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Autore Discussione: L'ultimo exploit del "Ciarra" una vita tra il Duce e i quattrini  (Letto 3001 volte)
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« inserito:: Marzo 11, 2008, 05:50:48 pm »

POLITICA

IL PERSONAGGIO.

Il crack Ambrosiano, l'avventura di Fiuggi, il business delle cliniche: così Ciarrapico è diventato un protagonista dell'imprenditoria

L'ultimo exploit del "Ciarra" una vita tra il Duce e i quattrini

di FILIPPO CECCARELLI


A PROPOSITO di volti nuovi e limpidi ideali, per il Popolo della libertà, quota Berlusconi, sarà nominato senatore anche Giuseppe Ciarrapico: e ci si sente tutti più giovani e sgomenti, come se il volo magico della campagna elettorale riappiccicasse la vita pubblica non tanto al fascismo, ma al dissennato e pittoresco caos politico affaristico degli anni ottanta.

E' allora che comparve sulla ribalta il Ciarra, con il suo ostentatissimo mussolinismo, i saluti romani, l'editoria nostalgica, l'immenso sottocollo e l'accento romanesco alla Aldo Fabrizi. Il cuore nero, "storicamente" nero puntualizzava lui per limitare il danno, e il portafogli bianco. O meglio grigio, nel senso che il personaggio temerariamente giostrava le sue faccende, i tempestosi negozi, i fuggevolissimi quattrini, all'ombra del potere e sottopotere andreottiano, con puntate nel milieu di Craxi, a un certo punto voleva pure comprare l'Avanti!, intanto vendeva la carta all'Unità, di norma sponsorizzava qualsiasi intruglio partitico e transpartitico e nella stagione di Tangentopoli finì in galera - evento in verità assai preannunciato e smentito con poetiche dichiarazioni: "Sono libero come una rondine!" declamava al telefono - per certi finanziamenti, pensa tu, al Psdi.

Ogni tanto il personaggio sparisce, evapora, s'inabissa. La penultima volta, sul finire del secolo scorso, sembrava fosse stato travolto da una specie di crisi mistica con esiti incerti fra un anticipo di temperie teo-con e l'ingresso nel cenobio. Da fascistone a fratacchione, cioè, con un passaggio da terremotato della Prima Repubblica. Ogni eventualità infatti è possibile con il Ciarra. Ma anche per questo forse, quando regolarmente ritorna sul proscenio, e in genere lo fa come oggi straparlando, così viene di salutarlo: "Chi nun more se rivede", come si dice a Roma per esprimere, talvolta perfino con un certo intimo garbo, una meraviglia che sfuma verso l'incredulità. Senatore Ciarrapico: e si sarà visto tutto.

Cliniche ancora fiorenti e squadre di calcio lasciate sull'orlo del baratro. Acque minerali, stazioni termali, premi letterari, caffè storici, giochi di borsa, cartiere, giornali, aero-taxi e ditte di catering, altrimenti ribattezzato "er cateringhe". Tutto comunque sul filo del rasoio. Insieme a Cardin provò anche con i cinesi a lanciarsi nel mondo delle bibite, pensò a un succo di frutta che si poteva chiamare "Gnao-gnao", che in cinese, spiegò con candore, vuol dire "buongiorno".
Pistola nel cassetto. Lingua imprudente per calcolo e per vanità. Collezionista di soldatini secondo una linea antropologica che da Evangelisti a Previti e poi da Cossiga, padre e figlio, arriva forse al cardinal Ruini così delineando un'area di confine fra la destra un certo mondo cattolico.

Più di un problema il Ciarra ha avuto con le banche, e ancora di più queste ultime ne hanno avuto con lui; una sentenza passata in giudicato per il crack Ambrosiano. Ruspante acrobata delle mediazioni di potere, per conto di Andreotti, che chiamava "il Principale", sviluppò nell'era del Caf il lodo Mondadori fra Berlusconi e De Benedetti. Ma soprattutto: specialista, in affari, della pratica che prevede di fare il classico passo più lungo della gamba e quindi, come tale, indimenticato prezzemolo nei più controversi e devastanti accadimenti finanziari dell'ultimo ventennio almeno, dal crack dell'Ambrosiano alla rovina della Parmalat.

Poi sì, certo, anche il fascismo. Però Ciarrapico non l'ha poi vissuto così intensamente, il 25 luglio del 1943 avendo appena nove anni. Non solo, ma la sua fede è sempre suonata un po' troppo perentoria e rimbombante per essere intesa in modo oggettivo. Esaminato con distacco e freddezza il fascismo dell'ex "re delle bollicine" - l'"acquaiolo" lo sprezzava l'altro fascio-andreottiano Sbardella, acerrimo rivale per pregresse beghe missine - sembra piuttosto una compiaciuta romanticheria provocatoria e al tempo stesso un consapevole marchio d'eccentricità personale e magari pure auto-caricaturale.

"Esule in patria", almeno come stile di vita e difficoltà connesse, Peppino lo è stato quasi mai. Di sicuro ha aiutato i camerati, ma con essi ha anche brigato e incessantemente litigato come pochi altri fascisti - neo, post, pseudo o "storici" che siano. Fini è uno di questi, un altro è Storace. Nel Ciarra, grosso modo, il "ghetto" è spesso coinciso con il potere, si direbbe che il personaggio fatica a nascondere un certo tratto cortigiano che lo ha portato a consegnare cannoli al presidente Cossiga nel periodo delle picconate, così come a dedicare alla figliola di Andreotti un cocktail di sua produzione, il "Marilena Madrigale".

Più che intorno al Duce, tra potere e affari vibra l'archetipo di Peppino Ciarrapico, futuro senatore del berlusconismo di qualità aggiornata, e felice spudoratezza.


(11 marzo 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 11, 2008, 05:58:15 pm »

L’acquaiolo ciociaro con Mussolini nel cuore

Roberto Brunelli


Giuseppe Ciarrapico, l’arcitaliano nella variante ciociaro-fascistarda. Uomo delle mille stagioni, fedele amico di Almirante e devoto di Andreotti (che chiama «il mio principale»), uomo che impone ritratti del Duce ad occhieggiare severo nelle redazioni dei suoi giornali («è bellissimo!»), finanziatore del Msi e mediatore per conto del Divo Giulio nella «guerra di Segrate» tra De Benedetti e Berlusconi... E ancora: traghettatore di soggetti ultradestri nel variopinto mondo di SuperSilvio, imprenditore creativo che mette insieme cliniche e giornali locali, acque minerali e raffinati caffé storici, già presidente della Roma poi dimissionario per via delle accuse di bancarotta fraudolenta, arrestato due volte, coinvolto nel crack del Banco Ambrosiano, sostenitore di Ciccio Storace nella conquista della Regione Lazio.

È degna di una grande fiction la parabola umana, imprenditoriale e politica di Giuseppe Ciarrapico, nato nel ‘34 e fascista nel senso almirantiano del termine dall’età tenerissima di dodici anni. Grandi fortune e rovinose cadute, alleanze ai piani più alti della finanza italiana e ruvide campagne condotte con i suoi giornali i (oltre 50 mila copie, dice lui, con testate come Ciociaria Oggi, Oggi Nuovo Molise, Latina Oggi). Tutto e il contrario di tutto, sempre con la M di Mussolini stampata nel cuore. Ed è qui la bizzarrìa del «caso Ciarrapico», che turba persino il rude Bossi: è che le orgogliose affermazioni di imperitura fede fascista sono tutto fuorché sorprendenti.

Così, a La Stampa, che un anno fa gli chiedeva come mai partecipasse tutto compunto ad un convegno sul futuro Partito democratico, l’uomo rispondeva che lui «nasce con la camicia nera il 7 ottobre del ‘47, l’anno in cui m’iscrissi al Msi. E con la camicia nera vorrei congedarmi, beninteso il più tardi possibile».

I ricordi dell’ex «re delle acque minerali» (fu negli obliqui anni ‘80 che il nostro assunse la carica, grazie alla Dc, di presidente delle Terme di Fiuggi) non sempre sono altrettanto vibranti: supponibilmente non rimembra con ardore dannunziano quella volta in cui al giudice del processo per la Casina Valadier (un buco per 80 miliardi lire) disse «Signor presidente, oddio, me sento male», né il malore in tribuna che gli costò il tracollo della Roma... Ma è con malcelato orgoglio che il gran ciociaro ricorda il passaggio cruciale nei salotti buoni del capitalismo italiano, ossia la vicenda Mondadori: «Facevo la spola in gran segreto, Berlusconi stava ad Arcore e De Benedetti al suo ufficio di Milano. Per seminare i giornalisti dicevo che vivevo al Palace, mentre in effetti stavo al Principe di Savoia. Ma, nonostante questo, tutte le sere ero in tv». Risultato della faticaccia: Silvio restituisce un pezzo della Mondadori (ossia Repubblica, l’Espresso, i quotidiani Finegil), ma tiene per sé il grosso della casa editrice, Panorama ed Epoca.

Sul sfondo c’è Andreotti, of course, ma quelli non a caso quelli sono i tempi del Caf. Destinati di finire di lì a poco, con Tangentopoli. Passaggio durissimo, per il Ciarra. Si aprono le porte del carcere, s’impantana nei debiti, si disfa di buona parte dell’impero sanitario, si libera di molte delle sue acque minerali. Chissà perché e per come Ciarrapico riesce sempre a riprendersi, chissà e per come finisce continuamente nelle pieghe più strane del capitalismo italiano: dal crack dell’Ambrosiano alle acque minerali siciliane «Ciappazzi», vicenda per la quale qualche anno fa è stato chiamato in causa da Calisto Tanzi, a margine del crack Parmalat. Pare un incrocio: la «Ciappazzi», da lui detenuta, era stata acquistata da Tanzi «per un prezzo elevatissimo» per colpa di Geronzi, presidente della Banca di Roma, con la quale Ciarrapico era indebitato. In mezzo, dipanandosi su svariati decenni, un’attività di aerotaxi, una finanziaria per la quale convoca le assemblee a Pantelleria, l’editoria, il calcio.

Pur tuttavia, se è l’imprenditoria il suo mestiere, è la politica la sua passione. Tanto da impegnarsi anima e cuore in imprese emblematiche per i destini della destra: gli viene attribuito, per esempio, il tentativo di portare nella Cdl personaggi della destra estrema come Tilgher e Saya, e molto fiato gli costa la polemica senza freni nei confronti di Gianfranco Fini («un ometto impettito e deprecabile, un islamico-sionista!»). Nella smentita di ieri, il nostro deplora la perdita della democrazia in un «drammatico periodo della storia», ma non è esattamente quel che suggeriscono alcune sue celebri dichiarazioni («Diciamocelo in faccia: la democrazia non è certo il migliore dei sistemi») nonché la fervida attività della sua «Ciarrapico editore»: la quale pubblica libroni e fascicoletti sul Ventennio e similari. A proposito dei quattro immensi volumi di Gli anni ‘40, le note di catalogo si dilungano su queste «1440 pagine in cui gli autori hanno narrato, e per la prima volta, la vera storia della Guerra Italiana...». Altrettanto gloriosi i titoli della serie «Epicamente raccontando»: La legione straniera, Le Waffen SS, I Samurai e via guerreggiando. Della serie «La cultura della controinformazione» fanno parte Romanticismo fascista, I nuovi dei e Un destino tedesco.

Oggi a Ciarrapico, per salvare la sua candidatura, tocca dichiarare che «le leggi razziali furono un’ignominia». Gli osservatori concordano: andreottianamente, «l’acquaiolo» è stato sempre molto sensibile a chi dovesse accedere a responsabilità governative, ma mai ha rinnegato, finora, il credo nero. Attualmente l’ex re di Fiuggi pare sia molto preso dalla stesura di una biografia di Starace (quello con la «a», s’intende, coautore - per chi non se lo ricordasse - del Manifesto della Razza). Al Corriere, novembre 2006, riferisce apoditticamente: «Io sono fascista, ho vissuto da fascista e morirò fascista». Et voilà.

Pubblicato il: 11.03.08
Modificato il: 11.03.08 alle ore 11.55   
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