LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. => Discussione aperta da: Admin - Giugno 26, 2008, 03:35:34 pm



Titolo: Antonello CAPORALE.
Inserito da: Admin - Giugno 26, 2008, 03:35:34 pm
Rubriche » Piccola Italia

Antonello Caporale

Le ipotesi di reato vanno dalla truffa alla lottizzazione abusiva

Trenta preti sono già stati sentiti dai magistrati

La colonia diventa un hotel a Salerno vescovo sotto accusa

Numerosi esposti alle gerarchie vaticane, ma monsignor Pierro tiene duro


SALERNO - E' domenica e l'arcivescovo di Salerno ha scelto una chiesa di campagna per dire messa. La chiesa di San Luigi, nel comune di Mercato San Severino, venti chilometri a nord del capoluogo. Monsignor Gerardo Pierro ha il volto del curato di campagna. Piega le mani, poi le unisce e le indirizza a Cristo: "Beati i perseguitati dalla giustizia. E' loro il Regno dei cieli". Non invoca la preghiera dei fedeli per il corpo di Berlusconi ma per il proprio, trafitto oramai da una sequela piuttosto terrificante di accuse che fanno di questa diocesi, periferia di Roma, terreno di uno scontro che varca e di molto i confini dello spirito. Nel rosario dei reati supposti e temuti, denunciati o solo ventilati, non manca nulla: truffa, aggravata e non, pratiche ai confini dell'usura, investimenti finanziari ai limiti della legge, lottizzazioni più o meno abusive, pratiche religiose tra lo scabroso e il noir. I soldi, puliti o anche sporcati da menti criminose, stanno facendo affondare tutta la Diocesi nella vergogna di essere raccontata più dai fascicoli processuali che dalle sue opere di bene.

Sono oramai cinque anni che le gerarchie vaticane sono raggiunte da esposti firmati da preti e diretti contro altri preti salernitani. Da cinque anni, a singhiozzo, la Procura della Repubblica è chiamata a indagare, i finanzieri a perquisire, i tecnici della Banca d'Italia a valutare. Non c'è pace per questa chiesa, non c'è tregua per questo vescovo. La polizia criminale identifica e convoca chiunque abbia una tonaca. Sono più di trenta i sacerdoti che hanno dovuto rispondere a verbale. In trenta, cifra monstre, hanno varcato il portone del tribunale per difendersi o accusare, spiegare o solo ricordare. Per il vescovo una via crucisi infinita. Viene dunque alla mente, e assume un significato più denso, un altro passaggio della sua omelia domenicale: "Mi sento molto più sicuro quando i carabinieri sono con me".

L'ultimo esplosivo dossier spedito in Vaticano (e per conoscenza al Procuratore della Repubblica) porta la data dell'8 febbraio scorso ed è sottoscritto dal presidente dell'Istituto per il sostentamento del clero, don Matteo Notari. L'istituto gestisce le finanze della Chiesa e nelle sue casse entrano i soldi dell'otto per mille. In diciassette cartelle inviate al segretario di Stato, ai prefetti della Congregazione dei vescovi e del clero, e al Nunzio apostolico, enumera le anomalie di affari economici gestiti dalla diocesi di Salerno. Don Notari, poi non più proposto per la carica, denuncia il Vescovo, lo accusa di colpevoli omissioni: una colonia per ragazzi poveri ristrutturata con i fondi regionali e con l'otto per mille. La colonia viene però ceduta a una associazione privata a titolo gratuito. E qui il primo miracolo si compie: da colonia per poveri ad albergo per ricchi. La sala mensa trasformata in sala relax, al posto del biliardino la sauna, camere vista mare, e campi da tennis e tutto quel che serve per la trasformazione. Anche un nome nuovo: l'Angellara Home. Leggiamo dal sito web: "La deliziosa location ne fa la meta ideale per chi desideri coniugare una vacanza di sapore culturale al piacere di un soggiorno balneare". La location è però venuta deliziosa grazie ai fondi regionali, un finanziamento pubblico di tre milioni di euro consegnato da Bassolino che in pompa magna è andato persino a inaugurare il primo lotto dei lavori per il completamento del villaggio dei poveri. Un qui pro quo!

E un altro formidabile fraintendimento stava per accadere quando l'arcivescovo chiese all'istituto per il sostentamente del clero di deviare 500mila euro verso la spiaggia. "Cinquecentomila euro? E per fare cosa?", rispose il sacerdote che gestiva la cassa. Per realizzare una "spiaggia attrezzata per i presbiteri". Panche, sdraio, capanni, un campo da tennis. Il corpo affaticato dei presbiteri, prima che il loro spirito, si sarebbe dovuto ristorare in riva al mare. La tonaca a posto ma i piedi nell'acqua, magari anche con una bibita ghiacciata tra le mani.

I soldi non sono stati scuciti, ma l'idea è valsa un'altra denuncia. E ancora altri esposti, veramente una massa critica notevole, hanno raggiunto e oramai occupato anche gli anfratti delle stanze del Vaticano. Il cardinale Re è sepolto da questa teoria di accuse o solo sospetti, e tutti in qualche modo si dirigono contro il vescovo e le omissioni di cui si sarebbe reso responsabile.

Strano vescovo in verità monsignor Pierro. L'unico pastore a mettersi in coda nello scorso ottobre davanti al seggio dove si svolgevano le primarie del Pd: "Embè?". Impossibile a credersi, ma sui giornali locali resta impressa un'altra memorabile prova che ha concesso alla città: in ginocchio, alla destra del cardinale Martino che esibisce sull'altare della cattedrale di Salerno l'omaggio appena ricevuto dal suo riverito confratello: un rolex d'oro. Il rolex (corpo di Cristo?) è mostrato agli allibiti fedeli.

Con Pierro al comando tutto è possibile. E infatti tutto è già successo. Un processo, (siamo agli inizi del 2000) per appropriazione indebita. Indagine poi archiviata, ma densa di altri veleni: l'oggetto dell'inchiesta era una raccolta privata di danaro a fini speculativi. Investimenti in borsa, acquisto di valuta estera. Promotore il rappresentante dell'epoca dell'istituto per il sostentamento del clero, don Generoso Santoro. Lo stesso che in questi giorni è tornato davanti ai giudici per altri soldi, centinaia di migliaia di euro, racimolati da singoli investitori e poi un po' (forse) svaniti. Il vescovo dice di non sapere, l'avvocato del prete dichiara che il suo cliente si sente "minacciato" dal vescovo. Il Pm aggiunge carte alle carte.
Minacce, lettere, anonime e non, telefonate minatorie e anche molto di più.

Una Chiesa costellata da scandali: ora la religiosa peruviana che partorisce, ora il parroco del comune di Acerno che non trova più nei registri immobiliari il centro sportivo parrocchiale: venduto, donato, boh! Ora la comunità di accoglienza per ragazze madri messa in vendita, al miglior offerente, per sei milioni di euro. E una lottizzazione plurimilionaria in Baronissi, e i rapporti di fratellanza e di affari con i massoni della città. Non c'è più inchiostro per descrivere tutte le croci che deve portare sulle spalle questo monsignore, curato di campagna, chiamato oltre ogni ragionevole prudenza a guidare un gregge composto da lupi.

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(26 giugno 2008)


Titolo: Antonello CAPORALE.
Inserito da: Admin - Novembre 17, 2008, 05:44:17 pm
Antonello CAPORALE.


Magistratura, articoletti approvati in silenzio


In Italia, per nostra fortuna, c'è un ministro alla Semplificazione, esse maiuscola. Lo dice la parola stessa: semplificare, rendere chiare le ombre, semplici gli scritti complicati delle leggi. Ridurre, tagliare, disboscare. Il massimo della vita per Roberto Calderoli a cui è toccato il compito di assumerne l'incarico. Si è presentato all'Italia con una falce in mano: l'uomo avrebbe raso al suolo, come il contadino con il grano, le spighe dell'incomprensibile e dell'ingiusto.

Calderoli divide l'impegno di semplificatore con quello di costituzionalista. L'ex dentista lombardo ha in mano il piano del nuovo federalismo italiano. Cosicché i suoi colleghi, vedendolo un attimo affaccendato in altre questioni, lo stanno aiutando a disboscare la materia con articoletti semplici e chiari. Hanno iniziato dalla magistratura: quella speciale però, meno rognosa (e ringhiosa) di Pm e giudici.

Un articoletto di indicibile chiarezza, il 21-bis del decreto legge 85/2008 convertito nella legge 121 di quest'anno, semplifica, e di molto, l'attività per esempio della Corte dei Conti. Coniugando il 21-bis al successivo articolo 22 una manina sottile ha proposto, e il suo intendimento è stato accolto, che i magistrati contabili, addetti al controllo delle spese dello Stato, dei lumaconi ante litteram, dovessero ridurre e semplificare la loro organizzazione. E dunque ha attribuito al presidente della Corte, togliendo quel potere al consiglio di presidenza formato da 17 membri, l'autorità di nominare i magistrati che devono controllare, per esempio, le fatture e le altre spese dei servizi segreti. Lui, il presidente, nomina. Lui, il presidente, revoca. E non deve dare conto. In qualche modo il legislatore ha previsto, per estensione, il principio di segretezza. Se segreti sono i servizi, segreti saranno anche i magistrati addetti a far loro le pulci. Tutto riservato ma tutto più fast, veloce e sicuro.

Tutto il presidente fa. Prima per esempio il consiglio di presidenza autorizzava i magistrati ad andare fuori ruolo: cioè a fare un altro lavoro, nella specie impegnati negli uffici ministeriali con compiti di "diretta collaborazione" con il ministro. I ministri infatti si affidano spesso a magistrati cui conferiscono incarichi di alta segreteria e consulenza (capi di gabinetto soprattutto). Negli anni scorsi l'ufficio era remunerato con pochi spiccioli perciò il tizio andato "fuori ruolo" assommava quella modesta indennità (un piccolo ristoro) allo stipendio principale. Col tempo però non sono rincarati soltanto il pane e la pasta. No, signora mia: anche gli stipendi accessori dei fuori ruolo hanno subito un'impennata che li ha fatti volare a vette altissime, 70, 80 mila euro all'anno. Ogni capo di gabinetto ha un cachet diverso e nella stupefacente foresta delle remunerazioni la cifra dello stipendio accessorio ha raggiunto, per mano di una delle mille Autorità indipendenti che esistono, la punta dei 150 mila euro. Una tombola per i fuori ruolo: stipendione al ministero più stipendione del tribunale. Fino a ieri però la richiesta di essere posto in quel ruolo, oh, scusate, fuori ruolo (in panchina ma pagato da giocatore effettivo) doveva almeno passare per il giudizio di un consesso composto da numerosi colleghi. Adesso basta il sì e il no del presidente. Sei stimato dal presidente? Allora forse sì. Sei nemico del presidente? E allora, forse forse, proprio no.

E se passa un emendamento del senatore Carlo Vizzini (art. 6 bis del disegno di legge 847/2008) il presidente della Corte decide in splendida solitudine tutti gli incarichi extra (incarichi universitari per esempio) dei suoi magistrati. E in splendida solitudine li revoca. Come piace a lui, sempre che piaccia a lui.

Snellire, snellire. Nello snellimento l'organo di autogoverno dei magistrati contabili è stato ridotto: erano 17 membri, diverranno 11.

I dieci eletti dai magistrati diventano quattro. I quattro eletti dal Parlamento restano quattro. E tre restano quelli di diritto (Presidente, Presidente Aggiunto e Procuratore Generale). Perdono potere i magistrati, aumenta il potere dei deputati.

Tutto più semplice, e finalmente più chiaro.

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(17 novembre 2008)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. L'infinita resistenza di Riccardo "Un vero dc non lascia mai
Inserito da: Admin - Novembre 21, 2008, 10:52:26 am
IL PERSONAGGIO.

Il presidente fa l'incredulo: "Un altro al mio posto? Nessuno mi ha detto nulla"

L'infinita resistenza di Riccardo "Un vero dc non lascia mai"

di ANTONELLO CAPORALE

 
"MA QUELLO è stato il mio fidanzato!". Quando ha visto in tv la foto di Riccardo Villari, gira purtroppo sempre la stessa, quella con la cravatta regimental, Barbara D'Urso, collegata per la diretta, si è ricordata dei suoi diciassette anni.

La settima giornata da fuggitivo di Villari è iniziata con questo bel ricordo, uno spruzzo di giovinezza. Gioia durata poco perché, dopo un colpo di tosse, Fabrizio Morri del Pd lo ha tenuto mezz'ora a telefono ricordandogli che c'era Zavoli e dunque: "Leva le tende". A questo punto il presidente ha deciso di proseguire la latitanza accucciandosi dietro piazza di Spagna per qualche ora ancora. Fino a che è comparso, ore 14, a palazzo San Macuto, la sede della sua commissione.

Elegante e sicuro, "scaltro e colto" ha detto di lui il ministro Rotondi. Villari è giunto al palazzo con un bel comportamento istituzionale, sicuro e riservato. I giornalisti hanno subito capito che sarebbe stato un altro indimenticabile show. Quelli del Pd entravano angustiati, veramente tramortiti. Quegli altri leggeri e disinvolti. La seduta si è chiusa dopo mezz'ora.

Villari che col tempo ha consolidato un contegno molto presidenziale, si è materializzato: "Non mi dimetto. Sono un democratico, sono stato eletto democraticamente e faccio questo per tutelare le Istituzioni". Di più: "Ho ricevuto pressioni indebite e minacce". Un giornalista, anch'egli incredulo: ci sarebbe Zavoli al suo posto. Lui con una degnissima faccia di bronzo: "Nessuno mi ha mai informato dell'accordo raggiunto".

Questione di gusti, ma spettacolino non da poco. La truppa dei cronisti si è diretta allora al Senato, dove i democratici dovevano democraticamente decidere l'espulsione di Villari dal gruppo parlamentare. "Secondo lei ha preso soldi?". A questa domanda Anna Finocchiaro è rimasta interdetta, ma non ha ceduto: "A tanto non ci sono arrivata".

Villari gode già di una vita agiata e quel che mancava è arrivato: la poltrona. Alla buvette due senatori si scambiano le opinioni: "Ricordi che diceva sempre? Nel vocabolario di un democristiano la parola dimissioni non esiste". E infatti. Con un bicchiere di prosecco in mano Franco Marini, dato come l'ultimo suo referente politico, lo manda a quel paese: "E' uno stronzo". Anche Fioroni lo manda lì: "Lo dobbiamo agevolare e fargli capire da che parte deve andare". "Ah, la tentazione della carne!", dice Giorgio Tonini, amico di Veltroni.

Tra le cinque e le sei il nome di Villari è scomparso tra quelli iscritti al gruppo del Partito democratico, il suo corpo si è volatilizzato di nuovo lasciando la sua assistente, esausta e parecchio incredula, nello sconforto e nel totale disimpegno: "Non so nulla, non so nulla". Forse di nuovo in viaggio a Napoli, o riparato in qualche rifugio romano. Fuggiasco, di nuovo. Una magia la sua elezione che, secondo i bene informati, è tutta dentro l'abilità di un uomo: Italo Bocchino.

Bocchino, una onorata carriera da portaborse, ora vicecapogruppo della maggioranza, dona ancora un consiglio all'opposizione: "Per me è un errore espellerlo". Dall'altro lato la Giovanna Melandri, afflitta ma resistente, tenta la mossa disperata: "A questo punto il problema è di Berlusconi". Cicchitto: "Problema nostro? Ma è loro!".

Acque confuse e corpi stremati. Nuovo messaggio dal presidente fuggitivo: "I partiti devono fare un passo indietro, devono rispettare le Istituzioni". E' tutto così inverosimile da far apparire magico dunque irreale questo pomeriggio romano ancora con un bel sole tiepido. Magico come l'abracadabra che ha trasformato Villari: da qui a lì ma a testa alta, invocando le guarentigie repubblicane e persino difendendo l'onore delle istituzioni. C'è stato persino un comunicato del senatore De Gregorio, transfuga della passata legislatura, che ha messo i puntini sulle i e illustrato il coraggio impiegato da sé medesimo nel trasferimento, armi e bagagli, da Prodi a Berlusconi.

Tutto è perciò noto e già successo, e questo replay sembra nel solco della tradizione. "Non ci posso credere, non voglio crederci", quasi piange Vincenzo Vita che per tutta la vita ha lottato contro Berlusconi e adesso vede il nemico entrargli in casa, mettersi di fianco a lui. Oggi non ci sono dichiarazioni dei dalemiani, battaglia sospesa in attesa del ritorno del capo dall'estero. Anche Nicola Latorre ha tenuto la bocca cucita e ha allontanato il suo corpo da ogni sospetto. Due giorni prima l'avevano visto confabulare proprio con Villari. Ma non c'erano telecamere in giro, per fortuna.


(21 novembre 2008)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. Abruzzo, bufera sul candidato Pdl
Inserito da: Admin - Novembre 25, 2008, 01:28:39 am
Un video sul sito di Chiodi, l'uomo che Berlusconi vuole come prossimo governatore

Promessa di colloqui di avviamento per chi si presenterà al gazebo del centrodestra

Spot elettorale offre lavoro

Abruzzo, bufera sul candidato Pdl

Accuse di voto di scambio. Storace (la Destra): "Roba da codice penale"

Il video intitolato "Tutti i giovani del presidenti" è stato poi rimosso

di GIUSEPPE CAPORALE

 
 L'AQUILA - Il Popolo della Libertà, prima ancora di vincere le elezioni, offre opportunità di lavoro in Abruzzo. Con uno spot elettorale che finisce sul sito del candidato e su YouTube. Per poi pentirsi dopo un paio d'ore e ritirare in gran fretta il tutto. "E' stato solo un errore materiale", dicono dallo staff del candidato del Pdl Gianni Chiodi. Un "errore" nel quale si diceva che tutti i giovani che si sarebbero presentati con un curriculum presso i comitati, o i gazebo, sarebbero stati chiamati, entro due mesi, per colloquio, "selezione" e "avviamento all'imprenditorialità". Ma il colloquio per entrare in questo "generatore di sviluppo economico" avverrà solo a fine gennaio. Dunque dopo le elezioni regionali. Dopo che Gianni Chiodi, candidato presidente alla Regione, voluto da Silvio Berlusconi, sarà stato - eventualmente - eletto.

Proprio Chiodi ha pubblicizzato, in prima persona, questo tipo di messaggio elettorale, registrando lo spot "incriminato". Messaggio che è stato inviato (e frettolosamente bloccato) al circuito delle tv locali. Ma che nel frattempo era stato messo su YouTube e sul sito dell candidato presidente. Dove è rimasto per alcune ore.

"Abbiamo sbagliato dvd - dicono dall'ufficio stampa -, quello spot era già stato giudicato non opportuno e a rischio di strumentalizzazioni".

Ma l'iniziativa ha prodotto anche una lettera aperta ai giovani, dai contenuti analoghi: "Correte alle Bancarelle per Chiodi Presidente, rispondete ai 'questionari di auto-selezione', prenotate gli incontri di orientamento e formazione che partiranno dal gennaio 2009... Stringiamoci la mano e scambiamoci energia".

Ma la campagna pubblicitaria in questione è durata pochissimo, perché è stata travolta dalle polemiche e con un'accusa precisa: tentativo di voto di scambio, dice Francesco Storace, il primo a saltare sulal sedia: "Lo spot del Pdl è una vergogna, un fatto gravissimo in una regione già travolta dagli scandali. Adesso presenteremo subito una denuncia alla Procura della Repubblica dell'Aquila, perché qui siamo di fronte ad un reato penale. Un bieco tentativo di strumentalizzare i giovani, di far leva sulle loro insicurezze. Il lavoro è un diritto non un favore in cambio del voto. Una roba così, non l'avrebbe fatta nemmeno Achille Lauro...".

Rabbia e indignazione invece da parte di Rifondazione Comunista. "In Abruzzo sembra che non si possa proprio prescindere dal clientelismo, ora addirittura finisce in uno spot - commenta il segretario regionale Marco Gelmini - abbiamo chiesto a Chiodi di rimuovere quel video e lo ha fatto. Resta l'amarezza di come ancora si intenda la politica in questa regione".

(24 novembre 2008)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. La Megaparentopoli di Seregno
Inserito da: Admin - Dicembre 03, 2008, 11:58:15 am
La Megaparentopoli di Seregno


Giù al Nord, cioè a Seregno, quarantamila abitanti nella Brianza ricca, grassa e piatta, la via della politica è lastricata di parenti. Di ogni grado e specie. Figlio e cognato, sorella e fratello. Chi al municipio e chi in una municipalizzata. Chi al partito e chi al cda. Un poltronismo familiare edificato e poi ancor meglio sviluppato sotto il governo della Lega.

La politica formato famiglia pone Seregno di diritto nella top ten delle città governate secondo lo jus sanguinis. "Chi non è di Seregno ritiene tutto molto incredibile", ammette il sindaco Giacinto Mariani. Anzitutto non si crede che il sindaco, questo sindaco, sia un leghista. Compito, molto moderato, molto benestante, Mariani guida una giunta di centrodestra che qui ha raccolto anche la forza residuale dell'Udc.

Da sole Forza Italia e Lega avrebbero potuto comandare e decidere. Ma, con un gesto compassionevole, hanno sospinto sul vagone dei desideri anche Alleanza Nazionale, falange compatta e piuttosto aggressiva, e gli amici-nemici dell'Udc.
Tutti insieme e piuttosto appassionatamente.

Si è deciso, come succede un po' dappertutto, di mettere ordine nelle società pubbliche che erogano servizi e gestiscono, in ragione della mission, quattrini. Seregno insieme ad altre quattro città brianzole (Desio, Lissone, Cesano Maderno e Seveso) ha promosso la costituzione del gruppo Gelsia, una holding che aggrega alcune società di servizi pubblici locali che oggi è una delle prime multiutility in Lombardia per fatturato e clienti serviti. Gas, energia, raccolta e trasferimento dei rifiuti. "Fare sistema" lo slogan.

Hanno fatto sistema, specialmente a Seregno, soprattutto i propri cari. La figlia del vicesindaco è consigliera di amministrazione della holding; il cognato di un assessore è consigliere di una società partecipata (la Aeb); poltrona al fratello di un altro assessore (di An), poltrona alla sorella del capogruppo in consiglio comunale di Forza Italia. In un'altra società di scopo (energia, calore, trading) si è trovato posto per la sorella di un consigliere comunale (Forza Italia). Il segretario della Lega ha ottenuto di sedere nel consiglio di amministrazione di una figlietta magra della holding (Gelsia Reti); quello dell'Udc ha ottenuto quanto gli spettava (consigliere di amministrazione) in un'altra Spa, Gelsia Calore.

Costernato il sindaco: "Lo statuto ci impone di raccogliere le indicazioni provenienti da singoli consiglieri comunali, da gruppi politici, o da associazioni che raccolgano la proposta di almeno cinquanta cittadini. La politica si fida di chi conosce".

La politica conosce, tra gli altri, fratelli e sorelle, cognate e cognate, figli e figlie. A bocca asciutta, secondo l'ultima proiezione, i nipoti e le cugine. Nemmeno si segnalano amanti, e neanche papà e mamme chiamate al fronte, il fronte del fare. "La mia amministrazione ha gestito la razionalizzazione dei servizi, garantito occupazione ad oltre quattrocento persone, risolto problemi che i governi di centrosinistra avevano lasciato marcire. Questo non si dice. E non si dice che solo tre delle trenta nomine decise sono imputabili a me, che alcune di esse sono conferme di scelte della giunta precedente. E nemmeno si ricorda che il partito democratico, pur di polemizzare, ha evitato di segnalarci persone, di fornire proposte. Cosicché abbiamo dovuto fare da soli".

Il sindaco parla piano, sereno, per nulla scandalizzato. Espone e registra: tutto perfettamente a regola d'arte. Non si può dargli torto: ogni cosa è sistemata bene, ogni puntino è a norma di legge.

E qui si ritorna al punto di partenza, alla tesi, veramente innovativa, del comprensivo sindaco Seregn, come dicono i lumbard: chi meglio di un fratello? Chi è più fidata di una sorella? "Lo statuto parla chiaro e io sono obbligato a rispettarlo".

Obbligato lui e il resto della truppa. Obbligati e anche trasparenti. Perché c'è da dire che il sito web del comune fornisce nel dettaglio nomi e cognomi, indennità (trentamila euro all'anno se si presiede; diciottomila se si è nel consiglio) e funzioni. Sorvola sul resto.

Ma succede ovunque. Saluti da Seregno, che si trova giù al nord Italia.

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(3 dicembre 2008)


Titolo: Il Ponte: lunghi tratti di biro su alcuni fogli per un'opera costerà miliardi
Inserito da: Admin - Dicembre 19, 2008, 06:45:09 pm
ECONOMIA      IL CASO

Lunghi tratti di biro su alcuni fogli per un'opera costerà miliardi

E tra i progettisti dell'opera sullo Stretto spuntano i nomi dei valutatori

Il progetto del Ponte? Disegnato sul quaderno

di ANTONELLO CAPORALE
 

ROMA - Che ponte miracoloso! E che progetto! Il sogno di unire Scilla e Cariddi è ricco di fatica e di ingegno. Calcoli e ricalcoli, vent'anni di indagini, e sonde e foto e studi fino a quando finalmente la luce si è vista. Impregilo ha vinto la ciclopica gara producendo carte e ancora altre idee per qualificare meglio il piano dell'attraversamento carrabile dello Stretto. Impregilo, capofila di un gruppo di aziende specializzate nelle grandi opere (Condotte, Cmc, coop ravennate, la giapponese Ishikawajima) ha chiesto a un colosso della progettazione, la danese Cowi, di offrire alla società appaltante, lo Stretto di Messina, il progetto di gara, la cartolina finale della grande opera. Colossi, dunque. Che però nella stesura degli elaborati hanno voluto mantenere un basso profilo. Molto molto basso.

Non hanno attivato i fuochi pirotecnici che i software ingegneristici sono in grado di esibire, e neanche hanno pensato di farsi aiutare dal sistema elettronico di scrittura word in uso pure al più decrepito dei computer. Si sono negati anche e perfino la vecchia ma leggendaria Olivetti. A penna, su un foglio a quadretti, come amanuensi venuti dall'antichità, hanno scritto numeri e comparti, proposte e idee.

Almeno nella parte (2R-codice Bo-001 n° 1) che Repubblica ha potuto visionare, nell'ambito più complessivo della illustrazione dell'opera ("L'opera di attraversamento - Relazione specialistica - sistema di sospensione") i progettisti si sono serviti della biro e hanno scritto. Come fosse un compitino di matematica del liceo: scrittura però chiara, e disegni intellegibili. Mano disciplinata e senza salti di linea.

Grandioso. Il ricorso a questa inedita sfida polemica alla modernità, nel cuore di un progetto che all'opposto testimonia l'avanzare impetuoso dei tempi moderni, racconta forse quale forza evocativa i progettisti abbiano voluto mostrare. E la commissione che ha affidato la gara ha raccolto questa testimonianza giudicandola meritevole del successo. Intendiamoci e scriviamolo subito. I regolamenti che disciplinano la trasmissione di tali atti possono contemplare, e a volte effettivamente contemplano, la stesura dei documenti anche attraverso manoscritti. Cosa rara e bizzarra ma possibile. Dunque lecita, perciò non sindacabile.

La società Stretto di Messina ha poi convocato i massimi esperti della scienza e della tecnica a comporre il tavolo esaminatore. Tra i chiamati al compito di valutare congruità ed efficacia dell'elaborato, un grande ingegnere inglese, Ian Firth, consulente e specialista di strutture e ponti di grande luce, e un cattedratico danese, il professor Niels Gimsing, del dipartimento di ingegneria strutturale dell'Università tecnica della Danimarca. Gimsing è molto noto anche per gli studi dedicati al ponte dello Storebelt (si veda per tutti East Bridge, Storebelt Pubblications, 1998) opera ideata proprio dal colosso danese Cowi chiamato poi in Italia da Impregilo.

E l'ingegner Firth è chief operating officer di Flint & Neill, società di consulenza, specialista nella progettazione di ponti. Poche settimane fa questa società è andata a nozze con la Cowi. Un dispaccio del 3 dicembre comunica infatti: "Flint & Neill merges with Danish giant, Cowi".

Certo, il progetto di gara che la commissione ha dovuto esaminare è datato 16 maggio 2005, l'approvazione risale a circa un anno dopo, e l'alleanza societaria è fatto di questi giorni. Ma l'evento irrobustisce anziché diradare la sequela di contestazioni di conflitti di interesse di cui sarebbero vittima i maggiori protagonisti del mondo imprenditoriale coinvolto nell'intrapresa.

Elementi che si sommano alle critiche, ancora più serrate, sulla qualità del progetto e la sua congruità economica. Solo pochi giorni fa il professor Remo Calzona, che ha vissuto come valutatore scientifico la progettazione dell'opera, ha dichiarato proprio a Repubblica la sua contrarietà all'idea del ponte a campata unica: "E' troppo costoso e anche pericoloso".

Calzona documenta il rischio che anche tra Scilla e Cariddi possa verificarsi, nel caso si segua l'idea approvata, il rischio che il ponte subisca il cosiddetto effetto galopping, un ingobbimento sinuoso della carreggiata dovuto alla dinamica dei venti. Effetto che proprio in Danimarca, e proprio sullo Storebelt, si è verificato imponendo ulteriori costi derivanti dalla apposizione di "alettoni" che hanno il compito di non far ondulare il manto stradale.

Il progetto contestato ma in attesa di finanziamento comporta anche immense attività di scavo. Solo in Calabria si movimenteranno, con gli scavi, oltre quattro milioni di metri cubi di terra e di roccia. Tutto in un luogo in cui le "imprese" in odore di mafia sono specializzate proprio nel movimento terra.

Però 'u ponti vulimu. E' divenuto un bisogno impellente, un punto d'onore per calabresi e siciliani, un'opera-totem, raffigurazione icastica dello Stato chiamato a narrarne l'efficienza e a trasmetterne il genio. A prescindere, direbbe Totò.

(19 dicembre 2008)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. Gallarate, un modello di efficienza
Inserito da: Admin - Gennaio 01, 2009, 10:33:52 am
Antonello Caporale


Gallarate, un modello di efficienza


C'è modo e modo di dare smalto ed efficienza alla pubblica amministrazione. In tempi di recessione, quando la crisi si fa davvero dura e i comuni sono costretti ad azzerare ogni spesa superflua, la fantasia soccorre. A Gallarate, profondo Nord, hanno eliminato tutte le poltrone superflue nelle municipalizzate, ridotte all'osso le spese dei consigli di amministrazione. Modificata, e decisamente in meglio, la struttura tecnocratica. Per farla breve: a una sola persona, il signor Gioacchino Caianiello, è toccato raccogliere e riassumere tutto il sistema di produzione ed erogazione dei servizi. Caianiello, in contemporanea, è presidente di nove aziende, tra SpA e Srl. Cose grandi e cose piccole, scatole vuote e scatole piene.

Lei è un gran lavoratore
"Mi sono messo al servizio della comunità. Mi è stato richiesto questo grande sacrificio e io sono lieto di assecondare la richiesta".

Il suo cognome tradisce origini poco padane.
"Napoletano, rione Sanità più precisamente".

Ma Gallarate l'ha adottata.
"E' una vita che sono qua. Molto bene integrato, mi sono impegnato al massimo, mi sono appassionato alla politica presto. Ero socialista, ora milito in Forza Italia".

In città la conoscono tutti.
"Diciamo di sì. Tenga presente che sono gestore del bancolotto".

Chi cerca la fortuna deve passare dal suo negozio.
"Non mi posso lamentare, è stato sempre ben frequentato".

E dire che qualche anno fa ha dovuto subire un'incredibile azione intimidatoria.
"Un attentato, mi hanno sparato".

Acqua passata.
"Cose così".

Nove poltrone. Il consiglio comunale di Gallarate le ha consegnata tutta la fiducia.
"Abbiamo dovuto creare, in seguito alla legge che distingueva tra produzione e distribuzione di beni e servizi, altrettante società".

Un obbligo di legge, non un piacere personale.
"E certo!".

Nove indennità cumulabili.
"Guadagno quattro soldi, cosa crede?".

Gas, acquedotto, farmacia, depuratore, nettezza urbana. Non ha un minuto per lei.
"Mi hanno chiesto questo sacrificio e io mi sacrifico".

E se le dicessero di restituire le poltrone?
"Assolutamente. Sono disponibile in ogni momento".

L'uomo forte di Gallarate.
"Il Ricchelieu".

Una c.
"Quello che disegna, l'uomo ombra, ma io non mi curo delle malelingue. In politica ci sta tutto".

Uomo forte di Forza Italia.
"Sono vicino all'onorevole Abelli e anche al senatore Dell'Utri".

E Gallarate è un modello di efficienza.
"Venissero a vedere: conti in ordine, grande sinergia, efficienza".

Lei si scrive e lei si risponde. Lei si convoca e lei si sconvoca.
"La verità è una sola: così le cose funzionano meglio".

Segnala una storia a:
a.caporale@repubblica.it

(31 dicembre 2008)

da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. Villari il presidente della Vigilanza che non si ...
Inserito da: Admin - Gennaio 22, 2009, 12:43:43 am
Parla Riccardo Villari, il presidente della Vigilanza che non si vuole dimettere

Questi nemmeno si salutano poi si arriva alla Rai e bum trovano l'accordo

"Quei due partiti sono nemici su tutto ma sulla Rai c'è l'accordo-miracolo"

di ANTONELLO CAPORALE

 
"Mi voglio proprio divertire". Due mesi e spiccioli. Tanto è durata la locazione della poltrona di presidente della Vigilanza Rai a Riccardo Villari. Dell'epatologo napoletano conosciamo oramai ogni virgola. È stato apprezzato persino per i successi giovanili (Barbara D'Urso), fatto oggetto di entusiastiche considerazioni ("il nostro Villari Clinton"), e per l'impeccabile aplomb con il quale ha affrontato ogni testacoda politico.

Tutti amici, tutti a spingere e poi come al solito ti lasciano a terra.
"Ha dell'incredibile questa cosa".

È il momento buono per un'intervista.
"No, sono molto accalorato, però voglio mantenere il mio tratto sempre educato".

Effettivamente sempre distaccato, molto, molto sereno.
"Non voglio farmi coprire dalla polvere".

Non è il momento delle urla e degli insulti
"Mi metto in un cantuccio e osservo fino a che punto arriveranno".

L'intervista oggi sarebbe perfetta.
"Ci sarà tempo e modo, voglio sempre conservare un contegno".

Il contegno.
"Però questi qua sono nemici su tutto: non si parlano, né si guardano, né si salutano. E poi si arriva alla Rai..."

Miracolo.
"Miracolo"

Chissà la gente cosa avrà capito?
"Boh".

Era chiaro: ti danno un passaggio ma a metà tragitto ti fanno scendere.
"Ma io adesso voglio godermi fino all'ultimo questo spettacolino".

E diamine, facciamola questa intervista. In questo preciso momento Villari parla e bum.
"Ci conosciamo e davvero le chiedo questa cortesia: io devo tutelare me stesso dall'inizio alla fine dell'avventura. Voglio mettermi fermo e osservare quel che succede".

In politica la forma è sostanza.
"Preservo la dignità della mia funzione. Poi ne parleremo, indagheremo e rifletteremo su tutto, approfondiremo la questione da cima a fondo e ci sentiremo anche più leggeri".

E questo non si discute.
"Ha visto la dichiarazione di Morri?".

Il profumo di Rai è irresistibile.
"Erano nemici su tutto".

(20 gennaio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. Non c'è un Angelucci, esistono "gli" Angelucci.
Inserito da: Admin - Febbraio 05, 2009, 05:00:09 pm
La famiglia. Dagli affari al grande salto in politica

Il capostipite e fondatore: io non sono solo sanità

L'ex portantino e i tre eredi

Dynasty sanitaria tutta d'oro

di ANTONELLO CAPORALE

 
ROMA - Non c'è un Angelucci, esistono "gli" Angelucci. Una storica foto riassume e definisce l'orizzonte fisico della missione industriale. Quattro maschi adulti e in fila, il capostipite in occhiali scuri. Tetri come funzionari brezneviani, ma affiatati e fedeli l'uno all'altro. Formiche ingegnose dedite al compito della vita: fare soldi, presto e bene.

Tonino è il capo, Giampaolo è il figlio delegato, cioè il vice. Gli altri due fratelli adulti hanno funzione di decoro industriale. Ce ne è un quarto ma è piccolino, ancora bambino. Dunque escluso dalle vicende. La moglie e mamma, la signora Silvana, invece è scomparsa anni fa. Tonino e Silvana, cioè Tosinvest. Tosinvest si chiama la holding sotto cui brilla il family team. Sede in Lussemburgo, perché il talento a questi livelli ha necessità di una boccata d'aria, e ramificazioni italiane, soprattutto romane. Soprattutto sanitarie.

C'è sempre un motivo, un perché sul fatto che lo Stato perde soldi nella sanità mentre i privati fanno soldi con la sanità. Quel percorso, tra Tac e posti letto, affidamenti e convenzionamenti, ha già condotto gli Angelucci - mesi addietro - a vedersela con i giudici pugliesi. Questa volta l'indagine parte da Velletri, la procura di quella città da dove Tonino convertì la liquidazione di portantino ospedaliero in un sogno: fare impresa, fare cash. Non c'è che dire. Cinquemila posti letto, cinquemila dipendenti, quasi il 2 per cento di Capitalia. Potrebbe bastare e basterebbe a chiunque.

Un ponte di comando che sembrava incredibilmente non bastasse alla responsabile della gioielleria esclusiva a cui si era rivolto il signor Angelucci. Dall'innocente colloquio intercettato il senso della vita. "Dottor Angelucci", si presenta lui. "Mi scusi, l'avrò declassata", dice lei. "Ha mai sentito l'ospedale San Raffaele? Quello sono io" rammenta il patron. "Ah, quello è lei, mi scusi se l'ho declassata". Eppure il boato, il tumulto che si impossessa del cuore della signora, si ha solo quando il tycoon butta sul piatto l'arma letale: "Libero, lo legge Libero lei?". "Mamma mia, io sono una fedele di Libero!". E vabbè, io so l'editore di Libero, ha visto?".

Angelucci conosce la verità elementare della chimica del potere. Bisogna che le singole particelle, le filiazioni societarie, intercettino una rotativa. Insomma, perché la fortuna non ti molli decisivo risulta sporcarsi le mani d'inchiostro - costi quel che costi - per contare davvero. E quella innocente conversazione, e lo stordimento della povera signora al momento del colpo finale ("Lo legge Libero lei?") è la prova del nove. Gli Angelucci, anche in questo caso, hanno fatto meglio e di più. Non uno ma due giornali, Libero e Il Riformista. Non una linea editoriale ma due. Con il piede destro nel centrodestra e col piede sinistro nel centrosinistra. Aggiungasi che la famiglia ha esercitato un notevole fascino finanziario che ha convinto i diessini, alleggeriti di parecchi debiti, a trasferire a Tosinvest Botteghe Oscure, le Frattocchie e persino un pezzetto di Unità. Si era a un passo da concedergliela tutta in sposa: problemi politici hanno convinto la famiglia a rinunziare all'acquisto. E però tutto quel che resta del comunismo italiano è nelle loro tasche. Giampaolo ferma la Ferrari, lui ama le Ferrari, nei dintorni di via dei Polacchi. Poi si incammina e accede al Bottegone, nel tempio del Pci dove, con gusto, ha ristrutturato tutta l'ala meno esposta ai rumori, ricavandoci altri appartamenti, uno dei quali abita personalmente. In una delle visite accurate nel sottoscala si dice abbia scovato decine di busti e quadri. Gli sarebbe anche venuta l'idea: una sorta di memorabilia del pensiero marxista.

Il passo doppio dei quattro Angelucci, di destra e di sinistra, di sopra e di sotto, vicini a D'Alema e a Fassino (il secco lo chiama papà Tonino) e a quegli altri, soprattutto a Gianfranco Fini avendo alle dipendenze dell'impero un altro Fini, Massimo, medico stimato del San Raffaele, si è come interrotto l'anno scorso.

Il capostipite ha voluto fare il grande salto in politica. Candidato ed eletto con il Popolo della libertà. Adesso l'onorevole Angelucci potrà vedere sottoposto al vaglio della Giunta parlamentare l'autorizzazione all'arresto. Tira il giusto vento per fortuna. Non si sono viste le carte ma la sua parte politica non sembrerebbe interessata ad accedere alla domanda del procuratore. A prescindere, come diceva Totò. Certo non l'immunità ha carezzato Tonino Angelucci quando ha deciso di candidarsi. In una imperdibile intervista a Libero, e l'uomo in tutta la sua vita ne ha concessa solo un'altra, ha spiegato: "Non vorrei che qualcuno considerasse il mio impegno così riduttivo e circoscritto. Angelucci non è solo sanità".

Però, e purtroppo, ancora tac, posti letto, convenzioni e prestazioni. Gli Angelucci al centro. Gli, plurale.

(5 febbraio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. L'Aquila e il decreto abracadabra
Inserito da: Admin - Maggio 05, 2009, 11:23:29 am
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Piccola Italia     

Antonello Caporale

L'Aquila e il decreto abracadabra


E' stato ribattezzato "decreto abracadabra" per le innumerevoli devianze creative con le quali accompagna il processo di ricostruzione dell'Aquila e dei paesini circostanti. La luna di miele tra gli abruzzesi e Silvio Berlusconi ha subito una prima e significativa increspatura. La lettura approfondita del decreto legge, e la verifica che i soldi all'Abruzzo in gran parte (4,7 miliardi di euro) saranno racimolati dall'indizione di nuove lotterie, dagli interventi sul lotto, e dai sempreverdi provvedimenti anti-evasione, soldi veri niente, e che in più le risorse saranno spalmate su un periodo lunghissimo (da oggi al 2033) hanno creato fremiti di rabbia dapprima isolati e poi sempre più partecipati.

Il tam tam ("Berlusconi ci inganna!") è iniziato, e non è una novità, sui blog. Prima Facebook e poi i partiti. Prima i conclavi nelle tende poi le riunioni istituzionali. Una giovane donna, Rosella Graziani, che sa far di conto, ha messo a frutto tutto il tempo ritrovato e fino alla settimana scorsa inutilizzato per radiografare il decreto legge e poi bollarlo in una lettera pubblica: "Mai nella storia dei terremoti italiani avevamo assistito a una ingiustizia tanto grande e a un tale cumulo di menzogne che ha ricoperto L'Aquila più di quanto non abbiano fatto le macerie".

Quali le menzogne e dove l'inganno? I soldi veri, il cash disponibile che Tremonti rende immediatamente spendibile si aggira sul miliardo di euro. Tolte le spese per l'emergenza, restano 700 milioni di euro destinati alla costruzione delle casette temporanee. E qui il primo punto: 400 milioni saranno spesi per edificarle nel 2009 e 300 milioni nel 2010. Se ne dovrebbe dedurre che la totalità delle case provvisorie sarebbero, è bene riusare il condizionale, realizzate totalmente entro l'anno prossimo. Dunque qualcuno avrebbe un tetto a settembre, qualcuno a ottobre, qualche altro a gennaio, o nella primavera che verrà. E' così? E' il dubbio, maledetto, che affligge e turba.

Secondo punto: le casette sono sì temporanee ma il decreto le definisce "a durevole utilizzazione". Durevole. Moduli abitativi condominiali, magari lindi e comodi, a due o tre piani. In legno. Ecocompatibili, risparmiosi, caldi. Perfetti. Possono durare decenni.
E dunque: sarebbero provvisori ma purtroppo paiono proprio definitivi. E, questa è una certezza, sono le uniche costruzioni ad avere pronta una linea di finanziamento. Piccole e sparse new town. New town aveva detto Berlusconi, no? E le case vere? Quelle di pietra?

Qui la seconda questione campale: sembra, a scorrere gli allegati al decreto, che Berlusconi non possa concedere più di 150 mila euro per la ricostruzione dell'abitazione principale. E per di più questi soldi sarebbero veri fino a un certo punto, perciò la definizione di decreto abracadabra. 50 mila euro li concederebbe - cash - il governo; 50 mila li tramuterebbe in credito di imposta (anticipata dalla famiglia terremotata e ammortizzata in un arco temporale di 22 anni); altri cinquantamila sarebbero coperti con un mutuo a tasso agevolato a carico però del destinatario del contributo.

Non si sa bene ancora se sarà così strutturato il fondo. Le norme del decreto possono subire fino al prossimo giovedì emendamenti e correzioni. Quel che comunque sembra chiaro è che la somma ipotizzata (150 mila euro) ammesso che venga confermata, sarà sufficiente per una casa di tipo popolare e di nuova costruzione, ma totalmente sottodimensionata per finanziare i lavori di recupero e restauro conservativo. Nel centro storico dell'Aquila ci sono 800 edifici pubblici e 320 edifici privati, sottoposti a vincoli per il loro pregio.

Recuperi dispendiosi economicamente e, secondo questo decreto, sostanzialmente a carico dei privati.
Così ieri i sindaci delle aree terremotate si sono ritrovati in conclave e hanno iniziato in un borbottio che è poi sfociato in un documento di dura protesta. "Vogliamo vedere nero su bianco i soldi per la ricostruzione e non solo quelli per le casette transitorie. L'Aquila va costruita dov'era e com'era. Così non sarà: a leggere il decreto i tempi sono dilatati fino al 2033, una data ridicola", ha dichiarato la presidente della Provincia Stefania Pezzopane.

Ai dubbi che già gonfiano i primi timori si aggiunge poi l'offesa istituzionale subita dagli enti locali. Il governo, promotore della prima legge costituzionale a vocazione federalista, ha accentrato ogni potere di spesa negando finanche al sindaco dell'Aquila, città epicentro del terremoto e capoluogo di regione, le funzioni commissariali esecutive. Penserà a tutto, come al solito, Guido Bertolaso...

(5 maggio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. Il salto carpiato di Bertolaso
Inserito da: Admin - Maggio 11, 2009, 09:32:53 am
Il salto carpiato di Bertolaso

Antonello Caporale.


Il funerale del primo morto della tenda è di qualche giorno fa. Un uomo, quarantenne, è deceduto all'ospedale di Castel di Sangro per complicanze polmonari occorse sul suo corpo già gravato dalla malattia e purtroppo ricoverato sotto la tela. La probabilità che altri funerali dovranno celebrarsi è piuttosto alta. Diciamo almeno pari alla rabbia che, questione di giorni, tracimerà se le condizioni di vita nelle tendopoli si confermeranno ancora così spietate e impossibili.

Esistono segnali concreti, basta chiedere ai medici e agli infettivologi, dell'innalzamento delle situazioni acute che già oggi si presenta allarmante. La tenda miete vittime, e questo si sa. E i decessi nel periodo appena successivo a una catastrofe naturale toccano storicamente punte fuori dall'ordinario. In Irpinia decine e decine furono i morti, soprattutto anziani, nel periodo racchiuso tra la data dell'evento (23 novembre) e la fine dell'estate successiva (30 agosto). Malattie e decessi si contarono anche in Friuli. Friuli ed Irpinia sono le comparazioni possibili essendo i terremoti dell'Umbria e del Molise molto più modesti per forza distruttiva e decisamente localizzati in aree di dimensioni contenute.

La tenda, dunque, se è una compagna preziosa nelle ore immediatamente successive alla catastrofe, diviene nemica già dopo la seconda settimana di soggiorno. All'Aquila rischia di restarvi piantata più di dieci settimane. Anzi più di venti. Forse più di trenta. Il salto carpiato verso il rischio infinito lo si deve a Guido Bertolaso, l'uomo con la tuta, il pluridecorato comandante della Protezione civile, pluricommissario, plenipotenziario del governo, regista e principe in ogni disgrazia e attore protagonista di tutti i grandi eventi che il governo, con un tocco di eccentricità, li rubrica come emergenza nazionale per infilarli sotto la sua ascella.

Ma l'Abruzzo e Bertolaso sin dall'inizio non hanno legato bene. "Le scosse di terremoto che continuano a scuotere l'Abruzzo non sono tali da preoccupare, ma purtroppo a causa di imbecilli che si divertono a diffondere notizie false siamo costretti a mobilitare la comunità scientifica per rassicurare i cittadini". Come una targa a memento perpetuo, questa frase segna il carattere di travolgente certezza che anima i passi e le parole dell'uomo con la tuta. Vero, Bertolaso non poteva dire altro. Ma forse lo poteva dire diversamente. E, questo è sicuro, fare qualcosa di più prima per tentare di mitigare il pericolo, nel caso lo si fosse ritenuto concreto.

Il suo ottimismo, così denso e certo già prima della catastrofe, ha convinto il governo nelle giornate successive alla distruzione del capoluogo abruzzese ad adottare per il piano di ricostruzione la più ardua delle operazioni possibili: lasciare gli aquilani nelle tende fino a quando vere case non saranno costruite. Case asismiche ed eco-compatibili, moduli abitativi ad alto livello tecnologico ed elevata componibilità. Sei mesi appena nell'inferno della tendopoli per poi passare direttamente nel paradiso del campus, dei quartieri edilizi residenziali, di una abitazione comoda e sicura. E certa.

Mai era accaduto prima d'ora e c'era un perché.
L'emergenza post-terremoto ha sempre conosciuto tre fasi duranmte le quali si sviluppa l'accoglienza, il sostegno e il reintegro abitativo. Una prima, di puro soccorso (fase a), con alloggiamenti di pronta realizzazione (tendopoli e/o roulottopoli), una seconda (fase b) con alloggiamenti a realizzazione differita e caratteristiche di ricovero a più lunga sostenibilità (moduli metallici o casette in legno monofamiliari); e poi la ricostruzione definitiva, la fase c. Ma il governo ha scelto di ridurre la catena e saltare completamente la seconda fase. Magari una telefonata a Giuseppe Zamberletti, deputato di lungo corso democristiano, padre della legislazione sulla Protezione civile, che prima e meglio degli altri (forse meglio anche di Bertolaso) ha valutato le opportunità e le caratteristiche delle singole fasi, teorizzando la necessità di un gradualismo che allentasse la domanda alloggiativa in un contesto di civile ancorché precaria sistemazione.

Invece niente. A Berlusconi non è parso vero fare a meno delle "baracche" ("gli sa troppo di campo rom", riferì il frastornato e inconsapevole sindaco dell'Aquila nelle ore immediatamente successive al terremoto), quando Bertolaso ha proposto al consiglio dei ministri di dar fiducia alla sua idea straordinaria di realizzare case, anzi c. a. s. e. acronimo che sta per "Complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili". Veri alloggi, palazzine a due o tre piani costruite su piastre di cemento a tecnologia giapponese, assorbenti l'energia sismica attraverso i "dissipatori", cuscinetti che rullano, ammortizzatori formidabili.

Le case a molle, idea magnifica! E soprattutto idea brevettata dalla Protezione civile in collaborazione con una propria fondazione, il centro europeo di formazione e ricerca in ingegneria sismica, l'Eucentre.
Fatta questa scelta e coniugatala a una seconda ("No a una tassa di scopo per la ricostruzione in Abruzzo") l'esecutivo si è consegnato al capitombolo: o la va o la spacca. Queste case - "a durevole utilizzazione" - costano tanto, e tutti i soldi cash sono stati impegnati per farvi fronte. Quindi al resto delle necessità si è consegnato un decreto dai risvolti esoterici, un abracadabra di impegni presi eppure tenuti sospesi una coltre di nebbia. I soldi per le case in pietra ci sono, ma forse non ci sono. Ciascuno avrà 150mila euro per rifarsi un tetto. Ma forse di meno. O forse di più. Gli allegati tecnici al decreto sulla ricostruzione consegnano purtroppo l'impressione di un testo piuttosto confuso, enormemente impreciso, tecnicamente poco consapevole, a tratti con un sostenuto invito alla supposizione, vedasi le lettere a) ed e) alla relazione di accompagno e interpretazione dell'articolo 3 del decreto legge. Però s'è detto: c'è stato un qui pro quo.

(11 maggio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. ricostruzione fai-da-te Chi può si edifichi un ricovero...
Inserito da: Admin - Maggio 22, 2009, 11:51:52 am
L'inchiesta.

Il Comune: chi vuole lasciare le tende può costruirsi una baracca vicino alla casa distrutta

L'Aquila, ricostruzione fai-da-te "Chi può si edifichi un ricovero"

Su 70.000 abitanti sono 100.000 le richieste di indennizzo


dal nostro inviato ANTONELLO CAPORALE

 L'AQUILA - Come una cena di gala che finisce per essere ricordata dalle posate di plastica, così la ricostruzione dell'Aquila, annunciata come la più eccellente prova italiana di efficienza, piega in questi giorni verso un ritorno all'intramontabile genere nazionale del fai da te.

Con una mossa piuttosto disperata, di fronte al vedo-non vedo della legge che assegna i soldi (che ci sarebbero o forse no) per rifare ogni cosa, la giunta comunale dell'Aquila con delibera 147 del 12 maggio scorso avverte i concittadini che si fossero stancati delle tende e degli alberghi di avanzare autonomamente verso le vicinanze di casa. Chiunque abbia un cortiletto, una piazzola, un bordo strada libero può realizzare - a proprie spese s'intende - un box, o anche una dimora in legno, oppure un container, una baracca. Il "manufatto temporaneo" non deve essere più alto di sei metri e più grande di 95 metri quadrati. Casa o negozio, fai tu! S'arrende sconfortato il municipio dell'Aquila e s'arrangi chi può. "Non potevamo comportarci diversamente, abbiamo necessità di restituire un po' di vita alla città e di rispondere alle esigenze minime e urgentissime", commenta Antonello Bernardi, medico e consigliere comunale.

Il moto ondoso degli aiuti e della bontà nazionale sta lentamente acquietandosi. E il fuoco d'artificio aquilano, case a molle bellissime come l'Italia mai ha visto e avuto, pronte per l'uso e il consumo entro fine novembre, si spegne di fronte alla marea di lamiere che tra qualche giorno verrà consegnata alla vista del premier e, sfortuna, dei grandi della Terra per via del G8. Lamiere e baracche, proprio quello che Silvio Berlusconi ha cercato con ogni forza di evitare arrivando a sostenere il più rischioso dei progetti di sistemazione provvisoria: solo tende.

"La tenda inebetisce, massacra il morale, riduce l'intelligenza a zero e il corpo vitale di un lavoratore ad oggetto da assistere. Mangiamo bene tre volte al giorno, ci fanno fare la doccia e i bagni sono disinfettati due volte al dì... Le guardie ci controllano, gli infermieri ci aiutano e noi siamo lì reclusi e beati. Gente a cui il destino ha offerto prima della morte una vacanza, magari di merda, per un sacco di tempo", commenta l'architetto Antonio Perrotti, sistemato sotto la tela e promotore nel campo base del più agguerrito comitato popolare.

Il regime di vita, totalmente assistito, prevede in cambio però silenzio e ridotta capacità visiva. La nota della signora N. F., che il timore di rappresaglie induce a negare la propria identità, dimorante al campo base Italtel 1: "Capisco la sicurezza, ma con questa necessità si annienta ogni libertà di espressione. Al mio campo si entra e si esce solo con un badge di identificazione. Una sera iniziai a discutere con amici della necessità di fare qualcosa, muoverci, capire. Si forma un crocchio di una decina di persone e io inizio a interrogarmi ad alta voce. Passa qualche minuto e si fa vivo il muso di una camionetta dei carabinieri. Ci spiegano che ogni assembramento avente natura politica dev'essere autorizzato e che loro, finché non fosse terminato il nostro conciliabolo, sarebbero rimasti lì ad ascoltare".

Guido Bertolaso, manager della ricostruzione, ha puntato tutto sulle case a molle, le palazzine in legno e cemento precompresso a due o tre piani, che devono servire alla nuova L'Aquila. Ha bisogno però di pace e concordia. Per averla ha chiesto aiuto ai carabinieri e convocato il vescovo. Monsignor Molinari gli ha portato tutti i parroci ai quali Bertolaso ha consigliato di farsi attivisti della Protezione civile: alleviare, attutire, sistemare, e - diamine! - zittire se è il caso.

Il conto per tenere gli aquilani (in silenzio) al mare e concedere ogni possibile servizio di catering a chi non ha lasciato la montagna costa tre milioni di euro al giorno. Ai quaranta gradi e alla scelta temeraria delle tende si fa fronte con i condizionatori appena montati. Il reparto di malattie infettive è stato robustamente integrato da medici, tutti i casi di malanno da tenda (gastroenteriti, bronchiti, polmoniti, asma e tubercolosi) saranno presto trattati nell'ala dell'ospedale restituita alla città (cento posti letto) e nelle attrezzature mediche del centro clinico fabbricato per il G8 (ottanta posti letto).

Dove può, Bertolaso mette un cerotto. Ma quale cerotto può coprire la decisione di trasferire la città in quindici little town, a distanza di sicurezza dal centro storico del capoluogo, il punto g del dolore? "Centosessanta ettari, un consumo di territorio infinito dislocato tra località remote. Alloggio sicuro per 15mila persone, ma inutile per L'Aquila che morrà nell'attesa". L'Aquila, dice l'architetto Perrotti, ha bisogno di una flebo immediata e urgente di vita "e invece vedo che corrono in tutt'altra direzione". La zona rossa ancora non è stata valutata dai tecnici e dunque la parte del corpo più ferito e più vitale della città resta abbandonato da ogni cura. "L'Aquila vive se il centro storico si rialza subito. La decisione di Bertolaso di trascinare via gli aquilani e sigillare il centro ammazza ogni speranza", dice Rossella Graziani, dipendente dell'università.

Pronta la risposta del governo. La legge che finanzia la ricostruzione c'è e ciascuno dove vorrà realizzerà quanto chiede. Al Senato sono giunte le norme e i capitoli di spesa sono stati corretti al rialzo. Ma anche qui affiora il dubbio che l'Aquila abbia prodotto, oltre la morte e la distruzione, una inestricabile questione matematica. Se al municipio del capoluogo sono giunte 100mila richieste di primo indennizzo a fronte di 70mila residenti ("c'è un evidente squilibrio, dobbiamo controllare bene", annota il direttore generale del comune) in Parlamento la legge si gonfia di promesse finanziarie senza impegnare un euro in più di quelli già previsti... Sostiene il senatore Legnini, del Partito democratico: "Il governo ha deciso di saldare tutta la fattura per la casa ricostruita dal terremotato mettendo a copertura la identica somma. Vi sembra possibile?". Da decreto a legge abracadabra: ogni comma un mistero giacché la ricostruzione pare frutto di un effetto ottico. Ma per fortuna ci penserà Bertolaso. L'ha detto al consiglio comunale: "Lasciate stare la politica, ci sono qua io".

(22 maggio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. La Brambilla e il saluto romano il video che imbarazza ...
Inserito da: Admin - Giugno 17, 2009, 12:44:12 pm
La responsabile del Turismo ripresa col braccio teso a Lecco alla festa dei carabinieri.

A fianco a lei il padre nella stessa posa

La Brambilla e il saluto romano il video che imbarazza il ministro

di ANTONELLO CAPORALE
 
 

ROMA - Il fotogramma era eloquente ma parziale: il braccio teso, la mano dritta a punta, il corpo fermo, gli occhi fissi nel vuoto. Intenso e partecipato. Il video, che potete guardare su repubblica.it, raccoglie in un modo ancor più emozionante la scena immortalata dal reporter della Gazzetta di Lecco alla festa dell'Arma dei Carabinieri. Tra fasce tricolori e divise sull'attenti, Michela Vittoria Brambilla, neoministro per il Turismo, tende dinamicamente a sopravanzare il corteo istituzionale irregimentato ma piuttosto moscio e allunga il braccio fino a farlo puntare quasi al cielo. "Fa ridere soffermarsi sull'angolazione del mio gomito", commentò alla vista delle foto. Al video, che pure ha potuto visionare, ha deciso invece di rispondere col silenzio.

C'è da dire che l'angolazione ricavata dal film esprime compiutezza e aderenza ai criteri guida del saluto romano: braccio destro teso avanti-alto con la mano tesa aperta leggermente inclinata in alto rispetto all'intero braccio. Ridefinita così la posizione, e rivisto ancora il filmato, tutto sembra al suo posto, perfettamente in linea con la storia e - evidentemente - il primo amore. Il braccio disteso, gesto pieno e consapevole. Insomma, sembra fascistissimo.

E, se sono esatte le ricostruzioni familiari, parecchio fascista pare anche il gesto del papà che dallo stesso palco, ma dal lato opposto della figliola, ha reclamato a sé lo stesso saluto, e l'ha mostrato con medesima forza e uguale emozione. Tutti e due un attimo prima con la mano sul cuore, anche qui tutto perfetto, e un attimo dopo, appena alla fine dell'inno di Mameli, come sapete. Sembra che Brambilla faccia buon uso, diciamo così, del saluto fascista. Una deputata del Pd, Lucia Codurelli, giura che il ministro lo scorso 29 maggio avrebbe concesso il bis durante un raduno a Varenna, in provincia di Lecco, di persone in camicia nera. Non è vero. La Brambilla in quell'occasione vestiva uno splendido tailleur turchese. Qualche camicia, forse forse, solo sullo sfondo. Ma non c'è prova documentale. E la foto immortala la mano del ministro sul petto. Lì si ferma.

Finora, purtroppo o per fortuna, Michela Vittoria Brambilla si era conquistata la fama di essere una vulcanica donna del fare. I circoli della libertà, migliaia e migliaia, figli della sua intraprendenza. E anche la tv delle libertà, le telecamere, un partito nel grande partito di Berlusconi. Due anni di fuoco, molte presenze a Porta a porta, tutte con i tacchi e parecchie con le autoreggenti. Ancora un fotografo, ancora uno scatto, e le sue calze e anche i suoi slip sono divenuti oggetto della narrazione.

Poi i circoli si sono sciolti, la tv è stata chiusa e la Brambilla si è messa in pantaloni. Quando sembrava che le gambe stessero a posto e anche i piedi piuttosto comodi nei sandali con le zeppe, ecco le mani, anzi la mano destra aperta e tesa, trasgredire. Un perfetto saluto romano, tecnicamente ineccepibile, e un segno, se vogliamo, anche al decoro che Trilussa sempre ci fa ricordare: Quanno dai la mano a uno te po' capità de strigne dè no zozzone o de'n ladro. Perciò salutamose tutti alla romana: se vorremo ancora bene, tenendosi a distanza!

(17 giugno 2009)
da repubblica.it


Titolo: CAPORALE. La Brambilla chiedeva per le liste nomi di belle ragazze con il book
Inserito da: Admin - Luglio 16, 2009, 11:41:57 am
L'intervista.

Il racconto di Vernola, escluso dalle europee: tra le candidate-sexy c'era anche Patrizia D'Addario

"La Brambilla chiedeva per le liste nomi di belle ragazze con il book"

Le foto dovevano valorizzare il lato estetico delle aspiranti europarlamentari

di ANTONELLO CAPORALE

 

E' il suo ultimo giorno da eurodeputato. Raccoglie le sue cose, prima dell'addio a Strasburgo. Marcello Vernola, pugliese e figlio di papà (dc, ministro dei Beni culturali) si è reso protagonista di una plateale contestazione a Berlusconi dopo non essere stato ricandidato. Superlativo il ricordo che ha affidato ai giornali delle ragioni che - a suo avviso - hanno interrotto la brillante carriera politica. Secondo Vernola, Denis Verdini, coordinatore del partito, alle sue rimostranze per l'ingiustizia che stava per subire, gli domandò: "Tu mica c'hai le poppe?".

Verdini ha smentito.
"Ho buona memoria e ricordo anche che con una nota di colore - quasi a rincuorarmi - riferì che quando si tenne quello stravagante seminario politico per belle donne, sua moglie gli avesse chiesto di tornarsene a casa: "Oramai che ci fai lì?"".

Chiunque potrebbe dire che lei parla per vendicarsi.
"Chiunque ha delle responsabilità in quel partito sa che io dico la verità. Il senatore Quagliariello e il ministro Frattini mi confidarono le loro perplessità a tenere lezioni di politica a una platea così originale ed eccentrica".

Le cui fila era stato chiamato in qualche modo a infittire.
"Avevo aderito ai Circoli della libertà della Brambilla, divenendone membro dell'esecutivo nazionale. Alle politiche Michela ci chiese di proporre per la candidatura nomi di ragazze corredando i curricula con book fotografici".

Book?
"Donne di bella presenza. Il corredo fotografico doveva servire a rendere percepibile il lato estetico della candidatura".

Lei selezionava e inviava alla Brambilla.
"E la Brambilla inoltrava a Berlusconi".

Qual è stato il criterio adottato?
"Io indicavo donne che avessero una storia da proporre, una cifra culturale o imprenditoriale. Per esempio ho proposto Gabriella Genisi, organizzatrice del festival letterario di Polignano a mare. Un appuntamento culturale molto noto a cui, siamo nel luglio 2007, non manco di partecipare Sandro Bondi".

Quando iniziano i suoi problemi in Forza Italia?
"L'adesione a quei circoli mi rese nemico acerrimo di Raffaele Fitto. La nomenklatura di Forza Italia subì come un grave affrontò la corsa solitaria al potere, allora pareva inarrestabile, della Brambilla".

Non era gradito.
"Ricordo perfettamente che alle Europee le ragazze da candidare dovevano essere otto. E ricordo altrettanto nitidamente le voci sui nomi di Patrizia D'Addario e Angela Sozio".

Chi glieli aveva comunicati il numero delle veline e i nomi?
"Ambienti bene informati. E ho la convinzione che lo fossero davvero. Capito che il mio destino era segnato, chiesi udienza a Berlusconi che mi ricevette nella caserma di Coppito. Mi disse: "Ho in mente una rivoluzione. Voglio candidare ragazzi e ragazze"".

E capì.
"Capii che per me era finita, anche se lui mi aveva garantito la ricandidatura. Con il senno del poi compresi quella domanda che mi aveva fatto lasciandomi interdetto: "Ma quand'è che mi presenti le tue amiche baresi?"".

(16 luglio 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. E' un vero miracolo di efficienza quello dell'Aquila? NO
Inserito da: Admin - Settembre 17, 2009, 10:40:26 pm
Il miracolo dell'Aquila

di Antonello Caporale


E' un vero miracolo di efficienza quello dell'Aquila? Non sono possibili paragoni al mondo? Si sono abbattuti i costi e i tempi di reinsediamento? E' stata messa a frutto tutta l'esperienza accumulata in Italia nella gestione della fase della prima e della seconda emergenza? Sono domande utili a farsi. I dati storici e le comparazioni con gli altri eventi ci aiuteranno a stabilire la misura e la qualità della fatica realizzata.

Un avvertimento è d'obbligo: la comparazione è naturalmente limitata alla fase attuale dell'emergenza abruzzese. In Abruzzo la ricostruzione in cemento armato non è ancora iniziata; in Irpinia e in Molise non è invece mai finita producendo uno scandaloso spreco che Repubblica negli anni, non ha mai smesso di denunciare. Quindi ci fermiamo ad oggi. E puntiamo i fari unicamente sull'emergenza.

L'emergenza ha due fasi. Una prima, nelle ore immediatamente successive al sisma, e una seconda. Nella prima sono generalmente da considerarsi gli alloggiamenti in tende. Nella seconda la predisposizione di sistemi abitativi provvisori. I cosiddetti moduli. Essi possono avere due caratteristiche: essere del tipo "leggero" (containers e roulottes) e "pesanti" (casette in legno o in prefabbricato composto). I tempi di realizzazione di questi secondi, nella media nazionale stilata secondo i dati storici (terremoti del Friuli, di Campania e Basilicata, Umbria e Marche e infine Molise), sono di 211 giorni. Una media appunto: dalle prime consegne (in 62 giorni a San Giuliano di Puglia, alle ultime, con il completamento di tutto il piano di reinsediamento abitativo (360 giorni in Irpinia). Nel mezzo la progressiva e graduale sistemazione.

Se dunque volessivo davvero stilare una classifica delle prime case assegnate (m.a.p., moduli abitativi provvisori) con caratteristiche e in numero simili a quelli celebrati ad Onna, dovremmo segnalare questo ordine d'arrivo:

1) Molise (San Giuliano di Puglia), 30 moduli a 82 giorni dal sisma
2) Umbria,  30 moduli a  98 giorni  dal sisma
3) Irpinia, 30 moduli a 105 giorni dal sisma
4) Abruzzo, 30 moduli a 116 giorni dal sisma

In effetti le prime case consegnate a L'Aquila datano 2 luglio, realizzate dalla provincia di Trento a Coppito e destinate al personale della Guardia di Finanza. I primi senzatetto ad essere ospitati abitano invece a San Demetrio e le hanno ricevute ("a tempo di record", ha scritto il Giornale) il 21 agosto. In estate infatti sono stati consegnati trenta moduli (21 a San Demetrio e 9 in località Stiffe).

Ritorniamo per un momento alla prima emergenza. Quel che segue è un raffronto tra il punto più alto dell'efficienza organizzativa (l'Abruzzo) e il punto più basso (l'Irpinia).

A L'Aquila sono state assistite circa 73mila persone nella settimana successiva al terremoto tra alberghi e tendopoli allestite. In quelle ore i temporaneamente sfollati (che hanno ricevuto solo cibo e cure) ammontano a più di centomila.

29 anni fa in Irpinia (l'area, ad esclusione del Friuli, più lontana da Roma, 340 chilometri dall'epicentro contro i 119 dell'Aquila) ma molto più grave per entità del danno e ampiezza geografica furono assistite 300mila persone circa. Duecentomila persone in tendopoli, ottantamila persone in roulotte, 20.900 persone in 451 alberghi. I temporaneamente sfollati (assistiti con cibo e cure sanitarie) ammontavano a circa 500mila. (Pubblicazione 18 marzo 1981, depositata alla Camera dei deputati).

I tempi di allestimento. 90 mila persone hanno trovato riparo in tendopoli entro sette giorni dal sisma (30 novembre-1 dicembre 1980). Altre 50mila entro 15 giorni dal sisma (5-8 dicembre 1980). Il resto della popolazione entro il 15 dicembre 1980.

I costi di reinsediamento. A L'Aquila si è deciso di saltare un passaggio che, nei precedenti storici, era ritenuto essenziale: la costituzione nella prima emergenza di roulottopoli e moduli abitativi in containers. La scelta ha avuto perciò un costo umano (la vita in tenda è durissima) ed economico.

L'assistenza completa per le persone ospitate soltanto in tendopoli è costata in sei mesi 114 milioni di euro. A ciò si devono aggiungere i costi in alberghi e in private abitazioni per il resto della popolazione. Proprio in questi giorni la Protezione civile sta rinegoziando con gli albergatori il prezzo del soggiorno (all inclusive) pro-capite: 50 euro a persona. Se questa cifra è esatta, per una famiglia di quattro persone si spendono circa 6mila euro al mese.

Il governo ha accettato questi costi e ha impegnato tutte le risorse disponibili (circa 700 milioni di euro) per la realizzazione delle C.a.s.e., abitazioni tecnologicamente avanzate ed ecocompatibili. Il loro completamento, previsto per fine dicembre 2009, permetterà di accogliere circa 4500 famiglie. Il costo a metro quadrato dell'abitazione (sono inclusi i costi di urbanizzazione primaria e secondaria) è di 2400 euro. Si deve ritenere che l'abitazione, sebbene durevole, sia comunque provvisoria perché gli assegnatari sono titolari di un distinto contributo per la ricostruzione in cemento della propria casa distrutta.

Sono circa tredicimila le famiglie ad oggi senzatetto. E molte di esse dunque devono essere ancora per molto tempo assistite altrove.

In Irpinia, quindi nel luogo dove più bassa è stata la capacità organizzativa e realizzativa, il piano di reinsediamento aggiornato al 30 giugno 1981 - in tempi dunque analoghi a quelli previsti per L'Aquila - prevedeva la installazione di 13.500 prefabbricati pesanti (simili a quelli consegnati a Onna e che oggi vengono chiamate case) nei 36 comuni del cratere e altri 10mila nei 76 comuni dell'area extraepicentrale. Il costo al metro quadro attualizzato (al netto però delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria che incidono per il 20-30 per cento) è di mille euro.

Al 15 novembre 1981, circa un anno dopo il sisma, il piano di reinsediamento, in ritardo sul cronoprogramma di circa 45 giorni, sono stati completati e consegnati, su 25586 prefabbricati, 18462 alloggi monoblocco con finanziamenti pubblici. A cui si aggiungono 2248 prefabbricati donati da enti vari e già consegnati.

(17 settembre 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. E a dicembre parte il ponte dei miracoli
Inserito da: Admin - Ottobre 19, 2009, 03:45:01 pm
Antonello Caporale.


E a dicembre parte il ponte dei miracoli

E' indiscutibilmente un Ponte dei miracoli.
E' la prima opera al mondo che parte senza un progetto esecutivo. E' il primo appalto che viene aggiudicato a un costo già ufficialmente inferiore di quasi la metà di quello che presumibilmente servirà. E' il primo ponte che, ipotizzato anche come struttura di servizio ferroviario, potrebbe in teoria essere realizzato prevedendo - per motivi di sicurezza - il transito delle sole auto. E' anche il primo ponte sul mare che, ideato per evitare le navi, alla fine (forse) le consegnerà a imperitura gloria.

Il Ponte sullo Stretto di Messina è l'uno e il suo opposto. E benché i problemi siano molti, forse troppi, i soldi pochi, forse troppo pochi, quel che s'è deciso si farà. Nonostante proteste e assemblee, petizioni e denunce. Nonostante il solo WWF abbia depositato un mare di carta e di obiezioni: documenti, foto, analisi, perizie giurate.

A Natale, esattamente il 23 dicembre, la posa della prima pietra. Tra sei anni il taglio del nastro. La prima pietra sarà posta almeno sette mesi prima, a voler essere ottimisti, di quanto il General Contractor Eurolink (capogruppo Impregilo) dimostrerà fattibile e possibile. Il viceministro per le Infrastrutture Castelli, infatti nell'ottobre dello scorso anno, precisò: "Il progetto sarà presentato entro il 2010". Si lavorerà, da qui ad allora, a vista, o meglio, si farà come le grandi trasmissioni tv nell'ora del massimo ascolto: prima la pubblicità. Il carosello pubblicitario, l'intervallo scacciapensieri, sarà costituito da operette propedeutiche, per esempio una bretella ferroviaria di due chilometri. Si inizieranno i lavori a terra senza conoscere con esattezza le difficoltà in mare.

Il governo - super ottimista - sul punto non prevede imprevisti: sarà Ponte e sarà a campata unica. E' vero, ma sembra un dato trascurabile, che nel mondo l'obiettivo non sempre è stato raggiunto. In Giappone l'Akashi Kaiyko di Kobe, costruito in dieci anni (da noi si prevedono settanta mesi) e costato all'epoca (1988-1998) diecimila miliardi di lire, ha luce libera della campata principale di soli 1991 metri contro i 3300 del nostro e nonostante le dimensioni ridotte, in corso d'opera è stato ritenuto improponibile far passare i treni.

Senza i treni il Ponte di Messina perderebbe una voce di autofinanziamento decisiva al piano dei ricavi. I treni ancora in mare causerebbero il forfait di Ferrovie dello Stato, e la riduzione dei ricavi ridurrebbe l'appetibilità dei privati a sostenerne i costi. Senza dire quale prezzo dovrebbero pagare gli automobilisti. E' tutto chiaro? Tutto chiaro. Che si fa? Boh.

Il Ponte è stato valutato il 12 ottobre 2005 dal gruppo di imprese che si è aggiudicato l'appalto tre miliardi e novecento milioni di euro, con un maxi ribasso d'asta di 500 milioni. Due anni dopo, nel luglio del 2007 il servizio studi della Camera "attualizza" il costo e lo ritiene non stimabile al di sotto di 6 miliardi e 100 milioni di euro. Due anni soltanto, due miliardi in più. Infatti, e siamo a luglio 2008 nel documento di programmazione economica (allegato Infrastrutture) a pagina 106 si legge che "si deve effettuare una vera due diligence per verificare le necessarie rivisitazioni alla Convenzione, la rilettura dei valori dell'offerta". Ci vogliono soldi, e molti di più.

E pure se ci fossero tutti, ci sarebbe da perdere il sonno sulla faglia, causa del terremoto del 1908 (magnitudo Richter 7.1) indicata come una spaccatura di circa 40 chilometri di lunghezza, sepolta sotto tremila metri di sedimenti all'interno di una zona crostale tra le più dinamiche del mondo. Anche qui uno sforzo creativo ha sopperito, almeno finora, al dilemma geologico. Secondo Remo Calzona, ex coordinatore del gruppo che doveva valutare scientificamente la fattibilità dell'opera, la indicazione della faglia su cui dovrebbe giacere uno dei piloni, visibile nel progetto del 1992, è invece scomparsa nel progetto del 2002.

Si sarà trattato di una svista in copisteria. Anche la faglia, scommettiamo?, sarà domata.

Intanto partono i lavori, e con tutte le buone intenzioni. Poi, e facciamo corna, si vedrà.

(18 ottobre 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. Audio shock dal carcere di Teramo
Inserito da: Admin - Novembre 02, 2009, 06:10:10 pm
La Procura abruzzese ha aperto un'inchiesta sulle voci registrate di due guardie carcerarie che discutono sul pestaggio di un uomo

"Un detenuto non si picchia in sezione"

Audio shock dal carcere di Teramo

"Queste cose si fanno sotto... Abbiamo rischiato la rivolta, perché il negro ha visto..."

di GIUSEPPE CAPORALE


"Un detenuto non si picchia in sezione" Audio shock dal carcere di Teramo
TERAMO - "Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto. Un detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto...". Parole dal carcere di Castrogno a Teramo, parole registrate all'interno di uno degli uffici degli agenti di polizia penitenziaria. Frasi spaventose impresse in un nastro. Ora questo audio è nelle mani della Procura della Repubblica di Teramo che ha aperto un'inchiesta sulla vicenda. Sono parole che raccontano di un "pestaggio" ai danni di un detenuto, quasi come fosse la "prassi", un episodio che rientra nella "normalità" della gestione del penitenziario. Un concitato dialogo tra un superiore e un agente che svelerebbe un gravissimo retroscena all'interno di un carcere già alle prese con carenze di organico e difficoltà strutturali.

Il nastro è stato recapitato al giornale locale La Città di Teramo, ed è scoppiata la bufera. Il plico era accompagnato da una lettera anonima.

In merito alla vicenda la deputata Radicale-Pd Rita Bernardini, membro della commissione Giustizia, ha presentato un'interrogazione al ministro Alfano.
La deputata chiede al ministro Alfano se ritenga di dover accertare "se questi corrispondano al vero e di promuovere un'indagine nel carcere di Castrogno di Teramo per verificare le responsabilità non solo del pestaggio di cui si parla nella registrazione, ma anche se la brutalità dei maltrattamenti e delle percosse sia prassi usata dalla Polizia Penitenziaria nell'istituto".
Proprio questa mattina la Bernardini ed il segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, faranno visita al carcere.

Intanto la Uil chiede chiarezza e verità anche a tutela della professionalità e dell'impegno quotidiano della polizia penitenziaria di Teramo.

"Noi possiamo solo affermare - sottolinea la segreteria regionale - che la violenza gratuita non appartiene alla cultura dei poliziotti penitenziari in servizio a Teramo che, invece, pur tra mille difficoltà hanno più volte operato con senso del dovere, abnegazione e professionalità. Ciò non toglie che la verità vada ricercata con determinazione e in tempi brevi. Noi vogliamo contribuire a questa ricerca impedendo, nel contempo, che si celebrino processi sommari, intempestivi e impropri".

Anche il notevole sovraffollamento è causa di forti tensioni. L'istituto potrebbe contenere al massimo 250 detenuti, ne ospita circa 400. Un solo agente per sezione deve sorvegliare, nei turni notturni, anche più di 100 detenuti; un flusso di traduzioni che determina l'esaurimento di tutte le risorse disponibili.

© Riproduzione riservata (2 novembre 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. La Carlucci, deputato da guinness
Inserito da: Admin - Dicembre 09, 2009, 04:37:20 pm
Rubriche » Piccola Italia
     
   Antonello Caporale 
     

La Carlucci, deputato da guinness


Ipercinetica, atletica, documentatissima. Deputata insuperabile. A Londra, alla direzione centrale del Guinness World Records Ltd, non trovano parole: nessun parlamentare in nessuno Stato del mondo è riuscito ad eguagliare quel che resterà un primato davvero fantastico. Gabriella Carlucci, berlusconiana della prima ora, ha sottoscritto in un solo giorno duecentoquarantuno disegni di legge.

E' accaduto martedì 24 novembre nella seduta numero 251 di questa produttivissima legislatura. La Carlucci, alle prime ore del giorno, si è presentata in aula e ha atteso il suo turno avendo ben chiara la performance che l'avrebbe resa protagonista del record mondiale. Le decine di testi di legge illustravano in maniera particolareggiata quasi ogni antro dello scibile umano. Che lei dominava. Un'altra sua dote è infatti la dedizione assoluta, la ricerca della perfezione. Alle Iene che l'anno scorso registrarono un suo ritardo a una seduta della commissione Infanzia, Gabriella, stizzita, rispose: "Devo studiare, devo leggere... mi devo preparare, mica posso scrivere delle stronzate?".

Figurarsi dunque la legittima ansia davanti alla mostruosa mole di leggi che da quel memorabile martedì recano anche la sua firma. Ogni antro dello scibile abbiamo detto. E' così. Anzi, ecco una breve sintesi dei temi messi a fuoco: tutela della maternità, fiscalità di vantaggio, accelerazione negli avvii imprenditoriali, riordino delle carriere delle forze di polizia, prelievo coattivo di materiale biologico, beni confiscati ai mafiosi, immigrazione clandestina, iva sui pneumatici ricostruiti, regolamentazione dei materiali gemmologici. Di tutto, di tutto. E davvero di più.

L'attività, prima che intellettuale, è parsa notevole anche da un punto di vista fisico tanto che un fisioterapista, a commento della prova politica, avvertiva tutto l'interesse per i risultati delle cointeressenze atletiche di quello sforzo. Si paventavano addirittura i prodromi di una tipica sindrome del tunnel carpale. Il ritmo delle sottoscrizioni, una legge e una firma ogni due minuti per otto ore di fila senza pausa pranzo, va da sé, sarebbe stato in grado di stressare seriamente il suo corpo, peraltro ben allenato in anni di esibizioni televisive no limits (si è anche lanciata nel fuoco e ha provato il brivido del salto dalla gru con elastico alla caviglia).

Con una sola sottoscrizione l'onorevole Carlucci ha invece potuto aderire ai 241 disegni di legge e allontanare le paure sul suo stato di forma. In dieci secondi e senza stress ha scalato le vette e raggiunto il primato: prima deputata italiana per laboriosità secondo il sito parlamento. openpolis superando di slancio la collega radicale Coscioni e raggiungendo nei voti un definitivo e davvero insuperabile dieci.

(9 dicembre 2009)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. E Pierluigi gela i suoi candidati Diamo la Calabria all'Udc
Inserito da: Admin - Gennaio 14, 2010, 11:24:45 pm
IL CASO. Guccione: nel Pd "pronti a bloccare le primarie"

Bersani offre a Casini la guida della regione. L'Unione gradisce molto.

E Pierluigi gela i suoi candidati "Diamo la Calabria all'Udc"

I centristi avvisano: "Molti politici sono inquisiti. Riteniamo opportuno evitare che prendano parte alla corsa per la presidenza



Dal nostro inviato ANTONELLO CAPORALE
 

COSENZA - «La questione è cruda ed è questa qui: in Calabria non tutti si possono candidare. Molti politici, anche senza condanne definitive, sono coinvolti in inchieste, e il senso di opportunità dovrebbe obbligarci a metterli da parte. Azzerare, rasare il prato fino alle radici». Non sempre le parole conducono ai soliti noti. Chi parla come Di Pietro è l'uomo di Pierferdinando Casini, il suo dominus calabrese, il deputato cosentino Roberto Occhiuto, dall'andatura democristiana eppure ricca (sempre a parole) di nuova risolutezza. L'ermeneutica calabrese traduce la presa di posizione nella voglia dell'Udc di alzare il prezzo dell'accordo con il centrosinistra da renderlo impossibile. Quelli di Casini avrebbero già un'intesa col candidato del centrodestra e un approdo sicuro: se vincono c'è la vicepresidenza con due assessorati. Piatto ricco mi ci ficco? Ma, ed è qui il secondo fatto, Bersani ha offerto a Casini la guida della Calabria. E, terzo fatto, Casini ha gradito molto. Tanto che, quarto ed ultimo evento, il segretario regionale del Pd Carlo Guccione ha annunciato: «Pronti a bloccare le primarie».

La politica è la prima fabbrica calabrese, sebbene il presidente della Confindustria di Calabria Umberto De Rose nutra fiducia nel manifatturiero e nell'alimentare: «Stiamo andando bene e senza aiuti di Stato». No, la politica per tanti, forse troppi, resta l'unica via di sostentamento. Ogni cosa è super-finanziata. Soprattutto la salute. Sebbene nella regione esistano 37 ospedali pubblici - sette solo nei dintorni di Gioia Tauro - e 30 cliniche private, alcune patologie (quelle oncologiche anzitutto) sono ancora incurabili. Silvio Gambino, direttore della Scuola di pubblica amministrazione: «La politica ci condanna alla vergogna». La Regione paga i medici di Cosenza e quelli di Bologna, paga i ricoveri a Reggio Calabria e a Brescia. Spende al punto di trovarsi con un miliardo e ottocento milioni di euro di debiti con lo Stato. Default assicurato. La corsia d'ospedale è l'unico luogo dove si raccolgano tessere e uomini, al punto che proprio in un'astanteria cosentina è stata concepita la lista "Autonomia e solidarietà", una delle sigle poi apparentate al Pd. Medici, infermieri, spicciafaccende, portantini, ex sindacalisti: con l'8 per cento la lista è stata determinante per confermare al governo della Provincia il centrosinistra.

Gli ospedali sono la disgrazia vera e la fortuna vera di Agazio Loiero, governatore in corsa per il secondo mandato. Grande facitore di tessere, gestore eccellente delle fameliche clientele, ha costruito un potere cospicuo che è però divenuto il suo tallone d'Achille. I risultati conseguiti su altri fronti (l'utilizzo dei fondi europei, una rinnovata verve nella spesa culturale, per la formazione post universitaria e dell'eccellenza) non bastano a compensare il deficit del buco nero sanitario. Il suo dirimpettaio, Giuseppe Scopelliti, seguace di Gasparri e amico di Alemanno, si è dato alla musica e alle attività più generalmente ludiche per ottenere altrettanti prelibati risultati elettorali. Reggio Calabria, di cui è amato sindaco, ancorché senza acqua potabile (ancora in alcuni quartieri del centro storico aspettano e sperano di poterla bere dal rubinetto), è una rumba permanente, ballerine e cantanti, spettacoloni e fuochi d'artificio: Venditti, Nannini, Ricky Martin, Duran Duran, Sting. Paga il Comune, divertitevi! Un milione di euro a Rtl, quella dei "very important people", per rallegrare in agosto i reggini in spiaggia, farli sentire al centro della vita e anche dell'Italia.

Il centrodestra ci crede e Scopelliti è favorito. Anche perché il centrosinistra si presenta come al solito diviso. Contro Loiero ci sono i diessini. In quattro comandano da quarant'anni e Giuseppe Bova, mite settantenne, presidente del consiglio regionale, è pronto alle primarie della sfida. L'anagrafe certifica cosa sia in Calabria il potere: immutabile. «Il mio partito mi sopporta appena e devo a Gianfranco Fini, solo a lui, se sono deputata e riesco ancora a parlare. Il volto del potere è sporco di affari, se non di peggio», garantisce Angela Napoli, deputata del Pdl. Per dire: l'area elettorale della Locride varrebbe il 13 per cento dei voti. Che si spostano come un pendolo: vanno dove si vince. Chi vince? «Noi ci battiamo per una terza via, l'unica strada della legalità», dice Luigi De Magistris, capo calabrese di Italia dei Valori. Con Pippo Callipo, industriale del tonno, vittima indomita del racket, si trasferiscono coloro che non ne vogliono sapere sia del Pd, che degli altri partiti di sinistra.

© Riproduzione riservata (14 gennaio 2010)
da repubblica.it


Titolo: Antonello CAPORALE. Il momento d'oro dei peones "Ora mi aspetto un posticino"
Inserito da: Admin - Agosto 03, 2010, 06:46:27 pm
IL CASO

Il momento d'oro dei peones "Ora mi aspetto un posticino"

Incrocio di messaggi sul confine Fini-Berlusconi, dove i voti si sono fatti "pesanti" e possono valere una promozione.

Gentile, senatore di Cosenza: "Silvio cambi consiglieri, non sanno fare bene di conto"

di ANTONELLO CAPORALE


ROMA - "La fedeltà è un concetto che in politica non esiste" dice Silvano Moffa, deputato di Colleferro, alle porte di Roma, appena trasferitosi nel gruppo di Gianfranco Fini. E' vero quindi anche l'opposto: il tradimento in politica non ha sapore né odore. "Io non mi muovo dal Popolo della libertà, ma è anche da considerare che ho fatto vincere al presidente le elezioni in Calabria, perché insieme a mio fratello raccolgo un mucchio di voti, senza che ciò sia valso un posticino al governo. Promisero qualcosa, poi hanno dimenticato". La voce è quella di Tonino Gentile, senatore di Cosenza, che solo qualche anno fa propose il Nobel per la pace a Silvio Berlusconi. Adesso c'è la guerra e lui vede nero: "Cambi i consiglieri, perché mi pare che non sappiano far bene di conto. Comunque il premier è sempre in grado di stupirci, magari ha il proverbiale asso nella manica che calerà sul tavolo al momento opportuno. Aspettiamo fiduciosi, anche se nuvoloso è l'orizzonte. Ma io non conto, sono solo un peone".

Al mercato della politica i prezzi sono lievitati. C'è chi è di là, c'è chi è di qua. E chi sta in mezzo, nella esatta metà del campo si vorrebbe accampare. "Per indole sono votato alle composizioni amichevoli delle liti, sono un mediatore inossidabile. Perciò fino all'ultimo ho tentato di dirimere la controversia e ho chiesto udienza a Berlusconi: presidente sono da lei a mani giunte. Ero fiducioso, perfino baldanzoso. Sicuro di riuscire dove altri avevano fallito". Il presidente, cioè Berlusconi, non ha ritenuto di premiare la fatica di Giuseppe Consolo, avvocato romano di ricco pedigreé, e anzi l'ha messo alle strette: o con me o con lui. "Sono legato a Gianfranco Fini da un'amicizia antica e intramontabile. Non ho potuto che aderire al suo invito".

Futuro e libertà. Anzi, se proprio si insiste, soprattutto libertà. "Chiede a me? Proprio a me? Ma sa che boccata d'aria ho preso? Sa quanto sono felice, finalmente libera e distante da quelli? Chi vuole che mi tampini, sanno di che pasta sono fatta, di quale scorza dura e di quanta sofferenza abbia patìto. Anzi, gliela dico tutta. Mi sono tolta un gran peso. Mi sento lieve e felice. Ha presente la poesia di Pablo Neruda?". La figura di Angela Napoli, nell'ampio ventaglio delle incursioni, è da assimilare alle fortezze inespugnabili, quelle casematte cui è meglio non bussare. Da un decennio è impegnata in una orgogliosa e solitaria battaglia antimafia in Calabria, e da tempo sottoscrive dichiarazioni che pungono il cuore vivo del centrodestra. Così estrema e radicale che la Napoli teme - a contrariis - acquisti dell'ultima ora del campo finiano, cambi di casacca moralmente indigesti: "Spero che quello non venga con noi".

Questo e quello. La partita è aperta, la legge della domanda e dell'offerta fa volare in alto i prezzi: quanto costa un senatore, per esempio? Enrico Musso insegna a Genova Economia dei trasporti. Decise di correre a sindaco della città per il centrodestra. Perse ma entrò nel giro. "Da due anni e mezzo sono in Parlamento ed è tramortente questo posto. Non conti nulla, non vali nulla. Non si entra nel perimetro delle decisioni, non esiste un affidamento alla tua competenza. Semplicemente non esisti. Perciò io qui sono divenuto un senatore senza terra, senza passato e sicuramente senza futuro. Ho votato decine di volte contro l'ufficialità del gruppo, ho spiegato la mia dissociazione illustrando la coerenza col programma del partito al quale ho garantito lealtà. Loro vogliono fedeltà, della lealtà se ne fottono. Perciò sono e resterò un disertore. Però con Fini non passo". "Con Fini io resto, adesso poi abbiamo tolto la golden share alla Lega. E se qualcuno pensa a ricorteggiarmi sappia che mi reca fastidio" certifica Moffa.

I migliori colpi al calciomercato si ufficializzano all'ultimo minuto utile. "Aspettiamo settembre" consiglia Gentile. "A settembre anch'io deciderò" comunica Musso.

(03 agosto 2010) © Riproduzione riservata


Titolo: Antonello CAPORALE. Mi hanno detto: lascia Di Pietro Ti faremo conoscere...
Inserito da: Admin - Settembre 19, 2010, 06:26:12 pm
L'INTERVISTA SENZA RETE

"Mi hanno detto: lascia Di Pietro Ti faremo conoscere il Cavaliere"

David Favia, deputato dell'Italia dei valori: contattato proprio durante la festa di partito.

"Vengo da Forza Italia, ma non mi piace questa deriva di destra, io sono un uomo di centro"

di ANTONELLO CAPORALE



ROMA - "Parlo solo se mi autorizza Di Pietro, o anche il mio capogruppo Donadi".

Onorevole Favia, il suo comportamento è stato esemplare, Di Pietro sarà fierissimo di lei.
"E' successo tutto in un attimo, ero laggiù, proprio là".

Là?
"Stavo assistendo con la mia amica vicepresidente del consiglio regionale delle Marche a un musical ieri sera. Qui alla festa del nostro partito a Vasto". (Si rivolge alla collega: Vero?. Lei: verissimo)

Le giunge una telefonata.
"Di un mio collega avvocato. Era emissario, latore di un messaggio importante: mi ha chiesto se volessi incontrare Berlusconi. Avrei potuto ottenere subito un incontro".

Sanno che le Marche sono territorio dove lei raccoglie buoni frutti.
"Vengo da Forza Italia, nel 2003 li ho lasciati e da solo, dico da solo, sono andato alle elezioni regionali facendomi eleggere con il simbolo dell'Udeur".

Determinazione, coraggio, voglia di andare avanti nonostante tutto. Le qualità perfette per una carriera luminosa.
"Mastella nel 2007 mi chiamò e mi disse: andiamocene con il Cavaliere. Io gli risposi: vacci tu".

Aveva litigato con i berlusconiani e nessuna intenzione di rifidanzarsi.
"Troppo a destra. Dopo il 2001 Berlusconi aveva abbandonato quel suo profilo democristiano e centrista che a me piaceva tanto per un segno più marcato verso destra. E sa, con la mia storia liberale sulle spalle".

La sua storia liberale ad Ancona è in effetti assai nota.
"Non mi sentivo a mio agio, avevo scelto Mastella per la prudenza delle posizioni in campo".

Moltissimo moderato.
"Ecco, moderatissimo".

Rigorosamente al centro.
"Lì mi piace stare, Perciò quando Clemente fece il voltafaccia io scelsi questo partito (alcuni amici mi invitarono a guardare meglio al movimento di Di Pietro. E io ci guardai)".

L'è piaciuto.
"Tantissimo, mi trovo molto bene".

E quando ieri sera ha squillato il telefono.
"Madonna santa, pure qui".

Il diavolo tentatore.
"Non volevo crederci!".

Sembra scosso.
"Sono corso subito da Di Pietro a dirglielo. E da Donadi".

Non deve temere.
"In queste condizioni sa... viene pubblicato il mio nome sul giornale. Anche forse la foto. E qua che penseranno?"

Che Berlusconi ha tentato di rovinare anche la festa a Di Pietro. Ma  -  grazie a Favia  -  l'incursione non è riuscita.
"Lei è sicuro?".

Stia certo e tranquillo. Ha fatto un figurone.
"Prima di parlare vorrei essere autorizzato. Son cose delicate".

Se permette, chiamo Donadi e gli spiego che ha respinto il diavolo tentatore senza però dirlo in giro.
"Se permette lo chiamo anche io. Poi chiamo ancora Di Pietro, che non si sa mai".

Lei non emigra, è indubitabile.
"Fermo, eccomi qua".

Però che audacia da parte loro...
"Ero proprio lì sotto al palco, ha capito dove?".
 

(19 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/09/19/news/mi_hanno_detto_lascia_di_pietro_ti_faremo_conoscere_il_cavaliere-7216312/?ref=HREA-1


Titolo: Antonello CAPORALE. Saverio Romano, Udc, amico di Cuffaro: "A Palazzo Grazioli..
Inserito da: Admin - Settembre 20, 2010, 09:33:16 am
L'INTERVISTA

"Macché comprato dal Cavaliere il mio è solo amore per la politica"

Saverio Romano, Udc, amico di Cuffaro: "A Palazzo Grazioli ci sono stato solo una volta, non ho mai cercato poltrone"

di ANTONELLO CAPORALE


PIERFERDINANDO Casini ha appena buttato giù dal barcone dell'Udc Saverio Romano, il vice Cuffaro del gruppo siciliano del partito, tessere e voti a go-gò, reo di intelligenza col nemico. Incontriamo il naufrago, che dovrebbe essere già sistemato a prua della nave berlusconiana.
E' un perfetto democristiano, così amabile nei modi e amico delle parole che questo colloquio  -  iniziato col sole - è terminato nelle tenebre.

E' andato col cappello in mano.
"Da nessuna parte. E' una falsità assoluta".

Teso il cappello ha ricevuto le lenticchie.
"Casini pensa di poter provare a fare un'alleanza col centrosinistra. E le prove generali le sta facendo col ribaltone qui in Sicilia.
Vuole un partito più leggero, in grado di fare alleanze spurie rispetto alla nostra tradizione. Vuole allontanarci perché ha bisogno di perdere peso, eh eh".

Lei però col cappello in mano. Che figura.
"Solo chi non mi conosce può ritenere verosimile un'accusa invece del tutto gratuita".

Anche Berlusconi ha detto che vi tiene sotto controllo.
"Fa il suo gioco, coltiva le nostre divisioni".

Lei voterà Berlusconi e sarà il nuovo sottosegretario.
"Scorretta e infondata sia la prima che la seconda affermazione".

Lei non voterà Berlusconi e resterà fedele a Casini.
"Ho detto questo?".

Vero: non ha detto né questo né quello.
"Amo il ragionamento. Mi permette? So che il mio elettorato non desidera questo sistema bipolare, ma nel caso debba scegliere, sceglie lui".

Vede dunque: lei voterà Berlusconi.
"Sia gentile, mi permetta di avanzarle quest'altra considerazione: io ascolto, raccolgo le aperture, procedo nelle riflessioni e poi decido".

Si è meritata l'accusa di mafia che le fu rivolta?
"No".

Non si trova mai nessuno che dica sì.
"Scusi, nemmeno per idea! Come può venirle in mente una cosa simile?"

Quando stringe la mano ha timore di afferrare quella sbagliata?
"In genere non stringo la mano a chiunque. Solo politici, consiglieri regionali, comunali. Gente fidata".

Niente fango.
"Quand'anche il fango ti circondasse non è detto che debba sporcarti per forza".

Vero, i pompieri combattono il fuoco indossando materiale ignifugo.
"Ma le pare".

Si sospetta una sua naturale propensione all'aggancio di poltrone varie.
"Una volta tanti anni fa feci l'assessore provinciale. Poi sempre in Parlamento a coltivare la mia vera passione: la politica".

Che tempra. Mai stato a palazzo Grazioli?
"Mai, solo nell'altro governo, quand'ero sottosegretario".

Poltrone niente, eh? Pinocchio.
"Me ne ero dimenticato. Sa, si è trattato di una cosa breve. L'ho fatto solo per un anno".

(20 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/09/20/news/intervista_romano-7239153/?ref=HREA-1


Titolo: Antonello CAPORALE. Tanoni: "Addio Dini e Udc ora passo con il premier"
Inserito da: Admin - Settembre 22, 2010, 04:57:13 pm
SENZA RETE

Tanoni: "Addio Dini e Udc ora passo con il premier"

Il lib-dem Italo Tanoni è rappresentante legale di Rinnovamento Italiano, partito fondato dall'ex presidente del Consiglio: "Valgo 250mila voti"

di ANTONELLO CAPORALE


ITALO Tanoni è l'aedo di questa legislatura. Un Clemente Mastella in versione ancora più mignon.

Un lettore sprovveduto si chiederebbe chi sia mai Tanoni.
"Sono da scoprire. E avverto l'interesse che monta nei miei confronti".

Si è costruito mattone per mattone la sua casetta.
"Diciamo che valgo l'un per cento. Sono circa 250mila voti. E sono il legale rappresentante di Rinnovamento italiano".

Il vecchio simbolo di Lamberto Dini?
"Detengo anche il nuovo: liberaldemocratici".

Due partiti in una sola mano. Tanoni, lei è scaltro più di una volpe.
"Ho formato la quarta gamba della Margherita".

Poi ne è uscito.
"Con Casini ci siamo presentati in quattordici province raccogliendo la bellezza di cinquantamila voti. Solo quattordici e già cinquantamila voti".

Poi ne è uscito.
"E abbiamo concluso un cartello elettorale con il Popolo della libertà per il Parlamento".

Poi ne è uscito.
"Autonomi ed equidistanti. Siamo al centro e quindi stiamo al centro".

Appena eletto è filato via. Dini è assai spiaciuto del suo atteggiamento.
"E' un grande banchiere, ma di politica poco avvezzo".

Adesso si rimette con colui che ha lasciato.
"Non siamo al mercato dove ci si vende però!".

 Giusto, corretto.
"Quando Berlusconi mi ha chiamato ho solo detto: presidente, abbiamo ferite del passato da suturare".

Faccia conto di essere già sottosegretario. Garantito.
"Assolutamente! Non fraintenda".

In politica conta la visibilità. E lei ha ben meritato.
"Dobbiamo trovare un punto di incontro sul programma".

Punterei sulla poltrona, anzitutto. Voi siete liberali, lui è liberale nato. L'intesa si trova in un secondo.
"Abbiamo un problema sulla giustizia. Sa, nel nostro gruppo c'è un magistrato, l'onorevole Daniela Melchiorre".

Berlusconi apprezza chi pone le questioni in modo schietto ma amichevole.
"Ancora non siamo alleati".

Tanoni è anche noto per la cura dei particolari.
"Tengo a vestire bene".

Politicamente è un gran rubacuori.
"Sono un single felice".

Un po' di qua e un po' di là. Già solo per questo a Berlusconi starà simpatico. Però non gli faccia scherzi.
"Se chiudo, questa volta chiudo per sempre".

Almeno fino al 2013 stia fermo.
"Ho una sola parola. Ad oggi però ancora non abbiamo deciso".

Tanoni!
"Ca' nisciuno è fesso!".

(22 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/09/22/news/tanoni_addio_dini_e_udc_ora_passo_con_il_premier-7301267/?ref=HREC1-1


Titolo: Silvio deve rifornirsi... vanno bene anche prodotti avariati.
Inserito da: Admin - Settembre 23, 2010, 10:11:19 am
INTERVISTA

Luciano Sardelli: "Trasloco da Silvio mi ha promesso che sistema tutto lui" 

Colloquio "senza rete" con il deputato di "Noi Sud"

di ANTONELLO CAPORALE 


Gioioso per natura, creativo, eclettico soprattutto. Il brindisino Luciano Sardelli è un deputato che stupisce e disarticola. Innova ed espande la politica nella letteratura. "Più della carriera adesso mi impegna il lancio del romanzo. Ho impiegato quattro anni per chiuderlo".

Con quel che sta succedendo lei pensa al romanzo?
"Diciamo il titolo, grazie".

"Una storia poco onorevole". Ogni buona libreria avrà una copia.
"Porto il lettore nel Parlamento, li conduco dentro i corpi dei miei colleghi che divido in genuflessi e replicanti. Tutti simili, tutti uguali. Ah ah ah".

Uguali a Berlusconi.
"Il nostro satrapo".

Lei è decisamente ardimentoso.
"Lo raffiguravo nel libro come un videoman, l'uomo che si trasforma in schermo. E lo schermo produceva immagini sovrapposte: lui insieme a gnocche brasiliane, lui centravanti del Milan. Slum, slum. Proiezioni espressive. Mi hanno detto che non era il caso di inserire questa parte".

Videoman.
"Con Berlusconi non c'è problema, ci siamo visti e abbiamo subito concluso".

Siete nel Pdl
"Ci chiamiamo Noi sud. Fu Berlusconi a consigliarci questo nome. Si era al tempo delle regionali in Puglia con la Poli Bortone che aveva fondato il movimento Io Sud. Il presidente ci disse: lei è sola, voi siete quattro. Chiamatevi Noi Sud".

Impeccabile come sempre.
"Ho i miei voti, anche se Repubblica tanti anni fa mi descrisse come un deputato abusivo".

Nel 2001 sembrò che avesse rubato la poltrona al suo concorrente Cosimo Fagiano.
"Assolutamente! Fui eletto e mi si disse che il candidato sconfitto aveva ottenuto un centinaio di voti in più. Vattelapesca poi".

Così parve.
"Nel 2006 non riuscii ad essere rieletto e resistetti come assistente parlamentare di Lombardo. Ora eccomi qua di nuovo".

Berlusconi l'aspetta.
"Ci ha detto di passare da lui, che sistema tutto".

Un sottosegretario per Noi Sud è d'obbligo.
"Personalmente tengo più al romanzo".

Per lei le parole contano più di tutto. Anche Al Bano ha goduto della sua creatività.
"Cos'è l'amore è una canzone mia".

Un paroliere in più in Parlamento.
"Quella luce/ che si accende/ in ogni cuooor".

Lei è un testo un pochino più perturbato.
"La scrissi quando nacque Jasmine, la figlia di Al Bano".

Sei una stella...
"che si muove/la scia di quella nave/tararà".   


(23 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/09/23/news/intervista_sardelli-7337297/


Titolo: Antonello CAPORALE. Calearo apre al governo "Saprei fare il ministro"
Inserito da: Admin - Settembre 28, 2010, 04:33:52 pm
SENZA RETE

Calearo apre al governo "Saprei fare il ministro"

Capolista del Pd in Veneto alle elezioni del 2008, potrebbe votare per il governo domani: "Gli operai hanno bisogno di stabilità.

Faccio il bene del Paese"

di ANTONELLO CAPORALE



"Venduto".

E basta?
"E siamo ancora alle gentilezze. Perché tutto sommato è un atto di disistima politico. Poi ci sono le mail-porcata".

A Massimo Calearo, imprenditore veneto "libero e forte", il computer deposita quotidianamente un ricordo degli elettori che lo hanno votato capolista del Pd e oggi lo ritrovano sul punto di dire sì al governo Berlusconi.

"Sì non l'ho detto e non sono certo di dirlo. Prima voglio leggere il discorso, conoscere le aperture. Perché se dico sì".

Lo dico.
"Non so se lo dico. Ma certo gli operai hanno bisogno di stabilità".

Un padrone a cui stanno a cuore gli operai, finalmente.
"Anche le imprese vogliono un governo stabile".

Le imprese e gli operai.
"E i tassisti, i commercianti. Ma non sente dal basso la domanda?".

E' il popolo che lo chiede.
"Parliamoci chiaro: qui non esiste neanche l'ombra dell'opposizione. Non esiste l'ombra di una alternativa. Se facciamo cadere Berlusconi c'è il buio fitto".

Quindi col suo sì a Berlusconi lavora per l'alternativa a Berlusconi.
"Il mio sì concede tempo a coloro che devono organizzare un'idea di governo differente da questo".

Raffinata strategia.
"Sa che a Montecitorio anche gli amici del Pdl mi dicono:
ma chi te lo fa fare? Ma non vedi che il Berlusca è in caduta libera?"

E lei niente.
"Ho sale in zucca e noto il deserto politico e di idee. A parte la Lega cosa c'è, cosa c'è? Me lo dica lei".

E se Berlusconi riuscisse - anche grazie al suo voto - a restare in piedi e le chiedesse: bene Calearo, vieni a fare il ministro.
"Ipotesi da gioco".

Altro che: lei è imprenditore e giusto giusto manca il ministro delle Attività produttive
"C'è la fila lì".

Non pensi alla fila
"Le dico che è lunga così".

Le dico che non è detta l'ultima parola.
"Certo che mi sentirei di farlo. E ci mancherebbe!".

E' già un punto di equilibrio più avanzato.
"Ma mica faccio questo per la poltrona".

Alcuni altri sì, solo per la poltrona.
"In due anni il mondo è cambiato. Sono giunto a Roma con Veltroni e mi trovo Bersani".

In effetti c'è Bersani.
"A Montecitorio sembrano pazzi".

Stress da elezioni anticipate.
"L'unico che le canta chiare è Montezemolo".

Davvero un mondo nuovo.
"Domani mi metto ben bene tranquillo e ascolto".

Buonasera.
"Poi decido".

(28 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/09/28/news/calearo_apre_al_governo_saprei_fare_il_ministro-7498725/


Titolo: Antonello CAPORALE. Ghedini: Mezza Italia mi odia la colpa è anche mia
Inserito da: Admin - Ottobre 01, 2010, 03:43:16 pm
IL COLLOQUIO

La confessione di Ghedini "Mezza Italia mi odia la colpa è anche mia"

L'avvocato di Berlusconi: passo per il demonio, ma sono fragile.

Mi chiedo: è giusto o sbagliato quello che sto facendo, è opportuno che gli sia sempre vicino?

di ANTONELLO CAPORALE


ROMA - Niccolò Ghedini è il sarto di fiducia di Silvio Berlusconi, cliente in doppiopetto. Lui cuce. In sedici anni - tra leggi, disegni di legge, decreti e semplici bozze - ha ricamato una ventina di provvedimenti. Otto hanno visto la luce, e sono leggi dello Stato. La sua virtù è non stancarsi mai. Notte e giorno, a Natale e Ferragosto. C'è sempre. Oggi è un imprevisto giorno di festa; si bighellona in Transatlantico nell'attesa del voto. Manca l'entusiasmo in giro, e anche il morale di Ghedini ne risente. "Anch'io infatti mi deprimo, sento il peso di una fatica che si fa sempre più dura. O pensa che non abbia momenti di fragilità? O non mi chieda: è giusto o sbagliato quello che sto facendo. E' opportuno o no che gli sia sempre vicino".

In effetti pare che non conosca altro domicilio, e non abbia altro in testa che far fuori i giudici. "Io sono il cattivo, il demonio, giusto? Un senza coscienza, uno che lo fa per soldi. Anzitutto non ho mai avuto bisogni di soldi, e la politica non me ne ha portati più di quelli che con le mie capacità sarei riuscito a guadagnare. E si chieda lei invece se davvero non c'è persecuzione, se e quanto i giudici hanno sbagliato con Berlusconi". La sua assomiglia a un'ossessione. "Io voglio bene a quell'uomo e penso sinceramente che sia vittima di azioni ingiuste, alcune volte dissennate della magistratura. E un passettino alla volta stiamo andando avanti, nella direzione di un processo più giusto ed equo".

Equo? Ci sono foto, quelle in cui è ritratto in toga con enormi faldoni sottobraccio, in cui Ghedini sembra proprio a un pipistrello. Un uccellaccio che fa da guardia al capo. La belva da sciogliere nell'arena di Annozero: lui contro tutti. Norme e cavilli, e memorie ribaltate. In nome del Capo, per il bene del Capo. "Non mi piace andare lì a rivestire quel ruolo, e non mi piace quel ring dove ti chiamano solo perché vogliono sbranarti. Ci vado, è un mio dovere, ma sento che soffia l'alito dell'odio, e in qualche modo anch'io lo alimento, certo. Con le parole, le rispostacce, i giudizi che devono essere dati subito. E devono essere trancianti. Percepisco la distanza che mi separa da tanta gente, quella che non tifa per la mia squadra. Ma non è una sensazione simpatica, io rifletto e mi chiedo anche: perché mi odiano tanto?".

Ah, se lo chiede pure? "Non sono così presuntuoso da non sapere che avrò qualche colpa, né così impassibile da non ritenere che mezza Italia giudica me un diavolo, un cattivo, un orco. Uno al servizio del potente, senza scrupoli, senza mezze misure. Questa dimensione, il cattivo, è difficile da sostenere. Io sono liberale e faccio politica perché penso di contribuire con le mie idee a rendere più civile e degna il nostro Paese". Permetta però che spesso autorizza a pensare che lei bari a volte e più dell'Italia abbia a cuore Lui. Sfacciatamente. "Sono convinto di quello che faccio. E sono persuaso di essere nel giusto. Libero di non credermi. I prezzolati alzano la bandiera a comando. Io no. Io ci credo davvero a quel che dico, per chi mi ha scambiato?".

Lei è l'avvocato di fiducia di Berlusconi. E fa politica in ragione di questa condizione. "Ne sono consapevole. Ma non ho mai avuto bisogno di vendere la mia coscienza o le mie idee. Sono un liberale che sta con un liberale. Punto. In famiglia si discute e ci si interroga su una notorietà che ti dipinge nel modo che non vorresti. E fa male accorgersene, fa male discutere di questo". La politica le ha permesso di dare pugnalate. "Alt. Penso di avere uno stile e anche un codice di comportamento. Non ha trovato me nell'isolotto di Santa Lucia, per esempio. Veda quanta varia umanità raccoglie il Transatlantico stamane. Ci sono virtù e ci sono miserie. Debolezze altrui e nostre. Io dico che bisognerebbe fermarsi, mettere un punto. Non travalicare confini che non sono riconducibili più alla lotta politica. Non devo dare insegnamenti agli altri, ma posso sicuramente decidere qual è il mio comportamento. E posso anche scegliere con chi accompagnarmi. Le dico di più: posso cercarmi colui al quale stringere la mano. C'è una ragione di partito che ti fa obbedire a delle scelte. È realpolitik. E poi però esiste la scelta individuale di rifiutare amicizie che non ti convincono, non ti intrigano. Mica devo stringere tutte le mani io? Persino nel mio partito le compagnie me le scelgo io, non si discute".

Nel corridoio è iniziata la conta ufficiosa degli entranti e degli uscenti. Il gruppetto dei liberaldemocratici, in tutto tre, si ammutina ai piedi della fontana, nel cortile di Montecitorio. "Non ci ha convinto, non votiamo. E basta pressioni!", esclama Italo Tanoni, il capo degli ammutinati dell'ultima ora. I cinque colleghi di "Io sud", zattera di fortuna nel mare magnum berlusconiano, sono invece vispi, felici. "Grande giornata, grandissimo discorso", dice Elio Belcastro.

Meglio cambiare strada, e non pensare. "Arrivederci". 

(30 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/09/30/news/la_confessione_di_ghedini_mezza_italia_mi_odia_la_colpa_anche_mia-7568299/


Titolo: A. CAPORALE. Nel Pdl troppe piante parassite il Cavaliere usi il decespugliatore
Inserito da: Admin - Ottobre 03, 2010, 05:05:12 pm
L'INTERVISTA

"Nel Pdl troppe piante parassite il Cavaliere usi il decespugliatore"

Bergamini emarginata loda gli ex An. "Verdini? Lasciamo stare"

di ANTONELLO CAPORALE


CAPACE, illuminata, forse cattivella. Deborah Bergamini conosce il mondo e anche il potere. Conosce i cortigiani per averli frequentati da deputata. Ne diffida. Anche loro diffidano di lei, infatti la tengono in un cantuccio di Montecitorio.

Berlusconi è il rivoluzionario numero uno.
"Una persona fantastica, stupenda. Un genio, nel senso pieno della parola. Un vero liberale al quale l'Italia deve gratitudine".

Il genio sta attraversando un momento no.
"L'Italia sta attraversando un momento no".

Lui si appisola.
"Ho un albero d'ulivo in campagna vicino a Lucca. Era bellissimo e si stava rinsecchendo. Ho notato che era tutto coperto di vilucchio. Una pianta dall'aspetto innocuo, leggero. Eppure pericolosa. Addenta il fusto".

Lui.
"Succhia la forza dell'albero, lo indebolisce. Si attorciglia tutta"

Lo strangola.
"E' un parassita".

Come si combatte?
"Con il decespugliatore".

Dovrebbe andare col decespugliatore a palazzo Grazioli. Tanti vilucchi bussano alla porta.
"Lui apre a tutti".

Non distingue l'operoso dal parassita.
"Una persona normale avrebbe di queste preoccupazioni. Una persona speciale no".

Bella questa.
"Non avrebbe fatto quello che ha fatto se il criterio ispiratore delle sue scelte fosse stato così convenzionale".

Il partito l'ha dato in mano a Verdini.
"Lasci stare che ho già passato tanti guai con lui"

Vendicatore l'uomo.
"La mia forza politica è equivalente alla metà di un fiammifero".

Una fiammella d'ira.
"Se mi espongo è per dire che questo partito ha qualità sconosciute persino a sé stesso, tante menti disperse ma vitali".

Tutti a correre dietro i loro interessi.
"Affaccendati".

Spicciafaccende e affaristi.
"Tanti hanno impegni istituzionali. Ma forse troppi giungono da Berlusconi come se fosse una chiatta, per transitare da una riva all'altra".

Una zattera a cui aggrapparsi.
"Non c'è cuore, e non c'è solidarietà".

Quelli di An hanno mostrato più spirito di corpo.
"Avranno tanti difetti ma almeno è sopravvissuta l'idea di una rete che li lega insieme, uno spirito minimamente solidale".

Da voi regna un bell'anarchismo.
"Il vilucchio"

Lei conta la metà di un fiammifero.
"Embè?".

(03 ottobre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/10/03/news/nel_pdl_troppe_piante_parassite_il_cavaliere_usi_il_decespugliatore-7665058/


Titolo: Antonello CAPORALE. Musso: "E ora basta con i senatori on demand"
Inserito da: Admin - Ottobre 27, 2010, 09:36:06 am
L'INTERVISTA

Musso: "E ora basta con i senatori on demand"

Il senatore sta meditando l'addio al Pdl: "Poca democrazia nel partito"

di ANTONELLO CAPORALE


"Sono fuori posto, me lo dico da me". Il professor Enrico Musso, docente di Economia applicata a Genova, senatore per volere di Silvio Berlusconi, ha gli incubi.
"Ho votato no al processo breve, ho appallottolato il testamento biologico, polemizzato sullo scudo fiscale e fatto l'indemoniato quando hanno nominato ministro Brancher".

E' totalmente fuori posto.
"Sono qui su indicazione di Berlusconi".

Lei è un diavoletto, un rovina famiglie.
"La questione è semplice e perfettamente comprensibile. Se a un tizio che aveva un lavoro e degli interessi lo mandi a Roma ma lo tieni nella nullafacenza, possono accadere due cose"

La prima delle due.
"Che il tizio sia totalmente abbelinato".

Traduca dal genovese,
"Totalmente rincoglionito. E dunque si pappa la vacanza romana, l'indennità di riguardo e dorme o passeggia. Quando lo chiamano pigia il pulsante. E' il tipico senatore on demand. Non domanda, non fa, non ambisce. Poltrisce".

Si annoia nella nullafacenza.
"Oppure il tizio non è totalmente abbelinato e impiega il tempo a leggere le leggi che dovrebbe votare. Io purtroppo le leggo e se fanno schifo lo dico. Un po' belìn ci sono".

Berlusconi non l'ha cacciata ancora e non si sa perché.
"In verità è sempre cordiale con me. Parla d'altro".

Lasci il Pdl.
"Ci sto pensando seriamente e da tempo. Gli chiederò un incontro e gli dirò".

Troverà casa al gruppo misto.
"Mah, sto valutando. Intanto mi do da fare. Ho depositato una proposta di legge elettorale. Collegi uninominali ma senza il simbolo accanto al nome del singolo candidato".

Vede che provoca? Berlusconi impegna se stesso anche se si vota a Fiorenzuola. E lei ha vinto grazie al faccione del Capo.
"Non c'è dubbio. E infatti il mio è un atto di profonda sfiducia nei confronti degli elettori".

Non solo è un diavolo ma anche un fior di provocatore.
"La gente dovrebbe capire chi è che vota, informarsi un tantino. Se non ha voglia, stia a casa a sbadigliare".

Professore, siamo oltre il possibile.
"La verità ha le spine, ma resta la verità".

Vuoi vedere che Musso è capace di votare anche un governo tecnico di larghe intese?
"Possibile. Probabile. A dirla tutta, anche il Pdl non lo vedo fuori da un esecutivo di tal fatta".

Non esageri.
"Serpeggia una voglia matta. In tanti sono pronti a fare la birichinata".

Berlusconi la restituirà presto a Genova, ai suoi affetti.
"Tornerò alla bici. Almeno tiene in forma".

(27 ottobre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/10/27/news/intervista_musso-8469433/?ref=HREA-1


Titolo: Antonello CAPORALE. Pionati fa' acquisti al mercato dei tacchini...
Inserito da: Admin - Novembre 26, 2010, 05:28:19 pm
L'INTERVISTA

"Ai tacchini ripeto sempre vuoi morire a Natale?

Pionati e la compravendita di peones in Parlamento: "Nei miei incontri vado al sodo


di ANTONELLO CAPORALE


L'UNICO problema di Francesco Pionati è che gli italiani non sanno che ha cambiato mestiere.
"I più ritengono che sia ancora giornalista. Non correggo perché in fin dei conti non conviene".

Il suo pastone al Tg1 resta una vetta ineguagliabile.
"Ho imparato tutto, e ho dato tutto me stesso al pastone. Lì dentro c'era strategia, pensiero politico, capacità di sintesi. Cucinavo con sapienza, mi conceda almeno questo".

Come bolliva lei, nessuno. E anche grazie alla sua cucina oggi lei può essere annoverato tra i migliori reclutatori del centro destra.
"Mi do da fare, nulla di particolare. Spiego ai miei tacchini che sono dei pazzi a inneggiare al Natale".

Prendiamo un tacchino a caso.
"Essendo intelligente non spendo molte parole, vado al sodo e domando: "Vuoi morì"?".

Io faccio il tacchino e rispondo: certamente no.
"Guarda tacchino che se la crisi si incarta, si va alle elezioni. E se tu batti le mani a Fini rischi di rovinarti".

E perché?
"Perché Fini ha i voti per riportare alla Camera venti dei suoi trentotto deputati. Tu - che sei un tacchino - stai nella lista dei diciotto. Gli ultimi, i meno visibili. Ti intervista mai qualcuno? Sei dentro al giro degli oltranzisti, dei fedelissimi?".

No.
"Quindi morte certa, non c'è scampo. Se vuoi
sopravvivere il 14 dicembre pigia il bottone per Berlusconi, futuro assicurato".

Fini s'arrabbia.
"Berlusconi ha quaranta posti liberi, ed è l'unico che può offrire poltrone".

E se il tacchino recalcitra ancora?
"Può scegliere una via mediana e passare con me. Il mio partito, la costola cattolica nel centro destra, alle ultime regionali ha totalizzato 120mila voti. E il simbolo è stato presentato solo in tre regioni. Sai tacchino quanto valgono questi voti? Tre parlamentari".

Quindi.
"Io sono solo, e c'è posto per due".

Convenientissimo.
"Rutelli, per dire, ha solo cinquemila voti in più di me però ha in carico sei parlamentari. Tre di troppo. Di Casini non parliamo nemmeno".

Dunque solo lei e Berlusconi avete qualcosa da offrire.
"Per l'appunto".

Anche un tacchino idiota capirebbe. Chi è passato con lei?
"L'onorevole Grassano".

Sicuro?
"Certo".

Ha detto che vuole riflettere.
"Uno appena arrivato resta un altro mese e poi torna a casa? È mica venuto a Montecitorio a fare una gita scolastica?".

(26 novembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/11/26/news/pionati_compravendita-9516530/?ref=HREC1-8


Titolo: Antonello CAPORALE. Se il Veneto regala la Bibbia
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2011, 05:04:27 pm
Antonello CAPORALE

28
mar
2011


Se il Veneto regala la Bibbia

“Leggere la Bibbia, dare ai banbini la possibilità di commentarla in classe”. Non è l’illuminato Patriarca di Venezia a formulare questi buoni propositi, e non è il contenuto di una lettera destinata alle parrocchie o agli insegnanti di religione.

E’ la giunta leghista del Veneto, guidata da Luca Zaia, giovane e pragmatico dirigente del movimento, ad averla spedita ai dirigenti scolastici di tutte le scuole primarie della Regione.  Ai quali chiede, attraverso una stupefacente circolare sottoscritta dall’assessore all’Istruzione, di contattare i genitori di ogni bimbo e avvertire che la Regione dona il segno sacro della cristianità, il libro che cuce la nostra identità e la indica a coloro che evidentemente sono diversi.

E’ bene forgiare nel credo le anime pure dei piccoli italiani. E infatti la missiva, inviata alle scuole lo scorso 10 dicembre che qui sotto riproduciamo, è indirizzata unicamente ai dirigenti delle scuole elementari. L’assessore Elena Donazzan, ex missina, ritiene il gesto come un atto obbligato per contrastare nella società “la deriva laicista, spesso ancorata ai dettami del relativismo e del nichilismo”. E’ una piccola e breve crociata, per annunciare ai miscredenti le radici e favorirne la conversione.

Certo, si potrebbe obiettare (e infatti qualche dirigente scolastico l’ha fatto) che nelle scuole arriva la Bibbia ma si interrompono – causa crisi – le consegne di  pennarelli e gessetti, computer e persino carta igienica.

La Bibbia, oggi. Chissà se domani sarà il turno della Costituzione della Repubblica. La Giunta veneta sul punto starebbe ancora riflettendo e valutando i pro e i contro del secondo dono.

DA - caporale.blogautore.repubblica.it/


Titolo: Antonello CAPORALE. Il partito Scalzo
Inserito da: Admin - Maggio 21, 2011, 09:27:41 am
19
mag
2011

Antonello CAPORALE


Il partito Scalzo

Nel suo nome c’è già il messaggio. Salvatore Scalzo è il candidato del Pd sconfitto a Catanzaro. Ha perso senza possibilità di equivoci, già al primo turno. Solo il 32,5% degli elettori lo ha scelto. Il resto della città ha voluto Michele Traversa, del Pdl.

Eppure la storia politica di Salvatore merita ogni attenzione.

Ha soli 27 anni.  Gli piace cantare. Canto lirico. Ha frequentato il conservatorio di Cosenza per affinare le sue qualità. Poi maturità scientifica col massimo dei voti. All’università sceglie Scienze politiche, segue anche i corsi  a Santa Cecilia. Si specializza in Relazioni internazionali, e va a Bruxelles a capire e imparare.

Ventisette anni e sempre con la cravatta al collo. Sembra di un altro tempo.

Sgobbone forse, ma anche pieno di passione. E lo dimostra destinando ogni energia e tutta la sua giovane intelligenza a Catanzaro, appunto. Per un miracolo, una di quelle cose che accadono una volta ogni dieci anni, i partiti gli hanno dato fiducia, agevolando la sua nascente leadership. Facile, penserete: tanto a Catanzaro si sarebbe perso comunque.

Invece no, non è scontato nemmeno questo. Quante volte si accapigliano solo per godere del lampo isolato di un flash, di un’intervistina televisiva, della foto sui muri?

Il partito democratico ha compiuto un atto di generosità scegliendo un ragazzo così giovane, così inesperto, e così presumibilmente squattrinato. E lui ha ricambiato, facendo il miracolo di tenere alta la bandiera: ha ottenuto 19.441 preferenze pari al 32,5% dei voti. Le sue liste, tutte insieme, si sono fermate al 16,79%. Uno scarto di quasi diciassette punti. Un abisso.

E’ la prova che se si hanno buone idee in testa si avanza anche a piedi nudi.

C’è Milano, naturalmente. C’è Napoli, certo. Ma in questa campagna elettorale due facce nuove sono adesso alla ribalta nazionale. Massimo Zedda, da Cagliari e Salvatore Scalzo, da Catanzaro.

Il nuovo avanza da Sud. Dalla Sardegna e dalla Calabria. E anche questa è davvero una buona notizia.

da - caporale.blogautore.repubblica.it/2011/05/19


Titolo: Antonello CAPORALE. - "Sì ci vuole un Bruto per il bene dell'Italia"
Inserito da: Admin - Settembre 15, 2011, 10:23:18 am

INTERVISTA

"Sì ci vuole un Bruto per il bene dell'Italia"

di ANTONELLO CAPORALE

"Sì ci vuole un Bruto per il bene dell'Italia" Fabio Gava
Bisognerebbe quindi trovare un Bruto nel Pdl.
"Bruto è un personaggio da rivalutare, un cattivone che ha però una strategia, una visione".

E il cinismo che serve. La forza che serve.
"Anche su Giuda è necessario qualche approfondimento".

Parla Fabio Gava. Deputato berlusconiano con qualche difetto di fabbricazione. Trevigiano, già liberale, ex potente assessore regionale alla Sanità. Avvocato. E' stato relatore nella giunta delle autorizzazioni che ha chiesto di negare l'arresto per Milanese. "Una croce questo incarico. Mi creda. E l'ho condotto con uno spirito molto neutrale".

Meno male che era neutrale
"Beh, non avevo molta agibilità, sia comprensivo".

Già che ci siamo: lei conosce il mondo della sanità.
"Faccia la domanda e togliamoci il dente".

Da lei niente Tarantini, protesi, assegni circolari?
"Niente di niente".

Bello così.
"Tocchiamo ferro e parliamo di politica adesso. Passiamo oltre".

Siamo già oltre.
"Ho lasciato il potere e sono venuto a Roma".

I Gava sono conosciuti a Roma.
"Non mi scambi come un parente di quell'altro".

Aveva radici a Vittorio Veneto quell'altro, anche se gestiva la piazza di Napoli.
"Io sono
di Conegliano, anche se a volte mi indirizzavano lettere chiamandomi Antonio, Illustrissimo On. le Antonio Gava".

Il boss della Dc partenopea.
"Io liberale di sinistra. Se lo ricorda l'onorevole Altissimo?".

Certo che sì. Come sta?
"Benone. Tale e quale a com'era vent'anni fa".

Stiamo divagando, torniamo al potere.
"Lascio il potere dell'assessorato per la politica pura. Il Veneto per Roma. Pensavo di venire...".

Lei pensa un po' troppo.
"Che delusione".

Perciò mugugna.
"Resto nel partito, non sono il tipo di fare giochetti, uscire e poi rientrare".

Ha perso il potere, non fa politica e tra un po' anche la poltrona sarà a rischio.
"Alfano mi ha ridato passione, ma vedo che è conservativo, non ha la forza per ribaltare tutto".

Alfano non ha il fisico per fare Bruto.
"Lo penso anch'io. Scajola invece sì. Sarebbe stato un bel Bruto. Dava l'idea... però ora è un po' azzoppato".

Alfano non ama i coltelli.
"Si dice di non volere il teatrino, ma noi stessi stiamo ormai mandando in scena un favoloso spettacolo quotidiano. Un teatrone".

Tu quoque Gava.
"Con Casini c'è bisogno di una interlocuzione seria".

Questa è intelligenza col nemico.
"Dobbiamo cambiare passo, voler bene all'Italia e immaginare una stagione nuova".

Per Berlusconi neanche un pensiero?
"Ha fatto tutto quel che poteva".

Festini e ricatti compresi.
"Da quel punto di vista provo un po' di pena".

Berlusconi non lascia.
"Ha un grande carattere".

Figurarsi se a Casini spalanca le porte del governo.
"E invece io dico che ci sono cinquanta probabilità su cento che un esecutivo di responsabilità nazionale...".

Bruto!
"Ma è per il bene dell'Italia!".
 

(15 settembre 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/politica/2011/09/15/news/intervista_gava-21685313/?ref=HREC1-5


Titolo: Antonello CAPORALE. Gli onorevoli Pisacane, due cuori e qualche poltrona
Inserito da: Admin - Ottobre 15, 2011, 05:30:00 pm
15
ott
2011

Gli onorevoli Pisacane, due cuori e qualche poltrona

Antonello CAPORALE

Michele Pisacane era sindaco amatissimo di Agerola, sui monti Lattari. Al municipio di notte e di giorno, prese una cotta per la segretaria comunale, la dottoressa Annalisa Vessella. Decise di sposarla e condividere con lei l’amore per il bene comune. Pisacane ebbe presto successo e si trasferì a Roma, deputato dell’Udc, il partito della famiglia, il partito di Casini.  Con Annalisa decisero di dare alla luce un pargolo. Avrebbe reso ancora più felice la comunione di vita. Ma l’onorevole Pisacane pensò che il bene comune venisse prima: e dunque chiese ad Annalisa di candidarsi, sempre per l’Udc, il partito della famiglia (meglio ripeterlo), al consiglio regionale della Campania. Ma Annalisa aveva il pancione, e spesso soffriva di una forte nausea pre parto. Michele, il marito, decise di sacrificarsi. Le disse: tu stai a casa che alla campagna elettorale ci penso io. La signora Vessella sui manifesti mutò il cognome in Pisacane e il marito si fece donna. Battè palmo a palmo le sezioni dell’Udc napoletano, e le piazze, e ogni casa. Chiese il voto per Annalisa, che poveretta, aveva il pancione. Il marito fattosi moglie ebbe successo. Annalisa fu coperta di un mare di voti e raggiunse il consiglio regionale della Campania, dove adesso si trova. Il figliolo è nato, finalmente!

Successe però che l’onorevole Pisacane ritenne ingiusto il trattamento riservato ad Annalisa, mamma e moglie premurosa, dal partito della famiglia. Nemmeno un posticino, neanche uno. L’Udc aveva preferito di mandare in giunta un De Mita! Ancora un De Mita, cribbio! E allora Michele, il deputato politicamente bisex decise di sloggiare – sempre per il bene comune – dall’Udc. Vide Berlusconi e gli affidò il suo voto, il 14 dicembre scorso. Anche Annalisa – per il bene comune – ha deciso di sloggiare dall’Udc. Per coincidenza anche Saverio Romano, un grande padre di famiglia, decise di cambiare partito e cercò conforto nel nuovo governo. Per coincidenza il confortò arrivò. L’onorevole Romano fu infatti nominato ministro per le Politiche agricole. E sempre per coincidenza un po’ di conforto è arrivato qualche settimana fa anche ad Annalisa, moglie e mamma premurosa e consigliere regionale felice: è stata nominata dal ministro Romano amministratore delegato dell’Isa, l’istituto di sviluppo agroalimentare.

Ma l’onorevole Pisacane, metà uomo e metà donna, aveva un non so che di inespresso e un turbamento l’ha colto quando ieri bisognava decidere se dare o negare la fiducia a Berlusconi.

Ci ha pensato, e ripensato. Si è chiuso in stanza e ha riflettuto. Riflettendo non si è accorto che Fini aveva già iniziato la conta. Allora gli amici del Pdl gli hanno urlato: Michele, corri! Macchè. Michele Pisacane continuava nell’introspezione psicologica: “Vado o non vado? Mi immolo per il bene comune oppure no?”. E’ dovuto intervenire il premier in persona che gli ha detto due paroline all’orecchio, lo ha abbracciato e rincuorato: “Vota sì, per il bene comune”.

A quel punto l’onorevole Pisacane ha sciolto la riserva e pronunciato la fatidica frase: “Adesso Berlusconi mi sape”.  Sa chi sono e sa che – per il bene comune - faccio questo (e altro).

da - http://caporale.blogautore.repubblica.it/2011/10/15/gli-onorevoli-pisacane-due-cuori-e-qualche-poltrona/


Titolo: Antonello CAPORALE. L’onorevole Pinocchio La visita dei Nas al partito di Nichi
Inserito da: Admin - Marzo 17, 2012, 11:42:39 am
L’onorevole Pinocchio

16
mar
2012


La visita dei Nas al partito di Nichi

Antonello CAPORALE

Come da insegne esterne, scrivono i carabinieri dei Nas di Taranto, il circolo di Mottola, paese del tarantino, di Sinistra è Libertà è effettivamente un circolo di Sinistra e Libertà. La coincidenza fattuale non deve però trarre in inganno. Quante volte vediamo la ferrovia e poi i treni mancano? Quanto tempo abbiamo perso sotto la scritta “fermata bus” senza che un triciclo percorresse la strada? Perciò i militi hanno assunto come una coincidenza, pur seria, l’insegna e il locale. Ma non è bastato a dirimere la nebbia e dunque una ispezione accurata è stata avviata.

Nella imperdibile relazione (reg.13, n. 430 del 29 febbraio 2012) i militi hanno rinvenuto molto materiale su cui indagare. Illustrando i locali dove la formazione rivoluzionaria pugliese si riunisce ( “E’ un ambiente di trenta metri quadrati, arredato in maniera approssimativa con sedie e tavoli utilizzati dai frequentatori per lo svolgimento di giochi di carte leciti e il consumo di bevande”) hanno capito che lì gatta ci cova. Il primo punto di domanda: il partito di Vendola è una sede degli alcolisti anonimi? Oppure di ex rivoluzionari alcolizzati? Si fa politica o si gioca a briscola? O anche, giocando a briscola, si semina terrore a Mottola? La pattuglia dei carabinieri ha iniziato a indugiare su aspetti caratteristici dei gruppi complottardi: anzitutto ha voluto verificare se potessero esserci via di fuga. Si è constatato che l’angusto locale gode di un luogo coperto alla vista molto piccolo nelle dimensioni, simile a quelle celle di isolamento dei luridi commissariati boliviani. Soltanto che Bolivar non ha mai conosciuto Mottola, e qui la scoperta: più che cella sembra un bagno (”tazza, lavandino e scaldabagno” ). Cosa non quadra allora? E’ di dominio pubblico che Nichi Vendola sia astemio eppure alla parete del circolo è adagiato un frigorifero contenente non soltanto coca-cola, cocktail, acqua minerale, ma anche birra: “alcune casse di birra del tipo vuoto a rendere in parte vuote ed in parte ancora da consumare”. Qui l’ispezione sterza, i militi raccolgono le carte e le idee, e iniziano con l’interrogatorio del capo dei facinorosi, il signor Antonio Grieco. Chi beve la birra? Chi paga? Risposta: “Il signor Grieco riferisce che le bibite vengono consumate direttamente dai frequentatori i quali, con autofinanziamento, hanno costituito un fondo cassa comune”.

Dunque la prima certezza: sono dei rivoluzionari fannulloni. Infatti mentre era in corso la verifica di congruità politica, ben “sedici persone” erano intente “al gioco delle carte e alcuni anche alla consumazione delle bevande (Carriero Mario, Caldarizzi Domenico….)”. Con tutti i problemi che ha l’Italia Sel gioca a tressette e svinazza? Il segretario si è appellato alla Costituzione, indicando nell’articolo 49 la forma propria della briscola politicizzata.

I carabinieri dei Nas, sentito puzza di muffa (”le pareti si presentano intonacate solo nella parte superiore”) hanno deciso di comunicare al sindaco di Mottola la curiosa vicenda di un partito dove si fa bisboccia a danno della collettività.

da - http://caporale.blogautore.repubblica.it/2012/03/16/sel-e-la-visita-dei-nas/?ref=HRER1-1


Titolo: Antonello CAPORALE. Ecco la proposta choc del Pd
Inserito da: Admin - Febbraio 06, 2013, 12:27:48 am
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Ecco la proposta choc del Pd

di Antonello Caporale | 4 febbraio 2013


Se la sinistra facesse il suo mestiere immaginerebbe di riscaldare i cuori e la testa dei propri elettori, dare un senso profondo alla scelta  di chiudere il capitolo del berlusconismo senza più rispondere alle beffe che il Cavaliere ma avanzando per la propria strada.

Se il Pd facesse il suo mestiere direbbe a noi italiani che la spesa pubblica ha raggiunto un livello stratosferico, circa 800 miliardi di euro, e continua a galoppare, anno dopo anno.
E non c’è tassa, sovrattassa, Imu o altra patrimoniale che riuscirà mai  a tenergli testa. L’Italia è una famiglia che spende ogni mese più del triplo di quel che incassa, e cumula debiti e a stento ripaga gli interessi senza riuscire a scalfire il capitale che comunque dovrà restituire.

Se avessimo testa e cuore, se il Pd parlasse a noi con la voce sincera, magari aspra, di un padre di famiglia ci direbbe: ragazzi così non si può andare avanti. Per ridurre la spesa bisogna non solo razionalizzarla, renderla più economica ma avanzare con le forbici. Se Bersani un giorno ci dicesse: non è concepibile che esistano cinque funzioni di governo sovrapposte. l’Europa che legifera, il governo nazionale che produce altre leggi, le Regioni che aumentano burocrazia e produzione legislativa, poi le Province e infine i Comuni. Cinque livelli di governo significa cinque livelli di spesa, a volte parallela, tecnicamente ingovernabile. Se Bersani ci dicesse: ragazzi, dobbiamo tagliare i cinquecentomila bancomat pubblici che ci stanno dissanguando. Sono troppi i ruoli di governo e sottogoverno: in cinquecentomila (cifra stimata per difetto) vivono direttamente di politica esercitando chi più degnamente (e sono in pochi) chi meno (e sono in tanti) funzioni pubbliche.

Scremare, snellire, ridurre i rubinetti di spesa significa ridurre non solo la spesa ma aumentarne l’efficacia, il valore, la qualità. Il vero letamaio, storicamente documentato, sono le regioni, non le province. Luoghi in cui un grumo di interessi innominabili e di personalità di secondo piano hanno scandalosamente disegnato un potere parallelo a quello centrale.
Non c’è regione che abbia dato buona prova di sé, e le competenze ad essa affidate sono ora oggetto di una tremenda bancarotta. Se la sanità è nello Stato in cui si trova, a chi si deve?
E la gestione delle energie rinnovabili, altro scandalo taciuto? E la gestione del ciclo dei rifiuti? La fiorente industria della munnezza? E la vergogna dei fondi comunitari non utilizzati? Le regioni sono il luogo eletto dello spreco e dello scandalo, è la seconda classe della politica che gestisce senza controllo: abbiamo affidato ai Fiorito la nostra salute, la cura dell’ambiente, la gestione dei servizi alla persona, lo stato delle acque, la tutela del paesaggio.

Se la sinistra facesse il suo mestiere toglierebbe alle regioni ogni forma di spesa, magari distribuendo ai livelli di governo più vicini ai cittadini (province e comuni) competenze, definendo e separando attentamente materie e responsabilità, creando un ufficio, obbligatorio per tutti, del rendiconto, come negli Usa. Accountability si chiama lì. Rendimi conto ogni anno di cosa hai speso, e come, e dove. Ogni anno, e pubblicamente. E se ci fosse una sinistra ci direbbe che non è concepibile che ogni campanile abbia un municipio, un ufficio tecnico, la ragioneria generale. Al di sotto dei cinquemila abitanti l’unione dei comuni sarebbe obbligatoria almeno nell’accorpamento delle funzioni orizzontali (ragioneria, ufficio tecnico e tutti gli altri servizi erogati: mense, raccolta rifiuti, gas e luce, gestione dei siti monumentali, etc). Meno uffici, meno costi, più competenze.

Ridurre le funzioni di governo significherebbe ridurre le poltrone e i bancomat distribuiti oggi nelle mani di chissà chi. Significherebbe alimentare una selezione più virtuosa, far crescere le competenze tagliando i luoghi oscuri e immobili della mediocrità e dello spreco.

La sinistra dovrebbe dirci di non aver paura del futuro e comunicarci – ecco lo choc – che la felicità è l’unica giusta causa della nostra vita e bisogna scriverla nella Costituzione.

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02/04/ecco-proposta-choc-del-pd/488988/


Titolo: Antonello Caporale. il pantano di Bersani e Grillo che fa vincere Berlusconi
Inserito da: Admin - Aprile 11, 2013, 11:44:07 am
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Governo, il pantano di Bersani e Grillo che fa vincere Berlusconi

di Antonello Caporale 
9 aprile 2013


Cosa accomuna Bersani a Grillo? Secondo me due questioni essenziali, due problemi di fondo e due errori speculari. Al Partito democratico è richiesto non solo di governare ma di offrire al Paese un segnale chiaro di cambiamento. Le urne infatti hanno clamorosamente bocciato la proposta di Pierluigi Bersani di un governo votato a un’alleanza strategica con la formazione centrista di Mario Monti. Era l’asse privilegiato, la prospettiva per l’Italia. Bocciata clamorosamente. Al Movimento 5 Stelle le richieste sono andate aumentando man mano che la figura e le proposte di Beppe Grillo mettevano radici. Da movimento di protesta, luogo eletto del non voto e sede legittima per contestare la lunga stagione di malgoverno e di collusione tra la destra e la sinistra, si è aggiunta la decisione di una intera fascia di elettori tradizionalmente di sinistra (almeno tre milioni sugli oltre otto che Grillo ha preso) di affidare al movimento una domanda di cambiamento concreta e rapida.

Sia Bersani che Grillo si sono trovati impreparati. Il primo nettamente sorpreso dalla sconfitta ha rivoluzionato la sua agenda e la sua strategia: abbandonato Monti ha scelto di parlare a Grillo senza indugio. Scelta opportuna ma inadeguata e primo errore capitale: Bersani avrebbe dovuto ammettere la sua personale sconfitta politica e indicare chi, anche nel suo partito, meglio di lui avrebbe potuto avanzare ai 5 Stelle una proposta di governo. Grillo – all’opposto -  è sempre parso fiducioso sull’esito del voto, e infatti ha sempre parlato di tsunami in arrivo.
Ma aveva previsto, sbagliando, che la mole di consensi lo avrebbe condotto di diritto all’opposizione. Non si aspettava, e si è visto, il default complessivo e coincidente dei concorrenti.

Né Bersani né Grillo hanno scelto di comprendere il messaggio delle urne. Il primo non si è fatto da parte, il secondo ha insistito affinché nessuna responsabilità di governo potesse toccargli richiamando la sua campagna elettorale e di fatto espellendo i voti di chi cercava nel M5S una forza che agevolasse il cambiamento divenendone partner importante ma non esclusivo. Grillo ha detto: chi pensava che avremmo fatto accordi col Pd ha sbagliato a votarci. Quale è oggi l’effetto lo vediamo tutti. Un pantano istituzionale e la rievocazione di ciò che la stragrande maggioranza di elettori italiani (oltre il 60 per cento) hanno chiesto e deliberato: non far andare mai più Berlusconi al governo.

Cosa accadrà domani? E’ più probabile di ieri che quella richiesta venga disattesa. Ogni cosa spinge perché un governo si faccia, e i fatti, più che le opzioni politiche, contribuiranno alla formazione di un governo di larghe intese, sebbene miscelato, occultato, ridefinito attraverso altre e più commestibili locuzioni. Sarà un danno per l’Italia, di cui tutti coloro che reputano il mondo e la ricetta berlusconiana così lontana e ostile al loro senso della vita, dei meriti e dei bisogni, intesteranno la colpa a chi quel patto invece, nel nome di un opposto bisogno (un governo bisogna pur farlo) lo siglerà. Quel patto ha un costo e si chiama Quirinale. Diremo al Pd: la pagherai. E infatti pagherà caro quel partito il prezzo. Si dividerà, io temo. Ma pagherà anche Beppe Grillo. I voti che ha preso forse non li rivedrà più. Quella mole di consensi che provengono da sinistra si ridistribuiranno altrove. Magari è proprio questo l’obiettivo: perdere peso per avere una pattuglia più fedele e un luogo sicuro su cui giocare le sue fiches: l’opposizione. Io penso però che prima della tattica venga la reputazione, la credibilità di un gruppo politico. E temo che per anni si dirà loro: avevate la possibilità di favorire il cambiamento e vi siete ritratti. Sarà l’accusa più crudele e più drammatica
nell’agonia che verrà.

Ps. Cari amici, questo mio giudizio intendo naturalmente condividerlo e dibatterlo con voi altrimenti non l’avrei postato quassù. Avrei piacere che qualunque fosse, il pensiero di ciascuno venisse espresso secondo una basilare clausola di stile. Evitiamo le male parole, gli sfottò, le repliche tra i commentatori. Ho chiesto conto delle lamentele che continuamente vengono fatte anche a me circa la soppressione di commenti.
Non vengono pubblicati solo quei giudizi che rasentano la diffamazione, che sono gratuiti e gravemente lesivi, o dichiaratamente cafoni.
Questo non ci libera da errori tecnici, perché il sistema non è perfetto e a volte può accadere che cancelli quel che non deve.
Ma non c’è altro motivo, né mai vi potrebbe esserlo. Sono da poco in questo giornale ma testimonio la più ampia, diffusa, quotidiana pratica liberale: ciascuno scrive le proprie opinioni. Del resto, scorrendo i blog, avrete documentato l’innumerevole quantità di punti di vista, a volte dichiaratamente (e fortunatamente) lontani da un inesistente pensiero unico.  Grazie dell’attenzione

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/09/il-pantano-di-bersani-e-grillo-che-fa-vincere-berlusconi/556356/


Titolo: Antonello Caporale. M5S, più che politica la questione si fa psicoanalitica
Inserito da: Admin - Giugno 12, 2013, 05:53:43 pm
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M5S, più che politica la questione si fa psicoanalitica

di Antonello Caporale | 12 giugno 2013


La furia dissolutoria ha sempre a che fare un po’ con la psicanalisi, con l’autocoscienza, con i pensieri cattivi che popolano la nostra mente e ci fanno sentire come mostruosa la fatica di vivere, coabitare in questo mondo. Le vicende del Movimento a cinque stelle obbligano a indagare oltre il campo di una incredibile insipienza politica. Io non penso che il Movimento sia destinato a una tragica e repentina scomparsa, e ritengo anzi che il largo seguito abbia incanalato energie vitali, producendo per una democrazia ammalata una rivolta salutare, un gancio dove la disperazione potesse appendersi e sperare. Sperare che qualcosa cambiasse finalmente. Piccola o grande, ma qualcosa doveva cambiare. E se in tv vedo quanta gente resiste in piazza, si accalca al palco dove Beppe Grillo parla mi convinco che questo Movimento sia destinato a durare, ad esistere oltre i propri errori. Tra il deserto che popola i circoli degli altri partiti e la folla che popola questo movimento in un modo forse caotico, spesso inconcludente, prediligo questa seconda scena. Quel che non comprendo al pari di molti di voi è come sia stato possibile inanellare in tre mesi una cifra così alta di errori. E’ vero, gestire un consenso così alto essendo alle prime armi è una fatica di Sisifo, e gestirlo avendo contro il resto del mondo (media compresi) rende ancora più vano il tentativo di rispondere a una domanda così impellente di cambiamento. E comprendo che affrontare come prima prova l’elezione del presidente della Repubblica, con le furbizie, le menzogne e i trabocchetti che si porta dietro, è una gara persa in partenza. Comprendo lo straniamento degli eletti stretti da un mandato popolare che esigeva rottura e una richiesta di cambiamento che esigeva mediazione. Ogni scelta sarebbe parsa come un tradimento.

Quel che non capisco – anzi che proprio non si capisce – è la mostruosa capacità di farsi del male, dichiararsi unfit, inutili, inadeguati, incompetenti anche quando davanti a sé vi erano questioni semplici che imponevano una soluzione semplice. Tre settimane di passione per decidere cosa fare della diaria, se darla via, intascarla, sospenderla. Bastava l’uso di una dose minima di intelligenza: se 2500 euro mensili non sono sufficienti per condurre una vita doppia (due case, due città etc), ciascuno prende dalla diaria ciò che ritiene necessario. Se ne fissava un tetto (mille, duemila euro mensili?) e il resto sarebbe stato bonificato al gruppo parlamentare. Ogni mese il conto corrente del gruppo avrebbe mostrato la cifra dei risparmi, che era ed è senso dello Stato, rigore, coerenza, moralità. Ogni mese il movimento avrebbe potuto destinare circa duecentomila euro a campagne simboliche ma di grande impatto. In politica i simboli sono tutto, e quei soldi, anche se spiccioli rispetto al mare dei bisogni e delle attese, avrebbero aiutato a condurre le proprie battaglie e gli altri partiti a mostrare di essere all’altezza della domanda di moralità. Consegnare in aprile, faccio un esempio, quei soldi alla lotta per la scuola pubblica, magari finanziando cinquanta borse di ricerca,  avrebbe obbligato tutti a riflettere su un bene comune così essenziale. Distribuendo in maggio la medesima somma a dieci artigiani in crisi si sarebbe obbligato il Parlamento a decidere misure efficaci e straordinarie, invece che mostrarsi solo parolaio. Sistemare in giugno una piazzetta, dieci mura scrostate in una città degradata, sarebbe valso a consegnare a noi tutti i costi dello spreco, dell’ignavia. Sono idee banali, e magari ne esistono di migliori, ma proprio perché la questione era così modesta, non mi capacito del fatto che non si sia fatto capire un’acca di quei soldi e di quel problema: se intascano o non intascano anche la diaria, a chi la danno, quando e perché.

E non mi capacito del fatto che un movimento così disomogeneo, transpolitico, affastellato secondo biografie improvvisate, avesse bisogno di una cura, un governo più presente, meglio definito. Guidarlo col megafono, a furia di post e di strilli, di maleparole, di aut aut, è il peggio del peggio possibile. Se i 5 stelle devono tutto a Grillo, Grillo ha con i suoi eletti un dovere di confronto, un obbligo di rendicontazione delle sue idee. Se sono deputato non devo scoprire da internet cosa fare e non fare. Se andare in tv o non andarci. Se posso dire buongiorno a un giornalista oppure, come un ebete, sorridergli e avanzare muto. Se il mondo è fatto solo di traditori o anche di gente perbene, se gli incapaci esistono dappertutto o solo dalle parti degli altri. Il confronto sarebbe servito anche a Grillo, a chiarirsi le idee, perché certo le ha nebulose e fragili, a capire cosa non va. Ma sembra tutto inutile: lui parla da Genova o dalle piazze, Casaleggio opera da Milano, e questi altri a Roma stanno accovacciati, spaesati e irrilevanti persino alla loro stessa vita. Ogni giorno una vocina di contestazione si alza e non c’è scampo: fuori! Perciò, più che politica, la questione si fa psicanalitica.

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/12/m5s-piu-che-politica-questione-si-fa-psicanalitica/623790/


Titolo: CAPORALE. La malafede di Berlusconi e i suoi cortigiani, spergiuri per passione
Inserito da: Admin - Settembre 11, 2013, 04:46:56 pm
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Decadenza: la malafede di Berlusconi e i suoi cortigiani, spergiuri per passione

di Antonello Caporale | 11 settembre 2013


Quando si è in malafede? Se dovessimo rispondere a questa domanda non avremmo di meglio che mostrare questo video, apprezzare il capovolgimento della realtà in cui Berlusconi ha trascinato l’Italia.
La prova dell’abisso dove si vuol rinchiudere la nostra intelligenza, dell’uso abusivo della lingua italiana, è data dalla  comunicazione (la trovate sul sito) del lucente (per via della pelata) soprammobile di B. a palazzo Chigi: l’on. dott. Angelino Alfano.

Egli dichiara, nell’immediata approvazione della legge Severino, che le norme sono in realtà farina del suo sacco, della propria testa pensante. Egli afferma che l’ha fatto per trascinare via i condannati, uomini sporchi e abietti, dal Parlamento pulito. Via, anche con la forza (immediately cazzo!). Il suo Capo ha giurato di essere innocente quindi, anticipa il giureconsulto soprammobile, è certo che non sarà condannato.
La legge, avverte lui, riguarda i condannati non gli innocenti!

Era dicembre, poi si è fatto agosto. Adesso colui che diceva di averla scritta – uomo muto di pensiero – afferma che è del tutto evidente di aver profferito fandonie incostituzionali. E’ lampante, come il sole che abbaglia, che B. non è condannato perché, si parva licet, ha testualmente dichiarato sulla testa dei milioni di italiani che lo amano (e anche dei suoi figli, della fidanzata Francesca e del cane Dudù) di essere innocente.

Siamo alla psicopatologia, al punto estremo in cui il bianco che luccica si trasforma, per testimonianza giurata, in nero luttuoso, buio cieco, caverna del nostro cuor. Dovremmo trascinare tutti questi spergiuri per passione davanti al tribunale della verità, se esistesse.

Sono pericolosi estremisti, figuranti della menzogna.
Tra un po’, quando riannoderemo il filo delle nostre colpe, troveremo qualcuno di questi spergiuri a illustrarle.

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/11/decadenza-malafede-di-b-e-suoi-cortigiani-spergiuri-per-passione/708271/


Titolo: Antonello CAPORALE. Verona: politici che rubano sulle mense dei bimbi
Inserito da: Admin - Novembre 03, 2013, 07:10:01 pm
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Verona: politici che rubano sulle mense dei bimbi

di Antonello Caporale | 31 ottobre 2013


“Riusciamo ad andare in galera o no?”. L’agghiacciante quesito è il fondale perfetto della gara di disumanità che si è tenuta a Verona, dove la sabbia, sì proprio la sabbia, è divenuta elemento qualificante del menu per i bimbi delle scuole pubbliche cittadine. Gli arresti, numerosi e importanti, all’interno dell’agenzia comunale chiamata a provvedere alle mense scolastiche, documentano una tragedia ancora più acuta e definitiva. Nella nostra testa abbiamo memoria di mazzette e di tangenti, gare truccate, limate, file sostituiti, inganni pianificati e perpetrati o anche solo ideati, nella continuità ideale di una devianza costituente, un morbo intraducibile e inestirpabile dell’identità dell’amministrazione pubblica.

Il Sud è stato sempre un passo avanti nella gara alla furfanteria, ma in questo caso il Nord (pure leghista) della civile Verona, così tanto propagandata attraverso l’immagine del pragmatico sindaco Tosi, conferma il sospetto che non c’è  limite al peggio e non c’è salvezza verso gli abissi. Truccare una gara d’appalto non è la stessa cosa che intossicare la dieta di un bambino, giocare col suo destino e con la sua vita.  La questione qui si trasforma da criminale in disumana, nel senso vero e pieno della parola. C’è un dolo superiore dentro il quale un sentimento minimo di rispetto per la vita altrui, specialmente quando è indifesa e libera da ogni prudenza, dovrebbe convincerci a non oltrepassare almeno la soglia della compassione. E fa ancora più male sapere che la vicenda nasce e si sviluppa dentro una delle città più ricche d’Italia, che negli anni scorsi ha chiesto al resto del Paese, attraverso il suo sindaco (a proposito: ora che fa? Si dimette?) rispetto per la legalità, rigore nella gestione dei fondi pubblici e senso comune per il bene comune. Eccoci invece alla sabbia al posto della carne, alla pianificazione della crudeltà. I nove dirigenti comunali arrestati, e il loro comportamento ora agli atti del fascicolo giudiziario, ci conducono ancora una volta a negare che esista un fondo, un limite, un punto d’arresto della devianza pubblica. Esiste purtroppo sempre uno scalino ulteriore, non c’è orrore che tenga.

Da Il Fatto Quotidiano, 31 ottobre 2013

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/31/verona-politici-che-rubano-sulle-mense-dei-bimbi/762382/


Titolo: Antonello CAPORALE. Morti di Stato, il cesto e le mele marce
Inserito da: Admin - Gennaio 08, 2014, 10:23:32 pm
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Morti di Stato, il cesto e le mele marce
di Antonello Caporale | 8 gennaio 2014

Si chiamano forze dell’ordine, non del disordine. E l’uso delle armi, della forza fisica è consentito per far rispettare la legge quando essa è violata, non per violarla. Nella terribile sequenza visiva che lunedì sera Presadiretta ha illustrato su Rai 3 con la virtù del migliore giornalismo d’inchiesta, abbiamo avuto la prova di come questa elementare verità, fondamento della democrazia, risulti bugiarda. Assistere a poliziotti che manganellano con ferocia, e in alcuni casi portano la loro azione alla morte altrui, apre il registro della violenza di Stato che qui appare smisurata per la varietà e la vastità dei comportamenti di vera e propria sopraffazione. Eravamo abituati alle clip poliziesche sudamericane e invece ci ritroviamo, nel silenzio umiliante del governo e di quasi tutta la classe politica, a fare i conti con questo tipo di violenza domestica “legalizzata”.

Certo che non si deve fare di una mela marcia tutto un cesto di frutta. Ed è sicuro che la maggioranza degli uomini in divisa servano lo Stato per pochi quattrini al mese, e lo facciano con ammirevole senso di abnegazione e indubbio spirito civile. Ma qui, è terribile dirlo, non sembra che si sia in presenza di casi isolatissimi quanto piuttosto di un apparente menu espressivo di polizia e carabinieri nei confronti di target definiti (tifosi, tossici, giovani esuberanti) e in genere coincidenti con classi sociali poco agiate. Se ci fosse un ministro dell’Interno e non una figurina di plastica, questo documento visivo sarebbe già agli atti di una severa inchiesta interna. E se ci fosse un Parlamento non da oggi sarebbe approvata la norma che impone la tracciabilità di quei manganelli, l’identificazione di ogni singolo poliziotto (non va bene il nome? basterebbe un codice di riconoscibilità) perché sia chiara e pubblica l’identità di chi è chiamato a imporre il rispetto della legge e a fare un uso prudente, equilibrato, sempre soggetto a verifica, della forza che quella stessa legge gli consente di esercitare.

È infine disarmante la sequela di connivenze, di opacità e vere e proprie omissioni di atti d’ufficio che ogni inchiesta giudiziaria subisce quando si trova di fronte a casi simili.

Cosa aspetta il capo della Polizia a rendere finalmente pubblico il codice di comportamento a cui ogni azione dev’essere ispirata e le sanzioni per chi varca, in nome della legge, il confine dell’illecito?

Il Fatto Quotidiano, 8 gennaio 2014

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/08/morti-di-stato-il-cesto-e-le-mele-marce/835234/


Titolo: Antonello CAPORALE. Governo Renzi, per chi si suona la campanella
Inserito da: Admin - Febbraio 24, 2014, 05:46:47 pm
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Governo Renzi, per chi si suona la campanella

di Antonello Caporale
23 febbraio 2014

La sincerità non ha casa in politica, come anche la lealtà. Eppure il gesto che ieri ha compiuto Enrico Letta, il ripudio di qualunque segno di affetto verso il presidente del Consiglio, nel brevissimo rito della consegna della campanella a palazzo Chigi, toglie opacità, retro pensiero e ipocrisia alle gesta del protagonista. Ritraendo istantaneamente la mano sua da quella di Renzi, che lo guarda per la prima volta con occhi bassi e imbarazzati, e correndo via da una cerimonia che sembra offenderlo, Letta non perde il senso dello Stato (è lì infatti ad adempiere ai suoi doveri) ma non rinuncia a manifestare in pubblico il proprio dolore, la disapprovazione per come gli è stata sottratta la poltrona.

Ma la mano che lo sconfitto quasi rifiuta di porgere al vincente è anche un manifesto di cattive intenzioni, annuncia che nulla al giovane, magari talentuoso ma inesperto premier sarà risparmiato, che la vita del suo governo, specialmente nelle aule parlamentari, dovrà superare ostruzioni impreviste, antipatie inattese. Letta se ne va da palazzo Chigi, non dalla vita politica. Le sue relazioni nel mondo che conta sono ampie e resistenti al tempo e alle mode, e la voglia di una rivincita è più che plausibile. E infatti sempre ieri, sul suo profilo twitter, ha cancellato l’incarico di premier riprendendo quello di deputato. “Deputato della Repubblica”, ha scritto. Non più del Pd.

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/23/governo-renzi-per-chi-si-suona-la-campanella/891552/


Titolo: Antonello CAPORALE. Quirinal party – Candidato stai sereno, c’è Guerini
Inserito da: Admin - Gennaio 18, 2015, 06:53:15 am
Speciale Quirinale
Quirinal party – Candidato stai sereno, c’è Guerini

Di Antonello Caporale | 16 gennaio 2015

Il lunedì una donna, il martedì un uomo. Il mercoledì personaggio un po’ scapigliato, fuori dai giochi ma dentro il cuore del popolo. Il giovedì un tecnocrate, lontano dalle piazze ma dentro le Istituzioni. Il venerdì un perdente, lontano dalle piazze e da Twitter. Il sabato un vincente, dentro Twitter fino al midollo. Domenica è festa.

La strategia di Renzi è di comporre una rosa di candidati al Quirinale che equivalga per numero quella dei grandi elettori. La strategia, molto coinvolgente, è di dire a ciascuno al di sopra dei cinquant’anni che la sua vita è lì lì per cambiare di segno. Perciò ha incaricato il vicesegretario del Pd Guerini di preallertarli. E infatti a gruppi di cinquanta sono convocati a cena. Guerini ha il compito di galvanizzare il gruppo. Nel dopocena interviene Renzi con incontri individuali.

La tecnica sta dando i primi frutti: finora i candidati ufficiosi sono poco meno di cento. Non facciamo i nomi per non bruciarli.

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/16/quirinal-party-candidato-stai-sereno-ce-guerini/1343566/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-01-16


Titolo: Antonello CAPORALE. Ai piani alti c’è il potere. In quelli bassi i ...
Inserito da: Admin - Marzo 07, 2015, 04:16:40 pm
Rai, Gabanelli: “Nomine, se è Renzi a voler scegliere i migliori è fuori strada”
La giornalista sul piano Gubitosi approvato giovedì: "Auspicabile un'unica newsroom per l'informazione, ma aspettiamo di vedere quali saranno i direttori".
Sull'offerta per Rai Way da parte di Mediaset dice: "Certo che se un pezzo di Rai dovesse finire interamente nelle mani del concorrente, anche da un punto di vista estetico... non si può guardare!"

Di Antonello Caporale | 27 febbraio 2015

Ai piani alti c’è il potere. In quelli bassi i telespettatori e i lettori.
Milena Gabanelli – giornalista investigativa tra le più apprezzate – esamina le ragioni di una questione cruciale della democrazia: perché l’informazione fa così spesso rima con la manipolazione.
Perché spesso si avventura a trasformare la realtà fino ad erigerne una di comodo, adeguata ai bisogni del momento.

Il piano Gubitosi è stato approvato. Un’unica newsroom, telegiornali tematici. Meno dirigenti in Rai, meno burocrazia. Ora ti tocca esultare.

È auspicabile che in futuro ci sia un’unica newsroom, per il momento è un passaggio intermedio che a mio parere è giusto perseguire. Prima di esultare aspettiamo di vedere quali saranno i direttori. Il nodo cruciale è soprattutto lì.

La Rai non è la Bbc e forse non lo sarà mai. Ma non ho mai capito se è la politica, padrona della tv, ad allontanare i giornalisti dalle notizie insidiose oppure siamo noi cronisti che appena scorgiamo un filino di carriera all’orizzonte perdiamo la testa e anche il taccuino dalla tasca.

Posso parlare per me: in tanti anni sono stata spesso sollecitata a non approfondire troppo, ma non avendo frequentazioni politiche non mi è stato difficile continuare sulla mia strada, e devo anche aggiungere che nessuno mi ha fermato. Vorrà pur dire qualcosa!

La Tv dei partiti sembra avviata al cimitero. Si prospetta la Tv del governo. È un cambiamento che in qualche modo rincuora o rattrista?
L’abbiamo già vissuta una Tv del governo, mi pare. Credo che abbiamo anticorpi per tutto, e comunque se per Tv del governo si intende un modello dove viene definita una “carta” di requisiti non raggirabili per il reclutamento della governance, senza toccare la missione del servizio pubblico, ben venga.

Già la chiamano teleRenzi. Mettiamo invece che il premier voglia stupire e seguire alla lettera anche le tue proposte che ieri hai pubblicato sul Corriere. Mettiamo che dica: i migliori devono dirigere la Rai. Gabanelli, faccia la presidente.

   a) Accetti

   b) La proposta ti fai venire il mal di testa e dici no grazie, ho le mie inchieste da seguire

   c) Inizi a prospettare persone più in gamba di te nella speranza di farla franca.  Sono lusingata, ma se è Renzi a scegliere “i migliori”, siamo fuori strada. Vuol dire che non ha letto come funziona il modello a cui tutti dicono di volersi ispirare.

Cos’è l’imparzialità? Chi racconta deve naturalmente tener conto dei diversi protagonisti del fatto che narra. Ma il suo punto di vista, l’angolazione da cui riprende, il dettaglio dal quale inizia la storia conterà pure qualcosa?
Intanto il punto di vista deve partire da un fatto oggettivo e non da un pregiudizio, dopodiché si argomenta, come è giusto che sia. Però è difficile parlare in astratto, dipende da quale argomento si affronta. Se il tema è la corruzione dentro al Mose con i corrotti che hanno patteggiato non è che bisogna andare tanto per il sottile. A fare la differenza alla fine è comunque la buona o cattiva fede con cui il giornalista racconta la notizia… e questo è difficile da occultare.

Non esistono, tranne singolari situazioni, aziende editoriali senza padroni. E non esistono padroni senza interessi e senza relazioni di potere. Dal primo marzo però esisterà il Jobs act: mi può piacere il tuo lavoro ma anche no. E se non mi garba posso sciogliere il contratto che mi lega a te. Il giornalista di domani, che sarà pur sempre un lavoratore dipendente, difenderà la verità fino al licenziamento?
Mi risulta che per ora molte redazioni pullulino di giornalisti che incassano lo stipendio ma non lavorano, proprio perché non piacciono al loro direttore o editore. Non piacere a qualcuno è nella natura delle cose. Mi piace immaginare un mondo del lavoro dove non sono costretta a poltrire, sono io ad andarmene in un altro posto dove mi trovo meglio, e quel posto sul mercato c’è. Si chiama ‘dinamicità’.

Chi fa inchiesta dà spesso brutte notizie. Sembra che il lettore, o il telespettatore, abbia meno resistenza a farvi fronte, meno capacità a indignarsi.

Brutte notizie a colazione, pranzo e cena… alla fine è evidente che non ne puoi più. Non ne posso più nemmeno io! La denuncia fine a se stessa ti fa venire voglia di sbattere la testa al muro, specialmente quando non produce risultati, sembra un muro di gomma. Lo sforzo da fare è quello di cercare una via d’uscita e provare a indicarla… è faticoso trovarla, ma c’è sempre un’alternativa possibile, e l’utilità del nostro lavoro è anche in questo.

Il successo di Renzi è dato anche dal fatto che non pare esserci alternativa credibile. Secondo te è aperta una questione democratica oppure dobbiamo essere più prudenti con i giudizi. Saper osservare, aspettare.

Il giudizio per definizione si dovrebbe dare alla fine; se il nostro è un lavoro da cane da guardia, e non da combattimento, dobbiamo sorvegliare, vigilare, e abbaiare per farci sentire, vale per un governo, un’impresa, un’istituzione. Sembrano banalità, ma se i giornalisti la mettessero in pratica con la dovuta puntualità, non resterebbero tanti margini per fare proprio quello che si vuole senza render conto.

Ah, dimenticavo. Forse Berlusconi comprerà le antenne della Rai. Diverrà padrone o almeno comproprietario. Come se Italo acquistasse la rete ferroviaria. Tutto normale?
Nemmeno la BBC è proprietaria delle antenne e del satellite con cui trasmette in tutto il mondo, ma è un Fondo se non ricordo male. Certo che se un pezzo di Rai dovesse finire interamente nelle mani del concorrente, anche da un punto di vista estetico… non si può guardare!

Dal Fatto Quotidiano del 27 febbraio 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/27/rai-gabanelli-nomine-se-renzi-voler-scegliere-i-migliori-fuori-strada/1460493/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-02-27


Titolo: Antonello CAPORALE. Afragola, quel sindaco che dice no al set di Gomorra
Inserito da: Admin - Maggio 25, 2015, 11:17:00 am

Afragola, quel sindaco che dice no al set di Gomorra
Cronaca

Di Antonello Caporale | 22 maggio 2015

Domenica scorsa sono stato a Castel Volturno, nella città degli ultimi. Ho conosciuto Dimitri Russo, il bravo sindaco che cerca di dare un futuro alla disperazione, ripulire le baracche putride lungo il punto di confluenza sulla Domiziana dei neri d’Africa e dei neri d’Italia. Disperati, soli, affogati nell’illegalità gli uni come gli altri e soprattutto lasciati al loro destino: morire di camorra o di droga oppure di prostituzione. “A noi servono soprattutto competenze intellettuali – mi ha detto il sindaco – ingegneri e architetti per fare il piano regolatore, progettisti qualificati per attrarre gli investimenti europei. Ci servono pedagoghi, bravi insegnanti, studiosi del paesaggio per ripulire la nostra terra. Ci serve il meglio, perché il peggio qui già c’è”.

Conosco anche Domenico Tuccillo, sindaco di Afragola. E’ una persona equilibrata e ha rifiutato, con una motivazione ineccepibile, a rendere il suo quartiere più difficile, quello di Salicelle, teatro della serie Sky Gomorra. Tuccillo spiega che la sua terra non ce la fa più ad essere utilizzata unicamente come set per raccontare l’unica industria che fattura: la camorra. Afragola e Castel Volturno si tengono per mano. Oggi la serie televisiva ha bussato alle porte alla città satellite a est di Napoli. Ieri il film per il cinema realizzò a nord di Napoli, Castel Volturno, la sua scena più cruenta e drammatica: ragazzi con i mitra che sparano per la felicità di essere entrati nella grande famiglia di Gomorra, pallottole impazzite a pelo d’acqua, mitragliate di giubilo per l’ingresso nella società che comanda e uccide.

Il ‘no’ che il sindaco di Afragola ha pronunciato è naturalmente differente da quelli che per anni abbiamo ascoltato di chi voleva ridurre ogni attenzione, sminuire il fenomeno a una sorta di cavalleresca guapparia, tenere la camorra dentro il recinto di casa propria. Questo no è invece la richiesta disperata di un aiuto: ad Afragola come a Castel Volturno sanno tutto di camorra. Hanno bisogno di legalità, di una trasfusione massiccia di facce pulite. Ad Afragola come a Castel Volturno sanno come si spara, vedono come si spara e come si muore. Chiedono solo che le loro morti non divengano il film permanente della loro vita.

Di Antonello Caporale | 22 maggio 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/22/afragola-quel-sindaco-che-dice-no-al-set-di-gomorra/1707294/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-05-22


Titolo: Antonello CAPORALE. Spese pazze Calabria: il premier dell’ignavia e la ricerca..
Inserito da: Admin - Luglio 01, 2015, 06:05:59 pm
Politica
Spese pazze Calabria: il premier dell’ignavia e la ricerca del consenso

Di Antonello Caporale | 28 giugno 2015

Ora siamo al detersivo acquistato con i soldi pubblici, alla tv trafugata, ai biglietti gratta e vinci per tentare la fortuna, ammesso che sedere nel consiglio regionale per quella gente non sia di per sé già una enorme ed esorbitante fortuna.

Tutto è dannatamente uguale a sempre, anzi questo finale di stagione di Rimborsopoli in versione calabrese, il trafugamento degli spiccioli dopo aver svuotato ogni cassaforte, ci dice due cose. La prima è che le Regioni sono divenute l’ambito ideale di ogni furfanteria, anzi la scuola di formazione per classi politiche inette e incompetenti. La seconda è che questa classe politica è irredimibile e il partito che nel Parlamento detiene la maggioranza dei consensi, cioè il Pd, è divenuto un canale di smistamento, un ponte verso la liceità dell’arraffa arraffa.

Cosa ne sa di Renzi del Pd calabrese? Nulla naturalmente. Lui non c’entra, non sa. E ora che sa fa come sempre ha fatto: una bella dichiarazione pubblica, fuori i ladri. Non sapeva di Roma, non sapeva del Mose, non sapeva dei traffici milionari sull’Expo.

A ben vedere Matteo Renzi è il premier dell’ignavia. Non sapeva come si formavano le liste dei candidati, non conosceva il calibro dei personaggi coinvolti in giunta, non era interessato a scoprire il traffico delle clientele. A lui più della buona politica interessa il consenso e in quanto a voti anche in Calabria, nella tornata elettorale delle Europee che ora sembra lontanissima, aveva mietuto successi clamorosi.

Dire che il presidente della Giunta Mario Oliviero dovrebbe immediatamente dimettersi sembra anche poco. E aggiungere che l’Ncd è divenuto oramai il recapito usuale degli avvisi di garanzia e degli ordini di arresto è ancora un’ovvietà. Tutto è così perfettamente indecente. Dunque normale.

Di Antonello Caporale | 28 giugno 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/28/spese-pazze-calabria-il-premier-dellignavia-e-la-ricerca-del-consenso/1822590/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-06-28


Titolo: Antonello CAPORALE. Immigrazione, ci stiamo comprando l’Africa (migranti inclusi
Inserito da: Arlecchino - Settembre 28, 2015, 07:52:08 pm
Mondo
Immigrazione, ci stiamo comprando l’Africa (migranti inclusi)

Di Antonello Caporale | 25 settembre 2015

Antonello Caporale Giornalista

Roberto Rosso, l’uomo che dai jeans ha ricavato un mondo che ora vale milioni di euro, qualche giorno fa si domandava: “Come mai spendiamo 34 euro al giorno per ospitare un migrante se con sei dollari al dì potremmo renderlo felice e sazio a casa sua?”. Già, come mai? E perchè non li aiutiamo a casa loro? Casa loro? Andiamoci piano con le parole. Perché la loro casa è in vendita e sta divenendo la nostra. Per dire: il Madagascar ha ceduto alla Corea del Sud la metà dei suoi terreni coltivabili, circa un milione e trecentomila ettari. La Cina ha preso in leasing tre milioni di ettari dall’Ucraina: gli serve il suo grano. In Tanzania acquistati da un emiro 400mila ettari per diritti esclusivi di caccia. L’emiro li ha fatti recintare e poi ha spedito i militari per impedire che le tribù Masai sconfinassero in cerca di pascoli per i loro animali. La loro vita.

E gli etiopi che arrivano a Lampedusa, quelli che Salvini considera disgraziati di serie B, non accreditabili come rifugiati, giungono dalla bassa valle dell’Omo, l’area oggetto di un piano di sfruttamento intensivo da parte di capitali stranieri che ha determinato l’evacuazione di circa duecentomila indigeni. E tra i capitali stranieri molta moneta, circa duecento milioni di euro, è di Roma. Il governo autoritario etiope, che rastrella e deporta, è l’interlocutore privilegiato della nostra diplomazia che sostiene e finanzia piani pluriennali di sviluppo. Anche qui la domanda: sviluppo per chi?

L’Italia intera conta 31 milioni di ettari. La Banca mondiale ha stimato, ma il dato è fermo al 2009, che nel mondo sono stati acquistati o affittati per un periodo che va dai venti ai 99 anni 46 milioni di ettari, due terzi dei quali nell’Africa subsahariana. In Africa i titoli di proprietà non esistono (la percentuale degli atti certi rogitati varia dal 2 al 10 per cento). Si vende a corpo e si vende con tutto dentro. Vende anche chi non è proprietario. Meglio: vende il governo a nome di tutti. Case, villaggi, pascoli, acqua se c’è. Il costo? Dai due ai dieci dollari ad ettaro, quanto due chili d’uva e uno di melanzane al mercato del Trionfale a Roma. Sono state esaminate 464 acquisizioni, ma sono state ritenute certe le estensioni dei terreni solo in 203 casi. Chi acquista è il “grabbatore”, chi vende è il “grabbato”. La definizione deriva dal fenomeno, che negli ultimi vent’anni ha assunto proporzioni note e purtroppo gigantesche e negli ultimi cinque una progressione pari al mille per cento secondo Oxfam, il network internazionale indipendente che combatte la povertà e l’ingiustizia. Il fenomeno si chiama land grabbing e significa appunto accaparramento della terra.

I Paesi ricchi chiedono cibo e biocombustibili ai paesi poveri. In cambio di una mancia comprano ogni cosa. Montagne e colline, pianure, laghi e città. Sono circa cinquanta i Paesi venditori, una dozzina i Paesi compratori, un migliaio i capitali privati (fondi di investimento, di pensione, di rischio) che fanno affari. E’ più facile trasportare una tonnellata di cereali dal Sudan che le mille tonnellate d’acqua necessarie per coltivarle. E allora la domanda: aiutiamoli a casa loro? Siamo proprio sicuri che abbiano ancora una casa? Le cronache sono zeppe di indicazioni su cosa stia divenendo questo neocolonialismo che foraggia guerre e governi dittatoriali pur di sviluppare il suo business. In Uganda 22mila persone hanno dovuto lasciare le loro abitazioni per far posto alle attività di una società che commercia legname, l’inglese New Forest Company. Aveva comprato tutto: terreni e villaggi. I residenti sono divenuti ospiti ed è giunto l’avviso di sfratto…Dove non arriva il capitale pulito si presenta quello sporco. La cosiddetta agromafia. Sempre laggiù, nascosti dai nostri occhi e dai nostri cuori, si sversano i rifiuti tossici che l’Occidente non può smaltire. La puzza a chi puzza…

Chi ha fame vende. Anzi regala. L’Etiopia ha il 46 per cento della popolazione a rischio fame. E’ la prima a negoziare cessioni ai prezzi ridicoli che conosciamo. Seguono la Tanzania (il 44 per cento degli abitanti sono a rischio) e il Mali (il 30 per cento è in condizioni di “insicurezza alimentare”). Comprano i ricchi. Il Qatar, l’Arabia Saudita, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, anche l’India. E nelle transazioni, la piccola parte visibile e registrata della opaca frontiera coloniale, sono considerate terre inutilizzate quelle coltivate a pascolo.

Il presidente del Kenya, volendo un porto sul suo mare, ha ceduto al Qatar, che si è offerto di costruirglielo, 40mila ettari di terreno con tutto dentro. Nel pacco confezionato c’erano circa 150 mila pastori e pescatori. Che si arrangiassero pure!

L’Africa ha bisogno di acqua, di grano, di pascoli anzitutto. Noi paesi ricchi invece abbiamo bisogno di biocombustibile. Olio di palma, oppure jatropha, la pianta che – lavorata – permette di sfamare la sete dei grandi mezzi meccanici. E l’Africa è una riserva meravigliosa. In Africa parecchie società italiane si sono date da fare: il gruppo Tozzi possiede 50mila ettari, altrettanti la Nuova Iniziativa Industriale. 26mila ettari sono della Senathonol, una joint-venture italosenegalese controllata al 51 per cento da un gruppo italiano. Le rose sulle nostre tavole, e quelle che distribuiscono i migranti a mazzetti, vengono dall’Etiopia e si riversano nel mondo intero. Belle e profumate, rosse o bianche. Recise a braccia. Lavoratori diligenti, disponibili a infilarsi nelle serre anche con quaranta gradi. E pure fortunati perchè hanno un lavoro.

Il loro salario? Sessanta centesimi al giorno.

Il Fatto Quotidiano, 25 settembre 2015
Di Antonello Caporale | 25 settembre 2015



Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/25/immigrazione-ci-stiamo-comprando-lafrica-migranti-inclusi/2068178/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-2015-09-26


Titolo: Antonello CAPORALE. - Consip: alzati e cammina, partito della nazione
Inserito da: Arlecchino - Aprile 13, 2017, 06:10:03 pm
Consip: alzati e cammina, partito della nazione

Di Antonello Caporale | 12 aprile 2017   
 
I tentativi di spartirsi il più succulento appalto pubblico d’Europa e l’intenso traffico di influenze che intorno a esso andava componendosi trasfigurano fino a perdersi nell’oscurità grazie al macroscopico errore – capiremo presto se e quanto doloso – di cui si è reso protagonista il capitano dei carabinieri Scafarto. La manipolazione, atto di indubitabile gravità, si trasforma così in una piattaforma galleggiante dove un gran numero di nuotatori finora in difficoltà cerca sollievo. Inzuppati d’acqua, ma salvi iniziano a darsi la mano: aiutami tu che t’aiuto anch’io e piano piano, come l’orlo di un vestito da sartoria, alle dichiarazioni degli esponenti del Pd si aggiungono quelle del centrodestra.

La mano cuce e il dito accusatore avanza: parla per primo Matteo Renzi e dichiara che “la verità viene a galla sempre”, che il babbo Tiziano piange per la gioia e la commozione di essere stato scagionato dall’inchiesta. Non è propriamente vero, la sua posizione certamente si alleggerisce ma non si annulla. Però ora conta ciò che appare, non ciò che è.

La vicenda Consip – da enorme questione morale nazionale – col passar delle ore diviene, nell’ordine, un modo per sabotare la leadership di Matteo Renzi, un complotto ai danni del Pd, fino al giudizio definitivo: si tratta di eversione di Stato. A grappolo, come le bombe americane in Vietnam, le dichiarazioni dei sottoposti. La quantità di fuoco è impressionante e già poche ore dopo la pubblicazione della notizia a Lineanotte del Tg3 si recita il requiem per l’inchiesta Consip. Semplicemente non esiste più. Morta e sepolta sotto il fango della manipolazione e chissà quali trame oscure, quali agganci mediatici, quali intenti sovversivi. Meraviglia.

Il mattino dopo la zattera prende così il largo e gli occupanti, volendo continuare a fare festa, abbandonano gli ormeggi e trascinano al largo anche Report, la trasmissione televisiva che due sere fa ha mandato in onda un’inchiesta sull’opacità dell’acquisto da parte di Pessina del pacchetto azionario del l’Unità. L’industriale del mattone l’ha fatto per amore dell’editoria o di altro? Domanda più che legittima e inchiesta più che documentata.

E invece, sbam: Renzi querela. E già che c’è querela anche Bonifazi il tesoriere del Pd. E querela non soltanto Report ma anche Il Fatto Quotidiano colpevole di aver dato l’anticipazione della trasmissione. Piano piano, Consip trascina al largo Report e Forza Italia prende a navigare nel solco delle onde mosse dal Pd. Cosicché Matteo Renzi e Silvio Berlusconi si ritrovano di nuovo vicini vicini.

Renzi ha dovuto subire la gogna mediatica e giudiziaria? Sapeste Berlusconi! A Daniela Santanchè viene in mente il martirio berlusconiano, “quel che ha dovuto subire Silvio” che un po’ le consente di solidarizzare con Renzi, anch’egli secondo la Pitonessa trascinato nel gorgo delle accuse, dei ricatti mediatici, dell’astio di “certi” giudici. Santanchè aveva letto l’editoriale di Alessandro Sallusti sul Giornale al quale la prova del complotto sembra certa e inoppugnabile. E di “complotto” parla anche Pier Ferdinando Casini, di “pericolo per la democrazia” pure Manuela Repetti. Risorge, sulla scorta di quella che pure resta e vogliamo ripeterlo una macroscopica e ingiustificabile manipolazione, una linea del Piave comune, un sentire comune, un’ansia da prestazione comune. Un’allerta contro le devianze dei Pm e il pericolo grillino, una chiamata alle armi per fermare la deriva autoritaria. Certo, qualche parola dissonante esiste. Malan (Forza Italia) riflette perplesso: “Non basta un errore per far cadere un’indagine”. Ma è una considerazione isolata. La settimana pasquale, ora che Berlusconi ha così fraternizzato con l’agnellino, si apre all’insegna della necessità di fare muro, anzi Patto.

Tutto sembra girare per il verso giusto, al punto che Maurizio Gasparri – un temerario ante litteram – sottolinea lo scandalo di vedere Milena Gabanelli dirigere Raiweb, “che è una struttura che neppure esiste. E poi, diciamolo, la Gabanelli controlla ancora Report”. Trasmissione falsificatrice, inchiesta intimidatoria, servizi che puzzano di marcio e in qualche modo complottano per nuocere al Pd. Un grande complotto, quello Consip, che “è stato organizzato” in modo inoppugnabile, come afferma disperato Casini, e un piccolo complotto, che prende il nome di Report, una redazione che dovrebbe vergognarsi secondo Michele Anzaldi, il nuovo portavoce di Renzi, di fare quello che ha fatto: cioè “cattivo giornalismo”.

La sartoria sforna il vestito, anche l’ultimo orlo è cucito. Consip non esiste più, e chissà se Alfredo Romeo sarà riconosciuto un eroe nazionale. Report ha qualche speranza ancora ma deve cambiare passo. Le elezioni si avvicinano, la democrazia dev’essere salvata. In trincea c’è Renzi. Un passo dietro di nuovo Silvio Berlusconi (con l’agnellino in braccio).

Di Antonello Caporale | 12 aprile 2017   
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Titolo: Antonello CAPORALE. Se Bruno Vespa è un artista, Porta a Porta è solo cabaret?
Inserito da: Arlecchino - Maggio 25, 2017, 11:03:58 pm
Media & Regime

Se Bruno Vespa è un artista, Porta a Porta è solo cabaret?   

Di Antonello Caporale | 24 maggio 2017
Giornalista

Bruno Vespa ha appena avvertito la Rai di sentirsi artista a tutti gli effetti. L’arte è una passione che ti prende da piccolo, ed egli evidentemente la subì in fasce. L’artista, notoriamente un creativo, allenato dalla fantasia e chiamato al teatro della vita dal suo impellente bisogno di esercitarla quotidianamente, chiede rispetto per il suo talento e soprattutto per il suo portafogli. Potrebbe mai la Rai, ritenendolo solo un bravo giornalista, condannarlo a un assegno di povertà da 240mila euro?

E’ chiaro che Vespa è un artista e come tale ha diritto alle libagioni previste per gente della sua classe. Ne consegue, se non capiamo male, che Porta a Porta in questi anni è stata solo un cabaret, un modo per far sollazzare il telespettatore incapiente e demoralizzato organizzandogli un trastullo in seconda serata.

Di Antonello Caporale | 24 maggio 2017

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/24/se-bruno-vespa-e-un-artista-porta-a-porta-e-solo-cabaret/3610974/


Titolo: Antonello Caporale Governo M5s-Lega, per la prima volta i sommersi ...
Inserito da: Arlecchino - Giugno 02, 2018, 12:01:33 pm
Governo M5s-Lega, per la prima volta i sommersi vincono sui salvati (col rischio che la rabbia prevalga sulla ragione)

Di Antonello Caporale | 31 maggio 2018

Sarà il governo dei sommersi. Per la prima volta in Italia i precari, i disoccupati, le tute blu, i piccoli imprenditori, i giovani, gli esclusi in genere, vedono il loro voto – che il 4 marzo è andato in due distinte direzioni – congiungersi e farsi maggioranza. E per la prima volta in Italia sono i salvati, la media e alta borghesia, e in genere coloro che non sono stati vittime della crisi economica e delle nuove povertà, ad andare all’opposizione. La novità, per certi aspetti clamorosa (diciamo pure scandalosa), è che la sinistra nelle sue varie tonalità di rosso (da Pd a Leu) rappresenta, insieme a Forza Italia, gli italiani scampati, i salvati, coloro che hanno perso le elezioni. L’enorme spostamento di classi sociali da una parte all’altra (gli iscritti operai alla Cgil hanno prevalentemente votato Cinquestelle o Lega) perfora i simboli del Novecento, la divisione del mondo e la stessa concezione della vita tra progressisti e conservatori. La vittoria dei sommersi sui salvati porta con sé un’altra conseguenza: vince la rabbia sulla ragione, la paura sulla logica, la voglia di cambiare tutto e a prescindere. E’ questo il più grande rischio a cui andiamo incontro: un governo potenzialmente vittima del suo stesso destino, stressato già all’atto di nascita, dalla necessità di cambiare, cambiare, cambiare. E magari nemmeno pensare.

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Di Antonello Caporale | 31 maggio 2018

da - https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/05/31/governo-m5s-lega-per-la-prima-volta-i-sommersi-vincono-sui-salvati-col-rischio-che-la-rabbia-prevalga-sulla-ragione/4395703/


Titolo: Scambio d'opinioni con Antonello CAPORALE su Fb 19 giugno 2018
Inserito da: Arlecchino - Giugno 20, 2018, 05:32:29 pm
Cercherò di leggerla ma se anche in quella si parla di "Aiuti all'Africa", non cambierò la mia sintetica e superficiale valutazione, su come non ci si dovrebbe esprimere.

L'occidente l'ha derubata, bombardata e molto altro, l'Africa merita molto più che un "aiuto".

Ho spiegato il mio perchè.

ciaooo


Titolo: Antonello CAPORALE. Ovunque vince la destra. In Italia come in Europa, nei ...
Inserito da: Arlecchino - Giugno 30, 2018, 04:55:02 pm
Ovunque vince la destra. In Italia come in Europa, nei governi nazionali e in quelli locali, come accaduto ieri nelle città. Se vince la destra, chi ha perso? La sinistra dovremmo dire. Invece a me pare che da tempo non ci sia più né pratica né idea di cosa è la sinistra, di quali valori essa esprime, di quali e quante responsabilità pone in capo ai suoi elettori. Infatti la sinistra non esiste più da anni e coloro che hanno occupato quello spazio sono degli abusivi.
Essere di sinistra costa perché ci intima perennemente di essere virtuosi. Solidali, cioè altruisti, sinceri più che bugiardi, dignitosi invece che indegni. E il vizio? E quel diavoletto che fa capolino quando meno ce lo aspettiamo e che ci consiglia di fregare sulla fattura, rubacchiare un po’ di tempo al lavoro, far finta di non vedere lo scippo, e non denunciare quando serve? Quel diavoletto che ci consiglia che alla fine una spintarella non è un granché, e il nostro talento ben può compensare l’aiutino? Che dichiarare ogni reddito significa impoverirsi?
La verità è che la destra è più accomodante, comprende di più i nostri vizi e ci salva l’anima, ci perdona sempre. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ecco, pietre a volontà per tutti.
A noi in effetti piace la destra con la cravatta: chiede poco e dà poco, accetta quel che intendiamo per uguaglianza, giustizia, solidarietà e quando può ci frega.
Noi vorremmo un governo così e così, anche un po’ corrotto (è il potere, signora mia!) ma un po’ no; un po’ efficiente ma un po’ lassista; un po’ sincero e un po’ bugiardo.
Il troppo storpia, vero?
Chi di voi ha visto “L’ora legale” di Ficarra e Picone? Tutti a votare il sindaco integerrimo, tutti a esultare per l’onestà in Municipio. Ma poi, ai primi provvedimenti, un urlo di sdegno e un coro di scontento.
Noi siamo così. Anzi, se vogliamo dirla tutta, così e così.

Da – Fb del 25 giugno 2018 (Antonello Caporale)