reale».

Non le chiedo dell’antipolitica: se la sono presa con lei e con due suoi colleghi perché a Natale siete andati alle Maldive. Ma sia sincero: si è pentito di avere scelto quella vacanza in un clima come questo?
«Le dico la verità: se dopo tanti anni di vita politica messi continuamente al vaglio degli elettori, il rilievo è di essere andato in vacanza dieci giorni con la mia famiglia, me lo prendo e accetto le critiche. Ma attenti a spingere il qualunquismo, perché per questa strada si arriva a contestare il cotechino di Monti e a scoprire che se lo è pagato di tasca sua».

Secondo lei il voto della Camera che ha negato l’autorizzazione all’arresto di Cosentino incoraggia o no l’antipolitica?
«Duole dirlo: incoraggia. Quando un ex ministro dell’Interno appena uscito dal Viminale come Maroni sostiene che le accuse contro il deputato erano fondate e non c’era fumus persecutionis, il Parlamento avrebbe avuto il dovere di accontentare le richieste dei magistrati».

E come mai l’Udc ha dato libertà di voto ai suoi parlamentari?
«Sulle questioni personali noi garantiamo la libertà di coscienza. Ma la posizione del partito, per come è stata esposta in aula, era chiarissima».

Lei era contrario ai referendum elettorali. Adesso che la Corte costituzionale li ha bocciati, non crede sarà più difficile trovare un’intesa per cambiare il Porcellum?

«Non sono pessimista sulla legge elettorale. Credo che un accordo sia possibile se tutti mettiamo sul tavolo le nostre proposte e ci prepariamo a discuterne in modo costruttivo. Noi per esempio siamo favorevoli a un sistema proporzionale con sbarramento alla tedesca e siamo pronti a mantenere l’indicazione del candidato premier prima del voto, in modo che i cittadini possano scegliersi il governo, e non solo il partito. L’importante è uscire dai sistemi rigidi, dalle coalizioni forzose, che in tutti questi anni ci hanno dato governi che non riuscivano a governare. In Germania, quando si va a votare, gli elettori sanno che l’alternativa è tra democristiani e socialisti. Ma sanno anche che in caso di necessità può accadere che si faccia la grande coalizione».

Com’è accaduto in Italia?
«Zitto! Non lo sa che in Italia certe cose non si possono ancora dire?».

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/438398/


Titolo: CASINI. I progetti di Casini e l'altolà del Pdl sui tecnici in politica
Inserito da: Admin - Aprile 19, 2012, 11:50:33 pm
di SILVIO BUZZANCA

I progetti di Casini e l'altolà del Pdl sui tecnici in politica


Maggioranza senza pace. L'ultima scossa arriva, paradossalmente, da Casini, il più deciso sostenitore di Monti nel trio ABC (Alfano Bersani Casini, appunto). Il leader dell'Udc ha evocato l'adesione di ministri tecnici al Partito della Nazione che si accinge a lanciare. E dal Pdl è scattato l'avvertimento a fermarsi per non mettere in pericolo la natura appunto "neutrale" dell'esecutivo in carica da novembre.
   
La crescita tornerà solo nel 2013. Mario Monti, presentando il Documento di economia e finanza, parla in maniera molto cruda della situazione economica. Un'analisi impietosa confermata dai documenti di diversi centri studi. La politica però sembra più impegnata a litigare sull'assegnazione delle frequenze televisive. Mediaset, infatti, è partita all'attacco della decisione del governo di abolire il beauty contest e di mettere all'asta le frequenze.  L'immediata ricaduta politica è la cancellazione della colazione fra Monti e Berlusconi prevista per oggi.
Palazzo Chigi ha fatto sapere che a chiedere il rinvio è stato proprio il Cavaliere, preoccupato di dare l'immagine di salire a Palazzo Chigi per discutere degli affari personali. Non voglio, spiega l'ex presidente del Consiglio, "alimentare polemiche ed evitare o prevenire insinuazioni malevole su questioni inerenti le frequenze televisive". Monti però fa sapere che la questione è chiusa e che "il governo ha preso una decisione che come premier appoggio e difendo". E quindi l'asta si farà alle condizioni dettate dal ministro Passera.

Intanto continua a tenere banco lo scandalo-Lega. L'ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito ha restituito undici lingotti d'oro e un tesoretto di diamanti che sarebbero stati acquistati da Rosy Mauro e dal senatore Piergiorgio Stiffoni. La vicepresidente del Senato replica che ha acquistato tutto con i suoi risparmi. Spuntano dossier contro Roberto Maroni e i suoi fedelissimi. Li ha ordinati Belsito e, denuncia l'ex ministro dell'Interno, sono stati pagati con i soli della Lega. Lo stesso Belsito - ed è un'ammissione potenzialmente devastante per i rapporti interni allo stato maggiore del Carroccio - ammette che l'operazione di dossieraggio era a conoscenza di Bossi.

da - http://www.repubblica.it/politica/?ref=HRBP-3


Titolo: Casini: «Serve un nuovo bipolarismo Ora convergenze in nome del Ppe»
Inserito da: Admin - Agosto 12, 2013, 09:10:16 am
L'intervista

Casini: «Serve un nuovo bipolarismo Ora convergenze in nome del Ppe»

Il leader centrista: «Berlusconi darà le dimissioni. Conosco la sua intelligenza, eviterà l'umiliazione di un voto»


Onorevole Casini, Ernesto Galli Della Loggia, sul Corriere, chiede a voi moderati non di sinistra di avere il coraggio di unirvi al Pdl e di rappresentare la «destra», ora che Berlusconi è destinato ad uscire di scena. Raccoglie l'appello?

«Che la democrazia dell'alternanza sia un fatto positivo in ogni Paese è innegabile. Ma se in Italia, dopo 20 anni, non ha funzionato un bipolarismo temperato, con un minimo comune denominatore tra i due poli, è stato proprio per la duplice criminalizzazione, di Berlusconi e dei comunisti.
Si è preferito "non fare prigionieri" e così si è persa una grande occasione».

Non è responsabile anche il centro che ha deciso, nelle ultime elezioni di non schierarsi?
«Chi è senza peccato scagli la prima pietra, e forse è il caso che tutti ci asteniamo dalla tentazione. Ma un cattivo risultato non significa negare le nostre buone ragioni. La scorsa legislatura la sconfitta della destra è stata dovuta al fallimento del loro governo. E a sinistra hanno pervicacemente voluto l'alleanza con Sel, che si è infranta addirittura sul voto del capo dello Stato...».

Insomma, non è verso di voi che si deve puntare il dito...
«Ho cercato di moderare il centrodestra dall'interno, fino alla svolta del Predellino. Poi ho ritenuto più coerente una testimonianza solitaria.
Ma va detto che se abbiamo vissuto un bipolarismo sbracato è anche per responsabilità di un Pd che, esclusa la parentesi veltroniana, non ha mai voluto avere "nemici" a sinistra. E anche oggi il fatto che Renzi sia diventato l'icona di Sel e di chi vuole sfasciare il governo Letta, deve far pensare».

Ma oggi appunto il quadro è cambiato: la condanna di Berlusconi lascia oggettivamente un vuoto a destra. Siete pronti a muovervi in quella direzione?
«Siamo pronti ad assumerci la responsabilità di scegliere. Ma oggi il Pdl non può sprecare l'occasione scegliendo una deriva avventurista».

Lei si è detto convinto che Berlusconi alla fine darà le dimissioni da senatore, lo pensa ancora?
«Sì, perché conosco la sua intelligenza e so che il presidente più longevo del Dopoguerra eviterà l'umiliazione di un voto che, al Senato, lo vedrebbe pesantemente sconfitto. Mi rendo conto che per lui è una prova dura, ma solitamente nelle circostanze difficili dà il meglio di sé. D'altronde è lui che ha chiesto di separare le sue vicende giudiziarie da quelle del governo, e che continua a sostenere Letta. Se dobbiamo andare verso il bipolarismo del futuro, e creare nuove convergenze in nome delle comuni appartenenze europee del Ppe, l'atteggiamento politico del Pdl in questo momento non può avere equivoci».

Insomma, se il Pdl sceglie la via del sostegno al governo potreste ritrovarvi presto insieme? Siete già in contatto con i vertici del partito?
«In questo momento è giusto e doveroso che il Pdl si stringa accanto a Berlusconi, gli dia la massima solidarietà. Poi è chiaro che dovrà aprirsi una riflessione in tutto il partito: so che alcuni stanno già pensando a come rimettersi in marcia, vedremo i fatti e le scelte».

Intanto però il Pdl chiede «agibilità politica» per il suo leader. Voi siete disponibili a qualche passo, qualche soluzione per venirgli incontro?
«Ci sono temi che sicuramente andranno affrontati, a partire dalla riforma della giustizia. Non parlo della sentenza della Cassazione, ma ho sempre detto e lo ribadisco che un certo accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi è difficile da negare. Ma se non si è fatta la grande riforma della giustizia, pur in presenza di una maggioranza enorme del centrodestra, è stato perché si è preferito inseguire, in modo disarmonico e spezzettato, i singoli procedimenti giudiziari in cui è stato coinvolto Berlusconi ».

Ma cosa fare nell'immediato per garantire, appunto l'«agibilità politica» per Berlusconi?
«Io sinceramente non capisco bene di cosa si stia parlando. Il tema della sentenza di Berlusconi non è eludibile. Bisogna prendere atto, con rispetto e senza giudizi sprezzanti, che la sentenza c'è stata e che avrà i suoi effetti. A parte che pretendere in questo momento la grazia o provvedimenti speciali serve solo a non ottenere nulla, ma concretamente, non vedo cosa ci si potrebbe inventare. Oltretutto, qualsiasi provvedimento parlamentare dovrebbe passare là dove il Pd ha una larga maggioranza: un Pd che è impensabile possa agire sfidando sentimenti, convinzioni e umori della propria base».

E se la soluzione fosse la discesa in campo di Marina Berlusconi?
«Il problema non sono le persone. Per mesi abbiamo chiesto a personalità influenti della società civile di partecipare, abbiamo esortato, pregato, figurarsi se mi scandalizza l'idea che una brava imprenditrice possa impegnarsi. Ma il punto è su quale linea politica si scende in campo».

Non teme che troppi nodi non sciolti per il Pdl, compreso quello sull'Imu, possano davvero portare a elezioni anticipate?
«Le elezioni anticipate non le indice il Pdl, ma Napolitano. Il quale ha detto e ripetuto che con questa legge non si va a votare. Quindi - in caso di crisi - si cercherebbe di formare un nuovo governo che, dovrebbero capirlo gli amici del Pdl, non sarebbe certo un ricostituente... Detto questo, è vero che il governo è nato anche sull'accordo per superare l'Imu nell'attuale forma, su questo nel Pdl hanno ragione. E sono possibili anche soluzioni intelligenti, come quella di una service tax che piace anche a un loro sindaco come Cattaneo. Un accordo andrà necessariamente trovato».

12 agosto 2013 | 7:53
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Paola Di Caro

da - http://www.corriere.it/politica/13_agosto_12/intervista-casini-serve-nuovo-bipolarismo-convergenze-in-nome-del-ppe-dicaro_01ba7f16-0312-11e3-a0a3-a0e457635e2f.shtml


Titolo: CASINI. «Una catastrofe se vincono i falchi alla Santanchè»
Inserito da: Admin - Settembre 11, 2013, 05:18:12 pm
Pier Ferdinando Casini

«Una catastrofe se vincono i falchi alla Santanchè»

«Sarebbe un’altra occasione persa», dice l’ex presidente della Camera. Che però ammette di aver chiamato Berlusconi perché «il calcio dell’asino lo lascio ai tanti beneficiati che ora vorrebbero sbranarlo»


Lo incontro sulla terrazza della sua casa romana. Quartiere Parioli. I polsini della camicia bianca sono tenuti insieme da una coppia di gemelli che portano il simbolo di Montecitorio: CD. Domando: ma a Palazzo Madama la fanno entrare con quella roba? Sorride: «Più che presidente della Commissione Esteri del Senato, mi sento ex presidente della Camera. La Camera è il mio primo amore». Pier Ferdinando Casini, 57 anni, ne ha trascorsi trenta in Parlamento. Ha vissuto in prima fila, da forlaniano, le guerre fratricide tra diccì negli anni Ottanta. Ha visto crollare la Prima Repubblica. Nella Seconda è stato il testimone fero di un centro-centrismo con sbandamenti a destra: Dc, Ccd, Udc. Dice: «Finita la sbornia per il bipolarismo muscolare che ha disseminato disastri per il Paese, mi godo lo spettacolo». Quale spettacolo? «Quello dei poli armati, gonfi di falchisti e vetisti, di berlusconiani e di antiberlusconiani, che si sgretolano e sono costretti a convivere nella maggioranza. Io e Monti, che abbiamo perso le elezioni, siamo gli unici davvero soddisfatti».

Nella maggioranza ci sono Letta, Alfano, Lupi e Franceschini.
«La Democrazia cristiana è morta, ma il tasso diccì è molto alto. Ed è quello che ci vuole: serietà, ragionevolezza, moderazione. Non ci scordiamo Renzi. Anche lui non è esente da questo piccolo peccato centrista di gioventù».

Gli ex diccì potranno mai tornare tutti insieme?
«Se facessi questa ipotesi verrei impallinato. Mi sembra prematuro. Impossibile. Piuttosto immagino un futuro con due grandi partiti che si fronteggiano rispettandosi, sul modello europeo Ppe/Pse. Il mio tavolo è quello del Ppe».

Maria Teresa Meli, sul Corriere, ha scritto che Letta avrebbe detto a Renzi di riferire alla Merkel che se non ci fosse Berlusconi il Pd starebbe nel Ppe.
«Mi pare una forzatura. Ma Enrico Letta è stato presidente dei giovani democristiani europei. Nel Ppe è considerato uno della comitiva, non certo un antagonista».

Come anche Alfano…
«Eheh. Nella gestione della vicenda Imu ho riconosciuto la tempra, la malizia e la perfdia democristiana».

Nell’Italia post berlusconiana, un ex democristiano non potrebbe essere in imbarazzo a restare fuori dal Ppe?
«Non interpreto gli imbarazzi altrui. Ma di sicuro in questa prospettiva il Pd si schiaccerà molto di più sul versante del socialismo europeo».

Lei pensa al Ppe, ma una parte del centrodestra si sta organizzando per ripartire con Forza Italia.
«Il mio ragionamento politico ha poco a che fare con i cori della Santanchè. Se prevarrà il falchismo vorrà dire che perderemo un’altra occasione. Ma viste le catastrof degli ultimi venti anni…».

Lei per la maggior parte di questi venti anni è stato un protagonista, alleato di Berlusconi.
«Ho fatto molti errori, ma sono stato coerente. Con Helmut Kohl ho lavorato per far entrare Forza Italia nel Ppe».

Perché Forza Italia portava voti ed europarlamentari.
«Era un partito nuovo e speravo che evolvesse nel solco del popolarismo europeo. Quando Berlusconi ha cercato di impormi l’ingresso nel suo Pdl dall’alto del predellino, mi sono sganciato e sono andato da solo. Pagandone le conseguenze».

Berlusconi ha detto spesso che se non è riuscito a fare la rivoluzione liberale in Italia è colpa di alleati come lei e Fini.
«Mentre lo diceva mi corteggiava perché tornassi al suo fianco. È una balla».

Se è una balla chi ha impedito la rivoluzione liberale?
«Le corporazioni e la burocrazia, che hanno bussato più spesso da Gianni Letta che da noi».

Gianni Letta, altro vestale della Balena Bianca.
«Per carità, lui ha il merito di aver rappresentato e difeso sempre le istituzioni. Ricordo che nel 1994 ci trovammo a casa di Berlusconi, in via dell’Anima. Giuliano Ferrara e Cesare Previti erano per eleggere Carlo Scognamiglio presidente del Senato. Io e Letta volevamo riconfermare Giovanni Spadolini. La vittoria di Scognamiglio fu la prima sconfitta dei moderati nella storia della Seconda Repubblica. L’inizio della ventennale contrapposizione selvaggia tra berlusconiani e antiberlusconiani».

Prima di questi venti anni, ce ne erano stati cinquanta di governo democristiano. Non apprezzati da tutti.
«Sempre più persone stanno realizzando che i governi diccì erano una cosa seria. Per non parlare del personale politico. Se oggi vai a trovare De Mita, il 90% delle cose che dice è distillato d’intelligenza».

Oggi…
«Dobbiamo avere molta fiducia per sperare che Renzi arrivi alle stesse percentuali».

A cena col nemico?
«Con Beppe Grillo».

Grillo vorrebbe andare alle elezioni anche con il Porcellum.
«Non mi stupisce: così può designare i parlamentari».

Lei ha un clan di amici?
«Ne cito uno per tutti: Carlo, di Bologna».

Credevo che mi dicesse il solito Lorenzo Cesa, suo antico sodale nell’Udc.
«Non volevo fare quello noioso che parla sempre di politica».

Lei ha sempre difeso Cesa da chi gli rimproverava un’antica condanna dei tempi di Tangentopoli.
«È un uomo che ha pagato. È restato fuori più di un giro».

Con Mastella, lei fu uno dei pochi ad andare a sostenere Andreotti subito dopo la prima condanna.
«In certe vicende si dà la cifra di se stessi. E non per convenienza. È lo stesso motivo per cui, dopo molto tempo che non lo sentivo, recentemente ho chiamato Berlusconi. Il calcio dell’asino è uno sport molto praticato in Italia, ma lo lascio ai tanti beneficiati che improvvisamente vorrebbero sbranare Silvio».

Qual è l’errore più grande che ha fatto?
«Fare la lista unica di Scelta civica al Senato e andare da soli con l’Udc alla Camera. Era ovvio che non avrebbe funzionato».

La scelta che le ha cambiato la vita?
«L’ingresso a Montecitorio. Prima di entrare mi chiusi in una cabina telefonica, chiamai mio padre e scoppiai in un pianto liberatorio. Pregai la Madonna di San Luca…».

Come quando venne eletto Presidente della Camera…
«Sono un grande peccatore, ma credente. E ho sempre chiesto alla Madonna di aiutarmi».

La leggenda vuole che nel 1983 tra i suoi primi sponsor elettorali ci fosse Dario Franceschini.
«È vero. Allora era il delegato del movimento giovanile di Ferrara. Ci incontravamo in gran segreto al casello dell’autostrada per prendere accordi».

Vi incontrate ancora in gran segreto?
«No, no. Ma nella mia stanza di palazzo Giustiniani, la stanza che fu di Andreotti, conservo una foto in cui ci siamo io, Follini e Franceschini a un comizio di Mariano Rumor».

Che cosa guarda in tv?
«Telefilm come NCIS. Non i talkshow politici».

Dove però è spesso ospite.
«Sempre meno. Ho esaurito le ansie da prestazione. E penso di aver messo per anni la faccia anche dove sarebbe stato meglio non metterla».

Sta parlando della pubblica difesa di Cuffaro, leader siciliano dell’Udc, condannato per favoreggiamento?
«Non puoi voltare le spalle a una persona che fino al giorno prima ha pedalato al tuo fianco. In quel caso si trattava di non fare i vigliacchi. Io ho sempre lasciato le impronte digitali e pagato dazio. Altro che Pier-Furbi».

Il film preferito?
«Le dico l’ultimo che ho visto: La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Mi piacciono il disincanto e l’autoironia di Jep Gambardella. Quando ero all’inizio della mia carriera politica appena sentivo che girava una voce su di me, una chiacchiera, impazzivo, adesso con tutto quel che gira… non me ne frega nulla».

Sono spuntati gossip su di lei anche recentemente.
«Roba da Scherzi a parte. Lasciamo perdere».

Il libro?
«Ho appena finito La crisi dell’impero vaticano, di Massimo Franco».

La canzone?
«Piazza Grande di Lucio Dalla. Un amico».

Sa quanto costano sei uova?
«No. Ma il sabato faccio la spesa».

Conosce i confini della Siria?
«Libano, Iraq… Considero l’idea di intervenire militarmente in Siria una follia allo stato puro».

L’articolo 3 della Costituzione?
«È quello sull’uguaglianza davanti alla legge. La nostra Costituzione è davvero ben fatta. Ogni volta che è stata toccata, abbiamo fatto danni».

Un esempio?
«La riforma del Titolo Quinto è stata disastrosa. Ed è stato un errore eliminare l’immunità parlamentare così come l’avevano immaginata i costituenti».

3 settembre 2013 (modifica il 10 settembre 2013)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Vittorio Zincone

da - http://www.corriere.it/sette/13_settembre_03/2013-36-zincone-casini_2d291f30-1498-11e3-9c5e-91bdc7ac3639.shtml


Titolo: Casini sulla decadenza di Berlusconi ...
Inserito da: Admin - Novembre 01, 2013, 06:20:00 pm
L’intervista

Casini sulla decadenza di Berlusconi: in Giunta gravissimo errore ma io al Senato sceglierò il sì

Il leader Udc: sbagliato il ricorso allo scrutinio palese. «Alfano dovrà decidere se salvare la dignità o restare con Silvio»


Senatore Casini, lei voterà per la decadenza di Berlusconi?
«Il problema non è il mio voto. È che questa vicenda è stata costellata da troppi errori: da ultimo, quello gravissimo della votazione palese».
Visto che è palese, ci dica come vota.
«Se ci tiene a saperlo, la mia scelta per la decadenza di Berlusconi è maturata da tempo».
A quali errori si riferisce allora?
«Il primo l’ha commesso la Giunta quando ha disatteso il consiglio, giunto da autorevoli costituzionalisti di sinistra, di togliere ogni dubbio sulla retroattività della legge Severino, ricorrendo alla Consulta. Un errore in particolare per chi in questi anni ha avversato Berlusconi. Prima di votare la decadenza di un avversario politico, ci vuole un’attenzione supplementare. Se si è garantisti, a maggior ragione bisogna esserlo con un avversario politico. Ma l’errore del voto palese è ancora più grave».
Perché? Ogni senatore si assume una responsabilità.
«È vero, ci sono valutazioni che possono spingere a una pubblicizzazione del voto. Ma c’è prima di tutto il principio sancito nel regolamento e nella prassi: quando si deve decidere in ordine alle persone, a garanzia di uno Stato di diritto c’è la protezione di uno scrutinio segreto. Ci sono stati mutamenti a questa prassi, ma in casi diversi, ad esempio di dimissioni volontarie. La prassi del voto segreto risponde a una concezione garantista a tutela del singolo e della libertà di coscienza dei parlamentari».
Ma in passato consentì manovre come quelle che nel ‘93 salvarono Craxi e indebolirono il governo Ciampi.
«È proprio il ragionamento che respingo. Il legislatore che per paura di manovre stabilisce di cambiare la prassi ha già perso la sua partita. È come se noi pensassimo di non tenere le elezioni perché il risultato può essere dannoso. Hitler andò al potere con il voto popolare, ma noi dobbiamo difendere i principi e i diritti anche se ne sortiscono effetti negativi».
Ma il voto palese è anche un modo per trarre d’impiccio i senatori, non crede?
«Certo. Per noi è meglio, così tutti vedono come ci esprimiamo. Ma è più importante la manifestazione di un interesse politico, o il rispetto e la tutela del singolo? Io credo sia più importante il rispetto e la tutela del singolo, anche se si chiama Silvio Berlusconi; anzi, a maggior ragione se si chiama Silvio Berlusconi. Dato che a lui sono state imputate troppe leggi ad personam, il modo peggiore di chiudere l’era Berlusconi è dare l’impressione di applicare il regolamento contra personam».
Delle leggi ad personam lei è stato a lungo complice.
«Guardi, ho un illustre avvocato che mi scagiona: Berlusconi stesso mi ha imputato centinaia di volte di non avergli consentito di fare la riforma della giustizia. E, non per essere malizioso, ma temo che la riforma ci avrebbe portato qualche altra legge ad personam».
Linda Lanzillotta, sua collega di Scelta civica, è stata decisiva nella scelta del voto palese.
«Conosco il suo rigore, e sono convinto che questa decisione non sia figlia di ordini di partito ma di una scelta individuale. Resta comunque un errore: è difficile teorizzare che stiamo parlando astrattamente dell’applicazione di una legge. Qui il problema ha un nome e un cognome, e non è quello della Severino».
Ma cos’è successo tra lei e Monti?
«Non rispondo a polemiche. Preferisco ricordarmi il presidente Monti a Palazzo Chigi piuttosto che l’uomo di partito di questi mesi. Abbiamo due modi diversi di stare in questa maggioranza, che già subisce il bombardamento sul quartier generale di Renzi e quello ancora più forte del Pdl. Noi dobbiamo aiutare Letta, non complicargli ancora di più la vita».
Follini ha detto che lei alle scorse elezioni non doveva allearsi con Monti, ma con Bersani.
«È giusto che un politico si rassegni ad ascoltare sempre i maestri del giorno dopo. Sarò Pierfurby, ma la mia disinvoltura non arriva al punto di schierarmi con Vendola. Sono curioso di vedere se lo farà Renzi».
Cosa pensa di lui?
«Oggi come venditore è ancora più bravo di Berlusconi. Temo però che sia meglio come venditore che come uomo di governo. È stato presidente della Provincia di Firenze e vuole abolire le Province, propone spese prive di una copertura seria...».
Ci sarà la scissione nel Pdl?
«Non c’è nulla di più odioso che interferire nei partiti altrui. Ma la scelta di Alfano è la questione delle questioni. La storia di questi anni dimostra che prima o poi viene per tutti il bivio tra perdere la propria dignità restando con Berlusconi o salvarla andandosene. Ora tocca ad Alfano».

31 ottobre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Aldo Cazzullo

Da - http://www.corriere.it/politica/13_ottobre_31/casini-decadenza-berlusconi-giunta-gravissimo-errore-ma-io-senato-scegliero-si-95242b06-41f3-11e3-8636-110cb2716567.shtml