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Autore Discussione: Unipol, ipotesi di indagine su Latorre  (Letto 2066 volte)
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« inserito:: Settembre 03, 2008, 12:17:15 pm »

Richiesto l'uso delle telefonate con Consorte e Ricucci.

Unipol, ipotesi di indagine su Latorre

La Procura chiede il via libera al Senato

L'esponente pd: devo leggere le carte, mi rimetterò alla decisione del Parlamento



MILANO — «Al fine di valutare la posizione del senatore Nicola Latorre» e quale unica fonte possibile «di innesco di una investigazione», i magistrati milanesi dell'inchiesta per aggiotaggio Unipol/Bnl richiedono al Senato che autorizzi l'uso, «nei confronti del parlamentare», delle sue conversazioni intercettate indirettamente nel 2005 sui telefoni degli indagati Giovanni Consorte (allora numero uno di Unipol) e Stefano Ricucci (immobiliarista del "contropatto" infine schieratosi con Consorte).

È la coda di una saga iniziata nel luglio 2007, allorchè il gip Clementina Forleo, su istanza del pm Luigi Orsi e all'esito dell'apposita udienza già celebrata all'epoca (e dunque ora non da rifare), inoltrò la prima richiesta di utilizzazione delle telefonate indirette di 6 parlamentari, inserendo nella propria ordinanza alcune espressioni sui politici «consapevoli complici di un disegno criminoso», costatele l'avvio di un procedimento disciplinare concluso di recente con un proscioglimento che definisce l'ordinanza «anomala» ma non «abnorme» nella sua «pur criticabile scelta interpretativa». Al cambio di legislatura il 29 maggio scorso, il Senato aveva restituito a Milano gli atti su Latorre, sul quale in 10 mesi il Parlamento non aveva preso alcuna decisione, a differenza che sull'allora segretario ds Fassino, di cui aveva autorizzato l'uso delle telefonate; e a differenza che su D'Alema, sul quale si era dichiarato incompetente nel presupposto che l'ex ministro degli Esteri fosse parlamentare europeo al momento delle telefonate.

Dopo aver allora inoltrato il 28 maggio per D'Alema la richiesta al Parlamento Europeo, e non aver affatto indagato Fassino «perché dalle conversazioni rese utilizzabili dalla Camera non emergono elementi per ipotizzare il suo concorso in alcun reato», adesso i magistrati milanesi esauriscono la vicenda riproponendo al Senato la richiesta per Latorre. Ma nelle pieghe, nel suo caso, c'è qualche novità. Determinata dal fatto che nel frattempo, il 23 novembre 2007, è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito che i magistrati non hanno bisogno dell'ok delle Camere per usare le telefonate indirette di un parlamentare solo contro terze persone (come l'indagato Consorte). Così facendo, la Consulta ha chiarito che i magistrati devono invece chiedere al Parlamento l'autorizzazione se vogliono usare le telefonate indirette come fonte di prova nei confronti del parlamentare. Ed è quello che traspare dalla richiesta dei magistrati su Latorre, allo stato non indagato per concorso nell'aggiotaggio imputato a Consorte, ma che i magistrati ritengono evidentemente di indagare nel momento in cui dovessero ricevere dal Senato il via libera all'uso delle sue telefonate con Consorte e Ricucci.

I magistrati milanesi, infatti, proseguono nella linea adottata tre anni fa e non ritengono di poter "prima" indagare Latorre e "poi" chiedere al Parlamento l'uso delle sue telefonate: segno che valutano che in questo caso non ci siano altre attività d'indagini praticabili a partire dalle telefonate, e che siano invece le telefonate stesse a rappresentare l'elemento per indagarlo. Lo si capisce indirettamente laddove scrivono che «va chiarito che nei confronti del senatore Latorre non emergono elementi diversi dalle intercettazioni. Nessuno dei suoi interlocutori ha inteso precisare alcunchè in proposito», perché Consorte e Ricucci non si sono fatti interrogare; «nessuna delle persone dalle quali sono state raccolte informazioni ha riferito alcunchè che riguardi Latorre», e «nessun documento agli atti chiama in causa il senatore. Rimangono quindi, quale sola fonte di innesco di una investigazione, le intercettazioni di cui non si è (ancora) acquisita autorizzazione all'utilizzazione».

Sulla base dell'istanza della Procura (firmata il 29 luglio dai pm Orsi, Perrotti e Fusco, ma anche dal procuratore Minale e dall'aggiunto Bruti Liberati), la richiesta, arrivata venerdì 1 agosto in Senato, risulta essere stata formulata non dal gip Forleo (assegnataria del fascicolo), «stante la sua assenza giustificata» (era in malattia), ma dal collega Piero Gamacchio, il gip più anziano in servizio nel periodo feriale, indicato quale «supplente degli assenti» nella nota del 29 luglio del reggente dell'ufficio gip Filippo Grisolia: l'«urgenza a provvedere» è motivata nella nota dal fatto che per la scalata Unipol-Bnl la Procura ha già chiesto il rinvio a giudizio di 30 persone (oltre a Consorte) e 14 società, e l'udienza preliminare è stata fissata al 30 ottobre, sicchè «la delibazione della posizione del senatore Latorre è l'unica che ancora resta da esaminare con riferimento a questa vicenda». E Latorre, interpellato dal Corriere, mentre rimanda commenti nel merito «a quando avrò letto le carte», anticipa però l proprio orientamento: «Ribadisco, come già l'altra volta, che mi rimetterò alle supreme decisioni del Parlamento». Ma dipendesse solo da lui? «Qualsiasi cosa deciderà il Parlamento, coinciderà con le mie preferenze personali».

Luigi Ferrarella (lferrarella@corriere.it)
03 settembre 2008

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