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Autore Discussione: Anna Zafesova Insulti e parodie quell'odio antico tra Hillary e lo Zar  (Letto 1685 volte)
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« inserito:: Agosto 02, 2016, 05:09:08 pm »

Insulti e parodie quell'odio antico tra Hillary e lo Zar
Lui non la considera: «Con le donne non si discute».
Lei lo paragona a Hitler e fa la parodia del “macho”

01/08/2016
Anna Zafesova

«Con le donne è meglio non discutere», disse Vladimir Putin quando Hillary Clinton, nel 2014, paragonò l’annessione della Crimea a quella dei Sudeti. Difficile dire chi dei due sia stato più offensivo: il segretario di Stato americano a confrontare Putin con Hitler, o il presidente russo a liquidare la femminista Clinton come una signora fastidiosa, ma insignificante. Un eventuale dialogo Clinton-Putin si prefigura molto faticoso, e non soltanto perché per un russo di 64 anni di educazione sovietica è sempre un po’ difficile prendere sul serio una donna (dopo che, secondo alcune gole profonde, il capo del Cremlino aveva già trovato imbarazzante dover discutere con un presidente americano di colore). Hillary e Vladimir si sono già scontrati, e sono già nemici dichiarati da diversi anni. 

A Mosca è radicata la credenza che con i presidenti repubblicani ci si intende sempre meglio che con i democratici (incluso Bill Clinton, alleato di Boris Eltsin, di cui Putin fu il «delfino», salvo poi smantellare la sua opera). E nell’orbita obamiana degli ultimi otto anni Clinton è stata sempre la più dura nei confronti del Cremlino. Nel 2011 forzò la mano alla Casa Bianca schierandosi esplicitamente con i manifestanti che a Mosca protestavano contro i brogli elettorali alla Duma, e scandivano «Putin ladro» e «Russia senza Putin». «Il popolo russo, come tutti i popoli, ha diritto a far sentire la sua voce e avere un conteggio onesto dei suoi voti», dichiarò. «Putin diventò livido quando la sentì», ricorda l’allora ambasciatore americano a Mosca Michael McFaul al «New York Times». Il presidente russo a sua volta accusò pubblicamente Hillary di essere la vera mandante dei cortei di protesta: «Il segretario di Stato ha dato il segnale ad alcuni esponenti del nostro Paese, e loro hanno iniziato ad agire, con l’attivo supporto del dipartimento di Stato».

L’APPOGGIO A KIEV 
La domenica successiva i fantasiosi oppositori russi distribuivano in piazza dollari falsi e indossavano cartelli con scritto «agente del Gosdep» (l’abbreviatura russa per dipartimento di Stato), entrata da allora nel lessico ufficiale della propaganda di Mosca. L’apparizione, nel 2014, del sottosegretario di Stato Victoria Nuland - esperta di Russia ed ex portavoce di Hillary - sul Maidan di Kiev confermò definitivamente agli occhi della diplomazia russa che il Dipartimento di Stato era dietro a ogni protesta contro il Cremlino. E che Hillary, che a capo di Foggy Bottom aveva promosso i diritti umani, lo sviluppo di Internet e delle ong della società civile, incarnava tutto quello che con il ritorno di Putin alla terza presidenza era diventato il bersaglio da colpire.
Politicamente Clinton e Putin sono personaggi polari, e anche a livello personale l’antipatia fu immediata, fin da quando il segretario di Stato portò a Mosca il pulsante rosso con scritto «reset», il tentativo di rilanciare un dialogo con la Russia cogliendo l’opportunità della presidenza di Dmitry Medvedev. Per iniziare, Hillary dovette subire uno dei leggendari ritardi di Putin, all’epoca «soltanto» primo ministro, aspettandolo davanti al camino di maiolica nella sua dacia. Arrivato, fece all’ospite americana una predica sulle politiche sbagliate degli Usa e mandò via i giornalisti appena lei cercò di contro argomentare. Il resto lo si sa dalla stessa Hillary, che con un certo sarcasmo ha raccontato che Putin la portò nel suo studio per illustrarle con una grande carta geografica il suo l’impegno per tigri e orsi bianchi.

L’IMITAZIONE 
Una punzecchiatura che è stata l’inizio di una lunga inimicizia, con Hillary che parodiava la camminata di Putin, il suo accento e il modo di parlare. Una donna immune al fascino «macho» che molti riconoscono al presidente russo, e che ha litigato anche con il suo ministro degli Esteri Serghey Lavrov, piantandolo con in mano il mazzo di fiori che le aveva portato, insieme alla notizia che Mosca metteva alla porta le ong americane. Andandosene dal dipartimento di Stato Clinton ha dettato un memorandum di tre pagine e mezzo per Obama, avvertendolo che la Russia di Putin era un pericolo e che bisognava prendere una posizione più dura nei suoi confronti. Programma che, a quanto pare, ha l’intenzione di mettere in pratica da presidente.

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Da - http://www.lastampa.it/2016/08/01/esteri/insulti-e-parodie-quellodio-antico-tra-hillary-e-lo-zar-XMrW2mIsbHB9gOIVBYRiHN/pagina.html
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