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Autore Discussione: Berlusconi, 20 anni fa la discesa in campo. Con la regia di Craxi e Dell’Utri  (Letto 47488 volte)
Admin
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« Risposta #45 inserito:: Marzo 20, 2009, 02:51:05 pm »

Ma la sfida vera è un Pdl che sopravviva a chi lo crea.

di Carlo Fusi
 
«Nel Pdl, ma con la nostra storia»


ROMA (20 marzo) - All’ultimo congresso di An non si vive il pathos di Fiuggi. Per una ragione: lì c’era da affrontare un presente pieno di incognite; qui c’è da proiettarsi in un domani in parte già scritto. Ma, appunto, in parte. Quella che manca non riguarda nè il consunto tema della leadership, né quello della sommatoria di due apparati. Sono nodi già risolti dagli elettori, visto che di fatto sono da tempo sovrapponibili.

Nel senso che marciano appaiati in piazza e nelle urne; la vera potenza del progetto del Pdl sta qui, il ”predellino” è fuoco d’artificio mediatico che non intacca la forza - verrebbe da dire: la necessità per il bipolarismo - dell’operazione. L’insuperabile capacità di Silvio Berlusconi di saper intercettare gli umori profondi del Paese deve coniugarsi con la cultura politica e istituzionale di Fini: sintesi complicata ma che, almeno nelle intenzioni dei due leader, non appare impossibile.

Se è così, il problema vero - diciamolo subito: tutt’altro che di facile soluzione - è quello di creare un contenitore in grado di vivere e sedimentarsi adesso, ma soprattutto di sopravvivere a chi l’ha pensato, voluto, inseguito. Che forma deve avere, chi deve rappresentare, a quale pezzo d’Italia deve parlare, su quale blocco sociale deve poggiare. E’ una sfida per il futuro che vale per tutti: per FI come per An, e anche per i ”piccoli”.

Il berlusconismo, collante formidabile, è tuttavia polizza necessaria ma non sufficiente; i valori della destra sono forti però non dispiegati fino a diventare egemonici.
Insomma è una scommessa. Il bello è che è anche l’unica 

da ilmessaggero.it
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« Risposta #46 inserito:: Marzo 21, 2009, 06:01:26 pm »

«I fascisti stanno con Berlusconi. Fini non è niente da un pezzo»

di Susanna Turco


Oggi in gran solennità si scioglie Alleanza Nazionale, ma Giuseppe Ciarrapico detto il Ciarra («mi chiamano così da quando avevo quattro anni») non si sente alla vigilia di niente. «Gnente», dice lui. Il suo giudizio preferito. Gianfranco Fini? «È gnente». Francesco Storace? «Gnente». Il futuro della destra è con Berlusconi, naturalmente, e anche il presente, se è per questo.

Editore, imprenditore dell’acqua e poi della sanità, ex proprietario della Roma, 90 giorni a Regina Coeli, oggi senatore del Pdl, il Ciarra a 75 anni continua a chiamare Mussolini «il Principale», a rivendicare il saluto romano (tutti i giorni, al picchetto del Senato) ed è in quell’età nella quale tutti i ricordi si trovano alla stessa distanza.

Il nonno che fece i soldi con lo «strozzinaggio buono» ai mercati generali e l’altro «integerrimo industriale, però noiosissimo», ma pure, per dire, quello di Dario Franceschini («lo conobbi a Ferrara, accompagnando Almirante a incontrare vecchi fascisti»).

Claretta Petacci che da Salò mandava a prendere i film americani in Svizzera per non annoiarsi, la scollatura di Sofia Loren sbirciata di nascosto per una serata intera. I 2,8 metri della scrivania che aveva il Duce a Palazzo Venezia: «L’ho comprata su e-bay per 37 milioni di lire, non so dove metterla».

Le sue lezioni di storia contemporanea all’Università di Latina. L’Italia «dei nani» di oggi e quella di ieri: «Che poi il fascismo fece anche cose orribili, come il rastrellamento del Ghetto. O le leggi razziali, il Principale fece un’autentica cretinata».

Non andrà alla fiera di Roma, a veder morire An?
«Figuriamoci. Coi necrofori?».

Ma faranno anche l’esaltazione di Almirante...
«Dettaglio che trovo strano, perché Fini si esercita sempre più nell’antifascismo non richiesto: è una delle sue quaranta svolte. Lui, che non è mai stato fascista».

Dice così perché avete litigato.
«Non ci parliamo da anni. Quando disse: “Ciarrapico io non l’avrei mai candidato”, chiusi con lui per sempre. È evidente che presentargli Almirante fu da parte mia uno sbaglio madornale».

Dica, lei che si iscrisse all’Msi nel ‘47. Da oggi dove se ne andrà il popolo della destra?
«Guardi che oggi non succede proprio niente. Questo congresso è un vòtapiatto».

Prego?
«Un vòtapiatto. Nell’800, i poveri della costa laziale inventarono questo piatto, che è fatto friggendo in padella gli scarti dei calamari. Cuocere gli avanzi, nella speranza che abbiano conservato il gusto, ma il gusto non c’è più».

E così, An...
«An è il secondo vòtapiatto. Il primo fu a Fiuggi, nel 1994».

E dunque, il popolo di An dove va da oggi?
«Ma è evidente: nel Pdl. Berlusconi è entrato nel cuore dei fascisti da tempo. Non è mai andato a festeggiare il 25 aprile, sul fascismo non ha mai detto una parola contro».

Fini, invece...
«Chiariamoci, anche io sono andato in Israele, molte volte. Però non sono andato in giro per le strade con la kippah, capisce?».

Mussolini si rivolta nella tomba, lei dice.
«Io mi rivolto anche fuori dalla tomba».

Dovesse indicare il più mussoliniano di oggi? Berlusconi?
«Non esageriamo. Ce può sta’ se parliamo di terza generazione».

Intende Berlusconi, erede di Craxi, erede di Mussolini?
«Ecco, Craxi, semmai. Una volta dovette fare un discorso sull’inaugurazione di un monumento ad Anita Garibaldi, mi chiese di ritrovargli quello che su di lei fece il Principale. Se lo guardò beato, faceva riavvolgere la pellicola per studiarsi le mosse».

E Fini non può essere l’erede di Berlusconi?
«Fini non può fare gnente.

Lui dice adesso: delfino no. Squalo, semmai.
«Macché squalo. Lo squalo te se magna. Quello non ti dà manco un mozzico».

E dunque?
«Dopo Berlusconi c’è solo Berlusconi. Io lo chiamo il Padreterno. Dice che 120 anni sono una conquista ormai acquisita dell’uomo occidentale e che, coi suoi mezzi, ce ne può aggiungere altri 20. A me, ne regala 10».

Siete coetanei, no?
«Tre anni di differenza, a lui piace dire due. È fatto così. Come per l’altezza. Ai tempi del Lodo Mondadori passai ad Arcore tre mesi, mi chiese quanto sei alto? Un metro e 71. Ma puoi guadagnare 4-5 centimetri, esclamò. E mi regalò un paio di scarpe col tacco».

Che altro, per quella mediazione?
«Un paio di quadri. Uno lo misi in barca, si inumidì: restaurarlo costò più del valore della tela».

Nient’altro?
«Nient’altro».

Non ci crederà nessuno.
«Eppure è così».

Quando vi siete conosciuti?
«Al meeting di Rimini, 35 anni fa».

I vosti rapporti?
«Buoni perché ci vediamo poco. Tanto lui ha la sua corte dei miracoli. I Cicchitto, i Bondi. L’unico che ha le palle, lì dentro, è Scajola. Però è troppo impulsivo. Berlusconi lo sa, e lo provoca».

E Tremonti?
«Mi è cordialmente antipatico, ma è molto intelligente. Berlusconi non lo teme, però. Sa, la sua voce...».

La Meloni?
«Una che dà le interviste a Chi per dire che va in vacanza in Sardegna perché abbronzata sta meglio...».

La Gelmini?
«L’ho detto anche a lei: nun te toje mai l’occhiali, che ci perdi».

Calderoli?
«Al concerto di Natale si è presentato in smoking, la mattina, al Senato. Era l’unico».

Ci saranno le correnti nel Pdl?
«Ci sono già».

Perché Berlusconi vince?
«È finita l’era dei partiti. Basta partiti, dico nei comizi: applausi sempre. Berlusconi non ha un partito. È lui, e basta».

sturco@unita.it

21 marzo 2009
da unita.it
« Ultima modifica: Aprile 01, 2009, 08:50:55 am da Admin » Registrato
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« Risposta #47 inserito:: Marzo 28, 2009, 12:17:25 pm »

Rispetto al passato il discorso è sembrato più efficace in tv che in platea

L'applauso più forte per Tatarella e Pionati viene dimenticato

Ma nella Popolandia del Cavaliere non si scalda il cuore del delegato

Il premier qualche volta si impappina e sbaglia anche i nomi di Giovanardi e di Nucara

Scenografia imponente, ma anche la regia e i video sono apparsi timidi


di FILIPPO CECCARELLI

 E insomma: tanto tuonò che Berlusconi. Può succedere: una delusione, almeno dal vivo. In tv magari ha funzionato. Ma qui sotto i capannoni della città provvisoria del Cavaliere, Berlusconia o Popolandia che sia, il discorso del presidentissimo, che doveva trascinare il pomeriggio della Libertà al culmine delle emozioni, è suonato onestamente moscio.

In politica, come in economia, ma in fondo nella vita, le aspettative giocano brutti scherzi. E i media di solito ci danno anche dentro. Ma pur con tutta la possibile autocritica per aver alimentato attese e speranze, tanto per cominciare il sistema dei parcheggi è collassato e ai giornalisti di sinistra - anche se non "adoratori di Pol Pot" - non è parso vero di poter notare che alcuni Suv con le loro possenti ruote artigliate violavano il parcheggio dei disabili.

Per quanto riguarda la politica, e quindi lo spettacolo che sempre più al giorno d'oggi gli rende il senso: l'impianto affastellato della lunga relazione del Cavaliere è inesorabilmente apparso come un compendio di berlusconismo retorico, un usato abbastanza sicuro, ma con troppi piatti ritorni e senza alcuna punta di novità, magari per mancata consultazione di Giulianone Ferrara o altri ghost-writer un po' in bambola. Recitazione: stanca. Qualche impappinamento, dimenticato o giustiziato il povero Pionati, e Pino Pizza, dopo che lo scudo se l'è preso Rotondi, nomi di battesimo sbagliati per il repubblicano Nucara e per Giovanardi, in quest'ultimo caso però l'errore è stato recuperato con formidabile scatto d'improvvisazione: "Con lui ci uniscono otto anni dai salesiani!", momento altissimo nella psico-oratoria del Cavaliere, a parte quel fantastico "Ignazio La Russia".

Come da programma, la scenografia è imponente, da kolossal: ma nella pratica bisogna anche un po' immaginarsela perché non ci si può muovere, e non solo per la calca, ma perché dentro e fuori la sala una quantità di transenne e di vigilantes della Libertà hanno insediato un complesso sistema castale e ai giornalisti è stato riservato una specie di confino politico molto distante dal palco. Così, da quel poco che era dato di capire, l'atmosfera complessiva virava decisamente verso il tiepido. Applausi tanti, ma quasi più di assenso che di consenso, il più sorprendente dedicato alla memoria di Pinuccio Tatarella.

Video e regia: timide. Paura di sbagliare, probabile raccomandazione di super-inquadrare Fini, sennò si offende. Applausi anche per lui, e per Bossi. Troppi faccioni, comunque, poche situazioni, niente movimento. Sui due maxi schermi le solite scene delle solite città italiane prese dall'alto, mari e montagne un po' sbiadite, castelli, farfalle, illustri rovine, giostra del Saracino, il Colosseo tutto illuminato, Alemanno singolarmente arrivato sul palco davanti a una caverna. A un certo punto si sono visti pure dei cibi, irriconoscibili, che cuocevano dentro una padella e un collo di bottiglia da cui fuoriusciva del vino rosso. Era troppo: anche perché poi arrivavano delle porcellane, e le vele, e i tramonti, e le scogliere e il video ripartiva.

La madrina-fatina, l'onorevole Annagrazia Calabria, è stata brava, ma anche a confessare alle moltitudini la sua emozione. A due giovani su quattro il discorso sembrava scritto da altri. Anche per questo i contenuti erano a loro modo rimarchevoli di un messaggio ripartito secondo target. Un ragazzo ha ripetutamente qualificato "eroe" Berlusconi; l'altro ha concluso citando in incognito i versi di una vecchia canzone in voga nel rautismo giovanile degli anni ottanta: "Il domani appartiene a noi". Considerazione che può anche essere realistica, ma certo comporta un qualche prezzo.

Pure la musica: così così. E di nuovo vale mettere le mani avanti: magari in tv tutto è filato a puntino. Eppure, sotto le volte della Nuova Fiera di Roma, non si è capita tanto bene la scaletta. Ottimo il coro, Beethoven, ci mancherebbe. Ma poi il salto con Meno male che Silvio c'è era bello ardito, né Fratelli d'Italia l'ha ricomposto, e nemmeno gli stacchetti, un po' kitsch, Azzurro, Nel blu dipinto di blu. Forse l'incertezza musicale dipendeva dal vuoto creatosi per la mancata esecuzione del nuovo inno, Gente della libertà, scritto di suo pugno dal Cavaliere e rifiutato all'ultimo momento da quelli di An. Per cancellare l'affronto si sono beccati Meno male che Silvio c'è, sia pure senza parole.

Per il resto, che non è poco. Beato chi crede ancora ai discorsi che si pronunciano alla tribuna dei congressi. Berlusconi ha spiegato il suo populismo e anche il suo popolarismo. Il primo era attenuato, il secondo un pochino noioso. Poi ha spiegato la libertà, che è un concetto abbastanza generico. In questo senso ha anche annunciato di aver fatto una rivoluzione liberale e "borghese", ha voluto aggiungere. E' una delle prime volte che usa questa parola ormai desueta. Egli in realtà è al tempo stesso popolano, per non dire a volte plebeo, e fa di tutto per presentarsi come parte di una novissima aristocrazia. Quanto di meno borghese si possa al giorno d'oggi immaginare.

(28 marzo 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #48 inserito:: Marzo 28, 2009, 12:23:03 pm »

Politica

Via allo show Pdl, ma Berlusconi sa solo attaccare i «comunisti»


Il presidente Berlusconi alle 18 arriva alla Fiera di Roma, dove comincia il congresso fondativo del Popolo delle Libertà. Insieme agli uomini di Forza Italia e Alleanza Nazionale, al congresso c'è anche il leader della Lega, Umberto Bossi. La platea lo applaude, lui risponde con il pugno chiuso. Poi, è lo stesso Berlusconi ha ringraziarlo in apertura del suo intervento.

Al congresso è arrivato anche un messaggio del presidente Napolitano, in cui ringrazia «per il messaggio che mi è stato indirizzato nel giorno della nascita del nuovo partito del Popolo della libertà». «Ho colto nel messaggio – scrive il Capo dello Stato – insieme con accenti di cordiale riconoscimento ed omaggio, riferimenti puntuali agli indirizzi che ho perseguito e perseguo nell'esercizio delle funzioni che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica, come imparziale garante di valori, principi ed equilibri sanciti nella Carta. Confido - conclude il presidente della Repubblica - che il Popolo della libertà vorrà assecondare ogni sforzo rivolto ad affermare una leale collaborazione tra le istituzioni e a favorire un clima politico di maggiore corresponsabilità nel superiore interesse della nazione e della sua unità».

Il discorso di Berlusconi è zeppo dei suoi cavalli di battaglia: «Siamo il partito degli italiani che amano la libertà – dice – e che vogliono restare liberi». «Il Pdl è forte, il più grande partito per consensi, e vincente perchè si è già affermato nelle urne», aggiunge. Poi è la volta die suoi amati sondaggi, quelli «veri – dice – non quelli fasulli di chi ci gioca con i sondaggi: ci danno al 43,2%. è inutile nascondere che puntiamo al 51% e sappiamo come arrivarci. Sono sicuro – prosegue – che ci arriveremo». Poi cita De Gasperi e Don Sturzo. E la sfilza di alleati che sono confluiti nel Pdl: da Baccini a Della Vedova, da Rotondi a Nucara, fino a Giovanardi.

Poi parte l'affondo alla sinistra e alla sua concezione dello Stato che «ci allontana dalla libertà e dalla civiltà». Il premier accusa la sinistra di considerare lo Stato «quasi un moloch, divinità, ma ha solo le sembianze della divinità perchè in realtà» quello che gli interessa «è solo l'esercizio del potere per una oligarchia». Al contrario, sostiene Berlusconi, per il Pdl esiste «la religione della libertà».

L'ossessione per i «comunisti» non gli è passata: Berlusconi ricorda la sua discesa in campo contro «la sinistra uscita quasi indenne dalla tempesta politico-giudiziaria, risparmiata in modo chirurgico dalle inchieste della magistratura militante, che entrò nelle macerie della prima Repubblica come l'Armata rossa a Varsavia e Berlino, dopo aver opportunisticamente atteso alla frontiera». Poi ricordando il cambio di nome del Pds, dice: «Non si diventa democratici soltanto sostituendo una parola». E ancora: «La sinistra non ha mai avuto il coraggio e la forza di rinnegare il comunismo e chiedere scusa agli italiani. La destra italiana si è rinnovata, loro hanno solo fatto finta». Per il premier gli ultimi 15 anni sono «un carosello di trasformismi e di autentici trasformisti: trasformisti botanici: dalla Quercia all'Ulivo, dall'Ulivo alla Margherita». Per non parlare, aggiunge il premier, dei «tradimenti, delle risse e degli psicodrammi parlamentari. Per esempio- conclude- stendiamo un velo pietoso sull'ultima esperienza governativa» di Romano Prodi.

E ancora: «Questa sinistra è incapace di governare, è sempre divisa e sa solo insultare. Anche per questo continua a perdere ogni consultazione elettorale». Ne ha anche per Veltroni, che per lui è stato «un bluff, l'ennesima finzione o almeno un improbabile azzardo», e per Franceschini, che «ha subito rinnegato quello che era stato il suo segretario per cercare di salvare il salvabile». Infine, si appella a «una sinistra riformista e un'opposizione moderna» perché «non possiamo caricarci i loro problemi sulle spalle» ma «abbiamo promesso solennemente di governare anche per quegli italiani che non ci hanno votato».

27 marzo 2009
da unita.it
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« Risposta #49 inserito:: Marzo 28, 2009, 03:54:09 pm »

«Immortale e deludente. Ma resta un fenomeno»


di Marco Bucciantini


Ghezzi, Berlusconi punta al 51%, vuole chiudere la partita.
«Lo scenario è la cosa più interessante di un’oratoria deludente, ormai politica: nei riferimenti al palazzo, agli alleati, al pericolo dell’antipolitica. Lo scemare di retorica si risolleva però nei continui accenni all’immortalità».

Intanto nel 2013 c’è il Quirinale...
«Basta con questi calcoli elezione dopo elezione. Dileggiate e quindi sottovalutate l’impressionante insistenza su quel senso angoscioso del suo lavorare e del volere avere tutto il tempo per fare tutto. Punta ai 150 anni e non mi sembra frivolo: di puerile c’è solo il rincorrere scadenze prossime».

Sa, ogni tanto sviene...lavorare stanca, logora....
«Mi piacerebbe sentirlo parlare del 2050, o del 2771. Cosa intende fare fin là: questa è ambizione, che spero nutra con la retorica e non con le immagini di lui sul treno, fermo in un falso dinamismo: sembrava sovrapposto, appiccicato, e un fotoritocco apponeva il cappello da capotreno».

L’allestimento era in effetti immanente, infinito...e i giornalisti in gabbia, altrove, fermi a guardarlo in tv.
«Non mi fa paura questa sua esibizione. Temo il modo di appuntare le critiche su di lui. Lui sempre. Lui comunque. Trangugiamo Berlusconi a dosi enormi e si accetta il berlusconizzarsi di tutto. L’altro giorno sono stato piacevolmente colpito dagli ascolti per l’intervento di Saviano da Fazio. Ma la valutazione è a partire dal fenomeno mediatico, sennò non si conta nulla. Sembra un dibattere sulla pura forma: ma è la materia stessa».

Ma la stampa in gabbia suona strano. Non ha più bisogno di corteggiarla? La ingabbia come i tifosi in trasferta...
«Curioso: i giornalisti chiusi dentro e davanti all’immagine stessa. Possono essere distanti dieci metri e mille chilometri. Credono di partecipare (Berlusconi è lì) e in realtà vedono. C’è un fondo di onestà in questo comportamento, come quando inizia a dire: diminuiamo i parlamentari a 200. Anzi, meglio 55, e perché no? Uno per regione. È il pensiero di molti che ci siano troppi giornalisti e poca informazione, e troppi politici e pochi risultati. Lui ci mette la faccia, l’improntitudine a dirlo. Questa è la sua onestà e qui crea il feeling con la gente».

Ha visto: leggeva. Manco fosse un oratore al comitato centrale.
«Anche Cicchito in tv lesse la sua laudatio al capo. Preferisco questa verità spudorata rispetto a quei congressi dove si vantano rapporti umani nella relatà inesistenti. Quando si mostra un’assemblea “genuina”: un quadro fasullo che qui ci viene evitato».

E l’amico di Bush è già diventato l’amico di Obama: quanti riferimenti...
«Il vero limite della democrazia è di essere inevitabilmente livellante. Lasciate perdere i messaggi che promuovono le differenze. Il sistema cerca e si basa sulle similarità delle persone. Obama è un genio mediatico, che comunica via etere con l’Iran: in questo si avvicina a Berlusconi, che se potesse spiegherebbe ogni giorno a reti unificate le sorti magnifiche e progressive della sua Italia. E se la ricerca è verso persone che tendono a somigliarsi l’un l’altre, Berlusconi è bravo, allenato dalla sua lettura pubblicitaria del mondo, dagli adorati sondaggi».

E basta con i sondaggi!
«Ma la vita è un sondaggio, è un metodo continuo, ogni nostro spostamento è sondato».

mbucciantini@unita.it

28 marzo 2009
da unita.it
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« Risposta #50 inserito:: Marzo 29, 2009, 11:37:00 am »

E il premier elogia l'alleato «D'accordo sul biotestamento»

Berlusconi: Fini è stato strepitoso. E su Elisabetta: che stile

ROMA — Segue il discorso di Fini accanto alla compagna del suo alleato, Elisabetta Tulliani. Lo commenta con lei. Passo dopo passo. «Questo è una passaggio bellissimo, bravo Gianfranco, bravissimo». I due parlottano sottovoce. Elisabetta e il Cavaliere è una foto inedita, per un'ora diventa un simbolo del nuovo partito.

Quando il presidente della Camera conclude Berlusconi sale sul palco, lo abbraccia, poi dietro le quinte dimostra di aver apprezzato la compagnia: «Hai scelto una donna che è un modello di stile e di compostezza, devo farti i complimenti». I complimenti che il premier fa al suo alleato sono meno galanti, ma politicamente più significativi, quasi esagerati: «Hai fatto un discorso strepitoso, lo ripeto e ascoltate tutti, stre-pi-to-so, perché si sappia. E' il discorso migliore che io abbia mai ascoltato, strategico, di progetto». Troppi complimenti? Non sono finiti. Appartati con Fini e Berlusconi ci sono Tremonti, Ronchi, Bondi, Bonaiuti, La Russa, alcuni parlamentari. Berlusconi chiede che sia portato da bere, vuole brindare: arriva un prosecco. E i complimenti proseguono. Lasciando la Fiera di Roma il Cavaliere, con un sorriso, si dirà dispiaciuto: «Fini ha toccato tutti i punti del mio discorso di domani, tutti tranne l'ambiente, mi toccherà riscriverlo». E di ogni punto Berlusconi dice di condividerne i contenuti, «anche sul testamento biologico».

Anche questa è una frase che spende in pubblico, davanti a testimoni. Omette un commento sul referendum elettorale, sull'enfasi che Fini vi ha posto, ma sul testamento appare sincero: ha quantomeno apprezzato i toni del suo alleato, quel suo riconoscere una «posizione minoritaria» dentro il partito, depotenziandone gli effetti politici. E non dimentica, il premier, che su questi temi il suo imperativo è sempre stato la libertà di coscienza. «E' chiaro che in un partito che aspira ad avere il 51% dei consensi posizioni diverse possono essere una ricchezza, aumentare la capacità di rappresentanza», dirà poi ai suoi, limando il discorso di oggi, che chiuderà il congresso. Se la Lega non ha mandato giù le parole di Fini sul referendum, un referendum che se passasse vedrebbe Bossi in difficoltà, Berlusconi non si preoccupa: sa che il passaggio dal bipolarismo al bipartitismo non è per l'oggi, «è una meta di lungo periodo, che ho sostenuto anche nel mio discorso, ci possono essere differenza sulla tempistica, tutto qua».

Insomma la soddisfazione per un discorso «stre-pi-to-so» dell'alleato resta solida, nonostante i due distinguo. O forse proprio per quelli. Perché nessuno si aspettava che Fini pronunciasse un discorso berlusconiano, da pensiero unico. Nessuno, a cominciare dal Cavaliere, che però ha ascoltato felice le cose che più gli interessano: la necessità di riformare i regolamenti parlamentari, rendere più veloce ed efficace l'azione del governo, superare il bicameralismo perfetto. Temi che oggi riprenderà nel suo intervento. In quegli istanti, mentre Fini parlava dal palco, il Cavaliere guardava Elisabetta, seduta accanto a lui, e sottovoce, ripreso dai megaschermi della fiera di Roma, diceva: «Bravissimo».

Marco Galluzzo
29 marzo 2009
da corriere.it
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« Risposta #51 inserito:: Marzo 29, 2009, 03:56:14 pm »

Pdl, Berlusconi eletto presidente: «Sinistra faziosa. Più poteri al premier»

Sfida a Franceschini: «Si candidi anche lui alle Europee Basta parentopoli nelle univeristà. Case alle giovani coppie»

 
 
 ROMA (29 marzo) - Il congresso del Pdl ha eletto Silvio Berlusconi presidente del partito, che, come annunciato da Giorgia Meloni, era l'unico candidato. Contemporaneamente il Cavaliere ha fatto ingresso nel padiglione dove si svolgono le assise, sulle note del motivo “Meno male che Silvio c'è”. E' stata Giorgia Meloni a far votare il congresso e a proclamare l'elezione di Silvio Berlusconi come presidente del Pdl. Prima di invitare i delegati ad alzare il cartellino, la Meloni ha comunicato che la commissione di garanzia ha «accertato la regolarità dell'unica candidatura pervenuta, quella dell'onorevole Silvio Berlusconi». E, quasi per giustificarsi, ha detto: «Sono le regole». Poi ha chiesto ai delegati di pronunciarsi: «Può anche essere eletto per acclamazione» ha detto Giorgia Meloni per evitare lungaggini. Quindi la proclamazione ufficiale di Berlusconi.

Il grande assente. Berlusconi votato dai delegati ma non da Fini che non parteciperà all'ultima giornata del congresso. A chi nota l'assenza viene subito spoiegato che non c'è nessun giallo:  il Cavaliere sapeva che oggi il leader di An non sarebbe venuto e Fini ha promesso di seguire il discorso in tv.

Berlusconi: sinistra arretrata e faziosa fa opposizione al Paese. «Grazie per la vostra fiducia e amicizia, per l'affetto. Mi avete affidato una entusiasmante responsabilità, quella di guidare il Pdl. Mi auguro di essere all'altezza, cercherò di non deluvervi mai» ha detto Berlusconi aprendo il suo intervento dal palco del Pdl. «Non esagerate, perché l'emozione e la commozione a una certa età può far male...» ha detto il premier mentre, salendo sul palco, veniva accolto da una standing ovation e da cori da stadio «Silvio Silvio». Poi, in un passaggio del discorso ha attaccato la sinistra. «Questa sinistra è arretrata e faziosa - ha detto - Ha ragione Tremonti: questa sinistra fa opposizione al Paese».

Lucida follia. Nel lungo intervento Berlusconi ha toccato un po' tutti gli aspetti della politica nazionale e internazionale ma ha anche voluto dare una spiegazione sulla nascita del Pdl. «Ieri Gianfranco mi ha fatto un complimento che mi ha fatto molto piacere: mi ha riconosciuto una lucida follia senza la quale non sarebbe nato il Pdl. Lo ringrazio per questo attestato anche perchè ha colto nel segno. Un pò matto lo sono stato davvero».

Il miracolo italiano. «La crisi che si è diffusa nel mondo è opera di un virus venuto dagli Stati Uniti. Nessuno al mondo può avere una ricetta sicura per debellare questo virus». ha aggiunto Berlusconi, parlando dal palco del congresso del Pdl. «Abbiamo agito tempestivamente e con saggezza facendo in modo che non venisse modificata la certezza del consumo e anche per il welfare a sostegno della parte povera della società per la quale i governi di sinistra non avevano fatto nulla. Dobbiamo continuare su questa strada». «La crisi non ci impedirà però di andare avanti e dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli un nuovo miracolo italiano come avvenne nel '94. Quello che ho detto il 26 gannio di quell'anno è ancora valido».  Prima la ripresa dopo la guerra, poi il boom economico degli anni '60. Ora Silvio Berlusconi dice che il Pdl «guiderà la terza ricostruzione dell'Italia. Usciremo dalla crisi più forti di prima ma anche dall'incertezza politica».

Il federalismo per pagare meno tasse. «Il federalismo, quando sarà a regime, porterà a una riduzione delle spese inutili. Tutto ciò che sarà risparmiato verrà utilizzato per diminuire le tasse. Abbiamo profondamente creduto nel federalismo e attuarlo non significa affatto pagare un tributo alla Lega».

Il partito degli italiani. «Oggi nasce il grande partito degli italiani. Siamo il Popolo della libertà. Alla libertà, alla dignità dell'uomo, ai pari diritti tra uomo e donna, alla sacralità della vita e alla difesa della famiglia naturale, noi non rinunciamo. Gli latri chiamo tutto questo “berlusconismo” ma i nostri riferimenti sono gli stessi del Partito dei popoli europei».

Casa e famiglia. «Mettere insieme una famiglia è una decisione diventata una scelta diciamolo pure coraggiosa. Per questo una parte importante del piano casa che realizzeremo tra breve sarà dedicata proprio alle giovani coppie per cui la ricerca di un'abitazione non dovrà rappresentare più un freno all'uscita dal guscio rappresentato dalla famiglia

Università e parentopoli. «L'università deve cambiare. No alla moltiplicazione dei corsi di laurea a vantaggio di parenti e amici per dare gli incarichi da docenti e ricercatori. Sì, invece, a premiare solo le università con l'offerta formativa migliore: 135mila studenti meritevoli di fasce sociali più deboli avranno vere borse di studio per andare avanti».

Costituzione da rinnovare. «La Costituzione va rivitalizzata e arricchita. Una delle missioni della nostra maggioranza è ammodernare l'architettura istituzionale dello Stato. Ha ragione Fini quando usa la metafora del calabrone e della farfalla. Ora è il tempo di passare dal calabrone alla crisalide ed è tempo che la crisalide diventi finalmente farfalla. Noi faremo di tutto perchè la farfalla, che rappresenta la nuova Italia, spicchi il suo volo».

Un premier senza poteri. Il Sunday Times ha scritto che Berlusocni vuole dare un potere reale alla carica di presidente della Repubblica ma Berlusocni ha preferito parlare dei poteri che non ha come premier. «Si è molto ironizzato su di me e sul ruolo di presidente del Consiglio, ma la verità è che io posso solo redigere l'ordine del giorno del Consiglio dei ministri ed esercitare la mia moral suasion. I poteri che la Costituzione assegna al presidente del Consiglio sono praticamente inesistenti. Vanno quindi rafforzati perchè la governabilità è ciò di cui il Paese ha bisogno».

Nuove regole senza mortificare il Parlamento. «La riforma dei regolamenti parlamentari, che sono immutati dai tempi della prima repubblica, non è più rinviabile e non mortificherà il Parlamento ma gli restituirà il giusto ruolo e la piena dignità. Una riforma necessaria per evitare che i regolamenti siano lo strumento e il pretesto per l'ostruzionismo da parte dell'opposizione. Il Parlamento potrà così valutare i provvedimenti secondo tempi che non sono posti dal governo ma dall'urgenza delle circostanze».

Le europee e la sfida a Franceschini. «Io non ho esitazioni ad impegnarmi concretamente alle prossime europee. Un leader deve avere il coraggio di farlo. Dicono che è una candidatura di bandiera? Ma è una bandiera dietro la quale ogni vero leader chiama a raccolta il proprio popolo. Sarebbe bene che anche un leader dell'opposizione, se esistesse un leader, facesse altrettanto. Le prossime elezioni europee sono molto importanti. Puntiamo a diventera il primo gruppo nel Ppe. In Italia ora siamo al 44 per cento ma un grande partito non si accontenta e si candida a ottenere il 51 per cento dei consensi».

Dopo un'ora, l'Inno alla gioia. È durato un'ora il discorso conclusivo del premier Silvio Berlusconi al congresso del Pd. Il premier attorniato da tutti i dirigenti del Popolo delle libertà chiude sulle note dell'Inno alla gioia e quindi dell'Inno italiano. Prima di scendere dal palco l'ultima investitura: «Vi nomino tutti missionari di libertà. La missione è quella di far crescere i consensi del nuovo partito, di vincere europee e amministrative, di radicare le nostre idee tra i vostri conoscenti, nei luoghi di lavoro. Siamo un partito aperto a tutti coloro che vogliono impegnarsi per il bene comune».

Lo Statuto del Pdl è stato approvato in precedenza dal congresso con 4 voti contrari e 5 astenuti sui 5.820 delegati presenti alla Fiera di Roma. Per effettuare la votazione, avvenuta per "alzata di cartellino giallo", come ha chiesto il presidente di turno dell'assemblea, Antonio Leone, è stato fatto salire sul palco un notaio, Antonio Patella, che ha verificato la correttezza delle procedure e l'assenza di ricorsi. Con tre voti contrari e 2 astenuti, è stato poi eletto il collegio dei probiviri, composto da nove membri.

I coordinatori. Il congresso del Pdl ha nominato i tre nuovi coordinatori: Ignazio La Russa, Denis Verdini, e Sandro Bondi. Nasce così il cosiddetto triumvirato che guiderà il nuovo soggetto unitario del centrodestra.

La Russa: non è una colpa avere tanti leader. «Non è colpa nostra se abbiamo abbondanza di leader. Tra Fini e Berlusconi e Franceschini e Veltroni passa la stessa differenza che c'è tra il giorno e la notte»: lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, nel suo intervento al congresso del Pdl, lamentando l'insistenza con cui Dario Franceschini continua a chiedere che il presidente del Consiglio non si candidi alle europee. La Russa era arrivato sul palco esordendo con un saluto ai militari italiani impegnati nelle missioni di pace, «dov'è il confine della libertà», e ai soldati che pattugliano le strade italiane e lancia il video organizzato in occasione della Festa delle Forze armate, che viene seguito dalla platea che al termine applaude in piedi. Non è mancata una frecciatina verso la Lega: «La Lega cerchi elettori fuori dal recenti comune latrimenti sarà competizione ad armi pari. Non è nemmeno possibile che sia sempre la coalizione della libertà a farsi da parte». Insomma, la Lega è stata avvisata così come l'Udc: «L'amico Casini non accetta il bipolarismo ma noi non torniamo indietro».

Bondi: sarò coordinatore con tenerezza. «Nel ruolo che il presidente Berlusconi e voi mi vorrete assegnare, continuerò a lavorare con spirito appassionato nel difendere il Pdl, con lealtà, rispetto e persino tenerezza nei rapporti personali» ha detto Sandro Bondi prima di essere eletto coordinatore. Bondi ha anche letto una lettera di Don Baget Bozzo, impossibilitato a partecipare di persona per problemi di salute, in cui viene definita la nascita del Pdl «un evento storico. E' l'unica possibilità - scrive il religioso-politologo - di dare un governo all'Italia. Il brutto anatroccolo è diventato un'aquila reale, e il governo Berlusconi è chiamato a creare una possibilità nella tempesta della crisi».

 
da ilmessaggero.it
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« Risposta #52 inserito:: Marzo 29, 2009, 04:00:11 pm »

Casini: «Il premier sembra Alice»

Di Pietro: vuole azzerare la Costituzione


Bersani: «Da Berlusconi retorica e parole lontane dalla realtà»

 
 
 ROMA (29 marzo) - «Da Berlusconi un tipico discorso da vero e proprio ducetto: vuole azzerare la Costituzione e diventare il padre padrone della sua nuova azienda "Italia"». Così il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, commenta il discorso con il quale il premier, Silvio Berlusconi, ha chiuso il congresso fondativo del Popolo della libertà. «Berlusconi - sostiene Di Pietro - propone la riforma dei regolamenti parlamentari al solo fine di eliminare definitivamente quel che lui considera un inutile ingombro, ossia l'opposizione. Pretende che vengano dati maggiori poteri al premier, cioè a lui, così avrà mano libera su quello che lui percepisce come una zavorra: la democrazia. Insomma, dopo il controllo dell'informazione, l'attacco all'indipendenza della magistratura, l'indebolimento del sindacato, ecco il potere assoluto, ultimo tassello per il compimento del piano di rinascita democratica della P2, di cui Berlusconi è un noto affiliato».

Casini: il premier ripete sempre le stesse cose. «Il congresso del Pdl - dice il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini - splendido dal punto di vista scenico, ha ricalcato anche nel discorso quello di 15 anni fa. Nel frattempo Berlusconi è stato 7 anni, la metà del tempo, a palazzo Chigi. E oggi ripropone le stesse cose come se fosse Alice nel paese delle meraviglie. Le cose di cui Berlusconi ha parlato è chiamato a farle lui, e se finora non le ha fatte, non è certo perchè qualcuno non glielo ha consentito.
Quanto alle riforme istituzionali, se ne parla da lungo tempo. Non mi pare un elemento di grande novità».

Bersani: da Berlusconi parole lontane dalla realtà. «Molta retorica - commenta Pier Luigi Bersani - molta autocelebrazione, un'ennesima auto apoteosi di Berlusconi, niente di concreto per questo Paese, le parole sulla crisi sono state di una distanza stellare dalla realtà».

Fassino: il premier ha eluso i nodi di Fini, lo incalzeremo. «Ieri Fini ha posto la questione delle riforme istituzionali da fare insieme all'opposizione - haa sottolineato Piero Fassino - e ha detto che la laicità non può essere sacrificata. Oggi Berlusconi ha eluso questi nodi che sono rilevanti e sui quali noi incalzeremo il centrodestra, come lo incalzeremo soprattutto sulla crisi e sulle risposte ad essa perchè finora le risposte del governo sono state inadeguate». 
 
da ilmessaggero.it
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« Risposta #53 inserito:: Marzo 29, 2009, 04:01:13 pm »

Congresso pdl, LE REAZIONI

Di Pietro: «Così realizza il piano P2» Bersani: «Premier distante dalla realtà»

L'attacco delle opposizioni dopo il discorso di Berlusconi.

Casini: «Nessuno ha mai avuto il potere che ha lui»
 

ROMA - Le repliche al discorso di Berlusconi in chiusura del congresso del Pdl non si fanno attendere. Il leader dell'Italia dei Valori Antonio di Pietro attacca a testa bassa: «Da Berlusconi un tipico discorso da vero e proprio ducetto: vuole azzerare la Costituzione e diventare il padre padrone della sua nuova azienda 'Italia'. Propone la riforma dei regolamenti parlamentari al solo fine di eliminare definitivamente quel che lui considera un inutile ingombro, ossia l'opposizione; pretende che vengano dati maggiori poteri al premier, cioè a lui, così avrà mano libera su quello che lui percepisce come una zavorra: la democrazia». Insomma, chiude Di Pietro, «dopo il controllo dell'informazione, l'attacco all'indipendenza della magistratura, l'indebolimento del sindacato, ecco il potere assoluto, ultimo tassello per il compimento del piano di rinascita democratica della P2, di cui Berlusconi è un noto affiliato».

CASINI - Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini parla alla trasmissione «In 1/2 ora» su Raitre: «Berlusconi ripropone quella che ha proposto quindici anni fa, come se fosse Alice nel Paese delle meraviglie. Nessuno, in Italia, ha mai avuto tutto il potere che ha lui. Non credo che neanche De Gasperi lo abbia mai avuto. Anche lui come me ha preso impegni, come ad esempio l’abolizione delle province. Invece di questo non si parla neanche più, visto che è la Lega ad avere la golden share sulla materia». Insomma, per Casini «Berlusconi non ha fatto tutto quello che ha promesso, pur avendo un potere immenso». E sull'invito rivolto all'Udc: «Cerca di arrivare al 51% e sa che senza di noi non ci arriverà mai. Oggi nel Pdl ci sta chi sta sotto il mantello berlusconiano e non idee diverse».

BERSANI - Per Pierluigi Bersani, intervistato dal Tg1, l'ntervento di Berlusconi ha espresso sono «molta retorica, molta auto celebrazione, un'ennesima auto apoteosi, niente di concreto per questo Paese: le parole sulla crisi sono state di una distanza stellare dalla realtà».


29 marzo 2009
da corriere.it
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« Risposta #54 inserito:: Marzo 29, 2009, 10:37:43 pm »

L'INTERVISTA/Denis Verdini

"Che fatica metterli insieme"

Il coordinatore di FI: "Io e La Russa abbiamo lavorato come due mediani: c'è voluto anche qualche calcio nel sedere"

di FRANCESCO BEI

 
Coordinatore di Forza Italia dalle elezioni del 2008, Denis Verdini (da Fivizzano, lo stesso paesino di cui è stato sindaco Sandro Bondi), è stato il "deus ex machina" del congresso del Pdl. Per mesi ha trattato a muso duro con il reggente di An, Ignazio La Russa, difendendo centimetro per centimetro gli spazi dei forzisti dagli assalti degli ex missini. E pure dentro Forza Italia ha fama di "cattivo" e non si è mai fatto mancare i nemici. Mentre gli operai smontano il palco della Fiera di Roma, il triumviro risponde a qualche domanda sul dietro le quinte del congresso.

Una vita sempre a spingere nell'ombra?
"La Russa ed io siamo stati mesi a giocare come due mediani, notte e giorno, fra mille difficoltà. E abbiamo anche dovuto dare qualche pedata nel sedere. Berlusconi e Fini hanno messo insieme gli elettori di Forza Italia e An alle elezioni di aprile. A noi è toccato invece il compito di mettere insieme le classi dirigenti, un compito per niente facile".

Così ha aggiunto altri nemici ai già numerosi che si è fatto compilando le liste elettorali. Nel Pdl dovrà camminare con i guardaspalle?
"Nemici? No, anzi spero di essermi fatto qualche amico in più visto che ho lavorato per il bene di tutti".

Dicono che lei non ascolti nessuno, è così?
"No, ma è vero che in certi momenti occorre assumere delle decisioni, perché il tempo incombe".

Decisioni in solitudine?
"La solitudine a volte è stata un obbligo: se stai ad ascoltare sempre tutti fai solo la somma di piccole cose e non costruisci nulla di più grande".

Si è fatto la fama del cattivo.
"Spero di no. Ma c'era da costruire questa grande cosa...".

Come sarà la convivenza al vertice di tre coordinatori con uguali poteri? Dicono che con La Russa e Bondi non vi sopportiate molto, è vero?
"Assolutamente falso, non c'è alcun problema tra noi. Con La Russa abbiamo lavorato insieme per mesi: è chiaro che in qualche momemnto abbiamo dovuto discutere, ma non c'è mai stata una rottura. Con Bondi poi... abbiamo lavorato insieme per anni".

Si dice che abbiate già trovato la nuova sede unitaria del Pdl, vicino al Parlamento. Lascerete via dell'Umiltà?
"Dal punto di vista operativo le due sedi di via dell'Umiltà e di via della Scrofa resteranno ancora per un po'. E' vero che abbiamo individuato una sede per l'ufficio di presidenza del Pdl, ma bisogna ancora firmare i contratti e pensare agli arredamenti".

Nel Pdl c'è ancora questo problema dei circoli. Chi l'ha avuta vinta?
"I circoli sono dentro il partito, saranno il punto dell'organizzazione più vicino ai cittadini".

E dipenderanno dal Pdl?
"Quando faranno le loro attività saranno indipendenti, quando faranno politica dovranno rispondere al responsabile Pdl sul territorio".

Verdini, uno dei motivi per cui non è amato in Forza Italia è che non risponde mai al telefono. Nel Pdl accenderà il cellulare?
"Adesso sì, adesso sarà tutto più facile. Il mio cellulare è già riacceso".

(29 marzo 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #55 inserito:: Marzo 29, 2009, 10:38:33 pm »

Presidenza e direzione: la struttura del nuovo partito

di Riccardo Ferrazza
 


ROMA - Finisce con il palco affollato dai «big» del nuovo partito. A chiamarli accanto a lui, per l'ultimo atto del congresso fondativo del Pdl, è lo stesso Silvio Berlusconi, dopo un'ora di discorso preceduta dalla proclamazione a presidente nazionale. La sua, aveva annunciato poco prima il ministro Giorgia Meloni, è l'unica candidatura pervenuta (aggiungendo che la commissione di garanzia ne aveva «accertato la regolarità», un passaggio formale accompagnato da qualche sorriso in platea). Per ratificarla si è prima provata la strada dell'alzata di mano (che è poi in realtà del cartellino giallo consegnato a ogni delegato); poi per abbreviare le procedure si è deciso la semplice acclamazione.

Così, terminato il suo secondo e conclusivo intervento (il primo era stato pronunciato venerdì) Berlusconi ha voluto smorzare quell'impressione che ha accompagnato le tre giornate di assise di un solo uomo al comando. Ecco comparire, quindi, al suo fianco la nutrita schiera dei dirigenti del Popolo della libertà.

Lo Statuto - approvato stamattina dai 5.820 delegati con appena quattro voti contrari e cinque astenuti - prevede che ad affiancare il presidente del partito e a coadiuvarlo nelle scelte (tra cui nomine e cadidature) sia un ufficio di presidenza. Il primo organismo del Pdl è composto da 34 dirigenti: sono i ministri, i presidenti di regione, i sindaci (tutti ieri a fianco del premier) e anche il triumvirato dei coordinatori. Da tempo era noto che quest'ultimo sarebbe stato formato dal Ignazio La Russa (da oggi ex reggente di An), Denis Verdini (già coordinatore di Forza Italia) e Sandro Bondi (ministro della Cultura ma con una lunga militanza al vertice del partito azzurro). La nomima ufficiale spettava, però, a Berlusconi che tuttavia se ne è "dimentcato" una volta raggiunto da tutto il "gruppone". Si può dire, quindi, che la nomina dei coordinaitori sia avvenuta per chiamata sul palco.

La struttura di vertice del partito sarà completa solo con la Direzione nazionale, presieduta dal presidente e composta da 120 membri eletti dal Congresso «eventualmente anche con lista prevalentemente bloccata». Integrazione o completamento del plenum spetta al presidente e all'ufficio di presidenza.

Alla base c'è la distinzione tra aderenti e associati. I primi potranno votare ma non essere eletti, i secondi solo gli unici a potere esercitare entrambi i diritti (elettorato attivo e passivo). Infine, come indicato nello Statuto, per «allargare al massimo la partecipazione dei cittadini», il Pdl si avvarrà «delle opportunità offerte da internet». Una carta che potà risultare molto utile vista la forte presenza giovanile nei tre giorni alla Fiera di Roma.

29 marzo 2009
 
da ilsole24ore.com
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« Risposta #56 inserito:: Marzo 29, 2009, 10:39:40 pm »

2009-03-29 17:46

Berlusconi-Fini insieme, ognuno per la sua strada


di Alessio Panizzi


ROMA - Un partito, due leader. Con ruoli e progetti diversi per il futuro. Finisce con questa immagine il primo congresso del Pdl. Silvio Berlusconi punta tutto sul suo governo e sul "popolo" che, da 15 anni, seppure tra alti e bassi, sostiene la sua leadership carismatica. La missione è la stessa del 1994: "cambiare l'Italia", vincere la scommessa sulla crisi economica mondiale, ammodernare le istituzioni dando "più potere" al capo del governo.

La sua forza è una maggioranza parlamentare strabordante, ma dovuta anche all'asse con la Lega. Per ottenere i suoi obiettivi, il Cavaliere è pronto anche a "fare da solo". Gianfranco Fini guarda oltre l'orizzonte della legislatura, si candida a guidare un centrodestra europeo, moderno, capace di affrontare le nuove sfide globali: l'inclusione sociale, l'integrazione, la bioetica, le grandi riforme costituzionali.

L'attitudine verso l'opposizione, politica e sociale, è opposta a quella del premier, forse anche grazie al suo ruolo di presidente della Camera. Il suo invito al dialogo, al confronto, alla coesione sociale è analogo a quello che più volte viene dal Quirinale. Un partito, due leader. Solo i prossimi mesi (e forse anni) diranno se le diversità di toni, di approccio, di progetti si potranno comporre in un solo disegno strategico. Per il momento, il Popolo della Libertà che nasce oggi si appoggia ora alla capacità istrionica e mediatica dell'uno, ora alla abilità e al progetto dell'altro.

 Nei fatti, però, il confronto tra i tre discorsi (quelli di venerdì e di oggi di Berlusconi, quello di ieri di Fini), mette in luce molte questioni irrisolte, richiede risposte che non sono venute. Oggi il presidente della Camera non era alla Fiera di Roma per ascoltare il Cavaliere - non c'era nemmeno il suo collega del Senato e le fonti ufficiali parlano di assenze 'istituzionali' concordate in anticipo - ma, se ci fosse stato, non avrebbe ascoltato risposte al suo intervento di ieri, se non nel rimpallo alla sinistra della responsabilità della "stagione costituente" che manca dall'esordio dell'era berlusconiana.

Per il resto, niente sul referendum, sul ddl da "Stato etico", sul testamento biologico, niente sulle leggi per la cittadinanza degli immigrati regolari, niente sui tre "patti" (generazionale, tra capitale e lavoro, tra Nord e Sud) che il presidente della Camera invitava a stringere con opposizione e forze sociali. Se il dialogo tra i due co-fondatori del Pdl non è stato pubblico, potrebbe essere stato privato. Ma la sfida del nuovo partito, se davvero dovrà durare "decenni", è anche quella di mostrare se funziona la comunicazione tra i suoi leader.
 
da ansa.it
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« Risposta #57 inserito:: Marzo 29, 2009, 10:40:39 pm »

Silvio e Gianfranco divisi su ruolo del Parlamento e legge elettorale

di Barbara Fiammeri
 
 
 
L'attesa per l'intervento di chiusura di Silvio Berlusconi, dopo le "sfide" lanciategli ieri da Gianfranco Fini, è stata in parte delusa. E non solo perchè Berlusconi nulla ha detto a proposito del testamento biologico e del referendum, dopo le sollecitazioni giunte dal presidente della Camera. Ma soprattutto perchè quel che il premier oggi ha affermato era in gran parte già noto.

La strategia di Berlusconi non cambia. Lo conferma anche la scelta di richiamare e rileggere un capitolo del suo discorso di 15 anni fa. Berlusconi ha ribadito che sulle grandi riforme, a partire da quella costituzionale, la maggioranza è pronta ad andare da sola. Il dialogo con l'opposizione è difficilmente percorribile per il presidente del Consiglio, che nel descrivere i capisaldi che dovranno sorreggere la nuova architettura costituzionale si è soffermato molto sul rafforzamento dei poteri del premier («che oggi sono finti») e mai su quelli del Parlamento.

Il presidenzialismo più volte descritto dal presidente della Camera poggia invece su un modello in cui all'ampliamento dei poteri dell'esecutivo e in particolare del capo del Governo, corrisponde un rafforzamento di quelli di controllo e indirizzo del Parlamento. Due visioni che al di là delle «interpretazioni maliziose» sulle polemiche intercorse tra i due, confermano una distanza tra il Cavaliere e l'ex leader di An.

Fini disegna un Pdl che deve guardare oltre il suo recinto, che deve proporre una sua visione strategica per mettere oggi le fondamenta dell'Italia del futuro, sfidando la sinistra al confronto. Berlusconi invece è molto più legato al presente. Il premier non ritiene che ci siano le condizioni di dialogare con l'opposizione e dunque - sostiene - intanto facciamo la riforma dei regolamenti parlamentari, che comunque ci consentono di accelerare i tempi per i provvedimenti ritenuti urgenti dal Governo.

È una strategia che persegue da tempo, già emersa in occasione dei contrasti con il capo dello Stato (e con lo stesso Fini), che aveva richiamato il Governo sull'uso eccessivo dei decreti legge e del voto d fiducia, e che è poi deflagrata apertamente sul Dl Englaro. Berlusconi non vuole mettersi attorno a un tavolo, per decidere assieme quali siano le regole del gioco. Il premier si rivolge direttamente al al popolo. E in questa strategia si inserisce anche la scelta di confermare l'attuale legge elettorale. Fini aveva chiesto esplicitamente una parola chiara sul referendum, spiegando che un eventuale successo avrebbe accelerato il processo verso il bipartitismo. Berlusconi oggi quella parola non l'ha pronunciata.

Certo, ha pesato sicuramente il timore che Bossi potesse insorgere (per il Carroccio se passasse il referendum sarebbe la fine). Ma c'è anche qualcosa di più. E proprio Berlusconi lo ha spiegato nel suo primo discorso al congresso, quello di venerdì: quella legge infatti comunque consente di indicare il premier e la coalizione che lo sostiene, introducendo così surrettiziamente un'elezione diretta del capo del Governo che invece la nostra attuale Costituzione affida all'autonomia del presidente della Repubblica. Una prassi che, «grazie alla volontà del popolo», è ora iventata regola.

Due strategie diverse frutto anche, ovviamente, di ruoli diversi. Fini è il presidente della Camera e dunque riveste di per sé una posizione super partes. Ma l'ex leader di An, liberatosi dal confine del suo vecchio partito, sembra anche sentirsi più libero di affermare posizioni che oggi sono minoritarie ma attorno alle quali conta di costruire un consenso (Fini ha ricevuto molti più applausi ieri di quanti ne avesse presi una settimana prima al congresso di An). Berlusconi invece quel consenso ce l'ha già e non deve conquistare nulla, almeno fino a quando i numeri saranno dalla sua parte. È per qesto che non manca occasione di far conoscere i risultati da lui stesso commissionati (lo ha fatto anche ieri annunciando che il Pdl ha superat il 44% nelle intenzioni di voto) e che da sempre lo guidano nella sua azione politica.

Il Cavaliere finora ha confezionato un successo dietro l'altro e come dice - credendoci davvero - punta alla maggioranza assoluta.Certo c'è l'incognita della crisi. E non è poco. Soprattutto per un premier, a capo di un partito che viaggia attorno al 40% dei consensi e che gode di una solidissima maggioranza parlamentare.

29 marzo 2009
da ilsole24ore.com
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« Risposta #58 inserito:: Marzo 30, 2009, 09:18:53 am »

Apprezzamenti da deputati e ministri della maggioranza

Ironico Menia (ex An): "Magari risponderà a Fini domani..."

Berlusconi, dal congresso solo applausi

Di Pietro: "Ha parlato da ducetto"

Duro anche Casini: "Nessuno gli ha impedito di fare ciò che chiede. Parlando così sembra Alice nel paese delle meraviglie"

di ALESSIO SGHERZA


 Berlusconi è sceso da poco dal palco mentre le reazioni al suo discorso di insediamento come presidente del nuovo Popolo della Libertà iniziano ad arrivare.
L'unico commento critico dall'interno è di Roberto Menia (ex An) che sottolinea l'assenza di risposte, nell'intervento del premier, alle questioni sollevate ieri da Gianfranco Fini: "E' stato - ironizza Menia - un discorso didascalico. Ho apprezzato ieri Fini che ci ha dato delle sollecitazioni alle quali immaginavo il premier avrebbe risposto oggi. Forse lo farà domani...".

A parte questa voce dissonante, dai rappresentati del nuovo partito è un coro unanime di apprezzamenti. In cui ognuno sottolinea elementi diversi. "Penso che il passaggio fondamentale - commenta Roberto Formigoni - sia quando Berlusconi dice che devono essere fatte le riforme. Le abbiamo fatte in passato e le hanno cancellate. Auspichiamo che l'opposizione non sia sul no pregiudiziale". Sulla stessa linea il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: "Sulle riforme istituzionali non riusciamo a capire qual è il punto di equilibrio del Partito democratico e Berlusconi è stato chiarissimo: ci auguriamo di farlo in due ma non ci faremo arrestare dai veti".

Berlusconi non ha parlato del referendum? Giusto così, secondo Italo Bocchino, vicecapogruppo Pdl alla Camera: "Ha eluso la questione perché credo che come presidente del consiglio abbia il dovere di farlo. Il governo deve decidere la data e dunque è parte in causa". E sul testamento biologico, altra questione evitata dal premier?
Bene anche quello: "E' una legge di iniziativa parlamentare - continua Bocchino - quando Berlusconi parla lo si accusa di invadere il campo del parlamento, quando tace per rispettare il parlamento lo si accusa di non aver parlato, dobbiamo metterci d'accordo".

Matteoli, sulla questione testamento biologico, preferisce commentare: "Berlusconi si era già espresso
precedentemente per la libertà di coscienza, una presa di posizione molto chiara che condivido completamente". La Boniver spiega che "la tenace capacità dimostrata in 15 anni da Berlusconi fa ben sperare che le tante agognate riforme, di cui l'Italia ha un disperato bisogno, potranno realizzarsi". Si allinea la Gelmini: "Quello di Berlusconi è stato un messaggio di speranza e di fiducia che guarda soprattutto alle nuove generazioni".

Da Udc e opposizione arrivano le critiche. "L'intervento di Berlusconi - sostiene Pier Ferdinando Casini - ha ricalcato il discorso della discesa in campo del '94. Solo che Berlusconi da allora la metà del tempo l'ha passata a Palazzo Chigi e dice oggi le stesse cose di allora come se fosse Alice nel paese delle meraviglie. Ma tutte le cose che chiede avrebbe dovuto farle lui, non mi pare che nessuno glielo abbia impedito".

La senatrice Anna Finocchiaro (Pd) ragiona sulle ripercussioni del discorso di Fini ieri sul Berlusconi di oggi: "E' evidente che le parole di Fini hanno messo in difficoltà il premier, costringendolo a reticenze e incertezze su tante cose, a partire ad esempio dal testamento biologico e dal referendum". Pier Luigi Bersani (Pd): "Molta retorica, molta autocelebrazione, un'ennesima auto apoteosi di Berlusconi, le parole sulla crisi sono state di una distanza stellare dalla realtà".

Il carico da novanta lo mette, come sempre, Antonio Di Pietro. "Da Berlusconi - dice il leader dell'Italia dei Valori - un tipico discorso da vero e proprio ducetto: vuole azzerare la Costituzione e diventare il padre padrone della sua nuova 'azienda Italia'. Propone la riforma dei regolamenti parlamentari al solo fine di eliminare definitivamente quel che lui considera un inutile ingombro, ossia l'opposizione; pretende che vengano dati maggiori poteri al Premier, cioè a lui, così avrà mano libera su quello che lui percepisce come una zavorra: la democrazia. Insomma - chiude Di Pietro - dopo il controllo dell'informazione, l'attacco all'indipendenza della magistratura, l'indebolimento del sindacato, ecco il potere assoluto".

(29 marzo 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #59 inserito:: Aprile 05, 2009, 11:59:30 pm »

2009-04-05 20:14

Berlusconi: saro' a Washington da Obama


dell'inviato Federico Garimberti

PRAGA - Alla fine la bilaterale fra Silvio Berlusconi e Barack Obama ci sarà. A Washington, probabilmente prima del summit della Maddalena. Un invito, quello del presidente degli Stati Uniti, che arriva al termine del vertice Ue-Usa di Praga, ultimo di una serie di incontri internazionali a margine dei quali Obama ha parlato con tutti i leader del G8 che non aveva ancora avuto modo di conoscere. Ed anche qualcuno che non fa parte del circuito degli 8 grandi, come il greco Costas Karamanlis o lo spagnolo José Luis Zapatero. Una lunga lista (che comprende i leader di Polonia, Repubblica Ceca, India, Cina) nella quale non figura fino ad ora l'Italia.

In conferenza stampa, il presidente del Consiglio non sembra essere molto ansioso di dare la notizia dell'imminente incontro. Della visita parla solo alla fine e solo per rispondere all'ennesima domanda sul tema. "Il presidente Obama - dice - mi ha invitato a Washington". Poi, su insistenza dei cronisti che gli chiedono la data, aggiunge: "Ma ci siamo parlati un mare di volte in questi giorni... Credo comunque, anche se dobbiamo scegliere la data, che sarà prossimamente". D'altronde, precisa, "c'é una consonanza tale di vedute che sarà solo una visita di cortesia, come presidente del G8 in preparazione del summit".

E' lo stesso Cavaliere ad aggiungere una battuta, proprio per ironizzare sull'attenzione che la stampa dedica al tema: "Ridendo ho detto a Obama che i giornalisti italiani attribuiscono molta importanza al fatto che non c'é stata questa bilaterale; gli ho detto: se me lo chiedi, io te la concedo...". Una battuta, sottolinea, su cui "abbiamo riso" insieme. Berlusconi fa precedere l'annuncio dai consueti complimenti che, dall'inizio del tour europeo, riserva al presidente Usa: "Ha confermato tutte le aspettative; ha fatto veramente un'ottima impressione a tutti noi per la sua visione, la sua saggezza, la sua chiarezza e anche per la sua umiltà". Insomma, "ci ha colpito tutti profondamente".

Una "consonanza" che Berlusconi riscontra non solo sul piano umano, ma anche su quello politico. In questo è aiutato dalla doppia presa di posizione che lo stesso Obama annuncia in materia di crisi e di allargamento dell'Ue: prima sottolineando la necessità che in questo momento di difficoltà sia data precedenza a chi perde il posto di lavoro; poi sostenendo l'ingresso della Turchia in Europa. Politiche che Berlusconi sostiene da tempo e che ora trovano un'autorevole sponda oltreoceano. Tanto più che sull'ingresso di Ankara Francia e Germania si trovano in rotta di collisione con Washington.

L'Italia vede così uno spiraglio per recuperare quel ruolo di mediazione che, negli anni dell'amministrazione Bush, aveva fra le due sponde dell'Atlantico. "Penso si possa trovare un compromesso - osserva infatti Berlusconi - rimandando le regole sulla libera circolazione dei cittadini turchi". Convergenza che si ritrova sui temi economici: "Io e il presidente Obama diciamo esattamente la stessa cosa: non dobbiamo lasciare indietro nessuno", sottolinea il Cavaliere. Sintonia che, da quì all'incontro Washington, potrà estendersi ulteriormente. 


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