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Autore Discussione: Fiorenza SARZANINI.  (Letto 173227 volte)
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« Risposta #90 inserito:: Gennaio 19, 2011, 12:22:13 pm »

L'INCHIESTA/2

Anche a Roma le «case» per le ragazze

Dalle intercettazioni nuovi «buchi» nella sicurezza. Una giovane: noi ad Arcore senza controllo

   
ROMA—È un «giro» di ragazze che si passano la voce e spesso vengono esortate a coinvolgere le amiche. Un «giro » che appare ormai fuori controllo. Anche perché il metodo di cessione degli appartamenti alle giovani che partecipano alle feste organizzate dal presidente del Consiglio già sperimentato alla «Dimora Olgettina » di Milano Due, viene utilizzato anche a Roma. L’elenco cambia, uguali appaiono i modi scelti per ripagarle, con case messe a disposizione nella capitale. E si scopre che spesso vengono accettate donne, molte straniere, delle quali non si conosce neanche il cognome. Gli atti della Procura di Milano confermano la vulnerabilità del sistema di sicurezza che deve proteggere il presidente Silvio Berlusconi. Ripropongono in maniera ancor più evidente il problema già emerso dopo la pubblicazione delle foto di Villa Certosa scattate da Antonello Zappadu e delle registrazioni di Patrizia D’Addario. E soprattutto fanno emergere le pressioni e talvolta il possibile ricatto esercitato da queste giovani — quasi tutte aspiranti starlette—per ottenere soldi, alloggi ma pure borse, scarpe, vestiti griffati. C’è quella che lascia il telefono sul letto mentre è a Miss Italia «e tutti hanno potuto leggere gli sms di Lui!». Quella che ha preso 10.000 euro da Emilio Fede «perché aveva le foto scattate col telefonino e aveva bisogno di soldi». Quella che ipotizza di «rubare qualcosa dalla casa». La questione sarà affrontata domani dal Comitato di controllo parlamentare che ascolterà il sottosegretario Gianni Letta dopo il rifiuto di Berlusconi a presentarsi.

«Avevo il cellulare, nessun controllo» Il 20 settembre 2010, dopo la serata ad Arcore, una delle ragazze portate da Nicole Minetti si sfoga al telefono con un’amica. Si dice «nauseata» per quanto ha visto e aggiunge: «Noi siamo entrate proprio senza nessun tipo di controllo nel senso che tu arrivi, fuori di casa, dici il tuo nome e passi con la macchina tranquillamente. Io avevo la mia borsa, il mio cellulare, nessuno me l’ha guardata, nessuno mi ha chiesto niente. Quindi, varchi la soglia ed entri». Il 16 novembre scorso davanti ai pubblici ministeri ribadisce la totale assenza di controlli sulle persone: «Giungemmo ad Arcore a bordo delle due autovetture, fuori dal cancello della residenza c’erano due carabinieri con un’autovettura di servizio e noi ci fermammo. Credo che la Minetti desse il proprio nome, non ricordo con sicurezza se furono forniti anche i nostri nominativi, i carabinieri comunicarono con l’interno tramite radio e ricevettero l’assenso a farci entrare. Ricordo che ebbi modo di sentire l’indicazione proveniente dall’interlocutore all’interno della residenza, che disse "principale", in presumibile riferimento all’accesso di cui dovevamo fruire per entrare all’interno della residenza ». E ancora: «Durante la cena non è successo niente di particolarmente strano, anche se potetti rilevare la libertà con cui tutti potevano circolare e per esempio andarsi a fumare una sigaretta, utilizzare i cellulari, eccetera». Eppure sono le stesse persone dell’entourage di Berlusconi a mostrarsi preoccupate per quanto accade.

«Che brutto gruppo è quello» Il 6 settembre 2010 Emilio Fede parla con l’amica Iman e discutono sull’opportunità di avvisare il premier.

Emilio: quello lì quel cubano che ha portato Marysthelle
Iman: ma sai che non lo so, io sono andata via che li ho lasciati fuori che parlavano tra di loro, boh, non lo so Emilio: che brutto gruppo quello però, eh?!
Iman: sì io non so, non so cosa dire, giuro, non so cosa dire quello è un altro gruppo pericoloso
Emilio: pericoloso quello
Iman: ah sì, per i miei gusti sì poi...
Emilio: ha portato uno lì che ...
Iman: ma io non ho capito perché lei deve sempre portare qualcuno, chi l’ha detto scusa? Cioè nel senso, c’è sempre, cioè si deve sempre portar dietro una squadra, per che cosa scusami?
Emilio: per far guadagnare soldi
Iman: eh ho capito però voglio dire... cioè lui non ci arriva che non è il massimo?
Emilio: io posso intervenire e dire: "Chi è quello lì, devi informarti prima"?
Iman: eh ma scusami eh, gente che è... non sai... non si sa, non si sa niente, pensa se viene fuori, cioè, non so che cosa perché noi non, perché siamo stati insomma... molto fiduciosi e alla fine magari abbiamo fatto male
Emilio: amore non capisco, cioè, non parlare non ti capisco perché parli in fretta e butti via le parole e mi diventa difficile capirti...
Iman: no ho detto, come si fa a stare con delle persone che non sai chi sono...
Emilio: infatti quello lì poi m’ha detto Roberta che l’ha trovato in bagno che stava al telefono e stava raccontando dov’era quello lì
Iman: eh no vedi? eh no, ma io è per quello che ti dico, anche la Marysthelle ma cosa sta facendo?

Le case di Roma per «il giro» A gestire gli appartamenti milanesi all’Olgettina è la consigliera regionale Nicole Minetti che ne ha tre intestati. Chiarisce subito le modalità: «Si versa la caparra e poi lui te la dovrebbe ridare in forma di assegno». Tiene i contatti con il ragioniere Giuseppe Spinelli, lo chiama per assicurare che «c’è l’ok del presidente». E talvolta propone spostamenti da una casa all’altra, oppure una convivenza. Di questo discute il 17 settembre 2010 con Imma De Vivo, una delle gemelle napoletane, che appare ben informata sul meccanismo.

Imma: No, se no possiamo fare così: vedere questo trilocale e poi al limite, se lui decide di mettere anche un’altra persona più avanti qualcuno che chiede, capisci, come ha fatto lì... ha fatto anche a Roma di solito così. Ha messo una o due poi è andata la terza perché era grande la casa, hai capito?
Nicole: Okay, okay. Quali siano le ragazze che frequentano le feste a Roma, dove negli ultimi mesi è apparsa molto attiva la deputata pdl Maria Rosaria Rossi, lo racconta Barbara Faggioli alla stessa Minetti quando si lamenta che le feste sono diminuite e si guadagnano meno soldi: «Nei giri di Roma fanno cene anche tre volte alla settimana, nel giro di Roma ci sono Valeria, Rafia, Cinzia».

Fiorenza Sarzanini

19 gennaio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/11_gennaio_19/sarzanini_case_anche_roma_2db2bc8c-2395-11e0-a3c4-00144f02aabc.shtml
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« Risposta #91 inserito:: Gennaio 20, 2011, 06:17:45 pm »

La Minetti a Puricelli

Fede, Mora e le feste: «Lui stasera è pimpante, chiama le nostre vallette»

Usata anche Villa Campari, sul lago Maggiore. Si cercano altre ragazze non ancora identificate

   
ROMA - Ragazze reclutate con urgenza nei cast dei programmi Mediaset. Giovani da portare alle feste del presidente del Consiglio quando le ospiti abituali erano impegnate. La ricerca spasmodica di donne per assecondare le richieste del premier Silvio Berlusconi emerge nelle telefonate dei suoi amici ora accusati di induzione alla prostituzione, Emilio Fede e Lele Mora. E nei contatti della consigliera regionale Pdl in Lombardia Nicole Minetti che - come risulta dalle telefonate - gestisce gli appuntamenti, seleziona una parte degli inviti, ma si occupa anche della sistemazione nelle case, del pagamento delle bollette, delle liti che inevitabilmente scoppiano tra chi aspira a diventare la «favorita». E le carte processuali della procura di Milano rivelano pure che questo tipo di incontri non avvenivano soltanto nella residenza di Arcore. Almeno una serata fu organizzata a Villa Campari, la splendida dimora acquistata dal capo del governo poco più di due anni fa sul lago Maggiore. C'erano numerose ospiti, alcune non ancora identificate che potrebbero essere rintracciate in vista del processo.

«Lui è pieno cerca a Rete4»
Sono le 20,17 del 25 agosto 2010 quando «Emilio Fede chiede a Lele Mora di "trovargli" urgentemente qualcuno per la cena». Berlusconi ha già organizzato numerose feste nei giorni precedenti.
Mora: sì
Fede: eh lui è pieno, pimpante mi ha chiamato adesso ma proprio pimpante è la serata giusta ma chi trovo, ho detto a Daniele chiedi consiglio a Lele, chi trovo?
Mora: faccio due telefonate
Fede: eh subito, ciao
Subito dopo Mora chiama Daniele Salemi, il suo factotum su Torino, gli "gira" la richiesta. E lui lo informa che sta provando con le vallette del programma Vivere meglio il programma sulla salute che va in onda su Rete4.
Daniele: c'è Simona che mi ha contattato tutte le sue ex colleghe, le "vitamine" di Rete 4... me le ha contattate... e mi ha detto che loro ci sono e la situazione così va bene. Capito? Però stasera no, nell'immediatezza, son tutti in vacanza... tutte le altre persone, sono tutte a Salsomaggiore
Lele: eh, ma glielo dici, così tranquillamente senza problemi, non farti problemi, digli: "non è possibile, non ce la facciamo, troppo tardi..."
Daniele: è troppo tardi... ma poi alle otto per le nove e mezza, come si fa?
Lele: digli "guardi ho fatto un po' di telefonate, non è possibile"
Daniele: no, per domani... che poi abbiamo l'incontro, lì così ce la facciamo, lì impostiamo lì, domani e poi via.
La serata viene organizzata comunque. Emilio Fede rintraccia la sua amica Imam Fadil e alla fine, come risulta dalle verifiche effettuate dalla polizia giudiziaria, le ospiti sono tutte straniere: le rumene Ioana Claudia Amarghioale e Ioana Visan, la brasiliana Iris Berardi, la russa Raissa Skorkina.

Anche in vista della festa ad Arcore del 19 settembre 2010 si era deciso di coinvolgere le ragazze di Colorado Cafè di Italia 1, lo stesso show dove fu ingaggiata la Minetti. Due giorni prima Francesca Cipriani invia un sms a Lele Mora: «Amore mi ha detto Maristeli che il nostro amico domenica sera fa la cena a casa sua a Milano e vuole che noi coloradine andiamo a fargli vedere uno stacchetto... cosa devo dirgli che vado??? tvttttttb». Lui non ha esitazioni: «Ok tesoro digli tutto ok ci vai».
Corsa all'invito per Villa Campari
Alle 14,18 Fede parla con Giorgio Puricelli, il medico consigliere regionale del Pdl in Lombardia che si trova nella residenza di Berlusconi sul lago Maggiore.
Fede: ehi Giorgio?
Puricelli: eccomi qui, tutto bene Emilio?
Fede: sì sì, no. Tutto benissimo, lui mi ha detto di venire stasera al lago.
Puricelli: perfetto!... perché io sono appena arrivato, doveva essere già qui, invece mi sa che arriva tra un'oretta.
Fede: chi lui? e dov'è? È ancora ad Arcore perché devono aver fatto il pieno all'elicottero non ho ben capito. Io sono già sul lago... non so se portare, non gli ho chiesto se vuole che porto questa qui che a lui gli piace questa qua.
Puricelli: molto! gli piace, gli piace.
Fede: ecco, vorrei fargli capire che non è la mia donna capito? Frega c... a me capito?
Puricelli: (ridendo) ho capito, ho capito. Comunque insomma, voglio dire è una carina, è una che anche ieri poi mi diceva che insomma, che una che non è mai oltre misura, è una che sta al suo posto.
Fede: poi lui gli fa piacere che lei sa tutto di calcio.
Tra le ragazze si sparge la voce di una festa e si scatena la caccia all'invito. La Minetti non è stata inclusa e si affanna per esserci. Alle 13,30 comincia uno scambio di Sms con Puricelli.
Minetti: «Gio ma secondo te il pres vuole fare qualcosa stasera? Perché ieri mi aveva detto forse sì.... Giusto per capire»...
Puricelli: «Siamo al lago nel pom Secondo me Dorme li C'è katarina la gelosa Per me facciamo come ieri sera Cena 5 persone
Minetti: «Ok dai prova a convincerlo a fare qualcosa stasera.... Cosi lo tiriamo un po' su di morale..!! L'ho provato a chiamare ma non mi risponde...»
Puricelli: «Poi gli parlo Ti faccio sapere»
Alle 17 arriva la risposta positiva
Puricelli: «Chiamami per favore»
Minetti: «Ho sentito Barbara. Mi ha detto che si va al lago... Ho il tel scarico e se rispondo mi si spegne...!!»
Puricelli: «Ok coordinati con Emilio Fede. Potete dormire qui se volete»
Minetti: «Oh fantastico.... Grande Gio!»
Dopo un paio d'ore la Minetti invia un nuovo sms: «Gio ma lui ti ha detto di invitarmi? Non vorrei fare l'intrusa». La risposta sembra rassicurarla: «No vieni tranq Tu e Barbara».

Alla fine sul lago si ritrovano svariate ragazze, comprese due che non sono state ancora identificate. «Ci risolve i problemi a mamma a te e a me»

Le intercettazioni sembrano smentire definitivamente che Roberta Bonasia possa essere la fidanzata del presidente Berlusconi.
Appare eloquente la conversazione del 14 settembre scorso con suo fratello, quando lei è al concorso di Miss Italia e gli racconta la telefonata con Berlusconi.
Roberta: non penso mi abbia vista perché ha avuto molto da lavorare mi diceva. Poi mi fa me l'hai preso allora qualche numero di telefono? Guarda te ne ho presi un paio ma non è che c'era questo granché di fighe gli ho detto (ride) e lui mi fa ma no amore mi ha detto (ride) e poi gli faccio ma quando ci possiamo vedere mi ha detto che lui domenica è a Milano perché adesso giovedì è a Bruxelles, venerdì al consiglio dei ministri penso a Roma, sabato è a Taormina e quindi prima di domenica non lo posso vedere. Però cosa faccio domenica vado e torno non mi ha detto di fermarmi... solo che poi lo vedo solo domenica, cosa risolvo in un giorno dovrei stare due o tre giorni da lui
Stefano: no vabbè innanzitutto gli dici, gli dai i dati che l'altra volta non avevi, subito con la faccia così da tranquilla e poi vedi amore... amò ci risolve tanti problemi a tutti
Roberta: e lo so amore
Stefano: a mamma a te a me

Fiorenza Sarzanini

20 gennaio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/cronache/11_gennaio_20/fede-mora-e-le-feste-lui-stasera-e-pimpante-chiama-le-nostre-vallette-fiorenza-sarzanini_4ba8aa90-2461-11e0-8269-00144f02aabc.shtml
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« Risposta #92 inserito:: Febbraio 07, 2011, 04:26:57 pm »

L'INCHIESTA

Reclutamento delle ragazze, pista napoletana

Indagine su euro falsi, spuntano il nome della showgirl Sara Tommasi e le visite a Villa San Martino

   
ROMA - C'è un fronte napoletano che si intreccia con l'inchiesta della procura di Milano sulle feste del presidente. Un traffico di soldi falsi che ha fatto emergere personaggi in contatto con Lele Mora e Fabrizio Corona. Le telefonate e gli sms intercettati nelle ultime settimane rivelano nuovi dettagli sul «reclutamento» delle ragazze da inviare ad Arcore e nelle altre ville di Silvio Berlusconi. Fanno emergere i racconti di chi ha partecipato alle serate, confermando e riscontrando quanto già contenuto nei verbali e nelle conversazioni del fascicolo del capoluogo lombardo. E rappresentano il possibile sfondo alle nuove dichiarazioni dello stesso Corona che in un'intervista pubblicata ieri dal quotidiano Il Mattino ha parlato di «foto di Berlusconi nudo che vengono trattate a Napoli da emissari di settimanali con la malavita». Entro qualche giorno il fotografo sarà interrogato come testimone per scoprire se davvero abbia informazioni sulla vicenda o se la sua sortita sia soltanto l'ultimo tentativo di mettersi in mostra oppure di far soldi. Ma l'indagine condotta dai pubblici ministeri Marco Del Gaudio e Antonello Ardituro ha già aperto nuovi scenari sul giro di prostituzione arrivato sino alle residenze del capo del governo.

I legami di «Bartolo»
Tutto comincia qualche mese fa quando la polizia avvia un'indagine su un traffico di euro falsi. Tra le persone sotto controllo c'è V.S., conosciuto come "Bartolo", che si occupa di campagne pubblicitarie e cura l'immagine di alcune ragazze. Ma cerca di piazzare sul mercato anche le banconote fasulle. Le intercettazioni svelano i suoi rapporti con Corona, e soprattutto quelli con l'attrice Sara Tommasi che diventerà un personaggio chiave dell'inchiesta napoletana, pur se non indagata. La giovane è stata diverse volte ad Arcore, era presente pure il 25 aprile insieme a Ruby e alle altre ragazze dell'Olgettina quando a Villa San Martino arrivò Vladimir Putin. Le conversazioni captate consentono di ricostruire anche altri incontri a pagamento ai quali ha partecipato a Napoli. Il suo telefono viene messo sotto controllo proprio per cercare riscontri all'accusa di induzione alla prostituzione ipotizzata nei confronti dei suoi interlocutori napoletani.

I racconti di Sara
Tommasi invia alcuni sms a Berlusconi, lui non le risponde. Si tratta di messaggi banali di saluti e di auguri. Ben più interessanti sarebbero i racconti che la ragazza fa sul ruolo di Mora e sulle feste che si svolgono ad Arcore. La starlette, nota per aver partecipato a "L'isola dei famosi", parla ampiamente del ruolo delle ragazze, dei metodi utilizzati da «Lele» per il reclutamento, del pagamento dei compensi. E per questo i pubblici ministeri avrebbero deciso di convocarla come testimone prima di trasmettere copia del fascicolo ai colleghi milanesi. Quanto emerso in queste settimane di accertamenti sembra infatti rappresentare un riscontro alle accuse contestate a Mora, ma apre un nuovo fronte anche sui rapporti tra questi personaggi e la criminalità napoletana legati all'organizzazione di incontri sessuali e forse non solo.

Gli scatti proibiti
Da giorni si rincorrono indiscrezioni sull'esistenza di foto che ritraggono Berlusconi insieme alle ragazze in atteggiamenti compromettenti. Immagini che non sono inserite nel fascicolo dell'inchiesta milanese, ma sarebbero state messe sul mercato per cifre da capogiro. Potrebbe trattarsi di scatti «rubati» da qualche ragazza durante le serate e poi affidati a chi aveva i canali giusti per venderli o addirittura per chiedere soldi in cambio della loro sparizione. Un metodo utilizzato proprio da Corona che per questo ha subito anche un processo e una condanna per tentata estorsione. Ora il fotografo sostiene che è la malavita a gestire queste immagini. Ma quanto c'è di vero nelle sue parole? È possibile che a fornirgli le informazioni siano stati gli stessi personaggi indagati per i soldi falsi, oppure che le abbia raccolte in altri ambienti. Tra le persone che negli ultimi giorni avrebbero cercato di vendere foto delle feste c'è il fratello di Roberta O., l'amica di Noemi che trascorse dieci giorni a Villa Certosa per festeggiare il Capodanno 2008. E forse non è l'unico. Del resto i rapporti spericolati di alcune ospiti delle feste sono già emersi nell'inchiesta milanese. Come quello di Eleonora De Vivo, una delle gemelle napoletane che frequentano il presidente e hanno un appartamento all'Olgettina: è fidanzata con Massimo Grasso, imprenditore campano ed ex consigliere comunale di Forza Italia, recentemente inquisito per associazione a delinquere di stampo camorristico.

Fulvio Bufi e Fiorenza Sarzanini

07 febbraio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - corriere.it/cronache/11_febbraio_07
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« Risposta #93 inserito:: Febbraio 08, 2011, 12:26:46 pm »

Feste con le ragazze, il caso Tommasi Vertice tra i pm di Napoli e Milano

I contatti con Paolo Berlusconi e La Russa.

Il ruolo della Ronzulli


NAPOLI — C’è una girandola di contatti e appuntamenti nelle intercettazioni disposte dalla Procura di Napoli sul giro di prostituzione che incrocia quello delle feste del presidente del Consiglio. Perché coinvolge il mondo che ruota attorno a Sara Tommasi, la starlette che partecipava alle serate organizzate nelle residenze di Silvio Berlusconi, ma anche ad incontri a pagamento in alcuni alberghi del capoluogo partenopeo. Le telefonate rivelano i legami della ragazza con politici, dirigenti della televisione, manager, in una ricerca continua di soldi e successo. Ma fanno soprattutto emergere il filo che porta fino alla scuderia di Lele Mora, della quale Tommasi fa parte da anni, e a Fabrizio Corona. È V. S., conosciuto come «Bartolo» e indagato per un traffico di euro falsi oltre che per induzione alla prostituzione, l’uomo che si occupa di «gestire» la ragazza in città in cambio di una mediazione di mille euro a volta. Lui lavora nel settore della pubblicità, ha contatti frequenti con Corona e con lui parla anche dello smercio di banconote fasulle. Lei nelle telefonate con lo stesso Bartolo e con altri amici racconta invece che cosa avviene ad Arcore, parla di «Lele» , svela che «lui ci stordisce, ci mette delle cose nei bicchieri» . E così fornisce riscontro a quanto è già contenuto nel fascicolo avviato dai magistrati di Milano. Non a caso entro un paio di giorni ci sarà un incontro tra i pubblici ministeri delle due città per uno scambio di atti e per la messa a punto di una strategia comune in vista di un interrogatorio della giovane che dovrebbe essere fissato al più presto.

Le richieste al ministro e ai dirigenti della tv
Sara Tommasi— che è stata ad Arcore pure insieme a Ruby in occasione della visita di Vladimir Putin il 25 aprile scorso — spediva sms a Silvio Berlusconi ma nelle trascrizioni non c’è traccia di risposte da parte del Capo del governo. L’attrice appare invece più pressante con il ministro della Difesa Ignazio la Russa, al quale telefona svariate volte. Ma anche con il fratello del premier, l’imprenditore Paolo Berlusconi. Le intercettazioni mostrano i contatti della ragazza con l’europarlamentare del Pdl Licia Ronzulli, che alle feste di Arcore era una habitué tanto da essere stata indicata come una delle organizzatrici, anche perché legata alla consigliera regionale della Lombardia Nicole Minetti. Ma poi l’attrice cerca pure strade per ottenere comparsate in televisione, si rivolge a Fabrizio del Noce e a Massimo Giletti. E a Bartolo chiede di organizzarle appuntamenti in Campania. «Io non voglio più essere nel giro del presidente — confida al telefono a un amico —, voglio muovermi autonomamente» .

Le sostanze di Lele «che ci stordisce»
I racconti sulle feste di Berlusconi si intrecciano su quelli di altre serate alle quali Tommasi partecipa. Quando l’amico le chiede che cosa abbia combinato a Milano Marittima, lei quasi si giustifica: «Non sai mai Lele che cosa ti mette nel bicchiere, però dopo rimani stordita» . L’abitudine di sciogliere sostanze nelle bevande era già emersa nell’inchiesta avviata dai magistrati di Bari sul reclutamento di ragazze da parte dell’imprenditore Gianpaolo Tarantini. Nei colloqui intercettati si raccontava come Eva Cavalli, moglie dello stilista, si sarebbe sentita male mentre era ospite dello stesso Tarantini in Sardegna. Lui provò a smentire questa circostanza durante uno dei suoi interrogatori: «Non corrisponde al vero — dichiarò — il fatto che io abbia versato lo stupefacente "MD"nel bicchiere di Eva Duringer a sua insaputa. Ammetto di averne parlato con tale Pietrino ma escludo che dal tenore della conversazione possa evincersi una qualsiasi mia eventuale ammissione. Posso aggiungere che scherzosamente la stessa Eva Cavalli mi chiese, qualche tempo dopo, se io le avessi versato qualche sostanza stupefacente nel suo bicchiere. Ma io le risposi che non mi sarei mai permesso di fare un gesto simile» .

La convocazione di Sara davanti ai magistrati
Nei prossimi giorni i pubblici ministeri Marco Del Gaudio e Antonello Ardituro interrogheranno la Tommasi come testimone. Ed è possibile che all’incontro partecipi anche un pubblico ministero di Milano. L’ultimo incontro organizzato da Bartolo per l’attrice risale a una decina di giorni fa: appuntamento in un hotel alla periferia di Napoli con un guadagno per lui di 1.000 euro. Sono state le intercettazioni a rivelarlo e il riscontro è arrivato dagli accertamenti svolti dalla polizia. Così è scattata per il «mediatore» l’accusa di induzione alla prostituzione. Di questo dovrà parlare la ragazza, ma anche del ruolo di Lele Mora, visto che quanto lei stessa ha raccontato nelle telefonate — e confermato ieri in dichiarazioni a Radio2 — avvalora le contestazioni della Procura di Milano proprio a Mora, sospettato di essere uno dei «reclutatori» delle feste di Arcore insieme al giornalista di Mediaset Emilio Fede e alla consigliera Minetti.

E sulle foto si apre l’asta
Potrebbe invece cambiare la posizione di Corona: da testimone a indagato, visto che parlava con Bartolo degli euro falsi da immettere sul mercato e potrebbe essere stato a conoscenza degli appuntamenti organizzati negli alberghi per la Tommasi. Le sue dichiarazioni su «foto di Berlusconi nudo che la malavita sta trattando» non trovano alcuna conferma e vengono interpretate come un tentativo di avvelenare il clima. Si sa invece che il fratello di Roberta, la giovane che per il Capodanno del 2008 trascorse una decina di giorni a Villa Certosa con l’amica Noemi Letizia, avrebbe messo all’asta foto delle due ragazze— all’epoca diciassettenni — in posa con il premier. Nulla di sconveniente, ma le indiscrezioni su immagini compromettenti avrebbero comunque fatto salire le quotazioni. E in ogni caso nessuno può escludere che altre istantanee siano in giro, custodite dalle stesse ragazze napoletane o dalle aspiranti starlette che erano assidue frequentatrici delle feste del presidente del Consiglio.

Fulvio Bufi, Fiorenza Sarzanini

08 febbraio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - corriere.it/cronache/11_febbraio_08
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« Risposta #94 inserito:: Febbraio 22, 2011, 03:58:44 pm »


L'allarme - La Farnesina valuta di rimpatriare gli italiani

Il Viminale e i timori per la Libia «Rischio invasione di clandestini»

Se Tripoli non tiene, centinaia di migliaia pronti a sbarcare

ROMA - Il rischio di un esodo che potrebbe ben presto trasformarsi in invasione è ben chiaro agli specialisti del Viminale. Perché quanto accaduto nei giorni scorsi con gli sbarchi dei tunisini diventerebbe un'inezia se le autorità libiche decidessero di sospendere i controlli nei porti e sulle spiagge dove continuano ad ammassarsi gli stranieri provenienti da tutta l'Africa subsahariana. Centinaia di migliaia di persone che non aspettano altro se non riuscire ad abbandonare quelle terre e attraversare il Mediterraneo per arrivare in Italia e poi nel resto d'Europa. Lo sa bene il ministro dell'Interno Roberto Maroni, in costante contatto con l'ambasciatore in Italia Abdulhafed Gaddur. Una preoccupazione che si somma a quella per la sorte degli italiani residenti in Libia. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha chiesto la verifica costante delle presenze per poter valutare - come ha già fatto la Turchia - anche l'ipotesi di predisporre il rimpatrio di chi vuole rientrare.

«Prospettiva che inquieta»
Lo «sconsiglio» comparso sul sito web della Farnesina dedicato a chi viaggia evidenzia le «situazioni di specifica criticità segnalate in Cirenaica, regione al confine con l'Egitto» e invita a non effettuare «qualsiasi viaggio non essenziale nell'area». Ma ben più esplicito è l'ultimo report trasmesso al ministro dall'Unità di crisi perché, pur sottolineando come a Tripoli il clima sia al momento ancora «tranquillo», specifica la «problematica situazione della Cirenaica» ed evidenzia come sia «la prospettiva che inquieta». Per questo rende conto dei «contatti costanti con l'ambasciata per la valutazione dei diversi possibili scenari relativi alla comunità italiana, avendo già esaminato specifiche iniziative di tutela diretta per chi si trova nella zona di Bengasi».
Protezione mirata, dunque, non escludendo la possibilità di trasferire chi si trova nella zona degli scontri. Una nota ufficiale dell'Eni - che in Libia ha numerosi impianti e soprattutto moltissimi dipendenti - assicura che «al momento non si registra alcun tipo di problematica e la produzione continua, ma monitoriamo costantemente la situazione e seguiamo con attenzione gli sviluppi». La maggior parte dei lavoratori vive in una zona residenziale di Tripoli protetta da servizi costanti di vigilanza e dove finora non c'è stato alcun problema. Gli altri - assicura la società - sono comunque al sicuro. Ma le disposizioni date da Roma e condivise dall'ambasciatore Vincenzo Schioppa prevedono la possibilità di ottenere il rimpatrio immediato qualora la situazione dovesse degenerare anche nella capitale.

Il rispetto del Trattato
Proprio a Bengasi fu firmato il «Trattato di amicizia» tra Italia e Libia che - in cambio di numerose concessioni economiche e politiche al regime del Colonnello - impegna i libici a monitorare le coste per impedire le partenze dalla zona nord del Paese, lì da dove sono sempre salpati gli scafisti con mezzi carichi di immigrati. Due giorni fa il ministro Roberto Maroni ha incontrato l'ambasciatore Gaddur e gli ha rinnovato la preoccupazione per quanto può accadere qualora la sorveglianza venga allentata. Un'eventualità che il diplomatico, ritenuto uno dei fedelissimi di Gheddafi ha escluso, assicurando come le autorità «continuano ad avere il controllo della situazione». In realtà i vertici degli apparati di intelligence e dunque anche i responsabili del settore immigrazione temono l'effetto domino che, come già accaduto in Tunisia e in Egitto, potrebbe portare a un ampliamento della rivolta e dunque a un'assenza di controlli. La conseguenza è ben chiara. Basti pensare che, secondo i dati ufficiali forniti dallo stesso Maroni nell'ottobre scorso, «dopo gli accordi con la Libia gli sbarchi sull'isola di Lampedusa sono diminuiti del 98 per cento. Sono infatti passati dai 37.000 del 2009 a 404 del 2010». Un trend positivo che con l'arrivo della bella stagione e con l'eventuale via libera da Zwara e dalle altre località costiere alle partenze potrebbe subire presto un'inversione. Non a caso dal Dipartimento dell'Immigrazione è partita la richiesta per un monitoraggio costante dell'area dove in questi mesi gli extracomunitari sono comunque arrivati. Hanno attraversato il deserto e sono rimasti nell'attesa di trovare comunque un modo per aggirare i controlli e provare a partire, semmai seguendo una rotta alternativa a quella che porta in Sicilia. E dunque puntando verso la Calabria, la Sardegna o addirittura verso Grecia e Turchia per poi muoversi con altri mezzi verso l'Italia e il nord Europa.

Fiorenza Sarzanini

20 febbraio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - corriere.it/politica
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« Risposta #95 inserito:: Febbraio 22, 2011, 04:04:49 pm »

IL VIMINALE

«Unità di crisi aperta all'opposizione»

Maroni appoggia la richiesta di Casini.

Maxi-tendopoli in Sicilia per gestire gli sbarchi


ROMA — Il piano di emergenza che in queste ore viene messo a punto al Viminale è quello che prevede lo scenario peggiore. Perché in Libia vivono da tempo oltre un milione di clandestini provenienti da altri Paesi della regione e il crollo del regime di Gheddafi potrebbe spingere molti di loro a mettersi in viaggio verso l’Europa e dunque sulla rotta che passa per l’Italia. Il clima di tensione che si respira nel nostro Paesetrova conferma quando la Difesa decide di alzare il livello di allerta nelle basi dell’aeronautica, mentre l’Interno coordina gli interventi di sicurezza in collegamento con l’Unione Europea. Ma la trova soprattutto nella decisione del ministro dell’Interno Roberto Maroni di appoggiare la richiesta del leader Udc Pierferdinando Casini per la creazione di una «unità di crisi» aperta ai partiti dell’opposizione. I due ne avrebbero parlato in colloquio telefonico e stasera la questione sarà affrontata nella riunione convocata a palazzo Chigi.

Schierati aerei e flotta navale
Il sistema di controllo sulla costa libica è già saltato, il contingente della Guardia di Finanza che fino a qualche giorno fa pattugliava porti e spiagge insieme ai poliziotti locali è stato trasferito presso l’ambasciata italiana a Tripoli. Gli ufficiali di collegamento che sono ancora operativi hanno comunicato di non avere più interlocutori con i quali trattare. Vuol dire che non c’è più alcuna vigilanza e dunque bisogna riorganizzare il sistema di sorveglianza con i mezzi navali e con gli aerei. Perché le notizie arrivate ieri in serata— sia pur non controllate — parlavano di decine di barconi pronti a salpare appena le condizioni del mare lo consentiranno. Non a caso si è deciso di mobilitare la nave Marina Elettra dotata di un particolare sistema radar e di controllo tecnologico che consente l’intercettazione delle comunicazioni. Fino a ieri sera era nel porto di La Spezia, ma nelle intenzioni dei vertici militari c’è quella di farla salpare con a bordo le unità speciali di contrasto all’immigrazione clandestina, in grado di fronteggiare l’arrivo dei pescherecci e dei barconi carichi di migranti.

Il finanziamento da 100 milioni di euro
Era stato proprio Maroni — di fronte al precipitare della situazione in Libia — a sollecitare Silvio Berlusconi a convocare con urgenza un vertice interministeriale. In primo piano c’è l’emergenza immigrazione, ma ci sono anche le ripercussioni di questa crisi sull’economia italiana. «Rischiamo di fare la fine di Costantinopoli» , ha sottolineato il titolare dell’Interno illustrando al presidente del Consiglio i pericoli provenienti dalle rivolte che infiammano l’intero Maghreb. E non celando i propri timori per il fermento di quell’area islamista che, secondo numerosi esperti, si muove per fomentare e per cercare di orientare i movimenti popolari. Sabato scorso, mentre in Cirenaica esplodevano le proteste, il prefetto Rodolfo Ronconi, responsabile del Dipartimento Immigrazione del Viminale, ha presieduto la riunione con i responsabili degli Affari Internazionali della commissione europea per mettere a punto il piano di intervento in mare. L’Italia ha già schierato i mezzi navali della Marina, della Finanza e della Guardia Costiera e quelli aerei per la sorveglianza dall’alto. Ora scatta la missione Frontex, ma anche questo potrebbe non bastare tenendo conto che la Tunisia e l’Egitto non sono affatto pacificate e pure il Marocco appare in fermento. L’Italia ha chiesto alla Ue un finanziamento da 100 milioni e domani Maroni rinnoverà questa esigenza nell’incontro a cinque che precede la riunione dei ministri dell’Interno dei 25 Stati membri dell’Unione prevista giovedì a Bruxelles.

Caserme e tendopoli per migliaia di posti
Il vertice di domani al Viminale coinvolgerà Francia, Grecia, Cipro e Malta, direttamente coinvolti insieme alla Spagna nella nuova ondata migratoria che arriva dall’Africa. Maroni comunicherà quanto è già stato deciso di fare in Italia per essere pronti a gestire le migliaia di extracomunitari che potrebbero arrivare nei prossimi giorni e quelli che sono già approdati dopo essere partiti dalla Tunisia. Al momento viene confermata la scelta di farli rimanere in Sicilia: la Protezione Civile ha trasferito il materiale per allestire tendopoli in varie aree e così «sfollare» il centro di accoglienza di Lampedusa e soprattutto l’intera isola ormai occupata da migliaia di migranti. I Cie e le altre strutture italiane hanno una capienza complessiva di oltre 6.000 persone, ma si punta ad avere almeno altrettanti posti e dunque si devono individuare le aree dove creare i villaggi. Una soluzione estrema che però non viene affatto esclusa, tenendo conto della gravità delle informazioni che arrivano dalla Libia e più in generale dal Nordafrica. Chi chiede asilo dovrebbe invece essere alloggiato nel Villaggio degli Aranci a Mineo, in provincia di Catania, anche se il Cir, Consiglio Italiano per i Rifugiati, ha chiesto ieri al ministro di valutare un’ipotesi alternativa nel timore che «in una struttura così grande si perda il controllo della situazione» . La scelta definitiva dovrebbe essere fatta oggi, inserita in un progetto complessivo che si muove seguendo le regole previste dallo stato di emergenza umanitaria decretato nei giorni scorsi. Un piano da sottoporre all’Unione Europea dove Maroni ribadirà che l’Italia non è in grado di fronteggiare da sola «una situazione che rischia di trasformarsi in una catastrofe per tutto il nostro continente» .

Fiorenza Sarzanini

22 febbraio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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« Risposta #96 inserito:: Febbraio 27, 2011, 05:45:19 pm »

A Napoli

I pm Woodcock e Curcio indagano su una presunta associazione segreta

Manager e politici, sospetti su una loggia Nell'inchiesta sfilano testimoni eccellenti

Il ruolo di Bisignani e di un carabiniere mai rientrato dall'Africa


ROMA - È arrivata a popolarsi di «testimoni eccellenti» l'inchiesta della Procura di Napoli su una presunta associazione segreta ribattezzata P4, costituita per «interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale».

Nei giorni scorsi i pubblici ministeri Francesco Curcio e Henry John Woodcock hanno ascoltato come persona informata sui fatti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. E sono andati a sentire il presidente del Copasir, comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, Massimo D'Alema. Al quale hanno chiesto conto di alcuni lavori dell'organismo che controlla l'operato dei servizi segreti; dopo che è arrivata una formale richiesta, il Copasir ha trasmesso gli ordini del giorno della sua attività. Ancora, fra le persone interrogate c'è Italo Bocchino, il vicepresidente di Futuro e Libertà, la nuova formazione politica creata da Gianfranco Fini, per provare a chiarire alcune vicende legate alla cosiddetta «macchina del fango» da lui più volte denunciata, e i mancati finanziamenti al giornale Roma, di cui è editore. E dopo Bocchino è toccato al direttore generale della Rai Mauro Masi.

Intelligence e politica
Sembra dunque un'azione complessa e a vasto raggio quella dispiegata dai magistrati napoletani, destinata a proseguire nelle prossime settimane anche attraverso l'analisi del materiale sequestrato nelle perquisizioni disposte di recente. Uno dei principali personaggi intorno al quale ruota l'indagine napoletana è Luigi Bisignani, manager e uomo d'affari dalle importanti relazioni politiche ed economiche, considerato molto vicino a uomini di governo, dirigenti dei servizi segreti (fra i testimoni ascoltati a dicembre c'è anche il direttore dell'Agenzia informazione e sicurezza esterna, l'ex Sismi, Andriano Santini) e di enti pubblici strategici, come l'Eni. Nella settimana che s'è appena conclusa gli investigatori sono andati a cercare elementi utili all'inchiesta nelle case e negli uffici dell'autista, della segretaria e della madre di Bisignani.

Tra i nomi che compaiono agli atti dell'inchiesta c'è pure quello del deputato del Pdl Alfonso Papa, ex magistrato ed ex vice-capo di gabinetto del ministero della Giustizia quando Guardasigilli era il leghista Roberto Castelli. Dopo che il suo nome è comparso sui giornali, Papa s'è lamentato di essere vittima di violazioni delle sue prerogative parlamentari, e l'attuale sottosegretario alla Giustizia Elisabetta Alberti Casellati ha annunciato a Montecitorio la richiesta di accertamenti da parte del ministro Alfano. Il procuratore di Napoli Lepore ha già risposto «nei limiti della riservatezza imposta dal segreto investigativo», come ha pubblicamente spiegato aggiungendo: «Non abbiamo mai perseguitato nessuno, e non guardiamo in faccia nessuno; se sono stati consumati reati essi vanno perseguiti, se non ci sono stati ci saranno proscioglimenti o archiviazioni».

Istituzioni e «affari»
La composizione della presunta associazione segreta e le sue concrete attività e finalità non sono ancora state svelate dagli inquirenti. Il procedimento, di cui ha dato anticipazione un paio di mesi fa Il fatto quotidiano, è nella fase preliminare e non ha manifestato i suoi esatti contorni. Ma qualcosa è trapelato con il coinvolgimento di un maresciallo dei carabinieri in forza alla sezione anticrimine dei carabinieri di Napoli, Enrico la Monica. Il sottufficiale è uno degli indagati per violazione della legge Anselmi (quella che vieta, appunto, la costituzione di società segrete come la Loggia P2 di Licio Gelli), associazione a delinquere e concorso in rivelazione di segreto d'ufficio. A dicembre sono scattate le perquisizioni nei confronti suoi e di altre tre persone a lui legate. La Monica doveva rientrare da un viaggio in Senegal ma non è mai atterrato all'aeroporto di Fiumicino dove lo attendevano alcuni suoi colleghi dell'arma e della Guardia di Finanza; da allora non è tornato nemmeno in servizio, inviando certificati medici.

Il carabiniere, che aveva in animo di essere arruolato nei servizi segreti, è accusato di far parte di un «sodalizio criminoso, unitamente ad altri esponenti delle istituzioni dello Stato e del "mondo degli affari", costituito e mantenuto in vita allo scopo di commettere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia». Sul conto di La Monica c'è il sospetto che abbia rivelato «in più occasioni, notizie coperte da segreto, anche attinte da altri appartenenti all forze dell'ordine». Tra le persone «legate» al carabiniere e perquisite alla ricerca di elementi di prova c'è pure Valter Lavitola editore e direttore del giornale Avanti! che s'è particolarmente distinto nella ricerca di notizie su chi si nasconde dietro le società off-shore proprietarie della casa di Montecarlo venduta da Alleanza nazionale e abitata dal cognato di Gianfranco Fini.

L'attività di dossieraggio
I pubblici ministeri napoletani sembrano sicuri della loro ipotesi d'accusa. E nel decreto di perquisizione a La Monica, Lavitola e altre due persone (tra cui un pregiudicato napoletano titolare di punti vendita di «schede telefoniche "coperte" ed illegali utilizzate dal sodalizio» nel tentativo di evitare intercettazioni) affermano di aver individuato «un articolato meccanismo illecito riconducibile a taluni soggetti impegnati nella gestione di un sistema preordinato alla acquisizione illegale e alla gestione, per scopi e finalità diversi e lontani da quelli istituzionali, di notizie riservate e secretate inerenti, tra l'altro, anche delicati procedimenti penali in corso». È la descrizione di un'attività di «dossieraggio» o diffusione di notizie allo scopo di screditare o delegittimare gli «obiettivi» prescelti. Secondo i magistrati «quello che emerge dalle indagini appare e si delinea come un vero e proprio "sistema parallelo" e surrettizio gestito sia da soggetti formalmente estranei alle istituzioni pubbliche e alla pubblica amministrazione sia, invece, da soggetti espressione delle istituzioni dello Stato». Tutto queste emergerebbe soprattutto dalle numerosissime intercettazioni telefoniche realizzate negli ultimi mesi. E proprio da una di queste è scaturito il frammento d'indagine che riguarda le attività del Copasir, sulle quali due interlocutori esprimevano forti preoccupazioni per le conseguenze che avrebbero potuto avere su persone «amiche». Di qui l'interesse per i lavori del comitato di controllo sui servizi segreti.

Giovanni Bianconi, Fiorenza Sarzanini

27 febbraio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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« Risposta #97 inserito:: Marzo 20, 2011, 03:19:38 pm »

I missili libici hanno una gittata di 300 chilometri e quindi non arrivano neanche a Lampedusa

Che cosa rischia l'Italia

Missili, armi chimiche e azioni isolate: tutte le incognite della vendetta del Raìs

 
ROMA - L'incognita adesso riguarda la potenza militare del regime di Gheddafi. Perché alcuni analisti e lo stesso presidente Silvio Berlusconi affermano pubblicamente che i missili a disposizione non hanno la gittata sufficiente per raggiungere il suolo italiano.
Ma in realtà nessuno è in grado di fornire certezze sugli armamenti accumulati dopo la revoca dell'embargo e dunque sull'eventualità che il Colonnello sia in grado di colpire Lampedusa, Linosa e addirittura arrivare fino a Pantelleria. Del resto gli accordi economici stretti negli ultimi anni da numerosi Stati occidentali riguardano anche l'industria bellica, però non esiste una lista ufficiale delle apparecchiature consegnate. Gli apparati di sicurezza sono in regime di massima allerta e nessuna ipotesi viene scartata quando si analizzano le possibili «ritorsioni» già annunciate dal Raìs contro quegli Stati che gli hanno voltato le spalle, in testa proprio il nostro Paese. Non rassicura il fatto che nel suo proclama di ieri Gheddafi abbia minacciato esplicitamente soltanto Francia e Gran Bretagna. Perché il conto con l'Italia non appare affatto chiuso, soprattutto tenendo conto delle promesse che gli erano state fatte per ottenere la firma al Trattato di Amicizia e così bloccare i flussi dell'immigrazione clandestina.

Allerta alle frontiere di terra e mare
Un dispositivo particolare è scattato a protezione delle ambasciate e più in generale di tutte le sedi diplomatiche degli Stati coinvolti nei raid, così come sempre avviene in caso di una crisi internazionale tanto grave. Non risulta che i servizi di intelligence abbiano trasmesso al governo segnalazioni specifiche su possibili azioni progettate sul territorio. Ma due anni fa nessuno previde che Mohamed Game, cittadino libico residente da anni in Italia, si sarebbe fatto esplodere di fronte alla caserma Santa Barbara di Milano per protesta «contro il governo e Silvio Berlusconi responsabile della politica estera». Ed è proprio un eventuale gesto isolato ad allarmare, come è stato ribadito due giorni fa durante la riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza convocato al Viminale dal ministro dell'Interno Roberto Maroni.

La circolare firmata dal capo della polizia Antonio Manganelli e indirizzata a prefetti e questori al momento si limita a sollecitare «la massima attenzione per gli obiettivi sensibili e soprattutto per le frontiere marittime e terrestri», ma la decisione di convocare in maniera permanente il Comitato di analisi strategica conferma le preoccupazioni relative all'evolversi di «una situazione di guerra che può diventare simile all'Iraq e all'Afghanistan però questa volta in un Paese che si trova a poche centinaia di miglia da noi». In queste ore si cerca di scoprire se negli arsenali del Raìs ci siano armi chimiche. Le voci sono contrastanti, ma è pur vero che l'analisi su quanto stava accadendo nel Paese è apparsa da tempo carente se si tiene conto che nessun servizio segreto occidentale aveva previsto che cosa sarebbe accaduto in Libia: né la rivolta degli oppositori partita dalla Cirenaica, né tantomeno la capacità di Gheddafi di riconquistare la maggior parte del Paese come ha mostrato di poter fare negli ultimi giorni, prima della risoluzione dell'Onu di due giorni fa che ha deciso l'intervento militare a protezione della popolazione.

La rete degli ambasciatori
Per cercare di raccogliere il maggior numero di informazioni i servizi di intelligence occidentale si affidano dunque a quegli ambasciatori libici che il 21 febbraio hanno deciso di abbandonare il regime e schierarsi con i ribelli. Un documento congiunto diramato quattro giorni dopo si rivolgeva al «popolo in lotta» con un messaggio esplicito: «Popolo nostro, in questi momenti noi siamo con te, noi non ti abbandoneremo e ci impegneremo al massimo per servirti come soldati leali al servizio dell'unità nazionale, della libertà e della sicurezza. Noi rimarremo al nostro posto per servire il nostro popolo nei Paesi in cui siamo, nei quali rappresentiamo il popolo libico. Dio abbia misericordia dei martiri del popolo libico». Firme di spicco erano quelle del rappresentante diplomatico in Italia Hafed Gaddur, quello all'Onu Abdurrahman Shalgam che con Gheddafi era stato anche ministro degli Esteri, entrambi ritenuti fedelissimi del Colonnello.
La nota era stata sottoscritta anche dai loro colleghi in Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania, Grecia e Malta. Adesso sono tutti loro a poter fornire un aiuto prezioso per comprendere dove e come possa essere indirizzata la vendetta di Gheddafi. Il pericolo maggiore riguarda gli italiani e gli altri occidentali che si trovano ancora in Libia e potrebbero essere catturati per essere utilizzati poi come merce di scambio o comunque in un'azione di propaganda contro l'Occidente. Ma la paura per quanto potrà accadere ormai supera i confini dello Stato africano.

Fiorenza Sarzanini

20 marzo 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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« Risposta #98 inserito:: Marzo 23, 2011, 04:51:56 pm »

Il caso del rimorchiatore in mano ai libici: si tratta di un messaggio agli italiani

L'intelligence : è la prima ritorsione

Si è temuto che l'obiettivo potesse essere quello di prendere la piattaforma costruita sul giacimento di Bouri


ROMA - L'ipotesi peggiore, quella più temuta dagli apparati di sicurezza adesso è realtà. Perché il sequestro degli otto italiani da parte di alcuni militari libici armati imbarcati sul rimorchiatore «Asso 22» dimostra che le minacce di Gheddafi erano concrete. E questa potrebbe essere soltanto la prima ritorsione messa in atto dal Colonnello per vendicarsi della scelta del nostro Paese di partecipare all'intervento militare contro la Libia. Quando alle 14.30 di ieri il mezzo navale lascia il porto di Tripoli e fa rotta verso il giacimento di Bouri, si comprende che l'obiettivo finale potrebbe essere l'assalto alla piattaforma dell'Eni utilizzata fino a qualche settimana fa per l'estrazione del petrolio. Dunque, l'inizio di una estenuante e drammatica trattativa per ottenere il rilascio dei prigionieri. L'intervento della Marina Militare che fa alzare in volo un elicottero serve a far invertire la rotta, ma questo non risolve la questione. Anche perché fino a tarda notte non è chiaro quale possa essere la destinazione finale scelta dai militari.

Non ci sono rivendicazioni, ufficialmente nessuna richiesta viene fatta pervenire alle autorità italiane. Anzi. L'ordine di spegnere le comunicazioni bordo-terra fa ben comprendere come i militari che hanno catturato i nostri connazionali non abbiano alcuna intenzione di avviare un dialogo. E infatti con il trascorrere delle ore ministero degli Esteri e della Difesa concordano sulla necessità di far calare il silenzio sulla vicenda, sperando che la strada della riservatezza porti a qualche risultato concreto. Le notizie ottenute sono frammentarie, spesso difficili se non impossibili da verificare visto che l'ambasciata italiana è stata chiusa e il personale è stato rimpatriato prima dell'avvio dei raid. Anche gli uomini dell'intelligence risulta che abbiano ripiegato verso Bengasi tanto che il titolare della Farnesina Franco Frattini conferma di aver «chiesto alla Turchia, che in questo momento sostiene i nostri interessi in Libia, di compiere un passo ufficiale nei confronti del governo locale».
Ci si affida ai radar e al pattugliatore «Borsini» della Marina Militare che si trova in zona, sia pur a una distanza di sicurezza, per cercare di seguire la rotta di «Asso 22». Perché in questi casi è comunque indispensabile non perdere la localizzazione dell'imbarcazione e dunque essere pronti a intervenire qualora la situazione rischi di degenerare. Ufficialmente sulla piattaforma Eni ci sono soltanto una ventina di libici. «Il personale italiano - dichiara il portavoce dell'Ente - è stato rimpatriato circa tre settimane fa e l'impianto è stato messo in sicurezza». E allora perché i militari sono saliti a bordo e hanno impiegato un giorno di navigazione per raggiungerlo?

Per capire quali siano le loro reali intenzioni bisognerà attendere le prossime mosse. Non è escluso che una volta approdati decidano di lasciare liberi gli otto italiani. Ma l'irruzione sul rimorchiatore e la scelta di tenere prigionieri i marinai - anche se l'azione dovesse risolversi entro poche ore - rappresenta comunque un segnale preciso, manda un messaggio chiaro: l'Italia è il nemico e può essere colpito. Nella lista degli avversari di Gheddafi il nostro Paese è ormai in cima e questo preoccupa gli apparati di sicurezza, al di là delle dichiarazioni ufficiali che invitano a non avere paura. Anche perché i libici hanno informazioni privilegiate sul nostro Paese che derivano proprio dalla collaborazione strettissima - soprattutto dal punto di vista economico - che ha funzionato fino a un mese fa. E dai rapporti personali tra il Colonnello e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ma anche tra l'establishment libico e i politici di tutti gli schieramenti, destra e sinistra, che in alcuni casi hanno addirittura ostentato e rivendicato l'amicizia con il Raìs.

Oltre alle «commesse» milionarie ottenute dalle aziende italiane, per capire quanto fosse continua questa cooperazione basti pensare che la concessione della piattaforma di Bouri è affidata alla «Mellita Oil and Gas», società a capitale misto libico-italiano. Rapporti che ormai appaiono definitivamente chiusi e questo - concordano gli analisti - mette in serio pericolo il nostro Paese, lo espone a ritorsioni che al momento appaiono difficili da prevedere anche se i timori riguardano il sequestro di connazionali in territorio libico e possibili azioni di terrorismo su suolo italiano. Non a caso il Viminale ha intensificato le procedure di controllo sui barconi che arrivano dall'area del Maghreb e approdano a Lampedusa, ma anche sulle persone che entrano in Italia attraverso le frontiere terrestri e aeree. «Scatenerò l'inferno», ha minacciato il Raìs e l'Occidente si prepara a fronteggiare il peggio.

Fiorenza Sarzanini
21 marzo 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/esteri/11_marzo_21/Intelligence-allerta-sarzanini_78553818-5389-11e0-9775-d7937a6c081d.shtml
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« Risposta #99 inserito:: Marzo 30, 2011, 05:59:11 pm »

LAMPEDUSA

Il governo tratta con Tunisi: mille rimpatri entro domenica

Il piano: gli altri clandestini in Sicilia, Toscana e Basilicata

ROMA - Il governo adesso prende tempo e pensa al rimpatrio dei tunisini che ancora si trovano a Lampedusa. I tecnici del Viminale ribadiscono le difficoltà di procedere con i respingimenti di massa, così come aveva ipotizzato il ministro dell'Interno Roberto Maroni e come vorrebbe la Lega. E dunque è possibile che almeno una nave faccia rotta verso Tunisi, ma soltanto se arriverà il via libera delle autorità locali. La trattativa è in corso, mediazione affidata al finanziere Tarak Ben Ammar che già venerdì scorso - durante la visita dello stesso Maroni e del titolare della Farnesina Franco Frattini - aveva rivestito il ruolo di negoziatore così come gli era stato richiesto dal premier Silvio Berlusconi. Intanto si cercherà di sfollare Lampedusa trasferendo gli stranieri senza permesso nei centri provvisori che proprio in queste ore si stanno allestendo in Sicilia, ma anche in Toscana e Basilicata. Campi creati all'interno delle basi messe a disposizione dalla Difesa che diventeranno tredici entro la prossima settimana.

La scansione delle prossime mosse viene decisa durante una riunione che si tiene in serata al Viminale, prima che il ministro vada a palazzo Chigi per incontrare il presidente del Consiglio. L'impatto che questa vicenda può avere - soprattutto a livello mediatico - non sfugge agli esponenti del governo e dunque si cerca di trovare una soluzione veloce tenendo conto delle polemiche che riguardano proprio i ritardi nel risolvere la situazione di Lampedusa, ridotta ormai allo stremo. Ma sospendendo, almeno al momento, quelle azioni di forza che potrebbero aprire un nuovo fronte internazionale con uno scontro diplomatico, anche perché lo stesso ministro dell'Interno tunisino ha fatto sapere che i controlli sulle coste sono stati ripristinati e questo dovrebbe fermare o quantomeno rallentare i flussi migratori.

L'accordo che già questa mattina potrebbe diventare operativo, prevede che in Tunisia vengano rimpatriate subito alcune centinaia di persone per arrivare a mille entro la fine della settimana. Intanto entro venerdì altri 5.200 stranieri troveranno posto nei centri provvisori e lì scatterà la procedura per l'identificazione e poi l'espulsione proprio come sta avvenendo con gli altri 12.000 tunisini che erano già stati portati via da Lampedusa e trasferiti nei Cie.

Il trattato bilaterale tuttora in vigore con Tunisi impone all'Italia di rimpatriare non più di quattro persone ogni giorno, ma in queste ore è stato sottolineato come questo numero fosse sufficiente quando le rotte erano state chiuse con i pattugliamenti marittimi, certamente non adesso. E dunque è proprio sulla base delle nuove esigenze derivate dalla crisi dei Paesi del Maghreb e dalla guerra in Libia che si chiede una collaborazione delle autorità locali in cambio degli aiuti allo sviluppo nel settore del turismo e della consegna di mezzi e apparecchiature per un totale che sfiora i 300 milioni di euro.

Questa mattina tornerà a riunirsi l'unità di crisi e poi Maroni incontrerà i presidenti delle Regioni che dovranno accogliere i profughi che arriveranno dalla Libia. È un'eventualità, la vera emergenza adesso riguarda chi è senza il permesso di soggiorno ma non ha diritto a ottenere lo status di rifugiato. Per l'evacuazione dell'isola sono già stati potenziati i contingenti di polizia, carabinieri e finanzieri non escludendo che ci sia chi si rifiuta di imbarcarsi e che possano esserci atti di protesta. Una procedura che potrebbe richiedere molte ore, anche se le disposizioni prevedono lo «sfollamento» completo entro la serata.

Fiorenza Sarzanini

30 marzo 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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« Risposta #100 inserito:: Giugno 01, 2011, 06:15:25 pm »

Napoli L'inchiesta su un giro di prostituzione. «Ma io non sono una escort»

«Ecco i miei rapporti con i politici»

Interrogata la showgirl Tommasi

Ha confermato di essere salita su un'auto della scorta del premier. Palazzo Chigi aveva smentito


NAPOLI - Si presenta in jeans e scarpe da ginnastica, forse sperando di non essere riconosciuta. Ed effettivamente sembra assai diversa dalla ragazza appariscente vista sui giornali o in televisione, lontana da quella immagine di giovane svampita che ha spesso dato di sé. Perché di fronte ai magistrati napoletani Sara Tommasi appare determinata a raccontare che cosa è accaduto nell'ultimo anno, quando si è trovata coinvolta in un giro di prostituzione ed è stata «gestita» da alcuni personaggi napoletani in contatto con Lele Mora e Fabrizio Corona, accusati di averle procurato incontri a pagamento con imprenditori campani. Uno in particolare, Vincenzo Seiello, detto «Bartolo». Sono state le intercettazioni telefoniche a rivelarlo, consentendo poi di ricostruire anche i rapporti che la showgirl, diventata nota dopo la partecipazione all'Isola dei Famosi, intratteneva con alcuni politici. E la sua partecipazione alle feste di Arcore.

Tommasi arriva a palazzo di giustizia poco dopo l'ora di pranzo, accompagnata dall'avvocato Antonio Cozza che l'assiste insieme a Nicodemo Gentile. E nella stanza dei pubblici ministeri rimane oltre tre ore. «Non sono una escort», premette. Ma poi accetta di parlare dei suoi rapporti con i politici, «con quelle persone importanti che mi hanno aiutato ad entrare nel mondo dello spettacolo», lei che per svariati anni è stata nella scuderia di Mora. Nelle trascrizioni delle telefonate ci sono le conversazioni con il fratello del presidente del Consiglio, Paolo Berlusconi, e i rapporti intimi con il direttore di Raifiction Fabrizio Del Noce. Ma anche un colloquio con il ministro della Difesa Ignazio La Russa che la liquida in modo sbrigativo mentre lei lo chiama «amore». E poi i quindici sms inviati allo stesso premier Berlusconi dove si alternano parole di affetto a veri e propri insulti.

Non nega Sara Tommasi queste sue frequentazioni e anzi entra nei dettagli, cerca di ricostruire ogni appuntamento. Non si sottrae quando le viene chiesto di ricostruire cosa accadde il 9 settembre scorso. Quella sera - come emerge dai colloqui intercettati - sotto la sua casa di Roma ci sono «Bartolo» e l'amico Giosuè. Le avevano procurato un appuntamento in un hotel romano, ma all'ultimo la ragazza ha detto che non avrebbe potuto rispettare l'impegno perché «mi ha chiamata una persona che non vedo da tempo». Loro non si arrendono, cercano di incontrarla per convincerla. Ma non ci riescono.

Il motivo lo raccontano subito dopo al telefono a un tale «Checco»: «Guaglio' in vita mia non mi è mai capitata una cosa del genere... Mentre stiamo aspettando giù al palazzo ci ha mandato un messaggio: "Giosuè adesso scendo!"... È arrivata... due macchine con le guardie del corpo di Berlusconi! Se la sono venuta a prendere a questa e se la sono portata... guarda è una incredibile!... Adesso lei non risponde al telefono... Checco sono rimasto allibito di quello che ho visto stasera...». «Bartolo» aggiunge i dettagli: «Ci ha fatto andare là e poi abbiamo visto arrivare queste due macchine, un'Audi A8 e un Audi A6».

Palazzo Chigi aveva smentito la circostanza, ma ora - almeno secondo quanto riferito dal legale - è proprio la Tommasi a confermarlo. «La sua immagine è stata deturpata - spiega l'avvocato Gentile - e lei vuole raccontare la verità». Per farlo non sono evidentemente state sufficienti tre ore e infatti Tommasi tornerà in Procura per un nuovo interrogatorio. L'inchiesta napoletana condotta dai sostituti Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio riguardava inizialmente un traffico di euro contraffatti, ma ascoltando i colloqui dei falsari era emerso il giro di squillo di lusso e così erano stati avviati ulteriori accertamenti e si era arrivati alla Tommasi, che nello stesso periodo partecipava alle serate nelle residenze del capo del governo. Era ad Arcore insieme a Ruby il 25 aprile 2010 in occasione della visita di Putin. Un capitolo che - al termine delle verifiche sui fatti di competenza dei magistrati napoletani - potrebbe essere trasmesso per competenza agli inquirenti milanesi.

Fiorenza Sarzanini

01 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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« Risposta #101 inserito:: Giugno 18, 2011, 10:33:30 am »

Le tre donne ministro nelle carte di Bisignani

Il consulente spunta in un'inchiesta sui Casalesi


ROMA - Il nome di Luigi Bisignani è emerso anche in un'indagine avviata dalla magistratura di Napoli sul clan camorristico dei Casalesi. I pubblici ministeri lo hanno iscritto nel registro degli indagati e poi hanno trasmesso gli atti ai colleghi Henry John Woodcock e Francesco Curcio, titolari dell'indagine sulla presunta associazione segreta. A rivelarlo è lo stesso giudice nella sua ordinanza di custodia cautelare, quando elenca «i dati di riscontro» alle contestazioni formulate dall'accusa contro lo stesso Bisignani e il parlamentare del Pdl Alfonso Papa. E così fornisce un indizio forte per comprendere quanto ampio sia lo scenario nel quale si muove l'uomo d'affari, ritenuto il vero motore di questo gruppo che, tramite Papa e altre «fonti», avrebbe utilizzato notizie riservate «per favorire o ricattare persone, tra cui anche membri delle istituzioni».

Nella tela di relazioni i contatti con i ministri
Ci sono imprenditori, dirigenti d'azienda, ufficiali delle forze dell'ordine nella rete di Bisignani. Ma ci sono anche numerosi politici, alcuni esponenti del governo. Le intercettazioni telefoniche svelano i suoi tentativi di condizionare nomine e appalti pubblici tessendo la tela delle proprie relazioni. Non solo: per mesi nel suo ufficio di piazza Mignanelli di Roma una microspia piazzata per ordine dei magistrati ha registrato incontri e colloqui. Il resto lo hanno fatto gli interrogatori di centinaia di testimoni ascoltati negli ultimi mesi, ma anche le sue ammissioni di fronte ai magistrati. Dichiarazioni «parziali» ritenute comunque attendibili dal giudice che infatti ha deciso di accogliere la richiesta di arresto, ma soltanto ai domiciliari.

Con il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, interrogato nel febbraio scorso quando ha confermato il legame, i rapporti erano costanti. E poi ci sono i contatti con il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo che è stata intercettata mentre era nell'ufficio dell'uomo d'affari e proprio su questo è stata ascoltata nei mesi scorsi dalla Procura di Napoli. Non è l'unica. Ci sono anche quelli con la titolare dell'Istruzione Mariastella Gelmini, che Bisignani lo avrebbe consultato frequentemente, come lei stessa avrebbe confermato quando i pubblici ministeri le hanno chiesto di chiarire la natura di alcune conversazioni. Sembra essersi invece incrinata l'antica amicizia con il sottosegretario Daniela Santanchè - che proprio lui avrebbe sostenuto per la nomina governativa - tanto che lo stesso Bisignani ha dichiarato a verbale: «Papa mi disse che ci saremmo potuti levare delle soddisfazioni con Il Giornale e ciò disse, ritengo, perché sapeva che io non avevo grandi rapporti con Il Giornale e con Sallusti per via della Santanchè e della politica che Il Giornale stava facendo contro Fini». Nei mesi scorsi è stata ascoltata come testimone la titolare delle Pari Opportunità Mara Carfagna, ma il suo staff assicura che l'interrogatorio «si riferiva all'attività di dossieraggio contro l'attuale presidente della Regione Stefano Caldoro e ai suoi scontri con Nicola Cosentino».

Sponsor di nomine per generali e 007
Il parlamentare del Pdl Alfonso Papa poteva contare sulle informazioni carpite tra ufficiali e sottufficiali delle forza dell'ordine. Ma gli elementi raccolti durante l'indagine di Napoli mostrano come Bisignani potesse contare sulla fedeltà di molti generali e colonnelli della Guardia di Finanza e dei carabinieri. Dalle telefonate emerge un suo interessamento per la nomina del generale Adriano Santini a direttore dell'Aise, il servizio segreto militare, dove è effettivamente approdato. Il capo del servizio di intelligence è stato interrogato ma ha cercato di minimizzare il ruolo dell'uomo d'affari nella sua designazione.

Un tentativo di ridimensionare i suoi rapporti con il gruppo e in particolare con il parlamentare del Pdl Alfonso Papa, lo ha fatto anche il generale Paolo Poletti, attuale vicedirettore dell'Aisi, il servizio segreto civile. Un mese fa i magistrati lo hanno convocato per sapere come mai l'ex magistrato avesse ottenuto un alloggio della Guardia di Finanza a Roma e soprattutto che tipo di rapporto continuavano a coltivare. «L'assegnazione di una foresteria - ha dichiarato Poletti - mi fu chiesta dal Comando Generale, come spesso avviene quando ci sono magistrati che per ragioni di servizio si trasferiscono e nel caso specifico ciò era avvenuto dopo la nomina di Papa al ministero della Giustizia. Da allora mi è capitato di incontrarlo qualche volta per un caffè, ma nulla di più».

I referenti negli Enti di Stato
Frequentava i politici Luigi Bisignani, ma grande influenza aveva anche sui vertici di aziende statali o a partecipazione come l'Eni e Finmeccanica - guidate dai suoi amici Paolo Scaroni e Pierfrancesco Guarguaglini - tanto da poter influire sulle nomine di alcuni dirigenti e sulle assunzioni di impiegati e manager. Agli atti dell'indagine risultano contatti e trattative con l'entourage di Luca Cordero di Montezemolo per lo spostamento di voti relativo agli assetti interni di Confindustria. In particolare, ci sarebbe stato l'interessamento per favorire alcuni personaggi indicati proprio da Bisignani. Svariati testimoni hanno raccontato di aver ottenuto grazie al suo interessamento e a quello di Papa consulenze, ma anche contratti a tempo indeterminato. Un capitolo di indagine ancora in fase di esplorazione riguarda alcuni appalti assegnati da Palazzo Chigi. Uomo chiave in questo settore sembra essere Antonio Ragusa, ex generale dei carabinieri poi transitato nei servizi segreti, da sempre ritenuto vicino a Bisignani. I pubblici ministeri lo hanno interrogato per ricostruire l'iter di alcune commesse visto che ha l'incarico di capo del dipartimento per le Risorse strumentali della presidenza del Consiglio. Tra i lavori «contestati» c'è quello per l'informatizzazione di Palazzo Chigi affidato alla «Italgo spa» di Anselmo Galbusera che di Bisignani è amico da tempo e ora risulta indagato proprio perché sarebbe stato favorito illecitamente.

«Papa riferiva, ma nessun segreto»
Molte circostanze Bisignani le ha ammesse e chiarite negli interrogatori delle scorse settimane. La sua nuova versione la racconterà lunedì mattina, quando sarà interrogato dal giudice alla presenza dei suoi avvocati Fabio Lattanzi e Gianpiero Pirolo. «Risponderà alle domande - assicura Lattanzi -, chiarirà il proprio ruolo sulle contestazioni che gli vengono mosse. E soprattutto specificherà come Papa gli abbia fornito nel tempo moltissime notizie che si sono rivelate infondate. Lui raccoglieva le informazioni ed effettivamente poi ne discuteva con Letta, ma non si trattava di rivelazioni su notizie riservate, erano soprattutto discussioni sulle inchieste». Una versione diversa da quella che Bisignani ha già messo a verbale, quando ha specificato di aver «informato Letta delle informazioni comunicatemi da Papa e in particolare di tutte le vicende che potevano riguardarlo direttamente o indirettamente come la vicenda riguardante Verdini...».

Fiorenza Sarzanini

18 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - corriere.it/politica/11_giugno_18/sarzanini_tre-donne-ministro-carte-bisignani_e12eafc6-9971-11e0-872e-8f6615df4e68.shtml
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« Risposta #102 inserito:: Giugno 20, 2011, 08:41:04 am »

Le relazioni di Papa secondo l'accusa

Gli 007 nella rete dell'ex pm: «Istituzioni ricattate»

I testimoni: legami con Pollari altri dei Servizi e Pio Pompa Una delle sue donne: da lui Rolex «nudo»


ROMA - Non ci sono soltanto le estorsioni agli imprenditori e le manovre per pilotare nomine e appalti. Perché secondo l'accusa Luigi Bisignani e Alfonso Papa sono inseriti in «un'organizzazione che ricerca notizie segrete per favorire o ricattare persone, tra cui anche membri delle istituzioni». Nella sua ordinanza il giudice chiarisce: «Sono informazioni che talvolta Papa adopera in prima persona, altre volte porta a Bisignani. Altre volte ancora Bisignani ha affermato di sapere che Papa ha informato direttamente altre persone». E adesso l'indagine si concentra sulla «rete» interna agli apparati e agli Enti pubblici che fornivano queste notizie «anche sui "dati sensibili"». Molti nomi sono già svelati dalle carte processuali, altri sono coperti da «omissis». Un aiuto prezioso è arrivato dal sequestro di una «pen-drive» che contiene la «rubrica di Papa». Il resto lo hanno rivelato le donne che avevano rapporti stretti con i due e sono state ricompensate con gioielli preziosi e contratti di lavoro.

Il gruppo degli ufficiali
Afferma Bisignani durante il suo interrogatorio del 14 marzo scorso: «Ho conosciuto Papa e lui mi disse che mi avrebbe dato notizie sulle indagini avviate nei confronti di Stefania Tucci alla quale ero legato... Da tempo Papa mi diceva di poter contare su un gruppo di ufficiali di polizia giudiziaria e in particolare su un carabinieri che attingeva notizie riservate e segretate dagli uffici giudiziari di Napoli... Non c'è dubbio che i canali informativi di Papa erano prevalentemente nella Guardia di finanza... Papa mi disse che conosceva Pompa e che lo aveva conosciuto in occasione di un intervento che il padre aveva avuto al San Raffaele di Milano». Si tratta di Pio Pompa, stretto collaboratore dell'ex capo del Sismi Niccolò Pollari e accusato di aver gestito l'archivio segreto di via Nazionale con dossier riservati su politici, magistrati, giornalisti, imprenditori. Dei rapporti di Papa con gli uomini dei servizi segreti parlano anche altri testimoni ascoltati dai pubblici ministeri. Tutti concordano sugli «stretti legami tra Papa e Pollari». Tra loro il magistrato Umberto Marconi. È stato coinvolto nell'inchiesta sulla P3 e con Papa era entrato in netto contrasto, ma le sue affermazioni sono state ritenute attendibili. Racconta a verbale: «Seppi che Papa abitava a Roma in un appartamento della Finanza. In particolare si parlava di un appartamento tra via Condotti e via Frattina. Non sono in grado di ricordare se l'appartamento fosse della Guardia di finanza e dei Servizi. Addirittura il Papa, almeno all'epoca, era solito girare per Napoli con un servizio di accompagnamento svolto dalla Guardia di Finanza... Sono certo che Papa abbia spiegato e spieghi le proprie energie intrecciando rapporti con i carabinieri e con i servizi segreti, occupandosi poco, anche come parlamentare, delle vicende politiche, concentrato sempre nell'agire nell'ombra, Papa ha praticamente a disposizione delle "truppe" che utilizza per perseguire i suoi scopi personali». Marconi non può negare che ci siano dei motivi di attrito: «Sono certo che Papa abbia tramato nei confronti miei e anche - fatte le debite distanze con me - di Caliendo, al quale non ha perdonato di essere stato nominato sottosegretario al posto suo».

L'amante alle Poste e le false consulenze
La capacità di Papa di influire sulle scelte di politici e dirigenti di aziende è rivelata dalle sue donne. Il 12 aprile viene interrogata Maria Roberta Darsena: «Ho conosciuto Alfonso Papa nel 1999. Il nostro è stato un rapporto personale... Nel 2005 mi sono trasferita a Roma per seguire un corso di preparazione per il concorso in magistratura e Papa mi disse di mandare il mio curriculum alle Poste perché lui avrebbe potuto farmi entrare essendo amico dell'ex presidente e cioè di Cardi. Al riguardo vi posso dire che lui chiamava direttamente Cardi. Sono stata assunta dopo un colloquio prima con uno stage di sei mesi e poi, automaticamente, a tempo indeterminato. Effettivamente conferma che il Papa chiese ad Alfonso Gallo di stipulare con me un contratto di consulenza per una cifra pari a 5.000 euro. Ho anche firmato il contratto tuttavia non si è concluso più nulla dal momento che ho bruscamente interrotto ogni rapporto con Papa». Maria Elena Valenzano, assistente parlamentare di Papa e in rapporti con Bisignani, svela invece la consulenza ottenuta con la Auxilium di Angelo Chiorazzo, il titolare della «Cascina» indagato insieme a Gianni Letta dalla magistratura di Lagonegro per una vicenda legata ai servizi nei centri per l'immigrazione. Afferma la donna: «Papa mi presentò Chiorazzo nel 2009 a un pranzo con l'ex capo della segreteria di Mastella Francesco Borgomeo... Chiorazzo mi disse che aveva ottenuto da Letta la promessa di essere candidato alle elezioni del 2009, promessa non mantenuta. Dopo qualche mese, intorno a settembre, Papa mi disse che Chiorazzo mi sarebbe venuto a trovare perché aveva da farmi una proposta lavorativa. Venne negli uffici alla Camera e mi propose una consulenza con Auxilium riguardante astrattamente la gestione dei rapporti istituzionali inerente ai servizi parasanitari. Fu stabilito un compenso di 1000 euro lordi per 36 mesi e firmammo il contratto con decorrenza ottobre 2009, tuttavia tengo a rappresentarvi che a fronte di tale consulenza, non solo non ho mai fatto nulla e non ho mai svolto alcuna prestazione pur emettendo regolare fattura, ma addirittura quando rappresentai a Chiorazzo che avevo problemi di dichiarazione dei redditi e che non avevo fatto nulla, Chiorazzo disse ad Alfonso che era inutile che lo chiamavo e così risolsi a recedere il contratto». La donna ha ottenuto in seguito altri contratti: «Ho fatto colloqui e ho stipulato contratti di consulenza con Irses e con Selex per 1.500 euro al mese ciascuno». Sono «lavori» che Papa avrebbe ottenuto in cambio delle informazioni sulle indagini in corso fornite a politici e imprenditori.

Il Rolex «nudo» e la tessera di Montecitorio
Racconta ancora Darsena: «Papa mi ha proposto di procurarmi una casa a via Quasimodo a Roma, ma io non ho voluto. Mi chiedete dei regali che Papa mi ha fatto: mi ha regalato quest'anno sicuramente un Rolex, lo ricordo bene perché non me lo diede in una confezione regalo nè aveva una garanzia nè un'etichetta di alcun negozio ma me lo diede così "nudo". Ricordo che mi ha regalato anche un braccialetto tennis di oro bianco e diamanti a Natale di qualche anno fa. Anche il braccialetto non aveva la confezione di un negozio ma solo un astuccio. Poi un anello nella confezione di un negozio e un altro orologio di marca americana contenuto in una semplice scatola non confezionata e senza indicazione. Mi disse che aveva un amico che vendeva orologi. Mi ha regalato anche diverse borse ma nessuna in confezione regalo, semplicemente in confezione di stoffa». Riferendosi ai regali il gip parla di «elementi utili» e aggiunge: «Sembra molto grave, come può agevolmente comprendere chi vive in una città come Napoli il riferimento al Rolex "nudo". Sul tema ha dato qualche indicazione anche Luigi Bisignani durante l'interrogatorio del 9 marzo scorso quando ha affermato: "Papa mi ha regalato due orologi. Lo stesso Papa mi ha più volte detto che a Napoli c'è un buon mercato di orologi ed ottimi prezzi"». Gianna Sperandio viene convocata dai magistrati perché ha una carta telefonica utilizzata da Papa, ma soprattutto perché spesso abita in un appartamento di via Capo le Case, al centro di Roma, che risulta a disposizione del parlamentare. Ai magistrati la ragazza racconta di aver vissuto a Milano e a Roma «ospite a casa di due transessuali, perché io preferisco le donne ma sono intrigata da quel mondo... Papa mi riconosce 700 euro al mese, indubbiamente mi aiuta... Effettivamente ho una Jaguar intestata acquistata nell'ottobre-novembre 2010. Questa macchina che mi è stata regalata da Papa la tengo custodita nel mio garage a Latina. Bollo e assicurazione sono molto cari perciò ugualmente se la vede Papa... Effettivamente anche se ho deciso io di buttare la scheda e quindi non sono stata forzata, Papa mi consigliò di buttarla nell'ottobre 2010. Si trattava di una scheda riservata... L'unica sostanza stupefacente che uso è la marijuana. Il mio consumo medio è di due canne al giorno. È vero che una volta sono andata a Conegliano con una Ferrari F430 di colore nero che mi ha prestato Papa e che a sua volta gli avevano prestato... La mia Jaguar ha i vetri oscurati, anzi mi hanno fatto una multa perché non si possono avere i vetri anteriori destro e sinistro oscurati... L'onorevole Papa mi ha fornito una tessera di riconoscimento emessa dalla Camera dei Deputati per poter accedere a Montecitorio. È stato Papa che mi ha portata a Montecitorio e me l'ha fatta fare. In effetti mi sono telefonicamente rallegrata che non l'avessi con me quando sono stata fermata dalla polizia, non facevo una bella figura che una persona che poteva accedere a Montecitorio si facesse le canne...».

Fiorenza Sarzanini

17 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - corriere.it/cronache/11_giugno_17/sarzanini_007_istituzioni_398f9e28-98a0-11e0-bb19-8e61d656659c.shtml
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« Risposta #103 inserito:: Giugno 27, 2011, 05:46:50 pm »

L'inchiesta p4, le carte

«Ci manderanno nel baratro» Frattini e lo sfogo con Bisignani

Al telefono i timori sul governo tecnico e la compravendita degli eletti

Dai nostri inviati  FULVIO BUFI, FIORENZA SARZANINI


NAPOLI - Nelle grandi manovre sul futuro del governo Berlusconi dopo la rottura con Gianfranco Fini, Luigi Bisignani si conferma gran tessitore. Dunque è a lui che il ministro degli Esteri Franco Frattini si rivolge quando si cerca una soluzione per non arrivare alla crisi. E con lui parla della possibilità che ci siano degli spostamenti da una parte all'altra degli schieramenti ormai avversi. Parla esplicitamente del timore di «senatori comprati per farli fare ministro», discute sul modo di «tenere botta». Intercettazioni e verbali allegati agli atti dell'inchiesta dei pubblici ministeri Henry John Woodcock e Francesco Curcio raccontano gli scontri interni alla maggioranza e confermano alcuni retroscena che sin qui erano stati sempre smentiti. Come la trattativa condotta dal ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna per passare con il partito del sud di Gianfranco Miccichè. Incontri e scontri che Bisignani mostra di volere e poter governare anche gestendo la parte mediatica di ogni vicenda. E influendo sulle scelte di Berlusconi che già un anno fa aveva evidentemente deciso di puntare su Angelino Alfano, ma anche su Giorgia Meloni.

Il pranzo alla Farnesina
Il legame tra Bisignani e Frattini emerge già nell'aprile del 2010 quando Luca Simoni, ex direttore generale della Cassa di Risparmio dell'Etruria e poi di San Marino, contatta la segretaria dell'uomo d'affari e, come viene annotato nel brogliaccio «riferisce che ha appena terminato un incontro con il ministro degli Esteri e hanno ipotizzato una colazione presso lo studio/appartamento privato presso il ministero degli Esteri e insieme al dottore... Simoni precisa che per la colazione devono decidere se invitare una quarta persona». Due giorni dopo «Simoni contatta Rita e comunica che ha sentito il dottor Bisignani ma stava correndo in Santa Sede e non hanno fissato un appuntamento e chiede di incontrarlo oggi nel pomeriggio o domani». Passano ancora i giorni e alla fine Simoni richiama: «Chiede se il dottore giovedì o venerdì ha libera l'agenda per una colazione con Vittorio Casale. Si aggiorneranno a dopo. Simoni ricorda che prima di incontrare Frattini deve parlare con Bisignani», ma nulla viene anticipato circa l'argomento che dovrà essere trattato durante il pranzo.

«Gli ex An ci mandano nel baratro»
In realtà i contatti tra Frattini e Bisignani non sembrano aver bisogno di intermediari, come dimostra una telefonata che avviene il 5 agosto scorso, quando la guerra Berlusconi-Fini è in pieno svolgimento con Il Giornale che attacca il Presidente della Camera per la casa di Montecarlo. L'atmosfera nella maggioranza appare incandescente.
Frattini: Oggi ho fatto, ancora una volta sono andato a questo gruppo qui a questo minivertice dove oggi il nostro era sul dialogante.
Bisignani: Ah, meno male
Frattini: Dice: ma insomma non possiamo sparare sempre questa cosa delle elezioni, il governo deve andare avanti, ha incoraggiato anche me... Sai, dice: tu che hai questa immagine devi dirle queste cose, non possiamo fare che sfasciamo tutto, hai capito?
Bisignani: Poi lui ha diciassette su quale spera molto, ma mi preoccupa molto devo dirti la verità... questi "inco" di diciassette da nuovi, quelli mi preoccupano molto
Frattini: Beh, ma se tu guardi la copia di Panorama che esce stasera o domattina... ci stanno sette pagine sull'appartamento di Montecarlo... c'è un'intervistona a Gaucci che dice praticamente
Bisignani: L'ho vista, l'ho vista
Frattini: Ah l'hai già vista?... però voglio dire, in questa fase, per dire, oggi ha incontrato Ronchi, ora sta incontrando Viespoli... oggi era nella... perché evidentemente sai anche Gianni gli ha detto: beh insomma non possiamo ogni giorno, perché la paura fa novanta... Sai ci vuole niente sull'onda della paura, quei due, tre senatori che ti passano di qua e ti fanno il governo tecnico perché alla Camera i numeri ci sarebbero in teoria
Bisignani: Certo, al Senato
Frattini: Al Senato no, però se si prendono e si comprano quattro, cinque senatori, sei senatori proponendogli posti di sottosegretario e ministro questi si spostano
Bisignani: E certo
Frattini: piuttosto che andare a casa fanno il ministro
Bisignani: Non c'è dubbio, non c'è dubbio
Frattini: Quindi su questa cosa è una tattica sbagliata, noi abbiamo stipato Daran degli ex An
Bisignani: Cose da pazzi
Frattini: Per salvare la loro pelle ci mandano tutti nel baratro
Bisignani: E fare le vendette che loro non sono riusciti a fare... perché questa è la verità
Frattini: Sì, sì questa cosa, Luigi, lui l'ha chiara oggi, ieri meno, oggi sì, domani chissà... comunque nessuno dubita più il fatto che lui proponga nella sua testa come tre coordinatori Alfano, Gelmini e Meloni, vuol dire che ovviamente noi ci siamo... l'ha detto a tutti, quindi questo fatto che Schifani mi chiama tutti i giorni, quindi come dire abbiamo tenuto botta quando occorreva...
Bisignani: Poi ho visto quella cosa sulle Fondazioni Europee
Frattini: Oggi ho dato a Berlusconi un primo schema di statuto, lui mi ha detto di farla con Alfano e Meloni...

«Terrorizzato da Tremonti»
Bisignani controlla le mosse politiche, ma si occupa anche delle questioni tecniche e finanziarie. Sembra avere in ogni luogo strategico qualcuno che lo informa di quanto accade. Se dal parlamentare del Pdl Alfonso Papa riceve notizie sulle indagini in corso, a relazionarlo su quanto avviene al Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria di palazzo Chigi sembra pensare il capo Elisa Grande. Annotano gli investigatori: «Grande informa costantemente Bisignani circa l'esito di talune attività svolte nell'esercizio delle sue funzioni istituzionali quali, ad esempio, una riunione presieduta dal sottosegretario Gianni Letta alla quale hanno partecipato il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola e il vice Paolo Romano (probabilmente Romani, ndr), il sottosegretario Paolo Bonaiuti, l'amministratore delegato di Poste Italiane Massimo Sarmi oltre alla Fnsi. Il 9 aprile lei riferisce: «Il tavolo è andato bene perché quando ho visto che lui nicchiava sono andata da Gianni che devo dire m'ha fatto dei complimenti... mo' se va via da Carbone... lui l'ha chiamato prima insieme a Scajola e insieme a Paolo... Paolo non era tanto sul pezzo... è terrorizzato da Tremonti comunque se l'è chiamato e gli ha detto... ma io però dirò che è disponibile al tavolo... alla fine abbiamo capito tutti che Tremonti vuol far fallire il tavolo però Letta è stato bravissimo ieri, l'ha condotto in modo, mi ha chiamato l'angelo custode dell'editoria... Malinconico cioè pure lui si sta facendo baipassare da tutti gli editori grossi che stanno andando a fare accordi direttamente alle Poste... adesso si stanno facendo i lavori tecnici...». Annotano poi gli investigatori: «Elisa afferma che è stata anche contattata dall'opposizione perché vuole partecipare "ai tavoli" in quanto l'opposizione ritiene che "non solo avete tolto i soldi ma mo' risolvete pure il problema senza soldi" ed aggiunge che per questo motivo tutti stanno gufando... Bisignani la interrompe e gli chiede di Romani. Elisa risponde che "Romani era nero"».

Miccichè: «Mara vuole stare con noi»
Trame e grandi manovre si ripropongono a dicembre, quando il governo deve ottenere la fiducia in Parlamento. In quei giorni Mara Carfagna annuncia che potrebbe dimettersi. Il retroscena di quella sortita che tanto aveva fatto infuriare le altre ministre, si rintraccia in una telefonata del 5 dicembre tra Miccichè e Bisignani.
Miccichè: Sono qua a Palermo e ho due miliardi di incontri
Bisignani: Immagino, senti come ci poniamo col caso... ci chiedevamo con Sergio, col caso Carfagna? Premesso che il Presidente è "imbufalito" con lei
Miccichè: me ne fotto che il Presidente si è "imbufalito" io ieri le ho già parlato e lei è assolutamente pronta a venire... la devo incontrare domani.., viene insieme a lei anche l'altra, Nunzia Di Girolamo, mi hanno chiamato insieme
Bisignani: perché lì il problema è se uscire fuori te con un articolo o qualcosa, magari dopodomani
Miccichè: nonostante lei ieri mi abbia detto: io passo con te, cioè me l'ha dato come fatto scontato, invece non ho preferito fare nessuna... per un fatto di prudenza perché poi se per legge alla fine decide meglio di no, dobbiamo parlare col Presidente perché poi io so che il Presidente in questo è un grande ammaliatore per cui quando uno parla col Presidente mi sembra che lui abbia sempre ragione... però insomma credo che lei sia una seria, poi lo voleva poi lei è una che voleva stare con noi sinceramente sin dall'inizio
Bisignani: Assolutamente, poi non l'hanno mandata
Miccichè: Sì, poi le avevano vietato di venire a Palermo e lei non era venuta, ma insomma poi è una brava
Bisignani: Con Sergio avevamo preparato un articolo magari da fare mercoledì... dopo che tu la vedi e le parli
Miccichè: e me lo vuoi mandare?


24 giugno 2011
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« Risposta #104 inserito:: Giugno 28, 2011, 05:44:38 pm »

IL CASO p4

Quegli omissis nei verbali e gli ufficiali sotto accusa

Caccia alle «fonti» di Bisignani nella Guardia di Finanza


ROMA - Sono gli «omissis» contenuti nei verbali a confermare come l'inchiesta sulle «talpe» interne alla Guardia di Finanza sia soltanto all'inizio. Perché oltre al capo di stato di maggiore Michele Adinolfi ci sono almeno altri due alti ufficiali sospettati di aver passato notizie sulle indagini in corso. Non solo. Un nuovo filone si è aperto e i pubblici ministeri Henry John Woodcock e Francesco Curcio hanno potuto contare sulle conferme fornite da Marco Milanese, l'ex ufficiale poi eletto parlamentare del Pdl e fino a ieri consigliere politico del ministro delle Finanze Giulio Tremonti. Indagato per corruzione e illecito finanziamento ai partiti in un'altra indagine, Milanese è stato ascoltato già due volte come testimone. E la frase sibillina pronunciata dal suo avvocato Bruno Larosa quando gli si chiede se si possa parlare di una collaborazione - «sta facendo il suo dovere di cittadino» - sembra dimostrare che abbia fornito qualcosa in più dei chiarimenti richiesti.

I racconti del parlamentare sui finanzieri
Milanese viene interrogato un paio di mesi fa. Il suo nome è noto ai magistrati di Napoli e di Roma che lo accusano di aver utilizzato la propria influenza per orientare le nomine ai vertici di società e per far assegnare appalti ad alcune aziende che in cambio erano disponibili a versargli tangenti. Gli viene chiesto se è a conoscenza che Bisignani fosse stato informato che c'erano indagini sul suo conto. E lui dichiara: «Durante una cena il generale Adinolfi mi disse di aver chiesto a Pippo Marra, direttore dell'agenzia di stampa Adn Kronos, di avvisare Bisignani». La versione fornita dal diretto interessato, alla presenza dei suoi legali Fabio Lattanzi e Gianpiero Pirolo, è diversa: «Marra mi chiamò per una vicenda completamente diversa e mi disse: non parlare al telefono, stop. Dopodiché io ne parlai con l'onorevole Milanese che dopo un po' mi disse che avevo il telefono... per via dell'inchiesta sui Casalesi, su un certo Schiavone...». Versioni divergenti anche quando si è deciso di convocare Adinolfi come indagato e metterlo a confronto proprio con Milanese. Il capo di stato maggiore ha negato con veemenza di aver mai parlato dell'indagine in corso: «Chi mi accusa mente», ha ribadito anche ieri.

In realtà, di fronte a Woodcock e Curcio, Milanese avrebbe confermato pure quanto era emerso su altre vicende che coinvolgono i vertici delle Fiamme Gialle fornendo nuovi dettagli e spianando la strada a ulteriori verifiche. Un atteggiamento di apertura che negli uffici giudiziari viene interpretato come il tentativo di alleggerire la propria posizione processuale. In questo quadro si inserirebbero anche i racconti della sua compagna Manuela Bravi, la portavoce del ministro, che ha confermato di aver partecipato ad almeno due cene durante le quali si parlava di «informatori» della Guardia di Finanza. E di aver ottenuto conferma anche dal direttore del Poligrafico dello Stato Roberto Mazzei. «Il Mazzei, commentando le notizie pubblicate su Bisignani - ha dichiarato a verbale la donna - mi disse espressamente che vi era un appartenente e più precisamente un ufficiale (non ricordo se maggiore o capitano) alla Guardia di Finanza di Napoli che passava notizie». Gli accertamenti svolti in seguito avrebbero consentito di individuarlo e di verificare anche le altre dichiarazioni della coppia. «Al mio cliente - si limita a spiegare il difensore di Milanese - sono stati chiesti chiarimenti su alcuni episodi emersi nel corso dell'inchiesta e lui ha raccontato quanto era a sua conoscenza. Lo stesso ha fatto la signora Bravi». Quanto basta per ritenere che ulteriori sviluppi possano arrivare nei prossimi giorni su questi due filoni che ormai corrono paralleli.

I nomi «secretati» e le soffiate
Il generale Adinolfi non è l'unico ad essere sospettato di aver fornito notizie sulle indagini. Esiste un verbale di Bisignani, quando ancora non era stato arrestato, che è stato quasi interamente coperto dal segreto. E riguarda proprio le «soffiate». Soltanto una frase è rimasta «in chiaro» e conferma come uno dei fascicoli «svelati» sarebbe stato quello che riguardava il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta e l'imprenditore Chiorazzo per le convenzioni sui centri per immigrati avviato dai magistrati di Lagonegro e poi in parte trasferito alla procura di Roma. È scritto nel verbale di Bisignani: «Vi dico che anche con riferimento alla vicenda che ha riguardato Chiorazzo (della Cascina e dell'Auxilium) e omissis vicenda giudiziaria omissis, il Papa mi disse di essersi informato e di aver acquisito informazioni attraverso omissis che era a suo dire una delle "fonti" omissis».

È appunto sulle «fonti» di Bisignani e del suo presunto sodale Alfonso Papa - l'ex magistrato e ora parlamentare del Pdl per il quale è stato sollecitato l'arresto alla Camera - che si concentra questa fase dell'indagine. Ma anche sulla catena di comando interna alla Finanza che consente la veicolazione delle informazioni. Partendo proprio dall'episodio che coinvolge Adinolfi. Ad informarlo che un'indagine era stata avviata sarebbe stato Vito Bardi, comandante interregionale per l'Italia del Sud che è stato indagato per rivelazione del segreto d'ufficio. L'alto ufficiale nega la circostanza, annuncia denunce per calunnia. In ogni caso si dovrà stabilire se gli ufficiali sono tenuti alla riservatezza o se invece la loro gerarchia li obblighi ad informare i superiori sulle deleghe ottenute dall'autorità giudiziaria.

Fiorenza Sarzanini

27 giugno 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/cronache/11_giugno_27/quegli-omissis-nei-verbali-e-gli-ufficiali-sotto-accusa-fiorenza-sarzanini_6728bbea-a092-11e0-b2f7-bc745ffd716f.shtml
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