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Autore Discussione: Enrico Fierro. Napoli, i disperati-ribelli della Cattedrale...  (Letto 2286 volte)
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« inserito:: Luglio 30, 2008, 11:09:06 pm »

Napoli, i disperati-ribelli della Cattedrale: «Ci sono frange politiche che soffiano sul razzismo»

Enrico Fierro


Davanti all'albergo una bimba dalla pelle bianca come il latte e i capelli biondi come il grano maturo, fa i capricci: non vuole andare con la mamma.
Bionda pure lei e dalla pelle candida. Vuole restare con papi, un papà dalla pelle nera come il carbone. Che si chiama Mark, viene dal Burkina Faso è un immigrato regolare e tira su quella sua famiglia embrione di una spontanea e naturale multirazzialità spaccandosi le mani e la schiena nei cantieri dell'edilizia. Mark è uno dei cento e passa immigrati sfollati del «T1», il palazzo di Pianura andato alle fiamme venerdì scorso, insomma, è uno di quelli che dopo tre notti passate all'addiaccio hanno deciso di «occupare» pacificamente la Cattedrale. L'albergo è una delle «sistemazioni» provvisorie trovate dal Comune. Siamo in via Giuseppe Pica, zona Mercato, a «Napoli Ferrovia», per capirci. Qui - come nel bel romanzo di Ermanno Rea - razze e destini si mescolano da decenni. L'area pullula di bancarelle abusivissime di senegalesi che vendono griffe false, cinesine dagli stranissimi capelli color rame (dice che è la moda del momento nella comunità) che vendono di tutto, banchetti di una Napoli truffaldina che fu col gioco delle tre tavolette (incredibile! C'è ancora chi abbocca). Nei vicoli depositi, gestiti da italiani, per la vendita all'ingrosso di falsi, un supermarket che vende solo cibi russi, un altro destinato agli stomaci forti dei cinesi, due night, uno russo e uno africano, di fronte la macelleria araba, vari venditori di kebab, un centro religioso e una infinità di phone-center. Li hanno sistemati in questa parte della città, i ribelli della Cattedrale.

Davanti al vecchio albergo, Mark parla arabo con gli altri sfollati, inglese con alcuni suoi connazionali, napoletano con il proprietario. Sono arrivati in 65, lunedì notte, in tutta fretta, alcuni hanno smarrito i loro documenti. «Qua le cose le dobbiamo fare in regola - dice uno dei gestori dell'albergo - per noi queste famiglie possono stare tutto il tempo che vogliono, ma con i documenti. Noi lavoriamo molto col ministero dell'Interno, ospitiamo i poliziotti che vengono da fuori». E infatti nella piccola hall un gruppo di agenti (divisa dei reparti Mobili) sfoglia i quotidiani con le foto e le notizie degli «scontri» davanti alla cattedrale. Uno strano destino ha voluto che immigrati e poliziotti finissero sotto lo stesso tetto. Mark ride quando glielo facciamo notare. L'albergo fornisce anche i pasti per gli altri sfollati ospitati altrove. «Pasta con la zucca, formaggio e verdura per secondo, frutta e acqua minerale». Il proprietario dell'albergo ci illustra il menu e ci invita a visitare la cucina. È pulita, non si sentono cattivi odori, il cuoco è all'opera anche per preparare il pranzo per gli ospiti dell'albergo. «Poliziotti e immigrati mangeranno la stessa cosa, dottò leggete il menu: pennette con la panna, costolette di maiale, ma solo per gli italiani perché gli altri non la mangiano per motivi religiosi, carote e frutta». Il clima è disteso e allora c'è il tempo per farsi raccontare cosa è successo davvero venerdì in quel palazzo di Pianura dove gli immigrati pagavano regolari affitti agli italiani. Il dubbio è che qualcuno abbia appiccato il fuoco. No, non è un episodio di razzismo, ma l'opera «di uno che non stava bene con la testa», è la versione degli sfollati. E poi ci parlano della gente del posto, della loro meraviglia quando dal palazzo sono spuntati decine e decine di africani. «Non ci vedevano mai - dice ridendo Mark - perché uscivamo all'alba per lavorare e tornavamo la sera tardi». E ci dicono delle famiglie bianche che nel vedere i bambini dormire per strada si sono ribellate, sono scese giù in strada a portare latte e biscotti e chi ha potuto ha offerto il proprio letto a quelle «creature» infreddolite e spaventate. «Napoli non è razzista - dice sicuro di sé Jamal Qaddorah, della Cgil - la gente semplice di questa città pratica da anni l'integrazione sociale. Il problema viene da quelle forze politiche che soffiano sul fuoco dell'intolleranza». È accaduto l'altra sera nel quartiere Montesanto, dove era stata individuata una scuola abbandonata per ospitare gli sfollati. Hanno fatto le barricate, minacciato scontri, qualcuno ha lanciato anche bottiglie molotov. È accaduto davanti alla Cattedrale. Gli immigrati ti raccontano di un funzionario responsabile dei reparti Mobili «piuttosto eccitato», che agitava un megafono e ripeteva in continuazione che quella non era una manifestazione autorizzata, che ha ordinato la carica mentre dall'interno della chiesa agenti della Digos trattavano e mediavano. I sindacati denunceranno questo atteggiamento, dicono che anche Guglielmo Epifani si sia fatto sentire dal ministro Maroni. Ma ora qualcuno soffia sul fuoco a Scampia. È bastato che si diffondesse la voce che gli immigrati potevano essere ospitati in una struttura del Comune per scatenare la protesta. I soliti motorini, le solite urla, la solita indignazione organizzata. Gli sfollati di Pianura, però, non andranno nel quartiere delle Vele, il Comune sta sistemando una sua struttura nella zona di Poggioreale. Perché a Napoli gli immigrati non sono ospiti. «Ieri li ho incontrati - ha detto il sindaco Rosa Russo Iervolino - e gli ho detto, voi siete dei cittadini del mondo e in quanto tali questa che è la casa dei cittadini italiani è anche casa vostra. Vi chiediamo scusa per le intolleranze che sono state dimostrate nei vostri confronti».

Pubblicato il: 30.07.08
Modificato il: 30.07.08 alle ore 8.19   
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